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REDATTA SCHEDA PER CASELLARIO N. 21/06 del Reg. Gen. Addì __________________ N. 15/08 del Reg. Sent. REDATTA PARCELLA Estratto Esecutivo il_____________________ il___________________________ Campione Penale N° - Procura Generale ROMA - Proc.Rep. c/o Trib.____________ - Corte Assise_________________ - Uff.Ademp. Esec.Trib/GIP______ 2^ CORTE DI ASSISE DI APPELLO DI ROMA R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO L’anno duemilaotto il giorno 04 del mese di Aprile in Roma LA CORTE DI ASSISE DI APPELLO DI ROMA composta dai Signori: 1. dott. Guido CATENACCI Presidente 2. dott.ssa Giuseppina D’ANTONIO Consigliere 3. Sig. Giancarlo DE ROSA 4. Sig. Tommaso SCAPPATICCI
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Jan 27, 2019

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REDATTA SCHEDA PER CASELLARIO N. 21/06 del Reg. Gen.Addì __________________ N. 15/08 del Reg. Sent.REDATTA PARCELLA Estratto Esecutivoil_____________________ il___________________________Campione Penale N° - Procura Generale ROMA

- Proc.Rep. c/o Trib.____________- Corte Assise_________________

- Uff.Ademp. Esec.Trib/GIP______

2^ CORTE DI ASSISE DI APPELLO DI ROMAR E P U B B L I C A I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

L’anno duemilaotto il giorno 04 del mese di Aprile in Roma

LA CORTE DI ASSISE DI APPELLO DI ROMA

composta dai Signori:

1. dott. Guido CATENACCI Presidente

2. dott.ssa Giuseppina D’ANTONIO Consigliere

3. Sig. Giancarlo DE ROSA

4. Sig. Tommaso SCAPPATICCI

5. Sig.ra Alessandra COLAIUDA Giudici

6. Sig. Nicola Edoardo TROILO popolari

7. Sig.ra Marina ANGELINI

8 Sig. Francesco PELLEGRINI

ha pronunciato in pubblica udienza la seguente

S E N T E N Z Anella causa penale in grado d’appello

C O N T R O

1) COSTA Alessandro, nato a Roma il 3/7/1970 – ivi res. Via Ostuni n. 7 – Arrestato il 24/10/03 – Scarcerato l’8/7/05 – d.d. Viale Medaglie D’Oro n. 416 – Roma c/o Vitale Gianni – e dom. c/o Avv. Marco Lucentini Via Chiana, 97 – Roma Difeso dall’Avv. Lucentini Marco, Via Chiana n. 97 – Roma -

LIBERO PRESENTE

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2) BADEL Roberto, nato a Catanzaro il 29/11/1967 – Res. Roma, Via Diego Angeli n. 173 – Arrestato il 16/7/04 – Scarcerato l’8/7/2005 –Difeso dall’Avv. Calia Caterina, Via Trionfale n. 9086 – Roma – e Avv. Albertini Rossi Flavio, Via Chinotto n. 1 – Roma –

LIBERO PRESENTE

3) BROCCATELLI Paolo, nato a Roma il 23/4/1968 – ivi res. Via Tiburtina n. 905 scala B int. 4 – Arrestato il 24/10/2003 – Difeso dall’Avv. Garcea Annaisa, Via Cola di Rienzo n. 28 – Roma –

DETENUTO C. C. “SIANO” CATANZARO ASSENTE PER RINUNCIA

4) MEZZASALMA Marco, nato a Tripoli (Libia) il 17/6/1959 – res. Roma, Via Pescaglia n. 71 – Arrestato il 24/10/2003 – Difeso dall’Avv. Calia Caterina, Via Trionfale n. 9086 – Roma –

DETENUTO C. R. PARMA PRESENTE in videoconferenza

5) SARACENI Federica, nata a Roma il 22/12/1969 – ivi res. Via Lorenzo il Magnifico n. 117 – Arrestata 25/10/2003 – Agli arresti domiciliari in Roma Via Herbert Spencer n. 282 – Scarcerata il 15/8/2007 – Difesa dall’Avv. Coppi Franco, Viale Bruno Buozzi n. 3 – Roma – e Avv. Misiani Francesco, Viale G. Mazzini n. 142 – Roma –

LIBERA PRESENTE

6) BOCCACCINI Simone, nato a Firenze il 23/2/1958 – res. in Bagno a Ripoli (FI) Frazione Grassina – Via Giuseppe Di Vittorio n. 90 – Arrestato il 29/10/2003 –Difeso dall’Avv. Guerra Sandro e Avv. Rosso Ediberto, Via Lorenzo il Magnifico n. 53 – Firenze -

DETENUTO C. C. “SIANO” CATANZARO ASSENTE PER RINUNCIA

7) DI GIOVANNANGELO Bruno, nato a Roccascalena (CH) il 6/10/1959 –Arrestato il 31/10/03 - Agli arresti domiciliari in Pisa, Via Betti n. 1 – Arrestato il 28/6/2007 –Difeso dall’Avv. Bartoli Isabella. Piazza S. Lorenzo n. 45 – Pisa –

DETENUTO C. C. PISA ASSENTE PER RINUNCIA

8) BLEFARI MELAZZI Diana, nato a Roma il 4/4/1969 – ivi res. Via del Pigneto n. 30/C – Arrestata il 22/12/03 – Difesa dall’Avv. Calia Caterina, Via Trionfale n. 9086 – Roma – e Avv. Spigarelli Valerio, Piazza Mincio n. 4 – Roma -

DETENUTA C. C. REBIBBIA FEMMINILASSENTE PER RINUNCIA

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Parti Civili:1) Presidenza Consiglio dei Ministri in persona del Presidente Consiglio dei Ministri p.t., - 2) Commissione di garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero dei servizi pubblici ed essenziali - rappresentate dall’Avvocatura Generale dello Stato, Via dei Portoghesi n. 12 – Roma – 3) DI SERIO Olga ved. D’Antona, nata a Roma il 30/10/46 - rappresentata dall’Avv. Petrucci Luca, Via Premuda n. 6 – Roma – 4) D’ANTONA Valentina, nata a Roma l’11/5/74 - rappresentata dall’Avv. Michetelli Cristina, Via Premuda n. 6 – Roma – 5) BROCCOLINI Alma, nata a Tuoro (PG) il 7/9/56 – 6) PETRI Angelo, nato a Castiglione del Lago (PG) l’8/2/84 – 7) PETRI Leopoldo, n. Castiglione del Lago (PG) il 28/4/56 - tutti rappresentati dall’Avv. Biscotti Valter, Corso Vannucci n. 107 – Perugia – 8) POSTE ITALIANE S.p.a. con sede in Roma Viale Europa n. 190 in persona del l.r.p.t. prof. Enzo Cardi - rappresentata dall’Avv. Severino Paola, Via Ciro Menotti n. 4 - Roma

Appellanti il PM, le PC e la imputata Blefari Melazzi

avverso la sentenza della Corte di Assise di Roma emessa in data 08/07/2005 la

quale assolveva il 1° e 2° imputato per non aver commesso il fatto; condannava il

3° imputato alla pena di anni 9 di reclusione; il 4° imputato alla pena

dell’ergastolo; la 5^ imputata alla pena di anni 4 e mesi 8 di reclusione; il 6°

imputato alla pena di anni 5 e mesi 8 di reclusione; il 7° imputato alla pena di

anni 5 e mesi 6 di reclusione; l’8^ imputata alla pena di anni 9 e mesi 6 di

reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali e di custodia cautelare.

C O N C L U S I O N I

- Il P.G. chiede per Badel la condanna alla pena di anni 3 e mesi 6 di reclusione; per Blefari Melazzi la conferma della sentenza di condanna; per Boccaccini la rideterminazione della pena in complessivi anni 6 e mesi 5 di reclusione, previo aumento di 9 mesi di reclusione per la continuazione; per Broccatelli la condanna alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno di mesi 4; per Costa la condanna ad anni 4 di reclusione: per Di Giovannangelo la ridetermianzione della pena in complessivi anni 7 di reclusione ed Euro 2.600,00 di multa, previo

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aumento di anni 1 e mesi 6 di reclusione ed Euro 600,00 di multa per la continuazione; per Mezzasalma la condanna alla pena dell’ergastolo con isolamento diurno di mesi 6; per Saraceni la pena complessiva di anni 24 e mesi 8 di reclusione.

- L’Avv. Lucentini per Costa chiede la conferma della sentenza appellata.- L’Avv. Albertini Rossi per Badel chiede la conferma della sentenza di I°

grado. - L’Avv. Calia per Mezzasalma chiede al conferma della sentenza di I°

grado e rigetto dell’appello del PM; per Blefari Melazzi la pena contenuta nel minimo possibile; per Badel si riporta a quanto già detto dall’Avv. Albertini Rossi.

- L’Avv. Garcea per Broccatelli chiede la conferma della sentenza di I° grado.

- L’Avv. Misiani per Saraceni chiede la conferma della sentenza di I° grado.

- L’avv. Coppi per Saraceni chiede l’assoluzione della propria assistita.- L’Avv. Spigarelli per Blefari Melazzi chiede l’accoglimento dei motivi

di appello.- L’Avv. Guerra per Boccaccini chiede la conferma della sentenza

assolutoria riportandosi alla memoria difensiva. - L’Avv. Bartoli per Di Giovannangelo chiede l’assoluzione del proprio

assistito e quindi la conferma della sentenza appellata.- I difensori delle parti civili si riportano alle conclusioni scritte.

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IMPUTATI

Per il proc. 2/05 R.G. Assise e n. 22954/04 Notizie Reato:

LIOCE NADIA DESDEMONA – MAZZEI MICHELE – FOSSO ANTONINO –

DONATI FRANCESCO – GALLONI MARCO – BROCCATELLI PAOLO –

MEZZASALMA MARCO – MORANDI ROBERTO – COSTA ALESSANDRO

– SARACENI FEDERICA – BLEFARI MELAZZI DIANA – BOCCACCINI

SIMONE – DI GIOVANNANGELO BRUNO – VISCIDO FABIO – VISCIDO

MAURIZIO –

Del reato p. e p.

a) art. 110-112 n. 1 – 306 co. 1 e 2 c.p. aggravato dall’art. 1 della legge 15/80 e art.

270 bis c.p. in relazione agli artt. 302 – 283 e 284 c.p. per aver partecipato, in

concorso tra loro e con altre persone, alla banda armata e alla associazione

eversiva Brigate Rosse per la costruzione del Partito Comunista Combattente

(BR – PCC), operativa anche con altre sigle, quali NIPR e NPR, per la

rivendicazione d attentati, secondo una programmata strategia di

differenziazione dei livelli di lotta armata per la quale i c.d. irriducibili del

carcerario autorizzavano l'uso della sigla Brigate Rosse in funzione della ripresa

dell'attacco al cuore dello Stato - costituita al fine di sovvertire violentemente

gli ordinamenti economici e sociali dello Stato, di mutare la Costituzione dello

Stato e la forma di Governo con mezzi non consentiti dall’ordinamento

Costituzionale dello Stato, di promuovere una insurrezione armata contro i

poteri dello Stato e diretta a compiere delitti contro l'ordine democratico,

l'ordine pubblico e l'incolumità pubblica e delle persone, contro la fede pubblica

e il patrimonio e in tema di anni e dunque con finalità di terrorismo e di

eversione dell'ordine democratico; con la Lioce e il Mezzasalma in qualità di

capi, per il Mezzasalma almeno dall’arresto della prima in data 2 marzo 2003;

In Roma e altrove dal 1995 e con permanenza

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La LIOCE, il BROCCATELLI, (la Proietti omissis), il MEZZASALMA, (la

Banelli omissis), il MORANDI, la SARACENI

b) artt. 110-112 n. 1 – 624 - 625 n.ri 2, 5 e 7 - 61 n.2 c.p.. e 1 della legge 6

febbraio 1980 n. 15 per essersi impossessati, agendo in concorso tra loro e con

altre persone, al fine di commettere il delitto di cui al capo e) e con finalità di

terrorismo e di eversione dell'ordine democratico, del furgone Fiat Ducato di

colore bianco targato Roma 16565 P nella disponibilità di Capozza Luciano

mediante effrazione e commettendo il fatto su cosa esposta alla pubblica fede

sulla pubblica via.

In Roma tra le h. 16.00 del 6 maggio e le h. 17.00 del 7 maggio 1999 ed

accertato il 20.05.1999.

c) artt. 110-112 n. 1 - 624-625 n.ri 2, 5 e 7 - 61 n.2 c.p. e 1 della legge 6 febbraio

1980 n.15 per essersi impossessati, agendo in concorso tra loro e con altre

persone, al fine di commettere il delitto di cui al capo e) e con finalità di

terrorismo e di eversione dell'ordine democratico, del furgone Nissan Vanette,

targato VA D04735 di proprietà di Fumaselli Alessandro mediante effrazione e

commettendo il fatto su cosa esposta alla pubblica fede sulla pubblica via.

In Roma tra le h. 19.00 del 23 aprile e le h. 7.00 del 29 aprile 1999 ed

accertato il 20 maggio 1999.

d) artt. 110-112 n. 1 - 61 n.2 c.p. e 10-12 e 14 della legne 14 ottobre 1974 n.497 e

21/23 della legge 18 aprile 1975 n. 110, 1 della legge 6 febbraio 1980 n. 15, per

avere, agendo in concorso tra loro e con altre persone , con finalità di terrorismo

e di eversione dell'ordine democratico e di commettere i delitti sub e),

illecitamente detenuto e portato in luoghi pubblici una pistola e relativo

munizionamento di marca, allo stato imprecisabile e di calibro 9x17 (cal. 9

corto).

Acc. in Roma il 20 maggio 1999 e con permanenza.

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e) artt. 110-112 n.1 – 280 - 61 n.ri 2 e 10 C.P. perché in concorso con altre persone

in numero superiore a 5, con premeditazione e con finalità di terrorismo e di

eversione dell’ordine democratico, volontariamente cagionavano la morte del

professor Massimo D’Antona, a causa dell’adempimento delle sue funzioni di

docente di diritto del lavoro presso la facoltà di Scienze politiche dell'Università

degli Studi “La Sapienza” di Roma e consulente giuridico della Presidenza del

Consiglio e del Ministro del Lavoro Antonio Bassolino, esplodendogli contro

n.6 colpi di pistola che lo attingevano in zone vitali; ciò allo a scopo di dare

attuazione – esplicitato mediante le successive rivendicazioni - della banda di

cui al capo a), anche mediante conduzione di una c.d. inchiesta sugli orari e sui

percorsi degli spostamenti della vittima, per diverse settimane precedenti

all’omicidio nonché mediante concertato presidio della zona di esecuzione

dell’attentato, in funzione di copertura e recupero dei complici incaricati ad

affrontare il prof. D'Antona e colpirlo con le armi da sparo.

In Roma alla h. 8.30 circa del 20 maggio 1999.

O M I S S I S

La LIOCE, il MEZZASALMA, la BLEFARI

i) artt. 110-112 n. 1 c.p. 10 e 12 della 14 ottobre 1974 n.497, 21 della legge

18 aprile 1975 e n. 110 e 1 della legge 6 febbraio 1980 n. 15, perché in concorso

con altri, con finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine democratico,

detenevano e portavano ingenti quantità di materiale esplosivo, numerosi

detonatori, due bombe a mano;

In Roma fino al 20 dicembre 2003

La LIOCE e il MEZZASALMA

l) delitto previsto e punito dagli articoli 110, 112 nr. 1, 61 nr. 2, 8 1 cpv. - 285,

423, c.p. – 10, 12, 13 legge 14/10/1974 nr. 497, 21 legge 18/4/1975 nr. 110, 1

legge 06/02/1980 nr. 15; 2) delitto previsto e punito dagli articoli 110, 112 nr.

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1, 61 nr. 2, 81 -cpv.-, 56, 419, c.p.- 10, 12, 13 legge 14/10/1974 nr. 497, 21

legge 18/4/1975 nr. 110, 1 legge 06/02/1980 nr. 15, perché, in concorso con

altri soggetti non identificati, in esecuzione del medesimo disegno criminoso,

con finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico, di incutere

pubblico timore e di attentare alla sicurezza dello Stato in relazione al primo

episodio, compivano fatti di devastazione, collocando e facendo esplodere un

ordigno presso la sede della Commissione di Garanzia per l'attuazione della

legge sullo sciopero nei servizi Pubblici essenziali in Roma via Po' e presso la

sede dell'Istituto Affari Internazionali e dell'Associazione Consiglio per le

Relazioni Italia e USA in Roma via Brunetti , - attentati rivendicati a nome dei

Nuclei di Iniziativa Proletaria Rivoluzionaria ma decisi e attuati

dall'associazione con finalità di terrorismo BR – PCC -;

per aver quindi collocato e tentato di far esplodere due ordigni presso la sede

della Confederazione sindacale CISL in Milano in via Tadini, - attentato

rivendicato a nome del Nucleo Proletario Rivoluzionano ma ugualmente deciso

e attuato dall'associazione con finalità di terrorismo BR pcc - ; per aver

altresì detenuto e portato materiale esplosivo confezionato nei suddetti ordigni

per eseguire gli attentati;

in Roma 14 maggio 2000 e 10 aprile 2001 e in Milano 6 luglio 2000

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Per il proc. 4/05 R.G. Assise e n. 31494/04 notizie reato P.M. (riunito il 10/03/05)

BADEL ROBERTO

A) art. 110-112 n. 1 – 306 co. 1 e 2 c.p. aggravato dall’art. 1 della legge 15/80 e

art. 270 bis c.p. in relazione agli artt. 302 – 283 e 284 c.p. per aver partecipato,

con LIOCE Nadia Desdemona, GALESI Mario, MEZZASALMA Marco,

BLEFARI MELAZZI Diana ed altri, alla banda armata e alla associazione

eversiva Brigate Rosse per la costruzione del Partito Comunista Combattente

(BR – PCC), operativa anche con altre sigle, quali NIPR e NPR, per la

rivendicazione d attentati, secondo una programmata strategia di

differenziazione dei livelli di lotta armata - per la quale i c.d. irriducibili del

carcerario autorizzavano l'uso della sigla Brigate Rosse in funzione della ripresa

dell'attacco al cuore dello Stato - costituita al fine di sovvertire violentemente

gli ordinamenti economici e sociali dello Stato, di mutare la Costituzione dello

Stato e la forma di Governo con mezzi non consentiti dall’ordinamento

Costituzionale dello Stato, di promuovere una insurrezione armata contro i

poteri dello Stato e diretta a compiere delitti contro l'ordine democratico,

l'ordine pubblico e l'incolumità pubblica e delle persone, contro la fede pubblica

e il patrimonio e in tema di anni e dunque con finalità di terrorismo e di

eversione dell'ordine democratico; con la Lioce e il Mezzasalma in qualità di

capi, per il Mezzasalma almeno dall’arresto in data 2 marzo 2003;

In Roma e altrove dal 1995 e con permanenza

B) art. 110-112 n. 1 c.p. 10 e 12 della legge 14 ottobre 1974, n. 497, 21 della

legge 18 aprile 1975 n. 110 e 1 della legge 6 febbraio 1980 n. 15, perchè in

concorso con LIOCE Nadia Desdemona, GALESI Mario, MEZZASALMA

Marco, BLEFARI MELAZZI Diana ed altri, con finalità di terrorismo di

eversione dell’ordine democratico, detenevano e portavano ingenti quantità di

materiale esplosivo, numerosi detonatori, due bombe a mano.

In Roma fino al 20 dicembre 2003

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Per il proc. 12/05 R.G. Assise e n. 46374/04 N.R. (riunito il 26/05/05) C:

LIOCE NADIA DESDEMONA – BOCCACCINI SIMONE - MORANDI

ROBERO – BLEFARI MELAZZI DIANA - BROCCATELLI PAOLO -

MEZZASALMA MARCO - DI GIOVANNANGELO BRUNO

LIOCE NADIA DESDEMONA – MORANDI ROBERO – BROCCATELLI

PAOLO - MEZZASALMA MARCO - DI GIOVANNANGELO BRUNO

A) del reato p. e p. dagli artt. 110 –61 n. 2 – 81 cpv – 628 co. 3° n. 1, art.

1 L. 15/1980, perchè in concorso tra loro, con BANELLI Cinzia, per la quale

si è proceduto separatamente, con il defunto GALESI Mario e con altri

soggetti allo stato non identificati, in esecuzione al medesimo disegno

criminoso, travisati anche mediante utilizzo di barbe e baffi finti, con apporti

casuali diversi ma convergenti verso l’identico fine, dopo aver effettuato nei

giorni precedenti il controllo del percorso dei furgoni postali ed aver effettuato

le prove ardio per il posizionamento delle “staffette”, nonchè in particolare:

- il GALESI con altro soggetto sconosciuto puntando una

pistola alla schiena di INNOCENTI Fabrizio (autista del furgone

portavalori) e minacciando i presenti con le armi in pugno e

successivamente impossessandosi del furgone stesso all’interno del quale

uno si poneva alla guida dandosi alla fuga con i complici saliti a bordo;

- la BANELLI, il MORANDI, il MEZZASALMA e il

BROCCATELLI (eseguendo in precedenza le attività d’inchiesta, la

BANELLI anche effettuando le “prove radio”) e tutti fornendo loro ausilio

sotto forma di “staffette” e portando sul luogo della rapina o nelle

immediate vicinanze una vettura Fiat Uno targata FIE72838 di colore

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celeste (rubata in precedenza a BURRINI Fabrizio che ne aveva sporto

denuncia presso la Stazione Carabinieri di Firenze il 5.5.1998) che

abbandonavano sul posto;

- il DI GIOVANNANGELO fornendo tutte le notizie utili circa

il periodo di arrivo del denaro trasportato dal furgone postale e sul percorso

cittadino seguito dallo stesso, per l’identificazione dei sacchi contenenti i

valori (cd “tagliandini dei dispacci postali””), sul tipo di cassaforte in uso,

sul funzionamento del sistema di videoripresa, sulla dislocazione degli

uffici, nonchè partecipando alle “prove radio”;

- la LIOCE, richiedendo l’elenco “tramite la BANELLI” degli

uffici postali al DI GIOVANNANGELO per le successive attività di

inchiesta, nella qualità di ideatrice e organizzatrice e, per aver ricevuto,

unitamente al GALESI, materialmente l’intera somma immediatamente

dopo la rapina direttamente dalla BANELLI e dal MORANDI;

con violenza e minaccia posta in essere con l’utilizzo di armi e spingendo con

la forza gli impiegati, al fine di trarne profitto s’impossessavano del furgone

postale FIAT DUCATO targato AH214AJ e di sette dispacci postali (cartellini

identificativi dei quali venivano rinvenuti nel covo dell’Organizzazioe di via

Montecuccoli in Roma) e del denaro in essi contenuto (che si trovavano

all’interno del citato furgone) ed in particolare della somma di denaro contante

di £. 255 milioni sottraendola all’ufficio postale di MEZZANA.

Con le aggravanti di aver commesso il fatto facendo uso di armi e agendo per

finalità di terrorismo allo scopo di finanziare l’associazione terroristica Brigate

Rosse per la costruzione del Partito Comunista Combattente.

In San Giuliano Terme frazione Mezzana (PI) il 13.05.1998.

B) del reato p.e p. dagli artt. 110 – 81 cpv. – 61 n. 2 c.p. – artt. 10. 12 e 14 L.

497/74 e art. 1. L. 15/80, perchè in concorso tra loro, con BANELLI Cinzia,

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per la quale si è proceduto separatamente, con il defunto GALESI Mario ed

altri soggetti allo stato non identificati, in esecuzione al medesimo disegno

criminoso ed al fine di commettere il reato di cui al capo A) detenevano

illegalmente e portavano in luogo pubblico, per finalità di terrorismo e di

eversione dell’ordine costituzionale, armi da sparo, pistole, di cui facevano uso

nel corso della rapina.

Con l’aggravante di aver agito per finalità di terrorismo essendo gli stessi

appartenenti all’associazione terroristica Brigate Rosse per la costruzione del

Partito Comunista Combattente.

In San Giuliano Terme frazione Mezzana (PI) il 13.05.1998.

C) del delitto di cui agli artt. 110 - 8l cpv. - 61 n. 2 e 7 - 624 - 625 n. 2 e 7 cp

perché in concorso tra loro, con BANELLI Cinzia, per la quale si è proceduto

separatamente, con il defunto GALESI Mario e altri soggetti allo stato non

identificati, in esecuzione al medesimo disegno criminoso ed al fine di

commettere il reato di cui al capo A) al fine di trarne profitto sottraevano a

BURRINI Fabrizio l'autovettura Fiat Uno targata FIE72838 di colore celeste,

utilizzandola successivamente per commettere la rapina di cui al capo A) -

denuncia di furto alla Stazione Carabinieri di Firenze del 5/05/1995. Con

1'aggravante di aver commesso il fatto con violenza sulle cose e sui beni

esposti per necessità e consuetudine alla pubblica fede e di aver agito per

finalità di terrorismo essendo gli stessi appartenenti all'associazione terroristica

Brigate Rosse per la costruzione del Partito Comunista Combattente.

In Firenze il 5/05/1995.

LIOCE NADIA DESDEMONA - MORANDI ROBERTO – BOCCACCINI

SIMONE - BROCCATELLI PAOLO - MEZZASALMA MARCO – DI

GIOVANNANGELO BRUNO =

D) del reato p. e p. dagli artt. 110 - 61 n. 2 - 81 cpv - 625 co. 3° n. 1, art. 1 L.

15/1950, perché in concorso tra loro, con BANELLI Cinzia e PROIETTI

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Laura, per le quali si è proceduto separatamente, con il defunto GALESI

Mario e altri soggetti allo stato non identificati, in esecuzione di un medesimo

disegno criminoso, travisati anche mediante l'utilizzo di barbe e baffi finti, con

apporti causali diversi ma convergenti verso l'identico fine, eseguendo una

preliminare attività d'inchiesta sui luoghi e poi in particolare:

- il GALESI con altro soggetto rimasto sconosciuto entrando all'interno degli

uffici dalla porta d'ingresso laterale (porta antipanico) spingendo con

violenza l'impiegata BERTI Marta all'atto in cui la stessa stava uscendo

minacciando con le armi in pugno gli impiegati e i clienti presenti, e

asportando materialmente dalle casse e dalla cassaforte il denaro;

- la LIOCE, la BANELLI, il MORANDI, il MEZZASALMA, la PROIETTI,

il BOCCACCINI e il BROCCATELLI, fornendo loro ausilio sotto forma di

staffette e portando sul luogo della rapina o nelle immediate vicinanze un

furgone FIORINO con all'interno due ciclomotori (la BANELLI con l'aiuto

del MORANDI che la precedeva altra vettura per evitare i controlli delle

forze dell'Ordine) in precedenza rubati a i legittimi proprietari, da utilizzare

per la fuga;

- DI GIOVANNANGELO fornendo tutte le notizie utili circa il periodo di

arrivo del denaro, il tipo di cassaforte, il funzionamento del sistema di

videoripresa e delle porte blindate e, in Generale, la dislocazione degli

uffici;

Con violenza e minaccia posta in essere con l'utilizzo di armi e spingendo con la

forza gli impiegati facendoli sbattere contro il muro, al fine di trarne profitto si

impossessavano della somma di £ 300 - 350 milioni sottraendoli all'ufficio postale

di Siena succursale 1^ di via Vittorio Emanuele.

Con le aggravanti di aver commesso il fatto facendo uso di armi e avendo per

finalità di terrorismo e allo scopo di finanziare l'associazione terroristica Brigate

Rosse per la costruzione del Partito Comunista Combattente.

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In Siena il 2/12/1999.

E) Del reato p. e p. dagli arti. 110 - 81 cpv. - 61 n. 2 cp - artt. 10, 12 e 14 L. 497/74 e

art. 1 L. 15/80, perché in concorso tra loro, con BANELLI Cinzia, e PROIETTI

Laura, per le quali si è proceduto separatamente, con il defunto GALESI Mario e

altri soggetti allo stato non identificati, in esecuzione al medesimo disegno

criminoso ed al fine di commettere il reato di cui al capo D) illegalmente

detenevano e portavano in luogo pubblico per finalità di terrorismo ed eversione

dell'ordine costituzionale, armi da sparo, verosimilmente pistole, di cui facevano

uso all'interno dell'ufficio postale e nel corso della fuga sparavano un colpo

all'indirizzo di COCCOLETTI Valentino che era intervenuto per bloccare uno

dei fuggitivi.

Con l'aggravante di aver agito per finalità di terrorismo essendo gli stessi

appartenenti all'associazione terroristica Brigate Rosse per la costruzione del

Partito Comunista Combattente.

In Siena il 2/12/1999

F) Del delitto di cui agli artt. 110 - 81 cpv. - 61 n. 2 - 624 - 625 n. 2 e 7 c.p.

perché in concorso tra loro, con BANELLI Cinzia e PROIETTI Laura, per le

quali si è proceduto separatamente, con il defunto GALESI Mario e altri soggetti

allo stato non identificati, in esecuzione al medesimo disegno criminoso ed al

fine di commettere il reato di cui al capo D) sottraevano, al fine di trarne profitto,

a BELTRAMI Gabriella il ciclomotore marca Honda SH 50 di colore blu con

targhetta identificativa 3ENAG e avente n. di telaio 7007285 utilizzandolo

successivamente per commettere la rapina di cui al capo D). - denuncia di furto

alla Stazione Carabinieri di Firenze in data 1/12/1999.

Con l'aggravante di aver commesso il fatto con violenza sulle cose e sui beni

esposti per necessità e consuetudine alla pubblica fede e di aver agito per

finalità di terrorismo essendo gli stessi appartenenti al l'associazione

terroristica Brigate Rosse per la costruzione del Partito Comunista

Combattente.

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In Firenze tra il 29 e 30 novembre 1999.

LIOCE NADIA DESDEMONA - MORANDI ROBERTO – BOCCACCINI

SIMONE - MEZZASALMA MARCO - BLEFARI MELAZZI DIANA – DI

GIOVANNANGELO BRUNO

G) Del delitto di cui agli artt. 110 - 628, III comma nr. l cp; art. 1 L. n. 15/80

perché in concorso tra loro, con BANELLI Cinzia e VISCIDO Maurizio, per i

quali si è proceduto separatamente, con il defunto GALESI Mario e altri correi

allo stato non identificati, avendo la BANELLI concorso alla ideazione e alle

fasi organizzative e preliminari, il DI GIOVANNANGELO ed il VISCIDO

Maurizio avendo fornito informazioni determinanti, gli altri fornendo il loro

contributo anche alla fase esecutiva, mediante minacce compiute impugnando

armi da sparo, di cui una da guerra (mitragliatore di marca imprecisata) si

impossessavano della somma di euro 62.774,53 che sottraevano al personale

dell'ufficio postale di Firenze 5 di via Torcicoda. Con le aggravanti di aver

commesso il fatto in più persone riunite, travisate con l'uso di armi e agendo

per finalità di terrorismo dovendo servire la rapina per finanziare l'attività

dell'associazione terroristica BR PCC (Brigate Rose per la Costruzione del

Partito Comunista Combattente).

In Firenze, il 6 febbraio 2003.

H) Del delitto di cui agli artt. 110 - 61 n. 2 cp; 10, 12 e14 L. 497/74; art 1 L. n.

15/80, perché in concorso tra loro, con BANELLI Cinzia e VISCIDO

Maurizio, per i quali si è proceduto separatamente, con il defunto GALESI

Mario e altri correi allo stato non identificati, e al fine di compiere la rapina di

cui al capo G), illegalmente detenevano e portavano in luogo pubblico, per

finalità di terrorismo e di eversione all'ordine costituzionale, le armi da sparo e

da guerra, verosimilmente due pistole e una mitraglietta.

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In Firenze, il 6 febbraio 2003.

I) Del delitto di cui agli arti. 110 - 61 n. 2 - 624 - 625 n. 7 cp; perchè al fine di

compiere la rapina di cui al capo G) in concorso tra loro, con BANELLI

Cinzia e VISCIDO Maurizio, per i quali si è proceduto separatamente, con il

defunto GALESI Mario e altri correi allo stato non identificati, si

impossessavano al fine di trarne profitto, del contrassegno per identificazione

di ciclomotore 7Z5DH che sottraevano dal ciclomotore parcheggiato sulla

pubblica via da RAVA Andrea, e che poi applicavano al ciclomotore

PIAGGIO FREE (acquistato dalla LIOCE in Roma, il 5.07.2002 da

BIAGETTI Francesca) e utilizzato per commettere la rapina.

In Firenze il 5.07.2002.

L) del delitto di cui agli artt. 110 - 61 n. 2 – 624 - 625 n. 7 c p; perchè al fine di

compiere la rapina di cui al capo G) in concorso tra loro, con BANELLI

Cinzia e VISCIDO Maurizio, per i quali si è proceduto separatamente, con il

defunto GALESI Mario e altri correi allo stato non identificati, si

impossessavano al fine di trarne profitto, del ciclomotore HONDA SH telaio

ZDCAF40WF115982 (originariamente munito di contrassegno 4WY2Y)

parcheggiato sulla pubblica via che sottraevano a ZAHARIA Marinala e

COSTANTINI Antonella.

In Roma il 19.09.2002.

M) del delitto di cui agli arti. 110 - 61 n. 2 - 648 cp, perché al fine di compiere

la rapina di cui al capo G) in concorso tra loro, con BANELLI Cinzia e

VISCIDO Maurizio, per i quali si è proceduto separatamente, con il defunto

GALESI Mario e altri correi allo stato non identificati, acquistavano o

comunque ricevevano da persone non identificate, il contrassegno per

identificazione di ciclomotore 5HA7N, originariamente applicato sul

ciclomotore PIAGGIO VESPA provento di furto commesso in Firenze il 19

luglio 2000 in danno di CONA Saverio (denunciato come smarrimento),

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contrassegno che veniva poi apposto sul ciclomotore HONDA SH telaio

ZDCAF40WF115932. Accertato in Firenze il 6.02.2003 in occasione del

delitto di cui al capo G).

N) del delitto di cui agli artt. 110 - 56 - 628 - comma 3 n. 1 cp; art. 1 L. n.

15/80 perchè in concorso tra loro, con il defunto GALESI Mario, con

BANELLI Cinzia e VISCIDO Maurizio, per i quali si è proceduto

separatamente, e con altri correi allo stato non identificati, avendo il DI

GIOVANNANGELO ed il VISCIDO Maurizio, fornito informazioni

determinanti, gli altri fornendo il loro contributo anche alla fase esecutiva,

mediante violenza consistita nel fare esplodere un rudimentale ordigno

esplosivo (mentre un altro ordigno non veniva attivato) all'interno dell'ufficio

postale Firenze 15 di via Tozzetti così minacciando il personale compivano

atti idonei e diretti in modo non equivoco a impossessarsi del denaro e di

valori detenuti nel predetto ufficio postale; Con le aggravanti di aver

commesso il fatto con l'uso di armi e agendo per finalità di terrorismo

dovendo servire la rapina per finanziare l'attività dell'associazione terroristica.

In Firenze il 5.12.2002.

O) del delitto di cui agili artt. 110 - 61 n. 2 cp; 10, 12 e 14 L. 497/74; art. 1 L.

n.15/80, perché in concorso tra loro, con il defunto GALESI Mario, con

BANELLI Cinzia e VISCIDO Maurizio, per i quali si è proceduto

separatamente, e con altri correi allo stato non identificati, e al fine di

compiere la rapina di cui al capo N), illegalmente detenevano e portavano in

luogo pubblico, per finalità di terrorismo e di eversione dell’ordine

costituzionale, i due ordigni esplosivi sopra indicati.

In Firenze il 5.12.2002.

P) del delitto di cui agli art. (110 - 61 n. 2 - 624 - 625 nn. 2 e 7 cp; perché in

concorso tra loro, con il defunto GALESI Mario, con BANELLI Cinzia e

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VISCIDO Maurizio, per i quali si è proceduto separatamente, e con altri

correi allo stato non identificati, e al fine di compiere la rapina di cui al capo

N), si impossessavano, al fine di trarne profitto, mediante violenza sulle cose,

del veicolo FIAT FIORINO, originariamente targato FI K46080, di proprietà

della ditta MAGIF srl con sede in Sesto Fiorentino (FI) parcheggiato in

Firenze sulla pubblica via, che sottraevano al detentore ACERBI Carlo. Con

le aggravanti di aver commesso il fatto con violenza e su cose esposte alla

pubblica fede.

In Firenze il 23.10.2002.

Q) del delitto di cui agli artt. 110 - 61 n. 2 - 624 - 625 nn. 2 e 7 cp perché in

concorso tra loro, con il defunto GALESI Mario, con BANELLI Cinzia e

VISCIDO Maurizio, per i quali si è proceduto separatamente, e con altri

correi allo stato non identificati, e al fine di compiere la rapina di cui al capo

N), si impossessavano, al fine di trarne profitto e mediante violenza sulle

cose, delle targhe auto BS524DB, apposte poi sul veicolo di cui al capo P),

che sottraevano a PICCINI Eleonora. Con le aggravanti di aver commesso il

fatto con violenza e su cose esposte alla pubblica fede.

In Firenze il 9.11.2002.

Il Pubblico Ministero all'udienza del 17/02/05 procede a nuova contestazione:

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nei confronti del MORANDI e del BOCCACCINI nel maggio 2003 e nei

confronti del BROCCATELLI nell'ottobre 2003, per il concorso nel delitto di cui

al capo i) artt. 110, 112 n. 1 cp 10 e 12 della L. 14 ottobre 1974 n. 497, 21 della

legge 18 aprile 1975 n. 110 e 1 della legge 6 febbraio 1980 n. 15, perché in

concorso con altri, con finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico,

detenevano e portavano ingenti quantità di materiale esplosivo, numerosi

detonatori, due bombe a mano;

In Roma fino al 20 dicembre 2003.

nei confronti del DI GIOVANNANGELO per il concorso nel delitto di cui al

capo i) artt. 110, 112 n. 1 cp 10 e 12 della L. 14 ottobre 1974 n. 497, 21 della legge

18 aprile 1975 n. 110 e 1 della legge 6 febbraio 1980 n. 15, perché in concorso con

altri, con finalità di terrorismo e di eversione dell'ordine democratico, detenevano e

portavano ingenti quantità di materiale esplosivo, numerosi detonatori, due bombe

a mano;

In Roma fino al 20 dicembre 2003.

Limitatamente al reperimento e alla detenzione dei detonatori.

O M I S S I S

Nei confronti del BROCCATELLI per il concorso, unitamente a LIOCE,

BANELLI, MORANDI, BOCCACCINI, MEZZASALMA, BLEFARI, DI

GIOVANNANGELO e VISCIDO, per i quali si procede separatamente:

A1) del delitto di cui agli artt. 110, 628 co 3 n. 1 cp, art. 1 L. n. 15/80 perché, in

concorso tra loro, con il defunto GALESI Mario ed altri correi allo stato non

identificati, avendo la BANELLI concorso all'ideazione e alle fasi organizzative e

preliminari, il DI GIOVANNANGELO ed il VISCIDO Maurizio avendo fornito

informazioni determinanti gli altri fornendo il loro contributo anche alla fase

esecutiva, mediante minacce compiute impugnando armi da sparo di cui una da

guerra, (mitragliatore di marca imprecisata) si impossessavano della somma di €

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62.774,53 che sottraevano al personale dell’Uffcio Postale Firenze 5 di via

Torcicoda; con le aggravanti di avere commesso il fatto in più persone riunite,

travisate, con l'uso di armi e agendo per finalità di terrorismo dovendo servire la

rapina per finanziare l'attività dell'associazione terroristica BR - PCC (Brigate

Rosse per la costruzione del partito comunista combattente).

In Firenze, il 6 febbraio 2003.

B1) del delitto di cui agli arti. 110 cp, 10, 12 e 14 L. 497/74, 1 L. 15/80, 61 n. 2 c

p, perché, in concorso tra loro, con il defunto GALESI Mario e con altri correi allo

stato non identificati, al fine di compiere la rapina indicata al capo A), illegalmente

detenevano e portavano in luogo pubblico, per finalità di terrorismo e di eversione

dell'ordine costituzionale, le armi da sparo e da guerra, verosimilmente due pistole

e una mitraglietta.

In Firenze il 6 febbraio 2003.

C1) del delitto di cui agli artt. 110, 624, 625 n. 7, 61 n. 2 cp, perché, al fine di

compiere la rapina indicata al capo A), in concorso tra loro, con il defunto

GALESI Mario e con altri correi allo stato non identificati, si impossessavano, al

fine di trarne profitto, del contrassegno per identificazione di ciclomotore 7Z5DH

che sottraevano dal ciclomotore, parcheggiato sulla pubblica via, di Rava Andrea,

e che poi applicavano al ciclomotore Piaggio Free (acquistato dalla Lioce in Roma

il 5 luglio 2002 da Biagetti Francesca) e utilizzato per commettere la rapina.

In Firenze, il 5 luglio 2002.

D1) del delitto di cui agli artt. 110, 624, 625 n. 7, 61 n. 2 cp, perché, al fine di

compiere la rapina indicata al capo A), in concorso con il defunto GALESI Mario e

con altri correi allo stato non identificati, si impossessavano, al fine di trarne

profitto, del ciclomotore Honda SH telaio ZDCAF40WF115982 (originariamente

munito di contrassegno 4WY2Y) parcheggiato sulla pubblica via, che sottraevano

a Zaharia Marinela e Costantini Antonella.

In Roma, il 19 settembre 2002.

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E1) del delitto di cui agli artt. 110, 648, 61 n. 2 cp, perché, a1 fine di compiere la

rapina indicata al capo A), in concorso con il defunto GALESI Mario e con altri

correi allo stato non identificati, acquistavano o comunque ricevevano da persone

non identificate, il contrassegno per identificazione di ciclomotore 5HA7N,

originariamente, applicato sul ciclomotore Piaggio Vespa, provento di furto

commesso in Firenze il 19 luglio 2000 in danno di Cona Saverio (denunciato come

smarrito), contrassegno che veniva poi apposto sul ciclomotore Honda SH telaio

ZDCAF40WF115982.

Accertato in Firenze, in occasione del delitto di cui al capo A).

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IN FATTO E IN DIRITTO

All’esito del procedimento riguardante i fatti criminosi commessi dall’organizzazione eversiva nella

sua evoluzione dagli N.C.C. alle B.R. – P.C.C., nonché l’attentato seguito da morte in danno del prof.

Massimo D’ Antona e le rapine di autofinanziamento e reati connessi, la Corte di Assise di Roma,

con sentenza in data 8 luglio 2005, così decideva in merito agli imputati le cui posizioni sono oggetto

di valutazione in questo processo :

dichiarava BROCCATELLI PAOLO colpevole dei reati di associazione eversiva e banda armata

(capo a ), di detenzione e porto di esplosivo per finalità di terrorismo e di eversione ( capo i ), del

reato di rapina in danno dell’ufficio postale di via Torcida in Firenze e dei reati connessi ( capi A1,

B1, C1, D1 ed E1 ) ; assolveva lo stesso Broccatelli dai reati di furto e legge armi di cui ai capi b, c,

e d, dall’omicidio in danno del prof. D’ Antona ( capo e ), dal reato di rapina in danno dell’ ufficio

postale di Mezzana e dai reati connessi ( capi A, B e C ), dal reato di rapina in danno dell’ ufficio

postale di Siena – via Vittorio Emanuele e dai reati connessi ( capi D, E e F ) ;

dichiarava MEZZASALMA MARCO colpevole dei reati di associazione eversiva e banda armata

( capo a ), di più reati di furto e illecita detenzione di armi ( capi b, c e d ), del reato di omicidio in

danno del prof. D’ Antona ( capo e ), di detenzione di esplosivo ( capo i ), del reato di rapina in

danno dell’ ufficio postale di via Torcicoda in Firenze e dai reati connessi ( capi G, H, I, L, M ) ;

assolveva lo stesso Mezzasalma da più reati di devastazione in Roma e Milano ( capo l ), dal reato di

rapina in danno dell’ufficio postale di Mezzana e dai reati connessi ( capi A, B e C ), dal reato di

rapina in danno dell’ ufficio postale di Siena e dai reati connessi ( capi D, E ed F ), dal reato di

tentata rapina all’ ufficio postale di Firenze, via Tozzetti e dai reati connessi ( capi N, O, P, Q ) ;

dichiarava SARACENI FEDERICA colpevole del reato di associazione eversiva e banda armata

( capo a ) e la assolveva da più reati di furto e legge armi ( capi b, c e d ) e dal reato di omicidio in

danno del prof. D’ Antona ( capo e ) ;

assolveva COSTA ALESSANDRO dal reato di associazione eversiva e banda armata ( capo a ) ;

assolveva BADEL ROBERTO dai reati di associazione eversiva e banda armata ( capo A ) e dal

reato di detenzione e porto di esplosivi di cui al capo B ;

dichiarava DI GIOVANNANGELO BRUNO colpevole di associazione eversiva e banda armata

( capo a ), di detenzione di esplosivi ( capo i ), del reato di rapina in danno dell’ufficio postale di

Mezzana e dei reati connessi ( capi A, B, C ), del reato di tentata rapina in danno dell’ ufficio postale

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di Firenze, via Tozzetti e dei reati connessi ( capi N, O, P, Q ) ; assolveva lo stesso Di

Giovannangelo dal reato di rapina in danno dell’ufficio postale di Siena, via V. Emanuele e dai reati

connessi ( capi D, E, F ), dal reato di rapina in danno dell’ufficio postale di Firenze, via Torcicoda e

dai reati connessi ( capi G, H, I, L, M ) ;

dichiarava BOCCACCINI SIMONE colpevole dei reati di associazione eversiva e banda armata

( capo a ), di detenzione di esplosivi ( capo i ), del reato di rapina in danno dell’ufficio postale di

Siena, via V. Emanuele e dei reati connessi ( capi D, E, F ), del reato di tentata rapina in danno

dell’ufficio postale di Firenze, via Tozzetti e dei reati connessi ( capi N, O, P, Q ) ; assolveva lo

stesso Boccaccini dal reato di rapina in danno dell’ ufficio postale di Firenze, via Torcicoda e dai

reati connessi ( capi G, H, I, L, M ) ;

dichiarava BLEFARI MELAZZI DIANA colpevole dei reati di associazione eversiva e banda

armata ( capo a ), di detenzione di esplosivi ( capo i ), del reato di rapina in danno dell’ ufficio

postale di Firenze, via Torcicoda e dei reati connessi ( capi G, H, I, L, M ), del reato di tentata rapina

in danno dell’ufficio postale di Firenze, via Tozzetti e dei reati connessi ( capi N, O, P, Q ).

Avverso le statuizioni di condanna della suddetta sentenza proponevano appello i difensori degli

imputati Di Giovannangelo, Boccaccini, Saraceni, Broccatelli, Mezzasalma e Blefari Melazzi,

nonché degli altri coimputati qui non menzionati, Lioce Nadia Desdemona, Morandi Roberto, Fosso

Antonino, Galloni Franco, Donati Francesco e Mazzei Michele .

Interponeva altresì appello il PM, chiedendo la riforma delle statuizioni assolutorie, tutte con la

formula per non avere commesso il fatto, pronunciate nei confronti di BROCCATELLI PAOLO

relativamente ai capi b), c), d ) e ) – attentato al prof. D’ Antona e reati accessori ; di SARACENI

FEDERICA per il capo e ) – attentato al prof. D’ Antona ; di MEZZASALMA MARCO per il capo

l – attentati del 14- 5- 00 e del 10- 4- 01 in Roma rivendicati con sigla NIPR e attentato del 6 luglio

00 in Milano rivendicato con sigla NPR ; di BADEL ROBERTO in ordine al capo A – associazione

eversiva e banda armata ; di COSTA ALESSANDRO per il capo a ) – associazione eversiva e banda

armata ; di MEZZASALMA MARCO e BROCCATELLI PAOLO per i capi A, B e C – rapina

all’ufficio postale di Mezzana e reati connessi ; di MEZZASALMA MARCO , BROCCATELLI

PAOLO e DI GIOVANNANGELO BRUNO per i capi D, E, F ) – rapina all’ufficio postale di Siena

e reati connessi ; di BOCCACCINI SIMONE e DI GIOVANNANGELO BRUNO per i capi G, H,

I, L, M – rapina all’ufficio postale di Firenze, via Torcicoda e reati connessi ; di MEZZASALMA

MARCO per i capi N, O, P, Q – tentata rapina all’ufficio postale di Firenze, via Tozzetti e reati

connessi.

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Proponeva, infine, appello la difesa delle parti civili Olga Di Serio ved. D’ Antona e Valentina D’

Antona, sollecitando, previa affermazione della penale responsabilità degli imputati Saraceni e

Broccatelli anche per il delitto di cui al capo e ) – attentato mortale nei confronti del prof. D’

Antona ), la condanna dei medesimi al risarcimento dei danni con esso cagionati.

La prima Corte di Assise di Appello di Roma, nella fase degli atti preliminari al dibattimento,

sollevava eccezione di incostituzionalità delle norme della legge 20- 2- 06 n. 46 nella parte relativa

alla inibizione al PM di proporre appello avverso le sentenze di proscioglimento nel merito, e di

conseguenza procedeva alla separazione da quel procedimento degli atti relativi al ricordato appello

del PM, nonché, per necessità di una trattazione unitaria con l’appello del PM sullo stesso punto di

decisione, degli atti relativi all’appello delle parti civili Di Serio e D’ Antona avverso l’assoluzione

degli imputati Saraceni e Broccatelli nei limiti sopra indicati.

Quella Corte disponeva, altresì, lo stralcio della posizione della imputata appellante Blefari Melazzi

Diana, per la quale si rendeva necessario un accertamento peritale relativo alla capacità della stessa di

partecipare coscientemente al giudizio.

A seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 26 del 2007, che dichiarava l’illegittimità

costituzionale dell’art. 1 della legge 20- 2- 06 n. 46 ( modifiche al c.p.p. in materia di inappellabilità

da parte del PM delle sentenze di proscioglimento ), la stessa Corte Costituzionale, con ordinanza in

data 18- 6- 07, ordinava la restituzione alla Corte di Assise di Appello di Roma degli atti trasmessigli

concernenti l’appello del PM in ordine alle statuizioni assolutorie, per nuovo esame.

Le posizioni riguardanti le dette impugnazioni del PM, insieme alle altre posizioni stralciate

( impugnazioni delle parti civili Olga Di Serio D’ Antona e Valentina D’ Antona e impugnazione

della Blefari Melazzi avverso le statuizioni di condanna ) sono state assegnate, con provvedimento

del Presidente della I Corte di Assise di Appello adottato fin dalla udienza del 15- 6- 06, a questa II

Corte di Assise di Appello, le cui valutazioni - di conseguenza - saranno limitate ai punti oggetto di

gravame, senza la necessità di ripercorrere, se non nei limiti strettamente imposti dall’ iter logico

della motivazione, le questioni riguardanti la sussistenza dei singoli reati e le modalità di esecuzione

degli stessi, dati già emergenti in modo incontestato dalla sentenza di primo grado.

Al fine di accertare con criteri di attualità la capacità della imputata Blefari - Melazzi di partecipare al

giudizio, questa Corte, con ordinanza in data 16- 1- 08, ha preliminarmente nominato un collegio

peritale, nelle persone del prof. Marasco e della dott.sa Arioni, i quali periti hanno depositato il

relativo elaborato in data 20- 2- 02, concludendo per la piena capacità della imputata di partecipare

coscientemente al processo a suo carico.

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Analizzando i motivi di impugnazione del PM, vanno innanzi tutto esaminate le posizioni degli

imputati Broccatelli e Saraceni in ordine all’accusa di concorso nell’attentato al prof. Massimo D’

Antona ( capo e ).

Secondo la prospettazione accusatoria, l’imputato Broccatelli Paolo avrebbe partecipato, nell’ambito

dell’iniziativa in questione, alle operazioni di parcheggio dei due furgoni ( che dovevano servire per

la “ squadra offensiva “ ) in via Salaria e dell’autovettura Fiat Uno ( che doveva essere utilizzata

dalla “ staffetta B “ ) in via Basento ; avrebbe inoltre dovuto ricoprire, in alternativa con il militante “

LU “ ( identificato per il Mezzasalma ), il ruolo della “ staffetta A “, incaricata di segnalare alla “

squadra offensiva “ ( composta da Lioce Nadia Desdemona e dal defunto Galesi Mario ) l’eventuale

passaggio di forze di polizia in via Salaria al momento dell’attentato.

Il presupposto di tale tesi è che il militante che viene indicato , nei documenti informatici sequestrati

relativi alla pianificazione e alla preparazione dell’attentato, con la sigla di battaglia “ MS “, sia lo

stesso che viene menzionato con le sigle “ SM “ ed “ S “ ( collegate al nome di battaglia “ Beppe “ ,

riconducibile al Broccatelli) nei documenti riguardanti, rispettivamente, la rapina di via Torcicoda a

Firenze e lo “ smobilizzo “ del covo- appartamento di via Maia a Roma.

La Corte di primo grado, pur riconoscendo, per i motivi indicati nella sentenza impugnata, la piena

partecipazione del Broccatelli all’associazione eversiva, nonché la sua colpevolezza in ordine alla

rapina in danno dell’ufficio postale di Firenze - via Torcicoda, non ha ritenuto sufficientemente

provato il ruolo allo stesso attribuito nell’omicidio ai danni del Prof. D’ Antona e la riferibilità al

suddetto imputato della sigla “ MS “.

Tale conclusione viene criticata dal PM nei motivi di impugnazione.

In essi, dopo avere ricordato alcuni elementi già valutati a carico dell’imputato dal primo giudice per

dedurne la sua partecipazione all’associazione eversiva ( possesso da parte dell’imputato di ben otto

delle schede telefoniche prepagate in contatto con i cellulari di organizzazione a cavallo

dell’attentato, attivazione di un teledrin usato dagli aderenti all’associazione, sua frequentazione della

cantina- covo di via Montecuccoli, partecipazione dell’imputato, insieme alla Blefari Melazzi e al

Mezzasalma, nell’ottobre del 2003, alle operazioni di trasloco del materiale dell’organizzazione dal

locale Easy box alla cantina di via Montecuccoli ), si sofferma sulle circostanze che costituirebbero la

prova della identificazione della sigla “ MS “ con il Broccatelli e quindi della colpevolezza dello

stesso.

In base al documento di programmazione dell’attentato denominato PDTILC, risulta che i militanti

“MS “ e “ V” – quest’ultima sigla pacificamente riferibile a Laura Proietti – dovevano parcheggiare

i mezzi utilizzati per l’attentato ( un Nissan e altro furgone ) in via Salaria e in via Basento nel

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periodo compreso tra il 7 e il 10 maggio 1999, eventualmente con un parcheggio intermedio nella

zona di piazza Volsinio o verso viale Regina Margherita.

Il PM deduce la contemporanea presenza della Proietti e del Broccatelli, finalizzata a tale operazione

di parcheggio, almeno la sera del 13 maggio ( data antecedente quella programmata per l’attentato,

che fu spostata, per circostanze impreviste, più volte, all’ 11, al 14, al 18, al 19 e infine al 20

maggio ), dal traffico delle schede telefoniche pubbliche riferibile ai due imputati.

Risulta, infatti, che la scheda telefonica pubblica avente seriale n. 01.55.219.54358 – sicuramente

riferibile al Broccatelli – fu attivata da una cabina ubicata in piazza Volsino il giorno 11 maggio

1999 alle ore 21, 27, per una chiamata ad una utenza intestata a Marconi Iris, madre di Daggiano

Donatella, alla quale il Broccatelli era all’epoca legato sentimentalmente ; alle ore 21, 28 dello stesso

giorno 11 maggio per una chiamata all’utenza intestata al genitore dell’imputato e il 13 maggio, alle

ore 17, 07, 05, per una chiamata all’utenza intestata all’ente presso il quale lavorava la suddetta

Daggiano. Dal traffico telefonico originato dal medesimo impianto pubblico e riferibile alla stessa

giornata del 13 maggio, risulta inoltre che la telefonata precedente a quella del Broccatelli fu

effettuata, alle ore 17, 07, 28 – dunque pochi secondi dopo – per contattare l’utenza intestata ad

Arioti Paolo, soggetto all’epoca legato da vincolo amicale con la Proietti. Ancora, sempre il 13

maggio, alle ore 16, 56 – undici minuti prima della telefonata effettuata dal Broccatelli – è stata

chiamata una utenza intestata al cognato della Proietti, la cui scheda fu pure utilizzata il giorno 14

maggio per due chiamate alle ore 17, 26 e 17, 27 dalla stessa cabina pubblica. Da tali dati

emergerebbe – secondo il PM – non solo che Broccatelli e la Proietti si conoscevano, ma che

entrambi erano insieme il 13 maggio 1999 in piazza Volsinio, ove, secondo la programmazione,

doveva avvenire, in previsione dell’attentato programmato per il giorno 14, il parcheggio dei mezzi

da parte di V ( Proietti ) e MS ( appunto il Broccatelli ) ; e inoltre che la seconda era presente nello

stesso luogo il giorno 14 maggio e il primo anche la sera dell’ 11 maggio, giorno precedente quel 12

maggio, nelle cui prime ore del mattino venne parcheggiato almeno uno dei furgoni in via Salaria,

secondo le informazioni fornite alla P.G. da Pedone Ugo.

Assume ancora il PM che il Broccatelli si identifica anche nel militante “ MS “ impiegato, secondo il

documento di programmazione PDTILC, alternativamente al militante “ LU “, per coprire la

postazione della staffetta “ A “, incaricata di segnalare alla squadra operativa offensiva l’eventuale

passaggio di polizia nella zona dell’attentato. Tale conclusione sarebbe avvalorata anche dalla

considerazione che il militante “ MS “ è uomo ( posto che nelle comunicazioni radio con la squadra

operativa offensiva la “ staffetta A “ risponde all’appellativo di Franco ), e che inoltre è un

componente romano dell’organizzazione, dati questi che si attagliano proprio al Broccatelli.

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Il PM rileva a carico dell’imputato anche la circostanza - ritenuta non sufficientemente univoca dal

primo giudice – che mediante la scheda in uso al Broccatelli furono effettuate, alle ore 17, 13 e alle

ore 17, 17 del giorno 29- 4- 99, in prossimità temporale con il furto del furgone Nissan Navette

utilizzato per l’attentato, due chiamate all’utenza della Centro Italia srl., concessionaria Nissan di

Roma. Poiché i brigatisti sostituirono su detto furgone i blocchetti delle serrature dello sportello

passeggero e del portellone scorrevole, l’accusa ritiene fondatamente ipotizzabile che le chiamate

effettuate dall’imputato siano state finalizzate al reperimento dei necessari pezzi di ricambio presso il

magazzino della casa automobilistica.

Ulteriore elemento a carico del Broccatelli viene infine tratto dal PM da un “ planning “ settimanale,

rinvenuto nel covo di via Montecuccoli, nel quale, con riferimento ad un periodo compreso da “

mercoledì 8 “ e sino a “ domenica 16 “ di un mese e di un anno imprecisati, sono state annotate

operazioni dei militanti romani “ MS “, “ MRT “ ( Blefari Melazzi ) e “ LU “ ( Mezzasalma ) che

potrebbero avere attinenza con attività di nascondimento o recupero di armi ( l’annotazione di

venerdì 10, riferita a “MS” e “ MRT “ contiene le espressioni “ VAI CAP. Prepara : jeans, stivali,

guanti, pala, cambio, fazzol “ ). Questa ipotesi troverebbe riscontro sia nel fatto che presso

l’abitazione della Blefari ( cioè della militante “ MRT “ ) il 20- 12- 03 furono rinvenuti una pala e un

paio di stivali, probabilmente riconducibili all’interramento delle armi, sia nella circostanza che,

nell’ottobre del 2003 ( anno e mese nel quale ricadrebbe una combinazione di un mercoledì 8 e di

una domenica 16, come indicati nel citato “ planning “ ), il Broccatelli fu impegnato con la Blefari

Melazzi e il Mezzasalma – cioè i militanti “ LU “ e “ MRT “ - nelle operazioni di trasloco del

materiale dell’organizzazione dall’ Easy box alla cantina- covo di via Montecuccoli.

Ritiene questa Corte che gli elementi evidenziati nell’atto di appello non offrano un quadro

indiziario, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, come previsto dall’art. 192 cpp,

tale da scalfire in modo convincente le conclusioni alle quali si perviene nella sentenza impugnata.

Non è infatti risultato sufficientemente provato che il Broccatelli si identifichi nel militante indicato

con la sigla “ MS “, che, secondo il documento programmatico PDT1LC, avrebbe dovuto effettuare,

insieme alla Proietti ( indicata con la lettera V ) le operazioni di parcheggio dei furgoni e, insieme al

militante LU ( Mezzasalma ), assumere il ruolo della staffetta A), incaricata di segnalare il giorno

dell’attentato la eventuale presenza di forze di polizia all’incrocio tra via Salaria e via Po’.

Nel suddetto documento si legge testualmente che “ 4 gg. prima dell’op. deve cominciare

l’operazione di parcheggio dei mezzi ( considerando la scadenza dell’11/ 5 – tale operazione

dovrebbe iniziare il 7/ 5 ) “. Più avanti si legge ancora : “ Lu ( lunedì ) 10 sera se fosse necessario

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MS e V dovrebbero parcheggiare il furgone B ) . Eventualmente se ci si volesse avvantaggiare nei

giorni precedenti si possono trasportare i furgoni nella zona di piazza Volsinio o sul percorso verso

v.le Regina Margherita “.

Non può innanzi tutto non rilevarsi che le date previste nel documento programmatico non

coincidono con l’accertata presenza del Broccatelli nei giorni 11, 13 e 14 maggio nella cabina

telefonica di piazza Volsinio, dalla quale furono effettuate le telefonate ricordate dal PM.

E’ pur vero che la data dell’attentato, inizialmente prevista per il giorno 11, fu più volte rinviata, per

la presenza di una troupe cinematografica in via Salaria nei giorni 12, 13 e 14 maggio. Ma, a parte il

fatto che il trasporto del furgone B ) in detta piazza doveva essere eventualmente effettuata “

avvantaggiandosi “ e quindi eseguita, secondo la programmazione, già prima di lunedì 10 maggio,

quando verosimilmente non era ancora noto il motivo del rinvio, non può non condividersi quanto

affermato dal primo giudice, secondo il quale “ la mancata coincidenza delle date vale comunque ad

indebolire l’ipotesi accusatoria, fondata già di per se stessa su intuizioni e su valutazioni quanto meno

opinabili “.

Manca infatti una prova sufficiente che la presenza del Broccatelli in pizza Volsinio in occasione

delle rilevate telefonate fosse necessariamente connessa con la operazione di parcheggio dei

furgoni.

Innanzi tutto, per le telefonate effettuate dall’imputato alle ore 21, 27 e alle ore 21, 28 del giorno 11

maggio, è assai vago il collegamento indiziario con quanto riferito dal teste Pedone, il quale, dopo

avere visto verso le ore 24 – 01,00 parcheggiato sul lato destro della strada un Fiat Fiorino, notò la

mattina successiva alle ore 5, 40 che allo stesso posto si trovava un altro furgone di colore bianco.

Se è vero, infatti, che il documento programmatico prevedeva minuziosamente ( ma per i giorni 8, 9 e

10 ) le operazioni di occupazione con altri mezzi degli spazi per poi consentire il parcheggio ai

furgoni A ) e B ) in via Salaria / via Metauro e che era previsto per lunedì 10 sera che all’operazione

di parcheggio del secondo furgone dovessero partecipare “ se fosse necessario, MS e V “, va anche

rilevato che : 1 ) il luogo in cui fu effettuata la telefonata – piazza Volsinio – non è vicinissima al

punto del parcheggio ; 2 ) che da nessuna parte risulta una contemporanea presenza la sera dell’ 11

maggio anche della Proietti ( V ), che pure avrebbe dovuto interagire con MS , 3 ) che ugualmente

non risulta che lo spostamento dei furgoni dovesse avvenire tra le ore 24 – 01,00 e le ore 05,00, cioè

nell’intervallo di tempo nel quale il Pedone notò la sostituzione del mezzo parcheggiato sotto la sua

abitazione ; 4 ) che tale lasso di tempo è in ogni caso difficilmente compatibile con la presenza del

Broccatelli alle ore 21, 27, cioè molte ore prima, in piazza Volsinio ; 5 ) che infine la descrizione

fatta dal teste Pedone dell’individuo visto scendere, sia pure dall’alto della finestra del suo

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appartamento e in ora con poca luce, dal furgone Ducato parcheggiato ( persona bassa di statura e

con capelli folti e bianchi ) mal si adatta alle sembianze dell’imputato.

Quanto poi alle telefonate del 13 maggio richiamate nell’atto di appello, esse dimostrano, al più, la

contemporanea presenza del Broccatelli e della Proietti in piazza Volsinio, ma non necessariamente

che tale presenza fosse collegata allo spostamento dei mezzi da parcheggiare.

Anche in questo caso non vi è corrispondenza temporale con le date previste nel documento

programmatico, né risulta che i furgoni furono trasportati nella zona di piazza Volsinio o sul percorso

verso viale Regina Margherita, con anticipo per avvantaggiarsi sulla collocazione dei mezzi. Va

anche osservato che in tutte le occasioni – e il rilievo vale anche per la telefonata fatta il giorno 14

dalla Proietti – le chiamate furono dirette a persone legate al Broccatelli e alla Proietti da vincoli di

amicizia o parentela, il chè non consente con certezza di collegare la presenza dei due militanti con le

operazioni collegate alla fase preparatoria dell’attentato, potendosi anche ipotizzare una abituale

propensione dei due militanti di servirsi delle cabine telefoniche pubbliche situate in zone da loro

frequentate per chiamate personali.

Quanto poi al presunto ruolo di Broccatelli di componente la staffetta A ), incaricata di sorvegliare il

giorno dell’attentato la eventuale presenza di forze di polizia su via Salaria, va rilevato che, mentre

secondo il documento PDT1LC essa doveva essere composta alternativamente da “ LU “ –

Mezzasalma - e da MS, in base al documento PROV. 30 ( che tuttavia è stato composto prima, cioè il

26/ 4/ 99, mentre l’altro fu redatto il giorno successivo e deve quindi ritenersi più attuale ) tale ruolo

doveva essere ricoperto solo da MS – Franco.

Tale ruolo prevedeva l’incontro delle staffette A e B ) alle ore 6 del mattino in p.le Flaminio per

l’acquisto dei quotidiani, al fine di controllare l’eventuale uscita di articoli che riguardassero il prof.

D’ Antona. L’incontro delle staffette per un primo appello radio era poi previsto per le ore 7, 10,

mentre il posizionamento per la staffetta A ) era fissato alle ore 7, 28 – 7, 40 “ in attesa alla fermata

dell’autobus su v. Salaria / P.za Fiume” ( vedi PDT1LC ff. 8- 11 ).

E’ risultato provato che il Broccatelli lavorava dalle 6 alle 8 e dalle 14 alle 16 presso l’ Università e

che fu presente al lavoro nei giorni 18, 19 e 20 maggio.

Tale circostanza esclude che l’imputato possa avere ricoperto il ruolo di componente la staffetta A il

giorno dell’attentato e nei due giorni precedenti, quando l’operazione fu rinviata per la assenza del

prof. D’ Antona. Né può ipotizzarsi comunque un concorso morale del Broccatelli, per la sua

disponibilità in ipotesi in alternativa al Mezzasalma, poiché, a parte la previsione del documento

PROV. 30 del solo intervento di MS, non può ritenersi che l’imputato potesse garantire il suo

intervento in caso di assenza del Mezzasalma, poiché tale ipotesi avrebbe richiesto che si assentasse

dal lavoro, venendo meno a quella regola riferita dalla Banelli, secondo la quale il giorno

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dell’operazione i partecipanti all’azione dovevano essere liberi dal lavoro, per ferie o per assenze

programmate per più giorni, onde evitare che l’assenza di un solo giorno fosse motivo di sospetto.

Quanto poi al verbale di sequestro prodotto in copia all’udienza dal PG. e acquisito, sull’accordo

delle parti, ai sensi dell’art. 603 cpp., rileva la Corte che tale documento- a ben guardare - non offre

alcun elemento utile ai fini della decisione. Si riferisce, in particolare, al sequestro in data 28 marzo

2006 presso l’abitazione del Broccatelli, di una “ macchina segnatempo “ marca Contini Orologi

modello Atom, riportante sulla targhetta la data del 2- 4- 87.

Orbene, nessun elemento sussiste per ipotizzare che l’imputato si sia servito di tale oggetto per

alterare le date della sua presenza al lavoro, ove si consideri : 1 ) che il sequestro è avvenuto

nell’anno 2006, e non vi è alcuna prova per ritenere che il Broccatelli detenesse tale “ macchina “

anche all’epoca dell’attentato, cioè circa sette anni prima ; 2 ) che non vi è prova che se ne sia

servito per alterare i dati delle sue presenze, né si comprende come avrebbe potuto farlo e con la

complicità di chi ; 3 ) non risultano indagini di P.G. sul punto, mentre è verosimile che, se le stesse

fossero state ritenute utili, sarebbero state sicuramente effettuate ( e gli atti dimostrano come gli

inquirenti abbiano approfondito in questo processo ogni elemento di possibile utilità investigativa ) e

quindi, in caso di esito positivo, comunicate al PM e al giudice.

Deve quindi escludersi che , dalle risultanze processuali, emergano certi elementi di prova per

affermare che MS si identifichi con il Broccatelli e che lo stesso abbia ricoperto il ruolo della staffetta

A ), secondo le modalità programmate.

Né a diversa conclusione si può pervenire in base al dato costituito dalle telefonate effettuate

dall’imputato alle ore 17, 13 e alle ore 17, 17 del giorno 29 aprile 1999, poco dopo il furto del

furgone Nissan utilizzato per l’attentato , alla concessionaria Nissan di Roma.

Come già rilevato dal giudice di primo grado, non vi sono infatti sufficienti elementi per collegare

quelle chiamate alla necessità di acquistare il cilindro della serratura del mezzo, in quanto

verosimilmente danneggiata al momento della sottrazione, tenuto conto che le indagini svolte presso

la concessionaria Nissan non hanno consentito di reperire alcun documento attestante l’effettività

dell’acquisto, che non andava registrato per quel genere di accessorio, né tanto meno di accertare la

identità dell’ eventuale acquirente o il contenuto di quelle conversazioni telefoniche ( teste Gabrielli ,

ud. 17- 3- 05 f. 182 ).

Di scarso valore probatorio è infine anche l’ultimo elemento indiziario evidenziato dal PM

appellante, riguardante il contenuto di un “ planning “ settimanale rinvenuto nel covo di via

Montecuccoli , nel quale, con riferimento a certi giorni piuttosto imprecisi, sono annotate operazioni

riguardanti anche il militante MS, oltre la Blefari e il Mezzasalma, ritenute collegabili ad una

attività di nascondimento o recupero armi. L’ipotesi accusatoria, che dovrebbe avallare la

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identificazione del Broccatelli con il militante MS, poggia infatti su un dato incerto e, invero,

espresso dallo stesso appellante in termini probabilistici : quello del collegamento delle espressioni

contenute nel documento, nel quale si afferma, tra l’altro, “ prepara jens, stivali, guanti, pala “ ecc.,

sia al rinvenimento il 20- 12- 03 presso l’abitazione della Blefari di strumenti simili, in ipotesi

riconducibili all’interramento di armi, sia alla circostanza che il Broccatelli fu effettivamente

impegnato, con la Blefari e il Mezzasalma, nelle operazioni di trasloco del materiale

dell’organizzazione dall’ Easy box alla cantina di via Montecuccoli.

Invero, non vi è certezza né che le locuzioni contenute nel “ planning “ si riferiscano effettivamente a

una operazione, che doveva essere posta in essere da MS, di trasporto o interramento di armi della

organizzazione, né che detta operazione possa coincidere o essere collegata in qualche modo con il

trasloco cui partecipò effettivamente l’imputato nell’ottobre 2003, cosicché l’equazione MS =

Broccatelli appare improponibile.

In definitiva gli indizi, pur se molteplici, appaiono suscettibili di diverse interpretazioni e sono quindi

privi di quei requisiti di precisione e concordanza, in difetto dei quali non può pervenirsi al giudizio

di colpevolezza auspicato dal PM appellante e dal PG in udienza.

In ordine alla posizione di Saraceni Federica, il PM ricorda che dalla stessa sentenza di primo grado

emergono a carico della suddetta imputata le seguenti circostanze : 1 ) era in stretti rapporti con

esponenti dell’organizzazione, tra i quali la Proietti e Galesi Mario ; 2 ) nel gennaio 1999, quando già

l’iniziativa disarticolante era stata decisa dai NCC con il correlato mutamento di denominazione, la

Saraceni era operativa sul versante dell’attività di inchiesta finalizzata ai concomitanti attentati

minori, cioè alle sedi sindacali ; 3 ) utilizzava personalmente una delle utenze radiomobili dedicate ai

fini dell’organizzazione ( con numerazione finale 233 ) , proprio nei mesi di preparazione ed

esecuzione dell’attentato ; 4 ) nei mesi cruciali dell’attentato prendeva in locazione un immobile in

Cerveteri, per eseguire un incarico affidatole, tramite la Proietti, dall’organizzazione ; 5 ) nel luglio

del 1999 la Saraceni, da una cabina pubblica e con una scheda a lei in uso, aveva un contatto

qualificato e qualificante con l’utenza di organizzazione con numeri finali 958, nello stesso periodo

di una spedizione per posta di volantini di rivendicazione dell’attentato.

La sentenza di primo grado, pur utilizzando tali circostanze per affermare la colpevolezza della

Saraceni in ordine alla imputazione di partecipazione alla associazione sovversiva e banda armata, ha

invece ritenuto non raggiunta la prova che l’appartamento dalla stessa preso in locazione dovesse

servire proprio per far fronte alle esigenze dei responsabili dell’attentato ai danni del prof. D’ Antona

e che la imputata fosse in possesso al momento di tale evento del cellulare con numerazione

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finale 233, contattato, secondo il documento di programmazione, subito dopo il delitto per le

esigenze di recupero della squadra operativa.

Nei motivi di appello il PM, dopo avere evidenziato che secondo le dichiarazioni della Banelli

( coimputata che ha assunto una linea di collaborazione e la cui posizione è stata definita con rito

abbreviato ), al dibattito sul passaggio all’iniziativa disarticolante ( comprendente obiettivi quali

l’attentato al prof. D’ Antona ) partecipava tutto il corpo militante delle Brigate Rosse, e che quindi la

Saraceni non poteva ignorare un tale obiettivo, pone l’attenzione sull’utilizzo del cellulare con

numero seriale finale 233, in dotazione all’organizzazione e che la Saraceni ha ammesso di avere

richiesto in uso alla Proietti temporaneamente per intrattenere i rapporti con il proprietario

dell’immobile a lei locato, riconsegnandolo poi alla sua amica prima dell’attentato.

Dal tabulato della scheda telefonica di organizzazione in uso alla Proietti – osserva il PM - risulta

infatti una telefonata effettuata con tale scheda al cellulare 233 da una cabina di piazza Cola di

Rienzo alle ore 11, 01 del 20 maggio 1999, così come previsto dal piano operativo ( doc. PTD1LC ),

secondo il quale “V”, ovvero pacificamente la Proietti, doveva mettersi in contatto il giorno

dell’omicidio entro le ore 15,00 , con un cellulare di organizzazione ( del quale non è indicato il

numero ) con “VT”, cioè con il responsabile logistico che, unitamente a LU ( identificato con il

Mezzasalma ), doveva essere avvisato immediatamente dell’esito dell’azione, per le ovvie esigenze

di smobilitazione e di fuga del Galesi e della Lioce in caso di emergenza. La chiamata dalla cabina

di piazza Cola di Rienzo ( ove, come risulta dal documento, era stato programmato un recupero per le

forze partecipanti all’azione ) con scheda in uso alla Proietti al ricordato cellulare di organizzazione

si verifica anche, come emerge dal tabulato, nei giorni 18 e 19 maggio, rispettivamente alle ore 10,

34 e alle ore 12, 03, quando imprevisti non hanno consentito di portare a termine l’attentato al prof.

D’ Antona.

Da tali elementi il PM appellante deduce il ruolo che la Saraceni doveva avere nelle fasi

immediatamente successive all’attentato, ruolo desunto dalla sua identificazione con il militante VT,

chiamato dalla Proietti al cellulare di organizzazione sicuramente in possesso della imputata, tanto

che la stessa aveva lasciato il relativo numero di utenza al proprietario dell’appartamento preso in

locazione, e aveva annotato lo stesso numero su una agenda dell’anno 2000 e su una rubrica del

2001, trovate in suo possesso.

L’appartamento preso in locazione dalla Saraceni per conto dell’organizzazione, proprio nel periodo

dell’attentato al prof. D’ Antona, doveva quindi servire, assume il PM, proprio come base da

utilizzare in caso di necessità per il ripiegamento dopo l’azione omicida, eventualmente in

alternativa ( come si dedurrebbe da altro passo del citato documento PTD1LC- v. f. 32 dei motivi di

appello ) a quella che viene indicata come base A, vale a dire l’appartamento- covo di via Maia, in

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uso al Mezzasalma, alias “ Luca/ LU/ LUI “ , il quale doveva effettuare il recupero strategico insieme

ad “ altro res. log. ( altro responsabile logistico, secondo il PM, appunto, la Saraceni ).

Si ricorda infine nei motivi di appello, a sostegno della tesi accusatoria, che il numero del teledrin

intestato alla Proietti era annotato su un’agenda sequestrata alla Saraceni, con le cifre invertite e con

accanto la sigla VA corrispondente a quella di identificazione della militante, a dimostrazione della

esigenza sentita dalla imputata di occultare una utenza riconducibile alla stessa Proietti ed

evidentemente utilizzata per le esigenze dell’organizzazione ; e che inoltre, in altro documento

programmatico in sequestro, si segnala la necessità di rendere VT ( fin dal 1997 ) partecipe al

dibattito interno.

Sostanzialmente conformi a quelli indicati dal PM sono i motivi di appello contenuti nell’atto di

impugnazione ai fini civilistici delle parti civili Olga di Serio ved. D’ Antona e Valentina D’ Antona,

avverso la sentenza di primo grado, nella parte relativa alla assoluzione di Federica Saraceni e di

Paolo Broccatelli dalla imputazione di cui al capo e ) – attentato al prof. D’ Antona.

Ritiene la Corte che gli appelli del PM e delle parti civili meritino accoglimento.

Con la sentenza impugnata, divenuta irrevocabile il 28- 6- 07, la Saraceni è stata ritenuta colpevole

dei reati di banda armata e di partecipazione alla associazione eversiva Brigate Rosse per la

costituzione del Partito Comunista Combattente.

Nella stessa sentenza, le cui motivazioni sono sul punto condivise e fatte proprie da questa Corte, si

afferma che “ risulta assai più logico ritenere che la Saraceni abbia preso in locazione

quell’appartamento ( cioè l’immobile di Cerveteri ) per eseguire un incarico affidatole, tramite la

Proietti, dai vertici dell’associazione ; e che abbia fatto ciò non per soddisfare propri bisogni, ma per

far fronte ad eventuali future esigenze dell’organizzazione “.

Tale assunto non è smentito, come vuole la difesa , da un passo della sentenza della Corte di

Cassazione in data 28- 6- 07, che ha confermato la sentenza della Corte di Assise di Appello dell’ 1-

6- 06, la dove si afferma che “ i soggetti lasciatisi sciaguratamente attrarre ( dall’azione di

reclutamento anche negli insospettabili ambienti della buona borghesia ) non abbandonano

necessariamente tutte le buone abitudini, compresa, magari, quella di cercare refrigerio marino in una

casa da non dividere con nessuno “. Tale affermazione è contenuta infatti in un contesto nel quale

la Corte mostra di non condividere l’assunto difensivo di prospettazione di talune condotte

della Saraceni ( come l’avere affittato una casa al mare ) che sarebbero incompatibili coi

comportamenti codificati del “ buon terrorista “. E lo afferma solo per ribadire che il fatto di non

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essere stata, per ipotesi, una perfetta terrorista, non escluderebbe la responsabilità della imputata in

ordine al reato associativo, ma non anche per negare la destinazione dell’immobile alle esigenze

della organizzazione, ritenuta dal giudice di merito grave indizio posto a base del giudizio di

colpevolezza, giudizio confermato dalla Suprema Corte che, sul punto, così conclude : “non è

quindi per tale aspetto che potrà dubitarsi della completezza del quadro indiziario, valutato nella

gravità delle singole componenti e, da ultimo, valorizzato nella loro globalità “ ( f. 15 della

sentenza) .

Partendo da questo dato processualmente acquisito, vanno valutate le argomentazioni del primo

giudice poste a base del giudizio assolutorio, in particolare la ritenuta insufficienza della prova in

ordine alla destinazione dell’immobile di Cerveteri alle esigenze connesse all’omicidio del prof.

Massimo D’Antona e ugualmente la insufficienza probatoria sul possesso del cellulare con utenza

numero 338/9760233, al momento dell’omicidio.

Analizzando quest’ultimo punto, giova osservare che la stessa Corte di primo grado ha ritenuto non

credibile l’assunto della imputata di essersi fatta prestare il cellulare dalla amica Proietti, per dare

un recapito telefonico al locatore Rizzo, onde evitare che quest’ultimo la chiamasse al proprio

cellulare e della locazione dell’immobile venissero così a conoscenza il suo fidanzato e gli altri

amici.

La stessa Corte ha infatti ricordato che la utenza in questione aveva caratteristiche analoghe a quelle

dei telefoni che costituivano una “ dotazione “ dell’organizzazione ( era priva di intestatario ; aveva

operato con un traffico non omogeneo e lasciando un credito residuo ; era stata più volte contattata da

cabine pubbliche con schede telefoniche prepagate, talvolta in continuità temporale rispetto a contatti

intervenuti tra le stesse S.P.T. e i cellulari di organizzazione ; risultava operante nei luoghi e nel

periodo dell’inchiesta su D’Antona ed anche nel giorno dell’esecuzione dell’omicidio ; era stata in

uso alla terrorista Nadia Desdemona Lioce che, sotto il falso nome di Carla Ceci, aveva dato tale

numero, come recapito telefonico, ad uno studio medico ove si era recata nel giugno 1998 per

esigenze personali ; il numero era annotato, insieme ad altri numeri di organizzazione, su un biglietto

da visita Tim sequestrato nella abitazione di Marco Mezzasalma ) ed è pervenuta alla conclusione

che, solo con riferimento alla locazione dell’immobile nell’interesse della organizzazione, “ può

trovare spiegazione la circostanza che le sia stato affidato un cellulare “ con le caratteristiche sopra

evidenziate ( f.f. 40 e 41 ).

Circa il possesso del cellulare, la Saraceni ha asserito di averlo avuto a disposizione solo tra la fine di

marzo e i primi di aprile del 1999 e poi ancora nel mese di settembre, in concomitanza con le

esigenze connesse alla conclusione del rapporto di locazione e poi alla cessazione dello stesso, e di

avere nel periodo intermedio restituito lo stesso cellulare alla Proietti. E la Corte di primo grado,

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rilevando che nel periodo tra il 2 aprile e il 3 luglio, comprendente ampiamente la fase centrale

dell’operazione omicidiaria, non erano intercorse telefonate tramite l’utenza in questione tra il Rizzo

e la imputata, ha ritenuto non raggiunta la prova in ordine al possesso del cellulare in tale periodo

intermedio, considerata anche la dichiarazione della Proietti di avere effettivamente avuto in

restituzione l’apparecchio.

Osserva questa Corte che, dai tabulati in atti, emerge che il cellulare “ 233 “ è stato chiamato da

telefoni riferibili a Francesco Rizzo nei giorni 26, 27 e 31 marzo, il 2 aprile, il 3 luglio e il 23

settembre 1999. Lo stesso Rizzo ha escluso di avere parlato con altre persone diverse dalla Saraceni,

mentre la chiamata del 3 luglio trova riscontro nella agenda dello stesso Rizzo in data 4 luglio, ove è

annotato “ OK Federica “, a dimostrazione che vi era stato un contatto con la conduttrice e che

quest’ultima aveva regolato il canone per quel mese ( teste Rizzo f. 166 segg. ud. 11- 4- 05 ).

Non è vero, quindi, che la imputata, come assume, abbia avuto la disponibilità del cellulare solo per

la costituzione e la cessazione del contratto di locazione. D’altra parte, come rilevato nella sentenza

di appello che ha confermato la condanna della Saraceni per il reato associativo ( f. 82 ), non è

credibile che la imputata abbia potuto privarsi del telefono “ incriminante “ in pendenza del rapporto

di locazione, dopo averne fornito il numero di utenza al locatore come recapito, perché tale condotta

avrebbe comportato il rischio di divenire irraggiungibile e di creare allarme nel Rizzo, o, peggio

ancora, di determinare chiamate del locatore a terzi estranei in ipotesi in possesso del cellulare, con

pregiudizio per la stessa segretezza del rapporto di locazione. Né avrebbe avuto senso che la

Saraceni si privasse in pendenza di tale rapporto di quel cellulare relativo a utenza di organizzazione,

dal momento che le era stato consegnato, come si è detto, proprio per le esigenze di comunicazione

con il locatore per un contratto stipulato su incarico dei vertici dell’associazione.

Quanto poi alle dichiarazioni della Proietti favorevoli all’assunto della imputata, esse sono

palesemente non credibili. La Proietti, che è risultata legata da molto tempo alla Saraceni da

rapporto di amicizia, oltre che di comune militanza, non ha mai inteso fornire alle indagini alcuna

collaborazione che consenta di ritenerla intenzionata ad apportare un contributo di verità alla

ricostruzione delle vicende che interessano. Inoltre, dal traffico dell’utenza cellulare 3389760233,

non emerge alcun contatto telefonico che possa collegarla alla Proietti, alla sua cerchia di rapporti

personali o a chiunque diverso dalla Saraceni , l’unico altro sicuro collegamento essendo quello con

la Lioce, che lo utilizzò nel giugno 1998, già clandestina. Va infine rilevato che l’utenza cellulare

in questione risulta contattata ripetutamente anche in concomitanza dell’omicidio del prof. D’ Antona

da S.P.T. attribuita con certezza alla Proietti, circostanza che porta ad escludere senza possibilità di

contestazione che la stessa detenesse quel cellulare nel periodo in contestazione.

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Deve quindi affermarsi che l’utenza…233 era certamente in possesso della Saraceni il giorno

dell’omicidio del prof. D’Antona, quando, alle ore 11,01, fu chiamata dalla scheda n.

01.60.109.63324, sicuramente appartenente alla Proietti e dalla stessa detenuta.

Va a questo punto esaminato, ai fini di un giudizio di colpevolezza, se possa ritenersi provato che la

suddetta chiamata corrisponda a quella indicata nel documento PDT1LC, contenente una dettagliata

programmazione delle fasi dell’operazione dell’omicidio del prof. D’ Antona, secondo il quale era

previsto “ per VT telefonata da parte di V ( pacificamente la Proietti ) entro le 15 alla scheda d’o

n….per recupero elementi s.c. ( sta per sede centrale, cioè Galesi e Lioce ).

Giova premettere che di tale documento di pianificazione, rinvenuto nell’archivio informatico del

Morandi, esistono due versioni : la prima in formato “ word “ è quella leggibile con l’ordinario

applicativo omonimo ; la seconda ( formato “ txt “ ) è la stesura precedente dello stesso file, leggibile

con il particolare applicativo “ Blocco Note “.

Assume la difesa che, siccome alcune parti del documento PDT1LC, comprese talune relative ai “

recuperi “ riguardanti VT ( per l’accusa la Saraceni ), compaiono solo nel documento in formato “

txt “ e non anche in quello sequestrato al Morandi in formato “ word “, deve ritenersi che le stesse

non facessero più parte della versione esecutiva del programma, perché depennate nel testo

definitivo.

Tale assunto non può essere condiviso.

Il teste Carini Alessandro, della Polizia Postale di Firenze ( v. ud. 28- 4- 05 ff. 148 segg. ), ha

precisato , per quanto riguarda la prima versione “txt “, che “ non si tratta di parte cancellata nel vero

senso della parola , ma di materiale aggiuntivo che troviamo dentro il file di word….che recuperiamo

in chiaro, perché noi apriamo la partizione criptata e troviamo un documento in chiaro “ ( f. 167 ) ; e

aggiunge : “ per come funziona il programma stesso, le revisioni precedenti sono rimaste all’interno

del documento e quindi sono consultabili “ ( f. 160 )

Anche il teste Tintisona , della Digos di Roma ( ud. 30- 3- 05 ), precisa che il documento in word può

essere aperto “ con un sistema comunissimo che si trova in tutti i computer e che è il sistema Blocco

Note “ e che “ il documento esce in una maniera meno leggibile con riferimento al tipo di scrittura “ e

non tanto al contenuto ( f. 163 ).

La Banelli dichiara di avere letto il documento in versione word, come trasmesso al gruppo toscano,

e osserva che anche nella versione “ txt “, che conteneva i “ recuperi “ da parte dei militanti romani,

erano compresi brani che pure riguardavano lei stessa e i militanti della sua regione ( in particolare il

recupero dinanzi la sede della “Ricordi “ – f- 238 ).

La collaborante non sembra essere in grado di dare una spiegazione precisa della parziale diversità

dei due testi ( in word e in txt ) , e precisa che i particolari dei recuperi erano demandati

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all’organizzazione del referente locale ( f. 55 ) e che, in ogni caso, erano integrati da una scheda di

ruolo che ogni militante doveva memorizzare e poi distruggere ( f. 239 ).

Orbene, premesso che le discordanze tra le due versioni del documento in questione sono solo

marginale e che esse potrebbero trovare una parziale spiegazione in ragioni di ordine distributivo e

organizzativo ( anche se non sempre rigorosamente rispettate ), non può non rilevare questa Corte

che da nessuna fonte probatoria emerge la ipotesi prospettata dalla difesa della “depennazione “ delle

parti del documento in “ txt “ non riportate in “ word “.

Il documento in formato “ txt “ non fu cancellato, perché era conservato nella memoria del computer

e immediatamente recuperabile con il sistema Blocco Note, cioè con un programma presente in ogni

sistema, facilmente azionabile e ampiamente generalizzato.

Qualora si fossero volute annullare le parti del programma figuranti solo in “ txt “, perché non più

rispondenti alla progettazione dell’azione , sarebbe stato possibile distruggere il documento in tali

parti “, cestinandolo “o comunque adottando quelle operazioni tecniche che avrebbero reso

impossibile o comunque assai difficoltoso il recupero integrale del testo.

Solo così si sarebbe scongiurato il pericolo che un programma non più attuale potesse essere

conosciuto da chiunque fosse venuto in possesso del file, e si sarebbe evitato il rischio di fuga di

notizie e di compromissione della sicurezza dei partecipanti all’azione in origine programmata ;

mentre la conservazione del testo in “ txt “, che i militanti, assai esperti in informatica, sapevano

essere molto facilmente recuperabile con la sola apertura del sistema in “ Blocco Note “, denota la

sua attualità e l’assenza di ogni ragione di definitivo occultamento, al di là della eventuale

semplificazione e riduzione del testo in ragione di una approssimativa e non rigida ripartizione dei

compiti in base alle singole competenze di intervento..

Né può da ultimo sottacersi che il documento in questione risulta creato in data 27- 4- 99, con ultimo

salvataggio del 28- 4- 99, in data cioè assai prossima alla programmata azione omicida, quando le

operazioni preparatorie erano in fase avanzata , cosicché appare difficilmente ipotizzabile una

modifica di un programma a lungo e dettagliatamente preparato, poiché tale modifica avrebbe

comportato difficoltà nella esecuzione del piano omicida e la necessità di varianti nella azione e la

sostituzione di ruoli, quali quelli del responsabile logistico, non facilmente rimpiazzabili.

Posta quindi la valenza del PDT1TILC, va subito detto che lo stesso si è rivelato un programma ( non

quindi il consuntivo di una azione ) che ha trovato, però, corrispondenza, tra l’altro, proprio nella fase

dei “ recuperi “ che qui interessa.

Il documento si apre con la annotazione “ trasferire su disco criptato “, sistema di sicurezza

abitualmente adottato nello scambio di materiale documentale ( Banelli f. 87 ud. 11- 5- 05 ), e

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contiene, nel primo e secondo capoverso le seguenti locuzioni : “ per le staffette C)- la Banelli _ con

elemento A) o B) della sq.op. off. Il recupero successivo sia all’azione che in caso di ripiegamento è

all’angolo tra v. Otranto e v. Giulio Cesare nei pressi di Ricordi ( fermata metro ottaviano ) con

attesa continua dal prima possibile.

Recupero strategico tra le forze partecipanti all’azione. Recupero strategico tra la staffetta B ) o se

questa assente la staffetta A ) e la staffetta C). Alle 11, 30 all’uscita del mercato coperto di p.za dell’

Unità che affaccia su v. Cola di Rienzo, con la Stampa e il Corriere della Sera. Recupero successivo

alle 12,30, ultimo recupero alle 13,30.

La Banelli ( staffetta C ) ha dichiarato di avere partecipato a questo recupero di Galesi o della Lioce (

che rappresentavano gli alementi A) o B ) della squadra operativa offensiva ) e ha precisato che

l’attesa si protrasse fino alle 10,30 – 11 ( ff. 58 e 59 ).

La stessa Banelli, che dopo avere recuperato il Galesi si diresse a Pisa ( gruppo toscano ), ipotizza

che il recupero strategico con le forze partecipanti all’azione da parte della staffetta B ) – la Proietti

- , pur se previsto per le ore 11, 30 in via Cola di Rienzo, non sia avvenuto, perché tale tipo di

recupero si verifica quando “ è intervenuto un problema “, cioè “ in caso di caduta, di mancanza di

recupero ordinario “ ( ff. 59 e 60 ).

In ogni caso la Proietti, così come previsto nel documento di programmazione, si trova intorno alle

ore 11 ( evidentemente con un certo anticipo rispetto all’ora prevista, le 11, 30, perché l’incontro

dinanzi alla Ricordi si era concluso positivamente prima delle 11 e lei stessa ne doveva essere

informata, stante la vicinanza dei luoghi e la prevista sua partecipazione, come staffetta B ), al vicino

recupero all’angolo di via Giulio Cesare – vedi primo comma del documento ) in piazza Cola di

Rienzo, dove, dalla locale cabina pubblica, con la scheda prepagata n. 15 – n. 01.45.048.33274,

effettua, tra le ore 10,50 e le ore 11,01, cinque brevissime telefonate, tre ad Arioti Paolo sulla utenza

06.22440680, una al cellulare 3394095036 in uso a Pietrangeli Manuel, a lei legato

sentimentalmente, e l’ultima, alle ore 11.00.41, della durata di appena 20 secondi, al cellulare

3389760233, utenza della organizzazione in possesso, per quanto già detto, della Saraceni Federica.

Quest’ultima chiamata riscontra quanto previsto per VT e V ( incontestabilmente la Proietti ) nel

documento di programmazione, ove si legge :

“ per VT telefonata da parte di V. entro le 15,00 alla scheda d’o. N………., con messaggio da

definire tra V. e VT. ( il messaggio è di due tipi uno per non effettuare l’incontro in caso di

reiterazione o esito positivo, uno per effettuare l’incontro sia per motivi di sicurezza che per motivi

di lavoro ).

Recupero tra VT e altri elementi S.C.

In caso di telefonata di richiesta incontro da parte di V. o in caso di mancanza di telefonate :

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alle 16,00 – 17,00 – 18,00 a p.le Flaminio con la Stampa e il Corriere della Sera, messi bene in

vista, alla fermata del 490 e altri bus in direzione stz. Tiburtina, prima dell’ingresso in Villa

Borghese.

Recupero tra VT ed elemento di rete per eventuale impiego con funzioni di supporto :

recupero strategico per A ) con VT il giorno successivo all’azione 20 21 22 LGPRE, il giorno dopo

ancora e poi ogni giorno della settimana corrispondente a quello dell’azione allo stesso posto e alla

stessa ora.

Che la chiamata della Proietti al …233 si identifichi nella prevista chiamata che V doveva effettuare

entro le 15,00 alla scheda di organizzazione e che quindi la Saraceni si identifichi nella militante VT,

si evince dalle seguenti considerazioni.

Va innanzi tutto rilevato che, dall’analisi del traffico delle 46 schede telefoniche pubbliche che hanno

consentito la identificazione dei militanti delle BR, si evince che l’unica utenza di organizzazione,

cui rispondeva il militante VT, contattata il giorno 20 maggio 1999 ( giorno dell’omicidio D’

Antona ) alle ore 11,01 e quindi entro le ore 15,00, dalla scheda telefonica pubblica n.15 in uso alla

Proietti ( militante V ), è l’utenza cellulare 3389760233, in possesso della Saraceni, essendo le altre

chiamate effettuate quasi contestualmente dirette a utenze private, quindi non identificabili con la “

scheda d’ o. n…..” .

La chiamata ha la durata di soli 20 secondi e quindi è pienamente compatibile con uno dei due brevi

messaggi che dovevano essere inoltrati, “ l’uno per non effettuare l’incontro in caso di reiterazione o

esito positivo, uno per effettuarlo sia per motivi di sicurezza che per motivi di lavoro “.

L’azione omicida aveva avuto esito positivo e, secondo le dichiarazioni della Banelli, essendosi

svolta l’operazione regolarmente, “ non era necessario che i militanti si incontrassero, quindi bastava

una comunicazione di andato tutto bene e poi probabilmente avrebbero avuto i normali appuntamenti

“ ( f. 63 Banelli ud. 9- 5- 05 ). Il tipo di messaggio spiega quindi la sua durata, nonché la circostanza

che lo stesso fu comunicato alle ore 11, 01, non appena cioè la Proietti fu in grado di conoscere

l’esito della operazione e quindi il messaggio da trasmettere.

In ogni caso, anche se non è certo se gli incontri successivi di recupero tra VT e gli elementi di S.C.

( sta per “ sede centrale “ cioè Galesi e la Lioce ) previsti alle 16- 17 – 18 a p.le Flaminio e che

dovevano avvenire solo “ in caso di telefonata di richiesta incontro da parte di V. o in caso di

mancanza di telefonate “, siano poi avvenuti, appare significativo il fatto che per essi era previsto che

i soggetti dovessero avere “ bene in vista “ il Corriere della Sera e la Stampa, circostanza che, come

spiegato dalla Banelli, stava ad indicare che VT non conosceva almeno uno dei componenti la sede

centrale ( f. 69 ) . E in effetti la Saraceni, mentre era legata da vecchia amicizia al Galesi, non

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conosceva, per sua stessa ammissione ( f. 211 ud. 7- 6- 05 ), la Lioce, motivo per cui quel segno di

riconoscimento era necessario .

Il documento programmatico così continua : “ LU1 con forze di S.C. : per LU1 a tel proprio numero

nel I cassetto dell’ingresso con il messaggio da inviare. Il messaggio indica una reiterazione, un

esito positivo e una richiesta di incontro “. E ancora :

Per LU1 alle 18 in base A fino alle 19,00. In caso di assenza di elementi di S.C. e di messaggi,

recupero strategico con forze presenti all’azione e altro res. log. per organizzare gestione

ripiegamento e smobilitazione “.

Questo passo del documento si riferisce a Mezzasalma, alias Luca/ LU / LU1, il quale, dopo avere

inviato un messaggio e avere atteso fino alle ore 19 nella base A, cioè il covo di via Maia da lui

gestito, in caso di assenza dei militanti Lioce e Galesi, doveva effettuare un recupero strategico con le

forze presenti all’azione, insieme all’altro responsabile logistico per organizzare il ripiegamento e la

smobilitazione.

Appare ragionevole ritenere che l’altro responsabile logistico, che doveva intervenire, fosse proprio

la Saraceni, già impegnata, in caso di necessità, nella attività di recupero nei termini sopra indicati.

La Banelli, pur non avendo diretta conoscenza della Saraceni e dell’aspetto logistico, è stata tuttavia

in grado di affermare che “ nel gruppo romano c’erano delle responsabilità sul logistico specifiche “

( anche se non sa indicare a chi attribuite ), che dalla lettura del testo del documento si evince che i

responsabili logistici “ erano più di uno “, e che il responsabile logistico era quello che gestiva una

base ( ff. 74 e 76 tr. ud. 9- 5- 05 ).

Va anche osservato che il collegamento di Mezzasalma ( LU ) con VT risulta anche da un altro passo

del documento programmatico, là dove, a proposito delle reiterazioni ( cioè di rinvio dell’azione ),

sono previste “ comunicazioni di avviso su esito dell’iniziativa a LU e VT “.

Come emerge dagli atti, la esecuzione dell’attentato era stata programmata , oltre che nei giorni

precedenti, anche per il 18 e il 19 maggio, quando non fu possibile portare a termine l’azione

omicida per la mancata presenza della vittima. Orbene, così come previsto nel documento

programmatico, la Proietti ( V ) non ha contattato VT solo alle ore 11, 01 del giorno 20, ma anche , e

sempre con chiamata all’utenza di organizzazione …233 in possesso della Saraceni, il giorno 18

maggio alle ore 10, 34 e il giorno 19 maggio alle ore 12, 03, poco dopo , quindi, che aveva avuto

certezza della impossibilità che fosse eseguito l’attentato programmato e quindi della necessità di

reiterazione.

E si noti che la Saraceni, che certamente ricevette queste brevi chiamate perfettamente coincidenti

con quelle previste nel documento programmatico, non ha fornito alcuna spiegazione sul contenuto

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delle stesse, avendo sempre sostenuto di non essere stata in possesso del cellulare, assunto questo

smentito dalle circostanze sopra evidenziate.

Che poi la imputata fosse l’altra responsabile logistica, che doveva intervenire insieme al

Mezzasalma per organizzare, in caso di necessità , la “ gestione “, il “ ripiegamento “ e la “

smobilitazione “, mediante la base logistica, si evince dal fatto che prese in locazione l’appartamento

di Cerveteri proprio per conto della organizzazione, così come riconosciuto dalla stessa sentenza di

primo grado, che tuttavia non ha ritenuto sufficientemente provato il collegamento con l’attentato al

prof. D’ Antona.

A tale riguardo va, però, considerato che la locazione dell’appartamento riguarda un periodo ( fine

marzo – fine settembre del 1999 ) perfettamente coincidente con le fasi di preparazione ed esecuzione

dell’operazione, nonché con le successive ed eventuali fasi di ripiegamento. Necessità di

ripiegamento che forse non si verificarono, tanto che la Saraceni risolse il contratto con anticipo di

alcune settimane.

Ipotizzare una diversa destinazione dell’immobile, in presenza del dato di una tale coincidenza

temporale, appare francamente non verosimile, anche perchè non risulta che in quel breve periodo le

B.R. stessero organizzando altre operazioni offensive di grande rilevanza strategica, quale l’azione “

disarticolante “ che aveva accentrato tutti gli impegni organizzativi e l’impiego delle poche forze

disponibili ( rendendole quindi non destinabili ad altre iniziative ) e che sola poteva giustificare la

necessità della immediata disponibilità di una base logistica alternativa al covo di via Maia ( il

deposito della Easy Box fu preso in locazione nel giugno 2003 e la cantina di via Montecuccoli

nell’ottobre dello stesso anno, e non risulta da alcuna parte che l’organizzazione disponesse di altre

basi nel periodo dell’operazione D’ Antona ).

La difesa si è a lungo soffermata sulle caratteristiche dell’appartamento di Cerveteri, indicandolo

come non adatto alle esigenze di ripiegamento, perché situato a molti chilometri da Roma e in un

complesso di più palazzine, ove sarebbe stato difficile per i brigatisti passare inosservati.

Non può tuttavia non rilevarsi che qualunque complesso abitativo avrebbe presentato tali rischi e che

la distanza di alcune decine di chilometri dal luogo dell’attentato avrebbe potuto rappresentare, anzi,

una scelta logistica opportuna, qualora il covo di via Maia ( ove peraltro hanno abitato per un certo

periodo la Lioce e il Galesi ) si fosse rivelato non sicuro e si fosse presentata la necessità di un

ripiegamento in zona più periferica. Non appare senza significato, a tale riguardo, che la Blefari sia

stata arrestata in un appartamento preso in locazione a S. Marinella, quasi a significare una

preferenza dei brigatisti per le località del litorale laziale ai fini del loro nascondimento.

Ne sembra avere particolare rilievo probatorio il fatto che dalla bolletta relativa al bimestre luglio/

agosto 1999 risulti un consumo di energia elettrica considerevole, specie se messo a confronto con

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quello minimo del bimestre precedente e del bimestre successivo ( vedi teste Rizzo f. 178 ). A

parte, infatti, la difficoltà di riferire quel consumo a un periodo preciso, essendo di comune

esperienza la consuetudine dell’ente erogatore di effettuare addebiti a conguaglio, non può non

rilevarsi che la eventuale presenza della Saraceni nell’appartamento per soli due mesi ( i consumi

negli altri bimestri sono bassissimi ) mal si concilia con il fatto che la imputata ha dichiarato di avere

affittato l’immobile per potervi andare a studiare, finalità questa che avrebbe consigliato un utilizzo

per tutto il periodo della locazione, tenuto anche conto del notevole costo dell’affitto. Nè, d’altra

parte, lo sfruttamento limitato dell’appartamento anche per esigenze personali appare inconciliabile

con una locazione secondo le direttive della organizzazione, mentre non può neppure escludersi che

quel consumo più elevato nel bimestre luglio/ agosto, in un periodo cioè immediatamente successivo

all’attentato, possa essere messo in relazione proprio con la eventuale presenza di elementi delle BR

in fase di ripiegamento.

La difesa ha anche rilevato che l’utenza ….233 non può essere definita una utenza di

organizzazione in senso proprio, come quella che la Proietti ( V ) avrebbe dovuto chiamare in base al

documento programmatico ( “ scheda d’ o. n….” ), in quanto utilizzata anche per fini personali e

comunicata al locatore Rizzo, cosi da non offrire quelle garanzie di riservatezza richieste in tale tipo

di operazioni.

Come già affermato a tale riguardo nella sentenza di primo grado e ribadito e aggiunto in quella di

appello, va osservato che l’utenza 3389760233, sebbene non in rapporto di tipo “ citofonico “

esclusivo con alcuna delle altre particolari cinque “ utenze di organizzazione “, ne condivideva gli

altri caratteri quali : a) la non intestazione all’effettivo utente ; b) la cessazione con credito residuo ;

c) i numerosi contatti da SPT tramite cabine telefoniche pubbliche ; d ) la disomogeneità/

discontinuità del traffico, con succedersi di periodi di intenso utilizzo ed altri di disuso ; e ) la

interruzione del traffico, per un certo periodo, a partire dal giorno dell’attentato al prof. D’ Antona.

Né può affermarsi che la stessa fosse stata utilizzata per fini personali, tale non potendo essere

definito l’utilizzo da parte della Lioce nel 1998, perché comunque legato alle necessità di anonimato

di una brigatista in un periodo di latitanza, e tale non essendo neppure la partecipazione del numero

di utenza al Rizzo come riferimento durante la locazione, trattandosi di un rapporto posto in essere

nell’interesse della organizzazione, in relazione al quale la Proietti aveva affidato quel cellulare alla

Saraceni, proprio perché di organizzazione e quindi idoneo a garantire la riservatezza delle

comunicazioni.

Altro elemento che conferma la caratteristica dell’utenza in questione è, infine, costituito dalla

ricordata annotazione del numero…233 su un biglietto trovato nella disponibilità del Mezzasalma,

accanto ai numeri 338/4658255 e 339/ 4636039, corrispondenti ad altri due cellulari considerati di

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“ organizzazione “ ; né va sottovalutato il fatto che la stessa Saraceni avesse annotato quel numero

su una rubrica a fianco del nominativo “ zio Ninnillo “, condotta che, al di là delle poco credibili

giustificazioni fornite dalla imputata circa un errore di trascrizione, denota chiaramente la

consapevolezza che si trattava di una utenza compromettente, che pertanto doveva essere occultata

con una annotazione di comodo che ne impedisse, in caso di accertamenti, il collegamento con la

organizzazione eversiva.

Quanto poi al presunto alibi della Saraceni, costituito dal suo rapporto di lavoro come bambinaia

presso la famiglia Giacopini, va rilevato che tale attività richiedeva la presenza della imputata fino

alle ore 14. Tale orario era quindi perfettamente compatibile con l’impegno di militante richiesto

alla Saraceni, la quale, qualora si fosse reso necessario il suo intervento, avrebbe dovuto partecipare

al recupero previsto a p.le Flaminio per le ore 16, 17 e 18 del giorno dell’attentato ed eventualmente

dei giorni successivi all’azione, 20, 21 e 22, quindi con un margine di tempo di circa due ore rispetto

alla cessazione della sua occupazione. Prima di tale momento la imputata avrebbe dovuto ricevere

dalla Proietti all’utenza …233 in suo possesso una telefonata, una comunicazione dell’esito della

operazione di pochi secondi, che certamente non avrebbe insospettito chi si fosse casualmente

trovato in sua compagnia.

Né deve meravigliare che la Saraceni, come riferito dal teste Giacopini ( ff. 4 e 5 ), abbia

partecipato allo “ sbigottimento “ del suo datore di lavoro e della moglie nell’apprendere e

commentare, il giorno stesso dell’attentato o il giorno successivo, quanto era accaduto, non

potendosi credere in una sincera manifestazione di stupore e di angoscia da parte di colei che era

stata già informata, nel corso del breve “ messaggio “ ricevuto, dell’esito di una operazione

omicida, posta in essere da persone in parte ben conosciute e alle quali la imputata aveva dimostrato

la propria disponibilità.

Nella sentenza di primo grado si dubita, poi , che la Saraceni fosse stata messa al corrente dai vertici

dell’organizzazione dei motivi della locazione dell’appartamento di Cerveteri e quindi del

collegamento con l’azione ai danni del prof. D’ Antona.

Tale assunto non può essere condiviso.

La Banelli ha dichiarato che la decisione sull’assunzione del nome BR. PCC. ( che coincise con la

scelta della iniziativa strategica disarticolante ) aveva “ riguardato tutto il corpo militante “, e che

anche se l’individuazione del prof. D’ Antona come obiettivo proveniva dalla sede centrale, “ al

dibattito partecipava tutto il corpo militante “ ( Banelli ff. 61 e 62 ud. Gip dell’ 1- 10- 04 ).

La locazione del covo di Cerveteri, come già detto, coincise proprio con la fase preparatoria ed

esecutiva dell’attentato ed è impensabile che la Saraceni non fosse stata informata e non fosse

quindi consapevole, della destinazione dell’ immobile alle necessità di un eventuale ripiegamento

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delle forze partecipanti a quella azione, che era stata oggetto di ampio dibattito tra il corpo militante e

alla cui realizzazione era concentrata tutta l’attività della organizzazione.

Eventuali azioni contro le sedi sindacali, che erano ormai superate dal passaggio alla fase della

iniziativa “ disarticolante “ e che non risultano realizzate in quel periodo, non avrebbero comunque

richiesto, per la maggiore facilità di esecuzione e per il minore rischio connesso, l’approntamento ,

oltre quello di via Maia già disponibile, anche di un secondo covo in località decentrata, destinato

proprio a costituire una alternativa di nascondimento nel caso di necessità. E non appare casuale che

solo in questo periodo, per quanto risulta dagli atti, le BR. disposero di due “ covi “, evidentemente

proprio per far fronte agli imprevisti connessi al rischio di una azione così grave, che avrebbe

comportato sicuramente una reazione incisiva da parte delle forze dell’ordine, con un controllo a

tappeto del territorio su Roma e nelle zone periferiche.

D’ altra parte la breve chiamata all’utenza di organizzazione …233, in possesso della Saraceni,

conformemente a quanto previsto nel documento programmatico stilato già alla fine di aprile del

1999, conferma il ruolo consapevole assunto dalla Saraceni, non essendo immaginabile che fosse

stata prevista la partecipazione della imputata per l’eventuale recupero dei partecipanti all’azione ai

fini del ripiegamento, senza che il responsabile logistico fosse stato preventivamente informato

dell’azione in corso e quindi del collegamento della base alle esigenze della operazione.

Un ultimo argomento della difesa è rappresentato dalla proclamata “ ripugnanza “ della Saraceni

verso l’azione omicida, quale scelta di lotta allo Stato, affermata nel corso del processo e ribadita

anche dinanzi a questa Corte, quasi che la rinnegazione di scelte politiche estreme fosse

incompatibile con la condotta del brigatista partecipe di tali azioni. L’argomento nulla toglie

tuttavia a quanto emerge dalle risultanze processuali, mentre non può non rilevarsi che quel

disconoscimento può essere stato suggerito non solo da evidenti finalità difensive, ma anche da una

presa di coscienza della gravità di scelte scellerate, forse adottate anche per effetto della suggestione

persuasiva posta in essere da parte di quei militanti risultati i maggiori responsabili dell’azione

omicida, ai quali la imputata era da tempo legata da rapporti di vecchia e conclamata amicizia.

Deve quindi affermarsi la colpevolezza a titolo di concorso della Saraceni in ordine al reato di

attentato seguito da morte del prof. D’ Antona, avendo la stessa certamente agevolato e favorito la

commissione del reato, rendendosi disponibile fin dalla fase preparatoria con una azione di supporto

logistico diretta ad agevolare il successo dell’operazione , mediante l’assicurazione di un intervento,

in caso di necessità, diretto al recupero dei soggetti materialmente coinvolti e alla gestione del loro

nascondimento, nella base di Cerveteri, nelle fasi successive all’azione omicida.

Gli indizi emersi a carico della imputata, come sopra enucleati, sono infatti certamente gravi, precisi

e concordanti, così come richiesto dall’art. 192 capov. cpp., né la Saraceni , nel corso delle sue

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dichiarazioni spesso inverosimili o contraddittorie ( vedi ad esempio quanto affermato circa il tempo

della detenzione e restituzione del cellulare – ff. 248 segg. ), ha fornito giustificazioni logiche e

credibili delle condotte addebitatele, che consentano a questa Corte di pervenire a una diversa e più

favorevole interpretazione delle risultanze processuali.

Quanto alla pena, alla imputata vanno riconosciute le attenuanti generiche, già concesse dal primo

giudice, tenuto conto della sua incensuratezza, dei segni di ravvedimento dimostrati e della stessa

limitata partecipazione al fatto contestatole.

Ritenuta quindi la continuazione con i reati per i quali la Saraceni ha riportato condanna con la

sentenza della Corte di Assise in data 8- 7- 05, divenuta irrevocabile, ritiene questa Corte, valutate

tutte le circostanze di cui all’art. 133 cp., di dovere irrogare la pena complessiva di anni ventuno e

mesi sei di reclusione, alla quale si perviene mediante il seguente calcolo : pena base per il reato di

attentato di cui all’art. 280, co. IV, cp., ergastolo ; riduzione per le attenuanti generiche, ai sensi

dell’art. 65 n. 2 cp, anni venti ; aumento in continuazione di anni uno per il reato di cui all’art. 270

bis cp. e ulteriormente di mesi sei per il reato di cui all’art. 306 cp.

Ai sensi degli artt. 29 e 32, 3° co., prima e seconda parte, cp., la Saraceni deve essere dichiarata

interdetta in perpetuo dai pubblici uffici, nonché in stato di interdizione legale durante la pena e nello

stesso periodo sospesa dall’esercizio della potestà di genitore.

La stessa va anche condannata al pagamento delle spese processuali, nonché, in solido con la Lioce,

il Mezzasalma e il Morandi, già condannati, al risarcimento dei danni in favore delle parti civili

Valentina D’ Antona e Olga Di Serio, nella misura da liquidarsi in separata sede, al pagamento di una

provvisionale immediatamente esecutiva di euro 150.000 per ciascuna parte, e alla rifusione delle

spese di costituzione e difesa del giudizio di primo grado come liquidate, per gli imputati tenuti in

solido, nell’appellata sentenza, nonché al pagamento delle spese di costituzione e difesa sostenute nel

presente grado in favore delle stesse parti civili, liquidate come in dispositivo.

In ordine agli attentati rivendicati con sigle NIPR e NPR ( capo l ), il PM critica l’assoluzione di

Mezzasalma Marco .

La Corte, infatti, pur assumendo che il ruolo dirigenziale dell’imputato nell’ambito

dell’organizzazione faceva ritenere “ probabile “ la sua partecipazione alla fase decisionale delle

suddette iniziative ed, in particolare, a quelle attuate dal gruppo romano, non ha ritenuto raggiunta

la prova della colpevolezza, in assenza di ogni precisa indicazione a riguardo da parte della Banelli e

di altri riscontri processuali.

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Rileva il PM che la Corte ha però omesso di considerare le specifiche modalità di rivendicazione

degli attentati per via telematica, attraverso un messaggio inoltrato per posta elettronica via Internet

ai destinatari individuati, cioè tramite un sistema ben conosciuto dal Mezzasalma.

Si osserva nei motivi di appello che nella cantina di via Montecuccoli venne sequestrato in data 20-

12- 03 un portatile, sulla cui parte interna è stata rilevata l’impronta del pollice della mano destra del

Mezzasalma. Tale portatile era in origine riferibile a tale Bertini Ferdinando ( come si evince dalla

posta elettronica configurata per essere utilizzata da un utente con tale nome ), il quale , attraverso

inserzioni sul periodico Porta Portese, pose in vendita l’apparecchio a partire dal 5 maggio 2000, data

in cui la sua utenza fu chiamata con una delle SPT utilizzate per chiamare il “ covo “ di via Maia,

esattamente la numero 011712447712, riferibile a Mezzasalma.

Quel computer, sicuramente utilizzato dal Mezzasalma per la redazione informatica e per la

diffusione via internet della rivendicazione dell’attentato Biagi, fu dall’imputato acquistato proprio

pochi giorni prima dell’attentato di via Po’ a Roma, verificatosi il 14 maggio 2000 e rivendicato con

le medesime modalità, come con le stesse modalità sono stati rivendicati i successivi attentati di

Milano del 6 luglio 2000 e di Roma del 14 aprile.

Osserva infine il PM che gli inoltri via Internet dei documenti suddetti presentano la medesima “

impronta telematica “ ovvero coincidenti caratteristiche di programma e di modalità di impiego.

Rileva questa Corte che dagli elementi evidenziati dal PM appellante può evincersi soltanto che il

Mezzasalma venne in possesso del portatile rinvenuto nella cantina di via Montecuccoli in data di

poco antecedente l’attentato di via Po’ in Roma.

La circostanza che mediante la formattazione dell’apparecchio siano stati recuperati il documento di

rivendicazione dell’omicidio Biagi, non consente tuttavia di addebitare al Mezzasalma anche la

rivendicazione degli attentati di Roma che qui interessano. Le analogie di rivendicazione e la

particolare esperienza dell’imputato nel settore telematico, costituiscono, pur valutata la circostanza

dell’acquisto del compiuter in epoca certamente sospetta, solo indizi vaghi e di non certa

interpretazione, che non consentono, anche per la carenza di ogni preciso riferimento della Banelli

alla posizione specifica dell’imputato, di pervenire a un giudizio di colpevolezza.

La sentenza di primo grado deve pertanto essere confermata.

Costa Alessandro è stato assolto dal reato di cui al capo a ( banda armata e associazione eversiva

), ai sensi del comma secondo dell’art. 530 cpp., per non avere commesso il fatto.

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Rileva, tra l’altro, la Corte di primo grado che le frequentazioni e gli stessi contatti telefonici in epoca

sospetta avuti dal Costa con altri soggetti coinvolti in questo procedimento può semmai dimostrare

una affinità di posizioni ideologiche, ma non anche una comune partecipazione ad attività criminose.

Né risulta provata la funzione che l’imputato avrebbe svolto, secondo l’accusa, di collegamento tra le

B.R.- P.C.C. e i N.A.C., desunta dai suoi rapporti con Raoul Terrilli, condannato in primo grado per

avere fatto parte di quest’ultima associazione, tenuto conto che lo stesso Terrilli in sede di appello è

stato ritenuto responsabile non degli attentati riconducibili ai N.A.C. , ma solo di propaganda

sovversiva, e che il Costa non ha mai assunto la qualità di imputato nel procedimento riguardante

quella organizzazione.

Nei motivi di impugnazione il PM evidenzia a carico del Costa due convergenti profili : a )

l’esistenza e l’operatività, almeno sotto il profilo della propaganda, di un gruppo, denominato NAC,

contiguo alla lotta armata delle Brigate Rosse ; b ) l’esistenza, nell’ambito delle B.R., di una rete di

soggetti romani gravitanti intorno alla Proietti e alla Saraceni al tempo dell’attentato al prof. D’

Antona.

Sotto il primo profilo si osserva che risulta provato documentalmente che le Brigate Rosse avevano

rivolto attenzione alle attività dei NAC ( con la cui sigla erano stati rivendicati attentati incendiari ) e

che gli stessi volantini dei sedicenti NAC si richiamavano all’esperienza trainante delle BR., anche

per le modalità di rivendicazione.

Inoltre, nel documento interno denominato RELAZP sequestrato alla Banelli sono riportati puntuali

riferimenti all’attività dei NAC, e vi si affronta la questione della gestione dei rapporti

dell’organizzazione con una sede inferiore tramite un militante che fa parte di entrambe e, in

immediata successione, il problema operativo dell’arresto del Terrilli ( nel quale l’accusa identifica il

suddetto “ militante “ ) a seguito di un’ azione di propaganda a favore delle Brigate Rosse.

In tale contesto si rilevano i contatti avuti dal Costa con il Terrilli, essendo stato il primo

identificato il 16 luglio 2001 all’interno dell’abitazione del secondo, in via Ostini ; nonché per avere

avuto il Terrilli la disponibilità di un altro appartamento della madre del Costa, in via Zanardi, dove

lo stesso Costa poteva accedere tramite il sovrastante e internamente collegato appartamento della

madre.

Sotto il secondo profilo, nei motivi di impugnazione si osserva che dal ricordato documento di

pianificazione dell’attentato al prof. D’ Antona emerge, con riferimento alla fase successiva dei c.d.

recuperi e alle esigenze di smobilitazione e di ripiegamento dopo l’attentato, l’esistenza, a fianco di

coloro che sono impegnati nella azione e nell’immediato supporto logistico, di un’area romana

composta di militanti esterni all’azione, attivabili in caso di necessità da V ( la Proietti ) e da VT.

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Orbene – osserva il PM – risulta che diverse STP in possesso della Proietti hanno ripetutamente

chiamato il cellulare di Costa Alessandro in giorni prossimi all’omicidio del prof. D’ Antona e

precisamente nella fase cruciale che lo ha preceduto . Non solo, ma alcune di queste chiamate sono

state molto vicine a quelle fatte alla ricordata utenza…233 ( che si assume riferibile alla Saraceni ).

Né assume rilievo – a parere dell’accusa – la circostanza ( pure evidenziata a favore dell’imputato

nella sentenza di primo grado ) che il Costa abbia dichiarato che in quel periodo lavorava con

Pietrangeli Manuel, il quale nella circostanza, per ragioni professionali, doveva tenere spento il suo

cellulare, cosicché era possibile che la Proietti, tramite lui, avesse in realtà cercato proprio il

Pietrangeli. Giacchè risulta che la Proietti ha contattato con SPT il Pietrangeli anche in giorni non di

interesse per l’azione D’ Antona, mentre le chiamate al Costa tramite la STP in uso alla Proietti, e

non tramite cellulare come sarebbe stato più conveniente, avvengono solo nei giorni operativi ( il 13,

il 14, il 18 e il 19 maggio 1999 ) e in concomitanza con le chiamate della Proietti al …233.

In conclusione i richiamati profili dimostrano per il PM appellante la partecipazione del Costa

all’associazione con finalità di terrorismo e banda armata Brigate Rosse, seppure in posizione “

esterna “ di supporto eventuale e non necessariamente preventivo al tempo dell’attentato al prof. D’

Antona. Conclusione che troverebbe ulteriore riscontro nel contenuto delle conversazioni

intercettate nel dicembre del 2003 tra la convivente del Costa, Aversa Monica, e il convivente della

Saraceni, Bernardini Daniele, a proposito della sorte dei motorini lasciati nel box dello stabile di via

Ostuni, già frequentato dal Costa, nella ipotesi che fossero stati utilizzati in operazioni illecite

collegate.

Ritiene questa Corte che le argomentazioni del PM appellante non contengano elementi nuovi e

decisivi per una diversa valutazione della posizione dell’imputato Costa Alessandro.

Va detto innanzi tutto che i richiamati collegamenti tra il gruppo denominato NAC e la

organizzazione delle BR non incide direttamente sulla posizione dell’odierno imputato, in assenza di

una prova certa sia della appartenenza del Costa a quel primo gruppo, sia di un suo diretto

coinvolgimento nel ruolo di quello che viene indicato come possibile militante di collegamento tra le

due organizzazioni.

La ipotesi accusatoria , come rilevato dal primo giudice, è innanzi tutto smentita dalla circostanza

che, nel procedimento relativo agli attentati rivendicati dai NAC, il Costa non ha mai assunto la

qualità di imputato e che lo stesso Terilli, nel quale l’accusa sembra identificare il suddetto militante,

è stato ritenuto responsabile soltanto di propaganda sovversiva ai sensi dell’art. 272 cp.

Né ulteriori elementi a carico di soggetti specifici sembrano desumibili dalle dichiarazioni della

Banelli, la quale, pur confermando il dibattito con i NAC in ordine all’ “ apporto di nuovi militanti o

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comunque con rapporti in evoluzione “ , ha escluso di conoscerne “ i particolari “ e di essere in grado

di indicare specifici nominativi ( ff. 108 – 110 tr. ud. 9- 5- 05 ). Il teste Giannini, della Digos di

Roma, ha a sua volta confermato la ipotesi, desumibile dalla documentazione sequestrata ( in

particolare dal documento RELAZP contenente un file redatto dal Galesi ), della esistenza di “ una

realtà minore dove però c’è qualcuno che è in dialettica con le BR o fa parte di tutte e due le

formazioni “, ma ha escluso che le indagini abbiano consentito di pervenire a certe identificazioni ( “

il singolo documento mi da questo tipo di certezza, ma non è che mi indica se è tizio o se è caio “ ( ff.

67 e 69 tr. ud. 16- 3- 05 ).

La assenza di certi elementi a carico del Terilli svuota quindi di contenuto accusatorio anche i dedotti

rapporti con lo stesso avuti dal Costa, in definitiva riconducibili alla comune frequentazione dello

stabile occupato di via Ostini, e soprattutto alla locazione allo stesso Terilli del piano seminterrato di

un immobile sito in via Zanardi, di proprietà della madre del Costa.

In ordine a quest’ultimo elemento, al quale potrebbe essere attribuita una qualche valenza indiziaria,

va tuttavia rilevato : 1) che l’immobile fu concesso in locazione dalla madre del Costa e i testi escussi

hanno escluso che l’imputato si sia occupato di quel rapporto ( testi Alessandra Dominaci e Maria Pia

Tomei ) ; 2 ) che, pur essendo il piano locato comunicante internamente con l’abitazione sovrastante

della famiglia Costa, ( il teste Giannini ha dichiarato che, all’atto della perquisizione, la porta interna

fu trovata aperta – f. 82 ud. 16- 3- 05 ), tale dimostrazione di fiducia da parte della locatrice può

trovare giustificazione proprio nel non contestato rapporto di amicizia che legava il Costa con il

conduttore ; 3 ) che nel seminterrato furono rinvenute attrezzature compatibili con la dichiarata

destinazione dell’immobile a studio fotografico ( teste Giannini f. 83 ) ; 4 ) che il rinvenimento

nell’immobile locato di un computer ( appartenente allo stesso Terilli ) dal quale è stato tratto un

documento contenente una sorta di plauso all’azione delle BR per la vicenda D’Antona e all’azione

dei NIR per l’attentato di via Brunetti ( teste Gabrielli, ud. 17- 3- 05, ff. 107 segg. ), non costituisce

prova di un coinvolgimento del Tirilli nel collegamento tra le due organizzazioni, e tanto meno della

conoscenza da parte del Costa della esistenza e del contenuto di quel documento ; 5 ) che appare

inverosimile che il Costa avesse affittato un immobile della sua famiglia e quindi immediatamente a

lui riconducibile, nella consapevolezza che nello stesso potesse essere svolta ( ma non ve ne è la

prova ) una qualche attività nell’interesse della organizzazione.

Quanto poi alle telefonate effettuate con STP in possesso di Laura Proietti ad utenze cellulari in uso

al Costa in giorni immediatamente antecedenti l’omicidio del prof. D’ Antona, va rilevato che le

stesse non possono essere collegate – come affermato dal PM appellante -- con la ipotesi di una

partecipazione del Costa all’associazione eversiva, nel ruolo di elemento “ esterno di eventuale

supporto “ ( atto di appello f. 42 ).

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A parte che tale ipotesi avrebbe dovuto determinare l’addebito a carico del Costa anche del reato di

concorso nell’ attentato ai danni del prof. D’ Antona, non può non rilevarsi che i contatti tra la

Proietti e il Costa sono avvenuti tra schede prepagate e il telefono personale dell’imputato ( non

quindi utenza di organizzazione ) e che non può, di conseguenza, ritenersi provato che quelle

chiamate siano servite per comunicazioni attinenti l’attività eversiva, tenuto conto della regola,

riferita dalla Banelli e confermata dai funzionari della Digos esaminati, secondo la quale non

dovevano essere utilizzati, per le esigenze relative alle operazioni, telefoni privati e personali.

D’altra parte, con la STP in uso alla Proietti sono state effettuate nel periodo sospetto ( cioè nei giorni

13, 14, 15, 16, 18 e 19 maggio, immediatamente precedenti l’attentato ) chiamate anche a soggetti

non coinvolti nella vicenda per cui è processo ( il 13- 5, alle ore 11, 42, tre minuti dopo la chiamata al

Costa, viene chiamato Arioti Paolo, mentre il 14 – 5 viene più volte chiamato anche Pietrangeli

Manuel, legato alla Proietti ), cosicché non può escludersi che quelle telefonate siano state fatte per

motivi privati a persone che, come il Costa, erano legate alla brigatista da rapporti di amicizia. Tale

conclusione vale anche per le chiamate fatte con la STP della Proietti al Costa in un momento

prossimo ad altre chiamate alla utenza di organizzazione …233 ( il 13, il 14 e il 19 maggio ), tenuto

conto che nello stesso contesto furono contattate anche altre utenze private, che quella del Costa non

è una utenza di organizzazione e che nel documento programmatico dell’attentato non si rinviene

alcun riferimento a telefonate di tale tipo.

Né è del tutto sfornito di prova l’assunto del Costa, secondo il quale alcune delle chiamate

effettuate dalla Proietti al suo cellulare sarebbero state in realtà dirette a contattare Pietrangeli

Manuel, che lavorava insieme al Costa nella stessa ditta edile e che risiedeva nello stesso stabile

occupato di via Ostuni, tenuto conto non solo che la circostanza è stata confermata dal Pietrangeli

( oltre che dalla Proietti ), ma anche dello stretto vincolo di amicizia che intercorreva tra i tre e che

rende non del tutto inverosimile la ipotesi dello scambio di cellulari e di contatti avvenuti per motivi

del tutto personali.

Quanto, infine, alle telefonate intercettate nel dicembre 2003 e riguardanti la sorte di un motorino

lasciato nello stabile di via Ostuni, a parte la circostanza che alle stesse non partecipa il Costa ma la

sua compagna Monica D’ Aversa, non è provato che l’interessamento degli interlocutori fosse in

qualche modo collegato a un precedente utilizzo del mezzo in operazioni dell’organizzazione, né

risulta che l’imputato abbia mai avuto a che fare con quel motociclo. La spiegazione fornita dalla

Saraceni, secondo la quale quelle conversazioni erano motivate dalla preoccupazione della sorte del

motorino a lei intestato, rimasto nel garage di via Ostuni, nel timore che qualcuno potesse andarci in

giro anche per compiere azioni illecite, ha trovato conferma nella deposizione della teste D’aversa e

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non appare inverosimile, considerato anche che quello stabile era occupato e non offriva quindi

garanzie per la sorte del mezzo.

Anche per questo capo di imputazione la sentenza di primo grado deve pertanto essere confermata.

Per Badel Roberto il PM propone appello limitatamente alla sua assoluzione dal capo a

( associazione eversiva e banda armata ).

La Corte di Assise di primo grado ha evidenziato gli elementi probatori emersi a carico

dell’imputato, costituiti prevalentemente dal materiale sequestrato nel corso di una perquisizione

eseguita nell’abitazione del Badel in data 24- 10- 03.

In uno dei “ floppy disk “ sequestrati era registrato un “ file “, denominato “ Istrfile. doc “

contenente le istruzioni per la cancellazione dei “ files “ mediante sovrascrittura e per la criptazione

dei “ files “, nonché informazioni per l’uso del comando “ cerca bat “, cioè per cercare “ files “

temporanei da eliminare. Questa documentazione è risultata in larga parte perfettamente

sovrapponibile al “ file “ denominato “ scramist “ tratto dal materiale informatico rinvenuto nella

cantina di via Montecuccoli e i programmi di criptazione e di eliminazione dei documenti rinvenuti in

casa del Badel erano presenti anche nei supporti informatici sequestrati ad altri imputati, tra i quali la

Saraceni, il Mezzasalma, la Blefari- Melazzi e la Banelli.

Inoltre, in un floppy disk sequestrato al Badel sono stati rinvenuti “ files “ cifrati mediante

l’applicativo “ P.G.P. “, programma in possesso anche di altri imputati, mentre su alcuni dischetti del

Badel vi erano chiavi pubbliche “ P.G.P. “ coincidenti con quelle di altri documenti di un c.d.

sequestrato in via Montecuccoli e l’imputato aveva anche le corrispondenti chiavi private ; chiavi

pubbliche e private trovate anche nella disponibilità della Blefari Melazzi, cosicché quest’ultima e il

Badel avevano la possibilità di effettuare tra loro comunicazioni segrete, utilizzando la “ software

P.G.P. per proteggere “ files “ e “ mail “

Nello stesso “ floppy disk “ contenente le chiavi “ P.G.P. “ è stato recuperato, in uno spazio

precedentemente cancellato, un documento che fa riferimento al compagno “ B “ e il cui testo,

nell’ottica accusatoria, riguarda un dibattito interno che riflette le problematiche che sono state

effettivamente oggetto di discussione tra i militanti delle B.R.- P.C.C., come quella relativa alla

opportunità o meno di continuare l’attività “ disarticolante “ dopo l’omicidio D’ Antona ; nel

documento sono presenti concetti ed espressioni riscontrabili anche nel volantino di rivendicazione

dell’omicidio e in altri testi trovati in via Montecuccoli.

Altro elemento a carico proviene dall’analisi del traffico telefonico relativo all’utenza del Badel, in

particolare diversi contatti avuti dall’imputato con il Broccatelli e con la Blefari, con quest’ultima

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anche nei giorni 19, 20 e 21 maggio 1999 e cioè proprio in prossimità dell’esecuzione dell’omicidio

D’ Antona.

Tali elementi, tuttavia, non sono stati ritenuti dal primo giudice sufficienti per una affermazione di

responsabilità in ordine ai reati associativi contestati, non essendo risultata dimostrata con certezza

una effettiva militanza del Badel nella organizzazione eversiva, militanza che non può essere desunta

– a giudizio di quella Corte - dalla eventuale partecipazione a un dibattito interno o da uno scambio

di opinioni mediante comunicazioni per via informatica con la Blefari- Melazzi o con altri imputati,

senza la prova della partecipazione ad azioni eversive o del contributo alla elaborazione di concreti e

attuali progetti di violenza.

Gli stessi elementi sopra indicati vengono analizzati dal PM appellante, il quale censura che il

primo giudice non li abbia ritenuti sufficienti per affermare, quanto meno, “ un concorso morale

nella partecipazione al sodalizio, verso i cui militanti l’imputato esprime approvazione, così

rafforzandone il proposito criminoso di continuare ad operare per le condivise attività di

terrorismo”.

Il PM rileva in particolare come sia stata provata non solo una comunanza di “ files “ relativi alle

istruzioni per l’uso dei programmi di criptazione e cancellazione, ma anche la condivisione delle

medesime versioni sia di programmi commerciali, che di programmi elaborati artigianalmente, con

particolare riferimento al materiale sequestrato anche nel covo di via Montecuccoli e ai supporti

rinvenuti ad altri imputati.

Insiste inoltre sul valore probatorio del documento rinvenuto nel materiale informatico dell’imputato,

in particolare un file cancellato e recuperato dalla Polizia Postale, nel quale si fa riferimento al “

compagno B “, riconducibile – secondo il consulente Proietti _ proprio al Badel e che “ deve essere

considerato un testo di natura eversiva, una sorta di verbale di riunione di appartenenti ad una

organizzazione eversiva “.

Infine il PM appellante ricorda le comunicazioni telefoniche avute dal Badel, secondo i protocolli di

sicurezza dei militanti, lo stesso giorno dell’omicidio D’ Antona e nei due giorni successivi con la

Blefari – Melazzi, nonché in altri giorni con il Broccatelli, anche mediante collegamenti con un

numero di teledrin, poi seguiti da ricezioni di chiamate da cabine telefoniche pubbliche.

Ritiene questa Corte di dovere condividere le conclusioni assolutorie alle quali è pervenuta la

sentenza impugnata, non essendo emersi a carico del Badel elementi dai quali possa desumersi non

solo che lo stesso abbia effettivamente partecipato ad azioni eversive, ma anche che abbia solo

concorso moralmente nella partecipazione al sodalizio.

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Tale tipo di concorso, come è noto , si realizza o con una attività di agevolazione nell’attuazione della

condotta criminosa, o con un comportamento che provochi o rafforzi l’altrui proposito.

Orbene, non emerge dagli atti che il Badel abbia in qualche modo istigato soggetti risultati già da

tempo partecipi della organizzazione eversiva, risultando, al più, che fu proprio lui ad essere

contattato mediante lo scambio di programmi criptati, verosimilmente finalizzati al dibattito e alla

azione di reclutamento. Né vi è prova di una qualsiasi condotta che abbia favorito l’attività

criminosa dell’associazione eversiva, mediante un concreto contributo alla realizzazione del

programma.

Dagli elementi evidenziati nei motivi di appello risulta, innanzi tutto, che l’imputato era legato,

tramite chiavi di accesso comuni ad altri militanti, ad un circuito di comunicazioni segrete e che

deteneva, su floppy disc cancellati , files criptati presenti anche in supporti informatici sequestrati ad

altri imputati.

Tali dati tuttavia non sono sufficienti a provare la partecipazione del Badel alla organizzazione,

potendo da essi desumersi solo la volontà di interloquire nel dibattito politico, sì segretamente, ma

non necessariamente per finalità eversive e quindi con un personale apporto alla ideazione o

realizzazione del programma ; mentre la ricezione di materiale informatico, sia pure in parte criptato,

può essere ricondotta a quella attività di propaganda posta in essere da elementi delle BR ( e sulla

quale ha riferito la Banelli - ff. 87- 88 ud. 9- 5- 05 ), finalizzata al reclutamento e che non dimostra

necessariamente una effettiva adesione del soggetto contattato e quindi il suo effettivo ingresso nel

sodalizio.

D’altra parte non vi è certezza che il Badel sia l’autore di quel file cancellato e recuperato dal

materiale informatico in suo possesso ( c.d. 2PP doc. ), nel quale si fa riferimento al “ compagno B “

e che è stato ritenuto un testo di natura eversiva. Le conclusioni in tal senso del consulente

dell’accusa, Proietti, che nella consulenza filologica ha attribuito la paternità di quel testo al Badel

attraverso l’analisi de “ lo stile e la sintassi “, quasi si trattasse di “ una impronta digitale “, non

sembrano infatti a sufficienza affidabili, tenuto conto della relatività di un tale giudizio, specie

all’esito delle deduzioni del consulente della difesa Canettieri e delle precisazioni fatte dal perito, che

ha dovuto ammettere che quelle “ ricostruzioni scientifiche sono basate su ipotesi, ipotesi che

funzionano più o meno “ ( ud. 23- 5- 05 ). Né appare logico ritenere che il Badel, qualora fosse

realmente l’autore di quel testo, sia ricorso per nascondere la propria identità alla indicazione della

sigla compagno “ B “, facilmente a lui stesso riconducibile perché corrispondente alla prima lettera

del suo cognome, in palese contrasto con la metodologia usata dalla organizzazione che ricorreva, per

l’attribuzione dei nomi di “ battaglia “, a sigle di fantasia non collegabili ai militanti.

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Quanto, infine, ai contatti telefonici intercorsi tra il Badel e altri brigatisti in epoca prossima

all’omicidio D’Antona e lo stesso giorno dell’attentato ( ore 20, 07 del 20- 5- 99, chiamante Badel,

chiamata Blefari Diana ), va rilevato che le chiamate sono effettuate o ricevute tramite l’utenza

privata dell’imputato ( l’analisi dei tabulati riguarda l’utenza 06- 4386623 ), ed è inverosimile, oltre

che in aperto contrasto con le regole più volte ricordate che disciplinavano le comunicazioni tra i

militanti, che l’imputato si servisse del suo numero di telefono personale, direttamente a lui riferibile,

per contatti riguardanti le operazioni della organizzazione. Considerazione che vale anche per le

chiamate a numeri di teledrim, poiché tali chiamate, se effettuate da utenze private ( e quindi a

differenza di quelle provenienti da utenze di organizzazione, cui fa riferimento la Banelli– f. 50 ud. 9-

5- 05 ), non garantivano per il chiamante alcuna riservatezza.

D’altra parte le chiamate individuate dal PM appellante riguardano militanti ai quali l’imputato ha

dichiarato di essere legato da rapporti di amicizia ( Blefari, Broccatelli ed anche la fidanzata di

quest’ultimo, Daggiano Donatella ), cosicché non può escludersi, anche per le comunicazioni più

sospette per la concomitanza con l’omicidio, che le stesse siano state fatte per ragioni personali, o

anche, come ammesso dal Badel ( f. 33 tr. ud. 17- 7- 04 ), per un confronto politico o per commentare

lo stesso attentato. Il chè non appare sufficiente per ritenere non solo che l’imputato abbia

partecipato alla operazione ( né gli è stato contestato ), ma neppure per affermare che abbia avuto un

ruolo di partecipe alla organizzazione criminosa, non potendosi escludere che quelle chiamate

abbiano avuto per oggetto solo un confronto su quanto avvenuto e che l’imputato abbia preso le

distanze dalle iniziative dei suoi “ amici “ o comunque che non le abbia istigate e sorrette.

Quanto alle rapine e ai reati connessi, il PM censura innanzi tutto l’assoluzione di Marco

Mezzasalma e Paolo Broccatelli dalle imputazioni di cui ai capi A), B) e C) – rapina all’ufficio

postale di Mezzana del 13- 5- 98 e reati connessi ( porto di armi e furto dell’autovettura Fiat

Uno utilizzata per commettere il reato ).

La Corte di Assise ha ritenuto insufficienti, in assenza di specifiche dichiarazioni accusatorie della

collaboratrice Cinzia Banelli, le circostanze a carico, costituite sia dal fatto che i due militanti che

avevano operato con il Galesi fossero appartenenti al “ gruppo romano “ ( dato considerato non

necessariamente riferibile al Mezzasalma e al Broccatelli ), sia dalla assenza dei due imputati dal

luogo di lavoro, sia infine dalle caratteristiche somatiche di uno dei rapinatori, ritenute dal primo

giudice troppo vaghe e comunque non coincidenti in altezza con il Broccatelli.

Rileva il PM appellante come sia emerso in modo certo l’appertenenza del Mezzasalma e del

Broccatelli al “ gruppo romano “ , circostanza che , in base al criterio vigente in seno

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all’organizzazione della c.d. compartimentazione, faceva sì che essi non fossero conosciuti dalla

Banelli, la quale ha potuto così rendere dichiarazioni solo circa la provenienza geografica dei

partecipanti alla rapina in ausilio al Galesi. Tali partecipanti in effetti non erano “ dell’area pisana “

perché non conosciuti dalla Banelli , e neppure “ dell’area fiorentina “, non essendo emerso alcun

elemento in tal senso.

La circostanza, poi , che i due imputati fossero assenti quel giorno dal lavoro, costituisce – ad avviso

del PM – un dato sottovalutato dal primo giudice, tenuto conto da un lato della esiguità del numero

degli appartenenti al gruppo romano e quindi della difficoltà di reperimento di altri soggetti di tale

provenienza, e dall’altro della sistemacità del modus operandi in occasione di tutte le rapine,

mediante l’impiego di soggetti che, secondo le dichiarazioni della stessa Banelli, dovevano nel giorno

programmato essere, come i due imputati, assenti giustificati dal lavoro, preferibilmente per turno di

riposo o per malattia, in modo da non destare sospetti.

Ritiene la Corte che la sentenza di primo grado debba essere sul punto confermata, non essendo gli

indizi emersi a carico degli imputati dotati di univocità e gravità sufficienti per una pronuncia di

condanna. Gli elementi evidenziati dal PM appellante sono, infatti, riferibili a una pluralità, anche

se esigua, di soggetti, e cioè a tutti gli appartenenti al gruppo romano , del quale dovevano fare parte,

secondo la Banelli, i militanti che operarono insieme al Galesi.

Anche la circostanza dell’assenza dal lavoro del Mezzasalma e del Broccatelli il giorno della rapina

ha un mero valore indiziante e potrebbe, al più, essere utilizzata a riscontro di altri elementi di prova,

carenti nel caso in esame, anche per l’assenza di accuse rivolte dalla Banelli ai due imputati, non

conosciuti dalla collaborante perché non appartenenti al suo gruppo territoriale.

Resta poi, a favore dell’imputato, la circostanza che il Mezzasalma aveva da poco subito una

operazione , con ricovero ospedaliero dall’ 1 al 7 maggio 1998, e si trovava quindi in uno stato di

convalescenza poco compatibile con una azione criminosa, quale la rapina all’ufficio postale di

Mezzana avvenuta il 13 maggio successivo. Né vale osservare che quello stesso giorno l’imputato

non si recò di persona a ritirare un certificato medico per il prolungamento della malattia, rilasciato

dal sanitario senza la prescritta visita, giacchè tale circostanza, peraltro poco compatibile con le

precauzioni che i brigatisti erano soliti adottare al fine di giustificare la loro assenza dal lavoro nei

giorni in cui dovevano partecipare ad operazioni della organizzazione, non ha un certo valore

indiziante, non dimostrando che l’imputato non fosse presente nella sua città e che si fosse

allontanato proprio per prendere parte alla azione criminosa.

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Le stesse considerazioni valgono anche per le caratteristiche somatiche di uno dei rapinatori, solo

genericamente compatibili con la figura del Broccatelli, in assenza di un certo e affidabile

riconoscimento dell’imputato da parte dei testi esaminati.

Relativamente alla rapina all’ufficio postale di Siena, via Vittorio Emanuele, del 2- 12- 99 ( capo

D ) e ai connessi reati di porto di arma ( capo E ) e di furto del ciclomotore utilizzato

nell’occasione ( capo F ), il primo giudice ha assolto Marco Mezzasalma e Paolo Broccatelli,

ritenendo insufficiente il quadro probatorio emerso a loro carico, e Bruno Di Giovannangelo perché

lo stesso non ha fornito un contributo apprezzabile e consapevole alla commissione del reato.

Il PM evidenzia che il giorno della rapina, avvenuta alle ore 9, 30 del 2 dicembre, sia Broccatelli che

Mezzasalma erano assenti dal lavoro, rispettivamente per malattia e per ferie.

Ricorda inoltre che dal traffico generato dalle utenze telefoniche nella disponibilità dei soggetti

coinvolti nelle indagini risultano due circostanze riferibili ad appartenenti al gruppo romano delle

B.R. - P.C.C.

La prima circostanza è costituita dalla chiamata reciproca, mediante impegno delle “ celle “ di Siena,

effettuata proprio in data 2 dicembre 1999, alle ore 9, 17, tra due utenze cellulari i cui numeri erano

stampigliati su due biglietti da visita personalizzati della Tim Universal Number sequestrati il 20

dicembre 2003, in occasione della scoperta del covo delle B.R. di via Montecuccoli.

Inoltre, la ricostruzione del traffico afferente l’utenza installata nell’altro covo di via Maya, ha

permesso di accertare un contatto avvenuto alle ore 19, 30 del giorno della rapina in questione,

tramite una telefonata effettuata da una cabina telefonica di piazza Santa Maria Novella a Firenze,

mediante una SPT ( n. 0111199757517 ) riferibile al Mezzasalma, perché già utilizzata per contatti

con diverse persone legate all’imputato da rapporti personali. Si assume, quindi, che il Mezzasalma,

dopo avere partecipato alla rapina di Siena quale esponente del gruppo romano, abbia effettuato da

Firenze la chiamata in questione per il previsto iter “ di controllo “ o “ recupero “, mettendosi in

contatto con il covo di via Maya, del quale era affittuario e nel quale ebbero modo di vivere sia la

Lioce che il Galesi.

Tale ricostruzione, osserva il PM, corrisponde ad una analogia operativa riscontrata anche in altre

operazioni, in particolare in occasione dell’omicidio del prof. Biagi a Bologna, evento a seguito del

quale era previsto – come riferito dalla Banelli – che tutte le forze , una volta uscite dalla provincia,

dovessero mettersi in contatto, mediante una SPT, con una utenza cellulare loro indicata secondo “ la

scheda di ruolo “.

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Critica inoltre l’appellante il ragionamento della Corte di Assise che, per negare la responsabilità del

Mezzasalma, ha argomentato di un “ contrasto “ della ipotesi accusatoria con la versione della

Banelli, la quale avrebbe parlato di un recupero avvenuto sempre a Firenze con gli imputati Morandi

e Galesi. Tale recupero – osserva il PM – riguardava infatti i militanti toscani, quali erano appunto il

Morandi e la Banelli, che non conoscevano i militanti romani Broccatelli e Lioce e non potevano

quindi recuperarli ; cosicché al recupero di questi ultimi avrebbe provveduto il Mezzasalma, peraltro

mediante diversa modalità e cioè con un contatto semplicemente telefonico.

Relativamente alla posizione di Di Giovannangelo Bruno, il PM appellante osserva che nella stessa

sentenza di primo grado si afferma “ l’internità “ dell’imputato all’ organizzazione eversiva, proprio

in considerazione delle sue attività relative alla preparazione delle rapine, cosicché ogni condotta da

lui tenuta per fornire notizie sugli uffici postali, sulle casseforti, sulla movimentazione del denaro non

poteva che essere casualmente orientata alla buona riuscita del piano criminoso.

Ha errato il primo giudice – rileva il PM – nel ritenere che le notizie fornite dal Di Giovannangelo

circa i giorni di pagamento delle tredicesime, nei quali si trovavano più soldi, non si riferissero

all’ufficio postale di Siena, tenuto conto delle dichiarazioni rese a tale riguardo dalla Banelli, anche

con riferimento alle informazioni tecniche sul tipo di cassaforte, che era a vista, e sulle modalità di

apertura della stessa.

D’altra parte, aggiunge l’appellante, sempre dalle dichiarazioni della Banelli, emerge che la rapina in

questione era una attività del programma centralizzato, cui partecipava non solo la sede toscana , e il

Di Giovannangelo, nel dare le notizie, ben sapeva di fornirle alla organizzazione, perché – afferma

sempre la Banelli – “ lui era consapevole che io ero una militante delle B.R.- P.C.C. e che quelle

informazioni gli venivano chieste per fare delle rapine per l’organizzazione “.

Lo stesso imputato ha poi ammesso di essere stato a conoscenza della militanza della Banelli e di

avere fornito informazioni per altre rapine, quale quella di Mezzana, cosicché l’assunto di avere

ignorato che le informazioni fornite per la rapina di Siena ( come per quella di Firenze, via Torcicoda

) servissero per tale azione, non appare credibile, tenuto anche conto del ruolo di informatore avuto

dall’imputato, nonché considerato il fatto che il Di Giovannangelo, in base anche alle sue stesse

ammissioni, è stato ritenuto colpevole di concorso nella tentata rapina di via Tozzetti a Firenze e di

quella di Mezzana, sempre in relazione al suo ruolo di informatore.

Osserva la Corte che, anche in questo caso, gli indizi evidenziati a carico del Broccatelli e del

Mezzasalma sono generici e non consentono di pervenire alla affermazione della loro colpevolezza,

anche in una valutazione unitaria dei vari elementi addotti. Così la circostanza che entrambi

fossero assenti dal lavoro, non dimostra con certezza che si trovassero sul luogo della rapina ; e così

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pure le chiamate reciproche intercorse, nella zona di Siena, il giorno e nell’ora della operazione, tra

due utenze cellulari corrispondenti a numeri rinvenuti nel covo di via Montecuccoli, costituiscono un

dato dal quale è possibile desumere, al più , che si trattasse di contatti tra appartenenti al gruppo

romano delle BR. , ma non anche, in assenza di specifiche accuse nei confronti dei due imputati da

parte della Banelli o di altri gravi indizi a carico, di pervenire a specifiche individuazioni.

Anche la chiamata fatta al covo di via Maya alle ore 19, 30 del giorno in questione da una cabina

telefonica di Firenze mediante una STP riferibile al Mezzasalma, pur rappresentando un indizio di un

certo spessore accusatorio, non offre la prova che si trattasse di un contatto diretto al “ recupero “ o al

“ controllo “ dei partecipanti all’azione, come quello descritto dalla Banelli per i militanti toscani, in

assenza di riscontri in ordine ai movimenti del Mezzasalma nelle ore precedenti, né potendosi in

assoluto escludere che quella presenza, pur sospetta, nel capoluogo toscano fosse motivata da altre

ragioni.

In ordine alla posizione del Di Giovannangelo, giova premettere che la sua colpevolezza, a titolo di

concorso morale, in ordine alla rapina di Siena, non può essere desunta dal contributo consapevole

dato dall’imputato mediante le informazioni fornite alla Banelli, in occasione delle altre rapine delle

quali è stato ritenuto responsabile, e quindi dal suo ruolo di informatore.

Come è noto, in tema di concorso morale la partecipazione psichica consiste nell’avere provocato o

rafforzato l’altrui proposito criminoso e l’attività del partecipe deve influenzare la commissione del

reato o perché determina o rafforza il proposito criminoso ( istigazione ) o perché facilita la

preparazione o l’attuazione della condotta illecita ( agevolazione ) ( Cass. Sez. I, 16- 12- 87 n.

2148).

Esclusa la ipotesi della istigazione, tenuto conto che gli autori delle rapine di autofinanziamento

erano militanti ben determinati nei loro propositi criminosi, non appare neppure raggiunta una prova

rassicurante che nel caso della rapina all’ufficio postale di Siena l’imputato abbia fornito

informazioni idonee in concreto ad agevolare l’attuazione della operazione .

Nella prospettazione accusatoria le notizie fornite dal Di Giovannangelo avrebbero riguardato le

giacenze di denaro presso l’ufficio postale e il tipo di cassaforte e il suo funzionamento.

Quanto al primo elemento, le notizie sulle giacenze e in particolare sulle date in cui venivano

effettuati i pagamenti ai pensionati riguardavano gli uffici postali in genere e costituivano, peraltro,

un dato già noto ai brigatisti, sia per le conoscenze acquisite durante le inchieste preliminari che

precedevano ogni azione, sia perché erano conosciuti i giorni nei quali venivano pagate le pensioni e

riscossi taluni tributi, e vi era quindi negli uffici una maggiore giacenza di denaro ( Banelli, ud. 9- 5-

05 ff. 220- 221 ).

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In ordine poi alle indicazioni sulle casseforti, è emerso che quella dell’ufficio postale di Siena era

collocata in un punto ben visibile dall’esterno e la Banelli ha ricordato di averla descritta al Di

Giovannangelo, come nelle altre occasioni. Ha aggiunto, però, di non ricordare se il Di

Giovannangelo conoscesse quel modello e quindi se fosse stato in grado di fornire notizie utili ( “ a

Siena, per esempio, la cassaforte era a vista, e quindi gli è stata sicuramente descritta, forse anche

disegnata su qualche file ; poi, se lui ne conosceva il modello e l’uso, questo non me lo ricordo, non

glielo so dire “ – ud. 9- 5- 05 f. 224 ).

Manca quindi la prova che il Di Giovannangelo, al di là di un contributo generico, abbia per la

specifica azione fornito un apporto di informazioni che sia risultato utile per il buon successo della

operazione, non potendosi escludere che l’imputato non sia stato in grado di descrivere i particolari di

quella cassaforte proprio perché da lui non conosciuti, e che i militanti abbiano potuto acquisire

altrimenti le cognizioni necessarie, trattandosi di una cassaforte “ ben visibile “ dall’esterno.

La sentenza di primo grado deve pertanto essere confermata.

La Corte di Assise di primo grado ha poi assolto Simone Boccaccini e Bruno Di Giovannangelo

dai reati di cui ai capi G, H, I, L ed M ( rapina all’ufficio postale di Firenze – via Torcicoda,

del 6 febbraio 2003, porto illegale delle relative armi, furto del ciclomotore Piaggio e del

ciclomotore Honda utilizzati nella occasione, e ricettazione di contrassegno ).

In relazione alla posizione del Boccaccini, la Corte di primo grado ha osservato che non poteva

essere attribuito valore decisivo alle dichiarazioni della collaborante Banelli in ordine alla

partecipazione del militante “Andrea” ( nome di battaglia del Boccaccini ), tenuto conto che la stessa

ha riferito di non avere preso parte alla fase esecutiva dell’azione, e che d’altro verso la

partecipazione di tale militante non poteva essere desunta con certezza da un documento di

pianificazione recuperato dal materiale informatico sequestrato, trattandosi di una “ bozza “ che non

escludeva la possibilità di sostituzioni nel programma all’ultimo momento.

Relativamente alla posizione del Di Giovannangelo il primo giudice ha poi ritenuto che, pur in

presenza di dichiarazioni della Banelli attendibili, è insufficiente la prova circa la concretezza e la

specificità del contributo fornito dall’imputato alla commissione del reato e circa la consapevolezza

da parte dello stesso.

Il PM appellante ricorda le dichiarazioni della Banelli circa la programmata partecipazione con il

ruolo di staffetta, di lei stessa, del militante “ Carlo “ ( “che spesso utilizzava come nome operativo

quello di Andrea “ ) e di altro militante romano che usava il nome di “ Ugo “ e sigla di battaglia “

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LU “ ( Mezzasalma ) . La Banelli non partecipò all’azione e il suo posto fu preso “ da un militante

presumibilmente romano“ a lei “ sconosciuto che utilizzava il nome Beppe “ ; seppe poi dal Galesi

che “ era andato tutto bene “.

Per il PM appellante la chiamata in correità della Banelli nei confronti di Boccaccini ( militante Carlo

) e di Giovannangelo è diretta, circostanziata circa i ruoli ricoperti dagli stessi, vale a dire quello di

staffetta per quanto riguarda “ Carlo “ e di fornitore di utili notizie per Di Giovannangelo. Peraltro

la partecipazione del Boccaccini, quel giorno assente dal lavoro per riposo settimanale, ha trovato

riscontro nella documentazione sequestrata ed in particolare nelle schede di ruolo relative alla

pianificazione della rapina sequestrate alla Blefari Melazzi, schede che descrivono tutte le attività dei

brigatisti, tra le quali quella di staffetta attribuita a quelli indicati con i nomi operativi di Andrea,

originariamente di Barbara e di Ugo.

Per il Di Giovannangelo il PM ripercorre le argomentazioni già indicate per sostenere la sua

colpevolezza per la rapina all’ ufficio postale di Siena, ricordando la sua “ internità “

all’associazione, il tenore delle dichiarazioni della Banelli e la piena consapevolezza da parte

dell’imputato del ruolo della stessa Banelli e dello scopo per il quale gli venivano richieste le

informazioni sulle banche.

Ritiene questa Corte di dovere condividere le argomentazioni del primo giudice che hanno portato

alla assoluzione degli imputati, non essendo tali conclusioni scalfite dagli elementi addotti nell’atto di

appello.

Non par dubbio che le dichiarazioni della Banelli circa il ruolo che il militante “ Carlo “ , alias “

Andrea “ ( rispettivamente nomi di “ battaglia “ e “ operativo “ del Beccaccini ) avrebbe dovuto avere

quale staffetta nella esecuzione della rapina, non siano affidabili. La mancata partecipazione della

stessa collaborante alla fase esecutiva, a causa del rinvio della operazione, non consente di attribuire

a quelle dichiarazioni un valore probatorio in termini di certezza, non potendosi escludere che vi sia

stato un cambiamento di programma e che, come è avvenuto per la Banelli, anche il Boccaccini non

sia effettivamente intervenuto il 6 febbraio 2003 in via Torcicoda.

Né indizi certi e rassicuranti possono trarsi dal documento di pianificazione della rapina, tratto dal

palmare trovato in possesso della Lioce al momento del suo arresto, giacchè tale documento contiene

solo “ frammenti di testo “ di difficile ricostruzione ( teste Tintisona f. 173 ud. 30- 3- 05 ). Manca

inoltre, per la posizione del Boccaccini, ogni riscontro a quei dati documentali, a differenza delle

posizioni del Mezzasalma e del Broccatelli, per i quali il primo giudice ha evidenziato ulteriori e

specifici dati probatori a carico ( f. 72 della sentenza appellata ), cosicchè le loro posizioni,

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contrariamente a quanto si sostiene nell’atto di appello, non possono essere equiparate sotto l’aspetto

probatorio a quella dell’imputato di cui ci si occupa.

La Banelli ha anche dichiarato che il militante con il nome operativo “ Andrea “ aveva partecipato

alla prova radio svoltasi il 13 dicembre 2002 . Ma la stessa Banelli, , dopo avere preso atto

( incidente probatorio dinanzi al Gip di Firenze del 12- 10- 04 ) che nel documento programmatico,

avente per oggetto proprio i risultati di quella prova radio, non si parla di “ Carlo “ e di “ Andrea “,

ha precisato che per le operazioni preliminari non era necessaria la presenza di tutti gli operanti,

lasciando così intendere che non poteva neppure escludersi che il suddetto militante non avesse preso

parte a quella operazione preparatoria.

Per quanto concerne il Di Giovannangelo, la Banelli ha dichiarato di avere a lui richiesto

informazioni sulle porte blindate che sostituivano, nell’ufficio postale di via Torcicoda, le comuni

casseforti. “ Lui – ha aggiunto la Banelli – mi descrisse un sistema simile, che non sapevamo poi se

fosse uguale all’interno di via Torcicoda, però mi disse che in questi uffici nuovi ne aveva visto uno

in una particolare occasione “ ( ud. 9- 5- 05 f. 175 ).

Escluso, per i motivi già detti a proposito della rapina di Siena, che il Di Giovannangelo possa avere

indotto i militanti a commettere il reato, rafforzandone il proposito criminoso, non può neppure

affermarsi con certezza che l’imputato abbia con le sue informazioni agevolato l’attuazione della

operazione, non risultando provato, per quanto dichiarato dalla stessa Banelli, che le porte blindate

da lui descritte e delle quali aveva conoscenza corrispondessero proprio al tipo e al sistema di

apertura di quelle installate nell’ufficio postale di via Torcicoda.

Le informazioni, quindi, potrebbero essere state del tutto inutilizzabili nel caso concreto e nessuna

facilitazione alla commissione del reato avrebbe arrecato in tale ipotesi la collaborazione del Di

Giovannangelo, il cui effettivo concorso non appare di conseguenza dimostrato con certezza.

Lamenta, infine, il PM l’assoluzione di Marco Mezzasalma dalle imputazioni di cui ai capi N,

O, P e Q ( tentata rapina all’ufficio postale di Firenze, via Tozzetti, del 5- 12- 02 e reati

connessi : porto di due ordigni esplosivi, furto di un veicolo Fiat Fiorino e di targhe

automobilistiche ) .

La Corte di Assise di primo grado ha ritenuto insufficienti gli elementi probatori acquisiti, rilevando

che i documenti programmatici che potrebbero dimostrare l’eventuale partecipazione del

Mezzasalma al fatto delittuoso “ sono stati redatti precedentemente all’esecuzione dell’operazione e

non può teoricamente escludersi che vi siano state delle variazioni ; che inoltre la Banelli, pur

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avendo partecipato alla fase esecutiva “, non ha menzionato Mezzasalma tra i militanti che hanno

partecipato alla preparazione e all’esecuzione del tentativo di rapina “.

Quanto al secondo argomento osserva il PM appellante che è un dato probatoriamente acquisito che

l’organizzazione B.R.- P.C.C. operava in maniera compartimentata e che di conseguenza i militanti

toscani ( tra i quali la Banelli ) non conoscevano – all’epoca delle rapine – quelli romani, circostanza

che spiega il perché la Banelli non abbia potuto indicare il Mezzasalma, militante romano, non

conoscendolo.

Sul primo argomento addotto dalla Corte, il PM lamenta la omessa valorizzazione da parte del primo

giudice delle dichiarazioni dei testi isp. Fossi e isp. Gorelli a proposito della ricostruzione delle

modalità operative e del ruolo dei partecipanti al fatto delittuoso, conformemente a quanto previsto in

un documento sequestrato alla Blefari Melazzi, contenente la scheda di ruolo della rapina, con

indicazione delle sigle e dei nomi operativi delle persone che vi dovevano partecipare.

A seguito dell’esame di tale scheda RS sono state individuate cinque utenze Tim che dovevano essere

usate per la rapina di via Tozzetti, assegnate a cinque soggetti indicati in codice, tra i quali figura il

militante LU / UGO con il numero 338/ 4047575.

Tra tali utenze risulta “ traffico “ di cella della telefonia di Firenze dal 30 novembre al 5 dicembre

2002 ; in particolare il giorno della rapina programmata il traffico tra le utenze ha inizio alle ore 4,

00, secondo le modalità di chiamata previste nella scheda di ruolo RS, fin dall’appello o preappello

programmati al momento della partenza da Roma e dall’arrivo dei partecipanti a Firenze, per

terminare con l’ultima telefonata delle ore 10, 41 che chiude la conferenza telefonica, con una

chiamata del numero…575, in mano a LU, al numero …267 in mano ad Andrea.

Tali emergenze processuali- osserva il PM – sono inconfutabili, in quanto i dati provengono

dall’interno dell’associazione eversiva, attraverso l’utilizzo e l’analisi della documentazione criptata

di cui i militanti erano in possesso.

Anche in questo caso, a parere di questa Corte, la sentenza impugnata deve essere confermata.

La carenza di ogni riferimento della Banelli alla posizione del Mezzasalma, anche se giustificato

nell’atto di appello con il sistema della compartimentazione che determinava la non conoscenza

all’epoca delle rapine dei militanti romani ( quale era il Mezzasalma ) da parte di quelli del gruppo

toscano ( cui la Banelli apparteneva ), nulla toglie al dato processuale che nessun contributo può

trarsi dalle dichiarazioni della collaborante circa la eventuale partecipazione dell’imputato alla tentata

rapina in danno dell’ufficio postale di via Tozzetti a Firenze.

Quanto poi alla corrispondenza della scheda di ruolo del militante “ Paolo “, estratto dalla

documentazione sequestrata alla Blefari, con la sequenza delle chiamate intercorse tra le cinque

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utenze in dotazione ai partecipanti alla rapina, va osservato che anche se era prevista l’assegnazione

del cellulare con numero 338- 4047575 al militante LU/ UGO ( corrispondente al Mezzasalma ), non

può escludersi che vi sia stata in concreto una sostituzione dei ruoli. Tale ipotesi trova riscontro

nella circostanza che, secondo quanto riferito proprio dal teste isp. Fossi ( ud. 26- 5- 05 , ff. 201 - 202

), si verificò in concreto uno scambio nell’assegnazione di altra utenza cellulare ( la n. 338-

7118035 ) tra “ Roberta – RS “ ( la Lioce ) e “ Paolo “ ( il Galesi ).

Il documento di programmazione resta quindi privo di una certa valenza probatoria, non potendosi

escludere che esso abbia avuto nel caso concreto una variazione nella fase esecutiva della operazione,

mediante la sostituzione dei militanti cui i cellulari dovevano essere assegnati.

La non certezza della detenzione da parte del Mezzasalma di uno dei cellulari cui si riferisce il “

traffico “ tra le utenze in concomitanza con le fasi della tentata rapina, impone quindi, in assenza di

dichiarazioni accusatorie da parte della Banelli e di altri validi indizi a carico, di ritenere non

sufficientemente provata la partecipazione dell’imputato ai reati per questa parte ascrittigli, con la

conseguente conferma della sentenza assolutoria di primo grado.

Blefari Melazzi Diana, tramite il suo difensore, ha proposto impugnazione avverso la sentenza di

condanna di primo grado per i reati di rapina in danno dell’ Ufficio Postale di via Torcicoda in

Firenze ( capo G ) e di tentata rapina in danno dell’ ufficio postale di via Tozzetti in Firenze

( capo N ). Ha chiesto quindi di essere assolta dalle suddette imputazioni e che, per i reati di cui

agli artt. 270 bis e 306 cp. ( capo a ), la sua colpevolezza venga ritenuta non nella qualità di

organizzatrice, ma come semplice partecipe della associazione.

Per la prima delle due rapine la Corte di Assise ha rilevato a carico della Blefari che la stessa è stata

indicata dalla Banelli come componente ( insieme al Galesi, alla Lioce e al Morandi ) della “ sede

centrale allargata “, nonché della “ squadra offensiva “ che ha agito in occasione della operazione.

Tali circostanze, secondo la Corte, hanno trovato conferma nelle “ schede di ruolo” riguardanti quella

rapina, laddove si parla della militante “ Maria “, nome di battaglia da attribuire con certezza proprio

alla Blefari Melazzi ; nonché nel rinvenimento, presso l’abitazione della imputata, del libretto

relativo al ciclomotore Piaggio, motociclo che era stato venduto alla Lioce e che è stato abbandonato

dopo la rapina nei pressi dell’ufficio postale.

Quanto alla tentata rapina di via Tozzetti, il primo giudice ha ricordato le dichiarazioni della

Banelli, nella parte in cui ha indicato come componenti della “ squadra offensiva “ il Galesi, la Lioce

e la militante “ Maria “, la stessa che aveva partecipato all’omicidio Biagi e alla rapina di via

Torcicoda ; dichiarazioni che – a giudizio di quella Corte - hanno trovato riscontro nei documenti

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sequestrati alla Blefari e, in particolare, nella “ scheda di ruolo” del militante Paolo, dalla quale

risultano le sigle e i nomi di battaglia dei partecipanti, nonché i numeri di cinque utenze telefoniche

che si contattarono reciprocamente la mattina della rapina, negli orari risultanti dalla stessa “

scheda “.

Nei motivi di impugnazione si censura la sentenza di primo grado, ricordando innanzi tutto che la

Banelli non conosceva i militanti indicati come “ Ugo “ (Mezzasalma ) e “ Maria “ ( Blefari ), e che

di conseguenza la stessa Banelli indica genericamente non già i nomi di battaglia, ma

indifferentemente dei nomi operativi che, secondo le sue stesse dichiarazioni, potevano essere

attribuiti a persone diverse nel corso di differenti “ iniziative “ e che corrispondevano in genere a

quelli impressi sui telefonini dati in dotazione per l’occasione specifica.

Anche il rinvenimento nella abitazione della Blefari del libretto di manutenzione del motorino

utilizzato per la rapina di Firenze, non può assumere – si sostiene nell’atto di appello - valenza

probatoria, perché tutto il materiale custodito nel covo di via Maia fu trasportato, a decorrere dal

mese di maggio 2003, in altri luoghi, proprio ad opera degli imputati Blefari e Mezzasalma.

Si assume inoltre che la valutazione critica degli elementi probatori avrebbe dovuto indurre la Corte

di Assise a condannare la Blefari per la sola ipotesi di partecipazione all’associazione, in quanto dai

documenti “ Bilan. Prosp. L “ e “ Bilan. Prosp. M “, citati dal primo giudice, non emerge che la

imputata svolgesse un ruolo dirigente in seno alla associazione.

In via subordinata si chiede il riconoscimento delle attenuanti generiche e il contenimento della pena

nel minimo, in una valutazione complessiva dei criteri di cui all’art. 133 cp.

Ritiene innanzi tutto questa Corte di dovere confermare la ordinanza in data 27- 2- 08, con la quale è

stata ritenuta la capacità della imputata a partecipare coscientemente al processo, ordinanza della

quale il difensore, in sede di discussione, ha chiesto la revoca.

La questione della capacità processuale della Blefari è stata oggetto di attenta analisi da parte della

Corte di Assise di Appello, la quale, dopo una prima perizia affidata dalla Prima Sezione al prof.

Marasco, ha ritenuto, in accoglimento delle istanze della difesa, di incaricare un collegio peritale,

composto dallo stesso prof. Marasco e dalla dott.sa Arioni, di approfondire ulteriormente

l’accertamento anche alla luce di ulteriori acquisizioni documentali.

Orbene, sia la prima che la seconda perizia hanno concordemente concluso per la piena capacità

processuale della imputata, giudizio che è stato confermato in dibattimento dai periti anche nel

contraddittorio con il consulente di parte dott. Coppotelli.

I periti, sulla base della documentazione sanitaria esaminata e del contributo di informazioni offerto

dagli stessi familiari della Blefari - la quale si è sempre rifiutata da parte sua di avere un colloquio

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collaborativo con il collegio peritale -, sono pervenuti ad una diagnosi di disturbo della personalità

e in particolare di “ organizzazione borderline di personalità con tratti istrionici e paranoidei “, che

coincide perfettamente con il giudizio ripetutamente espresso dai sanitari, e in paricolare dalla

dott.sa Porcari, che ebbero modo di seguire la Blefari in regime carcerario e di redigere apposite

relazioni.

Già in tali relazioni si evidenziano turbe del comportamento caratterizzate da “ chiusura

all’ambiente e rifiuto del cibo e dei colloqui “ , ma si evidenzia altresì come la imputata si

presentasse agli incontri con il personale sanitario “ vigile, lucida e orientata nello spazio e nel

tempo “ ( vedi relazioni allegate alla perizia e in particolare quelle del 29- 1- 07 , del 24- 5- 07, del

17- 12- 07 e del 22- 1- 08 ). Emerge inoltre dalle stesse relazioni un sensibile e graduale

miglioramento delle condizioni della detenuta, che appare progressivamente più aperta e disponibile

al colloquio, pur nel rifiuto di ogni trattamento terapeutico ( vedi relazione del 17– 12- 07 e del 22 –

1- 08 ).

La possibilità sospettata dal prof. Marasco in occasione della prima perizia, che per lo stress della

situazione restrittiva si stesse sviluppando nella imputata un “ quadro psicotico “ ( come ritenuto dal

c.t. dott. Cappotelli ) è stata invece esclusa dal collegio peritale a seguito dell’approfondimento dei

rinnovati accertamenti. Sicuramente, segnalano i periti, “ la Blefari in questo momento è in una

condizione di depressione, di grave stress emozionale, ha anche degli spunti paranoici, ma non la

condizione evolutiva che fa intravedere quelle che sono le linee essenziali di una condizione psicotica

franca “ ( ff. 5 e 6 tr. ud. 27- 2- 08 ).

Il tipo borderline, si afferma nella perizia, si caratterizza per instabilità delle relazioni interpersonali,

dell’immagine di sé e degli affetti, nonché per la marcata impulsività. Ma tali disturbi non incidono

nel caso concreto sulla capacità processuale, tenuto conto non solo di quanto rilevato dagli stessi

periti anche alla luce del “ vissuto “ della imputata ( che non ha mai sofferto in passato di patologie

psichiatriche ), ma pure del miglioramento nel comportamento riscontrato dal personale sanitario,

nonchè dei rapporti epistolari intrattenuti dalla Blefari dal carcere con i coimputati, nei quali ha

dimostrato di conoscere la propria situazione legale, l’appartenenza alla organizzazione e tutte le

conseguenze che questo comportava ( f. 27 perizia ).

Va anche aggiunto che l’atteggiamento negativo e di chiusura manifestato dalla stessa ben può

trovare una parziale spiegazione nella posizione ideologica della imputata, che comporta, per le

motivazioni di lotta e di contestazione allo Stato proprie degli appartenenti ad organizzazioni

eversive, comportamenti caratterizzati da reazioni oppositive ( f. 26 ).

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Nel fare proprie le conclusioni peritali, non ignora questa Corte quella giurisprudenza delle Sezioni

Unite che ha rivalutato i disturbi della personalità quali possibile manifestazione di “ infermità “

incidente sulla imputabilità per vizio totale o parziale di mente ( Sez. Un. 25- 1- 05 n. 9163 ).

Perché tale incidenza si verifichi, ritiene infatti la Suprema Corte necessario non solo che quei

disturbi siano di consistenza, intensità e gravità tali da incidere concretamente sulla capacità di

intendere e volere, ma anche che sussista un nesso eziologico con la specifica condotta criminosa

( ovvero con la capacità di percepire le valenze processuali e di interagire ).

Tale eventualità deve essere certamente esclusa nel caso di specie proprio per tutte le considerazioni

evidenziate dal collegio peritale, il quale ha escluso che il disturbo della personalità borderline

riscontrato nella Blefari, non integrante un quadro psicotico, abbia inciso sulle funzioni psichiche

elementari e su quelle cognitive della imputata e quindi sulla sua capacità di rendersi conto di quanto

le sta accadendo e di partecipare coscientemente al processo.

Nel merito, va innanzi tutto osservato che, come emerge dalla lettura del capo a) di imputazione, alla

Blefari non è mai stato attribuito il ruolo di promotore od organizzatore della associazione eversiva,

ma solo quello di semplice partecipe., cosicché del tutto inconsistente è la doglianza avanzata sul

punto nei motivi di impugnazione.

Quanto poi alla identificazione nella imputata della militante indicata con il nome di battaglia “MRT

o MR o M “ e con la sigla operativa “ Maria “, va osservato che la Banelli, pur non conoscendo

direttamente la Blefari per ragioni di compartimentazione ed essendosi limitata ad affermare che “

Maria è sicuramente la militante romana MRT “ ( f. 192 ud. 9- 5- 05 ), ha aggiunto anche che “ in

quel periodo, fra l’omicidio Biagi e queste due rapine ( quelle di via Torcicoda e quella di via

Tozzetti a Firenze ) i nomi operativi sono rimasti uguali e attribuiti agli stessi militanti “ ( f. 158 ) ; il

chè esclude quanto si afferma nei motivi di appello e cioè che si trattasse di nomi non stabili ma

attribuiti di volta in volta a persone diverse nel corso delle differenti iniziative.

Va d’altra parte osservato che già dal documento di pianificazione dell’omicidio Biagi, tratto

dall’archivio informatico del Morandi, risulta che la Blefari Melazzi, in occasione di tale azione “

disarticolante “, operò con il nome operativo di “ Maria “ ( associato al nome di battaglia “ MRT “),

con le specifiche funzioni di staffetta ( e si noti che la sentenza della Corte di Assise di Appello di

Bologna del 6- 12- 06 non è stata censurata sul punto dalla Corte di Cassazione che, con sentenza del

7- 12- 07, ha annullato con rinvio quella sentenza solo per questioni attinenti la non accertata capacità

processuale della imputata )

Dai documenti estrapolati dal materiale informatico sequestrato al Morandi e alla stessa Blefari,

risulta inoltre che la militante “ Maria “ ( sigla di battaglia “ M “ ) prese parte, insieme al

Mezzasalma, agli smobilizzi dal covo di via Maia al deposito della Easy Box e quindi da tale locale

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al nuovo covo di via Montecuccoli, preso in locazione dalla stessa imputata ( periodo giugno- ottobre

2003 ). E che “ Maria “ ( alias “ M “ ) fosse proprio la Blefari è provato dalle riprese filmate

dell’impianto di video sorveglianza installato in quel magazzino che la ritraggono in occasione di tali

traslochi.

Non può quindi dubitarsi che la Banelli, pur non conoscendo direttamente la Blefari, si riferisca

proprio alla odierna appellante quando indica “ Maria “, con sigla di battaglia “ M “ o “ MRT “, come

la militante, componente la sede centrale allargata e facente parte della squadra operativa offensiva,

che, insieme alla Lioce e al Galesi, prese parte sia alla tentata rapina in danno dell’ufficio postale di

via Tozzetti che alla rapina in danno dell’ufficio postale di via Torcicoda in Firenze ( ff. 150- 167 tr.

ud. 9- 5- 05 ).

Le dichiarazioni della Banelli hanno del resto trovato riscontro, quanto alla prima azione, nei

documenti sequestrati proprio alla Blefari e in particolare nella scheda di ruolo del militante Paolo,

nella quale sono dettagliatamente descritte le modalità dell’azione, le sigle e i nomi di battaglia dei

componenti la squadra offensiva ( tra i quali “ Maria “ ) e i numeri delle utenze assegnate ai

partecipanti all’azione, tra le quali risulta esservi stato contatto con impegno della cella

corrispondente la zona di via Tozzetti in concomitanza con gli orari programmati ( vedi teste Fossi ,

ff. 199 segg. ud. 26- 5- 05 ). Quanto alla rapina di via Torcicoda, sia nella “ scheda di ruolo “, nella

quale si fa riferimento alla militante “ Maria “, sia nel rinvenimento, presso l’abitazione della

imputata, del libretto relativo al ciclomotore Piaggio, utilizzato nel corso della operazione e poi

abbandonato nei pressi dell’ufficio postale. Nè a quest’ultimo elemento può essere negata valenza

probatoria, come sostenuto dalla difesa della appellante, per il solo fatto che il materiale della

associazione custodito nel covo di via Maia fu trasferito in altri luoghi, tenuto conto che tale trasloco

fu effettuato proprio dalla Blefari e dal Mezzasalma e che quel libretto si riferiva a un ciclomotore

impiegato, con telaio abraso e targa sostituita, in occasione della rapina, dopo essere stato acquistato

tramite “ Porta Portese “ dalla Lioce, vale a dire da una delle partecipanti a quella azione “ di

esproprio “, in concorso con la imputata.

Va quindi confermato il giudizio di colpevolezza espresso nella sentenza impugnata, sia con

riferimento alle due rapine contestate , sia in ordine ai reati connessi, per i quali peraltro non sono

stati indicati specifici motivi di doglianza.

Ritiene invece questa Corte che l’appello meriti accoglimento limitatamente al trattamento

sanzionatorio.

Se infatti deve essere confermata l’entità della pena base e degli aumenti in continuazione indicati

nella sentenza impugnata, tenuto conto della oggettiva gravità dei fatti e del ruolo in essi avuto dalla

imputata, valuta il Collegio che possano essere riconosciute alla Blefari le attenuanti generiche.

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Deve infatti tenersi conto non solo della formale incensuratezza della imputata, che non risulta avere

commesso reati prima della sua adesione alla organizzazione eversiva, ma anche e soprattutto delle

sue condizioni di vita familiare e individuale, con particolare riferimento alla conflittualità tra i

genitori, alle sofferte carenze affettive, ai disturbi psichici della madre e in particolare al suicidio di

quest’ultima in circostanze drammatiche, eventi tutti che, come si evince dalla perizia in atti, hanno

certamente influito nel periodo adolescenziale e formativo della imputata, con gravi conseguenze

sulla sua stessa stabilità emotiva e sulla sua personalità parzialmente compromessa.

Ritiene pertanto questa Corte che la pena possa essere ridotta ad anni sette e mesi sei di reclusione ed

euro 2.100 di multa, determinata partendo dalla pena base per la rapina consumata ( capo G ) di anni

sei ed euro 1.400, ridotta ai sensi dell’art. 62 bis cp. ad anni quattro ed euro mille, con gli ulteriori

aumenti in continuazione nella misura determinata dal primo giudice.

Vanno confermate tutte le residue statuizioni della sentenza impugnata.

P T M

la Corte, visti gli artt. 592 e 605 cpp ;

in parziale riforma della sentenza della Corte di Assise di Roma in data 8 luglio 2005, appellata da

Blefari Melazzi Diana, dal PM per le statuizioni assolutorie nei confronti di Broccatelli Paolo,

Saraceni Federica, Mezzasalma Marco, Badel Roberto, Costa Alessandro, Di Giovannangelo Bruno e

Boccaccini Simone, nonché, per gli interessi civilistici, dalle parti civili Di Serio Olga vedova D’

Antona e D’ Antona Valentina, così provvede :

- dichiara Saraceni Federica colpevole del reato di cui al capo e ) – attentato seguito da morte in

danno del prof. Massimo D’ Antona – e concesse le attenuanti generiche e ritenuta la continuazione

con i reati per i quali la stessa ha riportato condanna con la sentenza di primo grado, la condanna alla

pena complessiva di anni ventuno e mesi sei di reclusione ;

- visti gli artt. 29 e 32 cpp., dichiara la Saraceni interdetta in perpetuo dai pubblici uffici, in stato di

interdizione legale durante la pena e nello stesso periodo sospesa dall’esercizio della potestà di

genitore ;

- condanna la Saraceni al pagamento delle spese processuali del presente grado di giudizio ;

- condanna la Saraceni, in solido con la Lioce, il Mezzasalma e il Morandi, già condannati, al

risarcimento dei danni subiti dalle parti civili Valentina D’ Antona e Olga Di Serio, nella misura da

liquidarsi in separata sede, al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva di euro

150.000,00 per ciascuna parte e alla rifusione delle spese di costituzione e difesa del giudizio di

primo grado, come liquidate nell’appellata sentenza, nonché al pagamento delle spese di

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costituzione e difesa in favore delle stesse parti civili nel presente grado, liquidate in complessivi

euro 10.000,00 per ciascuna, oltre IVA e CAP ;

- concesse a Blefari Melazzi Diana le attenuanti generiche, riduce la pena ad anni sette e mesi sei di

reclusione ed euro 2.100,00 di multa ;

- conferma nel resto l’appellata sentenza ;

- visto l’art. 544 co. 3 cpp., indica in giorni novanta il termine per il deposito della motivazione e

sospende per lo stesso periodo i termini di custodia cautelare.

Roma, 4 aprile 2008.

IL PRESIDENTE ESTENSORE

Dott. Guido Catenacci

Depositato in cancelleria il 26 maggio 2008

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