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CENTRO ITALIANO DI STUDI SULL'ALTO MEDIOEVO SPOLETO STUDI MEDIEVAU (3• Serie, XVII, II, rg76) ESTRATTO
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rec. a R. MIGNANI, Un canzoniere italiano inedito del secolo XIV (Beinecke Phillipps 8826), Firenze 1974 (1976).

Feb 07, 2023

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Tijana Okić
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Page 1: rec. a R. MIGNANI, Un canzoniere italiano inedito del secolo XIV (Beinecke Phillipps 8826), Firenze 1974 (1976).

CENTRO ITALIANO DI STUDI SULL'ALTO MEDIOEVO

SPOLETO

STUDI MEDIEVAU

(3• Serie, XVII, II, rg76)

ESTRATTO

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RECENSIONI 757

RIGO MIGNANI, Un canzoniere italiano inedito del secolo XIV (Bei­necke Phillipps 8826), Firenze, Distr. Licosà. - Commissio­naria Sansoni, I974. pagg. r76 con una tav. n. t. (Studia Historica et Philologica, Sectio Romanica, I).

1. - Nel 1955, 'Vittima della diaspora fortunosa inflitta ai membri della collezione Phillipps, un individuo non irrilevante è confluito ad infoltire il .patri:nlonio manoscritto dell'oèlierna Beinecke Rare Book and M8.;mscript Library dell'Università di Yale: si tratta di un cod. composito, originato dalla fusione di un cartaceo quattrocentesco del Filostrato boccaccesco con un canzoniere pisano trecentesco, di singolare accuratezza, che il Mign'ani assume ad oggetto della sua edizione (1). Stupisce che un esemplare di pre-

(l) La prima segnalazione del ms., corredata di note descrittive, in S. J. PACIFICI, A ma­nuscript oj Boccaccio's • Il Filostrato '• in The Yale University Library Gazette, XXXI (1956-57), pp. 20~27. Cfr. anche il supplemento al Census di S. DE R.Icci e w. J. WILSON (Suppte­ment to thc Census of Medieval and Renaissance Manuscripts in the United States and Canada, orig!nated by c .. U. FAVE, continued and edited by w. H. BoNn, New York, 1962), nella se­zione c The Llbraries of Yale University - New Haven, Connecticut '• p. 42, lemma 222. Nella Bibliothcca Phllippica il ms, aveva sortito la segnatura 8826, come risulta dalla rege­stazione del fondo approntata per le stampe da Sir Thomas nel 1837 (11 Mignanl, e sarà scor­so di stampa, ne posticipa l'edizione al '47): • 8826 Boccacio Philostrato. fol. eh. s. xv. T. 106 t Si legge a p: 140[a) del CATALOOUS l LIBRORUM l MANUSCRIPTORUM l I.N l BIBLIOTHECA l D, THOMAE PHILLIPPS, BART. l A. o. 1837. IIMPRESSUS l TYPIS MEDIO-MONTANI$ f MENSE MAlO, 1 ·1837 (consultabile nell'opportuna ristampa anastatica The Phillipps Manuscripts. Catalogus etc., wlth an .Jntroduction by A. N. L. MUNBY, •• , London, s.a. [ma 1968]). c T. 106 ' rimanda al catalogo d.el libraio antiquario Thorpe, che fornisce del cod. la seguente descrizione: • Boccaccio - Fllostrato, composto per lo nobile poeta mlsser Giovanni Bocchaci da Certaldo Fiorentino •• Fine manuscrlpt of the fifteenth century, upon paper, folio, in the

.originai wooden binding, 4 I. 14 s. 6 d. Scritto p"er me Nicolò de Giovanni, cittadino da Siena al Imo de Settembre, 1415, In Ferrara' (cfr. Catalogue of upwards oj Fourteen Hundred Ma­nuscripts, upon Vellum and Paper, etc., by TH. THORPE. No. 38, Bedford Street, Covem Garden, London, 1836, n, 106; l'erroneità dell'indicazione del Mignanl, p. 7 [ • No. 186 della seconda parte ~1, in evidente dipendenza da PACIFICI, A manuscript clt., p. 20, nota 2 [• Slr TI1omas purchasec! the manuscrlpt from Thorpe's Catalogue of 1836, where lt is listed as No. 186 of Part II •1 è confermata da T.D. I{ogers, Asslstant Llbrarlan della Bodlelan Llbrary di Oxford, che si è cortesemente Incaricato di trasmetterml le richieste trascrizioni dai catalOghi del Thorpe e del Heber. Il ms., ceduto al Phiillpps dal Thorpe nell'imponente vendita del 1836 (per una storia dettagliata della costituzione e successiva dispersione della ricchissima biblioteca di Mlddle Hill e, in genere, per infOrmazioni sulla figura singolare del celebre bibliofilo inglese si rhpanda ai cinque pregevoli voli. di Phillipps Studies di A. N. L. MUNBY: The catalogues of manuscripts and printed books of Sir Thomas Phillipps, their com­positiOn and distribution (I), Cambridge, 1951; The jamily affairs oj Sir Thomas Phillipps (Il), ibid,, 1952;,T!Jejormation ojthe Phillipps library up to the year 1840 {III), ibid., 1954; Thefor­mation oj the Phillipps library between 1841 and 1872(JV), ibid., 1956; Thedispersal oj the Phil­lipps library (V), ibid., 1960; sulla ;vendita del 1836, in part., si consulti il vol. III, pp. SQ.. 86. Portrait of an obsession. The life oj Sir Tlwmas FÌhillipps, New York, 1967, cui rinvia il Mlgnanl, è una sintetica riduzione dei Phillipps Studies, a cura di N. BARKER),' era apparte­nuto in precedenza a R.ichard Heber: nel catalogo dell'asta della sua collezione, jllaugurata l'Il febbraio 1836, costituisce il lotto 339. Sia la descrizione del catalogo Heber che, In forma piìt alterata, quella del Thorpe, riproducono imperfettamente l'explicit del cod. bocc·accesco: Mignani e Pacifici sono, tuttavia, concordi nel giudicare la fusione del due mss. come sicura­mente anteriore al sec. XIX (entrambi, ma Il Mignanl In forma dubitativa, la attribuiscono addirittura al sec. xv, omettendo, peraltro, argomenti probatorf). Segnala il ms., In quanto testtmorÌe del Filostrato, V. BRANCA, Tradizione delle opere di Giovanni Boccaccio, Roma,

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gio calligrafico relativamente notabile '(cfr. il fac~simile del f. 94v a p. 41) sia stato adibito, in epoca presumibilmente non remota dalla sua confe­zione, all'impiego servile di cui rendono testimonianza le scrizioni leggi­bili nella sua sezione terminale ..,... secondo la numerazione progressiva del ms., eseguita a lapis modernam~~.te (2), tali giunte occupano i:i verso del f. rog e, per intero, il f. no. La solidarietà oiiginaria delle ultime carte con il nucleo del canzoniere risulta, d'altronde, comprovata ,dal ricorrere, al f. no, della medesima filigrana trasparente nei ff. 99, roo, 102, 105, roS (8):

il genere di utilizzazio_!le riservato al bianco residuo nel cod. attesterà, in conseguenza, la sua precoce immissione in un circuito culturalmente etero­geneo e comunque socialri:tente tributario· dell'ideale committente.

Il nucleo più significativo di queste note è costituito dal referto cro­nografico degli incarichi assolti (e dei corrispettivi compensi percepiti) da una prete agli esordi della carriera. Il colorito linguistico e i riferimenti delt_e note in volgare (fanno parte delle giunte, 'tra l'altro, una giaculatoria e due formule di scongiuro, contro le odontalgie e l'emicrania, in latino) rimandano inequiVocabilmente a Pisa (4). La presenza di queste annota-

1958, p, 43.; nella posteriore ed. del poemetto, a cura dello ·stesso Branca (in Tutte le opere di Giovanni Boccaccio, II, Milano, 1964), si ventlla l'Immissione del ms. tra i derivati dal su­barchetlpo ~. giusta la mmtficazione stcmmatica a suo tempo elaborata dal Penlicone (cfr; la Nota al testo, pp. 839-845, In part. p. 843: l'editore si esime, tuttavia, da una riclassiflca­zione delle fonti comprensiva del nuovi testimoni, in Omaggio aU'lmpegno In proposito assunto dallo stesso Pernicone).

(2) Esistono tracce di due numerazioni antiche, da l a (20] (anteriori, dunque, alla com­posizione In volume dei due codd.), che denunciano, nell'attuale consecuzione, il rimpasto subito dal ms.: se ne registra la conseguenza più. vistosa nell'inversione dei due primi qua-derni. '

{3) Secondo il Mignani (p. 8) e, Implicitamente, Il Pacifici, trattasi del N. 3737 del repertorio Briquet: andava forse aggiunto che uno dei testimoni superstiti censiti dal Briquet risulta vergato, nel 1345, proprio a Pisa. Di qualche ambiguità si rende responsabile l'affer­mazione che' la filigrana •• , appare in carta dell'Italia ce'ntrale, foi-se anche di Genova • (p, 8), laddove il Brlquet (l'opera è ormai da consultarsi nell'cd. giubilare, arricchita di preziosi aggiornamenti: C.M. BRIQUET, Les. ftligranes, Dictionnaire liistorique des marques du papier dès leur apparttion vers 1282 jusqu•en 1600, a fac-simile of the 1907 editlon with supplemcn-· tary materlal contrlbuted by a numbcr of scho\ars, cdlted by A. ST.EVENSON, I-II, Amster­dam, 1968)-slllmitava ad affermare, riferendosi all'intera famiglia di filigrane che include quctlà In discussione: 'Un second groupe de ciseaux est cetul o'ù. Ics manches ou annèaux sont formés par un trai t slmple (376 à 3755). De méme quc pour le précédent, Il est présumable que cette seconde figuratlon à été usltée par dcux battoirs, l'un de I'Italie centrale, l'autre de Gènes et il est difficile d'en falre le départ • (p. 235) •.

(4) SI precisa, In margine, che il Sancasciano della. nota trascritta a p. 10 -c Incomi(n)cial a s(er)vlre l'autare d[i] f Simone e di Lotto figliuoli d[i] f s(er) Lapo da S(an)c(t)o Casciano .•. •- non è un toponimo, bensi un cognome (la puntuallzZazlone eviti le esorbitanti escur­sioni congetturali caldeggiate dal Mlgnani: • 11 San Casciano, da cui proviene Lapo, potrebbe essere, pensando a Pisa, la pieve di San Casciano, fra Sari Frcdiano e Navacchio, a pochi chilometri all'est di Pisa, oppure San Cassiano, un paesetto a nord-est, dei Bagni di Lucca. Altrimenti, ma con meno probabilità, si può pensare a San Casciano In Val di Pesa, presso Firenze o a San Casciano del Bagni, a sud di Chiusi •, p. 13 l). I Da Sancasclano costituirono una delle più cospicue consorterie della Pisa trecentesca: Lapo fu Anziano nel 1335, 1347 e 1350; Simone di ser Lapo n.el 1364, 1369 e 1378; Lotto di ser Lapo nel 1367, 1380, 1385, 1395, · 1400 e 1406 (per un'ampia informazione sul c:asato v. B. CASINI, Patrimonio ed attività del fondaco del taglio di Simone di Lotto DaSanca­sciano e fratelli, in Studi in onore di A~ Fanfani, II, Milano, 1962, pp. 229-298, in part. alle pp. 250-253 per notizie su Lapo; alle pp. 253-254 per Slmone e alle pp. 254-256 per Lotto;.

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RECENSIONI 759

zioni datate nel cod. consente di fissarne il terminus ad quem al 14 novem­bre 1368 (6): il Mignani, nell'assumere come terminus il 1369, correttamente ·riferendosi alla più remota delle date che registrano le postille (<( Incomi(n) ciai a s(er)vire l'autare di mess(er) f Piero i(n) s(an)c(t)o Sebastiano a di xiiij di najve(m)bre mccclxviiij )>, se,condo la tr'ascrizione di p. 9), trascura che il solerte annotatore nel computo· degli anni si unifonna allo stile pisano e il terminus, pertanto, esige conseguente anticipazione (anche altre date aspirano all'opportuna traslitterazione). Più industri attenzioni il Mignani non consacra, d'altro cantò, alla determinazione del terminus a quo: dal­esibito estratto (p. 13) delle canzoni databili, oscillante tra gli estremi del 1327 e del 1365, perviene, infatti, a concludere: <dl terminus a quo è perciò il 1327 » (a). All'inaudita deduzione i~ lettore del prospettci non approda, peraltro, smaliziato: della canz. Poi che da voi Fortuna è rampognata ha, infatti, letto: <i di Giarinozzo Sacchetti che nasce verso il 1340. Non ante­riore perciò al 1365 !>; e sull'implicita assunzione (un'età sinodale dell'estro poetico ?) si vuol tacere. ·

Corrediamo l'esplorazione del paragrafo intitolato alla descrizione del cod. di un interludio consacrato ai criteri di edizione prescelti dal Mignani (7).

altre notizie consente di reperire la Cronaca di Pisa di Ranieri Sardo, a cura di O, SANTI, Roma, 1963 = Fonti per la Storia d'Italia, XCIX, passim). L'utilissima tesi di L. Rosst, Acta et Actitata della Cur:ia Arcivescovile' di Pisa nel secolo XIV (rei. I?rof. O, Bertol!nl, s.a., Facoltà di Lettere e Filosofia, Università di Pisa) non consente l'identlflcazlone del prete Fi~ llppo che le note citano In veste di rettore di S. Cristoforo In J<:,inseca (l'ordine cronologico del rettori di quella chiesa, incompleto, si arresta all'Henricus cit, in un atto del 1348: cfr. ibld., p. 653); la stessa. tesi, Invece, costringe a revocare in dubbio l'identificazione, pro~ posta dal Mlgnani (p. 13), del S. Sebastiano della nola trascritta a p. 9 - in cui appare un c p(res)b(yte)r Joh(ann)es t - con S. Sebastiano delle Fabbriche Maggiori: pur confermando, infatti, che per gli anni 1366~1372 (la ns. nota si riferisce al 1368) fu rettore della chiesa un Giovanni, Johannlls Dolclni (cfr. lbid., p. 680; v. anche p. 353), 'testiflca che nel1366 un al­altro Johannes fu rettore di S. Sebastiano in f(lnseca (cfr. lbid., p, 345).

(5) Ciò importa, evidentemente (ma l'ipotesi non è affatto onerosa), l'assunto della posterlorltà di quelle scrlzionl all'attività del copista (più che doverosa, e tanto più dopo l'af­fermazione di PACIFICI,, A manuscript clt., p. 20: c •.• the second part [vd. del ms.].,. con~ sists of 20 follos an d forms a sort of anthology of fourteenth·century Italian canzoni, wrlt­ten by sev~ral. . , ·hands [ns. Il corsivo] in 'gotica cancelleresca '•, era la dichiarazione inequi­vocablle, nel corso della descrizione del ms., dell'unicità della mano fondamentale, implicita nelle argomentazioni del Mignani ed evinclblle, p. es., da quanto a p. 14 è detto a proposito dell;il caratterizzazione linguistica del testi [• , , . si tratta di materiale linguistico eterogeneo .• , , es€lmplato da un copista toscano occidentale che ha lasciato tracce evidenti della sua base linguistica •]. Solo dell'ultima composizione sarà precisato, ma si dovrà attendere p. 164, che risulta trascritta • d'altra mano •).

(6) Poco oltre (p.' 14) leggeremo, tuttavia, che il canzoniere Phillipps fU 1 scritto, C01t1e sappian.o [IJ, Intorno al 1360 '• tesi incidentalmente ribadita nella conclusione della parte ln­troduttiva, ove si afferma che Il compilatore del cod. fu attivo • probabilmente al primi degli anni sessanta • (p. 31:)),

(7) D'induttlve angosce sulla qualità della trascrizione si rende responsabile la collazione del fac~simiie (a p. 41) del f. 94 v, contenente buona parte dellit. canz. di AntOnio Beccari Vertù celeste in tito[ trionfante, con i! testo edito (alle pp. 126·128): rllevlamo che al v. IO Il Mlgnani trascrive in obbedirti in non tanto né quanto, Jaddove il ms. legge lnequlvocabllmente iu obbedirti mo' tanto né quanto (l'abbaglio è tanto più inspiegablle in quanto il testo-critico della canz., stabilito dalla Bellucci [MAESTRO ANTONIO DA FERRARA (ANTONIO BECCAR I), Rime, • ed. critica a cura di L. BELLUCCI, Bologna, 1967 (Co11eziolle di opere Inedite o rare, CXXIX), pp. 35~38], al quale il Mignani fa rlferlmebto, citando i luoghi in cui esso si discosta dalla le~ zlone del Phlllipps, In questo caso armonizza con esso l); al v, 14 co(n), non co'; al v. 32 so~

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RECENSIONI

Non giustificato appare il conflitto di baldanza interpretativa e ritegno di­plomatico reso manifesto dall'opzione, per un versO,' di dividere, interpun­gere e accentare secondo l'uso moderno, omettere di riprodurre la rigatura dell'originale e di segnalare lo scioglimento delle abbreviature, tacere addi­rittura sul modo di risolvere la nota tironiana rappresentativa della con'­giunzione (non che espungere ed integrare); per l'altro, di non distinguere u da v, conservare le grafie eh, cch davanti a velare, etc. Poteva appagare -qna breve nota informativa, premessa all'edizione, delle abitudini del co­pista, peraltro ligio all'ortodossia grafica trecentesca. Sfogliando il succes­sivo «Spoglio linguistico » (p. 14 sgg.), percepiamo di disporre, in realtà, di una «tavola delle corrispondenze grafo-:fonemiche » nei casi devianti rispetto all'uso dell'it. mod., corredata di liste esemplificative complete (tali da vanificare, dunque, definitivamente l'opportunità degli scrupoli diplomatici della trascrizione). NOn che superfl~e. le« COITispondenze grafo­fonemiche & sono, inoltre, infestate di imprecisioni ed eirori: a tacere delle gravi ambiguità relative alla rappresentazione di scempie e geminate, la ta­vola informa, p. es., che la spirante pala tale sorda JSJ sarebbe resa, tra l'.al­tro, mediante la grafia ss. La documentazione relativa (p. 28) risulta costituita da cinque forme verbali di lassare: tassa XXXVI 28; lassando XXXIII 108; lasserea X 5 (e non XX 5); lassi IX 67 ·(in rima con passi IX 681); lasso VI 39 (in rima con basso VI 34 e passo VI 381); e da possa (< POSTEA) di XVII go. Su tassare, blasonato da almeno un secolo di storia linguistica (da Meyer-Liibke in giù), non vorremo soffermarci (&);Possa, per suo contO, è segnalato, in quanto forma occidentale, da un'opera pur pre­sente nella bibliografia del Mignani'(~). Inutile insist~re, se non per ricor­dare che le' grafie s, ss (la geminazione, al solito, non è contemplata), in un ms. che l'editore si ostina a definire «toscano-occidentale>), mentre in realtà tradisce una flagrante paternità linguistica pisana («::omunque pisano-luc­chese), rappresenterebbero l'« Affricata apicale sorda ftsf' (pp. 24-25) ("). Circa l'appendice alla «tavola delle corrispondenze grafo-fonemiche », in­fin~ (fl Pritp.a di procedere a una breve rassegna delle caratteristiche dialet-

(m)m(er)so, non somerso; al v. 46 expone(n)do, non exponnendo; al v. 82jenn(o) (con espunzione del copista), non tenno. È·pol evidente nel fac-sirulle l'omissione dell'Iniziale della strofe V: il v. relativo (69) dovrà dunque leggersl, Integrando, [L'] ubere gratiose e 'l saflcto lacte. An­cora, al v, 14 il ms. legge cOiagra spad_a: dovrà proprio dividersi, col Mignani (a parte l'er­rore di trascrizione) co' l'agra spada, o non piuttosto postulare una banale omissione di titu­lus, quando il testo critico della Belluccl reca con la gran spada e l'apparato tace? Perché tacere, infine, sul comportamento osservato nel confronti della nota tironiana 7 ? Nel f. 94v ricorre dieci volte (vv, 17, 22, 46, 62; 65, 69, 77, 84, 88, 91) contro otto e (vv. 19, 20, 34, 41, 43, 56, 66, 81) c un et (v. 79, dove non estirpa lato): il Mignani in nove casi trascrive c, ma ai v, 46, senza apparente giustificazione, restituisce et.

(8) Se proprio dovrà preclsarsl, basterà il rimando a R.oHLFS (Grammatica st9rica della lingua italiana e dei suoi dialetti; I, Torino, 1966, § 225) o a TEKAVèlé (Grammatica storica · dell'italiano, l, Bologna, 1972, § 340). ·

(9) Nuovi testi fiorentini del Dugento .. , a cura di A. CASTELLANI, l, Firenze, 1952, p. 48; per tassare cfr. anche ibid., p, 43. ...

(10) Nell'elenco delle caratteristiche linguistiche • pisane o toscano-occidentali t (p. 31) del ms. leggiamo: • s. ss per l'~ffrlcata apicale sorda /ts/ •, • ss per la spirante palata le sorda /SI •i con le due affermazioni, munite di rimando alla documentazione or ora vlsionata, sem­bra assodarsi in via definitiva l'insoluta dialettica del convincimenti linguistico-filologici del ns. editore.

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RECENSIONI

tali toscano-occidentali del codice, caratteristiche che includono forme fo­netiche e grammaticali, sarà opportuno segnalare altre due caratteristiche grafiche, cioè l'uso conservativo dell'h iniziale e la resa di certe scempiè e geminate, che, non corrispondendo, ci sembra, a nessun fonema, abbiamo 'Separato dalla lista precedente», pp. 29-30), ci limiteremo a constatare (non senza aver guarnito di convalida la non temeraria ipotesi dell'irrilevanza fémetica di h etimologica) che forme quali (citiamo a caso) chatolico, doppo, dubio, gramatico, Morroccho, oppinione, republica, etc. non dovrebber.o affliggere chi abbia comunque manipolato un ms. tre-quattrocentesco (11}.

Al capriccio dei copisti (quando di capriCcio si tratti) non conviene, in ogni caso, attribuire ciò che ad esso non spetti, e al ns. scriba non compete: al­meno, il traviame~to che il Mignani gli imputa citando (p. so), tra i ricor­dati specimina di insubordinazione, l'exponnendo di XXV 46 (trattasi di errore di trascrizione: cfr. più sopra alla nota _A.. . ./11-

Quanto alle caratteristiche linguistiche elencate 1a p. 31 (numerose po­trebbero aggiungersene ? comp1etarsi nella esemplificazione documenta­ria: p. es., amburo X 58, occidentale: cfr. CASTELLANI, Nuovi testi cit., J., p. 48; un altro in della in XIV 27; )lll altro fine= «finO» in XVIII·44; algelletto di XIV 55, reattivo alla velarizzaziorte <><;cidentale di l preconso­nantica), si osserva che esse consentono una localizzazione assolutamente sicura del canzÒniere in ambito pisano-lucchese, ma il ricorrere di alcuni pio (I 21, XXVII rg e, sfuggiti al Mignàni, r8 e 37; gli altri due- XXXVI 41 e 49 - non fanno testo, perché attestati dalla canz. · esemplata «d~ al­tra mano»), oltre al rilievo concernente cità, autorizza a concentrarsi ulte­riormente su Pisa (12)~ Stupisce, pertanto, l'invincibile. titubanza .del Mi-: gnani, in genere. ancorato alla cautelativa del <1 toscano-occiden~ale » e an­cora ansioso, nelle postille al cit. regesto di peculiarità dialettali, di scon­giurare che la lista venga assunta come «prova e non come semplice accenno alla patin~ li:p.guistica pisana del Phillipps » (p. 32)~ rincalzando che <da lingua letteraria della prima metà del Trecento aveva accolto forme da . quasi tutti i dialetti italiani e, particolrmente, da quelli dell'Italiacentrale » onde <1le forme sopra citate, anche se originalmente toscano-occidentali si possono trovare in testi che di pisano o di lucchese non dovrebbero, diret­tamente, aver niente)) (ibid.)! Sul periodO conclusivo di .questo paragrafo

. consacrato allo <l Spoglio linguistico)) (13) grava, infine, l'ineluttabile con­danna all'inattingibilità.

2. - Evacuati i pur irrenunciabili preliminari codicologici e linguistici, disponiamoci all'inoltro nel perimetro, più seducente, dei testi. Non ·più

(Il) Per cità (VII 14) e citadini (VIII 24) cfr. A. CASTELLANI, Pisano e luce/rese, In Studi linguistici italiani, V (1965), pp. 97-135, In part. alle pp. 1-33-134, dove si documenta che cittd (e derivati) • nella maggior part.e del testi pisani, .. è scritta costantemente con t scem­pia '• mentre 'a Lucca si ha cittd • (il ns. cod. ha anche cittd.fVII 36, XI 36] e cittadini [V 79, XVI 38]). '

,(12) Cfr. CASTELLANI, Pisano cit., p, 127, (13) 'In conclusione, mentre si può dire che le forme plsane del Phlllipps confermano

1 legami del codice con Pisa, non sarebbe proficuo andare più oltre e basare, s,..questa patina /M­linguistica, congetture sulla forma originale .delle liriche e, tanto meno, sulla loro apparte­nenza a blocchi già forrr.ati da cui Il nostro canzonie~e I?Ossa essere stato composto • (p. 32).

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RECENSIONI

di un angusto preambolo riserveremo alle canzoni irradiate in tradizione plurima che già dipongano di un testo critico tollerabilmente garantito o, comunque, tale che l'apparizione del nuovo testimone non risulti compro­mettente (14). ·

Due canzoni (X"X.V e XXXV) rappresentano l'opera di Antonio Bee­cari (16): Vertù celeste in titol trionfante, già menzionata, e Le .stelle univer­sali e i ciel rotanti. Evitiamo di affrontare le spinose questioni ecdotiche che i due testi, afflitti da una tradizione ridondante ma gravemente tur­

. bata da fenomeni di trasmissione orizzontale, propongono, per fornire Un saggio libera torio (a duobus disce omnes . .. ) del modo tenuto dal Mignani nell'introdurre, annotare e postillare di «Dati testuali)~ le composizioni da lui edite. A proposito di XXV notiamo, intanto, che vengono glossati, senza avvertenza, almeno tre errori di lezione (a parte la nota all'errore di trascri­zione in non tan~o né quanto xo): et exponnendo 46 (testo critico: e desponendo) suo 75 (tuo); sua 85 (tua). È poi ammissibile che all'espressione invete­rare f sempre sua vita (96-97) si apponga la nota: <l diventare inveterato nella sua mala vita )} ? Anche i «Dati testuali)) sono prodighi di sorprese: si afferma che il Phillipps <l potrebbe collocarsi, per certe affinità con alcuni codfci (E5, Ma3, Ma, Mz, LP, tutti più tardi del Ph) nel gruppo ~ » (p. I29) (16); sefl:Onché i testimoni citati (le sigle sono quelle adottate dalla Bel­lucci) fanno parte di Y, che di [3 è una diramazione ulteriore (in Ma, il Mare. It. l. 30, poi, la ns. canz. non figura!). Si legge, nel seguito, che <l il.testo della Bellucci è basato sul Riccardiano I Ioo (Rn) )}, e l'affermazione no1.1 risponde a verità, in quanto l'ed. Bellucci si fonda su di una recensione e classificazione presuntivamente completa delle fonti: non per nulla, la ta­vola dei <1 I4 punti in cui Rn è. diverso da Ph )} è completamente erronea; quelle sono le discrepanze di Ph dal testo critico (riducibili a dodici, per due errori di trascrizione) e R11, per quanto si ricava dall'Introduzione e dall'apparato della Bellucci, diverge dal testo critico in ben undici dei foci esaminati l Non è tutto. Muovendo dall'affermazione che «la conta­minazione tra " e y (sottogruppo di [3 a cui Ph sembra appartenere) as­sunta dalla Bellucci e comprovata da varianti come: v. I in tutto il trion­fante; 14- empia giustizia, ecc., appare solo in 5 o 6 codici di y )>, a tutto proposito il Mignani si domanda: «A che livello è, qùindi, la contamina­zione ? )}. Ed è questione affatto calzante, perché non si è compreso che la contaminazione non muove da Y verso et, benst da oc verso Y, e dun.:. que non si manifesta, nei due casi citati, in cinque o sette (e non sei) codd. di Y: questi cinque e sette codd. recano, in realtà, la lezione erronea che caratterizza la loro famiglia (rispettivamente, in tutto il e empia), mentre risultanO contaminati diciannove (IS mss. più una stampa) e dodici (n mss. più una stampa) testimoni che, pur appartenendo ad Y, presentano 1ci. lezione di et! .<l Dato questo, collclude il Mignani, lO. stemma viene ad

{14) Naturalmente Irrilevante, se non a definire i gusti del committente o, In ogni caso, del compilatore, la presenza di due canzoni petrarchesche, Amor, Se vuo' ch'i' torni al giogo anticho e Di pensier in pensier, di monte in monte (XXXIII e XXXIV del ns. canzoniere),

(15) Nella citazione degli incipit seguiamo il testo critico stabilito dalla Bellucci nella cit. ed. delle Rime di Maestro Antonio.

(16) Ph è la sigla prescelta per il ns. ms., alla quale ci atterremo.

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essere più che altro uno schema grafico di affinità testuali», e nOi ne conve­niamo cordialmente.

Per quanto riguarda XXXV osserviamo, in primo luogo (e l'appunto ha valore, naturalmente, generale), che nello schema metrico (nella fatti­specie della sirma e del congyédo) la rimalmezzo va indicata prima, no~ dopo la lettera indicante la rima principale del verso; è, d'altra parte, affatto inopportuno riprendere nello schema del congedo, senza precisare, le let-tere già utilizzate per lo· schema delle stanze. Un rapido c<;>mmento alle note esegetiche ci consente di far cenno alla grave Iacunosità della ·comunque polverosa bibliografia del Mignani.(H): il v. I (Le stelle universali e i ciel ro­tanti) viene interpretato dal Corsi nell'ed. cit., p. 329, come endiadi; il Pasquini, recensendo l'antolOgia del Corsi (18), nota <?PPOrtunamente: (c non parlerei di endiadi: le stelle universali sono infatti le costellazioni, i dodici segni zodiacali; e i ciel rotanti piì1 o meno quelli danteschi, cioè i sette pia­neti l) (p. 240), e il suggerimento è doverosamente accolto dalla Bellucci nella sua riedizione commentata delle rime del Beccari (19), a p. 188, con un calzante rimando al v. 55 del capitolo Diviso sia per l'universo pace. È possibile, ~ questo punto, vedere in universali, come fa il Mignani, un equivalente di fissY? E come può reggersi, a tacer d'altro, la spiegazione /~ dei tre versi conclusivi {20) ? Ancora una volta, inutile e penosa ogni insi­stenza: preferibile qualche autonomo rilievo testuale. La fronte della prima stanza della canz. nel testo critico costituito dalla Bellucci suona:

. Le stelle universali e i ciel rotanti, le ]oro 'nfusrone, l'eterno moto e tutta la sua forza,

e propiamente quelle impressione, i abiti e i sembianti, che da lor prese mia natural scorza,

3

6

(17) Manca all'appello, ed è l'assenza più clamorosa e greve di conseguenze, l'importante (nel caso specifico, veramente imprescindibile) siJloge corsiana (Rimatori del Trecento, a cura di O. CORSI, Torino, 1969). Al venatore di puzztes bibliografici proponiamo di eserçitarsi sul­l'enigma, per noi insolubile, relativo alle due canzoni .di Ciano da Borgo Sansepolcro (XXII e XXIII), edite da UMBERTO NOTTOLA (cfr. Le rime di Ciano da Borgo San Sepolcro, ne l'Istru­zione, VIII, 1894, pp. 49-55, 77-80, 102-110); mèntre nell'c Elenco delle opere consultate 1

(PP. 172-173) figura il contributo del Nottola, nel 1 Sommario del contenuto del canzoniere Phillipps 1 (p. 37) le' due canzoni sono date per inedite (i • Dati testuali • relativi omettono, naturalmente, il riferimento). _

(18) In Studi e problemi di critica testuale, III (1971), pp. 225-256. (19) Le Rime di Maestro Antonio da Ferrara (Antonio Beccari), Introduzione, testo e

commento di L. BELLUCcl, Bologna, 1972. (20) I vv. 94-96 suonano, nel testo critico, e giura per li dei l che Dido giunse al suo gra-

voso tessere 1 ch'assai son presso a priva!)fè de l'essere; la Belluccl sp.lega 95: • Cf)e spinsero... /~ Didone all'infelicità .•. fino al suicidio o, il Corsi, con qualche superfluo appesantimento, ma nel complesso più convlncentemente, Interpreta i tre vv.: • j! giura In nome di quegli dei, / é che Didone invocandoli congiunse (cfr. Virgilio, Aen., IV, 607-12) a quella sua Insopporta-bile tristezza d'animo che la portò al suicidio, che anch'io sono in procinto di toglierml la vita 1 (note ad loc.). Ed ecco a cosa approda li Mignani: • Giuro [naturalmente si muove dal­l'errore di lezione, purché non sia di trascrizione, di Ph giuro] per gli dei che, nello stesso modo che Didone giunse al momento doloroso della sua vita, cosi lo son vicino ad ucclderml. Il ché del v. 95 potrebbe avere significato causale, oltre che dichiarativo, senza cambiare il senso (perché Didone, quindi glusUficato dall'azione di Didone in un caso slmlle) • (pp. 162-163) l

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L'apparato infqrma che tutte le stampe e tutti i mss. ai quali è affidata la trasmissione del testo, eccettuati LC (Laur. Conv. Soppr. 122) eS" (Sen. I.IX.x8), in 6 leggono natura scorza; la Bellucci interpreta: questa lezione çome errore (pòligenetico), accettjando quella, stemm~ticamente minori­taria, di LC e S4• Il Balduino, recensendo l'ed. {21), critica la scelta (p. 541}

'ma nella replica (23) alle controdeduzioni della Bellucci (23}, pur non mo­dificando la propria tesi (p. 79), nota (p. 76) che la lezione accolta dalla editrice (contrariamente all'avvertenza dell'apparato) è pure dell'Ambr. C. 35 sup. (siglato A1). Aggiungeremo ora che il novero dei sostenitori della lezione minoritaria (Ph, secondo la classificazione della Bellucci, presenta , vincoli di parentela relativamente stretti con LC, S4 e A1), con l'appari­zione del Phillipps, s'incrementa di un'unità. Senza entrare nel merito, avanzeremo che la bontà di natura/ potrebbe . sostenersi (forse con mag­giore persuasività di quanto non riesca all'arroventata apologia della Bel­lucci, pur efficace nell'esplicazione della genesi probabile dell'errore) (2~), mediante l'umile rilievo che, rifiutando tale lezione e, dunque, sconvolgendo la fisionomia sintattica del periodo, si condannerebbe a conserv.arsi irre­lata la prolessi deittica di 4· Non più di un fuggevole inciso merita 28: gli editori più recenti (Sapegno nei Poeti minori del Trecento, Milano-Napoli, 1952, p. 127, la B,ellucci in MAESTRO ANTONIO DA FERRARA, Rime cit., p. 127, e il CorSi in.Rimatori cit., p. 330) erano concordi nell~ggere Stato foss'io porcel da campanello, che asta allo schema della sirma CddE(e)FgEFg HH, in quanto, rappresentando il primo F, dovrebbe rimare 'con stella 31 (la scorrezione tradizionale è geneticamente ovvia: nella stanza in questione vale, infatti, E=- ello). L'errore è finalmente corretto dalla' Bellucci in Le Rime•ccit., p. l8g (25).: Ph diventerebbe ora (sulla scorta dell'apparato alla ·prima ed. della Bellucci) l'unico testimone a tramandare la lezione cor; retta, campanella. Una traccia di archetipo (del quale si desidera dimostra­ziorie) sembraf infine, di potersi riconoscere in 29: il testo critico offre quando tre dadi 'n 'groppo, ma tutta la tradizione, compreso Ph, presenta l'errore diplografico dadi di groppo : divergono {si tenga sott'occhio 1'8.pparato della Bellucci 'e lo stemma proposto per la canz. a p. CXXXII dell'Introduzione) V1 (da cui risulta descriptus Lul), che restaura congetturalmente quando il vangel di groppo; Cas, che restaura per ellissi, ridondando nel v. succes­sivo, dati f me juro ; Ml0, N 7, e A1 , caratterizzati dalla variante tre dadi groppo, agevolmente interpretabile come aplografia stocastica postulante l'errore

· diplogra:fi.co nell'archetipo; LC è, infine, mutilo dei vv. 14-92. La dimç­strazione non può definitivamente assumersi in quanto non si conosce il comportamento di un ultimo testimone della canz., trascurato dalla Bel-

(21) In Lettere ilalip.ne, XX (1968), pp. 526-542. (22) A. BALDUINO, Ancora su un'edizlone.delle Rime di Maestro Antonio da Ferrara, in

Lettere italiane, XXII-I (1971), pp. 63-85. (23) L. BELLUCCI, Sul testo delle Rime di Maestro Antonio da Ferrara, In Studi e probtemi

di critica testuale, I (1970), pp. 5-90. (24) Ibid., pp. 23-24. ' (25) SI limitava a notare la possibilità della Correzione Il Martl, recensendo la più volte

clt. antologia corslana (In Giornale storico della letteratUra italiana, CLXVIII, 1971, pp.-37().. 384; Il rilievo a p. 384).

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lucci e segnalato dal Balduino nella sua recensione (p. 541), il Barb. lat. 4047; la Bellucci afferma, tuttavia, che il ms. «va consideratO come copia di {3 in tradizione parallela: a quella di L17, del quale riproducè le caratte­ristiche l) {28), e L17 reca, appunto, l'errore dadi di groppo. '

Sulla fortunata canz. di Iacopo Cecchi Morte, perch'io non truovo a cui mi doglia (XXX del Ph), ancora in traccia di un testo criticamente atten­dibile, pur avendo lungamente abusato di un'irreligiosa attribuzione, non ci soffermeremo, se non per avvertire che le varianti riportate dal Mignani (p. 148)' non sono, come si afferma, quelle della Giuntina (e, d'altronde, non si vede quale opportunità avrebbe potuto indurre a prescegliere prow priola Giuntina e non altro esponente della pletorica tradizione), bensl, con omissioni e un'imperfetta citazione, quelle del testo fornito dal Sapegno (27).

Pur giudicando imprudente, in assenza di ed. procedente da una classifica­zione dei testimoni, interporre un rilieVo testualè, ilon vogliamo esimerci !Ìall'osservare che la scelta fino ad oggi generalmente operata dagli editori (ultimo in ordine di tempo il Corsi) circa l'ordine di consecuzione delle pri­me tre strofi. della canz. non appare inequivocabile. Il Corsi afferma.:« Nella Giuntina, nei mss. FR2, FVt6, FL39, Mgia, la II str. è spostata dopo la III)) (28), e a questi testimoni si affianca ora Ph. Che l'ordine originale sia quello garantito dai mss. Ì-esidui, in condizione di adiaforia semantica, non sembra dimostrabile facendo ricorso ad elementi interni; una traccia, sia pur parzialmente labile, di collegamento sembrerebbe deporre, invece, a favore dell'ordine di successione assicurato, tra l'altro, da Ph. I vv. conclu­sivi della prima stanza, nel testo stabilito dal Corsi (29), suonano:

I' vegno a te come persona pia piangendo, Morte, quella dolce pace che 'l colpo tuo mi toglie, se disface la donna che con seco il mio cor porta, quella ch'è d'ogni ben la vera porta.

mentre il v. iniziale della strofe terza seconQtl'ed. corsiana è:

Morte, qual sia la pace che mi tolli,

La stanza si conclude, d'altronde, sul v.:

vorrò morire e non :fi.a chi m'uccida .

. e l'attuale strofe II esordisce, appunto:

Morte, se tu questa gentile uccidi

15

L'artificio, che appare strutturalmente significativO, viene nel seguito !Ìi­messo; eppure, l'apertura della strof~ IV (Morte, dunque di tanto ~mal t'in­cre;ca l quanto seguiterà se costei more, l che fia 'l maggior- che si sentisse mai),

(26) Br::LLUCCI, Sul testo clt., p. 68. (27) Poeti minori clt., pp. 182.-184 •. (28) RimatOri clt., p. 433 nota 3, (29) lbid., pp. 435-438.

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per quanto genericamente riassuntiva, sembra meglio attagliarsi alla con­clusione dell'attuale strofe· II (Se chiudi, M orte, la sua bella luce, /Amor ben potrà dir dovunque regna: j- l'ho perduta la mia bella insegna} che non alla citata chiusa della strofe III (per cui verrebbe fatta l'identificazione grot­tesca del male «maggior che si sentisse mai » con l'aspirazione del poeta alla morte ... ). In sostegno, si può addurre qualche considerazione sussi­diaria attinente il coQice retorico: conservandosi l'ordine di successione tra­dito, tra gli altri, da Pp., nella strofe centrale della canz. (attualmente se­condél.), verrebbe a cumularsi, con funzione di riepilogo retrospettivo e di preludio prospettico, il piùaltoconcentratodiattualizzazioni anaforiche (30),

di pertinenza strutturale non discutibile.

3· - Affrettiamoci a dare rapido conto delle canzoni che all'intervento del nuovo testimone confidano l'incarico di miglioramenti testuali talVolta determinanti, comunque luminosi. All'ipotetico e volonte!oso futuro edi­tore di Ciano (nei codd. anche Cino) da Borgo SansepolcJ;"o ci limiteremo a segnalare che la testimonianza di Ph relativa a .due sue canzorii (in prece­denza prodotte dal Nottola sulla scorta del Maruc. C. 152, responsabile del­l'attribuzione) - Nel mio intelletto nuovo pensier joYmasi (31) e Cento jiate net pensier mi rutola - apportà., quando l'inesausta med~ocrità consenta a ri­tocchi, correzioni testuali non trascurabili (in part. a XXI, cJ:.le il Màrucel­liano presenta lacunosa di alcuni vv.; al solito inutilizzabili le postille del Mignani, che riportano, ma con imprecisioni ed omissioni considerevoli, le varianti dell'altro testimone finora noto). Ph aggiunge una seconda testi­monianza anche alla canz. coritro 1:i Povertà (O Povertà, cosi ti strugga Idio, XXVII), di cui il Barbieri, nell'Origine detta poesia rimata, pp. 167~168,

riportava i due vv. iniziali, con l'attribuzione ad un Manettino da Firenze. Il testo, smarritasi la fonte del Barbieri (32), venne riesumato dal Debene­detti nel 1912, sulla scorta del Pal. rog della Palatina di Parma (33), ove il componimento reca l'infida attribuzione a Fazio degli Uberti. La novità più segnalata di Ph, in genere sensibilmente più corretto del Parmense, si rinviene nel congedo, affatto diverso nei due mss. fin nello schema me-

(30) La strofe terza secondo Ph, oltre a compartlre con tutte le altre stanze (eccettuata la conclusiva, che assolve al ruolo di congedo) l'introduttlva invocazione alla Morte (una tri­viale giustificazione, anche poligenetica, dell'inversione delle stanze offre, appunto, l'identità dell'esordio), divide con II l'anafora sulla quale si aprono l tre vv. dei rispettivi secondi piedi (II: se guardi ••. ; III: tu •.• ), mentre di IV anticipa la repetitio del primo emistichio della dies! (Deh, Morte, qui mercé ... ) nel quinto v. della sirma (e: i vv, sono in rima), perseguendo, nelle stesse sedi, l'anafora del tu (l'artificio si propaga, attenuandosi, al congedo, dove resta affidato alla semplice congiun~lone' B .•. , comunque marcata in quanto introduttiva di pe­riodo). Il circolo potrebbe concludersi notando che in II (la d lesi ne risulta inaugurata dalla invocazione Deh .• . ) si riconosce un rimando a IV, mentre III, rievocando l'apostrofe alla Morte nel terzultlmo v. della sirma, potrebbe echeggiare I, ove la medesima Invocazione fi-gura nel v. quartultimo. . .

(31) Nella trascrizione ·del Mignanl (p. 114), l'lncipit In Ph suona: Ne l'intellecto nuovo pensier formasi (le due canzoni sono, rispettivamente, la XXII e la XXlli del ms.).

(32) Sulla quale si consulti A. F. MASSÈRA, Ancora dei codici di rime volgari adoperati da 0. M, BARBIERI, in Studi medievali, II '(1906-07), pp. 11-36, in part. p. 31.

(33) S. DEBENEDETTI, Una canzone contro la povertà citata dal Bar~eri, in Bullettino della / & Società Filologica Romana, N.S., III (1912), pp, 17-21.

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trico (nel Parmense GJ:IhliLIM:M:, GHhliLL in Ph, ov'è riprodotto, quando si ''eccettui la misura settenaria della diesi, lo schema della sirma): di più evidente congruenza stilistica è certo dotato il congedo di Ph, nel quale il poeta.afferma, tra l'altro, di essere ridotto dalla Povertà <<in istato f dove contenta poco la sua vita» (vv. So-81, nella 'trascrizione del M:ignani), laddove ai vv. 28-29 alla Povertà si era rivolto imputandole: di poco ben contenti j chi del tuo caso sventurato piglia (e il Parmen~e, invece di caso, legge stato).

Qualche cenno più diffuso dedicheremo a Giannozzo Sacchetti e Pie­tro dei Faitinelli. Del primo il Phillipps contiene la canz., ultimamente edita dal Corsi (3~). Poi che da voi Fortuna è rampognata. La sua testimo­nianza si aggiunge a quelle del Triv. 1058, unico noto alla prima editrice del testo (35), e del Parm. 109, scoperto e. utilizzato dal Corsi (36), consen­tendo miglioramenti sostanziali. +.-a parentela del Trivulziano (Siglato Tr2)

e del Parmense (Prm) si dimostra almeno (fondiamo le osservazioni sul testo e sull'apparato di varianti prodotto dal CorSi, il qualé non stabilisce, peraltro, una lezione stricto sensu critica) mediante l'errore di 53 Donque scacciate ojlnai la v~glia acuta (conservato nel testo), che P h corregge in doglia e, soprattutto, tramite il grave guasto che colpisce i vv. 47:49, cosl ricostruiti dal Corsi (l'apparato tace; il soggetto è la Fortuna):

e 'n questo modo suo scendere alterna, onde convien che scerna ogni costanza al suo t'erribil m6t~:

oltre all'evidente corruzione del contesto, .è sfuggita ai precedenti editori (37)

l'ipometria di 48, il quale, in forza dello schema metrico (rappresenta la diesi), dovrebbe risultare endecasillabico, non settenario. Pienamente sod­disfacente la lezione di P h:

in questo modo suoi vicende alterna, onde convien che per natura sperna ogni costanzia il suo terribil moto;

dove si dovrebbe esclusivamente intervenire sulla forma occidentale del possessivo femminile. Guasti appaiono, d'altronde, anche i vv. 57-58, sem­pre riferiti alla Fortuna:

e non vogliate questa, ch'~ saluta, PC?nere pene per vostro vantaggio,

(il Corsi giustifica, faticosamente, la costruzione attribuendole valore infi­nitivo), mentre-del tutto liquide risulta il testo in Ph:

e non vogliate a questa, ch'è saluta, imponer legge per vostro vantaggio,

(34) Rimatori clt., pp. 380-383/ (35) Cfr. G. SACCHETTI, Le rime edite e inedite, a CUra di 0. SACCHETTI, R.oma, 1948. La

canz., alle pp. 82-84, .è riprodotta, con qualche ritocco, In Poeti minori, cit., pp. 154-156. (36) Cfr. Rirriatori clt., p. 367 e, per l'apparato, p. 368. (37) Non che al Martl, Il quale, nella menzionata recensione al Corsi, nota un fenomeno

analogo a carico del v. 48 della canz. preceduta immediatamente daila ns., Io fui ferma Chiesa e ferma fede.

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(pene potrebbe giustificarsi come omeoarcto consonante). Nell'errore i due codd. concordano anche in 39:

ché di costei l'affal-e già mai non si mutò assai né poco che -quando v'avea posto 'in ·alto loco,

giovene ricco e onorato molto, e co~ benigno volto voi lusingando allegrava sovente, tal qual era lo suo convenente.

35

Intanto, si dovrà interpungere diversamente, separando 34 e 35 mediante virgOla, e accentare chi 35, attribuendogli valore, evidentemente, causale; la proposizione resta, comunque, sospesa, mancando di predicato. Suppli-sce brillantemente Ph: '

tal era qual è or(a) suo convenente

(in Pnn, significativamente, talora qual era suo); convenente, nel quale il Corsi riconosce un provenzalismo (meglio, dovrebbe dirSi gallicismo), an­drà interprpretato piuttosto come «comportamento ititrinsecamente con­gruo* (senza rifiutare che la voce, anche in forza della poSizione marcata, possa condirsi di spurie risonanze auliche). Un errore con;mne, infine, in 64 ha provocato al Corsi un abbaglio esegeticO sull'intera canz.; si legga la p3.renesi conclusiva dell'ult!~a stanza (ne rappresenta la sirma):

Ma conformate vostra forza e ingegno sempre al voler di questa cieca dea e d'ogni pena rea sarebbe libCiati pct le 1.1erte, sarete liberati per lo certo, sempre acquist~ndo glorioso merto. 6;

Liberati è éondiviso da Prm e Tr2 ; trattasi, tuttavia, di errore banale (Ph reca liberato, che già la Sacchetti aveva ripristinato, disponendo del solo Tr1, congett:oralmente), al qp.ale lo scriba del comune antigrafo si sarà là­sciato indurre dall'uso costante della seconda persona plurale (con valore allocutiVo: cfr, 35-36 che quando v' avea posto in alto loco, j giovene ricco e onorato molto). Il Corsi, indebitamente estendendo un'ipotesi del Li Gotti (33),

poi ripresa dalla Sacchetti (38), intende la: canz. come «consolatoria diretta ad Angelo Acciaiuoli e a Filippo Buondelmonti, tenuti in carcere ... [la vicenda ispira un'altra canz. deJ minore 'dei Sacchetti, Giovanna femminella e non reinti] dalla regina Giovanna I» (40). ·n Li Gotti si era, in realtà, li­mitato ad opinare che il destinatario dClla canz. fosse Angelo Acciaiuoli, figlio del famoso «gran siniscalco » Niccolò, imprigionato da Giovanna I alla morte del padre (avvenuta nel novembre del 1365) .. a fine di estorsione. Egli sarebbe appunto il <<cavalier de l'isola )) allora ritenuta, sulla scorta del Trivulziano, « foscosa », da considerarsi, tuttavia (cfr. infra), <<focosa •. al

(38) Cfr. E.· LI GOTTI, Restauri trecentcschi, Palermo, 1947, p. 67. (39) G. SACCHETTI, Le rln:re clt., pp. 44-45. (40) Rlmatorl clt., p. 380.

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quale la ·canz. è inviata, in quanto Cavaliere di Malta. Del tutto ingiusti­ficata, in c:onseguenza, l'interpretazione del Corsi relativa al congedo("). Meno lampante la dimostrazione dell'arc]1etipo, del quale sembra, comun­que, di rinvenir traccia al v. 30. II poeta rimproVera al destinatario de1la canz. di ·miscortoscere la vera natura di Fortuna, onde l'immotivato risen­timento nei C~?nfronti del suo volubile e spietato agire; cosi suona il passo nel testo del Corsi:

Io sento, veggo ~ conosco per vero che costei molto a voi cangiata pare; , e per questo ignorare mettete il collo al doloroso gioco (42) - 30

e Ph, prescindendo da minime varianti formali, concorda. Ma il senso del v. 30, in tal veste, appare destituito di pertinenza contestuale, restaura::­bile mediante semplice inversione (mettete il Collo doloroso al gioco, e si inter­preti: « Per·Ia vostra incomprensione dell'essenza di Fortuna vi sommettete animoso al suo giogo, invece di accedere, come dovreste, alla rassegnazione nei confronti dell'ineluttabile») (43). Nello stemma, bifido che verrebbe "in tal modo a comporsi (l'indipendenza reciproca del Trivulziano e del Par­mense è dirnosti-abile) la preferenza, in condiziOni di parità,,andrebbe ac­cordata a Ph (che dovrebbe, inoltre, assumersi la responsabilità della forma: Tr2, esernplato da copista lombardo, è, in part., contesto di settentrionali~ smi), eccezionalmente vicino alla d3.ta,. di presumibile composizione del te­sto (del quale, intanto, fissa il terminus ad quem al 1368; assumendo che la canz. risalga all'incirca al 1366. (si dovrebbe, tuttavia, accettare l'ipo­tesi del Li Gotti) otterremmo, d'altra parte, un ter'minus a quo almeno orientativo per il ns. canzoniere (ricordiamo che gli altri due testimoni della canz. sacchettiana sono entrambi quattrocenteschi). Passiamo' ora in ra­pida rassegna i principali dei luoghi nei quali, per restituzione meccanica o, in condizioni di parità, ricorrendo a criteri interni, la leziohe tradita dalla vulgata corsiana sembra dover subire variazione: .come costei a torto ell'è ri­presa 8 (nel subarchetipo è caduto ell'; Tr2, seguito dal Corsi, supplisce alla ipometria congetturando a gran torto); di trarre a sé l'offerte copiose 21 (cosi Ph e Prm; Tr2 ha, invece, di ritrare e il Corsi vi si" attiene, leggendo ritrarre a sé l'offerte copiose); ma levate 31 (l'avversativa di Ph, in luogo della coor-

(41) Ibid., p. 383: 'al cavalier: non si sa chi sia. Il LI Gotti avanzò l'ipotesi che po­tesse trattarsi di un Acciaiuoli, cavaliere di Malta [non di un, in realtà, ma precisamente di Angelo]; ma l'Ipotesi lascia perplessi sia per la denominazione dell'isola [il Corsi conserva joscosa, pur disponendo di Prm focosa, ora garantitO da Ph], sia perché non si comprende per quali ragioni l'autore dovesse ritenersi sgradito ad un parente dei due· giovani prigionie­ri, come è detto al v. 71 t; 11 Li Gotti, si è visto, propone l'identificazione del 1 cavalier, non già con 1 un parente ~cl due giovani prigionieri ,, bensl con uno di loro, il destlna­tar!p medesimo della can!z.

(42) Dove gioco= 1 giogo •, il'! rima con poco 34, loco 35; gioco, nella stessa accezione e In rima con poco 'e toco anche nel son, Io ardo, donna, 1n un possente joco, di Antonio degli Albertl, '

(43) Incongruente la glossa al vv. 29-30 del Corsi, in Rimatori clt., p. 381: • e per co­testo vostro modo erroneo di giudicarla, credendo che sia cambiata, mentre è coerentemente la stessa, sia quando distribuisce i suoi favori, sia quando H toglie, sottoponete il collo al suo doloroso giogo, .. , accettate. con rassegnazione lo sfortuna che v'è toccata ,,

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770 RECENSIONI

dinante e, sembra garantita dal contesto - cfr. la discussione relativa alla dimostrazione dell'arphetipo, dove si citano i vv. immediatamente prece~ denti); la lezione di Ph andrà ado~tata anche in 44-45: e dilettasi ponere in, altezza fle basse cose e l'alte a basso tira (testo critico: e dilettasi ponere in bassezza /l'alte cose e le basse ad alto tira; ma·· cfr. che quando v'avea posto in alto loco 35· Che «tirare» si accoppi idiomaticamente con <<basso)> è, d'al­tronde, éonstatazione ovvia); poi che nessun da lei v'è fatto oltraggiO 54 (dif­ficilior.rispetto a po' che da lei nessun del testo critico);focosa 68 (di Prm e Ph contro foscosa di Tr2, accettato dal Corsi; senza entrare nel merito della identificazione del destinatario della canz., cui già accennammo, rileviamo che un eventuale Cavaliere di Malta sarà preferibilm.ente. un <(cavalier dell'isola focosa» anziché un <(cavalier dell'isola foscosa »; si noti, inciden­talmente, fhe il lemma foscoso del GDLI dipende dal passo i_n questione); più attillar, infine, i due vv. conclusivi nella veste di Ph.:

ma il nome non li dir <e> del tuo fattore però che forse ne perdresti onore.

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(Corsi: e 'l nome no lo dir del tuo fattore, l po' che forse ne perderesti onore). Il Phillipps contribuisce anche alla trasmissione dell'unica canz. nota

di Pietro dei Faitinelli, Spent'è la cortesia, spent'è larghekJ;a (XIX) ("). U ,J, Una prima edizione del testo si deve a L. Del Prete (45), il quale lo desu-meva dal Laur. Med. Pal. ug; fu successivamente pubblicato dal conte Paolo Galletti (48), che ne ricavava l.a lezione, senza aver notizia del lavoro del Del Prete, da un cod. di sua proprietà. A quest'ultima edizione, di-

. pendente da un ms. estremamente più accurato del Laurenziano, 'si rifanno tantO il Marti che il Vitale nelle loro riedizioni della canz.: mentre il Marti, tuttavia, non fa Ce~no alla tradizione ms. (41), dalla nota al testo del Vitale (48) si ricava che l'unico cod. respçmsabile della trasmissione del testo sarebbe il Laurenziano, dal quale, implicitamente, si viene a far dipendere l'edizione del Galletti. Senonché è sufficiente collaziOnare l'unico fac-simile riprodotto nel vol., conteneilte, seppur incompleto, proprio il testo della ns. canz. quale tramanda il Laurenziano, per Ì'ilevare le ingenti divergenze della sua le-zione rispetto a quella fqrnita dal Galletti (a tacer d'altro, basterà notare che i .vv. 4-5, nella sua edizione, suonano: Ch'usar al tempo buon già si soleano. 1 Lo vero è 'n bando e lealtà si sprezza - la lezione è ora condivisa da Ph. - mentre il Laur. reca, in corrispondenza, usare il tempo buon già si solleva Ilo vero è in bando già si soleva, con banale errore di ripetizione; il Del Prete, trascrivendo correttamente, non ometteva di annotare: <( I versi

(44) Le due edizioni più reçentl della canz. in Poeti giocosi del tempo di Dante, a cura di M. MARTI, Milano, 1956, pp. 419-421 e In Rimatori comico-realistici del Due e Trecento, a cura di M. VITALE, II, Torino, 1956, pp. 228-231.

(45) Rime di Ser Pietro de' Faytinelli detto Mugnone poeta lucchese del sec. XIV, ora per la prima volta pubblicate con notizie sulla vita dell'autore ed altre illustrazioni da L. DEL PRETE, Bologna, 1874 (Scelta di curiosità letterarie Inedite o rare, CXXXIV).

(46) Canzone inedita di Ser Pietro Faytinetli detto Mughione da Lucca, Firenze, 1898. (47) Cfr. Poeti, giocosi clt., p. 417: • Della canzone abbiamo dato, qua 'e là corretto, il

testo del Galletti (Bologna, 1898), li quale, dunque, risale la responsabilità della ,Jezion.e •· U J. (48) Cfr. Rimatori comico-realistici cit., p. 204,

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RECENSIONI JJI

4 e 5, di questa strofa, stampati in corsivo, appariscono una intrusiOne, ossia una sostituzione a quelli che ~ov:evano esservi originariamente, il primo dei quali doveva uscire in anno, l'altro in ezz'a, come il metro della canzone richiede>). (411);~li ultimi sette vv. della strofe III, d'~ltra parte, nel Laur. e nell'edizione Galletti sono completamente diversi; il Del Prete, · ancora una volta, ne aveva 'puntualmente rilevatO l'incongruenza, dopo averli trascritti in corsivo: << ••• non mi perito di dichiarare che questa stanza sia manchevole degli ultimi sette versi scritti originariamente, e che qÙ.elli che leggonsi nel codice, qui stampati in corsivo, debban esservi stati intrusi, come rende manifesto la diversità dello stile e dell'argomento e la non rispondenza delle rime (5G); il Laur. trascura, infine, il v. 63, e l'omis­sione non sfugge arDei Prete). Che il cod. usufruito dal Galletti non fosse il Laur. poteVa, cdmunque, desumersi dalle succinte notizie descrittive che il possessore riporta: il Laur. Med. Pal. II9 non· contiene,. in ogni caso, la Divina Commedia ... Il cod. Galletti, sul quale àveva attirato; a suo tempo, l'attenzione la Cavalieri("), è oggi l'Ital. 49 (R. 21097) della John Rylands Library 'di Manchester (52)·: non avendo fruito dell'opportunità di collazio­narne una riproduzione meccanica, fonderemo le. considerazioni seguenti sulla trascrizione datane dal Galletti (5S). Evidente la parentela del Laur. (L) con il code già Galletti (G) almeno in : 3 (spent'è l'onor di molti bei co­stumi Ph) spent'è l'onore e molti be' costumi G, spent'è l'amore e molti be' co­stumi L; 7 (tant' èn dei cuori umani orbati i lttmi Ph) sì son de' nostri cori or­bali i lumi G, sì sondai nostri cuori orbati i lUmi L; 25-26 (che tutto 'l mondo or è rivolto a sette, 1 cias~n secondo va che ben li mette Ph) e simigliante dico ,A c delle tecte. 1 Ognun dice :"va, va, che ben gli mecte G, e 'l somigliante dico delle sette 'f ognu~ va va che ben gli stette L; 31 (Lascive e pompe non._ sono in oblio Ph) Lascivie e ponpe non mecto in oblio G, Lasciar le pompe non mette in oblio L. Non dimostrabile, apparentemente, l'esistenza di archetipo: nell'even­tuale opzione tra le due redazioni tradite si dovrebbe propendere per quella di Ph, per quanto non trascurabili risultino taluni suggerimenti emendati-vi largiti dall'ascendente di L e G; di fh, in questo caso, andrà comunque rispettata la forma, linguisticamente congruente.

4· - Un paragrafo autonomo, per larghezza di rappresentazione, com­pete a Fazio' degli Uberti. Quattro i testi già noti, alla tradizione dei quali si aggiunge ora il ns. canzoniere (M): I o guardo i crespi e i biondi capelli (XII), Ahi donna grande, possente e magnanima (XIII), Lasso!, che quando imagi-

(49) Cfr. Rime di Ser Pietro .:le' Faytinelli cit., p. 119. (50) Ibld., p. 120. (51) C. CAVALIERI, Di un codice cartaceo della D.C., ne L'Alighieri, I (1889~90), pp. 315-316. (52) Cfr. D. ALIGHIERI, La Commedia secondo l'antica vulgata, a cura di O. PETROCCHt,

I, Milano, 1966, p. 500. Un'ottima descrizione del cod. ha procurato D. DE R.OBERTIS, Censimento dei manoscritti di rime di Dante, II, in Studi danteschi, XXXVIII (1961), pp. 253-254,

(53) Attenendoci alla trascrizione del Mignanl per Ph, limiteremo gli Interventi alla • distinzione di u da v e alla regolarizzazlone dellatlnlsml grafici e delle false ricostruzioni, ar-

bitrando au,tonomamente nell'Integrazione o espunzione delle finali caduche. · (54) Nella citazione seguiamo, per XII e XV il Corsi, Rimatori clt., pp. 238·241, 260-

263; per XIII e XVII, FAZIO DEGLI UBERTI, Il Dittamondo e le Rime, a·cura -di O. CORSI, II, Bari, 1952, pp. 13~15, 27-30,

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(55) Segnaleremo che la canz. Lasso!, ché quando imaginando vegno è anche nel ms 2044 della Biblioteca dell'Archiginnasio di Bologna, sfuggito al Corsi: cfr. A. SORBELLI, Inventa­rio dei Manoscritti delle Biblioteche d'Italia, XL, Firenze, 1929, p. 77. Armando B~Jduino, recensendo i Rimatori cit. in T.èttere italia!}:, XXII (1970), pp. 597-605, informava (p, 601) che la canz. si legge anche nel Barb. lat. 4077, c in una doppia e diversa trascrizione alle cc. 142v e 153r-v, in entrambi l casi originariamente adespota, ma con corretta attribuzione a Fazio di mano cinquecentesca •·

(56) Cfr. Liriche edite ed inedite di Fazio degli Uberti, Testo critico preceduto da una In- t

traduzione sulla famiglia e sulla vita dell'aùtore, per cura di R. RENIER, Firenze, 1883, pp. 89-95 e FA'ZIO DEGLI UnERTI, /l Ditt~mondo e le Rime cit., II, pp .. 391-392.

(57) S. J. PACIFICI, The jirst complete version of Fazio degli UCerti's • Tanto son volti i ciel ~i parte in parte •, in The Yale University Library Gazette, XXXI (1957), pp. 178-183.

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devotamente: il pregherai, XVII go Poscia divota il prega ; XI 72-74 ch'onor più che 'l primo Otto J acquisterà, che venne di Sansogna, f e i suoi contrari avran danno e vergogna, XVII 27-30 e del buon Otto primo -JJ Sansogna f ri- U ok:.

· novellar conviensi per te solo. f Or apri l'ali al volo, J e non soffrir più il dannq e la vergogna. (un riscontro più labile di 50 Il mele in bocca e 'l fele ne la mente offre la frottola ad Alessio Rinucci, 3r-32: che 'n borsa porti il tosco f e 'l mele in bocca). L'accenno all'uccisione di Andrea d'Ungheria, quasi universal­mente attribuita all'istigazione della consorte Giovanna I di Napoli (cfr. 64-65: ... quella falsa e disleal Giovanna f che fece a~giovin re stringer la canna) stabilisce il terminus a quo per la composizione del testo al settembre 1345. in cui l'omicidio ~enne perpetrato: la deposizione di Lodovico il Bavaro non fu, d'altronde, di molto posteriore, per cui la canz. potrà datarsi al 1345-46. Che la <( giovihe e bella» e « molto gentil» regina di Tanto son volti i ciel di parte in parte (cfr. vv. 84, 85) sia ora la« falsa e disleal Giovanna» (XI 64) non oppone difficoltà: la: generica prudenza di XVII (e tràttasi, comunque, di retorica concessio : molt'è gentil, ma non sa de la spada 85) si dissolve baldanzosamente nell'imputazione di efferatezza di XI (cfr., d'al­tronde, Dittamo'ndo, III, I, 31-48).

Sicura l'attribuzione a Fci~io anche della notevole canz. Nel primo punto quando Amor percosse (XIV), per via del senhal dell'amata, Ghidola Mala­spina, nell'ultimo· v. (così la mala spina in me s'impruna : cosi dovendosi dividere e non, col Mignani, malaspina). Ai riscontri offerti dal Mignani si

1 dovrà aggiungere, sulla scorta del Renier, quello più significativo, con Dit­tamondo I, I, 62-63 (non pur cercar di su la mala spina f coglier la rosa, sì come se' uso). Uno scolastico, ma non mediocre, compendio delle perfezioni fisiche dell'amata, imparentato con la famosa I o guardo i crespi e i biondi capelli (Rime d'amore II) (~>8 ), è invece, in X: S'io potesse ridir come cotnprese. Otespi e biondi, intanto, i capelli (Li suoi biondi capelli 17, crespi eran poco 20; cfr. Rime d'amore VII, 73: i cape' crespi e biondi); spaziosa la fronte (la fronte chiar'a e spaziosa 31; la spaziosa fronte Rime d'amore II, xg); ver­miglie le labbra (!abbia vermiglie 44; labbro sottile e vermiglio, Rime d'amore II, 24). La genericità topica di questi riscontri (stringente appar~ sola­mente il primo, pur se avvilito dall'autorizzazione 'petrarchesca [cfr. Canz., CCLXX, 57: «fra i capei cresPi et biondi»]) partecipa, tuttavia, ad un ci­breo di motivi e stilemi, su"l <iuale non vorremo soffermarci analiticamente, soddisfacentemente c.ongruo alla testura consuetudinaria del Fazio lirico .(si noti, comunque, scùda 58, dal raro scudare, che torna, e sempre in rima, in Dittamondo, VI, VI, 87). Si aggiunga che la canz. Mal d'Amor farla chi d'amor non sente, di Brizio Visconti (69), pedestre consuntivo della bellezza muliebre, tradizionalmente accostata a I o guardo i crespi e i biondi capelli (e con tale accostamento se ne giustificava l'attribuzione a Fazio nel Mgl. XXXIV, I) (&0), presenta punti 'di contatto più numerosi e persuasivi con S'io· potesse ridir come compreSe.

(58) Citiamo in seguito dall'ed. corslana: FAZIO DEOLI UBERTJ, Il Dittamondo e le Rime, cit., Il, '

(59) Edita per la prima volta dal Renier in' Liriche cl t., pp. 226-237, ora In Rimatori cit., pp. 180-187 •.

(60) Cfr. RENIER,, Liricfle cit., p. CCCXXII e "CoRSI, Rimatori clt., p. 170.

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' Sull'avanzata attribuzione a Fazio .di XX (Vienne la maiestate impera-toria), ulteriore invito a Lodovico magnifico (v. 23), converrà, per il momen­to, sospendere il giudizio; a parziale e non determinante sostegno, rileve­remo l'adozione dei Vv. sdruccioli (notevole l'apostrofe al primo congedo, Sdrucciolente canzon 66) e confronteremo le rime di 15, I6 Alici (= <(Adige))): italici, con Rime d'amore, V, 62, 63 italice : Alice. Soccorrerebbe, se di Fazio (cfr. infra), II (Subitamente Amor con la sua fiaccola): senza Più su­spendio II 65, senz'alcun suspendio XX 2, e, per le rime, 'ncendio: suspendio di II 6r, 65 (suspendio: [dispendio] : [compendio]: 'ncendio XX 2,3, 6, 7); domina : nomina II~ 41, 42 (nomino:domino XX 47, 48).

5· - Una rassegna delle numerose altre canzoni inedite del Phillipps, per le quali il Mignani non propone. attribuzione (tutti i testi figurano nel ms. adespoti), rappresenterebbe il residuo inderogabile vincolo: rinviando ad altra sede l'impegnativa disamina, ventileremo, a titolo di anticipazione, la candidatura di Fazio per la canz. a vv. sdruccioli Subitaménte Amor con la sua fiaccola (II). L'esordio (Subitamente Amor con la sua fiaccola 1 di novo foco il cormi venne accendere 1-2) si accosta a Rime d'amore V, 55-56 ( ... poi che 'l possente giovane l dentro dal cor m'accese la sua fiaccola); la apertura della stessa canz.:

Ahi donna grande, possente e magnanima, bella, leggiadra, gentile e piacevole, accorta e intendevole più ch'io non posso nel mio dir comprendere,

. dentro dal core, omè l, mi sento l'anima col vago sub piacer legare e prendere, infiammare e accendere

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trova riscontro in II: accendere: prendere: comprendere (z, 3, 6); mi senti' prendere 3; io non potei comprendere 6; donna gentile et magnanima zo; Que­sta leggiadra e più d'altra piacevi/e 31. Considerando le rime sdrucciole: per II 14, I5 novero: ricovero cfr. Rime d'amore v, 47. sr; per II 49. sr, 52 gloria : storia: memoria cfr. loc. cit., 32, 38, 39; ancora, ma irrelati, II 26 grazia e loc. cit., rr; II 28 stridere e loc. cit., 21; II 72 notabile e loc. cit., 42. Considerando le altre canzoni sdrucciolc:: di Fazio: P.er novero : ricovero cfr. Rime varie II, 23, 24; per ospizio: viziq (17: 21) cfr. loc. cit., 34, 38; per gloria :·storia cfr. loc. ci t., 40, 43 (memoria rima con storia anche nella corona dei peccati mortali, son. dell'Avarizia, 9, 12); per sazia: iirazia (26: 27) cfr. Rime varj.e III, 62, 63 (sazia : grazia : spazia nel te1nario Le alle­grezze di Maria, II : 13: 15); più triviale, nel son. sull'Ira (9: II) e nel cit. ternario (52 : 54) la rima di accendere con comprendere. Altri riscontri, meno significativi, sono producibili: non gioverà insiste~e. ricordando che la per­tinenza probatoria dei ritorni è inversarriente proporzionale al valore espii­mente la loro probabilità assoluta (e il parametro dell'artificiosa conven­zionalità del genere sdrucCiolo agisce, nel caso specifico, da potente riduttore). Si aggiungerà, in altra prospettiva, che il Fabrizio menzionato in II 22 come antonomastico auçtor d'inflessibilità etica ritorna, nello stesso impeghativo ruolo, in Dittamondo, I, XXII, 58 (ivi la consecuzione delle rime ·è: ospizio: Fabrizio: vizio [56: 58: 6o], mentre in. II si dispone nella serie: .ospizio: [servizio]: vizio: Fabrizio [17: r8: 21: 22]). ·

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Esprimiamo l'auspicio che la segnalazione del Phillipps (velandosi d'indulgente oblio l'edizione di cui è rirl'l:asto irresponsabile vittima), lar­gamente e significativamente rappresentativo della topica curiale trecen­tesca, neUe sue diramazioni erotica, politica e moraleggiante (61), lusinghi alla partecipe frequentazione del territorio, indecorosamente negletto, del­l'infimo o minore Trecento.

CLAUDIO CI0CIOLA

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SALUSTIANO MORETt VELAYOS, Rentas monasticas en Castilla: pro­blemas de método, · Salamanca, Universidad de Salamanca, 'r974, pp. I46 /(Acta Salmanticensia, Filosofia y Letras, 79).

PAULINO lRADIEL MURUGARREN, Evoluci6n de la industria textil castellana en los siglos XIII-XVI. Factores de desarrollo, orga­nizaci6n y costes de la producci6n manufacturera en C~tenca,

Salamanca, Universidad de Salamanca, I974, pp. 406 (Acta Salmanticensia, Filosofia y Letras, 84).

Nell'archivio di San Domenico di Silos, nella vecchia Castiglia, si con­serva, in tarda copia secentesca, il Libro de las Cuentas del 1338, una re­lazione dettagliata sulle eritrate e spese relative alle otto abbazie e un prio~ rato che costituivano la provincia benedettina 'di Toledo: San· Salvador de Ofia, Santa Maria de Obarenes,, San Juan de Burgos, San Fedro de Car­defia, San Pedro de Arlanza, Santo Domingo· de Silos, Santa Maria de Hornillos, San Zoilo de Carri6n e Sahagùn. La fonte, di notevole interesse documentario, era già stata edita nella sua completezza da Jua'n J. Garda GonzaJ.ez che aveva voluto premettervi uno studio' introduttivo dal titolo molto pretenzioso, ma dal contenuto quasi esclusivamente descrittivo (cfr. J. J. G.A.RCIA ·GoNZALES, V ida econ6mica de los tnonasterios benedictinos en el siglo XIV, Universidad de Valladolid, 1972. Il testo documentario è pubblicato alle pagg. 129-247). Salustiano Moreta, che già aveva avuto modo di utilizzare e di pubblicare una parte del Libro de las Cuent.as (Cfr. S. Mo­RETA VELA YOS, El monasterio de San Fedro de Gardena. HiStoria de un do­minio mondstico castellano, 902-I338, Universidad de Salamanca, 1971), si propone qui, in aperta polemica col Garda, di mostrare come vada corretta­mente impostata una ricerca di stoi"ia economi_co-sociale basata su di un tipo di documentazione molto concreta com'è quella del 1338. Ma il Moreta non

(61) Produciarr.o gli incipit deg!l inediti non considerati, richiamando; Jn particolare, l'attenzione degli storici della Pisa trecentesca sulle numerose canzoni di argomento polltico: L'aspro tormento elle consuma e sface (I), Sl come il cigno, quando a morte vene (II I), Qual fie <;l duro cuor d'orno o di donna (V), Mentre che visse il mio dilecto sposo (VI), Lo degno e dolce amor del natio loco (VII), Ahi, Pisa, vitopero delle gente (VI II), Per c1te s'accenda nel corvolontade (IX) Del!, qual serà che si rallegri ornai (XVI), Cosi mi parto, doloroso e lasso (XVI II), Di vento pasci chi teco si gloria (XXI), Io sono a te mandata, Padre sa~to (XXIV), Era d l stelle il Cielo ancor dipinto (XXVI), La gran fama, signor, !li vertù carca (XXVIII), Avegno, amico, che la nostra barca (XXIX), Se mia vertute esprimere potesse (XXXI), l.a Verità m'alletta e dice: •Pensa &

(XXXII).

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