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REGIONE TOSCANA GIUNTA REGIONALE ESTRATTO DAL VERBALE DELLA SEDUTA DEL 20-01-2014 (punto N 17 ) Delibera N 32 del 20-01-2014 Proponente GIANFRANCO SIMONCINI DIREZIONE GENERALE COMPETITIVITA' DEL SISTEMA REGIONALE E SVILUPPO DELLE COMPETENZE Pubblicita’/Pubblicazione Atto soggetto a pubblicazione su Banca Dati (PBD) Dirigente Responsabile ALBINO CAPORALE Estensore ALBINO CAPORALE Oggetto Programmazione Fondi strutturali 2014-2020. Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne. Indirizzi per l§attuazione nell§ambito della programmazione di Fondi strutturali 2014-2020 Presenti ENRICO ROSSI SALVATORE ALLOCCA ANNA RITA BRAMERINI GIANNI SALVADORI CRISTINA SCALETTI GIANFRANCO SIMONCINI STELLA TARGETTI LUIGI MARRONI VITTORIO BUGLI VINCENZO CECCARELLI Assenti ANNA MARSON ALLEGATI N°5 ALLEGATI Denominazion Pubblicazione Tipo di trasmissione Riferimento A Si Cartaceo+Digitale A B Si Cartaceo+Digitale B1 B2 Si Cartaceo+Digitale B2
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REGIONE TOSCANA GIUNTA REGIONALE...Proposta di struttura e articolazione del Programma Operativo Regionale Crescita e Occupazione FESR 2014-2020 (POR CreO Fesr 2.0 Toscana). b) Indirizzi

Jul 09, 2020

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REGIONE TOSCANA

GIUNTA REGIONALE

ESTRATTO DAL VERBALE DELLA SEDUTA DEL 20-01-2014 (punto N 17 )

Delibera N 32 del 20-01-2014

ProponenteGIANFRANCO SIMONCINIDIREZIONE GENERALE COMPETITIVITA' DEL SISTEMA REGIONALE E SVILUPPO DELLE COMPETENZE

Pubblicita’/Pubblicazione Atto soggetto a pubblicazione su Banca Dati (PBD) Dirigente Responsabile ALBINO CAPORALE Estensore ALBINO CAPORALE OggettoProgrammazione Fondi strutturali 2014-2020. Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne. Indirizzi per l§attuazione nell§ambito della programmazione di Fondi strutturali 2014-2020

Presenti ENRICO ROSSI SALVATORE ALLOCCA ANNA RITA BRAMERINI GIANNI SALVADORI CRISTINA SCALETTI GIANFRANCO SIMONCINI STELLA TARGETTI LUIGI MARRONI VITTORIO BUGLI VINCENZO CECCARELLI

Assenti ANNA MARSON

ALLEGATI N°5

ALLEGATI

Denominazion Pubblicazione Tipo di trasmissione Riferimento

A Si Cartaceo+Digitale AB Si Cartaceo+Digitale B1B2 Si Cartaceo+Digitale B2

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B3 Si Cartaceo+Digitale B3C Si Cartaceo+Digitale C

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LA GIUNTA REGIONALE

Vista la Strategia Europa 2020, ratificata dal Consiglio europeo del 10 giugno 2010, con la quale l’Unione Europea mira a rilanciare l’economia comunitaria, definendo obiettivi che gli Stati membri devono raggiungere nel campo dell’occupazione, dell’innovazione, dell’istruzione, dell’integrazione sociale e di clima e energia;

Visto:

REGOLAMENTO (UE) N. 1303/2013 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 17 dicembre 2013 recante disposizioni comuni sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione, sul Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca e disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo, sul Fondo di coesione e sul Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca, e che abroga il regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio

REGOLAMENTO (UE) N. 1301/2013 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 17 dicembre 2013 relativo al Fondo europeo di sviluppo regionale e a disposizioni specifiche concernenti l'obiettivo "Investimenti a favore della crescita e dell'occupazione" e che abroga il regolamento (CE) n. 1080/2006;

REGOLAMENTO (UE) N. 1304/2013 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 17 dicembre 2013 relativo al Fondo sociale europeo e che abroga il regolamento (CE) n. 1081/2006 del Consiglio;

REGOLAMENTO (UE) N. 1305/2013 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 17 dicembre 2013 sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e che abroga il regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio

REGOLAMENTO (UE) N. 1299/2013 DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 17 dicembre 2013 recante disposizioni specifiche per il sostegno del Fondo europeo di sviluppo regionale all'obiettivo di cooperazione territoriale europea;

Visto il documento “Metodi e obiettivi per un uso efficace dei fondi comunitari 2014-2020”, presentato il 27 dicembre 2012 dal Ministro per la coesione territoriale, d’intesa con i Ministri del Lavoro e delle Politiche Sociali e delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali;

Vista la propria Delibera n. 72 del 4 febbraio 2013, “Position Paper Quadro Strategico Regionale: adozione del documento ai fini dell’avvio del confronto partenariale”;

Vista la propria Delibera n.215 del 25.3.2013 con la quale si è proceduto alla costituzione del Fondo per la progettazione degli interventi strategici;

Preso atto della bozza di Accordo di partenariato dell’11/12/2013, predisposta dal Ministero per la coesione territoriale e trasmessa alla Commissione europea;

Vista

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- la propria delibera n. 960 del 19.11.2013 ad oggetto: “Definizione della proposta di struttura e articolazione del Programma operativo regionale FSE 2014 – 2020”;

- la propria delibera n. 963 del 19.11.2013 ad oggetto: “Programmazione Fondi strutturali. a) Proposta di struttura e articolazione del Programma Operativo Regionale Crescita e Occupazione FESR 2014-2020 (POR CreO Fesr 2.0 Toscana). b) Indirizzi per gli interventi in ambito urbano (art.7 proposta di Regolamento Fesr) nel POR CreO Fesr 2.0 Toscana”;

- la propria decisione n.33 del 2.12.2013 ad oggetto: “Programmazione Fondi strutturali. Proposta di struttura e articolazione del Programma di Sviluppo Rurale (PSR) 2014-2020”;

Preso atto che tra le strategie orizzontali previste dall’Accordo di partenariato vi è quella denominata “Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne del Paese”;

Visto l’art.1, commi 13-17 della legge n.147/2013 (legge stabilità 2014), che prevede lo stanziamento di risorse a favore della “Strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne”, da destinare al finanziamento di interventi pilota per il riequilibrio dell’offerta dei servizi di base delle aree interne del Paese;

Visto il documento del DPS ad oggetto: “Le aree interne: di quali territori parliamo ? Nota esplicativa sul metodo di classificazione delle aree”, allegato al presente provvedimento (allegato A);

Vista la elaborazione dell’Irpet relativa alla individuazione dei territori della Regione Toscana che hanno le caratteristiche di aree interne secondo la metodologia elaborata dal DPS, allegata al presente provvedimento; (allegato B)

Ritenuto opportuno pertanto promuovere la progettazione sperimentale sulle aree individuate dall’Irpet come aree interne fragili, con priorità alle aree ultraperiferiche e periferiche, tenuto conto che i comuni dovranno operare in modo sistemico ed integrato assumendo a riferimento la dimensione minima della’Unione dei Comuni;

Ritenuto altresì conto che l’attività di coprogettazione potrà essere supportata con le risorse del “Fondo per la progettazione degli interventi strategici” di cui alla propria delibera n.215/2013;

Vista la comunicazione del DPS dell’8 gennaio 2013, ad oggetto “Programmazione 2014-2020: indicazioni per la redazione dei Programmi Operativi”, in cui si evidenzia che “parte costitutiva del nuovo impianto programmatorio è anche la focalizzazione delle opzioni strategiche [..] Aree interne”;

Preso atto del Documento “La strategia nazionale per le AREE INTERNE. Indirizzi per l’attuazione nell’ambito della programmazione di Fondi strutturali 2014-2020”, allegato al presente provvedimento; (allegato C)

A voti unanimi;

DELIBERA

1. di approvare il Documento “La strategia nazionale per le AREE INTERNE. Indirizzi per l’attuazione nell’ambito della programmazione di Fondi strutturali 2014-2020”, allegato al presente provvedimento; (allegato C)

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2. di prendere atto della elaborazione dell’IRPET con la quale si individuano sottosistemi territoriali di aree interne su base comunale; (allegato B)

3. di promuovere la progettazione sperimentale sulle aree individuare dall’Irpet come aree interne fragili, con priorità alle aree ultraperiferiche e periferiche, tenuto conto che i comuni dovranno operare in modo sistemico ed integrato assumendo a riferimento la dimensione minima della Unione dei Comuni;

4. di dare mandato all’Autorità di gestione del POR FESR di costituire un Nucleo tecnico operativo avente il compito, nel quadro degli indirizzi contenuti nel Documento di cui al precedente punto 1), di coordinare le procedure finalizzare a:

a) promuovere e acquisire le proposta progettuali di massima da parte dei comuni interessati, finalizzate al riequilibrio dei servizi di base e alla sviluppo delle potenzialità di sviluppo socio-economico del proprio territorio;

b) istruire tali proposte da sottoporre all’esame della Giunta Regionale per la individuazione delle aree di progetto;

c) accompagnare la cooperazione interistituzionale e la coprogettazione attuativa per i territori individuati quale aree di progetto nell’ambito e mediate l’accordo di programma quadro di cui al comma 15 dell’art.1 della legge 147/2013.

Il presente atto, che per il suo contenuto deve essere portato a conoscenza della generalità dei cittadini, è pubblicato integralmente sulla banca dati della Giunta regionale ai sensi dell’art. 18, comma 2, della L.R. 23/2007

Segreteria della GiuntaIl Direttore GeneraleANTONIO DAVIDE BARRETTA

Il Dirigente ResponsabileALBINO CAPORALE

Il Direttore GeneraleALESSANDRO CAVALIERI

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Le aree interne: di quale territori parliamo? Nota esplicativa sul metodo di classificazione delle aree1.

L’individuazione delle Aree Interne del Paese parte da una lettura policentrica del territorio Italiano, cioè un territorio caratterizzato da una rete di comuni o aggregazioni di comuni (centri di offerta di servizi) attorno ai quali gravitano aree caratterizzate da diversi livelli di perifericità spaziale. Si tratta di una prima proposta di territorializzazione, aperta alla discussione, supportata da un strumento di geovisualizzazione che permetterà una lettura delle diverse opzioni.

Tre sono le ipotesi su cui si incentra la presente proposta: 1) l’Italia è caratterizzata da una rete di centri urbani estremamente fitta e differenziata; tali centri offrono una rosa estesa di servizi essenziali, capaci di generare importanti bacini d’utenza, anche a distanza, e di fungere da “attrattori” (nel senso gravitazionale); 2) il livello di perifericità dei territori (in un senso spaziale) rispetto alla rete di centri urbani influenza – anche a causa delle difficoltà di accesso ai servizi di base - la qualità della vita dei cittadini e il loro livello di inclusione sociale; 3) le relazioni funzionali che si creano tra poli e territori più o meno periferici possono essere assai diverse, a seconda delle tipologie di aree considerate.

Il carattere di “centro di offerta di servizi” è riservato solo ed esclusivamente a quei comuni, o aggregati di comuni confinanti, in grado di offrire simultaneamente tutta l’offerta scolastica secondaria; ospedali sedi di DEA di I livello2 e stazioni ferroviarie Platinum, Gold o Silver3. L’introduzione del servizio ferroviario, assieme a due servizi essenziali quali l’istruzione e la salute, si spiega con il valore che la mobilità ferroviaria ha rivestito in questo Paese, nell’ottica del pieno rispetto del diritto alla cittadinanza. Si reputa pertanto fondante la presenza di una stazione ferroviaria di qualità media nella rete dei Centri di offerta di servizi. Un limite da considerare a questo stadio dell’analisi è che i Centri di Offerta di servizi sono selezionati facendo riferimento all’offerta del servizio stesso e non tenendo conto dei livelli di qualità degli stessi.

L’ipotesi portante è dunque quella che identifica in prima istanza la natura di Area Interna nella ”lontananza” dai servizi essenziali. Da notare che Area Interna, in questa concezione, non è necessariamente sinonimo di “area debole”. Solo attraverso l’esame delle caratteristiche e della dinamica della struttura demografica e socio-economica delle aree individuate si potrà avere una lettura completa dei diversi percorsi di sviluppo territoriale. Nel Paese esiste infatti un panorama molto differenziato di Aree Interne. In alcune le capacità particolarmente spiccate degli attori locali, assieme ai molti interventi di policy che si sono susseguiti a partire dagli anno ottanta, hanno permesso di trasformare la perifericità in un asset da valorizzare,

1 Le elaborazioni contenute in questa Nota o che in essa sono citate in quanto hanno prodotto i risultati presentati

fanno riferimento alle fonti statistiche disponibili alla data del 15 dicembre 2012. 2 L'ospedale sede DEA di I livello rappresenta un’aggregazione funzionale di unità operative che, oltre alle

prestazioni fornite dal Pronto Soccorso, garantisce le funzioni di osservazione, breve degenza e di rianimazione e realizza interventi diagnostico-terapeutici di medicina generale, chirurgia generale, ortopedia e traumatologia, terapia intensiva di cardiologia. Inoltre assicura le prestazioni di laboratorio di analisi chimico-cliniche e microbiologiche, di diagnostica per immagini, e trasfusionali. 3

RFI classifica le stazioni in: PLATINUM (13 grandi impianti):in questa classe rientrano le stazioni caratterizzate da una frequentazione superiore ai 6.000 viaggiatori medi/giorno ed un alto numero di treni medi/giorno con elevata incidenza di treni di qualità. La città sede di questi impianti, ha importanza dal punto di vista turistico, culturale, istituzionale ed architettonico; presenta, inoltre, un’elevata potenzialità commerciale; GOLD (103 impianti medio-grandi): sono compresi gli impianti medio-grandi che presentano una frequentazione abbastanza alta, con una offerta trasportistica significativa sia locale che di qualità. Le località servite da questi impianti rivestono un certo interesse sotto l’aspetto turistico, culturale, istituzionale ed architettonico. Commercialmente sono realtà con una buona potenzialità; SILVER (impianti medio-piccoli), sono inclusi tutti gli altri impianti medio-piccoli con una frequentazione media per servizi metropolitani-regionali e di lunga percorrenza inferiore a quella delle GOLD; BRONZE (impianti piccoli con bassa frequentazione). Sono inclusi in questa categoria impianti piccoli con una bassa frequentazione che svolgono servizi regionali.

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innescando interessanti processi di sviluppo, attraverso il coinvolgimento delle comunità locali e riuscendo a frenare il drenaggio della popolazione.

La metodologia proposta si sostanzia in due fasi principali: 1) Individuazione dei poli, secondo un criterio di capacità di offerta di alcuni servizi essenziali;

2) Classificazione dei restanti comuni in 4 fasce: aree peri-urbane; aree intermedie; aree periferiche e aree ultra periferiche, in base alle distanze dai poli misurate in tempi di percorrenza.

La mappatura finale risulta quindi principalmente influenzata da due fattori: i criteri con cui selezionare i centri di offerta di servizi e la scelta delle soglie di distanza per misurare il grado di perifericità delle diverse aree. A tale proposito, la classificazione dei comuni è stata ottenuta sulla base di un indicatore di accessibilità calcolato in termini di minuti di percorrenza rispetto al polo più prossimo. Le fasce che si ottengono sono calcolate usando i terzili della distribuzione dell’indice di distanza in minuti dal polo prossimo, pari circa a 20 e 40 minuti. È stata poi inserita una terza fascia, oltre 75 minuti, pari al 95-esimo percentile, per individuare i territori ultra periferici. Classificazione delle diverse Aree secondo livelli di perifericità

I diversi livelli di distanza/perifericità richiedono sforzi specifici di policy, quella ordinaria per ripensare l’organizzazione dei servizi (eg. scuole e sanità) anche sui territori più lontani, spesso montagnosi, ma anche quella aggiuntiva, che per le sue caratteristiche (condizionalità; governance multi-livello; partecipazione e legame al risultato) può agire da fattore che induce al cambiamento.

A tale proposito occorre sottolineare che il grado di perifericità dai servizi (indicatore di accessibilità) non è indice del grado di “debolezza” delle aree identificate come interne. Esso individua piuttosto una caratteristica di dette aree che peraltro si riferisce esclusivamente agli aspetti considerati (servizi scolastici, sanitari e di trasporto ferroviario). Se da un lato, pertanto, la distanza dai servizi di base rappresenta a determinate condizioni un handicap per i territori, dall’altro la loro perifericità in senso più generale può diventare un punto di forza, un valore importante dal punto di vista ambientale sfruttabile a fini economici4. La difficile accessibilità – concorrendo ad assicurarne la conservazione - potrebbe rappresentare un asset per aree di grande valore ambientale, che potrebbero scoprire o riscoprire una forte vocazione turistica. Tale caratteristica potrebbe infatti legarsi alla migliore conservabilità di contesti ambientali di pregio, anche dal punto di vista faunistico, e alla loro valorizzazione come aree protette. Inoltre, aree periferiche che conservano ancora vivi usi e tradizioni della comunità locale

4 Storicamente, d’altra parte, il concetto di accessibilità ha assunto connotazioni diverse: l’inaccessibilità ha

rappresentato a lungo un vantaggio per alcune popolazioni o comunità (ad esempio nel Medioevo).

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possono diventare luoghi dove fare esperienza di modalità di vita lontane da quelle usuali e in tal modo avvicinare persone desiderose di brevi “stacchi” ma anche persone desiderose di perpetrare tali tradizioni facendole proprie e dando nuova linfa alle esperienze esistenti.

Proseguendo nella trattazione metodologica, mentre il grado di perifericità si è basato su criteri statistici, sulla definizione dei poli è stato effettuato un lavoro di approfondimento. Questa Nota descrive un primo risultato del lavoro in corso5.

I Poli di attrazione: tra dimensione urbana e dimensione “cittadina”

La scelta dei poli (che al termine dell’analisi definiremo centri di offerta dei servizi) è stata effettuata dopo un approfondimento tematico. Il percorso qui rappresentato ha preso le mosse da una prima ipotesi che individuava i poli nei centri con popolazione residente superiore o uguale a 35.0006, definiti “Urbani”. L’impiego di una soglia di popolazione per distinguere i poli dagli altri comuni, al di là della semplicità di applicazione, era motivato dalla considerazione che la popolosità del centro, la sua dimensione “fisica”, rappresentasse da sola una buona proxy della sua dimensione “urbana”, ossia l’insieme delle caratteristiche di una città che la rendono attraente e che quindi favoriscono l’aggregarsi della popolazione. Tuttavia, le analisi successivamente condotte allo scopo di supportare con evidenze statistiche la scelta della soglia di popolazione adottata o, in alternativa, individuare una soglia più appropriata, hanno portato a concludere che non esiste una corrispondenza necessaria tra dimensione “fisica” del centro e la capacità di offrire determinati servizi (esempio tipico i centri urbani adiacenti alle grandi città le quali che agiscono da attrattori sia per il lavoro che per i servizi). L’individuazione dei poli nei comuni che offrono un insieme specifico di servizi i quali diventano quindi i reali attrattori in alternativa alla mera dimensione “fisica”, è sembrata allora la strada migliore da percorrere, pur con la necessaria approssimazione insita nella selezione dei servizi considerati. Nella scelta operata si è sostituito il criterio della dimensione urbana, approssimato mediante l’entità della popolazione, con quello della dimensione “cittadina” che guarda alla capacità dei centri di essere “inclusivi” in senso sociale e quindi di cambiare il semplice abitante in cittadino. Questo approccio, abbandonando il vincolo dato dalla dimensioni in termini di popolazione, ha permesso da un lato di identificare centri, anche piccoli, ma dotati di tutti i servizi prescelti e dall’altro di cogliere, anche in questo caso in via approssimata, il fenomeno dell’intercomunalità, ossia la capacità dei comuni di fare rete mettendo in comune i servizi7, che nel nostro Paese appare consistente. Sono stati così individuati i Poli intercomunali la cui dimensione può essere anche estremamente ridotta, ad esempio, circa 6.000 abitanti nel complesso cosa che implica singoli centri di dimensioni ancora più piccole (minimo 2.177 abitanti), ma non vincolante rispetto a propri percorsi di sviluppo.

Ripercorrendo a grandi linee la strada brevemente descritta per rendicontare le ragioni delle scelte operate, a partire dalla prima ipotesi basata sulla soglia di popolazione si è proceduto con un’analisi esplorativa preliminare delle dimensioni di popolazione e di densità abitativa. La scelta delle due dimensioni considerate si fonda sulla circostanza che i principali approcci a livello internazionale per la classificazione delle aree in urbane e rurali si basano proprio sulla combinazione di queste due variabili. Sebbene la metodologia di individuazione delle aree

5 In questa Nota si presenta il lavoro sviluppato da UVAL e UVER che tiene conto dello scambio intercorso anche con

Banca d’Italia, Istat, Ministero della Salute, Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca, Ministero per le Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Inea e Ismea. 6 Sotto questa ipotesi è stata operata l’immissione forzata del comune capoluogo della regione Valle d’Aosta che

rimaneva escluso dalla prima selezione. 7 Questo fenomeno viene colto solo in parte, dal momento che si considera solo il caso dei comuni confinanti.

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interne abbia in parte superato l’impostazione basata su questa dicotomia per sposare invece l’ottica che vede contrapposti poli di attrazione a zone periferiche a prescindere dalla loro natura urbana o rurale, si è ritenuto comunque utile partire dall’esplorazione di queste dimensioni al fine di verificarne la loro validità nel discriminare i territori.

La distribuzione dei comuni italiani rispetto alle due variabili considerate ha fatto emergere una notevole variabilità degli stessi che può essere sintetizzata nella tabella seguente. Tavola 1 – Distribuzione dei comuni italiani per popolazione residente e densità abitativa: valori caratteristici

Variabili considerate Mediana Media Minimo Massimo

Popolazione residente al 2011 (dati provvisori di censimento)

2.443 7.364 30 2.663.666

Densità per km2

109 302 1 11.943

Fonte: Elaborazioni DPS su dati Istat

La semplice osservazione dei dati nonché una prima valutazione basata sui valori caratteristici della distribuzione delle variabili di popolazione e densità (Graf. 1) ha condotto a rimettere in discussione la soglia di popolazione da principio adottata, in quanto ritenuta probabilmente elevata rispetto alle caratteristiche dei comuni Italiani. La distribuzione osservata sottintende, come è evidente, delle forti specificità territoriali che rischiano di non essere correttamente rappresentate da una scelta troppo selettiva dei poli di attrazione. Grafico 1 - Popolazione residente e densità abitativa dei comuni italiani: distribuzione e valori medi comunali

e regionali

Fonte: elaborazioni DPS su dati Istat

A supporto dell’analisi esplorativa, la base dati è stata arricchita con ulteriori informazioni disponibili a livello comunale che hanno permesso di considerare altri elementi di valutazione (Indicatori di struttura, Indicatori di offerta di servizi, Indicatori di domanda di servizi, Indicatori del contesto sociale). Gli indicatori considerati sono i seguenti:

Indicatori di struttura (Fonte: Istat) 1) Struttura abitativa. Questo indicatore è stato scelto come misura sintetica della

tipologia abitativa prevalente: centri abitati, nuclei e case sparse, e quindi considerato una proxy del grado di urbanizzazione;

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2) Tasso di popolazione over 65 anni. Questo indicatore è stato considerato una proxy del contesto demografico;

Indicatori di offerta di servizi (Fonte: MIUR, Ministero della Salute, Istat, MiBAC) 1) Presenza e tipologia di scuole secondarie superiori (varia tra “Nessuna offerta” e

“Offerta completa”, l’offerta completa comprende licei, istituti tecnici e professionali e altri tipi di istituti superiori);

2) Presenza di servizi bancari (n. sportelli bancari x 1000 abitanti);

3) Presenza di servizi finanziari per la cittadinanza;

4) Presenza di strutture sanitarie e di pronto soccorso (varia tra “Nessuna struttura” a “Più di una struttura”);

5) Presenza di strutture sanitarie con almeno 250 posti letto;

6) Presenza di strutture sanitarie con almeno 120 posti letto;

7) Presenza di strutture sanitarie sedi di DEA di I livello;

8) Presenza di una stazione ferroviaria di tipo almeno “Silver”

9) Presenza di musei statali e non statali;

Indicatori di domanda di servizi (Fonte: MIUR) 1) Iscritti alle scuole superiori su popolazione di età 14-18 anni;

Indicatori di contesto (Fonte: Istat) 1) Quota di incidenti automobilistici x 1000 veicoli circolanti (proxy del livello di

congestione).

Gli indicatori scelti rispondono alla logica di individuare dei poli di attrazione a livello locale, rispetto ad esigenze di vita quotidiana. Dalla semplice analisi grafica, poi corroborata da analisi multivariate, è emerso che mentre le variabili di struttura non si rivelano particolarmente efficaci nel discriminare i comuni rispetto alle dimensioni considerate, gli indicatori di offerta di servizi sono risultati al contrario maggiormente informativi. Se infatti caratteristiche strutturali simili possono essere ricondotte a comuni con dimensioni e densità anche molto diverse, ciò non sembra valere per alcuni indicatori di offerta che risultano più selettivi. In particolare, tra i servizi considerati per i quali sono disponibili dati a livello comunale, quelli di istruzione superiore, quelli sanitari e quelli di trasporto appaiono i più idonei ad individuare poli la cui dimensione medio-grande risulta, rispetto a quella individuata mediante il taglio a 35.000 abitanti, meglio rispondente con l’Italia che emerge dalla tabella 1, ossia un Paese caratterizzato da centri per lo più piccoli e poco densi.

Un ulteriore risultato dell’analisi è che la densità abitativa non ha un ruolo decisivo nell’identificazione dei cosiddetti poli. Osservando, in particolare, l’indicatore di offerta di servizi di istruzione superiore, vediamo come a parità di livello di popolazione residente e di offerta di servizi, la densità abitativa dei comuni con offerta completa può variare da un minimo di 20 abitanti per km2 ad un massimo di oltre 13.000 abitanti per km2 (Graf. 2). Ciò caratterizza anche l’indicatore di offerta sanitaria e di trasporto ferroviario.

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Grafico 2 - Popolazione residente e densità abitativa dei comuni italiani: distribuzione per presenza e tipologia di scuole superiori

Fonte: elaborazioni DPS su dati Istat

Con riferimento agli altri servizi considerati va osservato che: - gli indicatori di offerta di servizi bancari e di domanda di servizi di istruzione non risultano

discriminanti nell’individuazione di poli di attrazione ma si rivelano molto efficaci nel cogliere alcune specificità territoriali, indipendenti dalla dimensione e dalla densità e legate, invece, a particolari vocazioni del territorio, quali quella turistica e quella formativa, questa a sua volta legata alle caratteristiche socio-economiche del territorio (ad. esempio, specializzazione nell’offerta di scuole alberghiere o di istituti agrari);

- l’indicatore di offerta culturale (musei statali e non statali) non è stato preso in considerazione nella formulazione definitiva della proposta che si è decisamente orientata verso quei servizi che si possono definire essenziali, tralasciando altri aspetti seppure importanti della vita quotidiana.

L’analisi effettuata ha reso evidente che la sola dimensione del comune in termini di popolazione residente non sembra sufficiente a qualificare i territori come poli di attrazione e ha quindi orientato il lavoro verso una declinazione del polo quale centro di offerta di servizi specifici. L’abbandono del criterio di popolazione per la definizione dei poli ha portato anche a rilassare l’dea del polo come centro urbano unico, pertanto sono stati individuati anche i casi in cui più comuni contigui sono in grado, in un sistema a rete, di offrire i servizi individuati costituendo così un “Polo intercomunale”.

La scelta che si è infine operata riguardo agli indicatori deputati all’individuazione dei poli è la seguente: - per l’istruzione superiore, l’offerta completa di scuole secondarie superiori; - per i servizi sanitari, le strutture sanitarie sedi di DEA di I livello; - per i servizi di trasporto ferroviario, le stazioni ferroviarie di tipo almeno silver,

corrispondenti ad impianti medio-piccoli.

Con riferimento all’indicatore di offerta sanitaria è importante chiarire che la sua scelta è frutto di un’approfondita discussione, coadiuvata dal Ministero della Salute, che ha condotto verso una progressiva e sempre più precisa definizione del servizio sanitario di base

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caratterizzato da un livello avanzato (in termini di presenza del servizio) delle prestazioni e collegato ai servizi ospedalieri (cfr. Nota 1)8.

Nella tavola che segue i due approcci, quello di partenza basato sulla soglia di popolazione a 35.000 abitanti e quello basato sull’offerta di servizi essenziali, sono messi a confronto in termini di numerosità di comuni per fascia, di popolazione e di superficie. Tavola 2 - Aree Urbane, Intermedie e Periferiche dell’Italia nei due approcci presentati

Classificazione Comuni

Numerosità dei comuni per fascia

% Popolazione residente al censimento 2011 (Dato provvisorio)*

% Superficie territoriale*

“Soglia popolazione

35.000”

“Offerta servizi”

“Soglia popolazione

35.000”

“Offerta servizi”

“Soglia popolazione

35.000”

“Offerta servizi”

TOTALE 8.092 8.092 100,0 100,0 100,0 100,0

Polo 246 219 41,0 35,8 11,1 9,8

Polo intercomunale

104 - 4,1

- 2,1

Cintura 2.831 3.507 32,8 37,3 21,5 27,1

Intermedio 2.580 2.376 17,1 15,0 30,6 29,6

Periferico 1.891 1.528 7,2 6,2 27,5 24,3

Ultra-periferico 544 358 1,9 1,5 9,3 7,2

* La popolazione totale è pari a 59.570.581, la superficie territoriale pari a 301.336 km quadrati Fonte: Elaborazioni DPS su dati Istat

Quello che al termine del lavoro di analisi si delinea è un Paese in cui la popolazione è fortemente concentrata nei Poli e nelle aree di cintura nei quali abita circa il 75 per cento della popolazione Italiana (73 per cento nell’approccio “Soglia di popolazione”, 77 per cento nell’approccio “Offerta di servizi”). Nelle aree Interne, costituite dalle aree Intermedie insieme alle aree periferiche e a quelle ultra-periferiche, risiede il resto della popolazione sparso tuttavia su un blocco coesistente della superficie totale (in entrambi i casi superiore al 60 per cento). In particolare, le aree Intermedie abbracciano tra il 17 e il 15 per cento della popolazione e le aree Periferiche (e ultra-periferiche) il 9 e l’8 per cento della popolazione9.

Sebbene in termini numerici i due approcci sembrino simili, essi risultano profondamente diversi sia per le motivazioni teoriche che li supportano, sia per quanto riguarda le realtà che riescono a cogliere. L’approccio che usa la soglia dimensionale sceglie come poli quei comuni che per vari motivi, riconducibili alle condizioni del mercato come anche all’intervento pubblico, hanno subito un processo di agglomerazione. L’approccio cui si è pervenuti, basato sull’offerta di servizi, sceglie come poli i comuni dotati di servizi essenziali, ossia quelli in cui l’intervento pubblico è stato determinante ai fini della vitalità del territorio.

8 Sono stati apportati alcuni correttivi al metodo descritto che hanno riguardato i comuni capoluogo di provincia

non selezionati sulla base della presenza dei tre servizi. In particolare, sono stati forzatamente inclusi tra i poli: Agrigento, Andria, Aosta, Barletta, Bolzano, Lecce, Matera, Nuoro, Oristano, Trani, Trento e Verbania. I comuni capoluogo della Sardegna, Olbia-Tempio, Ogliastra, Medio Campidano e Carbonia-Iglesias, non sono state incluse perché nel frattempo abolite mediante referendum regionale e a seguito dell’approvazione da parte del consiglio regionale della Sardegna della legge sul riordino delle Province sarde. 9 Va osservato che in questo lavoro non si sono posti vincoli amministrativi nella associazione tra poli e i restanti

comuni. Pertanto non è infrequente il caso in cui comuni sono prossimi a poli di altre province della stessa regione o anche a poli di regioni diverse dalla propria. Questo è un elemento non secondario se si considera che esistono una serie di servizi di competenza di enti territoriali, tipicamente la Regione e/o la Provincia, che non sono erogati de plano a residenti di una regione diversa.

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8

In un’ottica di valutazione complessiva, la visione incrociata dei due metodi (Tab. 3) permette di evidenziare tre realtà territoriali “Interne” che si caratterizzano:

- le prime per essere Interne qualsiasi sia l’approccio considerato: centri di dimensioni inferiori a 35.000 senza servizi e distanti dal centro. Sono i comuni che risultano in entrambi i casi “Aree interne” (si tratta di 4.092 comuni di cui 2.191 in aree periferiche e ultra-periferiche )

- le seconde per essere Interne rispetto al mercato (non hanno subito processi spontanei di agglomerazione per ragioni riconducibili alle condizioni di mercato) ma beneficiarie del supporto pubblico: centri piccoli dotati di servizi di istruzione, sanitari e di trasporto pubblico. Sono i comuni che risultano “Centri” nell’approccio basato sull’offerta di servizi e “Aree interne” rispetto al criterio basato sulla popolazione (923 comuni, di cui 244 in aree periferiche e ultra-periferiche );

- le terze per essere Interne rispetto all’intervento pubblico ma non al mercato: centri con popolazione superiore a 35.000 abitanti ma senza servizi suddetti. Sono i comuni che risultano “Centri” con il criterio basato sulla popolazione e “Aree Interne” con il criterio basato sull’offerta di servizi (170 comuni, di cui 18 in aree periferiche e ultra-periferiche).

Tavola 3 - I due approcci messi a confronto

Criterio “Offerta di servizi”

Criterio “Soglia di popolazione a 35.000 abitanti”

Centri Aree interne Totale Polo Cintura Intermedio Periferico Ultra-periferico

Centri

Polo 142 31 33 12 1 219

Polo intercomunale 22 53 21 8 - 104

Cintura 51 2.608 625 188 35 3.507

Aree interne

Intermedio 26 126 1.779 367 78 2.376

Periferico 4 11 117 1.250 146 1.528

Ultra-periferico 1 2 5 66 284 358

Totale 246 2.831 2.580 1.891 544 8.092

Le differenze tra i due criteri presentati possono essere meglio apprezzate osservando la mappa che sovrappone i due approcci (Figura 1). Nella pagina successiva le due mappe vengono invece presentate distintamente (Figura 2).

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9

Figura 1 - Mappa delle Aree Interne come risulta dalla sovrapposizione delle cartine basate sul criterio della popolazione e della Offerta di servizi

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10

Figura 2 – Mappe dei comuni italiani secondo la classificazione in Poli e aree a diverso grado di perifericità rispetto ai poli di riferimento

Criterio basato sull’offerta di servizi Criterio basato sulla soglia di popolazione (35.000 abitanti)

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11

Un ulteriore confronto che fornisce interessanti informazioni sulle aree individuate è quello tra la mappa

basata sul criterio dell’offerta dei servizi e la mappa che da conto della morfologia del terreno dei comuni,

ossia la mappa della “rugosità”.

Essa è stata prodotta dall’Istat e si basa sull’indice ottenuto elaborando le altimetrie di un database (“data

frame”) di copertura/uso del suolo su scala nazionale e di estremo dettaglio spaziale denominato Popolus

(acronimo di Permanent Observation Points for Land Use Statistics). Tale database, aggiornato all’anno

2009, è costituito da 1.206.823 punti individuati come centroidi di una griglia regolare di 500x500 metri che

copre l’intero territorio nazionale. La sovrapposizione di tutti i punti disponibili con lo strato geografico dei

limiti amministrativi comunali consente di attribuire le altimetrie registrate al territorio di ogni singolo

comune.

L’indice di rugosità del terreno è stato quindi calcolato, in via estremamente semplificata, come la

deviazione standard delle altitudini di tutti i punti misurati in ogni comune; l’indice è stato poi suddiviso in 5

classi (quintili). L’ipotesi di base è che terreni molto pianeggianti (o poco rugosi) presentano altimetrie che

si spostano poco dal valor medio delle altimetrie rilevate nel singolo comune; viceversa in territori montani,

o comunque caratterizzati da forti dislivelli del terreno, gli scostamenti dall’altitudine media sono molto

elevati10.

In estrema sintesi e prima di osservare i dati cartografici, nella figura seguente si può apprezzare relazione

tra le aree interne (in verde) e l’indice di rugosità: la quota di popolazione residente nei comuni classificati

nelle aree interne cresce al crescere della classe di rugosità fino a raggiungere un picco massimo in

corrispondenza della classe media, per poi ridiscendere mantenendosi tuttavia sempre ben al di sopra della

quota di popolazione residente nei centri11.

Figura 3: Quota percentuale di popolazione per classi di rugosità del terreno

10

Va tenuto presente che la definizione di indice di rugosità adottata è in corso di verifica e l’Istat sta esaminando la possibilità di utilizzare sia formulazioni metodologiche più complesse, in grado di cogliere anche situazioni di particolare differenziazione territoriale dei comuni, sia database più precisi e dettagliati (ad esempio i DEM, Digital Elevation Model che rilevano le altimetrie con passi più ravvicinati, un punto ogni 75 metri). 11

Tale andamento è comprensibile considerando che al crescere del livello di rugosità le condizioni di vita della popolazione diventano sempre più disagevoli, tuttavia, va osservato che considerando le aree interne con riferimento alle sole classi periferiche e ultra-periferiche il picco massimo di quota di popolazione si ha in corrispondenza della classe di rugosità medio-alta.

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12

Fonte: elaborazioni Istat su dati Popolus 2009. Popolazione al 2011

Nella figura 4 che segue sono messe a confronto le mappe dei comuni italiani classificati per indice di rugosità e distinte considerando nel primo caso solo i comuni ricadenti nei centri e nel secondo caso solo i comuni ricadenti nelle aree interne (la mappa della rugosità per tutti i comuni viene presentata nella figura 5). Dal confronto tra le due mappe è interessante osservare che, sebbene generalmente le aree interne si caratterizzino per un indice di rugosità mediamente più alto rispetto a quello che caratterizza i centri, da un lato un certo numero di comuni con indici di sugosità bassi sono classificati come aree interne (per fare solo pochi esempi, alcuni comuni della Pianura Padana e della Puglia) dall’altro, in alcune regioni del Mezzogiorno, segnatamente Basilicata, Calabria, Sicilia e Sardegna, la condizione di area interna prescinde dalla morfologia del terreno in quanto investe buona parte del territorio regionale.

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13

Figura 4 – Mappe dei comuni italiani classificati secondo l’indice di rugosità

Indice di rugosità dei comuni classificati come Centri Indice di rugosità dei comuni classificati come Aree Interne

Fonte: elaborazioni Istat su dati Popolus 2009

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14

Fonte: elaborazioni Istat su dati Popolus 2009

Figura 5 – Mappa della rugosità dei comuni italiani

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LE AREE INTERNE DELLA TOSCANA. INDIVIDUAZIONE E CARATTERIZZAZIONE

Gruppo di lavoro IRPET: S. Bertini, D. Burgalassi, S. Iommi, D. Marinari, S. Turchetti

1. I metodi per l’individuazione delle aree deboli

Nell’ambito della programmazione della politica regionale europea per il periodo 2014-2020 è stata proposta dal parte del Ministero dello Sviluppo Economico (Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica) la categoria delle “AREE INTERNE” per individuare una larga parte del territorio nazionale, caratterizzata da perifericità rispetto ai principali poli dello sviluppo economico, con problemi di spopolamento, invecchiamento della popolazione residua, declino delle attività economiche, ma anche con alcune potenzialità di sviluppo. L’individuazione delle aree è finalizzata alla costruzione di una strategia nazionale e locale di rilancio delle stesse.

Le aree interne, nella proposta del DPS, sono definite rispetto alla loro distanza in tempo di percorrenza dai centri di offerta di servizi alla popolazione (comuni o aggregazioni di comuni). I servizi considerati sono: 1) le scuole secondarie superiori (nelle tre categorie di licei, ITC e professionali), 2) gli ospedali sede di DEA (Dipartimento Emergenza e Accettazione), 3) le stazioni ferroviarie di livello almeno “Silver”, secondo la classificazione fatta da RFI. Le classi di distanza dai poli di attrazione sono state individuate sulla base di valori caratteristici della distribuzione (terzili e 95esimo percentile), per cui si ottengono: aree di cintura (<20’), aree intermedie (20’-40’), aree periferiche (40’-75’) e aree ultraperiferiche (>75’).

Per maggiore completezza dell’informazione si ricordano di seguito alcune classificazioni alternative proposte da altri enti per l’individuazione delle aree deboli dal punto di vista socio-economico.

Il Ministero delle Politiche Agricole, ad esempio, utilizza la categoria delle “AREE SVANTAGGIATE”, definite sulla base di tre gruppi di indicatori rappresentativi dei fattori di svantaggio in relazione alle condizioni ambientali (attitudine produttiva media), insediative (densità insediativa, accessibilità) ed economiche (intensità della produzione agricola, redditività del lavoro agricolo), confrontati con indicatori di “performance” (reddito disponibile, evoluzione demografica) e indicatori “normativi” (le aree svantaggiate ex Dir. C.E.E. 268/75).

Nella letteratura sui sistemi socio-ecologici, si parla di “AREE FRAGILI”, di solito individuate in base a criteri demografici (bassa densità, spopolamento, struttura demografica sbilanciata verso gli anziani), prossimità ai principali servizi, dotazione di capitale naturale.

Infine, l’OCSE ha proposto una classificazione dei territori di livello NUTS 3 (per l’Italia il livello provinciale) che individua le “AREE REMOTE”. I territori di partenza vengono distinti in aree prevalentemente urbane, prevalentemente rurali e intermedie a seconda del peso percentuale della popolazione residente nei comuni urbani (>150 ab./kmq) e rurali (<150 ab./kmq), rispetto al totale della popolazione provinciale. Sulla base della distanza dalla città, le aree intermedie e rurali vengono poi suddivise in vicine e lontane (>60’ di almeno il 50% della popolazione da un centro con più di 50mila abitanti).

E’ evidente che i metodi citati in parte fanno riferimento ad alcuni criteri comuni (spopolamento, distanza dai centri).

1

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2. L’individuazione delle aree interne in Toscana: alcune modifiche al metodo

Osservando i risultati per la Toscana del metodo delle aree interne sono emersi alcuni aspetti migliorabili. Si è pertanto proceduto ad apportare alcune modifiche ai criteri di selezione proposti dal DPS.

Un primo aspetto debole è stato individuato nella selezione di un numero eccessivo di poli, dovuta a due ragioni fondamentali: a) la possibilità per comuni contigui, ciascuno con una parziale dotazione di servizi di interesse, di costituire un polo intercomunale su aree territoriali molto vaste; b) la sopravvalutazione di alcune stazioni ferroviarie, aventi nella realtà un livello di servizio piuttosto basso.

Di conseguenza vengono proposti i seguenti correttivi:1. si tiene conto della contiguità territoriale del tessuto urbanizzato, introducendo la maglia delle

Urban Morphological Zones (UMZ). La formazione di poli intercomunali è consentita solo tra comuni ricadenti all’interno di una stessa UMZ, perché un polo è per definizione territorialmente concentrato;

2. si propone una migliore classificazione delle stazioni ferroviarie, basata sul numero di treni giornalieri. In mancanza di tale dato, per ogni tratta ferroviaria toscana si selezionano dal gruppo delle stazioni “silver” solo quelle servite dai treni più selettivi (Treni Regionali Veloci e assimilabili). Il dato è in parte distorto dalla diversa qualità delle tratte (velocità, numero treni), ma è l’unico disponibile. Le stazioni che prevedono la fermata di treni Intercity e Frecce sono considerate almeno “gold”, mentre il gruppo delle “silver” viene suddiviso in “silver plus” e “altre silver”. Poiché la condizione per essere polo è di avere una stazione almeno “silver plus”, il risultato è più selettivo;

3. per compensare la maggiore selettività applicata alle stazioni ferroviarie, si rende meno stringente il criterio legato all’offerta scolastica (si richiede la presenza di almeno due tipologie di scuole invece di tre).

4. per le aree di confine si tiene conto anche dell’offerta di servizi collocata in poli di altre regioni (secondo classificazione DPS).

Alla fine si ottiene un numero minore di poli e dunque una maggiore diffusione di aree interne. Alcune di queste presentano, però, una parziale dotazioni dei servizi usati per individuare i poli, potrebbero dunque assumere il ruolo di centri minori per l’area di riferimento, come verrà mostrato meglio in seguito.

Infine, le nuove aree interne vengono suddivise in classi di distanza. Le distanze dai poli vengono misurate usando due diversi metodi: 1) la distanza in minuti dal polo più

vicino e le stesse classi usate dal DPS e 2) una misura di centralità/perifericità basata sul numero di addetti terziari dei poli, raggiungibili in 60 minuti. La seconda misura tiene conto della diversa importanza dei poli e della loro localizzazione territoriale ed evidenzia la concentrazione di popolazione e attività della Toscana centrale (Carte 1, 2 e 3).

Per maggiore coerenza con il metodo proposto dal DPS, tuttavia, nelle elaborazioni successive si fa riferimento al primo metodo (Carta 2).

2

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Carta 1LE AREE INTERNE SECONDO IL DPS

Fonte: stime IRPET

Carta 2LE AREE INTERNE CON IL METODO DPS “CORRETTO” (si considerano anche i poli fuori Toscana)*

Fonte: stime IRPET

3

POLI

CINTURE

AREE INTERNE INTERMEDIE

AREE INTERNE PERIFERICHE

AREE INTERNE ULTRAPERIFERICHE

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* le aree in azzurro nella Toscana centrale sono dovute solo all’uso di distanze diverse da quelle utilizzate dal DPS

Carta 3LE AREE INTERNE CON IL METODO DEGLI ADDETTI TERZIARI RAGGIUNGIBILI IN 60’

Fonte: stime IRPET

3. La caratterizzazione delle aree interne in Toscana: aree fragili e aree con potenzialità di sviluppo

Affinché la caratterizzazione delle aree interne non sia meramente descrittiva occorre finalizzarla, orientarla ad un obiettivo. Poiché tali aree possono essere allo stesso tempo territori con strutture socio-economiche fragili e zone con un potenziale di sviluppo di solito sotto-utilizzato, due macro-categorie di intervento potrebbero essere individuate nei due obiettivi: A) del rafforzamento della coesione sociale, da utilizzare soprattutto per le “AREE FRAGILI”; B) della promozione dello sviluppo economico, da utilizzare soprattutto per le “AREE CON POTENZIALITÀ”.

Tali macro-categorie sono da considerarsi trasversali rispetto ai 5 punti focali indicati dal DPS:- tutela del territorio e comunità locali,- valorizzazione delle risorse naturali, culturali e del turismo sostenibile- sistemi agro-alimentari e sviluppo locale- risparmio energetico e filiere locali di energia rinnovabile- saper fare e artigianato

Proponiamo di seguito un metodo per l’individuazione, all’interno del gruppo delle aree interne, di quelle fragili e di quelle con potenzialità di sviluppo.

Per definizione, per AREE FRAGILI si intendono quelle che hanno subito lunghi processi di spopolamento, per cui ad oggi risultano poco popolate, caratterizzate soprattutto dalla presenza di persone anziane, da un patrimonio immobiliare in larga parte inutilizzato e di basso valore, da basse presenze turistiche, bassa presenza di addetti alle attività produttive e basso reddito.

4

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Più nel dettaglio i criteri utilizzati per l’individuazione delle aree fragili sono:• Densità (abitanti per Kmq) inferiore alla media regionale• Variazione % della popolazione 2011-1971 negativa• Quota di persone con 65 anni e più superiore alla media regionale• Quota di case "vuote" superiore alla media regionale• Valore immobiliare (euro al mq) inferiore alla media regionale• Reddito IRPEF medio inferiore alla media regionale• Addetti per abitante inferiore alla media regionale• Rapporto tra presenze turistiche e abitanti inferiore alla media regionale

Come si può vedere dalla Carta 4, si ottengono aree periferiche situate lungo l’arco appenninico (Lunigiana, Garfagnana, montagna pistoiese, Mugello, Casentino) e aree della Toscana centro-meridionale (Val di Cecina interna, Colline metallifere, area grossetana interna), molte delle quali risultano anche ad elevato rischio idrogeologico.

Per individuare le AREE CON POTENZIALITA’ DI SVILUPPO, invece, si fa riferimento ai territori che presentano una base produttiva di un certo rilievo, misurata dal rapporto addetti/abitanti superiore alla media regionale. Per la definizione degli addetti si sono usati i seguenti accorgimenti:

• si è fatto riferimento agli addetti ASIA 2010,• si sono integrati tali addetti con quelli ai servizi pubblici specialistici (personale delle scuole secondarie

superiori, delle università e delle strutture ospedaliere) e all’agricoltura (le giornate di lavoro agricolo rilevate dal Censimento dell’Agricoltura 2010 sono state “trasformate” in addetti ipotizzando 220 giorni lavorativi all’anno)

• si sono sottratti a tali addetti, coloro che lavorano in settori orientati principalmente alla soddisfazione della domanda interna (quindi, commercio al dettaglio, riparazioni e altri servizi alla persona, corrispondenti ai codici ATECO 45, 47, 95, 96). Si è cercato pertanto di misurare le attività destinate al mercato esterno, che costituiscono “la base per l’esportazione” delle aree in esame.

Infine, poiché il criterio di selezione scelto non riusciva a cogliere aree turistiche molto note della Toscana (Elba, costa meridionale, zone collinari di pregio), in cui il rapporto addetti/abitanti risulta inferiore alla media regionale, si sono recuperate tali aree tra quelle con potenzialità di sviluppo incrociando i seguenti criteri:

• rapporto presenze turistiche/abitanti superiore alla media regionale,• gettito IMU da II case superiore alla media regionale

Nella Carta 4 e nella Tabella 5, queste ultime aree vengono indicate con l’etichetta di aree interne turistiche con bassa potenzialità, per distinguerle dalle altre che presentano un rapporto addetti/abitanti più elevato. In generale, le aree interne con potenzialità di sviluppo si trovano nella Toscana centro-meridionale, con alcune eccezioni in Garfagnana e Casentino.

Una volta identificate le AREE FRAGILI e le AREE CON POTENZIALITÀ DI SVILUPPO, resta un gruppo residuale che potremmo etichettare come AREE PREVALENTEMENTE RESIDENZIALI. Per definizione, sono quelle in cui la funzione residenziale è maggiore di quella produttiva (pur con diversi livelli di popolamento) e in cui la struttura demografica e il trend della popolazione non risultano particolarmente fragili. Rientra significativamente in quest’ultima categoria l’area attorno al capoluogo regionale.

E’ infine interessante introdurre un’ultima categoria di aree, trasversale rispetto alle precedenti, quella dei CENTRI POTENZIALI: si tratta delle aree che vedono la presenza di alcuni dei servizi specialistici usati per definire i poli (ospedali, scuole superiori, stazioni). Proprio per la presenza dei servizi, questi territori sono dei candidati naturali al ruolo di centro di riferimento per le aree limitrofe.

5

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Carta 4LE CARATTERISTICHE DELLE AREE INTERNE: AREE FRAGILI E AREE CON POTENZIALITA’ DI SVILUPPO

Fonte: stime IRPET

Tabella 5ALCUNE CARATTERISTICHE DELLE AREE INTERNE PER CATEGORIA

Numero comuni

Popolazione 2011

Var pop 2011/197

1Abitanti per kmq

Dimensione media

dei comuni

% 65 anni e

più

Addetti "totali"

per 1.000 abitanti

AREE INTERNE FRAGILI 61 168.011 -21,3% 32,4 2.754 28,4% 247,0 di cui a rischio frane 54 147.374 -21,7% 33,4 2.729 28,5% 242,8 AREE INTERNE TURISTICHE 49 227.364 1,6% 46,3 4.640 25,6% 334,5 di cui con potenzialità 20 73.225 -7,6% 41,2 3.661 25,4% 406,9 di cui agricoltura+turismo 13 73.225 -7,6% 35,7 5.633 26,4% 391,1 AREE INTERNE NON TURISTICHE CON POTENZIALITA’ 29 237.978 7,1% 90,5 8.206 23,8% 421,0 di cui manifattura 10 127.716 14,3% 180,0 12.772 22,8% 445,9 di cui agricoltura+manifattura 13 65.364 7,1% 72,2 5.028 23,6% 392,7 AREE INTERNE RESIDENZIALI 61 463.692 25,9% 119,5 7.602 22,6% 268,1

TOTALE AREE INTERNE 2001.097.04

5 6,7% 76,9 5.485 24,4% 311,8Fonte: elaborazioni IRPET

6

Aree interne fragili

Aree interne turistiche con bassa potenzialità

Aree interne con potenzialità

Aree interne residenziali

Poli e cinture

Ospedale DEA II

Ospedale DEA I

Scuole secondarie superiori

Stazioni almeno Silver plus

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Quota % di comuni per presenza/assenza servizi base

Senza scuola

media inferiore

Con tutto il ciclo

inferiore

(mat_elem_media

)

Senza PET

(118) Senza stazioni

Totale comuni

(nr)

Altre aree interne con potenzialità 6,9% 93,1% 55,2% 72,4% 29

Aree interne residenziali 13,1% 85,2% 77,0% 67,2% 61

Aree interne turistiche con bassa potenzialità 6,9% 82,8% 65,5% 79,3% 29

Aree interne turistiche con potenzialità 5,0% 95,0% 40,0% 75,0% 20

Fragili 18,0% 77,0% 73,8% 75,4% 61

200

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codcom nome comune cod_tipo descr_tipo CLASSE

45002 Bagnone 3 D - Intermedio 0

45004 Casola in Lunigiana 4 E - Periferico 0

45005 Comano 4 E - Periferico 0

45006 Filattiera 3 D - Intermedio 0

45007 Fivizzano 4 E - Periferico 0

45008 Fosdinovo 3 D - Intermedio 4

45009 Licciana Nardi 3 D - Intermedio 4

45012 Mulazzo 3 D - Intermedio 0

45013 Podenzana 3 D - Intermedio 4

45014 Pontremoli 3 D - Intermedio 0

45015 Tresana 3 D - Intermedio 0

45016 Villafranca in Lunigiana 3 D - Intermedio 4

45017 Zeri 4 E - Periferico 0

46001 Altopascio 3 D - Intermedio 3

46002 Bagni di Lucca 4 E - Periferico 0

46003 Barga 4 E - Periferico 3

46004 Borgo a Mozzano 3 D - Intermedio 3

46006 Camporgiano 5 F - Ultraperiferico 0

46008 Careggine 4 E - Periferico 0

46009 Castelnuovo di Garfagnana 4 E - Periferico 3

46010 Castiglione di Garfagnana 5 F - Ultraperiferico 4

46011 Coreglia Antelminelli 4 E - Periferico 4

46012 Fabbriche di Vallico 4 E - Periferico 0

46014 Fosciandora 4 E - Periferico 0

46015 Gallicano 4 E - Periferico 0

46016 Giuncugnano 4 E - Periferico 4

46019 Minucciano 4 E - Periferico 0

46020 Molazzana 4 E - Periferico 4

46022 Pescaglia 3 D - Intermedio 0

46023 Piazza al Serchio 4 E - Periferico 0

46025 Pieve Fosciana 4 E - Periferico 0

46026 Porcari 3 D - Intermedio 3

46027 San Romano in Garfagnana 5 F - Ultraperiferico 0

46029 Sillano 5 F - Ultraperiferico 0

46030 Stazzema 3 D - Intermedio 0

46031 Vagli Sotto 5 F - Ultraperiferico 0

46032 Vergemoli 4 E - Periferico 0

46034 Villa Basilica 3 D - Intermedio 0

46035 Villa Collemandina 5 F - Ultraperiferico 0

47001 Abetone 4 E - Periferico 2

47004 Cutigliano 4 E - Periferico 1

47005 Lamporecchio 3 D - Intermedio 4

47006 Larciano 3 D - Intermedio 3

47007 Marliana 3 D - Intermedio 4

47009 Monsummano Terme 3 D - Intermedio 4

47010 Montale 3 D - Intermedio 4

47013 Pieve a Nievole 3 D - Intermedio 4

47015 Piteglio 3 D - Intermedio 0

47016 Ponte Buggianese 3 D - Intermedio 4

47017 Quarrata 3 D - Intermedio 4

47018 Sambuca Pistoiese 3 D - Intermedio 0

47019 San Marcello Pistoiese 3 D - Intermedio 0

48002 Barberino di Mugello 3 D - Intermedio 3

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48004 Borgo San Lorenzo 4 E - Periferico 4

48012 Certaldo 3 D - Intermedio 4

48013 Dicomano 4 E - Periferico 4

48018 Firenzuola 4 E - Periferico 0

48019 Fucecchio 3 D - Intermedio 4

48020 Gambassi Terme 3 D - Intermedio 2

48021 Greve in Chianti 3 D - Intermedio 1

48022 Impruneta 3 D - Intermedio 4

48025 Londa 4 E - Periferico 4

48026 Marradi 4 E - Periferico 0

48027 Montaione 3 D - Intermedio 2

48030 Montespertoli 3 D - Intermedio 4

48031 Palazzuolo sul Senio 4 E - Periferico 1

48032 Pelago 3 D - Intermedio 4

48033 Pontassieve 3 D - Intermedio 4

48035 Reggello 3 D - Intermedio 4

48036 Rignano sull'Arno 3 D - Intermedio 4

48037 Rufina 4 E - Periferico 4

48038 San Casciano in Val di Pesa 3 D - Intermedio 4

48039 San Godenzo 4 E - Periferico 0

48040 San Piero a Sieve 3 D - Intermedio 4

48042 Scarperia 4 E - Periferico 3

48046 Vaglia 3 D - Intermedio 1

48049 Vicchio 4 E - Periferico 4

49002 Campiglia Marittima 3 D - Intermedio 4

49003 Campo nell'Elba 5 F - Ultraperiferico 1

49004 Capoliveri 5 F - Ultraperiferico 1

49005 Capraia Isola 5 F - Ultraperiferico 1

49006 Castagneto Carducci 3 D - Intermedio 2

49010 Marciana 5 F - Ultraperiferico 1

49011 Marciana Marina 5 F - Ultraperiferico 1

49012 Piombino 3 D - Intermedio 3

49013 Porto Azzurro 5 F - Ultraperiferico 1

49014 Portoferraio 5 F - Ultraperiferico 2

49015 Rio Marina 5 F - Ultraperiferico 1

49016 Rio nell'Elba 5 F - Ultraperiferico 1

49018 San Vincenzo 3 D - Intermedio 1

49019 Sassetta 3 D - Intermedio 1

49020 Suvereto 4 E - Periferico 1

50002 Buti 3 D - Intermedio 4

50003 Calci 3 D - Intermedio 4

50007 Casciana Terme 3 D - Intermedio 4

50009 Castelfranco di Sotto 3 D - Intermedio 3

50010 Castellina Marittima 3 D - Intermedio 3

50011 Castelnuovo di Val di Cecina 5 F - Ultraperiferico 0

50012 Chianni 3 D - Intermedio 0

50014 Fauglia 3 D - Intermedio 3

50016 Lajatico 3 D - Intermedio 4

50018 Lorenzana 3 D - Intermedio 4

50019 Montecatini Val di Cecina 3 D - Intermedio 1

50021 Monteverdi Marittimo 4 E - Periferico 1

50023 Orciano Pisano 3 D - Intermedio 4

50025 Peccioli 3 D - Intermedio 0

50027 Pomarance 4 E - Periferico 3

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50033 Santa Croce sull'Arno 3 D - Intermedio 3

50034 Santa Luce 3 D - Intermedio 1

50036 Terricciola 3 D - Intermedio 4

50037 Vecchiano 3 D - Intermedio 4

50039 Volterra 4 E - Periferico 2

51001 Anghiari 3 D - Intermedio 0

51003 Badia Tedalda 5 F - Ultraperiferico 0

51004 Bibbiena 4 E - Periferico 3

51007 Caprese Michelangelo 4 E - Periferico 0

51008 Castel Focognano 4 E - Periferico 0

51010 Castel San Niccolò 4 E - Periferico 0

51011 Castiglion Fibocchi 3 D - Intermedio 4

51013 Cavriglia 3 D - Intermedio 4

51014 Chitignano 4 E - Periferico 4

51015 Chiusi della Verna 4 E - Periferico 3

51018 Foiano della Chiana 3 D - Intermedio 4

51019 Laterina 3 D - Intermedio 4

51020 Loro Ciuffenna 3 D - Intermedio 4

51021 Lucignano 3 D - Intermedio 4

51022 Marciano della Chiana 3 D - Intermedio 3

51023 Montemignaio 4 E - Periferico 0

51024 Monterchi 3 D - Intermedio 0

51025 Monte San Savino 3 D - Intermedio 3

51027 Ortignano Raggiolo 4 E - Periferico 3

51028 Pergine Valdarno 3 D - Intermedio 4

51030 Pieve Santo Stefano 4 E - Periferico 0

51031 Poppi 4 E - Periferico 4

51032 Pratovecchio 4 E - Periferico 3

51034 Sansepolcro 4 E - Periferico 3

51035 Sestino 5 F - Ultraperiferico 0

51036 Stia 4 E - Periferico 0

51037 Subbiano 3 D - Intermedio 4

51038 Talla 3 D - Intermedio 0

52001 Abbadia San Salvatore 5 F - Ultraperiferico 0

52002 Asciano 3 D - Intermedio 1

52003 Buonconvento 3 D - Intermedio 4

52004 Casole d'Elsa 3 D - Intermedio 3

52005 Castellina in Chianti 3 D - Intermedio 2

52007 Castiglione d'Orcia 5 F - Ultraperiferico 1

52008 Cetona 4 E - Periferico 0

52009 Chianciano Terme 4 E - Periferico 2

52010 Chiusdino 4 E - Periferico 4

52011 Chiusi 4 E - Periferico 3

52013 Gaiole in Chianti 3 D - Intermedio 1

52014 Montalcino 4 E - Periferico 2

52015 Montepulciano 3 D - Intermedio 3

52017 Monteroni d'Arbia 3 D - Intermedio 4

52018 Monticiano 4 E - Periferico 1

52019 Murlo 3 D - Intermedio 4

52020 Piancastagnaio 5 F - Ultraperiferico 3

52021 Pienza 4 E - Periferico 2

52023 Radda in Chianti 3 D - Intermedio 2

52024 Radicofani 5 F - Ultraperiferico 3

52025 Radicondoli 4 E - Periferico 2

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52026 Rapolano Terme 3 D - Intermedio 1

52027 San Casciano dei Bagni 5 F - Ultraperiferico 1

52028 San Gimignano 3 D - Intermedio 2

52029 San Giovanni d'Asso 4 E - Periferico 1

52030 San Quirico d'Orcia 4 E - Periferico 2

52031 Sarteano 4 E - Periferico 4

52033 Sinalunga 3 D - Intermedio 4

52035 Torrita di Siena 3 D - Intermedio 4

52036 Trequanda 4 E - Periferico 1

53001 Arcidosso 4 E - Periferico 0

53002 Campagnatico 3 D - Intermedio 0

53003 Capalbio 4 E - Periferico 2

53004 Castel del Piano 5 F - Ultraperiferico 3

53005 Castell'Azzara 5 F - Ultraperiferico 0

53006 Castiglione della Pescaia 3 D - Intermedio 2

53007 Cinigiano 4 E - Periferico 3

53008 Civitella Paganico 3 D - Intermedio 0

53009 Follonica 3 D - Intermedio 1

53010 Gavorrano 3 D - Intermedio 4

53012 Isola del Giglio 4 E - Periferico 2

53013 Magliano in Toscana 3 D - Intermedio 2

53014 Manciano 4 E - Periferico 3

53015 Massa Marittima 4 E - Periferico 1

53016 Monte Argentario 4 E - Periferico 1

53017 Montieri 4 E - Periferico 0

53018 Orbetello 3 D - Intermedio 2

53019 Pitigliano 4 E - Periferico 0

53020 Roccalbegna 4 E - Periferico 0

53021 Roccastrada 3 D - Intermedio 0

53022 Santa Fiora 5 F - Ultraperiferico 0

53023 Scansano 4 E - Periferico 0

53024 Scarlino 3 D - Intermedio 2

53025 Seggiano 5 F - Ultraperiferico 0

53026 Sorano 4 E - Periferico 4

53027 Monterotondo Marittimo 4 E - Periferico 0

53028 Semproniano 5 F - Ultraperiferico 4

100001 Cantagallo 4 E - Periferico 4

100002 Carmignano 3 D - Intermedio 4

100007 Vernio 4 E - Periferico 0

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ETICHETTA

Fragili

Fragili

Fragili

Fragili

Fragili

Aree interne residenziali

Aree interne residenziali

Fragili

Aree interne residenziali

Fragili

Fragili

Aree interne residenziali

Fragili

Altre aree interne con potenzialità

Fragili

Altre aree interne con potenzialità

Altre aree interne con potenzialità

Fragili

Fragili

Altre aree interne con potenzialità

Aree interne residenziali

Aree interne residenziali

Fragili

Fragili

Fragili

Aree interne residenziali

Fragili

Aree interne residenziali

Fragili

Fragili

Fragili

Altre aree interne con potenzialità

Fragili

Fragili

Fragili

Fragili

Fragili

Fragili

Fragili

Aree interne turistiche con potenzialità

Aree interne turistiche con bassa potenzialità

Aree interne residenziali

Altre aree interne con potenzialità

Aree interne residenziali

Aree interne residenziali

Aree interne residenziali

Aree interne residenziali

Fragili

Aree interne residenziali

Aree interne residenziali

Fragili

Fragili

Altre aree interne con potenzialità

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Aree interne residenziali

Aree interne residenziali

Aree interne residenziali

Fragili

Aree interne residenziali

Aree interne turistiche con potenzialità

Aree interne turistiche con bassa potenzialità

Aree interne residenziali

Aree interne residenziali

Fragili

Aree interne turistiche con potenzialità

Aree interne residenziali

Aree interne turistiche con bassa potenzialità

Aree interne residenziali

Aree interne residenziali

Aree interne residenziali

Aree interne residenziali

Aree interne residenziali

Aree interne residenziali

Fragili

Aree interne residenziali

Altre aree interne con potenzialità

Aree interne turistiche con bassa potenzialità

Aree interne residenziali

Aree interne residenziali

Aree interne turistiche con bassa potenzialità

Aree interne turistiche con bassa potenzialità

Aree interne turistiche con bassa potenzialità

Aree interne turistiche con potenzialità

Aree interne turistiche con bassa potenzialità

Aree interne turistiche con bassa potenzialità

Altre aree interne con potenzialità

Aree interne turistiche con bassa potenzialità

Aree interne turistiche con potenzialità

Aree interne turistiche con bassa potenzialità

Aree interne turistiche con bassa potenzialità

Aree interne turistiche con bassa potenzialità

Aree interne turistiche con bassa potenzialità

Aree interne turistiche con bassa potenzialità

Aree interne residenziali

Aree interne residenziali

Aree interne residenziali

Altre aree interne con potenzialità

Altre aree interne con potenzialità

Fragili

Fragili

Altre aree interne con potenzialità

Aree interne residenziali

Aree interne residenziali

Aree interne turistiche con bassa potenzialità

Aree interne turistiche con bassa potenzialità

Aree interne residenziali

Fragili

Altre aree interne con potenzialità

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Altre aree interne con potenzialità

Aree interne turistiche con bassa potenzialità

Aree interne residenziali

Aree interne residenziali

Aree interne turistiche con potenzialità

Fragili

Fragili

Altre aree interne con potenzialità

Fragili

Fragili

Fragili

Aree interne residenziali

Aree interne residenziali

Aree interne residenziali

Altre aree interne con potenzialità

Aree interne residenziali

Aree interne residenziali

Aree interne residenziali

Aree interne residenziali

Altre aree interne con potenzialità

Fragili

Fragili

Altre aree interne con potenzialità

Altre aree interne con potenzialità

Aree interne residenziali

Fragili

Aree interne residenziali

Altre aree interne con potenzialità

Altre aree interne con potenzialità

Fragili

Fragili

Aree interne residenziali

Fragili

Fragili

Aree interne turistiche con bassa potenzialità

Aree interne residenziali

Altre aree interne con potenzialità

Aree interne turistiche con potenzialità

Aree interne turistiche con bassa potenzialità

Fragili

Aree interne turistiche con potenzialità

Aree interne residenziali

Altre aree interne con potenzialità

Aree interne turistiche con bassa potenzialità

Aree interne turistiche con potenzialità

Altre aree interne con potenzialità

Aree interne residenziali

Aree interne turistiche con bassa potenzialità

Aree interne residenziali

Altre aree interne con potenzialità

Aree interne turistiche con potenzialità

Aree interne turistiche con potenzialità

Altre aree interne con potenzialità

Aree interne turistiche con potenzialità

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Aree interne turistiche con bassa potenzialità

Aree interne turistiche con bassa potenzialità

Aree interne turistiche con potenzialità

Aree interne turistiche con bassa potenzialità

Aree interne turistiche con potenzialità

Aree interne residenziali

Aree interne residenziali

Aree interne residenziali

Aree interne turistiche con bassa potenzialità

Fragili

Fragili

Aree interne turistiche con potenzialità

Altre aree interne con potenzialità

Fragili

Aree interne turistiche con potenzialità

Altre aree interne con potenzialità

Fragili

Aree interne turistiche con bassa potenzialità

Aree interne residenziali

Aree interne turistiche con potenzialità

Aree interne turistiche con potenzialità

Altre aree interne con potenzialità

Aree interne turistiche con bassa potenzialità

Aree interne turistiche con bassa potenzialità

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Aree interne turistiche con potenzialità

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Fragili

Aree interne turistiche con potenzialità

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Aree interne residenziali

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Aree interne residenziali

Aree interne residenziali

Aree interne residenziali

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REGIONE TOSCANA Giunta Regionale

La strategia nazionaleper le

AREE INTERNE

Indirizzi per l’attuazione nell’ambito della programmazione di Fondi strutturali 2014-2020

Seduta della Giunta Regionale del 20 gennaio 2014

Direzione Generale Competitività del sistema regionale e sviluppo delle competenze

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1. Inquadramento generale

Quella per le aree interne (insieme a quelle per le città e per il mezzogiorno) è una delle tre strategie territoriali proposte dal (allora) ministro Barca per la futura fase di programmazione dei fondi strutturali per il periodo 2014-2020.

La suggestione proviene da una riflessione del Governatore della Banca di Italia e viene sviluppata dal DPS (Dipartimento politiche di coesione) al fine di sviluppare una strategia che si fonda su 3 assunti:

- mettere in sicurezza il territorio- promuovere la diversità naturale e culturale- concorrere ad una nuova stagione di sviluppo.

Le aree interne sono definite per il loro carattere di perifericità e di distanza non tanto o non solo goegrafica dai poli urbani, quanto dalla loro distanza dai centri di offerta dei servizi di base, individuando tra tali servizi i seguenti:

- istruzione (scuola secondaria superiore)- sanitario (ospedale sede di un DEA: dipartimento d’emergenza e accettazione)- trasporti (distanza da una stazione ferroviaria di tipo Silver)

La dimensione sociale prima ancora che economica definisce le aree interne sulla base di una prevalenza dei fattori di contesto connessi all’offerta dei servizi di base che consente alle popolazioni di risiedere, e con qualità, in determinati luoghi.

In tal senso anche la dimensione del luogo (il comune) in termini di popolazione residente non risolve immediatamente la identificazione dell’area interna.

La scelta metodologica di base elaborata dal DPS ha una sua logica in termini di politiche, poiché scegliere le aree interne sulla base dell’offerta di servizi pubblici, o della loro distanza dai poli di offerta di tali servizi, e produce come conseguenza che l’azione pubblica deve interessarsi ad territorio in cui si registra una distanza da una politica pubblica.

In altri termini, vi sono territori che vivono una perifericità (distanza) dai contenuti delle politiche pubbliche relative ai servizi pubblici di base richiamati.

L’assenza di una efficace politica di servizi pubblici essenziali impedisce alla popolazione di (soprav)vivere ma allo stesso tempo impedisce al territorio di esprimere una domanda di attivazione di economia, quindi posti di lavoro, quindi benessere: da qui l’emigrazione, lo spopolamento, la sottoutilizzazione delle risorse endogene.

La dimensione pubblica si interseca con la dimensione di mercato.

Una politica per le aree interne nasce quindi dal bisogno di dare risposte a taluni territori fragili e periferici dai servizi e dalle politiche, e richiede pertanto alcune condizionalità:

- essere una politica di cooperazione istituzionale con le politiche ordinarie nazionali e regionali stesse sui temi dell’istruzione, dei trasporti, della salute

- operare in un quadro di “unione” di comuni, io comunque in una ottica di sistema e di cooperazione locale e non di singola municipalità

- garantire prima le condizioni di residenzialità e pertanto di sicurezza sociale e territoriale dei luoghi, per consentire l’attivazione di azioni di mercato (sarebbe

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contraddittorio popolare le aree interne di residenzialità turistica in assenza di servizi essenziali)

I temi proposti dal DPS sono l’agricoltura, le risorse ambientali e naturali, l’energia, il turismo, (così anche altri settori produttivi) la rete delle telecomunicazioni; ma emerge forte l’opportunità, prima di puntare ad una azione di mercato, procedere alla soluzione dei problemi di perifericità dai servizi che caratterizza e identifica le aree, e quindi partire da azioni di cittadinanza.

In tal senso, nella legge di stabilità 2014 (legge 27 dicembre 2013, n.147), prevede uno stanziamento di bilancio, finalizzato a finanziare interventi nei settori dei trasporti, della sanità e dell’istruzione che integrano – costituendone l’addizionalità - gli interventi regionali con i fondi strutturali (c.d. Fondo aree interne)

Di seguito il testo dell’art.1, commi 13-17

13. Al fine di assicurare l’efficacia e la sostenibilità nel tempo della strategia nazionale per lo sviluppo delle aree interne del Paese, in coerenza con l’Accordo di partenariato per l’utilizzo dei fondi a finalità strutturale assegnati all’Italia per il ciclo di programmazione 2014-2020, è autorizzata la spesa di 3 milioni di euro per l’anno 2014 e di 43,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2015 e 2016, a carico delle disponibilità del Fondo di rotazione di cui all’articolo 5 della legge 16 aprile 1987 n.183.14. Le risorse di cui al comma 13 sono destinate al finanziamento di interventi pilota per il riequilibrio dell’offerta dei servizi di base delle aree interne del Paese, con riferimento prioritariamente ai servizi di trasporto pubblico locale ivi compreso l’utilizzo dei veicoli a trazione elettrica, di istruzione e socio-sanitari, secondo i criteri e le modalità attuative previste dall’Accordo di partenariato.15. L’attuazione degli interventi, individuati ai sensi del comma 14, è perseguita attraverso la cooperazione tra i diversi livelli istituzionali interessati, fra cui il Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti, il Ministero della salute, mediante la sottoscrizione di accordi di programma-quadro di cui all’articolo 2, comma 203, lettera c), della legge 23 dicembre 1996, n.662, in quanto applicabile, con il coordinamento del Ministero della coesione territoriale che si avvale dell’Agenzia per la coesione territoriale.16. I criteri generali per l’individuazione delle aree interne ai sensi del comma 13, interessate ai progetti pilota di cui al comma 14, sono definiti con l’Accordo di partenariato.17. Entro il 30 settembre di ciascun anno, il Ministro per la coesione territoriale presenta al CIPE i risultati degli interventi pilota posti in essere nel periodo di riferimento, ai fini di una valutazione in ordine a successivi rifinanziamenti dell’autorizzazione di spesa di cui al comma 13.

Nel corso di un incontro tecnico al DPS, svoltosi il 18 dicembre u.s. alla presenza del Direttore Generale del Ministero dell’Economia e Finanze, Fabrizio Barca, delegato dal Ministro Saccomanni a seguire la elaborazione ed attuazione della Strategia nazionale per le aree interne, ed a cui hanno partecipato rappresentanti delle tre autorità di gestione dei Fondi (Fesr, Fse e Feaser), è stata illustrata la modalità di attuazione di tale strategia in relazione anche alle possibilità di accesso alle risorse del Fondo nazionale di cui sopra:

nei Programmi operativi deve essere individuata o comunque indicata una quota di risorse da dedicare alle aree interne, o meglio, all’area di progetto individuata. Tale previsione unitaria è condizione per accedere, per il territorio interessato all’area progetto, alle risorse nazionali.

2. Ricadute programmatiche Regione Toscana

Il DPS ha ipotizzato una metodologia per poter giungere ad una identificazione di aree interne; l’IRPET su questa base ha prodotto una propria elaborazione sulla base di una metodologia integrativa che – senza abbandonare i criteri di base dell’impianto teorico – ha tenuto conto in modo più articolato di ulteriori fattori connessi alla dimensione sociale (residenzialità, ai fenomeni occupazionali, alla popolazione residente, alla specificità dei luoghi, alla dimensione sistemica territoriali, presenza di presidi territoriali) – per poter meglio identificare le aree interne e non cadere nella “trappola terminologica” o dei tradizionali automatismi delle zonizzazioni indifferenziate.

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Nel caso della Toscana, ma non solo, esiste un rurale ricco, abitato e sviluppato, come un rurale industrializzato (la “campagna urbanizzata” degli studi distrettuali di Becattini) che costituisce una diversità e una esperienza in cui si è riusciti almeno in parte a superare i fattori di perifericità prima richiamati. Così come è possibile registrare la specificità di alcuni territori in cui si è in presenza di una area interna che dipende funzionalmente dal punto di vista delle relazioni casa-lavoro e casa-scuola (per non dire dei trasporti e dei servizi sanitari) dalla organizzazione dei servizi nei poli urbani di riferimento che costituiscono i “centri di offerta dei servizi”. In questi casi è importante affrontare gli interventi in modo più originale e differenziato rispetto ai metodi tradizionali.

Aree interne non si traduce automaticamente in aree montane piuttosto che in aree rurali, per quanto vi è una probabilità correlativa molto elevata: aree interne sono aree di disagio e di fragilità sociale e territoriale, dove è essenziale in primo luogo ri-creare le condizioni di residenzialità, fare in modo che il morfologia (sono state descritte le aree interne anche “territori rugosi”) e la distanza dalla organizzazione dei servizi essenziali sia affrontata come precondizioni per lo sviluppo; in secondo luogo, evitare facili soluzioni di sviluppo connesse ai meri fattori di occasionale attrattività legate alle risorse (spesso potenziali) locali. Il turismo e la residenzialità secondaria sono fattori di sviluppo e di benessere, ma un territorio è tale se è vissuto e agito in primo luogo da chi vi vive quotidianamente.

Il concetto di aree interne rinvia alla storia dello sviluppo, richiama la definizione delle “terre dell’osso” di Manlio Rossi Doria,1 e nella sua evoluzione anche in termini di analisi territoriale, evoca isolamento, povertà e scarso sviluppo. Aree interne richiama anche il concetto di fragilità territoriale: territori in cui l’abbandono o la conseguente scarsa manutenzione ha determinato condizioni di rischio ambientale.

L’intuizione della proposta del DPS è quella di allargare il concetto ad una dimensione sociale condizionante l’azione pubblica a favore dello sviluppo, affrontando così la perifericità in termini più estesi e funzionali, non solamente con indici di caratterizzazione territoriale.

In questo senso si è in presenza di una lettura critica delle politiche pubbliche sino ad oggi praticate:

- da un lato, le politiche di sviluppo e coesione che hanno comunque interessato a vario titolo le aree interne senza che abbiamo affrontato le condizioni di vita, e quindi non solo di attrattività turistico/escursionistica, dei territori: la utilizzazione delle risorse endogene presuppone che si determinino le condizioni per il benessere sociale della popolazione;

- dall’altro, - e qui è una delle originalità della strategia e della traiettoria che delinea – delle politiche ordinarie nazionali e, per quanto di competenza, regionali, che non hanno determinato le condizioni di base per le quali le politiche di sviluppo e coesione costituissero un fattore di addizionalità.

Una politica per le aree interne deve essere necessariamente e condizionatamente addizionale: in assenza di politiche ordinarie quelle di coesione, e quindi di sviluppo, sarebbero non solo sostitutive, ma anche inefficaci. La criticità delle aree interne deriva in gran parte da una distanza dalle politiche ordinarie.

1 Manlio Rossi Doria, alla fine degli anni ’50, analizzando le aree interne e collinari del Mezzogiorno rispetto a quelle di pianura, coniò l’espressione “osso” (aree interne) e “polpa” (pianure) per denunciare la profonda divaricazione - sul piano socioeconomico - che le due aree andavano assumendo.

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Per questo è essenziale che la strategia si realizzi in un quadro di cooperazione interistituzionale, in cui l’intervento dei fondi strutturali accompagni l’intervento ordinario: da qui la costituzione del Fondo aree interne previsto dalla legge di stabilità.

3. L’attuazione

3.1.Le procedure

La strategia prevede che ogni Regione individui una o più aree interne, dove poter sviluppare e accompagnare una progettazione territoriale sui temi dello sviluppo tenendo conto della necessità di affrontare i fattori di criticità (perifericità) che ne determinano le condizioni: trasporti, istruzione, sanitario (condizioni di cittadinanza). Tale progettualità potrà essere accompagnata da ipotesi di intervento per lo sviluppo economico del territorio (condizioni di mercato).

E’ altresì richiesto che tra le aree interne così intese, sia in via prioritaria individuata un’area (massimo due) dove avviare quanto prima quello che viene definito un “prototipo di progetto”, un progetto pilota (secondo la norma della legge di stabilità), una sorta di sperimentazione che possa essere nel tempo replicata nelle restanti aree: una area progetto

Una delle condizioni per avviare tale progettazione è quella che i Comuni siano costituiti o si costituiscano in Unione dei comuni, o comunque che operino in forma cooperativa. Il tema delle aree interne non può e non deve affrontare la tematica delle risorse scarse dei comuni minori, ma può farsi carico di superare al frammentazione istituzionale condizionando l’azione al metodo cooperativo.

2.2. La individuazione delle potenziali aree

Le elaborazioni di Irpet portano a individuare tra le aree interne, due sottotipologie:

- aree fragili- aree con potenzialità

con livelli di perifericità geografica differenziata (intermedie, periferiche, ultraperiferiche), in parte coincidenti con quelle precedentemente indicate.2

Dal punto di vista operativo, una volta perimetrati i potenziali territori, si potrebbe individuare come le possibili aree eligibili:

- le aree fragili, periferiche e ultraperiferica

promuovendo la progettualità di massima finalizzata primariamente, al riequilibrio dei servizi di base, e in secondariamente, allo sviluppo delle potenzialità di sviluppo socio-economico del proprio territorio.

Tra le progettualità proposte, la Giunta Regionale, su base negoziale, previa istruttoria tecnica, individuerà le aree di progetto, una delle quali potrà pervenire alla sottoscrizione dell’accordo di programma quadro con i Ministeri.

Nel promuovere tale attività, si dovrà tener conto che i Comuni dovranno operare in modo sistemico ed integrato assumendo a riferimento la dimensione minima della’Unione dei Comuni.

2 Notare che anche Piombino e i comuni costieri limitrofi rappresentano un’area interna con potenzialità intermedie: è la ri-prova della originalità del metodo in quanto operando su sistemi territoriali (i sistemi locali del lavoro) evidenzia come Piombino sia un’area di attrattività (in termini di lavoro e di servizi) per i residenti nei comuni interni collinari (interni essi stessi sul piano morfologico)

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La Regione, mediante un Nucleo tecnico operativo, dovrà:

a) promuovere e acquisire le proposta progettuali di massima da parte dei comuni interessati (schema strategico), finalizzate al riequilibrio dei servizi di base e alla sviluppo delle potenzialità di sviluppo socio-economico del proprio territorio;

b) istruire tali proposte da sottoporre all’esame della Giunta Regionale per la individuazione delle aree di progetto;

c) accompagnare la cooperazione interistituzionale e la coprogettazione attuativa per i territori individuati quale aree di progetto nell’ambito e mediate l’accordo di programma quadro di cui al comma 15 dell’art.1 della legge 147/2013.

Gli enti locali potranno elaborare la propria progettualità supportati dal Fondo regionale di progettazione, il quale è cofinanziato dal FESR e con risorse regionali.

Le risorse del Fondo aree interne nazionale non potrà essere destinato a tutte le aree che la Regione vorrà individuare, ma solamente, almeno nella prima fase, ad una sola area di progetto.

* * *

Da punto di vista operativo per l’attuazione degli indirizzi, si procederà mediante un Nucleo Tecnico di coordinamento composto dalle AAddgg dei Programmi Operativi Regionali dei Fondi strutturali, dai settori di riferimento per sociale, lavoro, trasporti, sanità, scuola/istruzione; per le azioni di promozione economica, dai settori agricoltura, industria, commercio, turismo, beni culturali; per le azioni di tutela ambientale del territorio previste dal POR, dai Settori della DG Ambiente.

09_01_2014