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Sezione giurisdizionale Sicilia, Sent. n. 4126 del 15/12/2011
Sent. n. 4126/2011
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA SICILIA
composta dai seguenti magistrati
dott. Vincenzo LO PRESTI Presidente
dott. Giuseppe COLAVECCHIO Giudice estensore
dott.ssa Igina MAIO Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 57423 del registro di segreteria, promosso
dalla Procura Regionale nei confronti di
- ARENA GIUSEPPE nato a Catania il 04/02/1969, rappresentato e difeso dall’avv.
Antonio Vitale, giusta procura a margine della comparsa di costituzione, depositata in
data 20.10.2011, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Mangalaviti in
Palermo, via Alloro n. 36;
- BONANNO SALVATORE nato a Catania il 14/05/1967, rappresentato e difeso
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dall’avv. Francesco Caruso, giusta procura a margine della comparsa di costituzione,
depositata il 17.02.2011, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv.
Massimiliano Mangano in Palermo, via Nunzio Morello n. 40;
- BRANCATO MARIO nato a Catania il 02/02/1957, rappresentato e difeso dall’avv.
Giuseppe Vassallo, giusta procura a margine della comparsa di costituzione, depositata
il 15.02.2011, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Michele Roccella
in Palermo, piazza Marina n. 19;
- CARUSO FRANCESCO nato a Scordia il 03/01/1964, rappresentato e difeso da se
stesso e dall’avv. Salvatore Sandro Caruso, giusta procura in calce alla comparsa di
costituzione, depositata il 17.02.2011, ed elettivamente domiciliato presso lo studio
dell’avv. Massimiliano Mangano in Palermo, via Nunzio Morello n. 40;
- D’AGATA ROSARIO nato a Milano il 02/02/1941, rappresentato e difeso dall’avv.
Agatino Cariola e dall’avv. Carmelo Floreno, giusta procura a margine della comparsa
di costituzione, depositata il 16.02.2011, ed elettivamente domiciliato presso il loro
studio in Catania, via G. Carnazza n. 51;
- D’ANTONI ORAZIO nato a Catania il 29/04/1960, rappresentato e difeso dall’avv.
Agatino Cariola e dall’avv. Carmelo Floreno, giusta procura a margine della comparsa
di costituzione, depositata il 16.02.2011, ed elettivamente domiciliato presso il loro
studio in Catania, via G. Carnazza n. 51;
- D’ASERO ANTONINO nato a Biancavilla (CT) il 15/07/1952, rappresentato e
difeso dall’avv. Agatino Cariola e dall’avv. Carmelo Floreno, giusta procura a margine
della comparsa di costituzione, depositata il 16.02.2011, ed elettivamente domiciliato
presso il loro studio in Catania, via G. Carnazza n. 51;
- DE FELICE MARIO nato a Catania il 19/06/1954;
- DE MAURO IGNAZIO nato a Catania il 16/10/1959, rappresentato e difeso dall’avv.
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Paola La Carrubba, giusta procura a margine della comparsa di costituzione, depositata
il 16.02.2011, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Maurizio Argento
in Palermo, via Arimondi n. 79;
- DRAGO FILIPPO MARIA nato a Catania il 05/10/1963, rappresentato e difeso
dall’avv. Agatino Cariola e dall’avv. Carmelo Floreno, giusta procura a margine della
comparsa di costituzione, depositata il 16.02.2011, ed elettivamente domiciliato presso
il loro studio in Catania, via G. Carnazza n. 51;
- EMANUELE VINCENZO nato a Palermo il 18/01/1957, rappresentato e difeso
dall’avv. Giovanni Pitruzzella e dall’avv. Stefano Polizzotto, giusta procura a margine
della comparsa di costituzione, depositata il 17.02.2011, ed elettivamente domiciliato
presso il loro studio in Palermo, via N. Morello n. 40;
- FATUZZO FABIO nato a Messina il 19/03/1951, rappresentato e difeso dall’avv.
Silvio Motta e dall’avv. Francesco Rapisarda, giusta procura a margine della comparsa
di costituzione, depositata il 15.02.2011, ed elettivamente domiciliato presso lo studio
dell’avv. Luca Di Carlo in Palermo, via N. Morello n. 40;
- FORZESE MARCO nato a Catania il 27/03/1963, rappresentato e difeso dall’avv.
Antonio Vitale, giusta procura a margine della comparsa di costituzione, depositata in
data 20.10.2011, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Mangalaviti in
Palermo, via Alloro n. 36;
- GAROFALO OTTAVIO nato a Siracusa il 11/10/1955;
- GRASSO SILVANA nata a Giarre il 03/06/1952, rappresentata e difesa dall’avv.
Girolamo Rubino, giusta procura allegata all’atto di citazione, depositata in data
23.11.2010, ed elettivamente domiciliata presso il di lui studio in Palermo, via G.
Oberdan n. 5;
- GULINO STEFANIA nata a Biancavilla il 03/06/1974, rappresentata e difesa
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dall’avv. Dario Sammartino, giusta procura a margine della comparsa di costituzione,
depositata il 09.02.2011, ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’avv.
Rosaria Zammataro in Palermo, via G. Serpotta n. 66;
- INDACO MARIO nato a Catania il 15/09/1959, rappresentato e difeso dall’avv.
Agatino Cariola e dall’avv. Carmelo Floreno, giusta procura a margine della comparsa
di costituzione, depositata il 16.02.2011, ed elettivamente domiciliato presso il loro
studio in Catania, via G. Carnazza n. 51;
- MAIMONE GIUSEPPE nato a Catania il 28/11/1946, rappresentato e difeso
dall’avv. Giuseppe Sciuto, giusta procura a margine della comparsa di costituzione,
depositata il 15.02.2011, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Luca
Di Carlo in Palermo, via N. Morello n. 40;
- NICOTRA ANTONINO nato a Catania il 03/08/1959, rappresentato e difeso
dall’avv. Francesco Caruso, giusta procura a margine della comparsa di costituzione,
depositata il 17.02.2011, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv.
Massimiliano Mangano in Palermo, via Nunzio Morello n. 40;
- OLIVA VINCENZO nato a Catania il 01/09/1958, rappresentato e difeso dall’avv.
Alfio D’Urso, giusta procura a margine della comparsa di costituzione, depositata il
16.02.2011, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Marcello Zampardi
in Palermo, via Dante n. 25;
- PAOLONE BENITO nato a Campobasso il 11/11/1933, rappresentato e difeso
dall’avv. Agatino Cariola e dall’avv. Carmelo Floreno, giusta procura a margine della
comparsa di costituzione, depositata il 16.02.2011, ed elettivamente domiciliato presso
il loro studio in Catania, via G. Carnazza n. 51;
- PASSANISI LUIGI nato a Vizzini il 17/07/1943, rappresentato e difeso dall’avv.
Agatino Cariola e dall’avv. Carmelo Floreno, giusta procura a margine della comparsa
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di costituzione, depositata il 16.02.2011, ed elettivamente domiciliato presso il loro
studio in Catania, via G. Carnazza n. 51;
- REALE CARMELO nato a Catania il 14/06/1948, rappresentato e difeso dall’avv.
Andrea Scuderi e dall’avv. Elena Leone, giusta procura a margine della comparsa di
costituzione, depositata il 16.02.2011, ed elettivamente domiciliato presso lo studio
dell’avv. Luca Di Carlo in Palermo, via N. Morello n. 40;
- ROSANO ANGELO nato a Catania il 24/05/1940;
- ROTELLA DOMENICO nato a Catania il 31/08/1961, rappresentato e difeso
dall’avv. Giuseppe Vassallo, giusta procura a margine della comparsa di costituzione,
depositata il 15.02.2011, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv.
Michele Roccella in Palermo, piazza Marina n. 19;
- SANTAMARIA SALVATORE nato a Catania il 29/07/1957;
- SARDO GAETANO nato a Catania il 22/09/1962, rappresentato e difeso dall’avv.
Agatino Cariola e dall’avv. Carmelo Floreno, giusta procura a margine della comparsa
di costituzione, depositata il 16.02.2011, ed elettivamente domiciliato presso il loro
studio in Catania, via G. Carnazza n. 51;
- SCAPAGNINI UMBERTO nato a Napoli il 16/10/1941, rappresentato e difeso
dall’avv. Felice Giuffrè, giusta procura a margine della comparsa di costituzione,
depositata il 15.02.2011, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv.
Giovanni Pitruzzella in Palermo, via N. Morello n. 40;
- SCHILLACI CARMELA ADELE RITA nata a Catania il 11/10/1958, rappresentata
e difesa dall’avv. Ivan Randazzo, giusta procura a margine della comparsa di
costituzione, depositata il 04.03.2011, ed elettivamente domiciliata presso il di lui
studio in Catania, via G. D’Annunzio n. 33;
- SUDANO DOMENICO nato a Catania il 28/09/1940, rappresentato e difeso
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dall’avv. Agatino Cariola e dall’avv. Carmelo Floreno, giusta procura a margine della
comparsa di costituzione, depositata il 16.02.2011, ed elettivamente domiciliato presso
il loro studio in Catania, via G. Carnazza n. 51;
- TAFURI GAETANO nato a Catania il 20/06/1970, rappresentato e difeso dall’avv.
Luigi Tafuri, giusta procura a margine della comparsa di costituzione, ed elettivamente
domiciliato presso lo studio dell’avv. Lucia Di Salvo in Palermo, via Notarbartolo n. 5;
- VASTA GIOVANNI nato a Catania il 28/02/1952, rappresentato e difeso dall’avv.
Giuseppe Sciuto, giusta procura a margine della comparsa di costituzione, depositata il
15.02.2011, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Luca Di Carlo in
Palermo, via N. Morello n. 40;
- ZAPPALA’ GIUSEPPE nato a Paternò il 18/10/1949, rappresentato e difeso
dall’avv. Francesco Caruso, giusta procura a margine della comparsa di costituzione,
depositata il 17.02.2011, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv.
Massimiliano Mangano in Palermo, via Nunzio Morello n. 40.
Visto l’atto di citazione.
Letti gli atti ed i documenti di causa.
Uditi, nella pubblica udienza del 09.11.2011, il relatore cons. Giuseppe Colavecchio, il
pubblico ministero dott. Gianluca Albo, l’avv. Alfio D’urso per Oliva Vincenzo, l’avv.
Pieranna Filippi delegata dall’avv. Girolamo Rubino per Grasso Silvana, l’avv.
Antonio Vitale per Arena Giuseppe e Forzese Marco, l’avv. Silvio Motta per Fatuzzo
Fabio, come delegato dall’avv. Felice Giuffrè per Scapagnini Umberto e come
delegato dall’avv. Giuseppe Sciuto per Maimone Giuseppe e Vasta Giovanni, l’avv.
Francesco Caruso quale difensore di sé stesso e di Bonanno Salvatore, Nicotra
Antonino e Zappalà Giuseppe, l’avv. Paola La Carrubba per De Mauro Ignazio e come
delegata dall’avv. Giuseppe Vassallo per Brancato Mario e Rotella Domenico, l’avv.
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Luigi Tafuri per Tafuri Gaetano, l’avv. Elena Leone per Reale Carmelo, l’avv.
Antonietta Sartorio come delegata dall’avv. Giovanni Pitruzzella per Vincenzo
Emanuele, l’avv. Rosaria Zammataro come delegata dall’avv. Dario Sammartino per
Gulino Stefania, l’avv. Carmelo Floreno per D’Agata Rosario, D’Antoni Orazio,
D’Asero Antonino, Drago Filippo, Indaco Mario, Paolone Benito, Passanissi Luigi,
Sardo Gaetano e Sudano Domenico.
Ritenuto in
FATTO
I. La Procura Regionale presso questa Sezione giurisdizionale della Corte dei conti,
con atto di citazione depositato in segreteria in data 12.07.2010 e ritualmente
notificato, a seguito di denuncia di alcuni consiglieri del Comune di Catania, datata
22.04.2008, riguardante l’illegittima stabilizzazione di alcuni giornalisti esterni
effettuata dal Commissario straordinario, e di altra segnalazione di due dipendenti
interni, datata 07.08.2009, circa l’illegittimo conferimento da parte della Giunta
Municipale di incarichi di collaborazione giornalistica, citava in giudizio i soggetti in
epigrafe indicati, tutti nella qualità di componenti la Giunta Municipale, ad eccezione
del dott. Reale, nella qualità di Direttore del personale, del dott. Bonanno, nella qualità
di Direttore dell’Ufficio del Sindaco, e del dott. Emanuele, nella qualità di
Commissario straordinario, per essere condannati, ciascuno per le quote di seguito
indicate, alla refusione del danno erariale subito dal Comune di Catania, oltre la
rivalutazione monetaria, gli interessi legali e le spese di giudizio, queste ultime da
liquidarsi a favore dello Stato.
Articolati i fatti di causa, compendiati nel libello introduttivo del presente giudizio e
ruotanti su due autonome fattispecie di danno: una derivante dall’illecito conferimento
di incarichi a giornalisti esterni e l’altra dal mancato recepimento dei principi sanciti
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dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 189/2007.
II. La Giunta Municipale, con delibera n. 1711 del 24.12.2002, istituiva, ai sensi
dell’art. 58 della legge regionale n. 33/1996, dell’art. 1 della legge statale n. 150/2000
e dell’art. 127 della legge regionale n. 2/2002, l’Ufficio stampa e l’Ufficio del
portavoce del capo dell’amministrazione presso la struttura di gabinetto del Sindaco e,
sempre con la medesima delibera, trasformava il posto in pianta organica di
“funzionario Ufficio stampa” in “redattore capo”, giusta l’art. 127, comma 2, della
citata legge n. 2/2002; con successiva delibera n. 459/2005, modificava la dotazione
organica dell’Ufficio, con l’incremento di un posto di “redattore capo” - qualifica D3 -
(che divenivano due); restavano invariati, invece, i due posti di “responsabile della
comunicazione”.
Secondo gli accertamenti istruttori eseguiti dall’organo requirente, dell’Ufficio stampa
del Comune di Catania facevano parte, dal 2004, i seguenti giornalisti, professionisti
esterni, incaricati di volta in volta mediante apposite delibere:
- Petrina Michela, dal 23/10/2004 al 22/10/2005 (delibera G.M. 1611/2004), dal
01/05/2006 al 31/12/2006 (delibera G.M. 616/2006), dal 30/03/2007 al 31/05/2007
(delibera G.M. 382/2007), dal 27/08/2007 al 31/12/2007 (delibera G.M. n. 1426/2007),
dal 01/01/2008 al 31/03/2008 (delibera G.M. n.2089/2007), dal 01/04/2008 al
30/06/2008 (delibera Commissario straordinario n. 184/2008);
- Iozzia Giovanni, dal 01/05/2006 al 31/12/2006 (delibera G.M. n. 617/2006), dal
30/03/2007 al 31/05/2007 (del. G.M. n. 381/2007), dal 27/08/2007 al 31/12/2007 (del.
GM n. 1425/2007) dal 01/01/2008 al 31/03/2008 (del. G.M. n. 2088/2007), dal
01/04/2008 al 30/06/2008 (delibera Commissario straordinario n. 184/2008);
- Lazzaro Danzuso Giuseppe, dal 30/03/2007 al 31/05/2007 (del. G.M. n. 383/2007),
dal 27/08/2007 al 31/12/2007 (del G.M. n.1427/2007), dal 01/02/2008 al 31/03/2008
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(del G.M. n. 242/2008), dal 01/04/2008 al 30/06/2008 (delibera Commissario
straordinario n. 184/2008).
Sempre secondo la prospettazione accusatoria, nello stesso periodo in cui si ricorreva
alla nomina di giornalisti esterni all’ente, risultavano incardinati presso l’ufficio
stampa, con vari profili, i seguenti dipendenti di ruolo del Comune di Catania:
- Molino Sebastiano (profilo di caporedattore, trattamento economico per la qualifica
di caporedattore secondo il contratto nazionale di lavoro giornalistico);
- Pavano Francesca (profilo di caporedattore, trattamento economico per la qualifica di
caporedattore secondo il contratto nazionale di lavoro giornalistico);
- Di Guardo Salvatore (profilo di collaboratore Amministrativo/informatico,
trattamento economico secondo il C.C.N.L. Enti Locali);
- Di Marco Francesco (profilo di addetto alle pubbliche relazioni, trattamento
economico secondo il C.C.N.L. Enti Locali).
I dipendenti Di Marco e Di Guardo, in sede di audizione, sostenevano di essere
regolarmente iscritti nell’albo dei giornalisti pubblicisti, rispettivamente, dal
16/07/1981 e dal 26/06/1985, e di avere fatto parte, sin dal 1992, dell’Ufficio stampa
del Sindaco, percependo un trattamento economico inferiore rispetto alla qualifica
posseduta, tanto da rivendicarne le giuste competenze innanzi al Giudice del lavoro,
mentre solo gli altri dipendenti, Pavano e Molino, beneficiavano del trattamento
economico di caporedattore, così come previsto dalla legge regionale n. 2/2002;
aggiungevano che i giornalisti esterni “svolgevano funzioni di comunicazione alle
dipendenze del responsabile dell’ufficio stampa, uno dei due dipendenti dell’ente
(Molino e Pavano)”.
Le delibere della Giunta Municipale, come sopra indicate, con oggetto il conferimento
di incarichi ai giornalisti esterni Petrina, Iozzia e Lazzaro Danzuso, erano adottate dai
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seguenti amministratori (ognuna veniva munita di parere di regolarità tecnica):
- n. 1611/2004 del 27.9.2004 (mandati di pagamento per € 63.053,97): Umberto
Scapagnini, Benito Paolone, Angelo Rosano, Domenico Sudano, Rosario D’Agata,
Fabio Fatuzzo, Antonino D’Asero, Antonino Nicotra, Ignazio De Mauro, Gaetano
Sardo, Marco Forzese; il parere favorevole di regolarità tecnica era reso dal Direttore
del Personale, dott. Carmelo Reale;
- n. 616/2006 del 30.5.2006 (€ 40.046,30): Umberto Scapagnini, Giuseppe Maimone,
Diego Lo Giudice, Giuseppe Zappalà, Mario De Felice, Salvatore Santamaria, Orazio
D’Antoni, Domenico Rotella, Francesco Caruso, Giuseppe Arena, Stefania Gulino; il
parere favorevole di regolarità tecnica era apposto dal Direttore del personale, dott.
Carmelo Reale; rendeva attestazione d’insussistenza nell’ambito dell’amministrazione
di “risorse umane in grado di rendere lo stesso livello di prestazioni professionali reso
dai giornalisti dott.ssa Michela Petrina e dott. Giovanni Iozzia”, il dott. Bonanno,
direttore dell’Ufficio del Sindaco;
- 617/2006 del 30.5.2006 (€ 39.849,03): Umberto Scapagnini, Giuseppe Maimone,
Diego Lo Giudice, Giuseppe Zappalà, Mario De Felice, Salvatore Santamaria, Orazio
D’Antoni, Domenico Rotella, Francesco Caruso, Giuseppe Arena, Stefania Gulino; il
parere favorevole di regolarità tecnica era reso dal Direttore del personale, dott.
Carmelo Reale; rendeva attestazione d’insussistenza nell’ambito dell’amministrazione
di “risorse umane in grado di rendere lo stesso livello di prestazioni professionali reso
dai giornalisti dott.ssa Michela Petrina e dott. Giovanni Iozzia”, il dott. Bonanno,
direttore dell’Ufficio del Sindaco;
- n. 381/2007 del 30.3.2007 (€ 13.782,77): Umberto Scapagnini, Luigi Passanisi,
Giuseppe Zappalà, Fabio Fatuzzo, Giovanni Vasta, Domenico Rotella, Filippo Maria
Drago, Giuseppe Arena; il parere favorevole di regolarità tecnica era reso dal Direttore
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del personale, dott. Carmelo Reale;
- n. 382/2007 del 30.3.2007 (€ 15.015,85): Umberto Scapagnini, Luigi Passanisi,
Giuseppe Zappalà, Fabio Fatuzzo, Giovanni Vasta, Domenico Rotella, Filippo Maria
Drago, Giuseppe Arena; il parere favorevole di regolarità tecnica era reso dal Direttore
del personale, dott. Carmelo Reale;
- n. 383/2007 del 30.3.2007 (€ 10.694,94): Umberto Scapagnini, Luigi Passanisi,
Giuseppe Zappalà, Fabio Fatuzzo, Giovanni Vasta, Domenico Rotella, Filippo Maria
Drago, Giuseppe Arena; il parere favorevole di regolarità tecnica era reso dal Direttore
del personale, dott. Carmelo Reale;
- n. 1425/2007 del 27.8.2007 (€ 17.541,88): Umberto Scapagnini, Giuseppe Zappalà,
Fabio Fatuzzo, Giovanni Vasta, Silvana Grasso, Mario Brancato, Salvatore
Santamaria, Elita Schillaci, Antonino Nicotra, Mario Indaco, Domenico Rotella,
Giuseppe Arena, Gaetano Tafuri; il parere favorevole di regolarità tecnica era reso dal
Direttore del personale, dott. Carmelo Reale;
- n. 1426/2007 del 27.8.2007 (€ 23.468,20): Umberto Scapagnini, Giuseppe Zappalà,
Fabio Fatuzzo, Giovanni Vasta, Silvana Grasso, Mario Brancato, Salvatore
Santamaria, Elita Schillaci, Antonino Nicotra, Mario Indaco, Domenico Rotella,
Giuseppe Arena, Gaetano Tafuri; il parere favorevole di regolarità tecnica era reso dal
Direttore del personale, dott. Carmelo Reale;
- n. 1427/2007 del 27.8.2007 (€ 10.668,34): Umberto Scapagnini, Giuseppe Zappalà,
Fabio Fatuzzo, Giovanni Vasta, Silvana Grasso, Mario Brancato, Salvatore
Santamaria, Elita Schillaci, Antonino Nicotra, Mario Indaco, Domenico Rotella,
Giuseppe Arena, Gaetano Tafuri; il parere di regolarità tecnica era reso dal Direttore
del personale, dott. Carmelo Reale;
- n. 2088/2007 del 31.12.2007(€ 10.440,62): Umberto Scapagnini, Giuseppe Zappalà,
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Fabio Fatuzzo, Giovanni Vasta, Silvana Grasso, Mario Brancato, Vincenzo Oliva,
Domenico Rotella, Giuseppe Arena; il parere di regolarità tecnica era reso dal Vice
Segretario Generale (Nicotra);
- n. 2089/2007 del 31.12.2007 (€ 12.030,33): Umberto Scapagnini, Giuseppe Zappalà,
Fabio Fatuzzo, Giovanni Vasta, Silvana Grasso, Mario Brancato, Vincenzo Oliva,
Domenico Rotella, Giuseppe Arena; il parere di regolarità tecnica era reso dal Vice
Segretario Generale (Nicotra);
- n. 242/2008 del 1.2.2008 (€ 2.099,20): Umberto Scapagnini, Giuseppe Zappalà,
Fabio Fatuzzo, Giovanni Vasta, Silvana Grasso, Ottavio Garofalo, Mario Brancato,
Vincenzo Oliva, Carmela Schillaci, Antonino Nicotra, Mario Indaco, Domenico
Rotella, Giuseppe Arena, Gaetano Tafuri; il parere di regolarità tecnica era reso dal
Vice Segretario Generale (Nicotra);
- delibera del Commissario straordinario n. 184/2008 del 31.3.2008 (€ 29.023,72):
Vincenzo Emanuele; la proposta e il parere di regolarità tecnica erano del Direttore del
personale, dott. Carmelo Reale.
Ciò posto, l’attore pubblico richiamava la normativa di riferimento:
- la legge statale n. 150/2000, le cui disposizioni costituiscono principi fondamentali ai
sensi dell’art. 117 della Costituzione e si applicano alle regioni a statuto speciale nel
rispetto degli statuti e delle relative norme di attuazione (art. 10); in particolare,
poneva l’attenzione sull’art. 4, comma 1, secondo il quale le amministrazioni
pubbliche, individuano, nell’ambito delle proprie dotazioni organiche, il personale da
adibire alle attività di informazione e comunicazione, nonché sull’art. 6 per il quale le
strutture di riferimento di tale attività sono costituite dal portavoce e dall’ufficio
stampa: la prima figura (art. 7), che coadiuva l’organo di vertice dell’amministrazione,
presenta connotazione fiduciaria ed è scelta anche tra personale esterno
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all’amministrazione; l’ufficio stampa (art. 9), costituito da personale dotato di requisiti
specifici di professionalità (iscrizione all’albo nazionale dei giornalisti), è attinto tra i
dipendenti delle pubbliche amministrazioni od anche da “personale estraneo alla
pubblica amministrazione”, incaricato in qualità di esperto a tempo determinato, ai
sensi dell’art. 7, comma 6, del decreto legislativo n. 29/1993, il cui testo è stato poi
trasfuso nell’art. 7, comma 6, del decreto legislativo n. 165/2001 e sostituito dall’art.
32 dal decreto legge n. 223/2006, convertito nella legge n. 248/2006;
- la legge finanziaria regionale n. 2/2002; in particolare, poneva l’attenzione
sull’art.127, rubricato “informazione e comunicazione”, che recepisce, al comma 1, nel
territorio regionale gli artt. 1, 2, 3, 4, 6, 7, 8 e 9 (quest’ultimo, limitatamente ai commi
1, 2, 3 e 4), nonché sul comma 6 che prevede di adibire alle funzione di comunicazione
ed informazione il personale che a qualsiasi titolo svolgeva tali compiti alla data del 30
giugno 2000; richiamava, inoltre, il comma 2 per il quale, in sede di prima
applicazione, ai giornalisti componenti gli uffici stampa degli enti territoriali doveva
essere attribuita, prima dell’intervento della Corte Costituzionale con la sentenza n.
189/2007, la qualifica ed il trattamento contrattuale di caporedattore in applicazione
del contratto nazionale di lavoro giornalistico.
Il Pubblico Ministero riteneva che il conferimento, con le delibere di cui sopra, di
incarichi di collaborazione a giornalisti esterni costituisse ipotesi di illecito erariale,
con grave e inescusabile violazione degli obblighi di servizio; ciò perchè, rientrando
l’attività di comunicazione tra i compiti istituzionali della pubblica amministrazione e
in aderenza al notorio principio di preventiva fruizione delle risorse interne idonee,
all’Ufficio stampa del Comune di Catania - non essendovi, tra l’altro, scoperture di
organico - doveva adibirsi il personale interno (Molino, Pavano, Di Guardo e Di
Marco), già dotato dei requisiti di professionalità richiesti dalla normativa di cui sopra
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(iscrizione all’apposito albo); il conferimento di incarichi a giornalisti esterni (Petrina,
Iozzia, Lazzaro-Danzuso) avrebbe potuto giustificarsi solo nell’ipotesi in cui non vi
fossero state professionalità interne, presupposto indefettibile richiesto dall’art. 7,
comma 6, del decreto legislativo n. 29/1993 per il conferimento di incarichi di
collaborazione.
Inoltre, affermava che dall’esame del testo delle singole delibere, con motivazioni solo
apparenti, non era possibile rilevare obiettivi specifici non perseguibili con le
professionalità interne, né in base a quali elementi fosse stato individuato il compenso
di caporedattore, né il rapporto di adeguatezza tra i compiti da svolgere e il compenso
individuato, e ciò anche in violazione dell’art. 1, comma 42, della legge n. 311/2004,
richiamato nelle stesse delibere.
L’organo requirente riteneva equivalenti nella causazione dell’illecito le condotte degli
amministratori che avevano adottato le singole delibere, unitamente a quella del
dirigente proponente (Reale) che risponde in via amministrativa e contabile del parere
di regolarità tecnica reso (art. 53, comma 1, della legge n. 142/1990, come recepito
dalla legge regionale n. 48/1991 e modificato dall’art. 12 della legge regionale n.
30/2000) e del direttore dell’Ufficio del Sindaco (Bonanno) che, sebbene sprovvisto di
competenze sulle risorse umane aveva curato, con estrema negligenza, l’attestazione di
non surrogabilità dei soggetti da incaricare. Sosteneva, invece, che il vice segretario
generale (Nicotra), nelle delibere ove aveva apposto il parere di regolarità, non essendo
il dirigente proponente e avendo dato corso alla repentina volontà dell’organo
esecutivo, non si potesse trovare in inescusabile negligenza.
Di grave negligenza tacciava anche il comportamento del Commissario straordinario
(Emanuele) che, avendo acriticamente recepito il parere del direttore del personale
(Reale), aveva adottato la delibera n. 184 del 31.08.2008, senza alcuna preventiva
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valutazione di utilità e di legittimazione legale per ricorrere a professionalità esterne.
In conclusione, il danno erariale veniva così ripartito, tra gli amministratori comunali,
il Commissario straordinario (Emanuele), il Direttore del personale (Reale) e il
Direttore dell’ufficio del sindaco (Bonanno):
- ARENA Giuseppe: delibere nn. 616, 617 (€ 5.706,80), - 381, 382, 383 (€ 3.199,81), -
1425, 1426, 1427 (€ 3.691,31), - 2088, 2089 (€ 2.496,77), 242 (€ 149,94),
complessivamente € 15.244.63;
- BONANNO Salvatore: delibere nn. 616, 617, complessivamente € 5.706,80;
- BRANCATO Mario: delibere nn. 1425, 1426. 1427 (€ 3.691,31), - 2088, 2089 (€
2.496,77), - 242 (€ 149,94), complessivamente € 6.338,02;
- CARUSO Francesco: delibere nn.616, 617, complessivamente € 5.706,80;
- D’AGATA Rosario: delibera n. 1611, € 4.850,30;
- D’ANTONI Orazio: delibere nn. 616, 617, complessivamente € 5.706,80;
- D’ASERO Antonino: delibera n. 1611, € 4.850,30,
- DE FELICE Mario: delibere nn. 616, 617, complessivamente € 5.706,80;
- DE MAURO Ignazio: delibera n. 1611, € 4.850,30;
- DRAGO Filippo Maria: delibere nn. 381, 382, 383, complessivamente € 3.199,81;
- EMANUELE Vincenzo: delibera n. 184, € 14.511,86;
- FATUZZO Fabio: delibere nn. 1611 (€ 4.850,30), - 381, 382, 383 (€ 3.199,81), -
1425, 1426, 1427 (€ 3.691,31), - 2088, 2089 (€ 2.496,77), - 242 (€ 149,94),
complessivamente € 14.388,13;
- FORZESE Marco: delibera n.1611, € 4.850,30;
- GAROFALO Ottavio: delibera n. 242, € 149,94;
- GRASSO Silvana: delibere nn. 1425, 1426, 1427 (€ 3.691,31), - 2088, 2089 (€
2.496,77), - 242 (€ 149,94), complessivamente € 6.338,02;
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- GULINO Stefania: delibere nn. 616, 617, complessivamente € 5.706,80;
- INDACO Mario: delibere nn. 1425,1426,1427 (€ 3.691,31), - 242 (€ 149,94),
complessivamente € 3.841,25;
- MAIMONE Giuseppe: delibere nn. 616, 617, complessivamente € 5.706,80;
- NICOTRA Antonino: delibere nn. 1611 (€ 4.850,30), - 1425, 1426, 1427 (€
3.691,31), - 242 (€ 149,94), complessivamente € 8.691,55;
- OLIVA Vincenzo: delibere nn. 2088, 2089 (€ 2.496,77), - 242 (€ 149,94),
complessivamente € 2.646,71;
- PAOLONE Benito: delibera n. 1611, € 4.850,30;
- PASSANISI Luigi: delibere nn. 381, 382, 383, complessivamente € 3.199,81;
- REALE Carmelo: delibere nn. 1611 (€ 4.850,30), - 616, 617 (€ 5.706,80), - 381, 382,
383 (€. 3.199,81), - 1425, 1426, 1427 (€ 3.691,31), 184 (€ 14.511,86);
- ROSANO Angelo: delibera n. 1611 € 4.850,30;
- ROTELLA Domenico: delibere nn. 616, 617 (€ 5.706,80), - 381, 382, 383 (€
3.199,81), - 1425, 1426, 1427 (€ 3.691,31), - 2088, 2089 (€ 2.496,77), - 242 (€
149,94), complessivamente € 15.244,63;
- SANTAMARIA Salvatore: delibere nn. 616,617 (€ 5.706,80), - 1425, 1426, 1427 (€
3.691,31), complessivamente € 9.398,11;
- SARDO Gaetano: delibera n. 1611, € 4.850,30;
- SCAPAGNINI Umberto: delibere nn. 1611 (€ 4.850,30), - 616, 617 (€ 5.706,80), -
381, 382, 383 (€ 3.199,81), - 1425, 1426, 1427 (€ 3.691,31), - 2088, 2089 (€ 2.496,77),
- 242 (€ 149,94), complessivamente € 20.094,93;
- SCHILLACI Carmela Adele Rita: delibere nn. 1425, 1426, 1427, (€ 3.691,31), - 242
(€ 149,94), complessivamente € 3.841,25;
- SUDANO Domenico: delibera n. 1611, € 4.850,30;
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- TAFURI Gaetano: delibere nn. 1425, 1426, 1427 (€ 3.691,31), - 242 (€ 149,94),
complessivamente € 3.841,25;
- VASTA Giovanni: delibere nn. 381, 382, 383 (€ 3.199,81), - 1425, 1426, 1427 (€
3.691,31), - 2088, 2089 (€ 2.496,77), - 242 (€ 149,94), complessivamente € 9.537,83;
- ZAPPALA’ Giuseppe: delibere nn. 616, 617 (€ 5.706,80), - 381, 382, 383 (€
3.199,81), - 1425, 1426, 1427 (€ 3.691,31), - 2088, 2089 (€ 2.496,77), - 242 (€
149,94), complessivamente € 15.244,63.
III. Il Pubblico Ministero contestava, altresì, al direttore del personale, dott. Carmelo
Reale, che anche dopo la pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale n.
189/2007 (depositata in cancelleria il 14/06/2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
n. 24 del 20/06/2007), i dipendenti interni all’ente, Molino e Pavano, continuarono a
percepire il trattamento economico di caporedattore, sebbene fosse stata dichiarata
l’illegittimità costituzionale dell’art. 127, comma 2, della legge regionale n. 2/2002
nella parte in cui ai giornalisti già in servizio presso gli enti locali era attribuita la
qualifica e il trattamento economico di caporedattore.
L’organo requirente, dopo avere posto in evidenza che lo Statuto Siciliano, norma di
rango costituzionale, prevede la competenza esclusiva della legge regionale solo per lo
“stato giuridico ed economico degli impiegati e funzionari della Regione” (art. 14,
lettera q) e non anche per i dipendenti degli enti locali soggetti alla contrattazione
collettiva nazionale e che, ai sensi dell’art. 117, comma 2, lettera l) della Costituzione,
novellato dalla legge costituzionale 3/2001, la materia riguardante l’ “ordinamento
civile” rientra nella potestà legislativa esclusiva dello Stato, sosteneva che qualsiasi
atto di indirizzo e di contrattazione di fonte regionale, come l’accordo pubblicato sulla
g.u.r.s. n. 54 del 16.11.2007, fosse tamquam non esset per assoluta carenza di potere
sia del legislatore regionale a regolamentare il trattamento giuridico ed economico dei
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dipendenti degli enti locali, sia, a maggior ragione, della parte pubblica (regionale) e
privata (sindacati) che arbitrariamente avevano inteso disciplinare senza alcuna
legittimazione costituzionale e statutaria il trattamento giuridico ed economico dei
dipendenti degli enti locali; il dirigente in questione, pertanto, avrebbe dovuto
conformarsi alla chiara statuizione della Corte Costituzionale n. 189/2007, non
essendovi, tra l’altro, spazio per una prognosi di esito fausto nell’ipotesi in cui gli
interessati avessero rivendicato innanzi al giudice del lavoro l’applicazione di un
contratto collettivo regionale sine titulo.
Aggiungeva che elementi di evidente criticità e di contrasto con l’ordinamento
giuridico del citato “Accordo” erano stati posti in luce dall’ARAN nella nota del
18.11.2009, nonché dalla Dipartimento della Funzione Pubblica nella nota del
5.3.2010; concludeva che con provvedimento dirigenziale n. 03/1121 del 18.12.2009,
il Direttore del personale, dott. Ferlito, succeduto al precedente, sospendeva
cautelativamente ai dipendenti Pavano e Molino l’applicazione del contratto collettivo
nazionale giornalistico e ripristinava l’applicazione del contratto collettivo dei
dipendenti degli enti locali secondo il profilo e la categoria precedentemente posseduta
a quella di caporedattore.
Per quanto sopra esposto, l’illecito erariale, era ritenuto pari alla differenza tra il
trattamento economico corrisposto ai dipendenti Molino e Pavano dopo al
pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale (dall’01.07.2007) e quanto ai
medesimi avrebbero dovuto essere corrisposto in base al trattamento giuridico
proporzionato alle mansioni effettivamente svolte e al contratto collettivo degli enti
locali.
Per tali motivi, il Pubblico Ministero chiamava a rispondere:
- REALE CARMELO della somma di € 53.896,93, che unitamente all’illecito
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derivante dalla illegittima apposizione del parere di regolarità tecnica sulle delibere
sopra citate, ammontava complessivamente a € 85.947,01.
IV. Si costituivano i convenuti.
IV.1. La dott.ssa GULINO Stefania, nella memoria depositata in data 09.02.2011,
avvalendosi del ministero dell’avv. Dario Sammartino, chiedeva l’assoluzione da ogni
addebito per carenza dell’elemento soggettivo della colpa grave in quanto le delibere
n. 616/2006 e 617/2006 erano state adottate dopo avere acquisito la dichiarazione del
Direttore dell’Ufficio del Sindaco (prot. n. 1251/V del 04.11.2005), presso il quale era
incardinato l’Ufficio stampa, che aveva attestato l’indispensabilità dell’apporto dei
giornalisti esterni Petrina e Iozzia, non surrogabile da risorse interne
all’amministrazione; tale dichiarazione era stata, poi, confermata dal Direttore del
personale che aveva formulato la relativa proposta di delibera; in ultimo, poneva in
luce di non essere stata preposta al ramo dell’Amministrazione ove i dipendenti interni
indicati dal Pubblico Ministero prestavano la propria attività.
IV.2. L’avv. BRANCATO Mario, nella memoria depositata in data 15.02.2011,
avvalendosi del patrocinio dell’avv. Giuseppe Vassallo, chiedeva il rigetto della
domanda attorea per mancanza dell’elemento soggettivo dell’illecito erariale sia
perché le delibere a lui contestate erano state adottate dopo l’acquisizione del parere di
regolarità tecnica del Direttore del personale che aveva attestato l’insussistenza di
risorse interne, sia perché erano reiterazioni di delibere risalenti al 2004 in relazione
alle quali non era stato mai mosso alcun dubbio di legittimità; riferiva, inoltre, di
essere stato nominato assessore con la delega alla Polizia Municipale, Mobilità e
Protezione Civile con provvedimento sindacale n. 0A/65 del 23.04.2007, mentre le
delibere a lui contestate erano state adottate dopo alcuni mesi, senza possibilità di
avvedersi della situazione organica dei diversi uffici.
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IV.3. Il sig. ROTELLA Domenico, nella memoria depositata in data 15.02.2001, di
contenuto identico a quella del Brancato, avvalendosi del ministero dell’avv. Giuseppe
Vassallo, chiedeva l’assoluzione da ogni addebito per mancanza dell’elemento
soggettivo dell’illecito erariale sia perché le delibere a lui contestate erano state
adottate dopo l’acquisizione del parere di regolarità tecnica del Direttore del personale
che aveva attestato l’insussistenza di risorse interne, sia perché erano reiterazioni di
delibere risalente al 2004, sulle quali non era stato mai mosso alcun dubbio di
legittimità.
IV.4. Il prof. D’AGATA Rosario, il dott. D’ANTONI Orazio, il dott. D’ASERO
Antonino, il dott. DRAGO Filippo Maria, il dott. INDACO Mario, il sig. PAOLONE
Benito, il dott. PASSANISI Luigi, l’avv. SARDO Gaetano e il dott. SUDANO
Domenico, nella memoria depositata in data 15.02.2011, avvalendosi del patrocinio
degli avv.ti Agatino Cariola e Carmelo Floreno denunciavano di avere avuto notizia
dalla stampa locale del procedimento nei loro confronti ancor prima di ricevere la
notifica dell’atto di citazione, e chiedevano a questa Corte di verificarne le modalità di
diffusione.
Gli stessi, preliminarmente, eccepivano: la prescrizione del danno derivante dalla
delibera n. 1611 giacché era stata adottata il 27.09.2004, oltre il termine quinquennale
decorrente a ritroso dalla contestazione di responsabilità del Pubblico Ministero,
avvenuta nel febbraio 2010; la nullità della citazione per violazione dell’art. 5 della
legge n. 19/1994 in quanto il Pubblico Ministero aveva utilizzato l’invito a dedurre
come strumento per acquisire ulteriori informazioni istruttorie e non a garanzia degli
incolpati, e per non avere adeguatamente confutato le deduzioni difensive; la
nullità/inutilizzabilità del materiale raccolto dall’attore pubblico in fase istruttoria per
violazione del principio del contraddittorio, sancito nell’art. 111 della Costituzione,
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soprattutto con riferimento alle dichiarazioni dei sigg. Di Guardo e Di Marco.
I citati convenuti, nel merito, chiedevano l’assoluzione da ogni addebito.
Dopo avere ricostruito puntigliosamente la normativa di riferimento, sostenevano la
piena legittimità delle delibere adottate. Innanzitutto ponevano in luce, soprattutto
sotto il profilo psicologico (avendo fatto affidamento su un assetto organizzativo già
esistente) che le suddette delibere costituivano solo una proroga di quelle precedenti n.
777/2000 e n. 1711/2002, le uniche che avrebbero dovuto considerarsi, semmai, fonte
di illecito erariale. Affermavano, inoltre, la piena legittimità del ricorso a
professionalità esterne, in assenza di quelle interne: Molino, caporedattore, era stato
distaccato, dall’01.03.2004 all’11.03.2008, presso la Provincia Regionale di Catania;
Pavano, caporedattore, non era in possesso della laurea, requisito indispensabile per
l’assunzione di compiti di responsabilità, secondo la direttiva n. 19659 del Ministro per
la funzione pubblica del 13.12.2001 e come previsto dall’art. 3, comma 75, della legge
n. 244/2007 di modifica dell’art. 7 del decreto legislativo n. 165/2001; Di Guardo e Di
Marco, entrambi con il diploma di scuola media secondaria, non avevano mai svolto le
mansioni di giornalista tanto da avere, infruttuosamente, proposto ricorso al giudice
del lavoro per ottenere l’applicazione dell’art. 6, comma 2, della legge n. 150/2000 e
dell’art. 127 della legge regionale n. 2/2002 al fine di vedersi riconosciuta la qualifica
e la retribuzione di caporedattore; gli stessi, inoltre, erano iscritti all’albo dei giornalisti
pubblicisti (avendo svolto per proprio conto attività non continuativa, anche se
retribuita) e non a quello dei giornalisti professionisti, per la cui iscrizione è necessario
sostenere un esame, davanti ad una apposita commissione, dopo avere svolto un
periodo di praticantato per diciotto mesi presso una redazione giornalistica (art. 26
della legge n. 69/1963).
I convenuti, in ultimo, sostenevano l’assenza di colpa grave nel proprio
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comportamento in quanto le delibere erano state adottate sulla scorta dell’istruttoria
dirigenziale che aveva attestato l’insussistenza di personale interno idoneo;
l’impossibilità di sindacare il merito dell’azione amministrativa; la mancanza di danno
per il comune di Catania, dovendo il Collegio decidente valutare, comunque, i
vantaggi acquisiti dalla comunità amministrata per effetto delle prestazione rese dai
giornalisti esterni. Chiedevano l’esercizio del potere riduttivo, giustificato dal mancato
esborso di maggiori somme ai dipendenti Di Guardo e Di Marco qualora agli stessi
fossero state attribuite mansioni superiori.
In via istruttoria, chiedevano l’acquisizione presso il Comune della documentazione
sul rapporto di lavoro dei giornalisti esterni, unitamente ai loro curricula e agli
incarichi espletati; prova testimoniale dell’avv. Saro D’Agata per sapere come fosse
venuto a conoscenza nell’agosto 2010 (diffondendo la notizia alla stampa locale) della
citazione della Procura, prima ancora della notifica.
IV.5. Il prof. FATUZZO Fabio, nella memoria depositata in data 15.02.2011,
avvalendosi del ministero dell’avv. Silvio Motta, eccepiva, preliminarmente, la
prescrizione dell’illecito scaturito dalla delibera n. 1611 del 27.09.2004, avendo
ricevuto il primo atto di costituzione in mora il 09.10.2009.
Nel merito, chiedeva l’assoluzione da ogni addebito. In particolare, poneva
l’attenzione sulla distinzione tra la figura del giornalista professionista, l’unico
abilitato a svolgere le funzioni di redattore, e quello di pubblicista che esercita attività
giornalistica non occasionale e retribuita anche se esercita altre professioni o impieghi,
iscritto all’apposito albo sulla base di diversi e meno qualificanti requisiti; sull’assenza
di personale interno dotato di qualifica idonea a svolgere il carico di lavoro attribuito ai
giornalisti esterni, dal momento che la sig.ra Pavano era l’unica con la qualifica di
giornalista professionista, essendo il Molino in aspettativa e, comunque, non in grado
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di far fronte insieme alla mole di lavoro (aggiungeva che le delibere nn. 381/2007,
382/2007, 383/2007, 1425/2007 1426/2007, 1427/2007, 2088/2007, 2089/2007,
242/2008 erano state adottate in esecuzione del protocollo d’intesa sottoscritto dalla
Regione Siciliana, dall’Anci Sicilia, Assostampa Siciliana ed Ordine dei Giornalisti, in
esecuzione del quale il Comune di Catania avrebbe dovuto avere sei addetti stampa e
un redattore capo, mentre in servizio vi erano solo Pavano, Di Guardo e Di Marco);
l’assenza di colpa grave in quanto le delibere in questione erano tutte provviste del
parere di regolarità tecnica e contabile dei dirigenti competenti.
IV.6. Il dott. MAIMONE Giuseppe, nella memoria depositata in data 15.02.2011,
avvalendosi del ministero dell’avv. Giuseppe Sciuto, chiedeva l’assoluzione; esponeva
che le delibere nn. 616 e 617 del 30/05/2006 a lui contestate non avevano prodotto
alcun effetto in quanto erano state revocate con delibera n. 643 dell’01/06/2006; la
Giunta Municipale, con delibera n. 719 del 20/06/2006, cui non aveva partecipato, le
aveva poi confermate, attribuendo loro efficacia, come già evidenziato in sede di
deduzioni difensive.
Il geom. VASTA Giovanni, nella memoria depositata in data 15.02.2011, avvalendosi
del ministero dell’avv. Silvio Motta, chiedeva il rigetto della richiesta di condanna;
esponeva che con le delibere nn. 381, 382 e 383 del 30.03.2007 a lui contestate il
compenso per i giornalisti esterni era stato determinato in applicazione dell’art. 127,
comma 2, della legge regionale n. 27/2002 e che dopo la sentenza della Corte
Costituzionale n. 189 del 27 agosto 2007, con delibere nn. 1425, 1426 e 1427 del
27.8.2007, modificando le precedenti delibere del 30.03.2007, il compenso era stato
fissato in misura pari alla retribuzione del personale comunale con la qualifica D3 (ex
VIII q.f.); poneva l’attenzione sulla carenza di organico dell’Ufficio stampa,
richiamando il protocollo d’intesa sottoscritto dalla Regione, dall’Anci Sicilia,
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dall’Assostampa e dall’Ordine dei Giornalisti; poneva l’attenzione sulla distinzione tra
giornalisti professionisti e pubblicisti; evidenziava l’assenza del requisito della gravità
della colpa per l’apposizione sulle delibere dei pareri di regolarità tecnica.
IV.7. Il prof. SCAPAGNINI Umberto, nella memoria depositata in data 15.02.2011,
avvalendosi del ministero dell’avv. Felice Giuffrè, eccepiva, preliminarmente, la
prescrizione dell’illecito erariale scaturente dalla delibera n. 1611 del 27.09.2004,
essendo stato costituito in mora il 09.10.2009; nel merito, svolgendo considerazioni
identiche a quelle di Fatuzzzo, chiedeva, in via principale, il rigetto della domanda
attorea e, in via subordinata, l’esercizio del potere riduttivo.
In particolare, si soffermava sulla differenza tra la figura del giornalista professionista,
abilitato a svolgere le funzioni di redattore, e del giornalista pubblicista; esponeva che
al momento dell’adozione della delibera n. 1611/2004 l’Ufficio stampa fosse sotto
organico in quanto mancava sia di una figura professionale di redattore (essendo il
Molino in aspettativa), sia di due addetti stampa; aggiungeva che le delibere nn.
616/2006, 617/2006, 381/2007, 382/2007, 383/2007, 1425/2007 1426/2007,
1427/2007, 2088/2007, 2089/2007, 242/2008 erano state adottate in esecuzione del
protocollo d’intesa sottoscritto dalla Regione Siciliana, dall’Anci Sicilia, Assostampa
Siciliana ed Ordine dei Giornalisti, per il quale il Comune di Catania avrebbe dovuto
avere sei addetti stampa e un caporedattore, mentre in servizio vi erano solo Pavano,
Di Guardo e Di Marco; concludeva per la mancanza di colpa grave, essendo tutte le
delibere provviste del parere di conformità dei dirigenti competenti.
IV.8. L’avv. DE MAURO Ignazio, nella memoria depositata in data 15.02.2011,
avvalendosi del ministero dell’avv. Paola La Carrubba, eccepiva, preliminarmente, la
prescrizione dell’illecito erariale riguardante la delibera n. 1611/2004.
Nel merito, chiedeva, in via principale, il rigetto della domanda della Procura
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Regionale; in subordine, la riduzione dell’addebito ai sensi dell’art. 1 bis della legge n.
20/1994 in considerazione dell’utilità conseguita dal Comune di Catania dalla
prestazione lavorativa resa dai giornalisti esterni; in via ulteriormente subordinata,
l’esercizio del potere di cui all’art. 1 quater della legge n. 20/1994 in considerazione
del diverso ruolo svolto dai convenuti e dallo stesso nel predisporre, nel proporre e
nell’adottare gli atti deliberativi contestati.
In particolare, poneva in luce la carenza di organico dell’Ufficio stampa, tanto da
giustificare il ricorso professionisti esterni (nel caso specifico alla giornalista Petrina);
l’assenza di colpa grave sia perché la delibera contestata era fornita del parere di
regolarità tecnica, sia perché rinnovava un precedente incarico, sul quale nessuna
doglianza era stata in precedenza mossa; l’assenza di nesso causale tra la propria
condotta e il presunto danno, essendo lo stesso ravvisabile solo con il comportamento
del Sindaco che aveva chiesto la rinnovazione dell’incarico alla giornalista Petrina o
con quello posto in essere dall’Assessore al personale, in qualità di firmatario della
proposta di delibera.
IV.9. La prof.ssa GRASSO Silvana, nella memoria depositata in data 16.02.2011,
avvalendosi del patrocinio dell’avv. Girolamo Rubino, chiedeva, in via principale,
l’inammissibilità dell’atto di citazione per carenze probatorie e, comunque, il rigetto
della domanda attorea; in subordine, l’esercizio del potere riduttivo.
Contestava la sussistenza del danno erariale; in particolare, sosteneva che con delibera
n. 566 del 19.05.2003, l’Ufficio stampa veniva costituito da 5 unità, di cui 1 posto di
“Addetto alle pubbliche relazioni e stampa” (fascia D1), ricoperto dalla dott.ssa
Aloisio, 2 posti di “Responsabile della comunicazione (fascia D3), rimasti vacanti, e 2
posti di “Redattore capo”, di cui uno ricoperto dalla sig.ra Pavano e l’altro dal dott.
Molino, in aspettativa dal marzo 2004; i dipendenti Di Guardo (cat. B4) e Di Marco
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(cat. C1 dal 05.12.2005 e di C2 dal 27.07.2007) non potevano essere utilizzati per
ricoprire i posti vacanti in quanto per la sentenza della Corte Costituzionale n.
218/2002 non era possibile il passaggio, a semplice domanda e senza procedura
concorsuale, a qualifiche superiori; evidenziava, quindi, la piena legittimità di ricorrere
a professionisti esterni in presenza di evidenti carenze di organico; aggiungeva che, al
di là della terminologia usata nelle delibere di incarico (“collaborazione giornalistica”),
i giornalisti Petrina, Iozza e Lazzaro Danzuso, diversamente da quanto sostenuto
dall’organo requirente, non svolgevano una funzione di “collaborazione alle
dipendenze del caporedattore”, ma avevano lavorato in piena autonomia in
sostituzione delle figure carenti nei posti in organico.
Negava la sussistenza della colpa grave giacché le delibere adottare erano munite dei
pareri di regolarità tecnica e contabile, e richiamava l’esimente di cui all’art. 1, comma
1 ter, della legge n. 20/1994 “per avere contribuito in buona fede all’approvazione di
atti ricompresi nelle competenze del Sindaco”, trattandosi in incarichi ad alto
contenuto professionale (sul punto richiamava anche lo Statuto comunale); in ultimo,
sosteneva l’insussistenza del danno per avere i giornalisti esterni espletato
regolarmente il loro incarico e l’errata quantificazione dell’addebito, per il ruolo
marginale ricoperto.
IV.10. Il dott. OLIVA Francesco, nella memoria depositata in data 16.02.2011,
avvalendosi del patrocinio dell’avv. Alfio D’Urso, chiedeva, in via principale, il rigetto
della domanda attorea; in subordine, la graduazione della responsabilità in relazione
alla ridotta efficienza causale del comportamento tenuto, nonché di compensare il
preteso danno con i vantaggi acquisiti dall’espletamento degli incarichi a personale
esterno.
Negava la sussistenza della colpa grave in quanto il vice segretario generale aveva
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apposto il parere di regolarità tecnica sulle delibere contestate; poneva in luce la
carenza di organico dell’ufficio stampa, unitamente all’esito infruttuoso del ricorso al
giudice del lavoro proposto dal dipendente Di Guardo che aveva rivendicato la
qualifica e il trattamento economico di caporedattore.
IV.11. Il dott. REALE Carmelo, nella memoria depositata in data 16.02.2011,
avvalendosi del patrocinio dell’avv. Andrea Scuderi e dell’avv. Elena Leone, eccepiva
preliminarmente la prescrizione del diritto al risarcimento del danno “in quanto i fatti
di cui si discute risalgono a più di otto anni fa, dovendosi ricollegare all’istituzione
dell’ufficio stampa e alla dotazione organica di tale ufficio, come definite con le
delibere di Giunta Municipale numero 1711/2002 e 566/2003 (nonché, quanto ai primi
incarichi, alla delibera di Giunta Municipale numero 1611/2004)” o, in via
subordinata, con “riferimento alle delibere di incarico anteriori di cinque anni rispetto
al 27 febbraio 2010, data di notifica dell’invito a dedurre”; nel merito, chiedeva, in via
principale, il rigetto della domanda attorea e, in subordine, la riduzione dell’addebito
in relazione al ruolo marginale rivestito rispetto a quello degli organi politici
dell’amministrazione; chiedeva, altresì, di tenere conto dei vantaggi, comunque,
conseguiti dal Comune di Catania per il regolare espletamento degli incarichi conferiti.
Sulle ipotesi di danno contestate sosteneva la mancanza dell’elemento psicologico
della colpa grave per avere esitato correttamente le delibere in ossequio alla normativa
vigente, non avendo in alcun modo eluso la sentenza n. 189/2007 della Corte
Costituzionale, tanto che dopo la sua pubblicazione i compensi dei giornalisti esterni
venivano parametrati a quelli del profilo professionale D3.
Aggiungeva che preso atto dell’intenzione del Sindaco e della Giunta di procedere
all’assunzione a tempo determinato di redattori per sopperire alle carenza di organico,
si limitava a rendere l’attestazione di conformità tecnica sulle delibere contestate,
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mentre l’Amministrazione fissava il compenso per i giornalisti esterni in applicazione
dell’art. 127 della legge regionale n. 2/2002 (in misura pari alla figura di
caporedattore); sosteneva l’effettiva carenza di organico dell’Ufficio stampa, oberato
da un’enorme mole di lavoro, giustificando così il ricorso a professionalità esterne;
poneva l’attenzione sulla diversa figura del giornalista professionista (l’unico che
poteva svolgere l’incarico di redattore) da quello pubblicista; evidenziava che i
giornalisti esterni avevano effettivamente svolto l’incarico attribuito, con insussistenza
di qualsiasi danno a carico delle casse comunali; metteva in evidenza la mancanza di
nesso causale della propria condotta con l’illecito erariale di cui è causa che, invece,
avrebbe tratto origine dalle determinazioni degli organi politici dell’Amministrazione
comunale di istituire l’Ufficio stampa, con la doverosa integrazione della pianta
organica.
IV.12. Il dott. BONANNO Salvatore Antonio, nella memoria depositata in data
17.02.2011, avvalendosi del patrocinio dell’avv. Francesco Caruso, chiedeva il rigetto
delle richieste formulate nell’atto di citazione e la condanna del Comune di Catania al
pagamento delle spese legali.
Le delibere n. 616 e n. 617 del 30.05.2006, sulle quali aveva apposto il parere oggetto
di contestazione, erano state revocate con delibera n. 643 dell’01.06.2006, per dare
mandato al Direttore del personale di provvedere ad una ricognizione interna dei
dipendenti; successivamente, il direttore del personale, con note prot. n. 445/R del
16.06.2006, comunicava i nominativi dei dipendenti interni “rivestenti le
caratteristiche di giornalisti pubblicisti” che “non risulta[va]no dagli atti iscritti all’albo
professionale”; la Giunta, preso atto delle note del Direttore del personale e della
relazione favorevole del vice segretario, adottava la delibera n. 719 del 20.06.2006 con
la quale dava corso alle delibere n. 616/2006 e 617/2006; solo in questa fase
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subentrava il proprio parere che si limitava a prendere atto delle certificazioni della
direzione del personale.
Aggiungeva che, con delibera n. 459 del 26.04.2005, la Giunta rimodulava la pianta
organica dell’Ufficio stampa prevedendo due posti di caporedattore e due di
responsabile della comunicazione, che potevano essere ricoperti solo con figure di
giornalisti professionisti, non presenti tra i dipendenti interni: i sigg.ri Di Guardo
(collaboratore amministrativo) e Di Marco (addetto alle pubbliche relazioni),
prescindendo dalla circostanza che la loro iscrizione all’albo dei giornalisti pubblicisti
non era stata comunicata dal direttore del personale, non potevano svolgere le funzioni
di redattore, al pari della sig.ra Pavano che, pur essendo giornalista professionista, non
era in possesso di laurea.
In ultimo, negava la ricorrenza del requisito della colpa grave.
IV.13. L’avv. CARUSO Francesco, nella memoria depositata in data 17.02.2011,
avvalendosi del proprio patrocinio e di quello dell’avv. Salvatore Sandro Caruso,
esponeva argomentazioni difensive e conclusioni identiche quelle contenute nella
memoria del dott. Bonanno.
IV.14. Il sig. NICOTRA Nino e il sig. ZAPPALA’ Giuseppe, nelle distinte memorie
depositate in data 17.02.2011, avvalendosi del patrocinio dell’avv. Francesco Caruso,
esponevano argomentazioni difensive e conclusioni identiche quelle contenute nella
memoria del dott. Bonanno e dell’avv. Caruso.
IV.15. Il dott. EMANUELE Vincenzo, nella memoria depositata in data 17.02.2011,
avvalendosi del patrocinio dell’avv. Giovanni Pitruzzella e dall’avv. Stefano
Polizzotto, chiedeva, in via principale, l’assoluzione da ogni addebito e, in subordine,
l’esercizio del potere riduttivo.
Negava la sussistenza della colpa grave in quanto la delibera n. 184/2008 aveva
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recepito la proposta del Direttore del personale, dott. Reale, di mantenere in servizio i
tre giornalisti fino alla data del 03.08.2008, ovverosia fino all’insediamento della
successiva Giunta, nell’intento di continuare ad assicurare un servizio istituzionale ai
cittadini; aggiungeva che il mantenimento in servizio dei giornalisti non era avvenuto
in ossequio dell’art. 7, comma 6, del decreto legislativo n. 165/2001, bensì ai sensi
dell’art. 3, commi 90 e 92, della legge n. 244/2007 che prevede il mantenimento in
servizio di personale precario in attesa della stabilizzazione (i giornalisti Iozzina e
Petrina prestavano servizio dal 2000, mentre Lazzaro Danzuso dal 2002 e ne avevano
fatto richiesta in tal senso).
IV.16. La prof.ssa SCHILLACI Carmela Adele Rita, nella memoria depositata in data
04.03.2011, avvalendosi del patrocinio dell’avv. Ivan Randazzo chiedeva l’assoluzione
da ogni addebito. In particolare, evidenziava la mancanza di risorse umane che
potessero rendere “prestazioni qualificate in materia giornalistica” giacché il profilo
professionale di caporedattore, appartenente all’area “D”, poteva essere rivestito solo
da un giornalista professionista: all’uopo, i sigg. Di Guardo e Di Marco erano
giornalisti pubblicisti, appartenenti alla categoria “C” ed avevano intrapreso un
contenzioso con l’amministrazione comunale; il dott. Molino era stato collocato in
aspettativa non retribuita dall’01.03.2004 all’11.03.2008. Lamentava, in subordine, la
mancanza di colpa grave in quanto, avendo ricevuto la delega in data 23.07.2007,
aveva partecipato alla riunione della Giunta Municipale il 27.08.2007, ove
nell’approvare le delibere n. 1425, 1426 e 1427 aveva confidando nei pareri di
regolarità tecnica e contabile, non avendo mai svolto prima attività politica e non
avendo conoscenza di materie giuridiche; in ultimo, invocava l’art. 1, comma 1 ter,
della legge n. 29/1994, ritenendo che la condotta dei dirigenti fosse stata determinante
nelle decisioni adottate, “tanto più che le delibere si inserivano nel solco della
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precedente approvazione di numerose delibere di analogo contenuto”.
V. Il Collegio, all’udienza dell’08.03.2011, dichiarava la nullità della notifica dell’atto
di citazione effettuata al convenuto Forzese Marco e rinviava la trattazione del giudizio
all’udienza del 09.11.2011, onerando il Pubblico Ministero di rinnovare la notifica.
VI. Il dott. Reale Carmelo, nell’ulteriore memoria depositata in data 17.10.2011,
reiterava le precedenti argomentazioni difensive e si soffermava sulla sentenza n.
1261/2011 di questa Sezione per avvalorare la legittimità della scelta del Comune di
Catania di avvalersi per l’Ufficio stampa di giornalisti esterni, ai quali correttamente
era stato attribuito, prima della sentenza della Corte Costituzionale n. 189/2007, il
trattamento economico di caporedattore; insisteva, ancora una volta, sull’assenza di
colpa grave e sulla mancata elusione della citata sentenza della Corte Costituzionale.
VIl. Pubblico Ministero, nella memoria depositata in data 19.10.2011, richiamava la
sentenza n. 880/2009 della Sezione Lombardia, circa le modalità di fruizione di
personale esterno all’Ente (“con predeterminazione della durata, del luogo,
dell’oggetto e del compenso della collaborazione richiesta”); sosteneva che, in ogni
caso, ai giornalisti esterni, anche prima della sentenza della Corte Costituzionale n.
189/2007 non si sarebbe potuto attribuire il trattamento economico di caporedattore;
puntualizzava che la stabilizzazione, invocata dal Commissario straordinario dott.
Emanuele Vincenzo, poteva applicarsi solo “al personale non dirigenziale in servizio a
tempo determinato da almeno tre anni”, tanto che i giornalisti in questione non erano
mai stati stabilizzati; si soffermava sull’arbitrarietà e atipicità dell’accordo pubblicato
sulla g.u.r.s. n. 54 del 16.11.2007, nonché sulla diversità della presente fattispecie da
quella decisa con sentenza n. 1261/2011 di questa Sezione, tra l’altro gravata di
appello.
VIII. L’avv. ARENA Giuseppe, nella memoria depositata in data 20.10.2011,
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avvalendosi del patrocinio dell’avv. Antonio Vitale, eccepiva la prescrizione
dell’azione di responsabilità, il cui dies a quo individuava nella data di adozione della
delibera n. 1611 del 27.09.2004 (l’invito a dedurre del Pubblico Ministero era
notificato nel marzo 2010 e l’atto di costituzione in mora del Comune nell’ottobre
2010); nel merito, chiedeva l’assoluzione da ogni addebito e in via subordinata,
valutata l’utilità conseguita dal Comune, l’esercizio del potere riduttivo.
Poneva in luce, dopo avere compiuta un’attenta esegesi della normativa di riferimento,
la necessità da parte del Comune, una volta istituito l’Ufficio stampa di avvalersi di
giornalisti esterni, in assenza di figure professionali interne, come attestato
dall’istruttoria compiuta da parte degli uffici amministrativi; sosteneva, quindi,
l’assenza di colpa grave, soffermandosi sulla circostanza che le delibere contestate
costituivano proroga di precedenti incarichi, già conferiti con le delibere di Giunta
Municipale n. 777/2000 e n. 1711/2002, della quali non era mai posta indubbio la loro
legittimità; richiamava anche la sentenza n. 1261/2011 di questa Sezione; infine, si
soffermava sulla assoluta mancanza di danno in quanto i giornalisti esterni avevano
svolto con proficuo la loro prestazione lavorativa, aggiungendo che il compenso loro
corrisposto sarebbe stato pari a quello altrimenti dovuto al personale interno, qualora
fossero state presenti le relative professionalità.
IX. Il dott. FORZESE Marco, nella memoria depositata in data 20.10.2011,
avvalendosi del patrocinio dell’avv. Antonio Vitale, insisteva nelle stesse conclusioni
del convenuto Arena, reiterando le medesime argomentazioni difensive.
X. L’avv. TAFURI Gaetano, nella memoria depositata in data 09.11.2011, avvalendosi
del patrocinio dell’avv. Luigi Tafuri, chiedeva il rigetto della domanda attorea;
sosteneva che la responsabilità amministrativa per danno erariale era imputabile non
all’organo politico ma al dirigente che aveva sottoscritto i contratti; che la spesa
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sostenuta per le collaborazioni dei giornalisti esterni, dotati di notevoli capacità
professionali, non rinvenibili all’interno del Comune di Catania, era stata prevista in
bilancio, come disposto dall’art. 127, comma 5, della legge regionale n. 2/2002; che
nell’Ufficio stampa prestava servizio solo la sig.ra Pavano Francesca, unica risorsa non
in grado di adempiere ai numerosi compiti, giacché i sigg.ri Di Guardo e Di Marco non
avevano i titoli richiesti dal d.p.r. n. 422/2001, come anche riconosciuto in sede di
contenzioso civile.
XI. Non si costituivano in giudizio DE FELICE Mario, GAROFALO Ottavio,
ROSANO Angelo e SANTAMARIA Salvatore.
Considerato in
DIRITTO
A. Eccezioni preliminari
1.1. I convenuti Drago, D’Agata, D’Antoni, D’Asaro, Indaco, Passanisi, Sardo e
Sudano hanno eccepito la nullità dell’atto di citazione, per violazione dell’art. 5 della
legge n. 19/1994, in quanto il Pubblico Ministero avrebbe utilizzato l’invito a dedurre
non a garanzia degli indagati, ma come strumento per acquisire ulteriori informazioni
istruttorie, e non avrebbe poi adeguatamente confutato le deduzioni difensive.
L’eccezione è infondata:
- l’invito a dedurre ha la funzione di portare a conoscenza degli indagati l’apertura di
un procedimento istruttorio, fornendo loro la possibilità di interloquire con il Pubblico
Ministero; nessuna norma vieta che anche in tale fase l’organo requirente possa
svolgere attività investigativa da porre a fondamento del successivo atto di citazione,
qualora non vi siano i presupposti per disporre l’archiviazione della notitia damni;
- le deduzioni difensive sono state oggetto di analisi nel libello introduttivo del
presente giudizio, tenuto conto della molteplicità dei convenuti, non necessitando una
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analitica confutazione.
In ogni caso, le ipotesi di nullità dell’atto di citazione sono espressamente e
tassativamente elencate nell’art. 164 c.p.c., applicabile al giudizio contabile in virtù del
rinvio dinamico contenuto nell’art. 26 del regio decreto n. 1038/1933, con la
conseguenza che nessuna ulteriore violazione di legge potrebbe dar luogo a nullità se
la sanzione non è ivi appositamente prevista.
1.2. Le eccezioni di prescrizione, a vario titolo sollevate dai convenuti, sono infondate.
1.2.1. Il convenuto Reale ha eccepito la prescrizione “del diritto al risarcimento del
danno in quanto i fatti di cui si discute risalgono a più di otto anni fa, dovendosi
ricollegare all’istituzione dell’ufficio stampa e alla dotazione organica di tale ufficio,
come definite con le delibere di Giunta Municipale numero 1711/2002 e 566/2003
(nonché quanto ai primi incarichi, alla delibera di Giunta Municipale numero
1611/2004)”.
Nel caso in esame non si è in presenza, però, di un unico fatto dannoso, come si evince
dalla semplice lettura dell’atto di citazione, bensì di autonome fattispecie di illecito
erariale che trovano scaturigine in distinte delibere di incarico, adottate in un ampio
arco temporale, cui è seguita l’emissione di differenti mandati di pagamento, con la
conseguenza che il dies a quo decorre autonomamente per ciascuna fattispecie di
illecito erariale.
1.2.2. Sempre il convenuto Reale ha eccepito, in subordine, la prescrizione “con
riferimento alle delibere di incarico anteriori di cinque anni rispetto al 27 febbraio
2010, data di notifica dell’invito a dedurre”, senza considerare che il termine
prescrizionale può essere interrotto da qualsiasi atto di costituzione in mora anche
extragiudiziario, come prevede l’art. 2943, comma 4, c.p.c.; nel suo caso la
costituzione in mora è avvenuta il 10.10.2009; per quanto riguarda la delibera n. 1611
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del 27.09.2004 si rinvia al paragrafo successivo.
1.2.3. I convenuti Arena, D’Agata, D’Antoni, D’Asero, De Mauro, Drago, Fatuzzo,
Forzese, Indaco, Paolone, Passanisi, Sardo, Scapagnini e Sudano hanno eccepito la
prescrizione dell’illecito erariale scaturente dalla delibera n. 1611 del 27.09.2004
giacché il dies a quo dovrebbe decorrere dalla sua adozione o al più tardi dalla
pubblicazione nell’albo pretorio, avvenuta il 03.10.2004.
Innanzitutto, ai convenuti Arena, D’Antoni, Drago, Indaco e Passanisi non è stata
contestata la delibera in questione, non avendo partecipato alla sua adozione e,
pertanto, non si comprende il senso dell’eccezione.
Ciò posto, l’art. 1, comma 2, della legge 14 gennaio 1994, n. 20 stabilisce che “il
diritto al risarcimento del danno si prescrive in ogni caso in cinque anni, decorrenti
dalla data in cui si è verificato il fatto dannoso, ovvero, in caso di occultamento doloso
del danno dalla data della sua scoperta”; l’art. 2935 c.c. prevede, poi, che “la
prescrizione decorre dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere”, attribuendo
rilievo solo ad una inerzia qualificata del creditore.
Innanzi al quadro normativo sopra tratteggiato, due tesi giurisprudenziali si sono da
sempre fronteggiate il campo per l’individuazione del dies a quo: l’una privilegia
l’effettivo depauperamento del pubblico erario che si ha solo con l’erogazione di una
spesa, non ritenendo sufficiente di per sé l’atto che ingiustificatamente l’abbia
autorizzata; l’altra, invece, pone l’attenzione sul momento in cui è sorta l’obbligazione
di pagamento, non attribuendo rilievo all’esborso economico in quanto trattasi di una
conseguenza necessaria ed ineludibile.
Nel caso in esame, anche prestando credito alla tesi più favorevole per i convenuti, la
prescrizione non si è compiuta.
La delibera n. 1611, infatti, è stata adottata il 27 settembre 2004 ed è stata pubblicata
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nell’albo pretorio il 3 ottobre, divenendo esecutiva il successivo 17 ottobre; nel corso
dell’anno 2005 sono stati, poi, emessi i mandati di pagamento, per un importo
complessivo di € 63.053,97.
L’obbligo giuridico di pagare è sorto, però, solo al momento in cui la citata delibera è
divenuta esecutiva (17.10.2004), essendo irrilevante (diversamente da quanto
sostenuto dalla difesa del prof. Scapagnini) che gli effetti retroagiscano al momento
dell’adozione in quanto, prima della esecutività, non ha alcuna incidenza
nell’ordinamento giuridico, né i beneficiari possono vantare alcunché.
I convenuti D’Agata, D’Asero, De Mauro, Fatuzzo, Forzese, Paolone, Reale, Sardo,
Scapagnini e Sudano sono stati costituiti in mora nell’anno 2009, con interruzione del
decorso del termine prescrizionale, rispettivamente, il 12/10, il 14/10, il 09/10, il
13/10, il 15/10, il 09/10, il 09/10, il 13/10 (per compiuta giacenza) e il 10/10.
La problematica in questione deve essere, poi, affrontata anche alla luce del recente
pronunciamento delle Sezioni Riunite di questa Corte, contenuto nella sentenza n.
14/2011/QM, riguardante il danno indiretto e i cui principi giuridici, mutatis mutandis,
non possono che trovare applicazione anche nel presente giudizio; l’organo di
nomofilachia ha stabilito, infatti, che il dies a quo della prescrizione, proprio
richiamando l’art. 2935 c.c., non può identificarsi “con riguardo al momento in cui è
sorto il semplice obbligo giuridico di pagare” in quanto “la diminuzione del patrimonio
dell’ente danneggiato - nel che consiste l’evento dannoso - assume i caratteri della
concretezza, attualità ed irreversibilità solo con l’effettivo pagamento”.
La prescrizione, pertanto, non può decorrere, a maggior ragione, dalla semplice
adozione della delibera contestata, ma dal pagamento delle competenze che ne è
seguito, avvenuto nel corso dell’anno 2005.
1.2.3. In ultimo, il Collegio ritiene (solo per comodità espositiva in questo capo della
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sentenza, dedicato alle eccezioni preliminari) di esaminare la richiesta dei convenuti
D’Agata, D’Antoni, D’Asero, Drago, Indaco, Paolone, Passanisi, Sardo e Sudano volta
a verificare le modalità di diffusione, con pubblicazione sul quotidiano “La Sicilia” del
20 agosto 2010, edizione di Catania, del contenuto della citazione, prima ancora della
sua notifica, avvenuta nella prima decade del mese di settembre 2010.
In disparte l’irrilevanza di tale richiesta ai fini della decisione del presente giudizio,
questa Corte non ha alcuna competenza in materia, con la conseguenza che la richiesta
istruttoria di sentire l’avv. Saro D’Agata deve ritenersi inammissibile.
B. Questioni di merito.
2. Il danno erariale contestato dal Pubblico Ministero è costituito da due diverse poste,
una derivante dall’illecito conferimento di incarichi a giornalisti esterni e l’altra dal
mancato recepimento dei principi contenuti nella sentenza della Corte Costituzionale
n. 189/2007 (quest’ultima voce di danno è stata contestata solo al dott. Reale).
B.1. Conferimento di incarichi ai giornalisti esterni.
3. Per quanto riguarda tale fattispecie di danno è necessario ripercorrere e soffermarsi
sul quadro normativo di riferimento, anche se già tratteggiato sia nell’atto di citazione
che nelle memorie difensive.
3.1. La legge regionale 10 maggio 1996, n. 33, all’art. 58, rubricato “Istituzione di
Uffici stampa presso gli enti locali e le amministrazioni pubbliche”, stabilisce che “i
comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti, le province regionali e le
amministrazioni pubbliche soggette alla tutela e vigilanza della Regione siciliana di cui
all’articolo 1 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 10 sono autorizzati a modificare
le piante organiche del personale riconvertendo i posti vacanti e disponibili, e senza
ulteriori oneri per le amministrazioni, al fine di prevedere l’istituzione di uffici stampa
di cui faranno parte giornalisti retribuiti secondo il contratto nazionale di lavoro
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giornalistico” (comma 1); aggiunge che le suddette disposizioni “si applicano anche
agli uffici stampa già istituiti presso gli enti e le amministrazioni …, fatte salve
condizioni più favorevoli” (comma 2); conclude che “le procedure concorsuali per la
copertura dei posti negli uffici stampa si svolgono con le modalità previste dalla
vigente normativa regionale per le assunzioni negli enti di cui al comma 1”.
3.2. E’ emanata, poi, la normativa cardine, costituita dalla legge 7 giugno 2000 n. 150
che “in attuazione dei principi che regolano la trasparenza e l’efficacia dell’azione
amministrativa”, disciplina “le attività di informazione e di comunicazione delle
pubbliche amministrazioni” (art. 1, comma 1), con obbligo delle stesse di individuare,
“nell’ambito delle proprie dotazioni organiche, il personale da adibire” alle suddette
“attività di informazione e di comunicazione” e di programmare la “formazione,
secondo modelli formativi individuati dal regolamento di cui all’articolo 5” (art. 4,
comma 1).
Le attività di informazione devono realizzarsi “attraverso il portavoce e l’ufficio
stampa e quelle di comunicazione attraverso l’ufficio per le relazioni con il pubblico,
nonché attraverso analoghe strutture quali gli sportelli per il cittadino, gli sportelli
unici della pubblica amministrazione, gli sportelli polifunzionali e gli sportelli per le
imprese” (art. 6, comma 1); poi, “ciascuna amministrazione definisce, nell’ambito del
proprio ordinamento degli uffici e del personale e nei limiti delle risorse disponibili, le
strutture e i servizi finalizzati alle attività di informazione e comunicazione e al loro
coordinamento, confermando, in sede di prima applicazione della presente legge, le
funzioni di comunicazione e di informazione al personale che già le svolge” (art. 6,
comma 2).
La figura del portavoce, nominata dall’organo di vertice dell’amministrazione ha
connotazione fiduciaria, in quanto svolge “compiti di diretta collaborazione ai fini dei
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rapporti di carattere politico-istituzionale con gli organi di informazione” e può essere
un soggetto “anche esterno all’amministrazione” (art. 7, comma 1).
L’ufficio relazioni con il pubblico svolge attività “indirizzata ai cittadini singoli e
associati” (art. 8, comma 1) e “l’individuazione e la regolamentazione dei profili
professionali sono affidate alla contrattazione collettiva” (art. 8, comma 2). Gli uffici
stampa, la cui istituzione non è obbligatoria, svolgono attività indirizzata in via
prioritaria “ai mezzi di informazione di massa” (art. 9, comma 1) e “sono costituiti da
personale iscritto all’albo nazionale dei giornalisti. Tale dotazione di personale è
costituita da dipendenti delle amministrazioni pubbliche, anche in posizione di
comando o fuori ruolo, o da personale estraneo alla pubblica amministrazione in
possesso dei titoli individuati dal regolamento di cui all’articolo 5, utilizzato con le
modalità di cui all’articolo 7, comma 6, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e
successive modificazioni, nei limiti delle risorse disponibili nei bilanci di ciascuna
amministrazione per le medesime finalità” (art. 9 comma 2). L’ufficio stampa “è
diretto da un coordinatore, che assume la qualifica di capo ufficio stampa, il quale,
sulla base delle direttive impartite dall’organo di vertice dell’amministrazione, cura i
collegamenti con gli organi di informazione” (art. 9, comma 3). “Negli uffici stampa
l’individuazione e la regolamentazione dei profili professionali sono affidate alla
contrattazione collettiva nell’ambito di una speciale area di contrattazione, con
l’intervento delle organizzazioni rappresentative della categoria dei giornalisti.
Dall’attuazione del presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a
carico della finanza” (art. 9, comma 5). Le suddette disposizioni normative
“costituiscono principi fondamentali ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione e si
applicano, altresì, alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di
Bolzano nei limiti e nel rispetto degli statuti e delle relative norme di attuazione”. 3.3.
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L’art. 7, comma 6, del decreto legislativo n. 29/1993, nel testo vigente al momento
dell’entrata in vigore della legge n. 150/2000, prevedeva: “per esigenze cui non
possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono
conferire incarichi individuali ad esperti di provata competenza, determinando
preventivamente durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione”.
La suddetta norma è confluita nell’art. 7, comma 6, del decreto legislativo n. 165/2001,
come poi modificato a decorrere dal 04.07.2006, dall’art. 32 del decreto legge n.
223/2006, convertito in legge n. 248/2006, che nell’apporre limiti sempre più stringenti
per il ricorso a professionalità esterne, ha stabilito: “per esigenze cui non possono far
fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire
incarichi individuali, con contratti di lavoro autonomo, di natura occasionale o
coordinata e continuativa, ad esperti di provata competenza, in presenza dei seguenti
presupposti:
a) l’oggetto della prestazione deve corrispondere alle competenze attribuite
dall’ordinamento all’amministrazione conferente e ad obiettivi e progetti specifici e
determinati;
b) l’amministrazione deve avere preliminarmente accertato l’impossibilità oggettiva di
utilizzare le risorse umane disponibili al suo interno;
c) la prestazione deve essere di natura temporanea e altamente qualificata;
d) devono essere preventivamente determinati durata, luogo, oggetto e compenso della
collaborazione”.
Il comma 6 bis del citato art. 7 del decreto legislativo n. 165/2001, aggiunto dall’art.
32 del decreto legge n. 223/2006, convertito in legge n. 248/2006, ha previsto, inoltre,
che “le amministrazioni pubbliche disciplinano e rendono pubbliche, secondo i propri
ordinamenti, procedure comparative per il conferimento degli incarichi di
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collaborazione”.
3.4. La legge regionale 23 marzo 2002, n. 2, all’art. 127, stabilisce che “nell’ambito
della Regione siciliana si applicano gli articoli 1, 2, 3, 4, 6, 7, 8 e 9, limitatamente ai
commi 1, 2, 3 e 4, della legge 7 giugno 2000, n. 150”, aggiungendo che “negli uffici
stampa di cui all’articolo 58 della legge regionale 18 maggio 1996, n. 33
l’individuazione e la regolamentazione dei profili professionali sono affidate alla
contrattazione collettiva da svolgersi presso l’Assessorato regionale alla Presidenza, in
osservanza e nel rispetto del contratto collettivo n. 1 giornalistico FNSI-FIEG”
(comma 1); statuisce, inoltre, che “in sede di prima applicazione ai giornalisti
componenti gli uffici stampa già esistenti presso gli enti di cui all’articolo 1 della legge
regionale 30 aprile 1991, n. 10, è attribuita la qualifica ed il trattamento contrattuale di
redattore capo, in applicazione del Contratto nazionale di lavoro giornalistico ed in
sintonia con l’articolo 72 della legge regionale 29 ottobre 1985, n. 41” (comma 2);
conclude che “in sede di predisposizione degli appositi regolamenti, gli enti di cui
all’articolo 1 della legge regionale 30 aprile 1991, n. 10 confermano, in base alle
disposizioni dell’articolo 6, comma 2, della legge 7 giugno 2000, n. 150, le funzioni di
comunicazione e di informazione svolte dal personale a qualsiasi titolo alla data del 30
giugno 2000”, prevedendo per “il predetto personale, di ruolo” la frequenza di
“appositi corsi di qualificazione per la definitiva stabilizzazione della funzione
ricoperta” (comma 6).
3.5. La legislazione in questione impone, quindi, che l’ufficio stampa delle
amministrazioni pubbliche, comprese quelle operanti nel territorio della Regione
Siciliana, debba essere composto da dipendenti delle stesse, iscritti all’albo dei
giornalisti, oppure da personale esterno, qualora ricorrano gli specifici presupposti di
cui all’art. 7, comma 6, del decreto legislativo n. 29/1993 e succ. modif.
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Che la priorità debba essere data ai dipendenti degli enti risulta da una pluralità di
circostanze testuali, oltre che di sistema: le amministrazioni hanno l’obbligo di
individuare il personale dell’ufficio stampa, ricorrendo anche alla posizione di
comando o di fuori ruolo; devono confermare, in sede di prima applicazione, i
dipendenti che già svolgevano funzioni di informazione e di comunicazione; hanno
l’obbligo di procedere alla loro formazione; il ricorso agli incarichi esterni è ammesso
per soddisfare esigenze cui non possono far fronte con il personale interno.
4. La Giunta Municipale, per dare attuazione alla normativa sopra citata (in particolare
all’art. 58, commi 1 e 2, della legge n. 33/1996 e all’art. 127 della legge n. 2/2002),
con delibera n. 1711 del 24.12.2002 (aff. 56 ss, cui hanno anche partecipato alcuni
degli attuali convenuti, quali Scapagnini, De Mauro, Forzese, Rosano e Sardo), ha
istituito l’Ufficio stampa e l’Ufficio del portavoce del capo dell’Amministrazione,
allocati “presso la struttura del Sindaco”; a tal fine, per non comportare ulteriori oneri
economici, così come richiesto dalla citata normativa, ha variato la pianta organica
comunale sopprimendo un profilo di “operatore ecologico” e trasformando un posto di
“funzionario ufficio stampa” in “redattore capo”.
La Giunta Municipale, con delibera n. 566 del 23.05.2003 (doc. 2 fascicolo Grasso,
adottata anche da alcuni degli odierni convenuti, Scapagnini, D’Asaro, Rosano e
Sardo), ha fissato in cinque unità, “con categoria e profilo professionale di redattore
capo”, la dotazione organica dell’Ufficio stampa, ai sensi dell’art. 127 della legge
regionale n. 2/2002.
L’organo esecutivo, con delibera n. 459 del 26.04.2004 (aff. 603 ss e doc. 3 fascicolo
Grasso, adottata anche da alcuni degli odierni convenuti, quali Scapagnini, D’Antoni,
De Mauro, Fatuzzo, Paolone e Rosano), nel rideterminare la pianta organica
complessiva del personale comunale, ha stabilito che i posti di redattore capo debbano
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essere ridotti da cinque a due (pag. 9 della delibera ove si legge: Fascia D1 - Profilo
professionale Redattore Capo – Dotazione Organica 2”).
Ne consegue che i due posti di “responsabile della comunicazione” (fascia D) che il
Pubblico Ministero (pag. 4 dell’atto di citazione) e la difesa di alcuni convenuti (che
tra l’altro ha denunciato di essere vacanti), ritengono compresi nella dotazione
organica dell’Ufficio stampa, invece, non ne fanno parte proprio ai sensi dell’art. 6,
comma 1, della legge n. 150/2000: solo l’attività di informazione deve essere, infatti,
svolta “attraverso il portavoce e l’ufficio stampa”, mentre quella di “comunicazione”
deve essere esplicata “attraverso l’ufficio per le relazioni con il pubblico, nonché
attraverso analoghe strutture quali gli sportelli per il cittadino, gli sportelli unici della
pubblica amministrazione, gli sportelli polifunzionali e gli sportelli per le imprese”; del
resto che l’unica figura professionale di cui risulta composto l’Ufficio stampa del
Comune di Catania sia quella di redattore capo, risulta anche dal dato testuale delle
delibere n. 1711/2002 e n. 566/2003 (in tal senso, non acquista rilevo la nota prot. n.
60436 del 05.13.2010 del direttore dott. Ferlito - doc. 4 fascicolo Grasso - in quanto è
in palese contrasto con il contenuto delle delibere in questione). Si ricorda, in ultimo,
che solo per i componenti dell’Ufficio stampa è richiesta l’iscrizione all’apposito albo
dei giornalisti, non certamente per i responsabili della comunicazione che compongono
l’Ufficio relazioni con il pubblico.
Si puntualizza, per maggiore completezza espositiva, che il protocollo di intesa tra
Anci Sicilia, Assostampa Siciliana e Ordine dei Giornalisti, stipulato in data
03.06.2005, richiamato solo a posteriori dalla difesa di alcuni convenuti per
giustificare il ricorso agli incarichi esterni - il suddetto protocollo, infatti, non è citato
nel testo delle delibere contestate - non può avere alcuna ripercussione sulla dotazione
organica del Comune di Catania in assenza di apposita variazione, adottata dall’organo
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esecutivo con i necessari stanziamenti di bilancio.
In altri termini, l’avere previsto per la città etnea un ufficio stampa composto da sei
“addetti stampa”, oltre un “redattore capo con la qualifica di legge di Capo Ufficio”
non ha di per sé alcun rilievo: anzi tale previsione denuncia che il Comune di Catania,
con la figura di due “caporedattore”, è sovradimensionato. E’ inutile, poi, soffermarsi
sul valore giuridico che hanno i protocolli di intesa, poiché è notorio che trattasi di
mere manifestazioni di intenti che rimangono tali se non seguiti da appositi atti
esecutivi, adottati dagli organi competenti, nel rispetto delle previsioni di legge e degli
oneri di spesa.
5. Dopo avere scrutinato, sulla base della documentazione agli atti, la dotazione
organica dell’ufficio stampa del Comune di Catania, composto si ripete solo da due
unità, occorre procedere all’individuazione dei soggetti che nel tempo ne hanno fatto
parte.
5.1. Il dott. Sebastiano Molino, caporedattore, con delibera di Giunta Municipale n.
1771 del 28.12.2002 (aff. 489, adottata anche da alcuni degli odierni convenuti:
Scapagnini, D’Asero, De Mauro, Fatuzzo, Forzese, Rosano e Sardo), è stato trasferito
per mobilità dal Comune di Gravina a quello di Catania e con provvedimento del
Sindaco Scapagnini prot. n. 30/0341 del 12.03.2003 (aff. 495) ha avuto conferito
l’incarico di Capo ufficio stampa; lo stesso è stato posto in aspettativa non retribuita
dal 16.03.2004 all’11.03.2008 (aff. 499 ss).
5.2. La sig.ra Francesca Pavano è stata inquadrata nella qualifica di caporedattore, con
decorrenza dal 09.06.2003, giusta il provvedimento dirigenziale prot. n. 3/0925 del
25.07.2003 (aff. 520), sottoscritto proprio dal dott. Reale, uno degli odierni convenuti,
ed emesso in esecuzione della delibera di Giunta Municipale n. 566/2003 (adottata
anche da alcuni degli odierni convenuti, essendo coeva alla delibera n. 1771/2002);
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con provvedimento del Sindaco Scapagnini prot. n. 03/0539 del 14.05.2004 (aff. 516)
le è stato conferito, in attesa del rientro del dott. Molino, l’incarico di Capo ufficio
stampa.
5.3. Il direttore del personale, dott. Valerio Ferlito, con nota prot. n. 180672 del
04.08.2009 (aff. 55 bis), ha comunicato che il sig. Francesco Di Marco e il sig.
Salvatore Di Guardo “risultano assegnati all’Ufficio stampa, prima della sua
istituzione formale, con O.d.S n. 169 del 15/04/1992, in virtù della loro iscrizione
all’Albo dei giornalisti [rispettivamente dal 16.07.1981 (aff. 551) e dal 26.06.1985
(aff. 555)], per lo svolgimento di mansioni proprie della fascia funzionale di
appartenenza. Il sig. Di Guardo risulta, a tutt’oggi, incardinato nel predetto Ufficio, il
sig. Di Marco, invece, vi è rimasto in servizio fino alla data del 07/08/2001 ed è stato
nuovamente assegnato al suddetto Ufficio con O.d.S. n. 85 del 24/03/2004, fino a
tutt’oggi”.
I predetti, stante la dotazione organica dell’Ufficio, pari a due soli profili di
caporedattore, sono stati assegnati, deve necessariamente evincersi, in aggiunta
(l’assegnazione, infatti, non è avvenuta in coincidenza con la collocazione in
aspettativa del dott. Molino); non si entra, in questa sede, nel merito delle funzioni loro
svolte, sia perché oggetto di contenzioso giudiziario innanzi il Tribunale di Catania, sia
perché irrilevanti ai fini del decidere, come meglio in prosieguo si argomenterà.
6. Da quanto sopra esposto, è evidente che l’ufficio stampa del Comune di Catania
(strutturato, come da pianta organica, con solo due posizioni di caporedattore) non
presentasse alcuna carenza di organico tale da giustificare il ricorso a personale
esterno, come contestato dall’attore pubblico, e ciò anche nel periodo in cui il dott.
Molino è stato posto in posizione di fuori ruolo (dal 16.03.2004 all’11.03.2008); non
risulta, del resto, che la sig.ra Pavano, nominata nelle more capo ufficio, abbia mai
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lamentato alcunché circa disfunzioni organizzative o impossibilità di raggiungere gli
obiettivi prefissati dall’organo politico; aggiungasi che, nello stesso periodo,
prestavano servizio, a vario titolo, altri due dipendenti, Di Guardo e Di Marco (non
importa in questa sede se con mansioni di caporedattore o meno).
6.1. Gli amministratori, però, con le delibere specificamente indicate nell’atto di
citazione e nella parte in fatto della presente sentenza, hanno conferito incarichi di
“collaborazione giornalistica”, alla dott.ssa Michela Petrina, al dott. Giovanni Iozzia e
al sig. Giuseppe Lazzaro Danzuso; a fronte, quindi, di una scopertura in organico di
una sola unità, tra l’altro si ripete non oggetto di alcuna lamentela da parte del capo
ufficio, l’amministrazione comunale è ricorsa a ben tre differenti collaboratori esterni.
Già solo tale circostanza è sintomatica di una gestione illegittima e superficiale della
cosa pubblica poiché non si è tenuto conto della dotazione organica dell’Ufficio che di
per sé comporta una presunzione di sufficienza delle risorse per il raggiungimento
dello specifico obiettivo individuato dalla legge, consistente nell’attività di
informazione (nel caso specifico, poi, vi erano addirittura due unità aggiuntive).
Le presunte carenze di organico, lamentate dai convenuti, costituiscono, quindi,
semplici affermazioni labiali, prive di riscontro concreto, volte solo a giustificare a
posteriori palesi illegittimità e a dare concretezza alle apparenti e formali motivazioni
contenute nelle delibere di incarico.
6.2. Si è poi sostenuto che la sig.ra Pavano essendo priva di laurea, non avrebbe potuto
svolgere, secondo la prospettazione della difesa, compiti di responsabilità per effetto
della direttiva n. 19659 del Ministro per la funzione pubblica del 13.12.2001 e dell’art.
3, comma 76, della legge n. 244/2007 di modifica dell’art. 7 del decreto legislativo n.
165/2001. La doglianza non è condivisibile: innanzitutto, la disposizione normativa
citata è entrata in vigore dall’01.01.2008 e riguarda le collaborazioni esterne, mentre la
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sig.ra Pavano è una dipendente dell’ente; poi, la qualifica ricoperta di caporedattore le
è stata attribuita dalla stessa amministrazione, con provvedimento dirigenziale n.
3/0925 del 25.07.2003 (aff. 520).
La difesa, tanto solerte nell’evidenziare la mancanza di laurea della sig.ra Pavano, non
si è avveduta, però, che il sig. Lazzaro Danzuso, giornalista esterno, è parimenti
sfornito di laurea, come si evince dalla lettura del suo curriculum (aff. 360).
6.3. Sempre la difesa ha lamentato che i sigg.ri Di Guardo e Di Marco sono iscritti
all’albo dei giornalisti pubblicisti e non in quello dei giornalisti professionisti, di certo
più qualificante, con conseguente impossibilità da parte loro di ricoprire il posto di
caporedattore; a prescindere dal fatto che i posti di caporedattore non risultavano
vacanti in quanto uno era ricoperto dalla Pavano e l’altro è rimasto solo
temporaneamente privo di titolare, la doglianza è, comunque, ininfluente giacché da
parte della Pavano, capo dell’ufficio, non è mai pervenuta alcuna lamentela circa
l’impossibilità di assolvere i compiti dell’ufficio stampa.
Anche in questo caso, però, la difesa si è mostrata miope: nel curriculum (aff. 368) del
dott. Iozzia Giovanni, giornalista esterno, si legge, sotto la voce “qualifiche
professionali”, che è iscritto all’ “Albo Giornalisti Pubblicisti di Sicilia”: delle due
l’una, o tale iscrizione non è qualificante per nessuno o non lo può essere certamente a
fasi alterne, a seconda della prospettazione difensiva.
Si ricorda, poi, che il giornalista pubblicista, così come il giornalista professionista, è
iscritto all’Albo, composto da due elenchi, e fa parte dello stesso Ordine professionale
dei giornalisti; la differenza principale tra le due figure professionali consiste
nell’esclusività della professione, cioè il pubblicista può anche svolgere altre mansioni
o lavori, mentre il professionista lavora a tempo pieno nel mondo dell’informazione; in
altre parole, ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge n. 69/1963 “sono professionisti
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coloro che esercitano in mondo esclusivo e continuativo la professionale di
giornalista”, mentre, ai sensi del comma 4, “sono pubblicisti coloro che svolgono
attività giornalistica non occasionale e retribuita anche se esercitano altre professioni o
impieghi”.
E’ fin troppo ovvio che i dipendenti pubblici possono essere solo giornalisti pubblicisti
e che l’art. 9, comma 1, della legge n. 150/2000 quando fa riferimento alla dotazione
organica dell’Ufficio stampa, composto da dipendenti delle amministrazioni pubbliche,
si riferisce a tale categoria di giornalisti.
7. La difesa (Grasso in particolare) ha sostenuto che le delibere di incarico, “al di là
della terminologia utilizzata”, erano sostanzialmente volte a ricoprire i posti vacanti di
responsabile della comunicazione (profilo facente parte dell’Ufficio relazioni con il
pubblico) e di caporedattore, tutti appartenenti alla categoria D3.
In disparte che la figura di responsabile della comunicazione, come già precisato, non
è possibile ricondurla nell’ambito della dotazione organica dell’Ufficio stampa proprio
ai sensi dell’art. 6, comma 1, della legge n. 150/2000, anche ad accedere alla tesi
difensiva, nonostante la genericità del contenuto delle delibere contestate, queste
sarebbero, comunque, contra legem.
L’art. 78 dello Statuto del Comune di Catania (aff. 653), infatti, stabilisce: “il settore
costituisce la struttura di massima dimensione presente nell’ente ed è diretto da un
funzionario provvisto di qualifica dirigenziale” (comma 1); “i servizi sono strutture
sottordinate al settore, cui sono preposti i dirigenti dotati di alta specializzazione nelle
funzioni esercitate nella struttura” (comma 2); “le unità operative ed organizzative,
strutture di base dell’organizzazione, sono dirette dal dipendente in possesso della
qualifica di funzionario” (comma 3).
Ebbene, sempre ai sensi del citato articolo, solo “i posti di responsabili degli uffici o
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servizi, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, di cui al primo o al secondo
comma possono essere coperti anche da soggetti esterni all’amministrazione mediante
contratto a tempo determinato di diritto pubblico od, eccezionalmente e con
deliberazione motivata, di diritto privato, fermi restando i requisiti richiesti per la
qualifica da ricoprire” (comma 5).
Ciò significa che ai due posti di “responsabile della comunicazione”, non essendo
preposti funzionari con qualifica dirigenziale o con alta specializzazione, né soggetti
con obbligo di iscrizione all’albo dei giornalisti, bensì dipendenti appartenenti alla
categoria “D” (si veda delibera n. 459 del 26.04.2004 - aff. 603 ss), non poteva - in
ogni caso - essere assegnato personale esterno all’amministrazione comunale,
incaricato con contratto di diritto pubblico o privato.
8. Quanto sopra esposto, ovverosia il ricorso a collaborazioni esterne, in assenza di
carenze di organico e, quindi, in violazione dei limiti posti dalla normativa di cui
all’art. 7, comma 6, della legge n. 29/1993, poi trasfuso nell’art. 7, comma 6, del
decreto legislativo n. 165/2001, come richiamato dall’art. 9, comma 1, della legge n.
150/2000, direttamente applicabile nell’ordinamento regionale siciliano in virtù
dell’art. 127 della legge regionale n. 2/2002, comporta di per sé il nascere di un danno
erariale, secondo la stratificata giurisprudenza della locale Sezione di Appello; il
giudice di seconde cure ha sempre sostenuto che si deve tenere conto dei limiti posti
dal legislatore all’azione degli amministratori, soprattutto quando detti limiti mirino a
tutelare preminenti interessi pubblici, come quelli che si ricollegano alle esigenze di
equilibrio della finanza pubblica, con la conseguenza che “è sufficiente che la spesa si
effettui contra legem perché si realizzi il danno” (ex multis n. 195/2010, n. 101/2010).
Ciò comporta la reiezione della doglianza di alcuni convenuti (D’Agata, D’Antoni,
D’Asaro, Drago, Indaco, Paolone, Passanisi, Sardo, Sudano, Grasso. Arena e Forzese)
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che hanno sostenuto l’insussistenza dell’illecito erariale giacché i giornalisti esterni
avrebbero, comunque, svolto con proficuo la loro prestazione lavorativa e qualora
l’Amministrazione si fosse avvalsa di dipendenti interni avrebbe dovuto corrispondere
loro, comunque, la retribuzione di caporedattore.
Inoltre, nessuna utilità (secondo la prospettazione di D’Agata, D’Antoni, D’Asaro,
Drago, Indaco, Paolone, Passanisi, Sardo, Sudano e De Mauro) può avere acquisto la
comunità amministrata, ai sensi dell’art. 1 bis della legge n. 20/1994, da una
prestazione sostanzialmente inutile che poteva essere ben svolta dalle risorse di cui era
dotato l’Ufficio stampa; inoltre, con il presente giudizio non si è in alcun modo
sindacato il merito delle scelte discrezionali dell’azione amministrativa, essendo
risultata questa del tutto contra legem.
9. Le delibere in questione oltre ad essere state adottate in assenza di carenze di
organico, presentano ulteriori profili di illegittimità.
9.1. Il contenuto delle stesse è notevolmente generico: in tutte si parla di “incarico di
collaborazione giornalistica presso l’Ufficio Stampa dell’Ente e in subordine al Capo
Ufficio Stampa” o di “incarico di collaborazione giornalistica, coordinata e continuata,
senza vincolo di subordinazione, per le attività di informazione e di comunicazione
istituzionale” o di semplice “collaborazione giornalistica”, senza specificare il tipo e le
modalità della prestazione richiesta, come questa dovesse raccordarsi con l’ufficio
stampa o con gli organi politici dell’Amministrazione comunale, di quali strumenti
potesse avvalersi.
9.2. La Giunta comunale, poi, con delibera n. 1754 del 13.11.2004 (aff. 649 ss), non
solo ha previsto che nei provvedimenti di nomina per il conferimento di incarichi
individuali a norma dell’art. 7, comma 6, del decreto legislativo n. 165/2001 devono
essere indicati “obiettivi da conseguirsi, durata della collaborazione, corrispettivo,
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modalità di espletamento della collaborazione, possibilità di utilizzo di risorse umane e
strumentali da parte del collaboratore, rapporti con i dirigenti e gli organi politici
dell’ente”, ma ha anche stabilito che la competenza ad emanarli è del Sindaco.
Le delibere contestate (elencate sub II), quindi, sono state adottate in contrasto con
altro specifico atto interno che non può comportare un’esimente di responsabilità da
parte dei componenti, ma eventualmente un’aggravarsi della stessa, diversamente da
come sostenuto dalla difesa della prof.ssa Grasso.
10. Le plurime e reiterate violazioni sopra esposte denotano si per sé palesi e gravi
violazioni degli obblighi di servizio, integranti in capo agli amministratori l’elemento
soggettivo dell’illecito erariale; avendo questi ultimi, però, posto in luce la sussistenza
di differenti circostanze che escluderebbero la colpa grave, deve procedersi alla loro
disamina.
10.1. L’apposizione del parere di regolarità tecnica sulle delibere di incarico non può
in alcun modo escludere la sussistenza della colpa grave in capo ai convenuti.
L’Ufficio stampa è stato istituito con delibera della Giunta Municipale n. 1711 del
24.12.2002 ed è stato allocato “presso la struttura del Sindaco”; tale ufficio, per la sua
particolare connotazione (l’attività di informazione è rivolta essenzialmente verso i
mezzi di comunicazione di massa), è di ausilio non solo al Sindaco, sebbene collocato
materialmente presso la sua struttura amministrativa, ma all’intero organo politico
dell’ente locale; appare, quindi, impensabile che i componenti della Giunta
Municipale, tra l’altro espressione dell’organo di vertice del Comune (che era ben
consapevole della dotazione organica dell’Ufficio stampa - si veda quanto esposto sub
4 circa le delibere n. 1711/2002, n. 566/2003 e n. 459/2004), non fossero a conoscenza
della dotazione organica dell’Ufficio in questione e del personale che vi prestava
servizio (D’Antoni, De Mauro, Fatuzzo, Paolone e Rosano hanno anche partecipato
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all’adozione della delibera n. 459 del 26.04.2004).
In ogni caso, l’avere posto affidamento sul tale parere (tra l’altro privo di qualsiasi pur
minima motivazione; l’unica motivazione è: “parere di regolarità tecnica favorevole”),
data la delicatezza della materia riguardante il conferimento di incarichi di
collaborazione esterna, cui il legislatore ha posto stringenti limiti al fine di evitare
inutili proliferazioni di spesa, denota una superficiale negligenza nell’esecuzione del
munus pubblico.
Poi, nel corpo delle delibere gli amministratori sostengono, del tutto genericamente e
in assenza di lamentele da parte del responsabile dell’Ufficio stampa circa
l’impossibilità di assolvere ai propri compiti istituzionali, che “non è presente alcuna
risorsa umana che possa rendere le suindicate prestazioni professionali qualificate”,
senza in alcun modo fare alcun cenno alla dotazione del suddetto Ufficio.
10.2. E’ stata evocata (in particolare, Grasso e Schillaci) l’esimente di cui all’art. 1 ter
della legge n. 20/1994, secondo il quale “nel caso di atti che rientrano nella
competenza propria degli uffici tecnici o amministrativi la responsabilità non si
estende ai titolari degli organi politici che in buona fede li abbiano approvati ovvero ne
abbiano autorizzato o conseguito l’esecuzione”.
Innanzitutto, l’esimente in questione non può essere invocata giacché il conferimento
di incarichi di collaborazione esterna non rientra, in alcun modo, nella competenza
propria degli uffici amministrativi o tecnici, ma dell’organo politico; in altri termini, le
delibere contestate non costituiscono degli involucri formali per il recepimento di atti
amministrativi il cui contenuto, specificatamente e altamente tecnico, è predisposto
dall’apposito ufficio amministrativo, in quanto rientrano nella competenza propria
dell’organo politico, al quale devono essere imputate non solo formalmente, ma anche
sostanzialmente; del resto, se l’esimente in questione fosse applicata - contro la chiara
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dizione della legge - indiscriminatamente, gli organi politici dell’ente locale non
risponderebbero mai delle conseguenze nefaste delle delibere adottate giacché sempre
munite del parere di regolarità tecnica del responsabile del servizio interessato e, in
caso di spesa, del parere di regolarità contabile del responsabile di ragioneria, come
prescrive l’art. 53, comma 3, della legge n. 142/1990, recepito dall’art. 1 della legge
regionale n. 48/1991, a sua volta modificato dall’art. 12 della legge regionale n.
30/2000.
10.3. L’elemento soggettivo dell’illecito erariale in questione è stato ritenuto mancante
(Brancato, Rotella, De Mauro, Schillaci, Arena e Forzese) giacché le delibere di
incarico costituiscono reiterazioni di precedenti delibere di identico contenuto, sulle
quali non è stata mai mossa alcuna censura.
La doglianza non è condivisibile per una pluralità di ragioni: ogni delibera rappresenta
un’autonoma fattispecie di danno erariale, da valutare singolarmente; le precedenti
delibere non sono state oggetto di alcuna contestazione in questa sede non perché
ritenute legittime ma in quanto coperte da prescrizione; nessun affidamento è possibile
riporre su atti contra legem perché gli amministratori pubblici hanno il precipuo
compito/dovere di correggere l’azione amministrativa conformandola sempre ai
dettami normativi (in caso contrario, vi sarebbe un perpetuarsi di conseguenze dannose
per l’erario, senza che nessuno ne risponda, con l’aggravante che l’atto illegittimo
costituirebbe il grimaldello per continuare a violare la legge in perpetuo).
10.4. L’avere ricevuto la delega assessoriale alcuni mesi prima l’adozione delle
delibere (Brancato) o un mese prima (Schillaci) non decolora l’elemento soggettivo
dell’illecito erariale: chi partecipa con il proprio voto all’adozione di una delibera ne
assume ovviamente la paternità, con tutte le conseguenze che ne derivano. Rientra nei
compiti istituzionali del pubblico amministratore avere piena cognizione e
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consapevolezza della materia oggetto del proprio deliberato, costituendo grave
violazione degli obblighi di servizio deliberare al “buio”.
Deve aggiungersi che, ai sensi dell’art. 1 ter della legge n. 20/1994, “nel caso di
deliberazioni di organi collegiali la responsabilità si imputa esclusivamente a coloro
che hanno espresso voto favorevole”, con la conseguenza che un atteggiamento
prudenziale potrebbe imporre la non partecipazione alla seduta o, comunque, nel
rispetto delle disposizioni normative e regolamentari, anche l’astensione dal voto.
10.5. La ricorrenza dell’elemento soggettivo non può essere escluso dal non possedere
adeguate cognizioni tecnico-giuridiche (difesa Grasso) giacché chi assume, per propria
iniziativa, un munus pubblico ha anche l’onere di acquisire le necessarie cognizioni
per espletarlo in conformità alla legge, altrimenti vi sarebbe una condizione soggettiva
precostituita che legittimerebbe l’adozione di atti illegittimi, forieri di illeciti erariali,
senza alcuna conseguenza per l’autore; la materia, poi, oggetto delle delibere di
incarico, per la sua particolare connotazione, non richiede elevate conoscenze di sapere
giuridico.
10.6. La previsione di spesa in bilancio non è di per sé causa di esonero da
responsabilità per assenza di colpa grave, come sostenuto dalla difesa dell’avv. Tafuri
giacché, secondo le ampie motivazioni sopra esposte, tale spesa è avvenuta contra
legem.
11. Alla realizzazione dell’illecito di cui è causa hanno contribuito, con eguale valenza
causale, coloro che hanno adottato le delibere; non è, infatti, possibile, per assenza di
alcuna ragionevole giustificazione, graduare diversamente la responsabilità,
condividendo in ciò l’impostazione accusatoria.
12. Una disamina particolare (sul punto si veda la difesa di Maimone e quella molto
più defilata di Bonanno) meritano le delibere n. 616 e n. 617 del 30.05.2006 di
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conferimento degli incarichi di collaborazione giornalistica, rispettivamente, alla
dott.ssa Petrina e al dott. Iozzia, dalle quali il Pubblico Ministero ha fatto discendere
un ingiustificato esborso economico di € 40.046,30 e € 39.849,03.
La delibera n. 616/2006 del 30.5.2006 è stata adottata da Umberto Scapagnini,
Giuseppe Maimone, Diego Lo Giudice (non citato nel presente giudizio in quanto
deceduto e, la relativa quota è stata sottratta dallo stesso Pubblico Ministero alla
quantificazione del danno), Giuseppe Zappalà, Mario De Felice, Salvatore Santamaria,
Orazio D’Antoni, Domenico Rotella, Francesco Caruso, Giuseppe Arena, Stefania
Gulino; il parere favorevole di regolarità tecnica è stato apposto dal direttore del
personale, dott. Reale; allegata alla delibera vi è la nota prot. n. 1251 del 04.11.2005
con la quale il dott. Bonanno, direttore dell’Ufficio del Sindaco, ha dichiarato che
nell’ambito dell’amministrazione non vi erano “risorse umane in grado di rendere lo
stesso livello di prestazioni professionali reso dai giornalisti dott.ssa Michela Petrina e
dott. Giovanni Iozzia”.
La delibera n. 617/2006 del 30.5.2006 è stata adottata da Umberto Scapagnini,
Giuseppe Maimone, Diego Lo Giudice (deceduto), Giuseppe Zappalà, Mario De
Felice, Salvatore Santamaria, Orazio D’Antoni, Domenico Rotella, Francesco Caruso,
Giuseppe Arena, Stefania Gulino; il parere favorevole di regolarità tecnica era reso dal
direttore del personale, dott. Reale; allegata alla delibera vi è la nota prot. n. 1251 del
04.11.2005 con la quale il dott. Bonanno, direttore dell’Ufficio del Sindaco, ha
dichiarato che nell’ambito dell’amministrazione non vi erano “risorse umane in grado
di rendere lo stesso livello di prestazioni professionali reso dai giornalisti dott.ssa
Michela Petrina e dott. Giovanni Iozzia”.
Un breve notazione sulla nota del dott. Bonanno deve essere consentita: lo stesso,
senza alcun riferimento a eventuali carenze di organico (come sopra esposto non
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sussistenti), unico elemento che avrebbe potuto consentire il ricorso a professionalità
esterne, travalicando le proprie competenze, afferma che le risorse umane presenti
nell’amministrazione comunale non sono in grado di garantire “lo stesso livello di
prestazioni professionali”; in altri termini, sostiene che i collaboratori esterni rendano,
non si comprende in base a quali criteri, una prestazione lavorativa più qualificata.
La Giunta Municipale, con delibera n. 643 dell’01.06.2006 (docc. 1 e 3 fascicolo
Caruso e fascicolo Maimone), adottata da Scapagnini, Lo Giudice, Ligresti, Zappalà,
Vasta, De Felice, Santamaria, D’Antoni, Rotella, Arena, Siciliano e Gulino, ha
provveduto “alla revoca delle superiori delibere n. 616/06 e 617/06 [si veda la
contiguità temporale], sospendendone temporaneamente gli effetti”, in attesa che il
direttore del personale effettuasse la ricognizione interna degli impiegati allo scopo di
verificare se tra i dipendenti comunali fossero presenti figure “tali da poter rendere
qualitativamente le stesse prestazioni dei professionisti esterni”.
Ancora una volta, senza alcuna considerazione per l’organico dell’Ufficio stampa, ci si
sofferma sulla “qualità” della prestazione professionale da rendere.
L’organo esecutivo, con successiva delibera n. 719 del 20.06.2006 (doc. 5 fascicolo
Caruso e fascicolo Maimone), adottata da Scapagnini, Lo Giudice, Zappalà, Vasta, De
Felice, Santamaria, D’Antoni, Drago, Caruso, Siciliano e Gulino, preso atto delle note
“riservate del Direttore Organizzazione e Personale, dirette al Segretario Generale,
recanti entrambi il prot. n. 445/R del 16.06.2006 con le quali lo stesso Direttore ha
comunicato l’avvenuta ricognizione interna dalla quale si evincono i nominativi dei
dipendenti rivestenti le caratteristiche di giornalisti pubblicisti e pertanto non risultano
dagli atti iscritti all’albo professionale” ha deliberato di “dare corso agli effetti
derivanti dalle deliberazioni nn. 616/06 e 617/06”.
Ancora una volta non si tiene in alcuna considerazione né la dotazione organica
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dell’Ufficio stampa, né l’assenza di doglianze del responsabile dell’Ufficio per il
corretto svolgimento dei compiti istituzionali, dando atto contraddittoriamente che vi
sono dipendenti interni “rivestenti le caratteristiche di giornalisti pubblicisti”, ma che
non risultano iscritti all’albo dei giornalisti (si rinvia a quanto contenuto sub 6.3.).
Da quanto sopra esposto discendono le inevitabili conseguenze:
- il danno erariale di € 40.046, 30 e di € 39.848,03 che il Pubblico Ministero sostiene
connesso alle delibere n. 616 e n. 617 del 30.05.2006 è, invece, autonomamente
riconducibile all’adozione della delibera n. 719/2006 (non vi è violazione dell’art. 112
c.p.c. per il contenuto similare delle delibere in questione);
- l’importo complessivo di € 79.894,33 (€ 40.046,30 + € 39.848,03) deve essere
addebitato a coloro che hanno adottato la delibera n. 719/2006, ovverosia al Sindaco
Scapagnini, agli assessori Zappalà, Vasta, De Felice, Santamaria, D’Antoni, Drago,
Caruso, Gulino e al direttore del personale Reale (su tale posizione si argomenterà
diffusamente in prosieguo), nonché - ma solo formalmente in quanto non convenuti nel
presente giudizio - agli assessori Siciliano e Lo Giudice (deceduto), con una quota pro
capite di € 7.263,12; in virtù, però, del principio di corrispondenza tra chiesto e
pronunciato (nell’atto di citazione è addebita una quota pro capite di € 5.706,80, sia
pure con l’errato riferimento alle delibere n. 616 e 617 del 05.05.2006) ognuno è
chiamato a rispondere nei limiti di tale quota;
- non acquisisce più alcuna rilevanza, ai fini del determinismo causale, il parere del
dott. Bonanno perché integralmente sostituito da quello del dott. Reale che ha anche
apposto, sulla suddetta delibera n. 719/2006, il parere di regolarità tecnica;
- nessun affidamento può essere riposto su tale parere, considerata l’aticipità
contenutistica e la formulazione generica e contraddittoria, tale da non potere
giustificare la degradazione dell’elemento soggettivo dell’illecito, facendone venir
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meno la gravità;
- devono essere mandati assolti Bonanno e Maimone ai quali, nell’atto di citazione,
non è addebitata alcuna ulteriore responsabilità, non avendo partecipato ad altre
delibere (non rileva, ai fini della pronuncia assolutoria, che la difesa di Bonanno non
abbia pienamente centrato la questione giacché è venuto meno per costui il
presupposto per la condanna per danno erariale).
13. L’illecito di cui si discute è imputabile non solo ai componenti la Giunta che, di
volta in volta, hanno adottato le delibere in questione, ma anche al dott. Reale che,
nella qualità di direttore del personale, ha espresso il parere di regolarità tecnica
(delibere nn. 1611/2004, 381/2007, 382/2007, 383/2007, 1424/2007, 1426/2007,
1427/2007, 184/2008); tale parere, infatti, per le motivazioni già espresse, era del tutto
in illegittimo.
Secondo la giurisprudenza amministrativa, i pareri sugli atti deliberativi - anche nel
caso in cui non costituiscano un requisito di legittimità dei provvedimenti cui si
riferiscano - svolgono la funzione di individuare sul piano formale, nei funzionari che
li esprimono, i responsabili, unitamente con i soggetti che adottano le conseguenti
delibere (T.A.R. Emilia Romagna, Parma, 23.04.1998 n. 209; T.A.R. Umbria
10.10.1997 n. 518 e T.A.R. Piemonte, sezione II, n. 373/1998).
La magistratura contabile, da parte sua, ritiene che il parere espresso sulla legittimità di
una deliberazione di un ente pubblico può anche fondare la responsabilità
amministrativo-contabile del funzionario che lo abbia reso, giacché gli atti di
consulenza e di controllo acquisiscono - ricorrendone tutti i presupposti di legge -
efficacia concausale nella realizzazione del depauperamento patrimoniale (Corte dei
Conti, sezione III, 10.12.1998 n. 321/A; sezione II, 9 febbraio 1998 n. 37 e 13 marzo
2001 n. 115/A), non rilevando la natura del parere richiesto, ovvero se obbligatorio o
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facoltativo.
Aggiungasi, che l’art. 53, comma 3, della legge n. 142/1990, come recepito dall’art. 1
della legge regionale n. 48/1991, a sua volta modificato dall’art. 12 della legge
regionale n. 30/2000, stabilisce che chi appone sulle delibere, sia del Consiglio che
della Giunta, il parere di regolarità tecnica e di regolarità contabile (rispettivamente il
responsabile del servizio interessato e il responsabile di ragioneria) ne risponde ex lege
in via amministrativa e contabile.
Il dott. Reale, quale direttore del personale, deve quindi rispondere dell’illecito erariale
in questione per avere contribuito, con eguale determinismo causale, alla sua
realizzazione, apponendo, pur in assenza dei presupposti di legge, il parre di regolarità
tecnica sulle delibere di incarico, con grave e inescusabile violazione degli obblighi di
servizio su di lui incombenti.
14. Una particolare disamina meritano le delibere n. 2088/2007, n. 2089/2007 e n.
242/2008, sulle quali il parere di regolarità tecnica è stato apposto dal vice segretario
generale del Comune di Catania, non convenuto nel presene giudizio perché, secondo
la prospettazione dell’organo requirente, “non essendo il dirigente proponente e
avendo dato corso alla repentina volontà dell’organo esecutivo, non può invece
ravvisarsi nella fattispecie specifica una inescusabile negligenza”.
Da tale affermazione, non oggetto di alcuna valutazione non essendo il vice segretario
generale parte di questo giudizio, ne discende necessariamente che la sua condotta -
anche se non connotata da inescusabile negligenza - ha, comunque, concausalmente
contribuito alla realizzazione dell’illecito erariale: è necessario, pertanto,
rideterminare, con riferimento alle suddette delibere, la quota di danno da addebitare
agli amministratori comunali.
Per la delibera n. 2088/2007 è pari a € 1.044,06, per la delibera n. 2089/2007 è pari a €
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1.203,03 (per complessivi € 2.247,09), per la delibera n. 242/2008 è pari a € 139,94.
15. Occorre adesso esaminare la posizione del dott. Emanuele Vincenzo che, solo in
parte, differisce da quella degli altri convenuti.
Il suddetto, nella qualità di commissario straordinario del Comune di Catania, con
delibera n. 184 del 31.03.2008, ha autorizzato il dott. Reale, ai sensi dell’art. 3, comma
92, della legge finanziaria 24 dicembre 2007, n. 244, recependo la sua proposta, a
mantenere in servizio i collaboratori esterni Petrina, Iozzia e Lazzaro Danzuso fino al
30.06.2008, al fine di consentirne la “stabilizzazione”, come dagli stessi richiesto; a
seguito di tale delibera è stato liquidato un corrispettivo di € 29.023,72, giusta i
mandati di pagamento per € 9.603,06 (Iozzia Giovanni), € 9.817,69 (Lazzaro Danzuso)
e € 9.602,97 (Petrina).
Il convenuto nel difendere la legittimità del proprio operato ha sostenuto che il
conferimento degli incarichi in questione non è avvenuto ai sensi dell’art. 7, comma 6,
del decreto legislativo n. 165/2001, bensì ai sensi dell’art. 3, comma 92, della legge n.
244/2007.
Le argomentazioni difensive non sono meritevoli di condivisione.
L’art. 3, comma 90 della legge n. 244/2007 recita: “Fermo restando che l’accesso ai
ruoli della pubblica amministrazione è comunque subordinato all’espletamento di
procedure selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge e fatte salve le
procedure di stabilizzazione di cui all’articolo 1, comma 519, della legge 27 dicembre
2006, n. 296, per gli anni 2008 e 2009: a) …; b) le amministrazioni regionali e locali
possono ammettere alla procedura di stabilizzazione di cui all’articolo 1, comma 558,
della legge 27 dicembre 2006, n. 296, anche il personale che consegua i requisiti di
anzianità di servizio ivi previsti in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del
28 settembre 2007”; il comma 92 prevede che “Le amministrazioni di cui al comma 90
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continuano ad avvalersi del personale di cui al medesimo comma nelle more delle
procedure di stabilizzazione”.
L’art. 1, comma 558, della legge n. 296/2006 sancisce: “A decorrere dalla data di
entrata in vigore della presente legge, gli enti di cui al comma 557 fermo restando il
rispetto delle regole del patto di stabilità interno, possono procedere, nei limiti dei
posti disponibili in organico, alla stabilizzazione del personale non dirigenziale in
servizio a tempo determinato da almeno tre anni, anche non continuativi, o che
consegua tale requisito in virtù di contratti stipulati anteriormente alla data del 29
settembre 2006 o che sia stato in servizio per almeno tre anni, anche non continuativi,
nel quinquennio anteriore alla data di entrata in vigore della presente legge, nonché del
personale di cui al comma 1156, lettera f), purché sia stato assunto mediante procedure
selettive di natura concorsuale o previste da norme di legge. Alle iniziative di
stabilizzazione del personale assunto a tempo determinato mediante procedure diverse
si provvede previo espletamento di prove selettive”.
Dalla lettura delle calendate disposizioni normative si evince, inequivocabilmente e
senza dubbio alcuno, che i giornalisti Iozzia, Petrina e Lazzaro Danzuso non potevano
rientrare, per mancanza dei requisiti, nella cerchia del personale da stabilizzare in
quanto uno dei presupposti indispensabili (a parte il rispetto del patto di stabilità di cui
non vi è alcun cenno nella delibera) - oltre al possesso ad una data determinata di una
prestabilita anzianità di servizio, maturata entro limiti temporali prefissati - è costituito
dalla titolarità di un rapporto di lavoro precario, stipulato previo superamento di
procedure selettive di natura concorsuale: i giornalisti in questione sono stati
destinatari, invece, di incarichi di collaborazione di natura fiduciaria, ben remunerati,
attribuiti senza alcuna procedura selettiva.
Che gli stessi non avessero alcun titolo per esser stabilizzati risulta anche per tabulas
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non avendo il dott. Emanuele e il dott. Reale provato, documentalmente, la loro
successiva avvenuta stabilizzazione.
La testuale chiarezza del disposto normativo di cui sopra fa sì che l’adozione della
delibera n. 184/2008 ha costituito una grave e inescusabile violazione degli obblighi di
servizio da parte del dott. Emanuele che ne deve rispondere, unitamente al dott. Reale
(con eguale determinismo causale), il quale, con altrettanto inescusabile negligenza, ha
formulato la proposta della suddetta delibera ed ha apposto il parere di regolarità
tecnica.
Si rinvia per il resto, a confutazione delle ulteriori argomentazioni difensive del dott.
Emanuele e del dott. Reale, alle motivazioni contenute nei paragrafi precedenti.
B.2. Elusione della sentenza della Corte Costituzionale n. 198/2007.
16. In ultimo, rimane da esaminare la posizione del dott. Reale Carmelo relativamente
all’ulteriore contestazione del Pubblico Ministero di avere corrisposto, anche dopo la
pubblicazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 189/2007, ai dipendenti
interni del Comune di Catania, Molino e Pavano, addetti all’Ufficio Stampa (più
precisamente dall’01.07.2007 al 31.08.2008, data di cessazione dall’incarico di
direttore del personale), il trattamento economico di caporedattore, sebbene fosse stata
dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 127, comma 2, della legge regionale n.
2/2002 nella parte in cui ai giornalisti già in servizio presso gli enti locali è attribuita la
qualifica e il trattamento economico di caporedattore.
Anche in tale ipotesi è bene tratteggiare, sebbene ciò comporti un inevitabile
appesantimento della lettura della sentenza, il quadro normativo e giurisprudenziale di
riferimento, soprattutto in quanto la difesa, pur avendo sempre sostenuto l’assenza di
colpa grave in capo al proprio assistito, non ha perfettamente centrato l’oggetto della
contestazione del Pubblico Ministero.
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L’art. 127, comma 1, della legge regionale n. 2/2002 stabilisce: “Nell’ambito della
Regione siciliana si applicano gli articoli 1, 2, 3, 4, 6, 7, 8 e 9, limitatamente ai commi
1 2, 3 e 4, della legge 7 giugno 2000, n. 150 "Disciplina delle attività di informazione
delle pubbliche amministrazioni". Negli uffici stampa di cui all’articolo 58 della legge
regionale 18 maggio 1996, n. 33 [rubricato “Istituzione di Uffici stampa presso gli enti
locali e le Amministrazioni Pubbliche”] l’individuazione e la regolamentazione dei
profili professionali sono affidate alla contrattazione collettiva da svolgersi presso
l’Assessorato regionale alla Presidenza, in osservanza e nel rispetto del contratto
collettivo n. 1 giornalistico FNSI-FIEG. Ai fini dell’applicazione dell’articolo 7 della
legge 7 giugno 2000, n. 150 negli enti locali il portavoce deve essere iscritto all’ordine
dei giornalisti”; il secondo comma prevedeva: “In sede di prima applicazione ai
giornalisti componenti gli uffici stampa già esistenti presso gli enti di cui all’articolo 1
della legge regionale 30 aprile 1991, n. 10, è attribuita le qualifica ed il trattamento
contrattuale di redattore capo, in applicazione del Contratto nazionale di lavoro
giornalistico ed in sintonia con l’articolo 72 della legge regionale 29 ottobre 1985, n.
41”.
La Corte Costituzionale, con sentenza n. 189 (depositata in cancelleria il 14.06.2007 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 24 del 20.06.2007), dopo avere premesso che
“dalla legge n. 421 del 1992 può trarsi il principio (confermato anche dagli artt. 2,
comma 3, terzo e quarto periodo, e 45 del d. lgs. n. 165 del 2001) della regolazione
mediante contratti collettivi del trattamento economico dei dipendenti pubblici
(sentenze n. 308 del 2006 e n. 341 del 2003) che, per le ragioni sopra esposte, si pone
quale limite anche della potestà legislativa esclusiva che l’art. 14, lettera o), dello
statuto di autonomia speciale attribuisce alla Regione Sicilia in materia di «regime
degli enti locali»”, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del citato art. 127, comma
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2, della legge regionale n. 2/2002 “nella parte in cui prevede che ai giornalisti
componenti gli uffici stampa già esistenti presso gli enti locali è attribuita la qualifica
ed il trattamento contrattuale di redattore capo, in applicazione del contratto nazionale
di lavoro giornalistico”.
Dalla lettura di tale pronuncia si evince che la dichiarazione di incostituzionalità è
avvenuta giacché la norma censurata si poneva “in contrasto con il principio generale
secondo il quale il trattamento economico dei dipendenti pubblici il cui rapporto di
lavoro è stato privatizzato deve essere disciplinato dalla contrattazione collettiva”, dal
momento che “le disposizioni impugnate in realtà non dispongono che il rapporto di
lavoro degli addetti agli uffici stampa debba essere regolato dalla contrattazione
collettiva, bensì individuano esse stesse il trattamento che si deve applicare a quel
personale (appunto, quello previsto dal contratto collettivo del lavoro giornalistico),
onde gli agenti negoziali rappresentativi delle categorie delle amministrazioni datrici di
lavoro e dei dipendenti interessati non possono contrattare alcunché in proposito”.
Sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana n. 54 del 16.11.2007 è stato
pubblicato, a seguito di accordo del 24.10.2007, il “contratto collettivo per
l’individuazione e la regolamentazione dei profili professionali negli uffici stampa di
cui all’art. 58 della legge regionale 18 maggio 1996, n. 33”, siglato - tra l’Assessorato
regionale alla Presidenza, l’ANCI SICILIA, l’URPS, la FNSI-FIEG, l’Associazione
Siciliana della Stampa - “in ossequio alle disposizioni di cui all’art. 127, comma 1,
della l.r. 2/02 e alle disposizioni di cui alla l. 150/00” (art. 1); nel citato contratto, dopo
avere individuato la durata, la decorrenza e le modalità di applicazione (art. 2), i profili
professionali (art. 3, tra cui quello di caporedattore) e la loro regolamentazione (art. 4),
è prevista una disciplina transitoria (art. 6), secondo la quale “fermo restando quanto
stabilito nel superiore articolo 2, le presenti disposizioni per omogeneità di
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trattamento, al verificarsi delle condizioni di cui al precedente articolo 4, si applicano,
senza ulteriori oneri per gli Enti stessi e nel rispetto della salvaguardia di cui al comma
2 dell’art. 58 della l.r. n. 33/96, anche al personale giornalistico di ruolo con il
mantenimento delle qualifiche professionali già possedute, già inquadrato dall’entrata
in vigore dell’art. 127, comma 1, della l.r. n. 2/02 o da inquadrare a seguito di
procedure selettive ad evidenza pubblica in corso alla data di stipula del presente
contratto”.
Ciò posto, il Collegio concorda con la tesi accusatoria secondo la quale la Regione
Siciliana, si sensi dell’art. 14 dello Statuto, ha competenza legislativa esclusiva solo
sul “regime degli enti locali e delle circoscrizioni relative” (lett. o), sull’ “ordinamento
degli uffici e degli enti regionali” (lett. p), sullo “stato giuridico ed economico degli
impiegati e funzionari della Regione, in ogni caso non inferiore a quello del personale
dello Stato” (lett. q) e non sullo stato giuridico ed economico dei dipendenti degli enti
locali, come del resto anche sostenuto dall’Aran nella nota prot. n. 10121/09 del
23.12.2009 e dal Dipartimento della funzione pubblica nella nota prot. n. 8011110 del
05.03.2010; tuttavia, la condotta contestata dal Pubblico Ministero al dott. Reale non
integra, ai fini dell’elemento soggettivo, quella soglia di gravità della colpa,
indispensabile per il sorgere della responsabilità erariale.
Secondo un’interpretazione giurisprudenziale ormai prevalente e condivisa da questo
Collegio, non è sufficiente, infatti, per la sussistenza della colpa grave, la mera
violazione di una norma di legge, essendo necessario che dalle circostanze concrete in
cui ha operato il dipendente o l’amministratore sia desumibile un quid pluris
consistente in un accentuato grado di disinteresse, di insensibilità e di noncuranza degli
obblighi di servizio e delle elementari regole di prudenza. In altre parole la colpa grave
postula sempre un comportamento non solo in contrasto con la norma, ma anche
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connotato da palese disprezzo della stessa e da profonda imprudenza nella condotta,
talché l’evento dannoso, sebbene non voluto, possa dirsi facilmente prevedibile nel suo
verificarsi, secondo un giudizio di prognosi postuma formulato ex ante. Trattasi, com’è
noto, di un indirizzo che risponde, ictu oculi, alla finalità di determinare quanto del
rischio dell’attività svolta dal pubblico dipendente debba restare a carico dell’apparato
amministrativo di cui fa parte e quanto a carico dello stesso, nella ricerca di un punto
di equilibrio tale da non scoraggiarne l’assunzione di scelte, paralizzando l’attività
amministrativa.
Nel caso specifico, il dott. Reale si è trovato ad operare, tra l’altro in un arco temporale
non lungo (dall’01.07.2007 al 31.08.2008), con un quadro normativo di non semplice e
univoca lettura: l’art. 127, comma 1, della legge regionale n. 2/2002, non intaccato
dalla pronuncia del Giudice delle leggi, riserva “l’individuazione e la
regolamentazione dei profili professionali” degli Uffici stampa degli enti locali
regionali “alla contrattazione collettiva da svolgersi presso l’Assessorato regionale alla
Presidenza, in osservanza e nel rispetto del contratto collettivo n. 1 giornalistico
FNSI-FIEG”; il comma 2 del citato art. 127 è stato dichiarato incostituzionale perché
“in contrasto con il principio generale secondo il quale il trattamento economico dei
dipendenti pubblici il cui rapporto di lavoro è stato privatizzato deve essere
disciplinato dalla contrattazione collettiva”; dopo appena due mesi è intervenuto il
“contratto collettivo per l’individuazione e la regolamentazione dei profili
professionali negli uffici stampa di cui all’art. 58 della legge regionale 18 maggio
1996, n. 33”, stipulato, proprio tra l’Assessorato regionale alla Presidenza, l’ANCI
SICILIA, l’URPS, la FNSI-FIEG, l’Associazione Siciliana della Stampa, in esecuzione
dell’art. 127, comma 1, della legge regionale n. 2/2002.
Innanzi a tale contesto, non può sostenersi che la condotta del dott. Reale possa essere
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espressione di estrema non curanza degli interessi pubblici giacché lo stesso, non
revocando il trattamento economico di caporeddatore ai dipendenti Molino e Pavano,
si è adeguato al contratto collettivo stipulato ai massimi livelli regionali,
dall’Assessore alla Presidenza.
Né d’altronde si possono ritenere sussistenti elementi per addurre il contrario
dall’articolato parere dell’avv. Salvatore Mazza dell’11.09.2008 giacché indirizzato al
Presidente della Provincia Regionale di Enna, né tantomeno dalla nota prot. n.
10121/09 del 23.12.2009 dell’Aran e dalla nota prot. n. 8011110 del 05.03.2010 del
Dipartimento della funzione pubblica in quanto indirizzate alla Procura Regionale che
sulla problematica ha chiesto appositi chiarimenti (ciò è evincibile anche se nel
fascicolo processuale non risulta depositata la nota prot. n.
V2009/3153/GA/PR21315/2009/P con la quale la Procura Regionale si è rivolta
all’Aran); si tratta, d’altronde, di atti successivi ai fatti contestati.
L’organo requirente a supporto della tesi accusatoria, incentrata sulla grave
noncuranza degli interessi pubblici da parte del dott. Reale “non essendovi, tra l’altro,
spazio per una prognosi di esito fausto nell’ipotesi in cui gli interessati avessero
rivendicato innanzi al giudice del lavoro l’applicazione di un contratto collettivo
regionale sine titulo, o comunque, della norma di chiusura (art. 6) di tale contratto”, ha
richiamato, nella memoria depositata in data 19.10.2011, l’ordinanza ex art. 700 del
Giudice del lavoro del Tribunale di Enna del 06.10.2009 “che ha ritenuto non
applicabile l’Accordo regionale, ritenendo insussistente anche nel fumus il ricorso di
uno dei giornalisti interni della Provincia di Enna avverso la delibera dell’ente che
aveva applicato il trattamento del comparto enti locali dopo la sentenza della Consulta
n. 189/2007”.
Anche tale argomentazione, ovverosia dell’assenza di prognosi per un esito fausto di
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una eventuale controversia, non è condivisibile in quanto smentita dagli atti di causa
(aff. 675 – 681): il Tribunale di Messina, sezione lavoro, con sentenza del 25.09.2008,
tenuto conto del mutato quadro normativo di riferimento rispetto al tempo
dell’instaurazione del giudizio, dopo avere richiamato la sentenza della Corte
Costituzionale n. 189/2007 e l’accordo sindacale pubblicato sulla g.u.r.s. n. 54 del
16.11.2007, ha accolto parzialmente il ricorso di una dipendente dell’Ufficio stampa
della Provincia Regionale di Messina, riconoscendole il diritto “al trattamento
economico e previdenziale corrispondente all’inquadramento quale capo servizio
secondo il contratto collettivo nazionale FNSI-FIEG e successive modifiche e
integrazioni come richiamato dal comma 1 dell’art. 127 della l.r. n. 2/02”, con
condanna dell’ente territoriale “ad erogare le differenze retributive con decorrenza
dalla data di stipula dell’accordo collettivo pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Regione Siciliana n. 54 parte I del 16 novembre 2007”, e alla rifusione delle spese di
lite giacché “la posizione della Provincia, anche successivamente alla pronuncia della
Corte Costituzionale, rimane di totale chiusura, con mancato riconoscimento anche di
quanto discende da un contratto collettivo sopravvenuto sì, ma comunque pienamente
conforme ai principi stabiliti dal Giudice delle leggi”.
Il richiamo di tale ultima decisione, lungi dall’essere in alcun modo oggetto di
valutazione da parte di questo Collegio, sfornito - tra l’altro - di alcuna competenza in
materia, dimostra proprio che, dopo l’intervento della Corte Costituzionale, il quadro
normativo di riferimento non era di univoca lettura e come tale la condotta del dott.
Reale non può ritenersi connotata da colpa grave, requisito indispensabile per
l’addebito di responsabilità.
Per tali ragioni, il dott. Reale Carmelo deve essere assolto dalla richiesta di condanna
alla somma di € 53.986,93.
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C. Conclusioni
17.1. Il Collegio, alla luce di quanto sopra argomentato, non ritenendo sussistenti i
presupposti per la riduzione dell’addebito, ai sensi dell’art. 52, comma 2, del regio
decreto 12 luglio 1934 n. 1214 e dell’art. 83 del regio decreto 18 novembre 1923 n.
2440, stante il chiaro quadro normativo di riferimento, unitamente alla palese
insussistenza di carenze di organico, condanna i seguenti convenuti a pagare a favore
del Comune di Catania gli importi affianco indicati: Arena Giuseppe € 9.537,83,
Brancato Mario € 6.338,02, Caruso Francesco € 5.706,80, D’Agata Rosario €
4.850,30, Dantoni Orazio € 5.706,80, D’Asero Antonino € 4.850,30, De Felice Mario
€ 5.706,80, De Mauro Ignazio € 4.850,30, Drago Filippo Maria € 3.199,81, Emanuele
Vincenzo € 14.511,86, Fatuzzo Fabio € 14.388,13, Forzese Marco € 4.850,30,
Garofalo Ottavio € 149,94, Grasso Silvana € 6.338,02, Gulino Stefania € 5.706,80,
Indaco Mario € 3.841,25, Nicotra Antonino € 8.691,55, Oliva Vincenzo € 2.646,71,
Paolone Benito € 4.850,30, Passanisi Luigi € 3.199,81, Reale Carmelo € 31.960,08,
Rosano Angelo € 4.850,30, Rotella Domenico € 9.537,83, Santamaria Salvatore €
9.398,11, Sardo Gaetano € 4.850,30, Scapagnini Umberto € 20.094,93, Schillaci
Carmela Adele Rita € 3.841,25, Sudano Domenico € 4.850,30, Tafuri Gaetano €
3.841,25, Vasta Giovanni € 9.537,83, Zappalà Giuseppe € 15.244,63.
Sulle somme di cui sopra deve essere computata la rivalutazione monetaria, da
calcolarsi secondo gli indici i.s.t.a.t., dai singoli esborsi e fino al giorno del deposito
della sentenza, nonché gli interessi legali sulle somme così rivalutate dal predetto
deposito al soddisfo.
Le spese di giustizia (pari ad un importo complessivo di € 15.252,41), seguono la
soccombenza e devono essere poste, solidalmente, a carico dei suddetti convenuti e
liquidate a favore dello Stato, ad eccetto di quelle relative a Bonanno e Maimone che
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vengono compensate, stante la loro assoluzione (come sub 17.2.); ne consegue che i
convenuti in precedenza menzionati sono condannati, in via solidale, alla refusione
delle spese di giustizia loro addebitabili, pari a € 14.346,43.
17.2. Il Collegio assolve, per le motivazioni di cui sopra (sub 12 e 16), Bonanno
Salvatore e Maimone Giuseppe dalle contestazioni mosse dal Pubblico Ministero,
nonché Reale Carmelo dalla richiesta di condanna all’ulteriore somma di € 53.986,93.
Le spese di lite per Bonanno Salvatore e Maimone Giuseppe, assolti integralmente
dagli addebiti loro mossi nell’atto di citazione, sono liquidate come da dispositivo, ai
sensi del combinato disposto degli artt. 10 bis, comma 10, legge 2 dicembre 2005 n.
248, di conversione del decreto-legge 30 settembre 2005 n. 203, e 3, comma 2 bis, del
decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 543, convertito, con modificazioni, dalla legge 20
dicembre 1996, n. 639.
P.Q.M.
La Corte dei Conti - Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana - definitivamente
pronunciando, respinta ogni altra contraria istanza, deduzione ed eccezione
CONDANNA
- i seguenti convenuti a pagare a favore del Comune di Catania gli importi affianco
indicati: Arena Giuseppe € 9.278,15, Brancato Mario € 6.078,34, Caruso Francesco €
5.706,80, D’Agata Rosario € 4.850,30, Dantoni Orazio € 5.706,80, D’Asero Antonino
€ 4.850,30, De Felice Mario € 5.706,80, De Mauro Ignazio € 4.850,30, Drago Filippo
Maria € 3.199,81, Emanuele Vincenzo € 14.511,86, Fatuzzo Fabio € 14.128,45,
Forzese Marco € 4.850,30, Garofalo Ottavio € 139,94, Grasso Silvana € 6.078,34,
Gulino Stefania € 5.706,80, Indaco Mario € 3.831,25, Nicotra Antonino € 8.681,55,
Oliva Vincenzo € 2.636,71, Paolone Benito € 4.850,30, Passanisi Luigi € 3.199,81,
Reale Carmelo € 31.960,08, Rosano Angelo € 4.850,30, Rotella Domenico € 9.278,15,
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Santamaria Salvatore € 9.398,11, Sardo Gaetano € 4.850,30, Scapagnini Umberto €
19.835,25, Schillaci Carmela Adele Rita € 3.831,25, Sudano Domenico € 4.850,30,
Tafuri Gaetano € 3.831,25, Vasta Giovanni € 9.278,15, Zappalà Giuseppe € 14.984,95;
- sulle somme di cui sopra deve essere computata la rivalutazione monetaria, da
calcolarsi secondo gli indici i.s.t.a.t., dai singoli ingiustificati esborsi e fino al giorno
del deposito della presente sentenza, nonché gli interessi legali sulle somme così
rivalutate dal predetto deposito al soddisfo;
- condanna, solidalmente, i citati convenuti a rifondere allo Sato le spese di giudizio
che vengono liquidate in € 14.346,43.
assolve
- Bonanno Salvatore e Maimone Giuseppe dalle contestazioni contenute nell’atto di
citazione e liquida, a ciascuno, le spese di causa, complessivamente, in € 1.503,00, di
cui € 1.067,00 per onorari e € 436,00 per diritti, oltre il 12,50% per spese generali,
i.v.a. e c.p.a.;
assolve
- Reale Carmelo dalla richiesta di condanna per € 53.986,93, connessa alla elusione
della sentenza della Corte Costituzionale n. 189/2007.
Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 9 novembre 2011.
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