SAN LORENZO IN SILVIS ALL’ALBA DELL’ANNO MILLE A cura di Francesca Ceresani Il momento storico più importante per San Lorenzo in Silvis, ora in Campo, è senza dubbio quello che vede la nascita dell’Abbazia benedettina, ossia l’VIII-IX secolo. In questa terra apparvero i primi monaci, che inseguivano la sublime esperienza di Dio vivendo una vita nella perfezione spirituale, conducendo una vita solitaria sotto la direzione di un abate, e realizzando l’autentico cammino verso l’essenza divina tramite la rinuncia al mondo.
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SAN LORENZO IN SILVIS ALL’ALBA DELL’ANNO MILLE · ricondurre ad una riflessione circa il tema dell’idolatria come male da sconfiggere. Ogni indizio artistico riporta, comunque,
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SAN LORENZO IN SILVIS ALL’ALBA
DELL’ANNO MILLE
A cura di Francesca Ceresani
Il momento storico più importante per San Lorenzo in
Silvis, ora in Campo, è senza dubbio quello che vede
la nascita dell’Abbazia benedettina, ossia l’VIII-IX
secolo.
In questa terra apparvero i primi monaci, che
inseguivano la sublime esperienza di Dio vivendo una
vita nella perfezione spirituale, conducendo una vita
solitaria sotto la direzione di un abate, e realizzando
l’autentico cammino verso l’essenza divina tramite la
rinuncia al mondo.
L’Abbazia è stata edificata in stile romanico,
splendida costruzione che racchiude frammenti
architettonici appartenenti alla città di Suasa, con le
sue colonne egizie, l’aquila pretoria e reimpieghi
romani vari. Si nota un’acquasantiera di notevole
fattura dinanzi al portone d’accesso. (NOTA Suasa,
secondo la tradizione, viene ricordata per la sua
devastazione avvenuta per mano di Alarico nel 409,
ma da notizie risalenti al VI e VIII secolo si può
capire come la sua grandezza fosse in realtà intatta,
restituita alla memoria nell’anno 754 nel Liber
pontificalis, cit., pag 47)
Durante la guerra bizantina avvenuta tra il 535 e il
553, vi fu l’assalto degli Alamanni e Franchi di
Leutari, sconfitto poi da Narsete a Pesaro nell’anno
554.
Durante la guerra tra goti e bizantini, la rovina si
propagò per l’intera provincia Flaminia e il Picenum
annonarium, luoghi in cui il re Vitige abbatté Fano e
Pesaro, successivamente nell’anno 545 Belisario
ricostruì la città di Pesaro e la sua struttura muraria.
L’uso dell’acquasantiera all’entrata delle chiese
abbaziali ebbe inizio tra la fine del IX secolo fino al X
secolo circa, in un periodo in cui si impartiva la
benedizione ai credenti in un cerimoniale collettivo
che avveniva ogni domenica. L’utilizzo
dell’acquasantiera incisa inizia nel Mille ed è spesso
frutto di un riuso di materiale architettonico classico.
Due esempi di acquasantiera reimpiegata con frammenti di origine romana (Spello)
Il riuso di frammenti romani è pratica comune dal
periodo post-classico al Medioevo avanzato, per la
costruzione di chiese e abbazie si asportavano i
manufatti recuperabili dalle rovine di città antiche,
oramai abbandonate o distrutte.
Per San Lorenzo in Campo furono indispensabili i
resti della città di Suasa.
Nell’Abbazia si possono ammirare capitelli, colonne,
pietre e molto altro materiale proveniente da Suasa,
qui il classico si coniuga perfettamente all’architettura
romanica.
Capitello Abbazia San Lorenzo in Campo a motivi vegetali
I capitelli sono decorati con motivi zoo-antropomorfi
e vegetali, ma ciò che è particolarmente interessante
pare, a mio avviso, essere una pietra scolpita posta nei
pressi della navata destra, in cui è incisa un’aquila ad
ali schiuse in posizione frontale, tipica
rappresentazione romana utilizzata per i vessilli
imperiali, negli emblemi funerari e sulle monete.
Dobbiamo tenere presente che la stessa aquila pretoria
venne successivamente utilizzata, anche, come
soggetto iconografico bizantino, carolingio e
ottoniano e ancora in periodo romanico.
Simbologia cristiana del pesce, o allegoria della resurrezione, in una chiesa del XII sec. a
Macerata Feltria
Un capitello perfettamente conservato e decorato con
figure umane e animali o mostri, raffigura un drago al
fianco di un uomo che è posto al centro della
figurazione (angolo del capitello) e un
drago/grifone/viverna(?) al lato esterno, inoltre una
figura umana angolare scolpito nell’altro spigolo. In
questo caso, si potrebbe pensare, che i due animali
mitologici con le bocche aperte rivolte al volto
dell’uomo, siano simboli appartenenti al tema
catastrofico e del Nuovo Testamento nell’Apocalisse,
oppure direttamente attinenti a concezioni
cosmologiche e/o mistiche, ma anche riconducibili a
testi gnostici; con maggior precisione si può indicare
un’iconografia cristiana che potrebbe ancora
ricondurre ad una riflessione circa il tema
dell’idolatria come male da sconfiggere. Ogni indizio
artistico riporta, comunque, al periodo romanico.
Circa la presenza bizantina nei nostri territori si può
solo che accertarne la presenza, infatti dopo che i
bizantini hanno compiuto il loro attraversamento della
Pentapoli e dei nostri territori, specialmente alla
sinistra del Cesano, si sono manifestati segni del loro
passaggio nelle epigrafi latine scritte in caratteri greci.
(NOTA: (Ne è esempio, forse, l’epigrafe riportata
nell’opera di Antonio Bradimarte “Gallia Senonia
illustrata” pag. 113-114, che pare fosse presente sulla
facciata della Chiesa del SS. Crocifisso “situata quasi
nel mezzo dell’antica Suasa” ma attribuita ad altre
epoche)
La Pentapoli era l’istituzione massima di una
provincia di amministrazione esarcale d’Italia.
Inoltre, grazie all’analisi dei documenti originali
provenienti da Fonte Avellana e dall’Abbazia di San
Lorenzo in Campo, poi raccolti nei Regesti
Senigalliesi, dalle carte appartenenti alla Curia
ravennate che era alla guida dell’Esarcato, si può
affermare che la presenza dei longobardi (NOTA:
Ricordiamo che la Prof.ssa Fasoli ha trovato tracce
evidenti della presenza longobalda nell’Esarcato) nel
nostro territorio era reale, così come nell’intera
Pentapoli, ossia il complesso di cinque città Rimini,
Pesaro, Fano, Senigallia ed Ancona.
Dalle sottoscrizioni dei vescovi agli atti del Concilio
romano del 680 si evince che nella Pentapoli facevano
parte: Rimini, Pesaro, Fano, Ancona, Numana e
Osimo poi Senigallia. (NOTA Gregorii I Papae
Registrum epsitolarum IX, 66-67; ediz., Berolini
1957, pp 85-88; inoltre Pauli (Diaconi) Historia
Langobardorum IV 8-9-12, ediz. L. Berthmann e G.
Waitz, Script. Reg. Lang. Et Ital., Hannoverae 1878,
pp. 118-121)
Nel 727 circa, Liutprando avviò una battaglia di
espansione lungo l’intera penisola, irrompendo nella
Pentapoli e passando da Rimini alla direzione di Fano,
poi verso Ancona e Osimo.
Fano aveva dilatato la propria autorità nella Valle del
Cesano, esattamente nel territorio di Suasa, il fatto
viene illustrato in un documento o privilegio siglato
da Adriano I nel 782 in cui vengono anche menzionati
i beni appartenenti al monastero di Sant’Apollinare in
Classe, dove il confine territoriale è segnato dal
fiume. (NOTA G.B. Mittarelli – A. Costadoni,
Annales Camaldulenses ordinis Sancti Benedicti, I,
Venetii 1755, Appendix, coll. 10-12 n° III)
Nella metà del VIII secolo la condizione che si viene
a delineare circa la frammentazione territoriale, vede
la salda egemonia bizantina che, in realtà, non aveva
affatto contrastato una penetrazione longobarda nei
territori, svoltasi precedentemente al 680, ed è
importante notare, inoltre, che se in principio sia
trattava di una vera e propria invasione,
successivamente si è assistito ad una loro presenza
tipicamente stanziale. (NOTA Si veda la parte
riguardante la zona del Cesano in A. Polverari, Una
Bulgaria, cit., L. Grazzi, Catalogo dei rinvenimenti
archeologici, in Suasa Senonum di Gello Giorgi, pag.
127 ss. Parma, 1953)
Nel Codice Bavaro il territorio include le città di
Ostra e Suasa, ossia le zone comprendenti la valle del
Misa e del Cesano, e proprio nella città di Ostra,
nell’anno 502, vi era la presenza del vescovo
Martinianus. (NOTA Si veda Lanzoni, Le diocesi
d’Italia dalle origini al principio del secolo VII (a.
604), Faenza, I, 1927, pag 493) Si parlerà di comitati
a partire dal IX secolo, infatti, in tutto il territorio
italiano definito “Regnum Italiae” si compose un
apparato amministrativo frazionato in Marche e
Comitati, (NOTA I Comitati pentapolitani furono
motivo di disaccordo tra potenti, ma la situazione si
concluse con la cessione dei territori da parte di
Ottone II a Silvestro II) in cui, successivamente si
assistette ad uno straordinario sviluppo attraverso
l’attuazione di un modello “curtense”.
“Intorno al secolo XI l’ambito circoscrizionale del
comitatus era compreso tra il comitato di Fano a
nord, quello di Fossombrone (costeggiando il fiume
Cesano) a nord ovest e quello di Nocera Umbra ad
ovest”. (NOTA Emilia Saracco Previdi, Convivere
nella Marchia durante il Medioevo: indagini e spunti
di ricerca, Ancona, 1986, pag. 156-157)
Il distretto viene definito Territorium, termine di
origine romano-bizantina, poi Comitatus come
accezione di origine franca, successiva al XI secolo.
A seguito della dominazione franca, intrapresa nel
789 con l’investimento nel dicato di Spoleto del
franco Giunigiso, si impose l’autorità del Conte, un
“funzionario” incaricato dal sovrano che poteva
disporre della facoltà militari, giuridici e di governo
su un dato territorio chiamato Comitato o anche
Contea.
Un’ulteriore evoluzione portò, nel X secolo, alla
pratica dell’incastellamento con il suo signore.
Comitato di Senigallia intorno all’anno Mille
In generale, si può affermare, che il sistema curtense
riguardasse un gruppo di piccole unità agricole
(mansi) che venivano lavorate da uomini posti in
posizione subalterna e in condizione di rigida
dipendenza da un possidente, questi servi venivano
chiamati “rustici”. Le curtes ed il sistema che le
regolava sono rintracciabili in molti documenti del IX
secolo, ne è esempio il Capitulare de Villis.
Il monastero di San Lorenzo in Campo è di
sostanziale importanza, e lo studio dei territori da
questo posseduti possono darci una visione d’insieme
riguardo l’insediamento in questa zona.
Se il monastero aveva posseduto rilevante estensione
terriera, questa era suddivisa in mansi, collocati
appunto nella ripartizione del “castrum”, ossia il
luogo abitato fortificato. Nell’ambiente circostante si
deve supporre l’esistenza di un insediamento di cui
facevano parte case di più alto valore, abitate da un
“dominus”. Sempre nei dintorni, si può ipotizzare,
fossero posti degli alloggi in legno o terra. In effetti, il
dominus aveva facoltà di imporre condizioni, essere
investito di autorità giudiziaria e nello stesso tempo
assicurare protezione. In una prima fase, intorno al XI
secolo, un insediamento si presentava con connotati
estremamente articolati, “castra”, “ville” e “vici”, ma
si ricorda che questi termini sono diventati, sin dal IX
secolo, sinonimi.
Interessante chiosa va fatta riguardo l’Abbazia di San
Lorenzo in Campo, che godeva di ben cinque curtes
lungo la Valle del Cesano e del Metauro, di fatto,
ottenere possedimenti curtensi era comune per
monasteri e abbazie; l’organizzazione territoriale era
contraddistinta da curtes e massariciæ, fondate
attorno al monastero, al cui interno si riuniva la
popolazione nelle situazioni di pericolo, le massæ
hanno avuto origine in epoca romana e in età
altomedievale la pratica venne riadattata,
successivamente, in epoca medievale, il vocabolo
venne a scomparire. (x NOTA: Si legga riguardo la
continuità e la discontinuità nel termine “massa” o
“massariciæ” e nella situazione organizzativa agraria:
“fundus” e “casale” nei documenti ravennati in
periodo altomedievale, in Medioevo rurale. Sulle
tracce della civiltà contadina, a cura di Vito
Fumagalli e Gabriella Rossetti, Bologna 1980, pag.
201-219) (NOTA Vedere B. Andreolli, M.
Montanari, L’azienda curtense in Italia. Proprietà
della terra e lavoro contadino nei secoli VIII-IX,
Bologna 1983)
Dal IX secolo l’amministrazione dei feudi appartenne
alla Chiesa, l’obolo ceduto dai fedeli e le offerte
donate dai pellegrini incrementavano le casse dei
monasteri e delle chiese, al punto che, i religiosi
potevano concedere un prestito a chi fosse in stato di
bisogno.
Sarà con Ottone III durante il periodo denominato
della “Renovatio imperii” che si avrà l’unificazione
della Marca Fermana e della Marca di Camerino, e
sarà così possibile la nascita della Marca Anconitana
con Innocenzo III; si registrò questo termine per la
prima volta in un Diploma dell’anno 983.
Evangeliario di Ottone III. Scuola di Reichenau, sec. X. Monaco, Bayerische Staatsbibliotek,
Ms. Lat. 4453, c. 23 v.
Le Nazioni si inchinano dinanzi all’imperatore Ottone III. Viene rappresentata la nazione slava,
germanica, gallica e romana.
NOTA: Riguardo alle vicende del periodo ottoniano
rammentiamo che Papa Leone III innalzò al trono
Carlo Magno Imperatore del Sacro Romano Impero,
dando avvio alla rinascenza carolingia,
successivamente l’impero si infranse per rigenerarsi
poi nel X secolo con la stirpe degli Ottoni. Verso la
fine 900, precisamente nel 960, in Europa è presente
la figura di Ottone I di Sassonia, che percorrerà le
strade marchigiane per scopi politici, (NOTA: Si
consiglia la consultazione del testo di P.Foschi,
Itinerari degli imperatori sassoni (Ottone I, II, III)
nelle Marche durante il X secolo, in Le strade nelle
Marche. Il problema del tempo, II “Atti e Memorie
della Deputazione di Storia patria per le Marche”,
89-91, anni 1984-1986, pp. 699-730) questo periodo
sarà anche determinato da una rigenerazione
culturale dell’Occidente cristiano, in antitesi al
diffondersi di superstizioni e credenze popolari a
sfondo diabolico e di terrore, infatti, il X secolo venne
definito saeculum pessimum o obscurum ma per
verranno rappresentati i motivi per cui tale
definizione non deve essere considerata verosimile.
Dal IX secolo, inoltre, i rapporti vescovili furono
operati direttamente dal sovrano regnante e la
popolazione non poteva far altro che applaudire il
prelato eletto dal re, fino almeno al X secolo, in cui
sarà il sovrano ad eleggere i vescovi, in questo lasso
di tempo, quindi, l’influenza laica era ordinaria. Si
descrive un primato importante relativo a San Lorenzo
in Campo nei primi anni del Mille:
“Avea questa terra acquistato il dominio di quindici
luoghi, che si trovano descritti di un Diploma
dell’Imperatore Ottone in data di Perugia dell’anno
1001 nel quale confermandole questo dominio
medesimo la dichiara immediatamente soggetta alla
sola Chiesa in perpetuo. Alla Giurisdizione sopra i
detti quindici luoghi aggiunsero quella sopra altri
ventisette i Sommi Pontefici Leone ed Alessandro
confermata poi da Papa Pasquale II, che diede inoltre
a San Lorenzo in Campo il Privilegio di scegliere quel
Vescovo che più le piacesse per esercitar la Spirituale
Giurisdizione; il che si ha da una Bolla di questo