1 ECC.MO TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DELLA LIGURIA RICORSO del Comitato “La Salamandra” per la protezione dell’ambiente a La Spezia, con sede a La Spezia, V.le San Bartolomeo n. 103, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, Sig. Davide Rapallini, rappresentato e difeso, unitamente e disgiuntamente, dall’Avv. Francesca Beconcini e dall’Avv. Giancarlo Moizo, domiciliato in Genova nello studio di Via Rivale 2/6, presso la persona dell’Avv. Giancarlo Moizo, in forza di delega posta in calce al presente atto, contro - Comune della Spezia, in persona del Sindaco in carica - Regione Liguria, in persona del Presidente della Giunta Regionale - Provincia della Spezia, in persona del Presidente della Giunta Provinciale - Agenzia Regionale Protezione Ambiente Ligure, A.R.P.A.L.in persona del legale rappresentante pro tempore - Azienda Sanitaria Locale, in persona del legale rappresentante pro tempore - Conferenza dei Servizi, in persona del legale rappresentante pro tempore e nei confronti di - Ente Nazionale Idrocarburi, E.N.I., in persona del legale rappresentante pro tempore - Grifil s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore - Sviluppo Immobiliare s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore - Foster Wheeler Italiana s.p.a., in persona del legale rappresentate pro tempore per l’annullamento previa sospensione
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ECC.MO TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
DELLA LIGURIA
RICORSO
del Comitato “La Salamandra” per la protezione dell’ambiente a La Spezia, con
sede a La Spezia, V.le San Bartolomeo n. 103, in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, Sig. Davide Rapallini, rappresentato e difeso,
unitamente e disgiuntamente, dall’Avv. Francesca Beconcini e dall’Avv. Giancarlo
Moizo, domiciliato in Genova nello studio di Via Rivale 2/6, presso la persona
dell’Avv. Giancarlo Moizo, in forza di delega posta in calce al presente atto,
contro
- Comune della Spezia, in persona del Sindaco in carica
- Regione Liguria, in persona del Presidente della Giunta Regionale
- Provincia della Spezia, in persona del Presidente della Giunta Provinciale
- Agenzia Regionale Protezione Ambiente Ligure, A.R.P.A.L.in persona del
legale rappresentante pro tempore
- Azienda Sanitaria Locale, in persona del legale rappresentante pro tempore
- Conferenza dei Servizi, in persona del legale rappresentante pro tempore
e nei confronti di
- Ente Nazionale Idrocarburi, E.N.I., in persona del legale rappresentante pro
tempore
- Grifil s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore
- Sviluppo Immobiliare s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore
- Foster Wheeler Italiana s.p.a., in persona del legale rappresentate pro tempore
per l’annullamento previa sospensione
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della Determinazione Dirigenziale n. 17 del 20 aprile 2005
avente ad oggetto
“Approvazione modifica progettuale del progetto di bonifica area ex IP
porzione Grifil presentata da ENI spa e autorizzazione ai relativi lavori”
e per l’annullamento, previa sospensione
di tutti gli atti presupposti, preparatori, inerenti e/o comunque connessi, ed in
particolare:
- degli atti della Conferenza dei Servizi Deliberante del 15 febbraio 2005 per
la parte relativa alla modifica progettuale della bonifica area ex IP, porzione
Grifil, presentata da ENI s.p.a. e relativamente al parere favorevole allo
svincolo parziale delle aree del sub distretto 3, individuate sub 3/1
- degli atti della Conferenza dei Servizi in sede istruttoria del 7/7/2004
- degli atti della Conferenza dei Servizi in sede istruttoria del 29/06/2004
- del parere della Regione, settore Valutazione di Impatto Ambientale, del
14/2/2005
- della deliberazione della Giunta Regionale del 17/12/2004, atto di verifica
screening ex L.R. 38/98
- degli atti della Conferenza dei Servizi in sede istruttoria del 17/9/2004
- del parere della Regione, settore Valutazione di Impatto Ambientale, del
16/9/2004
- del parere della Regione, settore Valutazione di Impatto Ambientale, del
17/6/2004
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PREMESSE IN FATTO
Dal 1929 al 1983, a La Spezia, in località Antoniana, area centrale adiacente
all’insediamento urbano (doc.1, trattasi di superficie triangolare con la base, lato più
lungo che si distende in aderenza ad una via cittadina, mentre il vertice culmina su
un terreno leggermente collinare), insisteva in funzionamento una raffineria di
prodotti petroliferi.
Attualmente, l’area è oggetto di riqualificazione urbanistica e prevede un futuro
utilizzo residenziale, terziario-quaternario, nonché il passaggio della variante S.S.
Aurelia. I sub distretti in corso di bonifica sono: 2,4,5,9 destinati ad uso residenziale
e verde; 3 ad uso commerciale.
L’area I.P. si estendeva per circa 65 ettari, la porzione acquistata dalla soc. Grifil
negli anni ’90 comprende circa 60 ettari. Il problema della bonifica dell’area si
presentava immediatamente dopo l’acquisto di Grifil; tuttavia, sino al 20/04/2005,
data delle deliberazione dirigenziale del Comune di La Spezia, avente ad oggetto
l’approvazione delle modifiche presentate da ENI e redatte dalla soc. Foster
Wheeler al progetto definitivo di bonifica approvato nel 2002, il terreno è stato
bonificato in minima parte. (doc.2- cronistoria procedurale), e la realizzazione di
misure di sicurezza (trincee drenanti e pozzi di emungimento), atte ad evitare la
percolazione di acque inquinate sino al mare, recettore finale, è iniziata vent’anni
dopo la dismissione della raffineria (Nel 1992, a Rho, terminavano le attività
produttive della raffineria là esistente ed iniziavano contestualmente le attività di
caratterizzazione, messa in sicurezza e bonifica del sito).
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Dall’anno 2000 (in cui erano approvati il piano di caratterizzazione, il progetto
preliminare e l’esecutivo relativo ad opere generali, piani tutti presentati da Grifil)
al gennaio 2004, il progetto e l’attuazione del piano di bonifica procedevano a
“singhiozzo” a causa del susseguirsi di contenziosi giudiziari, tra il produttore dei
rifiuti - ENI/AGIP- ed il detentore degli stessi- Grifil- volti all’accertamento del
soggetto obbligato a procedere ai lavori di bonifica. Attualmente, pende
procedimento penale per truffa promosso da Grifil contro ENI, per avere detto ente
venduto a Grifil l’area in oggetto con l’assicurazione, suffragata da una nota ASL,
della perfetta compatibilità dei livelli d’inquinamento con la destinazione edilizia
prevista. Nel 2000, prima dell’inizio della bonifica erano state rilasciate dal
Comune concessioni edilizie a Grifil (doc.3), annualmente rinnovate, la cui
efficacia è subordinata all’avvenuta bonifica dei sub distretti che dovrebbero
ospitare gli insediamenti commerciali e residenziali. Le concessioni davano atto che
nel dicembre 1999 era pervenuta al Comune della Spezia “comunicazione
dell’avvio di procedimento penale per l’ipotesi di disastro ambientale di cui
all’art. 434 C.P. in relazione alla consulenza tecnica d’ufficio espletata dall’Ing.
Boeri ed avente ad oggetto l’accertamento dello stato d’inquinamento delle aree
della ex raffineria I.P.. la predetta comunicazione si intendeva data anche agli
effetti della non utilizzabilità dell’aree interessate, ai fini edilizi-urbanistici, prima
del raggiungimento dei limiti di accettabilità della relativa contaminazione, come
previsto dai commi 6 e seguenti dell’art.17 del D.L.vo 22/97”.
Durante i quattro anni (2000-2004) di progetti e lavori iniziati ed interrotti, il
Comune diffidava Eni e Grifil affinché realizzassero la bonifica e dava avvio,
ripetutamente, al procedimento per l’adozione delle misure sostitutive per il
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mancato avvio della bonifica, senza, peraltro, attuarlo e ciò nonostante la solvibilità
dei soggetti obbligati ed inadempienti.
Come sopra accennato nel 2004 la bonifica era ripresa da Eni, con riserva di rivalsa
nei confronti di Grifil, in attuazione del progetto approvato con determinazione
dirigenziale n.84 del 14/8/2002 (doc.4), “visto l’esito positivo dell’esame del
progetto da parte della Conferenza dei servizi in data 30/7/2002” (doc. 5), senza
previo assoggettamento non solo alla procedura di VIA, ma anche alla procedura di
screening che costituisce comunque, pur forzando le operazioni di smaltimento
previste nel suddetto progetto entro l’elenco delle opere e degli impianti di cui
all’allegato B del D.P.R. 12/4/96, un obbligo procedurale ai sensi dell’art.1, c.6 e 10
dello stesso decreto.
Il principio alla base della tecnica prescelta nel progetto approvato nel 2002,
Landfarming -tecnica “on site”- consiste, quando correttamente applicato,
nell’incentivare i naturali processi di biodegradazione in atto nei terreni,
movimentandoli e fornendo, in condizioni controllate, nutrienti, umidità ed
ossigeno nelle quantità ritenute ottimali per coadiuvare le attività degli organismi
microbici presenti nel terreno.
Il terreno contaminato dovrebbe, inoltre, essere additivato con l’aggiunta di
fertilizzante biocompatibile, per fornire un adeguato supporto nutritivo alla flora
batterica responsabile della biodegradazione dei prodotti idrocarburici contenuti nel
terreno –bioventing-.
Il progetto di bonifica 2002 autorizzava anche lo smaltimento e/o il trattamento
presso impianti esterni dei terreni altamente inquinati e non trattabili con successo
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per mezzo della tecnologia indicata. Il terreno inquinato pareva, allora, essere pari a
178.000 metri cubi.
Il progetto definitivo del 2002 faceva proprio, in ampia misura, il parere
dell’Istituto Superiore della Sanità 23/4/2001 (doc.6), richiesto dal Comune per la
bonifica della porzione ENI dell’area ex IP, le cui operazioni sono state già
completate. Il parere I.S.S. 23/4/2001 riveste grande importanza per la
comprensione delle problematiche di bonifica del sito. Ancorché il documento
sottoposto all’attenzione dell’Istituto Superiore della Sanità avesse ad oggetto
l’investigazione solo dell’area che ospitava “i serbatoi strategici” della raffineria,
l’intera area ex I.P. presenta caratteristiche analoghe d’inquinamento “a macchia di
leopardo”. Infatti vi insistevano una quarantina di serbatoi, impianti per la
lavorazione, reti sotterranee di tubature che collegavano l’imponente complesso.
Riprese le operazione di bonifica nel gennaio 2004, l’ENI era sollecitato dal
Comune affinché accelerasse la realizzazione delle stesse in alcune porzioni
dell’area, quelle cioè interessate dalla variante Aurelia e quelle del sub distretto 3,
oggetto delle summenzionate concessioni edilizie (doc.2, cronistoria procedurale,
pag. 4, doc. 7 -Estratto progetto di variante pag.9). Contestualmente all’incremento
delle escavazioni, ENI anticipava “che sarebbero stati effettuati ulteriori sondaggi
di caratterizzazione per meglio quantificare il terreno inquinato e acquisire
elementi di conoscenza nella zona demaniale precedentemente non indagata”. La
precedente caratterizzazione dell’area, fondata essenzialmente sulla perizia Boeri
del 1999 (il documento era stato redatto sulla base di 89 campionamenti del terreno
e non era rinnovato integralmente a seguito dell’entrata in vigore del D.M. 471/99)
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si era rivelata affatto insufficiente a conseguire gli obbiettivi di cui all’allegato 4 del
citato regolamento ministeriale.
La progressiva scoperta di ulteriori, notevoli quantità di terreno inquinato portavano
all’approvazione delle prime due modifiche progettuali in data, rispettivamente,
21/4/04 e 14/5/04 (doc. 2- cronistoria procedurale- pag. 4) senza che fosse
modificata sostanzialmente la tecnica prescelta. Dal risultato della rinnovata
caratterizzazione del sito pareva che, allo stato degli scavi e del campionamento, il
terreno presunto inquinato fosse di 248.000 mc e il terreno di scavo fosse pari a
310.000 mc (variante al progetto definitivo di bonifica, pag.62, doc.7). Nella
Relazione Istruttoria n°265, Procedura di Screening(doc.8, pag.2) il quantitativo
totale stimato di terreno eccedente i limiti normativi è pari a circa 496.000 t.. Tale
valore non corrisponde a 248.000 mc., che sono invece equivalenti a circa 414.000
t., se si assume come rapporto mc/t quanto riportato nel Progetto di variante, per
esempio a pag.112. Forse nella Relazione istruttoria della procedura di screening
sono confusamente inclusi altri 100.000 mc, menzionati nella Conferenza dei
Servizi 7/7/2004.
Ebbene, per fronteggiare quest’insospettata estensione dell’inquinamento e poter
disporre delle superfici oggetto delle concessioni edilizie citate erano proposti, nel
maggio 2004, i trattamenti on site di Desorbimento Termico (La tecnologia separa
fisicamente la contaminazione organica dal suolo. Il suolo è riscaldato in una
camera in cui l’umidità e i contaminanti organici vengono vaporizzati. Il vapor
d’acqua e i contaminanti organici sono trasferiti a un sistema di trattamento delle
emissioni gassose. L’obbiettivo della progettazione è quello di far volatilizzare la
contaminazione, senza operare un ossidazione – del terreno- pag.18 doc.28-
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screening) e Soil washing (lavaggio con acqua) + estrazione con solvente. Nella
Conferenza dei Servizi 29/6/04 per esame modifiche progettuali al progetto di
bonifica area Grifil, il dr Biso funzionario comunale dell’uff. ambiente,
condividendo le preoccupazioni dei comitati ambientalisti (doc.9-10), faceva
presente le problematiche relative all’accettabilità sociale degli impianti tecnologici
previsti, specie il desorbitore termico. Invitava, quindi, nell’ambito della
predisposizione delle specifiche progettuali integrative, a valutare la possibilità di
altri sistemi di trattamento della corrente gassosa, rispetto alla ossidazione, quali per
esempio la condensazione della corrente gassosa ed il trattamento conseguente delle
acque derivanti. In tale sede, data lettura della decisione della Giunta Regionale, che
aveva escluso all’unanimità di assoggettare a procedura di VIA il nuovo progetto
(doc.11), un rappresentante ENI rilevava ”una presunta incongruità di questo
parere rispetto alle norme regionali vigenti sulla VIA”.
Le nuove tecniche proposte da ENI, definite integrative rispetto al landfarming ed
all’asporto in discariche (doc. 7, estratti del progetto di variante, pag.100),
dovrebbero, invece, smaltire rispettivamente 132.000 mc (pag.118) e 79.000 (pag.
112). Le dette quantità sono, come già si evince dalla grande incertezza sulla
quantità totale di terreno inquinato, approssimative anche perché, al fine di
ottimizzare il risultato della bonifica le quantità complessivamente trattate con una
tecnica o con l’altra saranno decise in corso d’opera, “ENI fa peraltro presente la
propria esigenza di mantenere una idonea flessibilità nella gestione, essendo
necessario, per dare risposte adeguate, continuare ad utilizzare tutte le previste
tecnologie di bonifica nel modo più efficace” (doc. 12, Conferenza dei Servizi
15/2/2005, pag.2, doc.7 Variante al progetto, pag.67, 68). Tuttavia, in data 3/9/04,
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Eni richiedeva di incrementare la quota di terreno da trattare con landfarming,
realizzando una ulteriore vasca. La richiesta era approvata e recepita nella
determinazione dirigenziale n°47 del 21/9/04. Pare, secondo officiose “voci di
corridoio”, che la maggior parte degli inquinanti sarà trattata con il desorbitore
termico. Persino la determinazione dirigenziale n.17 del 20/4/2005, avente ad
oggetto Approvazione modifica progettuale del progetto di bonifica area ex IP,
porzione Grifil presentata da Eni spa e autorizzazione ai relativi lavori (doc.21),
nella parte relativa all’indicazione delle prescrizioni, rinvia ad un ulteriore “piano
dettagliato” la quantificazione delle terre che si intendono avviare ai vari
trattamenti.
Contestualmente all’esame della variante al progetto, nel sito inquinato infuriavano,
letteralmente, le attività di raccolta, stoccaggio, trattamento con landfarming,
riprese nel gennaio 2004. Le persone residenti nelle zone adiacenti o prossime
all’ambiente di lavoro lamentavano prima verbalmente, presso l’Arpal e l’Ufficio
Ambiente, bruciori alla gola, agli occhi e mal di testa, poi con lettera raccomandata
14/6/04 richiedevano più incisivamente chiarimenti in merito alle esalazioni gassose
(doc.13). Gli enti e le amministrazioni interrogate provvedevano tardivamente a
predisporre inadeguate misure di sicurezza e di monitoraggio per verificare
l’efficacia dell’azione delle prime, come previsto dal D.M. 471/1999, alleg.3 –
Messa in sicurezza d’emergenza-, alleg.4 –Relazione tecnica descrittiva punto 5,
D.L. 22/1997 art. 2. Non solo, in aperta contraddizione con quanto espresso nel
citato parere I.S.S. 21/4/2001, i detti enti riferivano che “..Dalle prime risultanze
parrebbe desumersi che si tratta per lo più di idrocarburi di componente alifatica e
non aromatica e pertanto con minor rischio sanitario” (doc.14, 15). L’Istituto
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Superiore della Sanità aveva invece ribadito la presenza di idrocarburi policiclici
aromatici, Benzene, Toluene, Etilbenzene e Xileni, ecc, raccomandando misure di
cautela idonee al fine di non permettere la dispersione delle polveri e/o gas in
atmosfera (irrorazione e bagnatura del terreno, ecc). - L'agenzia internazionale per
la ricerca sul cancro (IARC) e l'organizzazione mondiale della sanità indicano
alcuni idrocarburi policiclici aromatici (IPA) come cancerogeni -.
Foster Wheeler per ENI approntava delle coperture di nylon, penosamente inadatte
a contenere il danno ambientale causato dalla migrazione degli idrocarburi
volatili(doc.16), ma risolutivi per ottemperare alla prescrizione contenuta nella
determinazioni dirigenziale di approvazione del primo progetto di bonifica -n.84 del
14/8/2002- del seguente tenore:”Dovrà essere prestata attenzione durante il
rivoltamento e mobilizzazione dei terreni nelle aree di landfarming onde evitare
danneggiamento dei teli” (teli doppi, al carbone attivo).
L’ufficio ambiente disponeva quindi nuovi accertamenti da parte di Arpal ed il
posizionamento di rilevatori di benzene (ma non di Toluene, Xileni ecc.) e un
campionatore gas massa portatile, messo a disposizione da ENI (doc.15), in
aggiunta alla centralina collocata nell’ambiente di lavoro. Come potrà accertare
questo Ecc.mo Tribunale, detto apparecchio, insufficiente comunque a monitorare
le polveri sottili su un’area così vasta, e collocato nel giugno 2004 (doc.15), a
seguito delle proteste dei cittadini, è rimasto fuori servizio durante tutta l’estate,
mentre avveniva la movimentazione e lo stoccaggio di centinaia di migliaia di
tonnellate di terreno, in piena tempesta di polveri e gas (doc.17, dati Arpal); la
circostanza era confermata dall’assessore e dal funzionario Arpal, dr.ssa Colonna,
nel corso delle riunioni presso la sede della IV circoscrizione. Invero, le attività di
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stoccaggio e di bonifica sono state, ad oggi, condotte con scellerato autoritarismo,
in massiccia violazione della normativa comunitaria e nazionale relativa alla
gestione dei rifiuti ed alla VIA. Considerata la vicinanza del sito al centro abitato,
sarebbe stato, forse, opportuno ed in aggiunta alla concreta adozione delle cautele
suggerite dall’Istituto Superiore della Sanità, peraltro non edotto della contiguità del
sito alla città e non competente ad esprimersi sul progetto, far precedere il
trattamento di Soil vapor extraction (SVE - Si tratta di una tecnologia applicata in
situ per la bonifica della cosiddetta zona insatura del suolo. La rimozione dell’
inquinante viene realizzata con un flusso controllato di aria mediante una serie di
pozzi tenuti sotto vuoto con apposite pompe. I gas estratti vengono trattati con filtri
a carbone attivo o con trappole a freddo, in certi casi con sistemi di
termodistruzione. Il richiamo di aria dalla superficie favorisce anche i processi di
degradazione biologica. La SVE, particolarmente adatta per rimozione della
frazione volatile dell’ inquinante, puo’ essere impiegata in combinazione con altre
tecnologie- doc.18, pag. 10, Tecnologie Innovative e procedure operative per la
bonifica di suoli inquinati) alla movimentazione del terreno per la rimozione, dallo
stesso, dei metalli pesanti e degli idrocarburi non volatili. Purtroppo, l’assunto di
ENI e del Comune escludeva “per lo più” la presenza di idrocarburi volatili.
Non essendo il sito, comprensibilmente, interessato da grosse opere di
urbanizzazione ed essendo, invece, chiuso dalla collina nei lati ovest, nord, est, esso
risulta defilato alla vista della grande maggioranza dei residenti in città, benché
occupi un’area centrale. Infatti il sito inquinato dista, in linea d’aria, un centinaio di
metri da una delle principali vie del centro (Via Veneto) e dall’ospedale. I comitati
ambientalisti, dopo aver espresso in sedi diverse la loro preoccupazione per la
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complessiva gestione dei rifiuti pericolosi dell’area ex IP, affiggevano manifestini
in città per sensibilizzare l’opinione pubblica (doc.19) ed infine inviavano al
sindaco, all’assessore all’ambiente ed all’assessore all’urbanistica note inerenti la
variante progettuale datate 14/4/2005(doc.20). Il sindaco replicava con documento
22/4/2005, allegando allo stesso la determinazione dirigenziale n.17 del 20/4/2005
avente ad oggetto l’approvazione della modifica progettuale (doc.21).
DIRITTO
1) Violazione dell’art.10 c.3 del D.M. 471/99 in relazione alla violazione
dell’art.13 della L. 24 novembre 2000, capo II modifiche alla legge 7
agosto 1990 n.241, e ulteriori norme in materia di conferenza dei
servizi. Incompetenza.
Ai sensi dell’art.10 c. 3, del D.M. 471/99, il Comune approva il progetto definitivo
di bonifica, concludendo l’iter procedurale:”…Il Comune..approva il progetto
definitivo..sentita una conferenza di servizi convocata ai sensi dell’art. 14 della
legge 7 agosto 1990 n.241, e successive modifiche ed integrazioni, alla quale sono
chiamati a partecipare gli enti locali interessati, l’Arpa competente per territorio e
tutte le altre amministrazioni competenti per le autorizzazioni, le concessioni, i
concerti, le intese, i nulla osta e gli altri atti di assenso di cui al comma 10”. Il
provvedimento di approvazione del progetto da parte del Comune produce gli effetti
di cui al comma 10° del medesimo articolo, costituendo, altresì, variante
urbanistica; la conferenza di servizi è, nel caso di specie, atto infraprocedurale in
cui convergono pareri e determinazioni relative a procedimenti funzionalmente
collegati. Il progetto di bonifica dell’area ex IP ha proposto l’installazione e
l’utilizzo di impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti che, ai sensi dell’art.19
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c.1, punti d-e, ed in forza degli art. 27 e 28 del D.L.22/1997 devono essere
autorizzati dalla Regione.
L’art.13 (Disposizioni in materia di trasferimento di funzioni amministrative) della
L 24/11/2000 recita:” 1. Nell’ambito del trasferimento di funzioni amministrative
dallo Stato alle regioni e agli enti locali, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della
legge 15 marzo 1997, n. 59, e delle successive norme di attuazione, agli enti
destinatari del trasferimento, come amministrazioni procedenti, sono conferiti
altresì tutti i compiti di natura consultiva, istruttoria e preparatoria connessi
all’esercizio della funzione trasferita, anche nel caso di attività attribuite dalla legge
ad uffici ed organi di altre amministrazioni. Tale disposizione non si applica ove si
tratti di funzioni attribuite da specifiche norme di legge ad autorità preposte
alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio storico-
artistico o alla tutela della salute; in tali casi, l’amministrazione procedente è
sempre tenuta a convocare una conferenza di servizi ai sensi degli articoli 14 e
seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni”.
Alla Conferenza dei Servizi 15 febbraio 2005 in sede deliberante ed alle precedenti
conferenze istruttorie del 17/9/2004, 7/7/2004 e 29/6/2004 tutte aventi ad oggetto la
modifica progettuale della bonifica dell’area ex IP -Porzione Grifil- secondo il
progetto presentato da Eni nel maggio 2004, non ha mai preso parte la Regione.
Anche a voler ritenere che il generico consenso agli impianti “integrativi” di
bonifica, espresso dalla Provincia nella Conferenza dei Servizi 15/2/2005, sia
idoneo a perfezionare il più complesso iter autorizzatorio di cui all’art.27 e 28 del
decreto Ronchi, l’atto resta invalido sotto il profilo della competenza. Le
Conferenze dei Servizi indicate non sono state legittimamente costituite con la
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partecipazione della Regione che ha competenza esclusiva ad autorizzare gli
impianti e le operazioni di gestione dei rifiuti. Neppure la Regione ha collaborato,
altrimenti, con pareri, richieste ed autorizzazioni al complesso iter procedurale di
gestione rifiuti dell’ex area IP, se non per esprimere ed adottare pareri e decisioni
illegittime sull’assoggettabilità a VIA del progetto di variante.
2) Violazione dell’art.32 Cost. e dell’art.2, in relazione all’allegato D, del
D.L.vo 5 febbraio 1997 n.22 (elenco dei rifiuti armonizzato al testo della
Decisione 2000/532 CE che si coordina con le Decisioni 2001/118/CE del
16 gennaio 2001, 2001/119/CE del 22 gennaio 2001, 2001/573/CE del 23
luglio 2001 e con la rettifica pubblicata sulla G.U. CE L 262 del
2/10/2001). Violazione dell’art.6 commi 3 e seguenti della L. 8 luglio
1986 n.349, dell’art.1 del D.P.C.M 10 agosto 1988, n.377, dell’art.2 c.2 in
relazione all’allegato 1 lettera i) della L.R. 30 dicembre 1998, n.38,
ovvero violazione dell’art. 1 comma 3° in relazione all’allegato A,
lettera i) del D.P.R. 12 aprile 1996, come modificato dal D.P.C.M. 3
settembre 1999, dell’art. 2 c.3 in relazione all’allegato 2, lettera u della
L.R. 38/98. Falsa applicazione di legge. Eccesso di potere per
travisamento dei fatti. Sviamento.
Premesso che il decreto regionale per la valutazione di impatto ambientale attiene al
procedimento conclusosi con l’atto di approvazione del progetto di variante e che,
pertanto, rappresenta atto infraprocedurale non impugnabile autonomamente in
quanto non immediatamente lesivo (Sentenza della VI sez. Cons. Stato sui ricorsi n.
sui ricorsi in appello n. 10205/01, n. 10321/01, n. 11414/01) si rileva:
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a) Con parere 17/6/04 il Settore VIA della Regione comunicava al Comune che
“ l’installazione degli impianti tecnologici di Soil washing (non è menzionato il
trattamento con solventi) e desorbimento termico non risultano da assoggettare alla
disciplina in oggetto se detti impianti servono per lo sviluppo ed il collaudo di
nuovi metodi e non sono utilizzati per più di due anni”(doc. 22). Ritenuto che i detti
impianti non possono essere sussunti nella fattispecie ora citata, il dirigente del
Settore VIA ometteva, comunque, di aggiungere “forse” prima delle parole:” non
risultano da assoggettare”. Un“lapsus calami” . Infatti gli impianti per lo sviluppo
ed il collaudo di nuovi metodi, non utilizzati per più di due anni, ricadono
nell’elenco di cui all’allegato 3, lett.n, della L.R. 38/98 e non nelle ipotesi
derogatorie alla disciplina di VIA di cui all’art.2 della medesima L.R..
In data 16/9/2004 l’Arpal, dimostrando scarsa conoscenza della materia, richiedeva
all’Ufficio VIA della Regione “la procedibilità dell’istruttoria tecnica in assenza di
avvio della procedura di screening da parte della ditta proponente l’intervento”. Si
rappresentava “per completezza che trattasi di n.2 impianti non sperimentale per
meno di 24 mesi”(doc.23). La Regione replicava precisando la necessità di
sottoporre alla procedura di screening l’installazione dei due impianti proposti nella
variante del maggio 2004 (doc.24).
Con deliberazione 17/12/2004 la Giunta Regionale concludeva la procedura di
verifica-screening nel senso di non assoggettare a procedura di valutazione di
impatto ambientale il progetto presentato da Eni (doc.11). La premessa della P.A. è
che- Le opere previste nel progetto di che trattasi rientrano nell’allegato 3, punto
11b) alinea 4 della citata legge regionale n. 38/1998 e, non ricadendo in aree
naturali protette, sono sottoposte alla procedura di verifica di cui al ridetto art.10-.
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L’allegato 3 al punto 11b) alinea 4 prevede:”Impianti di smaltimento rifiuti speciali
non pericolosi con capacità complessiva superiore a 10t/giorno, mediante
operazioni di incenerimento o di trattamento (operazione di cui all’allegato B,
lettere D2 e da D8 a D11 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.22)”. Con
lettera 14/2/2005 (doc.25), l’Uffico VIA, nella persona della Dr.ssa Minervini
ribadiva la sufficienza della procedura di screening a fronte delle osservazioni
formulate dai comitati ambientalisti. Nella relazione del responsabile del
procedimento sulla pratica di “Modifica progettuale Area IP”- Conferenza dei
servizi 15/2/2005 (doc.26) è scritto:”….Veniva fissato il termine di utilizzo degli
impianti inferiore a 24 mesi, per cui la Regione si esprimeva circa la non necessità
della valutazione di impatto ambientale…”. Di tale parere dell’Ufficio VIA era dato
atto nella Conferenza dei Servizi 7/7/04 (doc.27).
La P.A. e l’Arpal hanno cancellato “con un colpo di spugna” decenni di studi ed
attività del legislatore europeo, nazionale e degli organi giurisprudenziali; in
particolare, è stato completamente obliato l’elenco dei rifiuti pericolosi di cui
all’allegato D del decreto Ronchi come modificato dalle decisioni della
Commissione Europea. I terreni dell’area ex IP sono contaminati da rifiuti
pericolosi e come tali inclusi nell’allegato D del decreto Ronchi ed ivi
individuati al capitolo 05 -Rifiuti della raffinazione del petrolio, del gas
naturale e trattamento pirolitico del carbone;- al capitolo 06 con il codice 06 04
05 rifiuti contenenti altri metalli pesanti; al capitolo 13- Oli esauriti e residui
di combustibili liquidi-. In relazione all’allegato i (alleg. III della Direttiva
91/689/CEE) detti rifiuti presentano le seguenti caratteristiche di pericolo: