Anno 4 - n°13 Luglio 2018 VACANZE 2018 Fissando lo sguardo sul paralico che chiedeva l'elemosina presso la porta del tempio dea «Bella», Pietro disse: «Guarda verso di noi». Egli si volse verso di loro, aspeandosi di ricevere qualche cosa. Ma Pietro riprese: - «Non possiedo ne argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, cammina!» (At 3,1-10). Lo storpio si aspeava di tuo fuorché questo. La sua fortuna fu di aver incontrato due discepoli che, fedeli alle disposizioni del Mae- stro, non portavano nulla con sé. Avessero avuto denaro, gli avrebbero fao l'ele- mosina, poi si sarebbero allontana, lasciandolo nella condizione di prima. Il pro- digio avvenne perché Pietro e Giovanni erano coscien di essere depositari di un potere divino, di una parola capace di rimeere in piedi chiunque giaccia per ter- ra e, incapace di gesre la propria vita, dipenda dalla compassione degli altri. È lodevole che, là dove nessuno agisce, la chiesa (e intendiamo per chiesa non i pre- ma ogni baezzato) svolga un'opera di supplenza in ambi che non le competo- no specificamente, ma non può acceare di essere idenficata con le istuzioni umanitarie. Si manene vigilante, per non lasciarsi ingenuamente coinvolgere in iniziave speacolari e lucrave, per non entrare in concorrenza con le struure civili che, araverso l’impegno dei laici crisani, è invece chiamata ad animare. È in possesso di una parola divina ed è su questa parola che fa affidamento, resi- stendo alla tentazione di ricorrere a mezzi che gli uomini considerano più efficaci. Quando li impiega, può anche fare del bene, ma si limita all'elemosina, mee una pezza nuova su un vesto vecchio, mentre suo compito è creare un uomo, una società, completamente nuovi (F. Armellini). Il tempo di vacanze offre occasione di partenza, di uscita, offrendo una nuova sfida per il crisano: il Maestro ordina ai discepoli di non prendere nulla per il viaggio: né pane né bisaccia, né denaro nella borsa. È un’occasione per spogliarsi di tuo per essere liberi e credibili. Le vacanze invece non solo ci tentano a dimencare persino Dio e la sua legge, e di conseguenza, rendeno facile lo spreco e difficile l’accoglienza della parola del Ma- stro. La grazia non sostuisce ma sanfica la natura ma la rispea e la perfeziona. Il vangelo è chiaro: la felicità o meglio la beatudine sta nella povertà. Le sue indi- cazioni non sono oponal per chi vuole raggiungere una vita felice. La beatitudine sta nella Povertà a cura di Padre Njara COME DON BOSCO a cura di Pino PELLEGRINO IL SALVATAGGIO “Salviamo l’essere contro l’apparire” RAPPORTO ALL’AQUILA L’Aquila, regina degli uccelli, senva da tempo magnificare le grandi qualità dell’usignolo. Da brava sovrana, volle rendersi conto se quanto si diceva era vero e, per sincerarsene, mandò a controllare due dei suoi funzionari: il pavone e l’allodola. Avrebbero dovuto valutare la bellezza e il canto dell’usignolo. I due adempirono la loro missione e tornarono dall’aquila. Il pavone riferì per primo: “L’usignolo ha una livrea così modesta da ra- sentare il ridicolo: questo fao mi ha talmente infasdito che non ho prestato la minima aenzione al suo canto”. L’allodola disse: “La voce dell’usignolo mi ha leeralmente incantato, tanto che mi sono completamente scordato di badare al suo vesto”. CHI CONTA DI PIU’ C’era una volta un bramino buono e pio che viveva con le elemosine che i fedeli gli regalavano. Un giorno pensò: “Andrò a chiedere l’elemosina vesto come un povero intoccabile”. Così mise uno straccio intorno ai fianchi, come fanno i paria, i più poveri dell’India. Quel giorno nessuno lo salutò, nessuno gli diede l’elemosina. Andò al mercato, al tempio, ma nessuno gli rivolgeva la parola. La volta successiva il bramino si ves se- condo la sua casta: si mise un bel vesto bianco, un turbante di seta e una giacchea ricamata. La gente lo salutava e gli dava denaro per lui e per il tempio. Quando tornò a casa, il bramino si tolse gli abi, li posò su una sedia e si inchinò profondamente. Poi disse: “Oh! Fortuna voi, ve- s! Sulla terra ciò che è certamente più onorato è il vesto, non l’esse- re umano che vi è soo”.