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PAPERS XXV Valcamonica Symposium 2013 1 Abstract - The updated intersection of linguistic, genetic, mythographic and especially archaeological data is recently erasing any remaining doubt about the origin from the steppes of the original ethnic and cultural nucleus of the Indo-europeans. It is therefore pos- sible to link the gradual thematic and symbolic evolution of rock art and draw a parallel with the indo-europeization of the different areas involved. The Euro-asian contexts, from the III to the early II millennium b.C., in fact, show undeniable convergences, with the growing focus on weapons and warriors, circular shapes, some zoomorphic figures and carts, tools and structures. With all the neces- sary caution, these thematic characters seem to compose an extensive ideological set which occurs throughout the same time-stages and in the same areas of the great Indo-European expansion. A set that converges with what is revealed by ritual, essentially funeral, costumes of the corresponding archaeological cultures. This paper exemplifies such premises taking into consideration the symbolic value of some major rock art themes in Alpine, Nordic and Caucasian-Central Asian areas during the Bronze and Iron Age. Riassunto - L’incrocio aggiornato dei dati linguistici, genetici, mitografici e soprattutto archeologici sta erodendo ogni residuo dubbio sull’origine dalle steppe del nucleo originario, etnico e culturale, degli Indoeuropei. È quindi possibile legare la progressiva evoluzione tematico-simbolica all’arte rupestre e metterla in parallelo all’indoeuropeizzazione dei diversi territori coinvolti. I contesti euro-asiati- ci, a partire dal III- inizio II millennio, mostrano infatti indubbie convergenze, con la crescente attenzione sulle armi e gli armati, sulle figure circolari, su alcuni zoomorfi e su carri, arnesi e strutture. Con tutta la prudenza del caso, tali caratteri tematici paiono comporre un vasto set ideologico che si manifesta lungo le stesse fasi e le stesse grandi regioni dell’espansione indoeuropea. Un set che ben accorda con quanto ci rivelano i costumi rituali, essenzialmente funerari, delle corrispondenti culture archeologiche. La relazione esemplifica tali premesse toccando il valore simbolico di alcuni grandi temi rupestri alpini, scandinavi e caucasico-centro asiatici delle età del Bronzo e del Ferro. Riflessione sull’arte rupestre europea e centro-asiatica nel quadro indoeuropeo Umberto Sansoni* *** * Dipartimento Valcamonica e Lombardia del Centro Camuno di Studi Preistorici, Niardo (Bs), Italy Questo articolo è stato presentato nell’ambito del XXV Valcamonica Symposium, Capo di Ponte (Italy) 20-26 settembre 2013 aggiornato nel novembre 2013 Dopo oltre due secoli di dibattito sugli Indoeuropei, sulla stessa veridicità della loro esistenza, sulla loro origine e storia, oggi siamo a un punto relativamente fermo: l’incrocio aggiornato dei dati linguistici, genetici, mitografici e soprattutto archeologici sta erodendo ogni residuo dubbio sull’origine dalle steppe del nucleo originario, etnico e culturale, degli Indoeuropei. La gran parte degli specialisti, pur fra excepta d’ogni sorta, danno come appurata la tesi. Su tutti i recenti, rigorosi status quaestionis di Lebedynsky (2011) e Haudry (2001), le analisi genetiche del gruppo di Cavalli Sforza (et al. 2001, in particolare su diffusione degli allo- gruppi cromosoma y), i progressi sintonici sul piano archeologico e della linguistica comparata (Haudry cit., Martinet 1987, Villar 1997), tolgono credibilità alla tesi anatolico-balcanica di Renfrew (1988), come alle più fantasiose medio-orientali, nordiche, paleolitiche o indiane. In buona sostanza si confermano le grandi linee tracciate dalla Gimbutas (1980) pur molto ricorrette (Mallory 1989, 1997, Dexter et al. 1997), così come, per altra strada, almeno alcune di quelle tracciate da Dumézil: il lavoro di costoro, troppo rapidamente e troppo ideologicamente messo all’indice, nella visione dei dati, a semplice buon senso, ha un valore più che pionieri- stico. Ne deriva la presenza storica di una cultura, o meglio di una sequenza culturale unitaria cui fanno capo le caratteristiche fondamentali dell’indoeuropeismo, una matrice che, con vari gradi di sviluppo, compromis- sione ed assemblamento culturale, replica, in un processo trimillenario, vincente, in ogni direzione. L’arte rupestre, come principale fonte iconografica del ciclo, è stata sinora poco considerata, e dagli stessi ricercatori del settore, in stand by sulla quaestio indoeuropea. Va però riconosciuta ad Anati la precoce intu- izione dell’indoeuropeismo del fenomeno stele (Anati 1986) ed ai colleghi in opera nell’Asia Centrale una costante, direi naturale tendenza a collegare l’arte rupestre protostorica all’indoeuropeizzazione dell’area, in- cludendo paralleli interessanti con quanto testimoniato dalle fonti più antiche (Veda, Avesta) e dalla tradizione sciamanica (Samašev 1992, Martinov et al. 1992, Rozwadowsky 2004). Credo che sia tempo di iniziare a colmare questo gap con valutazioni d’ampia sintesi sui contesti euro-asiatici, che, a partire dal III-inizio II mil- lennio, mostrano indubbie convergenze tematico-simboliche. Valutazione che, tendo a sottolineare, mantiene una specifica validità a sé stante, a prescindere sull’origine e dinamica dell’indoeuperismo, alla pari direi dei dati linguistici o paleogenetici.
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Riflessione sull'arte rupestre europea e centro-asiatica nel quadro indoeuropeo

Jan 18, 2023

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PAPERSXXV Valcamonica Symposium 2013

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Abstract - The updated intersection of linguistic, genetic, mythographic and especially archaeological data is recently erasing any remaining doubt about the origin from the steppes of the original ethnic and cultural nucleus of the Indo-europeans. It is therefore pos-sible to link the gradual thematic and symbolic evolution of rock art and draw a parallel with the indo-europeization of the different areas involved. The Euro-asian contexts, from the III to the early II millennium b.C., in fact, show undeniable convergences, with the growing focus on weapons and warriors, circular shapes, some zoomorphic figures and carts, tools and structures. With all the neces-sary caution, these thematic characters seem to compose an extensive ideological set which occurs throughout the same time-stages and in the same areas of the great Indo-European expansion. A set that converges with what is revealed by ritual, essentially funeral, costumes of the corresponding archaeological cultures. This paper exemplifies such premises taking into consideration the symbolic value of some major rock art themes in Alpine, Nordic and Caucasian-Central Asian areas during the Bronze and Iron Age.

Riassunto - L’incrocio aggiornato dei dati linguistici, genetici, mitografici e soprattutto archeologici sta erodendo ogni residuo dubbio sull’origine dalle steppe del nucleo originario, etnico e culturale, degli Indoeuropei. È quindi possibile legare la progressiva evoluzione tematico-simbolica all’arte rupestre e metterla in parallelo all’indoeuropeizzazione dei diversi territori coinvolti. I contesti euro-asiati-ci, a partire dal III- inizio II millennio, mostrano infatti indubbie convergenze, con la crescente attenzione sulle armi e gli armati, sulle figure circolari, su alcuni zoomorfi e su carri, arnesi e strutture. Con tutta la prudenza del caso, tali caratteri tematici paiono comporre un vasto set ideologico che si manifesta lungo le stesse fasi e le stesse grandi regioni dell’espansione indoeuropea. Un set che ben accorda con quanto ci rivelano i costumi rituali, essenzialmente funerari, delle corrispondenti culture archeologiche. La relazione esemplifica tali premesse toccando il valore simbolico di alcuni grandi temi rupestri alpini, scandinavi e caucasico-centro asiatici delle età del Bronzo e del Ferro.

Riflessione sull’arte rupestre europea e centro-asiaticanel quadro indoeuropeo

Umberto Sansoni*

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* Dipartimento Valcamonica e Lombardia del Centro Camuno di Studi Preistorici, Niardo (Bs), ItalyQuesto articolo è stato presentato nell’ambito del XXV Valcamonica Symposium, Capo di Ponte (Italy) 20-26 settembre 2013aggiornato nel novembre 2013

Dopo oltre due secoli di dibattito sugli Indoeuropei, sulla stessa veridicità della loro esistenza, sulla loro origine e storia, oggi siamo a un punto relativamente fermo: l’incrocio aggiornato dei dati linguistici, genetici, mitografici e soprattutto archeologici sta erodendo ogni residuo dubbio sull’origine dalle steppe del nucleo originario, etnico e culturale, degli Indoeuropei. La gran parte degli specialisti, pur fra excepta d’ogni sorta, danno come appurata la tesi. Su tutti i recenti, rigorosi status quaestionis di Lebedynsky (2011) e Haudry (2001), le analisi genetiche del gruppo di Cavalli Sforza (et al. 2001, in particolare su diffusione degli allo-gruppi cromosoma y), i progressi sintonici sul piano archeologico e della linguistica comparata (Haudry cit., Martinet 1987, Villar 1997), tolgono credibilità alla tesi anatolico-balcanica di Renfrew (1988), come alle più fantasiose medio-orientali, nordiche, paleolitiche o indiane. In buona sostanza si confermano le grandi linee tracciate dalla Gimbutas (1980) pur molto ricorrette (Mallory 1989, 1997, Dexter et al. 1997), così come, per altra strada, almeno alcune di quelle tracciate da Dumézil: il lavoro di costoro, troppo rapidamente e troppo ideologicamente messo all’indice, nella visione dei dati, a semplice buon senso, ha un valore più che pionieri-stico. Ne deriva la presenza storica di una cultura, o meglio di una sequenza culturale unitaria cui fanno capo le caratteristiche fondamentali dell’indoeuropeismo, una matrice che, con vari gradi di sviluppo, compromis-sione ed assemblamento culturale, replica, in un processo trimillenario, vincente, in ogni direzione.

L’arte rupestre, come principale fonte iconografica del ciclo, è stata sinora poco considerata, e dagli stessi ricercatori del settore, in stand by sulla quaestio indoeuropea. Va però riconosciuta ad Anati la precoce intu-izione dell’indoeuropeismo del fenomeno stele (Anati 1986) ed ai colleghi in opera nell’Asia Centrale una costante, direi naturale tendenza a collegare l’arte rupestre protostorica all’indoeuropeizzazione dell’area, in-cludendo paralleli interessanti con quanto testimoniato dalle fonti più antiche (Veda, Avesta) e dalla tradizione sciamanica (Samašev 1992, Martinov et al. 1992, Rozwadowsky 2004). Credo che sia tempo di iniziare a colmare questo gap con valutazioni d’ampia sintesi sui contesti euro-asiatici, che, a partire dal III-inizio II mil-lennio, mostrano indubbie convergenze tematico-simboliche. Valutazione che, tendo a sottolineare, mantiene una specifica validità a sé stante, a prescindere sull’origine e dinamica dell’indoeuperismo, alla pari direi dei dati linguistici o paleogenetici.

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Con un grande sguardo d’insieme l’arte rupestre protostorica, dal Calcolitico al Ferro, mostra infatti una progressiva e cangiante attenzione sulle armi e gli armati, sulle figure circolari, su alcuni zoomorfi e su carri, arnesi e strutture; ovunque si va verso una rappresentazione proporzionata, realistica, con tono individualisti-co, cioè di personalizzazione.

E mentre la figura (spesso itifallica) ed il ruolo maschile è a tutto campo, ovunque la figura femminile, dove riconoscibile, è progressivamente marginalizzata, confinata a pochi ambiti, come le scene di accoppiamento (topos di ruolo maschile) o di “adorazione” ed il femminile stesso sembra tutt’al più trasposto in particolari elementi simbolici. Le figure maschili non armate, particolarmente gli oranti, nel contempo hanno invece un notevole risalto rituale.

Quest’imperfetta sintesi, volutamente al di là delle peculiarità regionali e dei collegati fenomeni di prose-cuzione/inserimento di linee tradizionali, diverse o più antiche, dà il quadro di un mondo ben diverso da quello che la stessa iconografia ci mostra per il Neolitico. Un mondo ideologicamente retto da valori virili in tutti i suoi aspetti: vediamo il guerriero, il cacciatore, il conduttore di carri e di navi, l’aratore, il domesticatore, l’ar-tigiano nei prodotti della sua arte, il procreatore nell’atto fecondatore e l’adorante, il sacerdote od il dio che il tutto, in linea di principio, raccorda.

Al fianco vediamo gli animali selvatici, nel mondo mitico del cacciatore, con un diffuso risalto sul cervo maschio, e fra i domestici, sul cavallo, d’utilizzo prettamente maschile, quindi sugli uccelli (in Occidente) che proiettano in una dimensione simbolica celeste e probabilmente psicopompa. Al vertice le figure di disco rag-giato, puntato o crociato con gli esempi di stretta connessione alla figura maschile in veste uranica. E su tale quadro il carattere, fondamentalmente calcolitico, della visione frontale, verticale, ascensionale delle stele, con probabili risvolti di simbologia fallica.

Con tutta la prudenza del caso, tali caratteri tematici paiono comporre un vasto set iconografico-ideologico che manifesta lungo le stesse fasi e le stesse grandi regioni dell’espansione indoeuropea. Un set che ben accor-da con quanto ci rivelano i costumi rituali, essenzialmente funerari, delle corrispondenti culture archeologiche.

Ne consegue un logico parallelismo con quanto evidenzia la problematica linguistica, quella simbolico-religiosa e la paleogenetica, incluso, in primis, il macroscopico fenomeno di ibridazione e particolarizzazione regionale, nella dinamica delle fasi, che tutte annotano. Ed annotano così bene, che finisce per sfuggire quella dinamica filogenetica che tutte le unisce.

Prendiamo il parallelo che, nonostante i grandi, complessi problemi aperti, appare ora il più maturo e pertinente, il linguistico che individua una fonologia, un lessico ed una morfologia flessiva indubbiamente indoeuropee, proponendo un ramificato sviluppo lungo tre stadi (Lebedynsky cit., Haudry cit.): il “classico” ricostruito sulle versioni delle lingue storiche, il “Mature Indo-European” (West, 2007)(3°), il precedente sulla base della biforcazione delle lingue anatoliche (e forse del tocarico; da o pre- inizi II millennio) (2°); l’origina-le indiviso di fase imprecisabile, ma almeno calcolitica (IV-inizi III millennio) (1°).

Il piano archeologico, in lodevole, stretta osservazione da parte dei linguisti, conforta e indirizza tale vi-sione. L’arte rupestre collocabile in quest’ambito dà analoghe risultanze: se, mutuando il metodo linguistico, proviamo a individuare radicali (temi), suffissi (declinazione dei temi) e morfologia (articolazioni in scene) di base, verifichiamo concordanze/similitudini in realtà ben note, ma normalmente attribuite alla semplice dialettica di scambio/influenza interculturale e pluridirezionale. Dialettica reticolare, senz’altro vera, ma se l’indoeuropeizzazione è una realtà, e lo è, queste concordanze andrebbero lette (filtrate) nella prospettiva di un centro ideologico emanatore, calcolitico, che nell’arco di almeno tre millenni, con onde sempre più compro-messe/differenziate, permea, vincente, l’intero continente europeo ed il Centro Asia.

La difficoltà è nel comprendere quali siano i radicali e quali la morfologia autentici: operazione complessa, che necessita dei dati di tutte le discipline parallele, e soprattutto del coraggio di una visione molto ampia, difficilissima nella generale tendenza analitico-settoriale dell’oggi.

Secondo la norma di Meillet (1922) un termine può essere considerato d’origine IE se compare in almeno tre branche distinte e non contigue dell’IE, oltre che tra loro “isolate”, ovvero senza possibilità di “trasmissione orizzontale”; se applicata all’arte rupestre avremmo certamente indicazioni preziose, ma notevoli problemi di attendibilità, dato il carattere molto selettivo (limitato) dei temi rupestri, quello più generalizzante dell’im-magine, nella logica del linguaggio simbolico, e la condivisione su più cicli di svariati ideogrammi. D’altro canto, in certi casi, potrebbe valere lo stesso fenomeno per cui l’ideogramma cinese hanyu può essere inteso nell’identico modo, ma letto differentemente in ognuno dei dieci gruppi di lingue/culture cinesi. Nell’arte ru-pestre e nella collegata iconografia serve quindi un riscontro più ampio e non limitato al singolo soggetto, ma al set morfologico, quindi all’insieme organico, complessivo dei vari contesti. Rintracciare il minimo comun denominatore può esser base solida nella ricostruzione della matrice ideologica originaria.

Il fenomeno primario è quello delle stele/massi istoriati calcolitici del III millennio, particolarmente nella

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Riflessione sull’arte rupestre europea e centro-asiaticanel quadro indoeuropeo

fascia centro-orientale, dalle Alpi alle steppe ucraine, quella che cioè mostra una maggiore aderenza alla sim-bologia delle armi.

Argomento intoccabile in questa sede se non per accennare alle premesse rupestri di tardo IV millennio (Valcamonica, Monte Bego, Midi francese, area della Wartbergkultur) ed alla forte presenza di tradizione “an-tagonista” in ambito occidentale-atlantico (da tardo IV millennio sino alla fase campaniforme), pur con isole particolari (Galizia).

Almeno di III millennio sono le prime istoriazioni d’ambito nell’area caucaso-kazaca. Maestoso è quindi il fenomeno rupestre del Bronzo. Su scia campaniforme, con apice attorno alla metà del II millennio sono coin-volte tutte le grandi regioni europee (con “resistenza” maggiore nell’area franco-britannica).

Fra la fine del Bronzo Antico ed il Medio (in cronologia centro-europea attorno al XVII-XV sec. a. C.) ab-biamo la prima massima espansione con evidenze rupestri significative in area sud-scandinava, nella penisola iberica, nelle Alpi e quindi nell’Asia Centrale, con probabili influenze sino al Sahara Centrale (inizio fase dei Garamanti, con carri e cavalli al “galoppo volante”). Alcuni dei soggetti sopraindicati divengono dominanti e sviluppano ininterrottamente, con progressiva carica regionale, dal secondo apice, attorno al Bronzo Finale (dal XII sec. a.C.) sino agli inizi dell’età del Ferro (dal IX sec. a.C.) e quindi per tutto il periodo successivo sino alla fase storica. Nel recente Convegno di Tanum (2012) si sono messe in evidenza le comuni tematiche ed i comuni fondamenti culturali fra l’area centro-alpina e la Scandinavia; particolarmente interessante è sta-to l’appurare la prevalente figurazione delle armi non impugnate e dei dischi nelle fasi nelle fasi iniziali del Bronzo nordico e del coevo Tardo Bronzo Antico-inizio Medio centro-alpino e quindi un parallelo risalto sugli antropomorfi armati ed un collegato set d’immagini: carri a due e quattro ruote, arature, impronte di piede, oranti e grandi mani, scene di accoppiamento, segni schematici et al.

Se ora allarghiamo il confronto con la terza grande area rupestre del Bronzo-inizio Ferro, la centro-asiatica, osserviamo in sintetica panoramica (considerando la pluralità/diversità dei contesti, dalla zona nord-caucasica all’Altai) l’emergere con grande enfasi degli stessi principali soggetti: carri a due e (più rari) quattro ruote, dischi raggiati o con decoro interno, armati, figure oranti e con braccia a croce, fra cui molti itifallici e grandi mani, scene di accoppiamento, segni schematici; enorme rilievo è sulle figure zoomorfe, in particolare il cervo, il cavallo e la capra selvatica con lunghe corna arcuate. Fra gli armati vi è assoluta prevalenza degli arcieri, perlopiù in scene di caccia, ma compaiono anche figure con spade, mazze e lance, rari gli scudi e rare le armi non impugnate; ben testimoniati e molto significativi i cavalieri e le coppie in duello. Come in ambito alpino e scandinavo sono frequenti le scene corali ed i soggetti tendono ad abbinarsi secondo moduli ripetitivi. I tre contesti rupestri sono palesemente molto caratterizzati, frutto di storie ed ambienti molto diversi fra loro, ma il background, la radice ideologica portante appare altrettanto simile; essa calca convincentemente quel cliché di visione uranica e virile-guerriera ed eroica che il reperto archeologico, come il dato storico-religioso ci testimoniano come fondamentali indoeuropei. Una radice cultuale quindi che, in linea con le più recenti ac-quisizioni, poco, solo in modo compromissivo, coincide con il fattore etnico e persino con il linguistico: l’area camuno-tellina esprime ad esempio lingue non indoeuropee e così la presumibile del Sahara Centrale delle prime iscrizioni.

ConClusione epistemologiCa

Con la norma di Meillet, pur con le dette limitazioni, avremmo materia d’indagine; materia in realtà varia-mente estensibile agli altri contesti continentali, iberico in testa: si tratta di pochi radicali rupestri, semplici, che presi a sé stanti possono trovare innumeri paralleli fuori dallo spazio/tempo indoeuropei, ma se considerati morfologicamente come insieme, come set di contesto, fanno certamente riflettere.

Non vi è qui spazio per approfondimenti significativi (in corso d’opera) ma solo per un’inizializzazione del problema, per cui do già per scontate le severe critiche di molti. L’invito, su un tema così ampio, è quello di orientarsi alti nella ricerca e farlo non con la sola singola prospettiva disciplinare, ma in flotta, con le parallele/convergenti altre. È un elogio della sintesi, sul frutto delle miriadi di analisi, che bisogna aver il coraggio di abbracciare: non un facoltativo, ma un compito precipuo delle scienze storico-umanistiche.

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Rock Art of Central Asia, Poznań (Instytut Wschodni).ROZWADOWSKI A. KOSKO M.M., 2002 Spirits and Stones Sha-manism and Rock Art in Central Asia and Siberia, Poznań (Instytut Wschodni UAM).SAMASHEV Z.S., 1992 Naskalnye izobrazheniia Verkhnego Priirtyshia, Almathy (Gylym).SANSONI U., 1987 L’arte rupestre di Sellero, Capo di Ponte (Edi-zioni del Centro)SANSONI U., 2004 Arature e ierogamie: culti agrari e riti di fonda-zione nell’arte rupestre, in Arte preistorica e tribale nuove scoperte, nuove interpretazioni e nuovi metodi di ricerca, Valcamonica Sym-posium, 8- 14 settembre 2004, Capodiponte (Edizioni del Centro) pp 387-402. SANSONI U., 2013 The Alpine and Scandinavian Rock Art in the Bronze Age: a Common Cultural Matrix in a Web of Continental Influences, in Atti del Convegno Picturing the Bronze Age, Tanum 4-6 Ottobre 2012 (in pubblicazione).SANSONI U. GAVALDO S., 1995 L’arte rupestre del Pià d’Ort. La vicenda di un santuario preistorico alpino, Archivi vol. 10, Capodi-ponte (Edizioni del Centro).SANSONI U. GAVALDO S. (ed.), 2009 Lucus Rupestris. Sei millen-ni d’arte rupestre a Campanine di Cimbergo. Capodiponte (Edizioni del Centro).SANSONI U. GAVALDO S. GASTALDI C., 1999 Simboli sulla

roccia. L’arte rupestre della Valtellina centrale dalle armi del Bronzo ai segni cristiani, Capodiponte (Edizioni del Centro).SAUSSURRE F., 1978 Saggio sul vocalismo indoeuropeo, Bologna (Clueb).SEIDEL U., 1995 Bronzezeit, Stuttgart, Württembergisches Landes-museum.SCHUNKE T., 2001 Tausend töpfe. Bronzezeitliche Grabfunde aus Coswing, in Schönheit, Macht und Tod.TELEGIN D., 1987 Neolithic cemeteries and population in the Dnieper Basin, Oxford (B.A.R. International Series).VAN BERG-OSTERRIETH M., 1972 Les chars prehistoriques du Val Camonica, Capo di Ponte (Edizioni del Centro)VASILEVSKII R.S., 1986 Pervobitnoe Iskusstvo- Antropomorfnye izobrazhenija, Novosibirsk (Nauka).VASILEVSKII R.S., 1992 Pervobitnoe Iskusstvo- Naskal’nye ri-sunki Evrazil, Novosibirsk (Nauka).VILLAR F., 1997 Gli indoeuropei e le origini dell’Europa: lingua e storia, Bologna (Il Mulino).WEBER G., 1992 Händler, Krieger, Bronzegießer. Bronzezeite in Nordhessen, Staatliche Museen Kassel.WINTER L., 2001 Cultural encounters – Mediterranean symbols in the South Scandinavian rock carving tradition during the Bronze Age. Cultural interactions in Europe and Eastern Mediterranean du-ring the Bronze Age (3000–500 BC), 9–27. BAR International Series 985, Oxford (Werbart, B., ed.)

Tav.1: Dischi , Swastike e figure umane con dischi. 1: varie lo-calità del Kazakhstan (Samashev 1992); 2: Provincia di Zavkhan, Mongolia (Nowgorodowa 1980); 3 Gegamskiy Khrebet, Armenia (Martirosyan Israelyan 1971); 4: Saimaly-Tach, Kazakhstan (Martynov Mariachev Abetekov 1992); 5(l): Backa Bra-stad, Bohuslän, Svezia (Abelin 2000); 5(r): Tossene, Bohuslän, Svezia (Bengtsson ed. 2009); 6: Askum Raä, Boushlän, Svezia (Bengtsson ed. 2002); 7:Kalleby, Bohuslän, Svezia (rilievo Dip-Valcamonica CCSP); 8: Asperberget, Bohuslän, Svezia (Milstreu Prøhl ed. 1996); 9:Monte Bego, Francia (De Lumley 1996); 10: Carpene di Sellero, Valcamonica, Italia (Sansoni 1987); 11: Lu-ine, Valcamonica, Italia (Anati 1982b); 12: Paspardo, Valcamo-nica, Italia (rilievo Le Orme dell’uomo).Tav.2: Figure umane con dischi e figure umane grandi-mani: 1: Yazyly, Gobustan, Azerbaijan (Dzhafarzade 1973); 2: varie lo-calità del Kazakhstan (Marikovskii 1999); 3: Moynak, Kazkhstan (Samashev 1992); 4: Gegamskiy Khrebet, Armenia (Martirosyan 1981); 5:Askum Raä, Bohuslän, Svezia (Bengtsson ed.1998); 6: Flyhov, Boushlän, Svezia (Bertilsson ed.1989); 7: Backa Bra-stad, Bohuslän, Svezia (Abelin 2000); 8: Askum Raä, Bohuslän, Svezia (Abelin 2000); 9: Coren del Valento, Valcamonica, Italia (Anati 1982a); 10: Ossimo IX, Valcamonica, Italia (rilievo Le Orme dell’uomo); 11: Pagherina, Valcamonica, Italia (rilievo Dip-Valcamonica CCSP); 12: Cereto, Valcamonica, Italia (Anati 1982a).Tav.3: Cervi e animali con dischi. 1: Nikitinka, Kazakhstan (Sa-mashev 1992); 2: Tamgaly, Kazakhstan (Jacobson 1993); 3-4: Chankyr-Kelya, Yelangash, Altay, Russia (Okladnikov 1981); 5: Asperberget, Bohuslän, Svezia (Milstreu Prøhl ed. 1996); 6: Kal-leby, Bohuslän, Svezia (Sansoni Gavaldo Gastaldi 1999); 7: Kalleby, Bohuslän, Svezia (Sansoni Gavaldo Gastaldi 1999); 8: Fossumtorp, Bohuslän, Svezia (Milstreu Prøhl ed.1999); 9: Zur-la, Valcamonica, Italia (rilievo Dip-Valcamonica CCSP); 10 Se-radina I, Valcamonica, Italia (rilievo Dip-Valcamonica CCSP); 11: Zurla, Valcamonica, Italia (rilievo Dip-Valcamonica CCSP);

12 Ronchi di Zir, Valcamonica, Italia (rilievo Dip-Valcamonica CCSP).Tav.4: Carri a due e quattro ruote e scene di aratura. 1: Yelan-gash valley, Altay, Russia (Vasilevskii 1986); 2: Syunik, Armenia (Pjaktin Martynov 1985); 3: Mt.Aragats, Armenia (rilievo Dip-Valcamonica CCSP da foto di Khechoyan 2007); 4: Askum Raä, Bohuslän, Svezia (Bengtsson ed.2002); 5: Askum Raä, Bohuslän, Svezia (Bengtsson ed.2002); 6: Finntorp, Bohuslän, Svezia (rilie-vo Bengtsson); 7: Campanine, Valcamonica, Italia (rilievo Dip-Valcamonica CCSP); 8: Coren del Valento, Valcamonica, Italia (Van Berg-Osterrieth 1972); 9: Seradina I, Valcamonica, Italia (Anati 1982a).Tav.5: Guerrieri e cavalieri. 1: Sagyr, Kazakhstan (Samashev 1992); 2-3: varie località della regione dell’Altay, Russia (Va-silevskii 1992); 4: Moynak, Kazakhstan (Samashev 1992); 5: Asperberget, Bohuslän, Svezia (Milstreu Prøhl ed.1996); 6: Fossum, Bohuslän. Svezia (Milstreu Prøhl ed.1999); 7: Te-gneby, Bohuslän. Svezia (Milstreu Prøhl ed.2004); 8: Tossene, Bohuslän. Svezia (Bengtsson ed.2009); 9: Zurla, Valcamonica, Italia (rilievo Dip-Valcamonica CCSP); 10: Ronchi di Zir, Val-camonica, Italia (rilievo Dip-Valcamonica CCSP); 11: Ronchi di Zir, Valcamonica, Italia (rilievo Dip-Valcamonica CCSP); 12: Pagherina, Valcamonica, Italia (rilievo Dip-Valcamonica CCSP).Tav.6:Armi e scene sessuali. 1: Hamangia, Dobrugia, Romania (Telegin 1987); 2: varie località della Mongolia (Nowgorodowa 1980); 3: Kernosivka, Ukraina; 4: Terekty, Kazakhstan (Medo-ev 1979); 5: Kivik, Skåne, Svezia (Winter 2001); 6: Ekenberg, Norrköping, Svezia (Burenhult 1973); 7: Tanum, Bohuslän, Svezia (Bengtsson Olsson ed.2000); 8:Kville, Bohuslän, Svezia (rilievo Milstreu); 9: Caven II, Valtellina, Italia (rilievo CCSP); 10:Foppe di Nadro, Valcamonica, Italia (rilievoCCSP); 11: Zur-la, Valcamonica, Italia (rilievo Dip-Valcamonica CCSP), 12: Co-ren del Valento, Valcamonica, Italia (Anati 1982a).

DiDasCalie

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Tav.1: Discs-shaped, Swastika-shaped and human figures with discs.

Tav.2: Human figures with discs and big-hands human figures.

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Tav.4: Two and four wheleed-wagons and ploughing scenes.

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Tav.3: Stags and animals with discs.

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Tav.5: Warriors, duelling warriors, horsemen and horses.

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Tav.6: Weapons and sexual scenes.

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