Rassegna stampa “Le nuove biotecnologie in agricoltura: Il progetto europeo iPlanta” settembre-ottobre 2019 FreshPlaza, 25 settembre 2019, “Le nuove biotecnologie in agricoltura: il progetto europeo iPlanta”; Il Sole 24 Ore, 3 ottobre 2019, Progetto dell’ENEA per modificare i geni delle piante colpite (versione cartacea) Terra e Vita, 3 ottobre 2019, “RNA interferente, la biotecnologia che difende l’agricoltura”; AgroNotizie, 3 ottobre 2019, “Le piante che non si ammalano, arrivano le biotecnologie per l'agricoltura”; FreshPlaza, 3 ottobre 2019, “La chiave per la soluzione dei problemi che affliggono l'agricoltura e' nella genetica avanzata”; NewsFood, 7 ottobre 2019, “‘iPlanta’, la lotta a parassiti e patogeni in campo agroalimentare con le nuove biotecnologie”; Il Dolomiti, 9 ottobre 2019, “Silenziamento genico, una nuova arma contro Drosophila e cimice asiatica?”.
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Rassegna stampa
“Le nuove biotecnologie in agricoltura: Il progetto europeo iPlanta”
settembre-ottobre 2019
FreshPlaza, 25 settembre 2019, “Le nuove biotecnologie in agricoltura: il progetto europeo
iPlanta”;
Il Sole 24 Ore, 3 ottobre 2019, Progetto dell’ENEA per modificare i geni delle piante colpite
(versione cartacea)
Terra e Vita, 3 ottobre 2019, “RNA interferente, la biotecnologia che difende l’agricoltura”;
AgroNotizie, 3 ottobre 2019, “Le piante che non si ammalano, arrivano le biotecnologie per
l'agricoltura”;
FreshPlaza, 3 ottobre 2019, “La chiave per la soluzione dei problemi che affliggono
l'agricoltura e' nella genetica avanzata”;
NewsFood, 7 ottobre 2019, “‘iPlanta’, la lotta a parassiti e patogeni in campo agroalimentare
con le nuove biotecnologie”;
Il Dolomiti, 9 ottobre 2019, “Silenziamento genico, una nuova arma contro Drosophila e
Il progetto iPlanta è stato presentato il 2 ottobre 2019 a Palazzo Giustiniani, Sala dei Presidenti,
edificio che rientra fra le strutture di pertinenza del Senato. Al tavolo dei relatori, la
senatrice Elena Cattaneo, docente dell'Università Statale di Milano che ha accolto tutti e ha
aperto i lavori. La senatrice Elena Cattaneo e il coordinatore del progetto europeo iPlanta COST
Action, il professore Bruno Mezzetti, del Dipartimento di Scienze Agrarie dell'Università
Politecnica delle Marche - convegno a palazzo Giustiniani-Senato, Roma
Con la Cattaneo, il professor Bruno Mezzetti che ha sottolineato l'importanza delle biotecnologie
in agricoltura, con ovvio riferimento al progetto iPlanta. Poi, il dottor Salvatore Arpaia,
ricercatore dell'Enea, Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l'Energia e lo Sviluppo
Economico e sostenibile (valutazione rischi e benefici dei prodotti biotech), il dottor Luca
Casoli del Servizio Fitosanitario della Regione Emilia Romagna (emergenze fitosanitarie in
agricoltura), il dottor Marco Aurelio Pasti, imprenditore agricolo nonché componente del
Consiglio direttivo dell'AMI, Associazione Maiscoltori Italiani (emergenze fitosanitarie nel settore
cerealicolo e possibili risposte della scienza), Gian Luca Mordenti, segretario di Ampelos, il
Consorzio Italiano Vivaisti Viticoli (emergenze fitosanitarie nel settore vitivinicolo), e, infine, il
dottor Andrea Gennaro del panel scientifico sugli organismi geneticamente modificati
dell'EFSA, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (ruolo EFSA nella valutazione delle
biotecnologie).
Il professor Bruno Mezzetti, il dottor Salvatore Arpaia, Gian Luca Mordenti, il dottor Luca
Casoli
L'incontro ha seguito e ha preceduto lavori tra diversi scienziati coinvolti nel programma,
ricercatori che hanno fatto il punto della situazione della ricerca e sulle prospettive per la futura
sperimentazione in campo.
Come sottolineato dall'organizzazione, la tecnologia RNAi, basata sul silenziamento genico
mediante RNA interferente, ha mostrato risultati promettenti nella difesa delle colture da nuovi
patogeni e parassiti, i quali provocano emergenze e causano danni alle coltivazioni made in Italy
fino a più di un miliardo di euro all'anno. Il tutto permetterebbe di fare sempre meno ricorso a
fitofarmaci, insetticidi, pesticidi e sostanze chimiche artificiali oggi utilizzate in agricoltura.
Leggendo e ascoltando progetti e rotte di ricerca sulla tecnologia RNAi, il pensiero va subito a
obiettivi da colpire, come il batterio Xylella fastidiosa che ha devastato circa 50.000 ettari di olivo
nel corso di sei anni. Oppure contrastare la diffusione del virus PPV-Sharka che ha distrutto il
25% della produzione italiana di drupacee, quindi pesche, susine e albicocche, strage avvenuta
nell'arco di un decennio. O ancora fermare il dittero Drosophila suzukii che sta mettendo in
pericolo le colture della fragola, del ciliegio e altri frutti di tale tipologia. Infine, bloccare l'avanzata
inesorabile della Cimice asiatica o Halyomorpha halys, che si sta diffondendo all'intero territorio
italiano senza risparmiare colture, dalla soia alla vite fino a colpire la ri-nascente canapicoltura.
"Quella "i" di "iPlanta" per cosa sta? – ha esordito la senatrice Elena Cattaneo – Il 95% circa del
DNA umano controlla quel che fanno i 30.000 geni. All'interno del DNA c'è una cassetta di
attrezzi che regola la funzione, l'attività di quei geni, diversamente tra le varie cellule: sono pezzi
di Dna che stanno fuori dai geni. Hanno rivoluzionato la medicina e possiamo costruirceli in
laboratorio, dove possiamo avere delle modalità per accendere, spegnere, modulare dei geni-
Malattia. E' una cosa che in medicina facciamo, per esempio per curare le malattie
genetiche. Strumenti specifici per interferire o bloccare specificatamente su un gene-
malattia. La stessa cosa si può fare per le piante, con la stessa favolosa tecnologia".
Dottor Andrea Gennaro, dottor Marco Aurelio Pasti, senatrice Elena Cattaneo.
"E' incredibile con quale fiducia e speranza applichiamo tali tecniche avanzate sull'uomo – ha
proseguito la senatrice – mentre siamo molto più limitati nella possibilità di azione sulle
piante. Ci sono due pesi e due misure sul Biotech? In Medicina va bene, ma in Agricoltura
no? Ritrosia sulla sperimentazione in campo aperto delle biotecnologie, come questi
interferenti. Vogliamo perdere i nostri campi di mais, le nostre colture tipiche e dipendere sempre
più dall'estero? Come fare a disinnescare questo marketing della paura spesso acceso per
ondate emozionali, tenendosi così alla larga dall'innovazione che invece è amica? Questa è
un'occasione straordinaria per tutti noi, con la possibilità di fornire ai legislatori le conoscenze
messe a disposizione con questa linea di ricerca".
"Con iPlanta abbiamo dato vita a un network, mettendo insieme le conoscenze di diversi paesi
europei che lavorano in modo specifico sul tema dell'interferenza o meglio, del "silenziamento
genico" basato sull'utilizzo di piccole molecole di Rna che interferiscono con l'espressione
di geni che possono avere risvolti negativi sulla vita delle piante – ha spiegato il professore
Mezzetti – Siamo al lavoro secondo un progetto strutturato in diversi gruppi o blocchi in un
concetto di filiera: dalla conoscenza di base, dal tipo di molecola, alla bio-informatica sulle
conoscenze genomiche a quali sono i geni che creano delle problematiche come la sensibilità
alle malattie, e come bloccarli".
"Un secondo gruppo lavora per capire come applicare il tutto, con la resistenza alle malattie
come una delle priorità assolute, più o meno in tutte le piante e su diverse situazioni di difficoltà,
quindi per patogeni come funghi, batteri e virus o per parassiti, in particolare gli insetti".
"Un terzo gruppo è quello sulla Biosicurezza, perché siamo consapevoli che per diffondere
queste tecnologie, perché possano essere trasferite in campo, occorre uno studio che valuti il
rischio soppesando vantaggi, convenienze e possibili contraccolpi per la salute e per l'ambiente
– ha aggiunto Mezzetti – Poi c'è la valutazione socio-economica, l'impatto sociale e sulla
produttività, quindi ci confrontiamo con le imprese per comprendere come vedono e come
prevedono l'utilità di queste tecnologie, e il loro impatto. Infine, il gruppo della comunicazione,
del confronto, per diffondere la conoscenza di quel che facciamo e del perché lo facciamo, con
messaggi semplici e sintetici, ma sempre ad alto livello scientifico".
"Quello che è bene sempre sottolineare è che l'uso dell'Rna interferente non è espressione
di una manipolazione nella pianta – ha ribadito il coordinatore del progetto – ma è da
considerare come una piccola molecola utilizzata a difendere la pianta senza alterarla. Ed è un
utilizzo molecolare molto specifico, che sta incuriosendo moltissimo. Un esempio sulle
possibilità di applicazione: sul caso Xylella si potrebbe agire su due fronti, inizialmente e in
maniera più immediata, controllando e limitando il vettore, cioè l'insetto che diffonde la malattia;
poi con utilizzo di specifiche piccole molecole aggiunte a quelle espresse dalla tecnologia RNAi
per combattere direttamente il batterio".
Tavolo dei relatori durante il convegno a palazzo Giustiniani-Senato, Roma
Una novità è l'applicazione di RNA grazie a uno spray per stimolare la protezione delle piante,
la regolazione della crescita e la maturazione dei frutti. "L'uso delle molecole di Rna
interferenti potrebbe aprire prospettive anche per i paesi che non vogliono presenza sul
loro territorio di OGM, organismi geneticamente modificati – ha detto il dottor Salvatore
Arpaia – Questa stessa molecola potrebbe essere utilizzata come un biopesticida, come lo
chiamo adesso scientificamente, si vedrà poi come sarà regolamentata dalla legge: una
molecola naturale, molto selettiva, che potrà attaccare solo alcune specie relate fra di loro; poco
stabile nell'ambiente, dopo qualche giorno dal trattamento scompare totalmente".
"Il metodo ha grande potenzialità – ha concluso Arpaia – Stiamo sperimentando in laboratorio
l'effetto su altri insetti non bersaglio per osservare cosa accade loro in caso di ingestione. Non
abbiamo registrato effetti, a cominciare dalle preziosissime api. Ora stiamo lavorando alla
ricerca di eventuali effetti non voluti anche sulla Chrysoperla, predatore degli afidi. Finora, anche
in questo caso, non ne abbiamo registrato alcuno da parte della molecola di RNA interferente".
Autore: G.G. per FreshPlaza
‘IPLANTA’, LA LOTTA A PARASSITI E PATOGENI IN CAMPO AGROALIMENTARE
CON LE NUOVE BIOTECNOLOGIE
7 OTTOBRE 2019
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IN : AGROALIMENTARE , IN EVIDENZA , INTERNATIONAL , PRIMA PAGINA , SICUREZZA ALIMENTARE
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iPlanta, un progetto per contrastare parassiti e patogeni in campo agroalimentare con le nuove biotecnologie di Maurizio Ceccaioni
Le biotecnologie, gioia e dolori della moderna società, tra ancestrali paure e speranze future. Un tema legato alla presentazione alla stampa il 2 ottobre, presso la Sala dei
Presidenti di Palazzo Giustiniani (Senato della Repubblica), del progetto europeo iPlanta. Il progetto è nato all’interno di ‘Horizon 2020 COST’, un programma europeo per la ricerca e l’innovazione «per favorire lo sviluppo della ricerca scientifica di altissima qualità, rimuovendo le barriere all’innovazione e incoraggiando le partnership fra pubblico e privato». La scelta della location per questa presentazione non è stata casuale, ma nata su iniziativa della senatrice Elena Cattaneo, che ben prima della sua carica istituzionale è un’accademica nota in particolare per le ricerche sulle cellule staminali.
Patogeni, parassiti e cambiamenti climatici, sono emergenze globali A fronte di un crescente fabbisogno alimentare mondiale dovuto al continuo incremento della popolazione, c’è una continua perdita di suolo, sia per i cambiamenti climatici che per l’azione dell’uomo. Fenomeni che riducono in maniera sostanziale la disponibilità di cibo nel mondo, ai quali si sono aggiunti i sempre più gravi danni alle colture agricole, causati da nuovi patogeni e parassiti. Se a livello globale il fenomeno delle invasioni “aliene” è grave, nel nostro Paese virus ed insetti nocivi sono una vera e propria calamità per le coltivazioni, e possono causare seri impatti sulla nostra biodiversità, dato che si stima siano presenti in Italia oltre 1.500 specie aliene, di cui il 30% sono insetti.
Alberi d’ulivo nel Salento colpiti da xylella fastidiosa Parliamo, ad esempio, del batterio Xylella fastidiosa, che ha distrutto qualche milione di ulivi in Puglia; o il virus Plum Pox (Ppv) meglio conosciuto come sharka o vaiolatura delle drupacee (pesco, susino e albicocco), che in dieci anni ha distrutto il 25% della produzione italiana di questi frutti. Se non bastassero i patogeni, fra i casi più recenti di diffusione di insetti dannosi, la cimice asiatica (Halyomorpha halys), un fitofago in continua diffusione su tutto il territorio nazionale dal 2012, che colpisce tutte le coltivazioni, tanto che ho scoperto una nidiata a fine agosto sia sui miei peperoncini che sulle zucche. Oppure pensiamo alla piralide del mais (Ostrinia nubilalis), una piccola farfalla notturna che attacca i fusti del granoturco o di altre specie come canapa, fagiolini, mele, pere, sorgo, peperone, ecc., con seri danni alle produzioni. Ma c’è anche il moscerino dei piccoli frutti (Drosophila suzukii Matsumura), un dittero originario dell’Asia che sta creando notevoli problemi nella coltivazione di fragola, ciliegio, mirtillo, lampone e mora, ma che colpisce anche alcuni tipi di vite (Aglianico, Montepulciano, Merlot, Moscato Rosa, Pinot Nero), specie in prossimità della vendemmia.
Cimice asiatica in orto casalingo
La ricerca, per combattere un problema con cui dobbiamo fare i conti “da ieri” Grazie alla ricerca, con le continue innovazioni tecniche e scientifiche nel settore agricolo, si può contribuire a garantire la sostenibilità ambientale, economica e
sociale al comparto agroalimentare, evitando anche gli enormi rischi di contaminazioni alimentari. Una ricerca che punta a sviluppare colture agricole particolarmente resistenti a questi organismi nocivi, che secondo uno studio del 2019 pubblicato su Plantgest, metterebbero a rischio di estinzione il patrimonio dei prodotti tipici italiani, causando danni stimati in più di un miliardo di euro l’anno. Allo scopo, iPlanta si propone di aggregare i principali gruppi di ricerca impegnati sulla tecnologia RNAi (RiboNucleic Acid interference) in Europa e Stati Uniti, mettendoli in collegamento con organizzazioni internazionali come Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare), Fao (Organizzazione Onu per l’alimentazione e l’agricoltura) e aziende private. Per l’Italia sono interessate le Università di Ancona, Bologna, Verona e Roma La Sapienza; Crea ed Enea, oltre ad aziende del settore e organizzazioni professionali.
Introdurre le biotecnologie in agricoltura anche con la sperimentazione sul campo Durante l’incontro stampa sono state presentate le attività del progetto, coordinato dal professor Bruno Mezzetti, direttore del Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali dell’Università Politecnica delle Marche. Si è parlato in particolare del possibile scenario riguardante l’introduzione di queste e altre biotecnologie nell’agricoltura europea e italiana, anche con la sperimentazione sul campo, tuttora vietata.
Una discrepanza tra le sperimentazioni delle biotecnologie in campo medico e quelle in agricoltura, che è stata sottolineata durante l’intervento di apertura dalla senatrice Elena Cattaneo che, a chiusura dell’incontro, ha sostenuto che «Bisogna disinnescare il marketing della paura che viene “acceso” in modo emotivo ed emozionale e mantiene distanti dalla conoscenza, quando invece la conoscenza è amica». Un’implicita denuncia verso la “politica che non decide” è arrivata anche dal professor Mezzetti, che ha ricordato i danni per i nostri ricercatori con i limiti imposti attualmente in Italia, che possono solo «limitare i loro studi alla messa a punto di protocolli di modificazione genetica in laboratorio o, al massimo, limitatamente ad alcune piante erbacee in serra, senza quindi poter vedere il risultato finale della loro ricerca». Limitazioni che non hanno invece nel resto del mondo, dove i gruppi di ricerca stranieri, privati e pubblici, possono fare una sperimentazione a tutto campo, specie nel settore privato. «Ciò comporta uno svantaggio nei nostri confronti – ha sottolineato Mezzetti – sia in termini di benefici economici che di sviluppo di nuove tecnologie e piante, capaci di rendere i sistemi produttivi più efficienti ed a basso impatto e, soprattutto, più sicuri e sostenibili per l’ambiente e per i consumatori». Dello stesso avviso Marco Aurelio Pasti, vicepresidente Confagricoltura Venezia e imprenditore agricolo, che accusando gli ambientalisti che rifiutano il mais resistente alla piralide, di essere nei fatti «i mandanti della deforestazione». «Rifiutare l’innovazione – ha poi continuato – significa perdere in competitività e queste sono le conseguenze delle scelte fatte a suo tempo e, forse, all’epoca non sufficientemente valutate».
Campo di zucche Parliamo di tecnologie come quelle applicate al mais resistente alla piralide, una varietà geneticamente modificata che in Italia non si può coltivare, ma che paradossalmente si può importato dall’estero. Anche perché – come ha ricordato Marco Aurelio Pasti, «la produzione italiana di mais si è dimezzata nel corso dell’ultimo ventennio e ogni anno, per importare i 5 milioni di tonnellate mancanti, l’agricoltura italiana deve sostenere un costo di circa un miliardo di euro». La “palla” ora passa alla politica, perché secondo i convenuti, le istituzioni italiane si dovrebbero impegnare per garantire le condizioni per l’immediata attivazione delle procedure di valutazione e approvazione, secondo le normative vigenti, come la Direttiva europea 2001/18/CE sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati e il Decreto legislativo 224/2003 che determina l’attuazione di nuove notifiche per le sperimentazioni in campo di piante Ogm di particolare interesse per i nostri sistemi agricoli.
Ma quali sono i requisiti normativi e scientifici per avviare la sperimentazione in campo con piante geneticamente modificate e nuovi prodotti biotech? È questa la domanda a cui hanno cercato risposta nella tavola rotonda pomeridiana, moderata dal giornalista e scrittore Antonio Pascale, i ricercatori ed esperti convenuti nella Sala dell’Istituto di Santa Maria in Aquiro, in piazza Capranica. Con il professor Bruno Mezzetti (Univpm) e il dottor Salvatore Arpaia, coordinatore del Gruppo di lavoro sulla biosicurezza del Dipartimento Tecnologie Energetiche (Dte) dell’Enea, sono intervenuti il professor Joe Perry, già a capo del
gruppo di lavoro sugli organismi geneticamente modificati dell’Efsa; la dottoressa Kara Giddings della Bayer Us – Crop Science R&D Regulatory Science; la professoressa Godelieve Gheysen, dell’Università di Gand (Belgio); il professor Huw Jones, docente di Genomica traslazionale per l’allevamento vegetale nell’Aberystwyth University (Galles, Uk); il professor Michel Ravelonadro dell’Institut national de la recherche agronomique (Inra).
Ma cos’è la tecnologia RNAi Si tratta di una scoperta fatta casualmente nel 1998 da due americani, Andrew Fire e Craig Mello, poi premi Nobel per la medicina 2006. Essi, nel tentativo di modificare i colori di alcune piante di petunia (petunia juss) transinfettandole con un gene soprannumerario, scoprirono che un Rna a doppio filamento promuoveva la degradazione dell’Rna messaggero. Il processo, poi definito ‘Silenziamento genico post trascrizionale’ (Ptsg), sta dando buoni risultati nel potenziare le capacità di difesa delle piante modificandone il metabolismo, per rispondere all’attacco dei patogeni attivando dei meccanismi di resistenza.
Cosa succede nel mondo sulla sicurezza alimentare L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha dato parere positivo sulla biosicurezza di diverse piante modificate per l’espressione stabile di RNAi per migliorarne le caratteristiche nutrizionali e, più recentemente, per la resistenza alla diabrotica del mais (Diabrotica virgifera), un insetto di origine americana che attacca sia le radici del mais che altre graminacee, leguminose, zucche e alcuni tipi di fiori. In tutto il mondo sono state approvate diverse piante resistenti ai virus, come ad esempio il susino resistente al virus Plum Pox (sharka) e papaia resistente al virus patogeno Papaya ringspot ( Prsv ), e sono in fase di sviluppo molte altre applicazioni di controllo di virus, insetti e funghi, come ruggine dei cereali, muffa della frutta, peronospora della vite. Secondo gli scienziati, l’introduzione controllata delle biotecnologie con l’uso del silenziamento genico post trascrizionale, porterebbe a migliorare le caratteristiche qualitative e produttive delle piante, così che il contenuto di nutrienti benefici per il consumatore viene incrementato, mentre allergeni, tossine, perdite post-raccolta e l’uso di fitofarmaci, vengono ridotti o eliminati.
Silenziamento genico, una nuova arma contro Drosophila e cimice asiatica?
La novità sta nel fatto che si ritiene possibile applicare l’azione di silenziamento
genico mediante Rna interferente per modificare il comportamento di drosophila e
cimice asiatica. I ricercatori della Fondazione Mach non sono stati almeno finora
coinvolti nel progetto
DAL BLOG
Di Sergio Ferrari - 09 ottobre 2019
Laureato in Scienze Agrarie all'Università di Padova, dal 1961 al 1994 è
stato docente all'Istituto Agrario di San Michele. Ha vinto la Penna d'Oro
nel 1988.
Il 2 ottobre 2019 a Palazzo Giustiniani, pertinenza del Senato, Elena
Cattaneo esperta di biotecnologie applicate alla medicina umana e senatrice a
vita ha presieduto la presentazione di un progetto denominato “i Planta Action” di
cui è promotore il professore Bruno Mezzettti del Dipartimento scienze agrarie