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RES GESTAE DIVI AVGVSTI Il testo originale era collocato su due pilastri di bronzo nel mausoleo di Augusto a Roma. Scritte tra il 23 settembre 13 d.C., fino alla morte 19 agosto 14 d.C. Sono state rinvenute tre copie delle res gestae: ANKARA: nel tempio di Roma e Augusto in greco e latino; ANTIOCHIA in Pisidia: in latino. APOLLONIA: in greco Augusto aveva dato disposizioni per la distribuzione di copie in tutto l’Impero? O piuttosto era un iniziativa locale? Probabilmente iniziativa locale poiché il greco utilizzato non è una semplice traduzione, ma un adattamento audace. Per esempio la Grecia non è mai chiamata eparché. Le res gestae rappresentano un favoloso testo di propaganda. Grazie a questiscrizione Augusto può essere evericamenteannoverato fra il numero degli dei.
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RES GESTAE DIVI AUGUSTI

Feb 26, 2023

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bruna pieri
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Page 1: RES GESTAE DIVI AUGUSTI

RES GESTAE DIVI AVGVSTI

Il testo originale era collocato su due pilastri di bronzo nel mausoleo di Augusto a Roma. Scritte tra

il 23 settembre 13 d.C., fino alla morte 19 agosto 14 d.C. Sono state rinvenute tre copie delle res

gestae:

ANKARA: nel tempio di Roma e Augusto in greco e latino;

ANTIOCHIA in Pisidia: in latino.

APOLLONIA: in greco

Augusto aveva dato disposizioni per la distribuzione di copie in tutto l’Impero? O piuttosto era un

iniziativa locale? Probabilmente iniziativa locale poiché il greco utilizzato non è una semplice

traduzione, ma un adattamento audace. Per esempio la Grecia non è mai chiamata eparché.

Le res gestae rappresentano un favoloso testo di propaganda. Grazie a quest’iscrizione Augusto può

essere “evericamente” annoverato fra il numero degli dei.

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ESEGESI DEI CAPITOLI

0. Introduzione

1. Ottavio in Senato e il Triumvirato: Ottavio si trova ad Apollonia in Epiro, quando viene a

conoscenza dell’uccisione di Cesare. Si reca a Roma immediatamente, assolda un esercito

privato a sue spese (exercitum privato consilio et privata impensa comparavi). Vi è scritto

per liberare la Res Publica, ma in realtà è grazie alla pressione esercitata da questo esercito

alle porte dell’urbe che Ottavio viene cooptato all’interno del Senato in qualità di pro

praetore. Successivamente, poiché erano venuti a mancare i due consoli viene nominato

console a soli 20 anni. Vi è la menzione del triumvirato del quale Ottaviano faceva parte

assieme a Antonio e Lepido.

In questo capitolo Augusto presenta l’arruolamento di un esercito privato come un fatto

naturale, normale, ma solamente ai detentori di imperium potevano comandare delle truppe e

di certo non truppe arruolate privatamente. Ma il Senato gli riconoscerà l’imperium che di

fatto già esercitava (et imperium mihi dedit). Anche il suo ingresso in Senato e il suo

consolato a soli 20 anni sono elementi di assoluta illegalità, presentati tuttavia come

strettamente necessari per la salvezza dello stato.

Vi è scritto che Augusto fu triumvirum rei publicae constituendae (vd. c.7), tuttavia non vi

è alcune menzione ai due colleghi che lo affiancavano in questo incarico. Il triumvirato fu

sancito dalla lex Titia del 27 novembre del 43 a.C. regolarizzava gli accordi di Bologna fra

Ottaviano, Lepido e Antonio. Il triumvirato aveva validità quinquennale con possibilità di

rinnovo. Rinnovo che avvenne il 31 dicembre del 38 a.C. ma non il 31 dicembre del 33 a.C.

I triumviri avevano potere pressoché assoluto:

Convocare il Senato

Convocare il Popolo

Nominare i magistrati

Promulgare editti con valore di legge

Detengono l’imperium

In questa prima fase del triumvirato Ottaviano era debole rispetto ai due colleghi. I tre si

spartirono le province occidentali:

Antonio: Gallia Cisalpina e Comata

Lepido: Gallia Narbonense e le due Spagne

Ottaviano: Sardegna, Sicilia, Africa

2. Guerra ai Cesaricidi: menziona solo che lui ha sconfitto i cesaricidi in due battaglie. Le

due battaglie in questione sono le due fasi della battaglia di Filippi (3 e 23 ottobre del 42

a.C.) Dice che sono i cesaricidi a muovere la guerra alla repubblica (bellum inferentis rei

publicae). Non vi è alcuna menzione ad Antonio che a onor del vero è il vero vincitore di

Filippi.

3. Fine delle guerre civili e veterani: evidenzia che lui mette fine alle guerre tra cittadini e

conduce altre guerre contro altri popoli. Mette in mostra la sua Clementia, che è appartenuta

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a Cesare e che sarà una delle principali virtù di tutti gli imperatori, perdonando tutti i cittadini

che si arrendevano a lui e risparmiando gli stranieri (vitorque omnibus veniam petentibus

civibus peperci). Infine riassegna le terre ai veterani. Questo incarico dimostra la sua

lungimiranza infatti è lui che si assume l’onere di assegnare le terre ai veterani in Italia

costruendo un enorme base d’appoggio militare al suo potere.

4. Trionfi: celebra 2 ovatio e 3 triumphi curulis. Svetonio scrive così: bis ovans ingressus est

urbem, post Philippense et cursus post Siculum bellum. Curulis triumphos tris egit,

Delmaticum, Actiacum, Alexandrinum, continuo triduo omnes. (Svet. Aug. 22).

Inoltre è acclamato imperator per ben 21 volte. Rifiuta ulteriori trionfi concessi a lui dal

Senato. Depone in Campidoglio l’alloro dai fasci avendo adempiuto ai voti pronunciati nelle

rispettive guerre. Il voto da lui pronunciato è quello di pacificare l’impero (Pax augusta).

Per legatos meos auspicis: da questa frase si può ben vedere che gli auspici, ormai, sono

solamente nelle mani di Augusto che è il comandante supremo dell’esercito e l’unica

persona che può prendere gli auspici d’ora in avanti. Ciò sottolinea il carattere prettamente

militare del principato.

Infine scrive che ricopre il consolato per 13 volte (I 43; II 33; III-XI 31-23; XII 5 a.C.; XIII

3 a.C.) e che ha rivestito la tribunizia potestas 37 volte (dal 26 giugno del 23 a.C. al 26

giugno del 14 d.C.).

5. Rifiuto di cariche “anticostituzionali”: nel 22 a.C. rifiuta la dittatura offertagli dal Senato

e dal Popolo. Inoltre sottolinea che personalmente si è occupato più volte della cura

annonae. Compito che valorizzava il suo ruolo aglio occhi dei cittadini di Roma. Sono da

ricordare in quest’ottica sia la prefettura d’Egitto, sia il caso della genesi della prefettura

di Sardegna, nata in seguito alla crisi cerealicola del 7 d.C. Infine ricorda che ha rifiutato

anche il consolato perpetuo, sottolineando la sua avversione verso le cariche non consone ai

costumi dei padri.

6. Curator legum et morum summa potestate: per 3 volte (19, 18 e 11 a.C.) gli è stato offerto

dal Senato e dal Popolo il ruolo di Curator legum et morum summa potestate, carica che

Augusto rifiuta poiché non consona al mos maiorum (nullum magistratum contra morem

maiorum delatum recepi). Tuttavia accettò il compito di riformare le leggi e i costumi

servendosi della tribunicia potestas assieme ad un collega, prima Agrippa (18 e 13 a.C.) poi

Tiberio (12 e 6 a.C.). Non a caso la Lex Iulia de Maritandis Ordinibus e la Lex Iulia de

adulteriis coercendis sono state promulgate tra il 18 e 17 a.C.

7. Cariche rivestite: fu triumvirum rei publicae constituendae dal 27 novembre del 43 a.C. al

31 dicembre del 32 a.C. Principes senatus dal 28 a.C. alla morte, carica perpetua e non

collegiale. Inoltre riveste numerose cariche sacerdotali scritte in ordine decrescente: Pontifex

maximus ( dal 12 a.C. anno della morte di Lepido), augur, XV virum sacris faciundis, VII

virum epulonum collegio dedito alla preparazione e celebrazione dell’ epulum Iovis, un

banchetto-sacrificio in onore di Giove celebrato in occasione dell annuale della fondazione

del tempio Giove Capitolino, frater Arvalis sacerdozio dedito al culto di Cerere (l’arcaica

Dia), sodalis Titius arcaica confraternita religiosa romana richimata in vita proprio da

Augusto, fetialis.

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8. Prosperità: nel 29 a.C. aumenta i patrizi, poiché necessari ai culti. Nel 29, 18 e 11 a.C.

compie le lectiones del Senato personalmente. In tre censimenti da lui voluti si registra un

incremento notevole dei cittadini romani: 4.063.000 nel 28 a.C., 4.233.000 nel 8 a.C. e

4.937.000 nel 14 d.C. Imitando l’esempio degli antenati è riuscito con nuove leggi (legibus

novis) a restituire i costumi adeguati ai romani.

9. Voti per augusto: il Senato ha decretato che ogni 5 anni dai consoli e dai sacerdoti venissero

fatti dei voti per la salute di Augusto (Vota pro valetudine). In questo passo scrive anche che

tutti i cittadini dell impero pregarono per la sua salute. E proprio la parola universi, qui

utilizzata, racchiude nella sua semplicità uno dei punti cardine della politica - propaganda -

augustea, il consensus universorum.

10. Tribunizia potestas et Pontifex maximus: il nome di Augusto viene incluso nel Carme

Saliare, antichissimo testo in onore di Marte e Quirino, per rendere così Augusto

sacrosantus. In questo paragrafo parla dell’attribuzione della Tribunicia potestas perpetua.

È meglio procedere per gradi. Nel 36 a.C. riceve 3 prerogative tipiche dei tribuni della

plebe: casa sul suolo pubblico, diritto di sedere sui banchi dei Tribuni in Senato e la già

citata sacrosantitas. Nel 30 a.C. ottiene un altro tassello lo ius auxili. Nel 23 a.C. infine

ottiene la tribunizia potestas, ottenendo quindi in più rispetto alle prerogative tribunizie già

attribuitegli lo ius intercedendi, ius coercitionis, ius agendi cum plebe.

Ricorda il Pontificato Massimo ricoperto, dopo la morte di Lepido, grazie all’elezione dei

comizi, a cui aveva partecipato tutta l’Italia (consensus universorum).

11. Celebrazione die Augustalia: istituito per il suo ritorno dalla Siria (19 a.C.)

12. Consacrazione dell’ara pacis: consacrata per l’ἀπάντησις di Augusto rientrato dalle Gallie

e dalle Spagne (13 a.C.)

13. La chiusura del tempio di Giano Quirino: il tempio di Giano fu chiuso soltanto 2 volte

prima di Augusto, e ben 3 volte durante il suo principato. La menzione della chiusura del

tempio è ovviamente una mossa propagandistica per evidenziare la prosperità del suo

principato. L’immagine della chiusura delle porte è continuamente riprodotta su monete di

piccolo taglio, e per questo fruibili a tutti.

14. L’adozione di Lucio e Gaio Cesare: figli di Giulia e Agrippa, adottati da Augusto nel 17

a.C.,consoli designati a 15 anni, ma assumeranno il consolato effettivo solo 5 anni dopo.

Lucio muore nel 2 d.C. a Massilia, mentre Gaio muore il 4 d.C. in seguito alla sua campagna

in oriente. Erano stati spediti nelle provincie da Augusto per fare esperienza in campo

militare, infatti era necessario che assumessero il titolo di imperatores, pratica che si

standardizzerà d’ora in poi. I due giovani eredi avevano anche ricevuto il titolo di principes

iuventutis, continuamente ricordato sulle monete in seguito all’esilio di Giulia nel 2 a.C.

15. [EVERGETISMO] Distribuzione di denaro e frumento

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16. Distribuzione di terre ai veterani

17. Aerarium militare: aiuta l’erario pubblico con il suo denaro e istituisce l’Aerarium militare

nel 6 d.C. finanziato dalla vicesima hereditatium e dalla centesima rerum venalium, casse

create appositamente per i premi di fine servizio militare.

18. [EVERGETISMO] Distribuzione di frumento e denaro

19. [EVERGETISMO] Costruzioni e ristrutturazione dei edifici pubblici

20. [EVERGETISMO] Costruzioni e ristrutturazione dei edifici pubblici

21. [EVERGETISMO] Mars ultor: edifica il tempio di Marte Ultore e il foro di Augusto

inaugurati il 2 a.C. Il tempio era stato promesso in voto da Augusto prima della campagna

contro i Cesaricidi. Nel tempio vi erano le immagini degli avi della gens Iulia, mentre nel

foro vi era la statua di Augusto sul carro del trionfo.

22. [EVERGETISMO] giochi: tra i quali sono da ricordare i ludi saeculares nel 17 a.C.

rispolverati da Augusto e i ludi Martiales istituiti per la prima volta proprio da Augusto.

23. [EVERGETISMO] giochi navali

24. Statue: restituisce alle città dell’Asia le statue e gli ornamenti che Antonio ( non

menzionato) aveva depredato. Rifiuta le statue che sono state erette con la sua effige in città e

le dona al tempio di Apollo.

25. Coniuratio Italiae et provinciarum: l’Italia intera e tutto l’Occidente giurò fedeltà ad

Augusto e lo scelse come duce per la guerra contro Antonio e l’Egitto. Il giuramento era un

istituto antico nato nella secessione del 494 a.C. e poteva assumere il carattere di una speciale

sanctio; da allora è stato assunto come strumento atto a garantire particolari leggi innovative

di carattere personale. Con la iuratio Ottaviano si assicura un’investitura plebiscitaria dal

basso, poiché, scaduto il triumvirato il 31 dicembre del 32 a.C., necessita di un

riconoscimento della sua superiore auctoritas rispetto agli altri organi della repubblica.

Inoltre Ottaviano scrive che questo giuramento gli è stato prestato volontariamente perché lui

diventasse il duce dell’Occidente, di Roma, contro l’Oriente. La iuratio non si identifica ma

si pone sullo stesso piano del consensus universorum.

26. [ECUMENICITÁ] conquiste e spedizioni: pacifica le Gallie, le Spagne, la Germania e i

distretti alpini.. Scrive di aver pacificato la Germania fino all’Elba, ma ciò è vero solo in

parte, infatti dopo la disfatta di Teutoburgo (9 d.C.), l’impero romano è costretto a lasciare i

territori occupati fra il Reno e l’Elba. Caridi, Cimbri, Semnoni e altre popolazioni

germaniche inviano ambascerie per chiedere l’amicizia a lui e al popolo Romano (amicitiam

meam et populi Romani petierunt). Ormai le relazioni tra Roma e gli altri popoli avvengono

grazie ad Augusto. Compie due spedizioni con due eserciti in Etiopia (Sudan a nord 25-24

a.C.) e in Arabia Felix (26-25 a.C.), campagne qui presentate come vittoriose, in realtà sono

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spedizioni che si concludono con un nulla di fatto. Qui sottolinea anche che non ha mosso

alcuna guerra ingiusta come lo erano le guerre civili (nulli genti bellum per iniuriam inlato).

27. [ECUMENICITÁ] conquiste e spedizioni: Egitto aggiunto al dominio del popolo Romano

(Aegyptum imperium populi Romani adieci). Vero in parte in quanto la prefettura d’Egitto è

un istituzione anomala e nuova, tanto che spinse alcuni scrittori antichi a considerare l’Egitto

come un possedimento personale dell’imperatore. Presenta la situazione interna armena da

lui stabilizzata grazie all’intervento di Tiberio e Caio Cesare. Recupera la Sardegna e la

Sicilia occupate durante la guerra servile. Per guerra servile intende la guerra contro Sesto

Pompeo considerato un servo che comanda una legione di schiavi (occupatas bello servili).

28. Colonie: deduce colonie di soldati in numerose province. In Italia ne vengono dedotte 28 in

base alla sua auctoritas. Il numero di ventotto colonie sembra riduttivo, infatti dal 41 a.C. al

14 d.C. furono fondate molte più colonie, come riportato da Strabone e Plinio. Forse esistono

liste di colonie diverse. Potrebbe riferirsi alle colonie fondate dopo Azio, oppure alle colonie

che non hanno un carattere prettamente militare.

29. Le insegne militari: riesce a recuperare le insegne perse da altri condottieri. In particolar

modo riesce a recuperare le insegne perdute da Crasso nella battaglia di Carre (53 a.C.).

Obbliga i Parti a restituire le insegne e a richiedere l’amicitia a Roma (Parthos trium

exercitum Romanorum spolia et signa reddere mihi supplicesque amicitiam populi Romani

petere coegi). Tuttavia non vi fu nessuno scontro militare coi Parti, ma fu solo un abile

manovra di coercizione diplomatica. Definire i Parti supplici è errato poiché non sono stati

sconfitti. E così Augusto riesce in un impresa che i suoi predecessori avevano fallito (Cesare,

Antonio).

30. [ECUMENICITÁ] Pannonia ed Illirico: ha conquistato la Pannonia e l’Illirico grazie alle

campagne di Tiberio, che qui sul campo si guadagna il titolo di imperator, necessario per la

successione.

31. [ECUMENICITÁ] ambascerie: a Roma, anzi ad Augusto sono state inviate ambascerie da

popolazioni lontane ed esotiche: dall’India alle sterminate steppe della Scizia. Importante

il fatto che utilizzi ad me.

32. [ECUMENICITÁ] re supplici: numerosi re hanno richiesto la protezione ad Augusto (ad

me), sperimentando sulla loro pelle la fides romana.

33. [ECUMENICITÁ] questioni dinastiche straniere: I Parti e i Medi hanno ricevuto da

Augusto, gli uomini eminenti che avevano richiesto attraverso ambascerie. Qui il capitolo

inizia con a me, che si associa benissimo ai due ad me dei capitoli precedenti. Tutto è diretto

ad Augusto o proviene da lui stesso senza alcuna mediazione. Il principes è al centro dello

stato romano, che si identifica con il mondo stesso: assoluta pretesa di ecumenicità del

principato augusteo.

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34. Auctoritas et potestas: nella seduta in senato del 3 gennaio 27 a.C. Ottaviano, dopo aver

posto fine alle guerre civili e aver ricevuto per consensus universorum ogni cosa, restituisce

la res publica dalla sua potestà alla discrezione del popolo e del Senato. (In consulatu sexto

et septimo, po[stquam b]ella [civil]ia exstinxeram, per consensum universorum potitus

rerum omnium, rem publicam ex mea potestate in senatus populique Romani arbitrium

transtuli). Per guerre civili intende la guerra combattuta contro Antonio. Tuttavia pone la

fine delle guerre civili nel 28/27 a.C., e non in seguito ad Azio, poiché tra il 31 e il 28 a.C. vi

erano state numerose congiure. Dopo tali guerre, Ottaviano è costretto a restituire il suo

imperium, ottenuto grazie alla volontà di tutti per la salvezza della patria. Cassio Dione

scrive che restituisce «τὰ ὅπλα τοὺς νόμους τὰ ἔθνη» (Dione Cassio LIII 4,3) (le armi le

leggi e le province).

Per questo suo merito riceve l’appellativo di Augustus per senatoconsulto su proposta di

Lucio Munazio Planco nella seduta del 16 gennaio 27 a.C. ( Quo pro merito meo senatu[s

consulto Au]gust[us appe]llatus sum). Augusto salva Roma dalla sua distruzione, è come se

la fondasse nuovamente, perciò gli era stato proposto il titolo di Romolo, fermamente

rifiutato poiché in tal modo poteva essere accusato di adfecatio regni. Accetta invece il titolo

di Augustus che si ricollega all’ambito sacrale, richiamando i luoghi sacri delimitati dagli

auguri in cui si manifestava la volontà degli dei. Inoltre può connettersi ad augeo

sottolineando un distaccamento di Ottaviano dal resto dell’umanità. Con questo titolo, che

racchiude in se l’area semantica della sacralità e della superiorità, raggiunge una posizione di

super-umanità.

Gli stipiti della sua porta vengono ornati con foglie di alloro e sopra la porta viene infissa una

corona civica ( et laureis postes aedium mearum vestiti publice coronaque civica super

ianuam meam fixa est). La corona civica era la corona di quercia concessa ai cittadini che

avevano salvato altri cittadini. Augusto la riceve per aver salvato tutti i cittadini ob cives

servatos. Mentre l’alloro era usato per adornare i vincitori.

Nel 26 a.C. nella curia Iulia viene posto uno scudo d’oro, la cui iscrizione attesta che il

senato e il popolo Romano lo donavano ad Augusto per il suo valore, la sua clemenza, la

sua giustizia e la sua pietà (et clupeus aureus in curia Iulia positus, quem mihi senatum

pop[ulumq]ue Rom[anu]m dare virtutis clementiaeque iustitiae et pieta[tis caus]sa

testatu[m] est pe[r e]ius clupei [inscription]em). Tale iscrizione la conosciamo direttamente

per una copia in marmo rinvenuta ad Arles e li conservata.

L’ iscrizione recita:

SENATUS

POPOLUSQUE ROMANUS

IMP(eratori) CAESARI DIVI F(ilio) AUGUSTO

CO(n)S(uli) VIII DEDIT CLUPEUM

5 VIRTUTIS CLEMENTIAE

IUSTITIAE PIETATIS ERGA

DEOS PATRIAMQUE

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Virtus, clementia, iustitia, pietas sono le prerogative principali di Augusto e di ogni

imperatore dopo di lui, che qui sembrano prefigurarne l’apoteosi.

Dopo di ciò è superiore a tutti per auctoritas, ma non per potestas. ( Post id tempus

auctoritate omnibus praestiti, potest]atis au[tem n]ihilo ampliu[s habu]i quam cet[eri qui

m]ihi quoque in magistratu conlegae fuerunt). L’auctoritas è un concetto che basa le sue

radici nel diritto pubblico e privato repubblicano. Esprimeva tecnicamente la posizione di

supremazia riconosciuta ad una persona o a un organo nei confronti di altre persone o di altri

organi costituzionali. Così esisteva l’auctoritas senatus che evidenziava la posizione di

potere egemone che aveva il Senato e l’auctoritas tutoris con cui è indicata la posizione di

forza del tutore nei confronti del pupillo e il suo potere di integrare la deficiente capacità di

agire del secondo. L’auctoritas conferisce allora ad Augusto una posizione di preminenza nei

confronti di tutti i magistrati, anche se in quanto colleghi avevano chiaramente la stessa

potestas del principe, come appunto vi è scritto. L’auctoritas ha una duplice valenza, sia

interna al organo, sia esterna nei confronti di tutti gli altri organi costituzionali. La funzione

esterna va di pari passo con il titolo di Augustus, che lo pone in evidenza rispetto a tutta la

comunità dell’impero.

35. Senatus et equester ordo: il 5 febbraio del 2 a.C. ha ricevuto dal Senato dall’ordine

equestre e dal popolo di Roma il titolo di pater patriae.( Tertium decimum consulatum cum

gerebam, senatus et equester order populusq[ue] Romanus universus appellavit me pat]rem

patriae). Con questo titolo Augusto si pone sullo stesso piano di Romolo e Camillo gli unici

due romani che prima di lui erano stati riconosciuti come padri della patria. Un altro fatto

importante è la menzione dell’ordine equestre.

Da questo passo si può intuire molto chiaramente la nuova suddivisione dello stato romano,

non più Senato e Popolo dei Romani, ma ordo senatorius, ordo equester e populus

romanus. Le tre nuove componenti dello hanno il medesimo pater, custode di tutta la

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repubblica. In breve, Augusto diviene il pater familias della nuova realtà politico-

istituzionale, sorta dalle ceneri della repubblica e da lui stesso modellata.

Le Appendici: probabilmente non furono scritte d’augusto poiché in terza persona.

Imitavano i rendiconti dei re ellenistici:

App. I: somme date all’erario e alla Plebe urbana.

App II: nuove costruzioni.

App III: ricostruzioni

App IV: spese effettuate. In particolar modo ricorda i donativi ad amici e senatori per

consentire loro il seggio in senato. Infatti era necessario un censo di almeno un milione di

sesterzi.

POLITICA MATRIMONIALE

Augusto, in seguito alla guerra di Modena (43 a.C.), che lo aveva visto contrapposto ad Antonio,

dichiarato hostis publicus dal Senato nonostante le suppliche di Fulvia, sposa Clodia Pulcra.

Clodia era figlia di Fulvia e del suo primo marito, Publio Clodio Pulcro, e quindi figliastra di

Antonio. Questo matrimonio suggella gli accordi di Bologna legando, così, i due triumviri da un

rapporto di parentela. Augusto divorzia da Clodia in seguito alla guerra di Perugia (41 a.C.) che

aveva visto contrapporsi nuovamente i due triumviri.

Nel 40 a.C. allora Ottaviano sposa Scribonia nipote di Gneo Pompeo Magno e quindi imparentata

con Sesto Pompeo. Questo matrimonio avvicinava così Ottaviano a Sesto Pompeo che con le sue

flotte stava mettendo in ginocchio l’annona romana. Tale scelta scaturisce anche da la timore di una

possibile alleanza tra Antonio e lo stesso Pompeo, che avrebbe chiuso in una morsa Ottaviano e

l’Italia stessa. Augusto divorzia da Scribonia nel 38 a.C., proprio lo stesso giorno in cui nasceva

Giulia, la sua unica figlia naturale. Le motivazioni sono per le fonti: Svetonio e Dione Cassio

adultera, Seneca donna indomabile.

Tre giorni, il 17 gennaio del 38 a.C. dopo sposa Livia Drusilla che sarà la sua compagna per il resto

delle vita. La situazione era mutata, con gli accordi di Brindisi (ottobre 40 a.C.) la pace torna a

regnare tra i triumviri. Anche questo accordo viene suggellato da un matrimonio, quello tra

Antonio, vedovo di Fulvia, e Ottavia, sorella di Ottaviano. Ormai il timore di una alleanza fra

Sesto Pompeo e Antonio era tramontato. Livia rappresentava quindi un ottimo mezzo per una

politica di alleanza basata sulla riconciliazione. Infatti era figlia di Marco Livio Druso Claudiano,

un Claudio entrato nella gens Livia per adozione, che aveva combattuto per i cesaricidi a Filippi e

che si era suicidato in seguito alla sconfitta. Inoltre il suo primo marito era Tiberio Claudio

Nerone, che aveva combattuto dalla parte degli antoniani a Perugia e che in seguito si era rifugiato

in Grecia da Antonio. Quindi Livia rappresentava un anello di unione tra Augusto, i filo

repubblicani cesaricidi e i filo antoniani. Inoltre era un esponente di una delle famiglie più

importanti della tradizione repubblicana, la gens Claudia. Il figlio di Livia, Tiberio Claudio

Nerone, avuto dal precedente merito, sarà l’erede di Augusto.

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IL PROBLEMA DELL’EREDITÁ

Trovare un erede del suo immenso potere è sempre stato il tallone di Achille di Augusto. Il primo

erede designato è Marco Claudio Marcello, figlio di Ottavia e di Gaio Claudio Marcello. Augusto

gli fa sposare sua figlia Giulia, ma egli muore già nel 23 a.C.

Allora nel 21 a.C. Augusto da in sposa la stessa Giulia ad Agrippa. Da questo matrimonio

nacquero ben 5 figli e due di loro, Caio Giulio Cesare e Lucio Giulio Cesare, furono adottati da

Augusto nel 17 a.C. Le carriere dei due giovani nipoti vengono accelerate dal princeps in persona,

tanto è vero che vengono designati consoli a 15 anni, carica che rivestiranno 5 anni dopo. (Cap. 14

Filios meos, quos iuv[enes] mihi eripuit for[tuna], Gaium et Lucium Caesares, honoris mei causa

senatus populusque Romanus annum quintum et decimum agentis consules designavit, ut [e]um

magistratum inirent post quinquennium). Agrippa in seguito alla morte di Claudio Marcello ottiene

l’imperium per 5 anni, non in quanto possibile erede, poiché non nobile, ma in qualità di tutore dei

futuri eredi. Alla morte di Agrippa, nel 12 a.C., Augusto impone a Tiberio il divorzio da Vipsania

Agrippina figlia dello stesso Agrippa e di Cecilia Attica, per farlo sposare con sua figlia Giulia.

Tiberio avrebbe dovuto rivestire il ruolo che fu di Agrippa, ovvero quello di tutore dei due giovani

pupilli e figli dell’imperatore. Tuttavia, Tiberio, discendente dalla fiera e nobilissima gens Claudia,

non era certamente incline a questo compito considerato disonorevole per un uomo con una forte

mentalità aristocratica repubblicana. Quindi Tiberio pur accettando il matrimonio, sceglie la via

dell’esilio volontario a Rodi. I due giovani eredi dovevano dimostrare sul campo le loro capacità,

poiché, sebbene addottati da Augusto, rimanevano solamente eredi di un privato. Era dunque

necessaria il riconoscimento costituzionale della loro successione al vertice dell’impero. Per far ciò

era necessario il riconoscimento delle due prerogative su cui si basava il potere del Principe:

imperium et tribunicia potestas. Dovevano guadagnarsi il titolo d imperator in campagne militari,

fatto che sottolinea il carattere prettamente militare del principato. Svetonio a tal proposito

scrive:« Gaium et Lucium adoptavit per assem et libram emptos a patre Agrippa tenerosque adhuc

ad curiam rei publicae admovit et consules designatos circum provincias exercitusque dimisit (Svet

Aug. 64). Sfortunatamente i due giovani delfini muoiono giovanissimi. Lucio muore a Massilia il

2 d.C. e Gaio muore per una ferita il Licia il 4 d.C.

Augusto allora è costretto ad adottare Tiberio, che nel frattempo era rientrato dall’esilio. A sua

volta è imposto a Tiberio di adottare Germanico. Il neoerede ottiene dal Senato e dal popolo

romano la tribunicia potestas e l’imperium subordinato a quello del principe ma superiore a quello

di tutti gli altri detentori di imperium. Come di prassi, intraprende importanti campagne militari in

Germania, Pannonia e Illirico. Nel testamento Augusto adotta anche Livia come figlia che d’ora in

poi assumerà il nome di Giulia Augusta, legittimando così maggiormente la successione di Tiberio.

ASSENTI E PRESENTI

Gli unici personaggi menzionati nelle res gestae sono: Agrippa, Tiberio, Gaio Cesare, Lucio

Cesare. Non a caso sono tutti personaggi legati all’eredità di Augusto. Agrippa è menzionato

esclusivamente come collega, mentre gli altri 3 come figli di Augusto.

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Di Antonio, Lepido e Sesto Pompeo si parla indirettamente, ovvero non vengono iscritti i loro

nomi ma ad un lettore attento non può sfuggire il riferimento velato a loro.

Infine le donne della domus Augusta non vengono prese in considerazione neanche indirettamente.