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Jul 07, 2018

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micol53
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    SERTUM22 55 00   V  V LL -- 44   RR ee gg oo ll aa rr ii tt àà   1 1 99 55 00

    50

    Con tre differenti modelli la Casa milanese colse molte

    affermazioni nazionali e diverse medaglie d’oro nelle

    massacranti Sei Giorni Internazionali 

    Testi di Massimo Chierici, foto di Saverio Livolsi

    La  REGINA del REGOLARISMO REGOLARISMO La  REGINA del 

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    Se vi capita di discorrere di moto da regolarità, a se-

    conda dell'età del vostro interlocutore, le prime Case

    nominate sono KTM, Puch, SWM, Zündapp; i più an-

    ziani ricordano con nostalgia le Guzzi, le Gilera e i

    Morini a quattro tempi degli anni Sessanta. Ma agli

    inizi che motociclette utilizzavano i primi regolaristidi casa nostra?

    Innanzitutto, va ricordato che già nel 1931 a Merano

    si svolge per la prima volta in Italia la "Sei giorni in-

    ternazionale" che vede vittoriosa la squadra Gilera

    con i piloti Luigi Gilera, fratello del titolare Giuseppe

    Miro Maffeis e Rosolino Grana. La lenta, ma costan-

    te, diffusione di questo sport nel nostro paese la si

    può far risalire al primo dopoguerra e parlando d

    quel periodo bisogna anche citare marchi come Ster-zi, Rumi, Capriolo, MV e ancor prima Sertum.

    Sertum? Si chiederanno i più giovani, sì, proprio Ser-

    tum! Che a differenza di quanto possa far presup-

    Se non fosse per la

     presenza delle tabel-

    le portanumero, dif-

    ficilmente verrebbe

    da pensare di tro-

    varsi di fronte ad 

    una motocicletta

    vincente nella rego-

    larità; ma, del resto,

    tutte le moto dei  pionieri del fuori-

     strada erano prati-

    camente moto stra-

    dali adattate con

    qualche modifica di 

    dettaglio.

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    porre il nome, era un italianissimo prodotto costruito

    a Milano dalle officine meccaniche Fausto Alberti co-

    me marchio per le proprie motociclette ritenute, a ra-

    gione, di ottima qualità, scelsero una regale corona,

    vocabolo quest’ultimo che in latino si traduce proprio

    con la parola “Sertum”.Operanti dal 1922 e specializzate nella costruzione

    per conto terzi di componenti e motori completi per

    l’industria, la motonautica e l’aeronautica, le officine

    milanesi debuttano nel 1932 presentando una 175 a

    quattro tempi con valvole laterali, soluzione tecnica

    già controcorrente in un periodo in cui iniziavano ad

    affermarsi i motori a valvole in testa sicuramente più

    performanti, ma evidentemente i vertici dell’azienda

    puntarono sulla robustezza e sulla collaudata costan-za di prestazioni che tali motori garantivano.

    Per mettere in evidenza tali doti, cosa c’è di meglio

    che affrontare le lunghe e massacranti gare di rego-

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    larità che si svolgono su percorsi di ogni tipo? Ed ec-

    co che già dai primi anni di vita le Sertum partecipa-

    no vittoriosamente, oltre a qualche gara di velocità,

    alla “24 ore” del moto club Milano, alla “Coppa del

    Prete”, alla “Sei giorni di Padova” e a molte altre ma-

    nifestazioni famose in quegli anni.Le moto utilizzate sono la 250, ma anche la 500 bici-

    lindrica; i piloti che più si mettono in luce sono il col-

    laudatore Nino Grieco, Guido Benzoni, Mario Ventu-

    ra, Enrico Lavelli.

    Nel 1939 alla Sei Giorni Internazionale che si disputa

    in Germania, la Sertum è presente con nove motoci-

    clette che arriveranno tutte al traguardo conquistan-

    do un bottino di cinque medaglie d’oro, una d’ar-

    gento e tre di bronzo; terminata la lunga parentesi

    dovuta ai tragici eventi bellici, l’attività sportiva ri-

    prende nel 1946 con la partecipazione ad alcune ga-

    re nazionali con le 250 VT a valvole in testa. L’anno

    seguente a Zlin in Cecoslovacchia dove si disputa la

    prima Sei Giorni del dopoguerra, le due squadre ita-

    liane al via sono così composte: Benzoni e Ventura

    con le 250 VT, Fornasari con la 500 a valvole laterali,

    Grieco in coppia con Garlaschelli in sella ad un side-car con motore 500 a valvole laterali, tutti in lotta per

    conquistare il Trofeo, mentre per il Vaso d’Argento

    sono in gara Francone, Giudici e Messori con le 250

    VT oltre a Baldi ma iscritto come isolato.

    Ventura e Giudici terminano le impegnative prove

    con zero punti di penalità e si aggiudicano la meda-

    glia d’oro, Francone quella di bronzo mentre gli altr

    sono costretti al ritiro.

    Nel 1948 la Sei Giorni si svolge a Sanremo, ma l’unica

    Sertum al traguardo è quella di Onorato Francone

    che si deve accontentare della medaglia d’argento; la

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    sfortunata prestazione di Sanremo è presto cancella-

    ta dalla vittoria di Ventura, Damiani e Benzoni pro-

    clamati vincitori pari merito alla prima edizione do-

    poguerra della Valli Bergamasche.

    Nel 1949 con un nuovo modello di 250 a valvole late-

    rali, Mario Fornasari è terzo alla Valli, ma la stagionedi gare nazionali sarà colma di importanti successi ot-

    tenuti dai “Tre Moschettieri” (così vennero sopran-

    nominati i tre piloti ufficiali della casa lombarda),

    Benzoni, Fornasari e Ventura che si aggiudicano il

    Trofeo Nazionale di Regolarità a squadre vincendo

    “Lo Scudo del Sud”, la “24 Ore” del moto club Mila-

    no e la “Mille Miglia Motociclistica” organizzata dal

    moto club Roma. Anche la partecipazione alla Sei

    Giorni che si disputa a Llandrindod Wells in Inghilter-

    ra è ricca di soddisfazioni grazie a Benzoni, Fornasari

    e Strada che conquistano l’oro.

    A tanti successi sportivi non ne corrispondono altret-tanti commerciali o, perlomeno, non sufficienti alla

    sopravvivenza dell’azienda: già l’anno seguente si in-

    travedono i primi sintomi che porteranno alla chiusu-

    ra definitiva nel 1952; il trio Benzoni, Fornasari, Ven-

    tura passa alla MV; la partecipazione alle gare conti-

    nua, sia pur in forma ridotta, con la Ghibli, l’ultima

    versione della 250, in alcune manifestazioni sul terri-

    torio italiano con i piloti Romano, Riva, Strada e Fran-

    cone: alla Valli Bergamasche che si disputa su tre

    giornate di gara, Miro Riva è secondo, Guglielmo

    Strada quarto, Bruno Romano quinto, un buon risul-

    tato complessivo che permette la conquista della vit-toria a squadre.

    La partecipazione ufficiale alle competizioni termina

    nel 1950; Riva, Strada e Romano passano alla Rumi.

    L’anno seguente qualche pilota privato porta in gara

    la 250, ma ormai “La regina del regolarismo”, così

    come venne definita dalla stampa dell’epoca, è obso-

    leta nei confronti delle più leggere e maneggevoli

    due tempi MV, Rumi, Sterzi, Mival che segneranno un

    nuovo periodo della motoregolarità.

    Per chi volesse approfondire la conoscenza della Ser-

    tum, consigliamo il libro “Moto Sertum” di Mario Co-

    lombo edito dalla Giorgio Nada Editore dal quale,per gentile concessione, sono state tratte le foto sto-

    riche ed alcuni dati indispensabili per la stesura del

    nostro articolo.

    Ma veniamo alla motocicletta fotografata in queste

    pagine: si tratta di una 250 VL-4 acquistata nuova nel

    1950 da un mugnaio residente nelle montagne par-

    mensi, il quale per i suoi spostamenti, doveva neces-

    sariamente transitare per viottoli e strade non anco-

    ra asfaltate; venuto a conoscenza dei successi fuori-

    stradistici della Sertum, decide di acquistarne una e al

    momento dell'ordine accenna al concessionario le

    sue specifiche esigenze; la moto svolge per lunghi an-

    ni il suo dovere, passa di mano e finisce per molto

    tempo abbandonata e completamente smontata in

    un soppalco di un piccolo magazzino.

    Passano gli anni e nonostante siano parecchi i “cac-

    ciatori di moto d’epoca” della zona a sapere dell’esi-stenza della Sertum, solo recentemente il nostro let-

    tore Paolo Scaffardi di Bedonia in provincia di Parma

    riesce a farsela cedere e ad avviare il restauro com-

    pleto durante il quale, confrontandosi con gli esperti

    di marca, ha scoperto alcune piccole differenze ri-

    spetto agli altri esemplari giunti ai nostri giorni.

    La mezza balestra che aziona il molleggio posteriore

    ha uno spessore maggiore di 5 cm per far sì che mo-

    tore e telaio abbiano una luce a terra maggiore; di

    conseguenza anche il cavalletto di sostegno è più

    lungo e l’asta che comanda il freno posteriore, sem-

    pre per evitare ostacoli, passa in alto. La parte inter-

    Sui cavi dei coman

    al manubrio ne er

    no fissati altri di 

     scorta; questa sol

     zione permetteva

     perdere meno tem po in caso di sosti

    tuzione.

    Il nostro lettore Pa

    lo Scaffardi, che r

     graziamo per aver

    messo a disposizio

    ne questo esempl

    re, ha effettuato i

    restauro di person

     sfortunatamente

     però non ha anco

    reperito la "guan-

    cia" in gomma ch

    orna la parte dest

    del serbatoio.

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    na del parafango posteriore è rinforzata. Il libretto d

    circolazione conferma che i pneumatici 3,50 x 19 ven-

    gono montati in origine al posto dei 3,00 x 19, ed in-

    fine la corona posteriore ha 53 denti anziché 50. Al-

    tre differenze dalla serie si riscontrano anche nel mo-

    tore che monta una testa in lega d’alluminio anziché

    quella di ghisa, il carburatore munito di filtro ha la

    vaschetta laterale sulla parte destra anziché a sini-

    stra, i carter motore nella zona della coppa dell’olio

    non hanno quelle piccole alette di raffreddamento

    presenti in altri modelli, il tappo per il rifornimento

    dell’olio è posizionato dietro al cilindro e non ante-

    riormente.

    Anche nel momento della “messa in fase” è stato ne-

    cessario calcolare col goniometro gli effettivi gradi d

    anticipo visto che con quelli standard la motocicletta

    non funzionava perfettamente, difatti l’aspirazione

    che solitamente apre a 25° prima del punto morto su

    periore e chiude a 55° dopo il punto morto inferiore

    oppure in altri casi apre a 10° e chiude a 60°, nel no-

    stro caso specifico è 10° dopo il p.m.s. per l’apertura

    e 80° dopo il p.m.i. per la chiusura. Lo scarico è inve

    ce conforme alla serie che prevede valori di 70° all’a-

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    Il lato destro del 

    motore dove è posi-

     zionata la trasmis-

     sione primaria. L'in-

     granaggio calettato

     sull'albero motore

    dà il movimento ad un ingranaggio sot-

    tostante che coman-

    da la pompa dell'o-

    lio e ad altri due so-

    vrastanti: uno a de-

     stra aziona la cam-

    me della valvola di 

     scarico, quello di si-

    nistra la camme per 

    la valvola di aspira-

     zione e il ruttore

    dell'accensione. Tol-

    to il carterino alla

    base del cilindro, si 

    accede ai dadi per la

    regolazione delle

    valvole. Si notino la

    leva del cambio e la

     pedivella di avvia-

    mento montate sul-

    lo stesso alberino.

    La testa, a differen-

     za della maggior 

     parte degli esempla-

    ri giunti ai giorni no-

     stri che l’hanno di 

     ghisa, è di lega leg-

     gera.

    Il carburatore Del-

    l'Orto con diffusore

    da 22 millimetri ha

    la vaschetta sul lato

    destro anziché su

    quello sinistro.

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    pertura e 10° alla chiusura o in alternativa 75° e 15°.

    Molto probabilmente per meglio assecondare le esi-

    genze del cliente, la moto è stata assemblata con al-

    cune delle stesse componenti utilizzate per montare

    le motociclette ufficiali che partecipavano alle gare.

    Ma cosa aveva di speciale questa “Regina del regola-

    rismo” che le consentiva di vincere tantissime compe-

    tizioni? Cominciamo a descriverla dal telaio monotra-

    ve a culla semplice aperta realizzato in lamiera stam-

    pata per quanto riguarda la parte anteriore, in fusio-

    ne di lega leggera la parte centrale che comprende

    anche l’alloggiamento per la batteria e ancora in la-

    miera stampata la parte posteriore alla quale è fissa-

    ta la sella e il parafango; la forcella in lamiera stam-

    pata è a parallelogramma con mollone centrale; al

    posteriore, il forcellone oscillante, anch’esso in lamie-

    ra stampata, ammortizza le asperità del terreno gra-

    zie ad una semibalestra infulcrata nella parte centra-

    le del telaio e da due ammortizzatori a frizione del ti-

    po detto “a compasso”; per inciso va ricordato che

    nel modello 250 VT la forcella e il forcellone sono in

    tubi; le ruote, di rapido smontaggio e intercambiabi-

    li fra di loro, hanno cerchi in ferro e mozzi con tam-

    Sopra, il motore,

    che ha le misure v

    tali di 66 x 73 mm

    ed una compressi

    ne di 5.3:1, era ac

    creditato nella ver

     sione standard di 

    8,7 CV a 5.500 gi

    ri/min; pochi cava

    ma, grazie al tiro

    bassi regimi e la c

     stanza di prestazio

    ni, sufficienti a tra

    d'impaccio nella

     guida in fuoristrad A fianco, Il tappo

     per il rifornimento

    dell'olio è qui pos

     zionato nella part

     posteriore del mo

    re. In altri esempla

     si trova anterior-

    mente.

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    buro centrale da 170 millilmetri. Per quanto riguar-

    da il motore, nel nostro caso si tratta di un tran-

    quillo monocilindrico a quattro tempi con valvole

    laterali dalle misure vitali di 66 x 73 millimetri per

    una cilindrata complessiva di 249,7 centimetri cubi-

    ci, compressione di 5,3 : 1 e potenza dichiarata in

    8,7 cavalli a 5.500 giri/min; il cilindro e la testa so-

    no in ghisa (ma, come precedentemente detto, l’e-

    semplare fotografato è dotato della testa in lega

    leggera), carburatore Dell’Orto con diffusore da 22

    millimetri, frizione a dischi multipli in bagno d’o-

    lio, e cambio a quattro rapporti.

    L’accensione è affidata normalmente ad uno spin-

    terogeno, ma in alcuni esemplari, in particolare per

    la versione militare, veniva montato un magnete

    posizionato davanti al cilindro; la trasmissione pri-

    maria è ad ingranaggi: quello principale è calettato

    sull’albero motore che dà il movimento ai due in-

    granaggi degli alberi a camme e all’altro ingranag-

    gio che dà il movimento alla pompa dell’olio.

    Va anche ricordato che, parlando dell’attività ago-

    nistica, diversi successi sono stati ottenuti col mo-

    dello a valvole in testa ma ancora scoperte e con

    l’ultimissimo modello Ghibli con distribuzione ad

    aste e bilancieri e valvole in bagno d’olio: modello

    che però ha vita brevissima per l’imminente chiu-

    sura della fabbrica e di cui non è dato sapere se sia

    entrato effettivamente in produzione o realizzato

    in pochi esemplari di pre-serie.

    Tutti e tre i tipi di motore però hanno il basamen-

    to e i relativi organi praticamente identici e si dif-

    ferenziano esclusivamente per la parte termica.

    Come abbiamo visto, nessun segreto speciale ren-

    deva la Sertum particolarmente adatta al fuoristra-

    da se non l’eccezionale tiro ai bassi regimi e l’affi-

    dabilità meccanica... a prova di Sei Giorni; gran

    parte del merito, quindi, va attribuito ai piloti che

    con la poca potenza a disposizione e un peso non

    indifferente di 150 chilogrammi da portare a spas-

    so… devono aver fatto certe faticacce...

    Altri fattori che sicuramente hanno influito nel-

    l’ottenimento di tanti successi sono rappresentat

    dall’organizzazione e dall’assistenza forniti ai pilo-

    ti sui tracciati di gara.

    In alto a destra, l'a-

     sta che comanda il 

    freno posteriore è

     stata montata in po-

     sizione alta a diffe-

    renza dei modelli di 

     serie.

     Al centro a destra,

    la corona (solita-

    mente con 50 denti)

    veniva sostituita al-

    l'origine con una da

    53 per migliorare il tiro in salita.

    Qi sopra, il parafan-

     go posteriore, a dif-

    ferenza dei modelli 

    di serie, è rinforzato

    nella parte interna.

    Viste le frequenti fo-

    rature, era buona

    norma munirsi di 

    camere d'aria di 

     scorta.

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    MOTORE: monocilindrico verticale a quattro tempi con

    valvole laterali

    ALESAGGIO E CORSA: 66 x 73 mm

    CILINDRATA TOTALE: 249,7 cc

    COMPRESSIONE: 5,3:1

    POTENZA DICHIARATA: 8,7 CV a 5.500 giri/min

    ACCENSIONE: a spinterogeno (in alcuni esemplari a

    magnete)

    CARBURATORE: Dell’Orto SB 22, diffusore da 22 mm

    FRIZIONE: dischi multipli in bagno d’olio

    CAMBIO: 4 rapporti

    TRASMISSIONE PRIMARIA: ingranaggi

    TELAIO: monotrave a culla semplice aperta compostodalla parte anteriore in lamiera stampata e da quella

    centrale in lega leggeraSOSPENSIONE ANTERIORE: forcella a parallelogram-ma in lamiera stampata e mollone centraleSOSPENSIONE POSTERIORE: forcellone oscillante consemibalestra e ammortizzatori a frizioneFRENI: anteriore e posteriore a tamburo centrale condiametro di 170 mmRUOTE: a raggi con cerchi di ferro 19 x 2,5PNEUMATICI: anteriore e posteriore 3,00 x 19PESO DICHIARATO: 150 kg a vuotoCAPACITÀ SERBATOIO: 13 lt. (1 di riserva)

    In alto, il mozzo anteriore ritratto dal lato sinistro. Si noti il per-

    no della ruota con l'appendice per lo smontaggio rapido.

    I mozzi delle ruote, realizzati in lega leggera, sono intercambia-

    bili fra di loro; sono infatti ben visibili, anche su quello anteriore,

    i fori di alloggiamento del parastrappi della corona. La parte

    centrale dei cerchi era elegantemente verniciata con lo stesso

    colore rosso di tutta la carrozzeria.

    La forcella anteriore a parallelogramma ammortizza le asperità del tracciato grazie al m

    lone centrale che si intravede nella foto.

    SCHEDA TECNICA SERTUM 250 VL-4

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     A fianco, una dell

    250 VT Sport foto

     grafata alla fine d

    la Sei Giorni del 

    1939 che si svolse

    Germania (foto dalibro “Moto Ser-

    tum”).

    Nella pagina prece

    dente in basso a d

     stra, la 250 VL-4 q

    nella foto ufficiale

    diffusa all’epoca:

    venne prodotta da

    1948 al 1951 (fot

    dal libro “Moto Se

    tum”).

    Qui sopra, ecco come la motocicletta... era stata rimessata... insieme ad alcune parti di una Sertum 500. Una volta caricata sul furgone, inizia l’operazione r

     stauro. Sotto, il serbatoio nello stato in cui si trovava all’atto del ritrovamento e con le misurazioni fatte per ricostruirne la grafica.