Rapporto sull'andamento dei prezzi delle commodities agricole (1972 – 2011) Maggio 2011
Rapportosull'andamento deiprezzi dellecommodities agricole(1972 – 2011)
Maggio 2011
Rapporto sull'andamento dei prezzi delle commodities agricole
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L'ottovolante che sta sconvolgendo i prezzi delle materie prime agricole
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"L’ottovolante" che sta sconvolgendo
i prezzi delle commodities agricole mondiali
Roberto Fanfania e Luciano Gutierrezb
aDipartimento di Statistica, Università di Bologna, [email protected]
bDipartimento di Economia e Sistemi Arborei, Università di Sassari, [email protected]
Rapporto sull'andamento dei prezzi delle commodities agricole
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"L’ottovolante" che sta sconvolgendo
i prezzi delle commodities agricole mondiali*
Sommario
1. Introduzione
2. I precedenti dei prezzi e il loro andamento a livello mondiale (1972-2010).
2.1 Le politiche agricole, i mercati mondiali e la dinamica dei prezzi
2.2 L’andamento dei prezzi degli inputs in agricoltura
2.2.1 La dinamica dei prezzi dei mangimi : soia, mais e orzo
2.2.2 L'effetto sui prezzi dei fertilizzanti e carburanti
3. La complessità e le interrelazioni dei mercati mondiali
4. Le recenti turbolenze dei prezzi delle commodities: 2007-2011
4.1 Similarità e differenze fra il 2007-8 e il 2010-11
5. La grande variabilità dei prezzi dei singoli prodotti5.1 L’andamento dei prezzi dei cereali
5.2- L’andamento dei prezzi delle carni
6. Speculazione e mercati futures delle commodities agricole
7. Cause e le conseguenze delle oscillazioni dei prezzi: fra variabilità, volatilità ecambiamento dei prezzi relativi
8. I problemi sul tavolo
9. L’andamento dei prezzi dei principali prodotti dell’Unione europea (1997- 2011).
9.1 Le stime della commissione dal 1997 al 2009
9.2 L'attuale fase dei prezzi dei prodotti agricoli
9.3 La trasmissione dei prezzi nelle filiere agroalimentari.
Conclusioni
Bibliografia
*Si ringraziano i Dottori Valentina Aiello, Nica Claudia Calò e Gianluca Parodi per la preziosa
collaborazione.
L'ottovolante che sta sconvolgendo i prezzi delle materie prime agricole
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Premessa:
L’andamento dei prezzi delle principali commodities agricole sui mercati internazionali richiede
nuove e maggiori attenzioni in quanto consapevoli che l’ottovolante a cui si è assistito negli ultimi anni
si ripercuoterà più o meno direttamente in un “ottovolante” dei redditi delle aziende agricole, e
provocherà una maggiore aleatorietà delle scelte delle attività produttive di breve e lungo periodo.
Ciò renderà sempre più difficile l’attività degli imprenditori, determinando la necessità di un nuovo
salto di qualità verso la ricerca di una maggiore coesione, integrazione e organizzazione all’interno
delle singole filiere e dei territori. Allo stesso tempo, però, sarà necessario adottare nuovi strumenti
di politica agricola, che integrino interventi di mercato con quelli della competitività e coesione, e
pongano al centro della loro azione non solo il mantenimento e lo sviluppo dei redditi in agricoltura,
ma anche la loro variabilità e volatilità, senza dimenticare gli effetti ridistribuivi che questi possono
avere sia all’interno e fra le filiere, che a livello territoriale.
I prezzi agricoli, che avevano raggiunto un loro massimo sui mercati internazionali nel 2008, dopo un
altrettanto rapido tracollo verso la metà del 2009, hanno di nuovo ripreso ad aumentare per
raggiungere un nuovo picco nei primi mesi del 2011. Le due impennate dei prezzi così ravvicinate
hanno molte cose in comune, ma anche profonde differenze, sia per quanto riguarda i prodotti
interessati che per il loro andamento temporale. E’ quindi necessario comprendere queste differenze
e analogie per acquisire una maggiore conoscenza della dinamica dei prezzi dei prodotti agricoli e
alimentari sui mercati internazionali. Una maggiore conoscenza e comprensione è tanto più
necessaria per l’agricoltura italiana ed europea in un periodo in cui il sostegno della PAC è diventato
completamente “disaccoppiato” dal sostegno alla produzione e quindi le scelte degli agricoltori sono
più direttamente influenzate dagli andamenti dei prezzi internazionali, che si ricollegano a cause
strutturali e congiunturali, ma anche alle politiche di sostegno dell’agricoltura attuate dai singoli
Paesi e a livello internazionale.
Una conoscenza più approfondita e un monitoraggio continuo dell’andamento e della variabilità dei
prezzi delle materie prime, e di quelle agro-alimentari in particolare, sono tanto più necessari in
quanto è risultato sempre più evidente che le oscillazioni dei prezzi sono uno dei principali effetti del
processo di globalizzazione economica e sociale, che ha subito una forte accelerazione nel nuovo
millennio, in cui la complessità e le interrelazioni dei mercati delle diverse commodities agricole si
intrecciano con cambiamenti profondi dell’intera geografia economica mondiale e della domanda
globale di prodotti agricoli e alimentari. Tanto più che l’andamento dei mercati internazionali delle
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commodities agricole influisce sulle grandi tematiche dello sviluppo globale del pianeta, a cominciare
dai problemi della povertà, della fame e della malnutrizione, che sono spesso strettamente connessi,
a quelli di grande impatto sociale come la sicurezza alimentare e le migrazioni che interessano interi
Paesi, piccoli e grandi, anche fra quelli emergenti. Inoltre, sorgono contrasti sempre più stridenti
nell’utilizzazione alternativa delle risorse, come acqua e terra, fra agricoltura, industria e usi civili o
fra le zone rurali e urbane, mentre rinnovati impegni vengono richiesti nella salvaguardia del territori
e dell’ambiente, e nuove alternative stanno emergendo nell’utilizzazione delle produzioni a fini
alimentari o per la produzione di biocarburanti. In questo contesto globale in grande trasformazione,
occorre quindi conoscere, analizzare e comprendere questi cambiamenti e cogliere le opportunità
che possono contribuire a mantenere vitale e moderna l’agricoltura nel nostro Paese e in Europa, il
cui contributo potrebbe essere rivolto a raggiungere un obiettivo che si potrebbe sintetizzare, ma
non esaurirsi, nello slogan “better food for better world”, ovvero “una alimentazione migliore per un
mondo migliore”.
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1. Introduzione
La nuova impennata dei prezzi delle principali commodities agricole che dal 2010 si protrae fino ai
primi mesi del 2011, che segue a poca distanza quella verificatasi nel 2007-2008, sconvolge di nuovo i
mercati internazionali e suscita ancora una volta una forte apprensione. L’andamento così volatile (a
“gobba di cammello“ o di “w rovesciata”) dei prezzi degli ultimi anni ha interessato in modo
crescente le grandi Istituzioni internazionali, un gran numero di ricercatori, e il grande pubblico a
causa delle numerose conseguenze dei forti rialzi e della variabilità dei prezzi, che vanno ben oltre i
problemi dei mercati e dell’equilibrio fra domanda e offerta delle singole commodities, ma investono
anche, come abbiamo sottolineato, grandi temi come la lotta alla povertà, fame e malnutrizione, che
per tre quarti si concentrano proprio nelle zone rurali, e che influenzano la sicurezza alimentare, le
condizioni di vita e la stessa stabilità sociale di numerosi Paesi e aree geografiche.
Numerose sono le cause strutturali e congiunturali delle forti impennate dei prezzi degli ultimi anni e
la conseguente turbolenza e volatilità dei mercati delle commodities agricole. Esse si ricollegano in
particolare a fattori specifici del funzionamento degli stessi mercati agroalimentari e della loro
organizzazione, a iniziare dalle tendenze spesso divergenti fra domanda e offerta di prodotti agricoli
e alimentari, alle politiche agricole e commerciali dei principali Paesi esportatori e importatori, alle
politiche e alla gestione delle scorte, alla struttura e concentrazione dei traders dei diversi prodotti.
Inoltre, nuovi elementi fanno sentire i loro effetti, come l’utilizzazione alternativa delle risorse (terra
ed acqua in particolare), gli squilibri e disparità crescenti fra le zone rurali e quelle urbane,
soprattutto nei grandi Paesi emergenti e, più in generale, il cambiamento in atto dell’intera geografia
economica mondiale, iniziata in particolare dalla metà degli anni novanta e accentuatasi nel nuovo
millennio. Esaminiamo, seppur parzialmente, alcuni di questi aspetti, iniziando nel capitolo 2 da
alcune tendenze di fondo dei prezzi e dei mercati agroalimentari internazionali, per poi passare
all’andamento dei prezzi e dei mercati dei mezzi di produzione, e quindi un approfondimento delle
variazione dei prezzi delle singole commodities.
Nel secondo capitolo di questo lavoro si presenterà il quadro a livello mondiale relativo
all'andamento dei prezzi delle principali commodities e le politiche attuate. Nel capitolo successivo
verrà preso in esame il quadro delle complesse relazioni internazionali che influiscono
sull’andamento dei mercati, mentre il capitolo quarto si concentrerà su quali siano le differenze tra
lo shock sui prezzi delle commodities del 2007-2008 e quello più recente iniziato nell'estate del 2010.
Nel capitolo quinto si evidenzieranno le problematiche legate alla variabilità dei prezzi e al loro grado
di sincronizzazione, mentre nel capitolo sei si analizzerà il problema legato alla possibile presenza di
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speculazione finanziaria nei mercati agricoli e in particolare su quello dei futures. Negli ultimi due
capitoli ci si concentrerà sulle problematiche legate alla trasmissione dei prezzi lungo la filiera
agroalimentare, con riferimento particolare alle stime della Commissione europea, proprio per la
rilevanza che esse hanno per la nostra agricoltura e per gli operatori del settore, mentre nelle
conclusioni si cercherà di offrire un possibile quadro evolutivo dei prezzi nei prossimi anni.
2. I precedenti dei prezzi e il loro andamento a livello mondiale (1972-2010)
2.1 Le politiche agricole, i mercati mondiali e la dinamica dei prezzi
Nei decenni precedenti, per trovare un’ impennata dei prezzi delle commodities agricole altrettanto
rapida e forse più rilevante di quelle odierne, almeno in termini reali, bisogna risalire agli anni 1972-
1973, quando il forte rialzo fu seguito dal “primo” shock petrolifero e dall’instabilità monetaria e
finanziaria, con l’abbandono definitivo dei cambi fissi fra le principali monete e il dollaro, stabilito
nell’immediato dopoguerra a Bretton Woods. Questa impennata pose fine al tendenziale ribasso dei
prezzi agricoli sui mercati mondiali, iniziato dopo la seconda guerra mondiale. L’aumento dei prezzi
sui mercati internazionali riguardò il grano in particolare, che si trascinò dietro anche le altre
commodities agricole; i mercati erano allora largamente dominati dagli Stati Uniti, i principali
esportatori e importatori di derrate agricole. Il riassorbimento di quel grande aumento dei prezzi fu
graduale e durò quattro o cinque anni prima di riprendere il tendenziale trend al ribasso dei prezzi,
che si è protratto nei decenni successivi stabilizzandosi negli anni novanta, fino a subire un forte
scossone nell’ultimo decennio, prima con la forte impennata del 2007 e poi con quella più recente,
ancora in corso, che ha introdotto una forte variabilità e il cambiamento dei prezzi relativi fra le
singole commodities.
Un contributo non indifferente al riequilibrio fra domanda e offerta dei mercati mondiali venne negli
anni settanta dall’applicazione sempre più estesa della Politica agricola comunitaria (Pac) alle
principali produzioni agricole. Il sostegno dei prezzi agricoli, associato all’introduzione di mezzi tecnici
(meccanizzazione e soprattutto concimi) e alla riduzione tendenziale dei saggi di aumento dei
consumi alimentari, determinò, agli inizi degli anni ottanta, la creazione nell’Unione europea di
enormi eccedenze agricole (montagne di burro, latte in polvere e carne, assieme a fiumi di vino, e
distruzione di frutta), che diventarono sempre più costose per le finanze comunitarie, proprio per le
difficoltà nel collocarle sui mercati mondiali. Questo stimolo all’aumento della produzione agricola,
dopo diversi tentativi di riforma nel corso degli anni ottanta, fra cui l’introduzione delle quote per il
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latte, si esaurì con la riforma della Pac del 1992, che abbandonò, dopo trenta anni, il sostegno dei
prezzi, come strumento principale di politica agricola, per sostituirlo con il sostegno al reddito degli
agricoltori. L’Unione europea, anche per i suoi successivi allargamenti, è diventata e resta
protagonista dei mercati agricoli mondiali, sostituendo gli Stati Uniti, alla fine degli anni ottanta,
come primo importatore di beni agricoli (soia e alimenti per gli animali in particolare), e
successivamente, alla fine degli anni novanta, anche come principale esportatore, soprattutto di beni
alimentari trasformati. Non è un caso che i lunghi negoziati (1986-1994) dei commerci mondiali
all’interno del GATT, con l’Uruguay Round (oggi WTO), che per la prima volta avevano al primo posto
dell’agenda la liberalizzazione degli scambi agricoli e la riduzione del sostegno pubblico
all’agricoltura, si conclusero dopo un sostanziale accordo fra Stati Uniti e Unione europea.
Nel nuovo millennio la situazione dei mercati agroalimentari mondiali cambia nuovamente, per il
ruolo sempre più importante dei grandi Paesi emergenti, i cui saggi di sviluppo annui si mantengono
sostanzialmente più che doppi rispetto a quelli dei Paesi industrializzati, anche nella recente e grave
crisi finanziaria ed economica degli ultimi anni (2008-2011).
Figura1. Crescita annuale del GDP per persona occupata ( % ) fra Paesi emergenti e Economieavanzate
Fonte: The Economist, A special report on the world economy, How to grow. October 7th 2010)
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L’aumento dei redditi nei Paesi emergenti ed i processi di urbanizzazione hanno provocato sia un
forte aumento della domanda alimentare, sia la necessità di prestare maggiore attenzione alla
salvaguardia della loro agricoltura e allo sviluppo delle zone rurali, per contrastare un tipo di sviluppo
squilibrato, soprattutto fra zone urbane e zone rurali, e mantenere la coesione economica e sociale.
Queste problematiche hanno cominciato ad influenzare pesantemente l’andamento dei mercati
agroalimentari e, in particolare, i negoziati internazionali del WTO (a cui aderiscono oggi oltre 200
Paesi, fra cui la Cina dal 2001). Non è infatti un caso che i negoziati del “Millennium Round” del WTO,
iniziati a Cancun nel 2000, siano finiti su un binario morto, da cui ancora oggi non si riesce ad uscire, a
causa del disaccordo da parte dei grandi Paesi emergenti (India e Cina in testa) sulle clausole di
salvaguardia della loro agricoltura e sicurezza alimentare. La crisi della “governance” degli accordi
multilaterali viene sostituita sempre più frequentemente da accordi regionali o bilaterali, per la
gestione di grandi superfici con cui assicurarsi le materie prime e la sicurezza alimentare. Ne sono un
esempio i progetti degli ultimi anni della Cina con il Brasile e con diversi Paesi Africani per procurarsi
soprattutto soia destinata all’alimentazione animale e umana. La debolezza della “governance”
internazionale è stata confermata anche dalle più recenti iniziative del G20 (Aprile 2010 a Pittsburgh)
che avevano varato il “Global Agricultural and Food Security Programme.”, in gran parte rimasto sulla
carta.
In sintesi, il quadro oggi è piuttosto complesso e legato ai grandi cambiamenti della geografia
economica mondiale. Il processo di adattamento delle economie agli shock degli anni 2007-2008, che
sembrava avviato verso un lento ma progressivo riassorbimento, sembra oggi alquanto incerto, e
nuove impennate e preoccupazioni si intravedono all'orizzonte. Un modo per orientarsi è quello di
analizzare in modo sempre più approfondito le variabili in gioco e le loro interrelazioni, al fine di
trovare delle possibili strategie che consentano una migliore navigazione in un sistema
agroalimentare mondiale che mostra ampi segni di turbolenza.
2.2 L’andamento dei prezzi degli inputs in agricoltura
L’incremento dei prezzi degli inputs rappresenta un elemento importante, spesso trascurato, per
comprendere la redditività delle attività agricole, soprattutto in un periodo di forti aumenti e
variabilità dei prezzi. Infatti, l’impiego dei mezzi tecnici diventa man mano più importante quando
l’agricoltura si fa più intensiva e industrializzata. In Paesi avanzati come l’Unione europea a 27 Paesi il
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valore degli inputs rappresenta oltre un terzo del valore della produzione agricola, con un valore di
circa il 46% in Italia nel 2009 e valori più elevati in Francia e Germania. Inoltre, il valore degli inputs
cambia in modo significativo a seconda delle produzioni, con valori maggiori negli allevamenti
intensivi da latte e da carne, dove la voce principale è rappresentata dai mangimi, mentre valori
minori, rispetto a quello della produzione, si hanno nelle colture erbacee e cereali in particolare,
dove i costi maggiori riguardano i concimi e gli antiparassitari.
E’ quindi importante analizzare l’andamento complessivo degli inputs utilizzati in agricoltura
prendendo in considerazione alcune grandi categorie che , da un lato, si rifanno ai prezzi dei mangimi
e alle spese per gli allevamenti, che in gran parte derivano da produzioni agricole, e dall’altro, agli
inputs di origine chimica, come gran parte dei fertilizzanti e antiparassitari, che si aggiungono al costo
dell’impiego di energia (carburanti, elettricità,...) e che sono strettamente collegati all’andamento dei
prezzi petroliferi e del gas. Nelle pagine seguenti faremo quindi riferimento, da un lato, alla dinamica
dei prezzi dei mangimi, e in particolare di soia, mais e orzo, e dall’altro, alla dinamica dei prezzi dei
fertilizzanti e carburanti. I dati utilizzati in questa breve analisi riguardano l’ultimo decennio con i
numeri indici espressi con base 2000=100, mentre la fonte è il Fondo Monetario Internazionale e i
prezzi sono espressi in dollari.
2.2.1 La dinamica dei prezzi dei mangimi: soia, mais e orzo
E' stato da più parti affermato che l'incremento del reddito nei Paesi del sud-est asiatico, in
particolare India e Cina, sia la principale causa del forte aumento dei prezzi degli input di origine
agricola, in particolare dei prezzi dei mangimi (Von Braun, 2008). Se ci sono profonde ragioni per
affermare questa tesi, è possibile che non basti tuttavia a spiegare tutto il fenomeno. Nella Figura 2 è
possibile osservare l’andamento dei prezzi di mais, orzo e soia. E' evidente il forte incremento dei
prezzi a partire dal 2007, con il picco nell'aprile-giugno 2008, e il repentino arretramento nei mesi
successivi. A partire dall'agosto 2010, i prezzi di mais e soia evidenziano una nuova fase ascendente
che dovrebbe aver raggiunto i massimi tra febbraio e marzo del 2011. Se è possibile pensare che
l'incremento di domanda soprattutto di soia, ma anche di mais, da parte della Cina abbia svolto un
ruolo importante nell'indurre tali dinamiche dei prezzi, e' improbabile che ciò possa spiegare l'intero
fenomeno. L'incremento di reddito e il conseguente cambiamento di dieta, cioè il passaggio da una
dieta principalmente costituita da prodotti cerealicoli ad una dieta con più contenuti proteici come la
carne e il latte, nei Paesi asiatici può, infatti, aver svolto solo un ruolo, seppur importante, nel
determinarne questa dinamica. L’effetto reddito, infatti, esercita generalmente una pressione sui
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prezzi solo nel lungo periodo, mentre nel breve periodo è improbabile che sia alla base del forte
incremento di volatilità evidenziato dai prezzi degli ultimi anni. Tra il giugno 2007 e il mese di aprile
2008, i prezzi sono aumentati a tassi del 31% per l'orzo, dell'82% per la soia e del 75% per il mais. Nel
biennio successivo, le quotazioni si sono ridotte mediamente del 41%, ma nel corso dell’ultimo
semestre del 2010 e nei primi mesi del 2011 i prezzi delle materie prime agricole più collegate ai
mangimi hanno ripreso ad aumentare.
Oggi, rispetto al mese di luglio 2010, le quotazioni in dollari del mais sono superiori del 61%, quelle
della soia registrano un +37% e le quotazioni dell’orzo mostrano un rimbalzo del 25%. Il valore
dell’indice fornito dal FMI è ritornato a quasi tre volte rispetto al valore del 2000, in particolare
quello di mais e soia. L’andamento dell’indice dei mangimi, considerando quello del mais, soia e orzo,
è stato molto sincronizzato nelle diverse fasi dell’ultimo decennio e in particolare negli spettacolari
aumenti degli ultimi anni dal 2007 al 2011, come è possibile osservare dalla Figura 2. Come vedremo
successivamente, l’aumento dei prezzi dei mangimi esercita una forte pressione sui prezzi e sui
redditi degli allevamenti, e in particolare su quelli delle carni avicole, le cui produzioni si sono
sviluppate con allevamenti intensivi di maggiore dimensione.
E’ quindi probabile che l’incremento del reddito in Cina e India abbia avuto un impatto sulle
quotazioni delle materie prime di origine agricola, ma le forti fluttuazioni dei prezzi non consentono
di poter affermare che tutto il fenomeno sia da ricondurre ad un semplice shock da domanda, tanto
più che si è ripetuto due volte negli ultimi cinque anni. Occorre tener conto, soprattutto nel breve
periodo, di altri fattori, come vedremo successivamente. E’ tuttavia altrettanto probabile che la
maggiore domanda dei Paesi asiatici continui ad esercitare effetti sui prezzi delle materie prime,
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soprattutto nel lungo periodo, laddove la produzione agricola mondiale non segua il ritmo di crescita
della domanda e/o continui a mostrare forti disuguaglianze nella sua distribuzione globale.
2.2.2 La dinamica dei prezzi dei fertilizzanti e carburanti
Le coltivazioni erbacee e arboree sono legate alle fluttuazioni del prezzo del petrolio, soprattutto dal
lato dell'offerta, in quanto sia i fertilizzanti che i carburanti rappresentano una importante quota dei
costi totali di produzione del settore agricolo. La produzione di azoto artificiale richiede infatti un
intenso uso di derivati petroliferi. Non vi è quindi da stupirsi se il prezzo dell'azoto (urea) abbia
seguito da vicino la dinamica dei prezzi del petrolio, sia durante lo shock del 2007-2008, che
nell'attuale fase di nuovo incremento dei prezzi dei prodotti energetici (si veda la Figura 3). I fosfati
ed il potassio sono invece dei prodotti dell'industria mineraria, per cui sono meno legati alla dinamica
dei prezzi dei prodotti energetici, mentre mostrano una maggiore correlazione con i prezzi degli altri
prodotti minerari. A questo proposito, e' interessante notare come la dinamica dei prezzi dei fosfati e
del potassio sia risultata in questi ultimi anni molto superiore rispetto al principale indicatore dei
prodotti energetici, cioè il prezzo del petrolio. A fronte di un incremento medio del barile di petrolio
(espresso in dollari) del 36% nel periodo 2007-2008, il prezzo del potassio è aumentato del 122% e
quello dei fosfati del 300% (entrambi gli incrementi si riferiscono ai prezzi espressi in dollari). Un
incremento molto più vicino a quello del petrolio si nota invece, e come atteso, per l'urea (+53%). Le
cause del più consistente aumento dei prezzi dei fertilizzanti di derivazione mineraria sono da
ricercarsi nel minor tasso di capacità produttiva che ha caratterizzato tale industria, soprattutto nel
periodo 2007-2008. Inoltre, una maggiore domanda del comparto agricolo di fertilizzanti e
carburanti, indotta da aspettative dei prezzi dell’output crescenti, può creare, soprattutto nel breve
periodo e in presenza di restrizioni dal lato dell'offerta, ulteriori incrementi dei prezzi delle materie
prime.
Nonostante le ampie fluttuazioni dei costi delle materie prime, nella recente letteratura economica si
notano solo alcuni lavori che individuano nell'incremento dei prezzi dei fertilizzanti e dei carburanti
una delle principali cause delle forti fluttuazioni dei prezzi delle commodities agricole. Uno di questi è
il lavoro di Mitchell (2008a), in cui si calcola che l'impatto dell'incremento delle due componenti di
costo, fertilizzanti e carburanti, sui costi delle produzioni agricole negli Stati Uniti può essere stimato
intorno al 15%. In particolare, Mitchell (2008a) ha stimato che nel 2007 l'incremento dei prezzi dei
fertilizzanti e dei carburanti abbia portato ad un incremento dei costi per la produzione della soia del
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16%, per il frumento del 27% e per il mais del 34%.
Le relazioni fra variazioni dei prezzi degli inputs e quelli dei prodotti presenta degli aspetti di non
semplice identificazione e valutazione; quello che però emerge è che i costi dei fertilizzanti e
carburanti sono in gran parte legati all’andamento di fattori esterni all’agricoltura, come il petrolio,
gas e prodotti minerari; mentre l’andamento dei prezzi dei mangimi sono strettamente determinati
dall’andamento dei prezzi delle commodities agricole, come nel caso evidente della soia e del mais,
che però nell’ultimo decennio sono sempre più stati influenzati dalle politiche di sostegno per
l’utilizzazione di queste produzioni a fini energetici e non alimentari. In ogni caso, l’incremento dei
diversi tipi di fertilizzanti nel picco del 2007-2008 è stato molto superiore a quello già elevato del
prezzo del petrolio, come si vede chiaramente nella figura 3.
3. La complessità e le interrelazioni dei mercati mondiali
L’aumento del commercio internazionale dei prodotti agroalimentari, che ha superato i 1100 miliardi
di dollari nel 2008, secondo il recente Statistical Yearbook della FAO (2010), oltre ad essere
caratterizzato oggi da una “multipolarità” dei principali protagonisti, si ricollega, da un lato, ai grandi
processi di specializzazione e concentrazione della produzione agricola e, dall’altro, in modo più
accentuato, all'incremento nel commercio dei prodotti alimentari trasformati che sono diventati oggi
la parte maggioritaria degli scambi agroalimentari mondiali. Allo stesso tempo, però, un’influenza
rilevante sull’andamento dei prezzi è da imputare ai cambiamenti profondi della domanda dovuti alle
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crescenti richieste da parte dei Paesi sviluppati e soprattutto di quelli emergenti, legate all’aumento
del reddito disponibile e alla crescita delle zone urbane, che proprio negli ultimi anni hanno superato
quelle rurali in termini di popolazione residente del pianeta.
Inoltre, occorre sottolineare che la situazione delle singole commodities agricole sui mercati
internazionali si differenzia notevolmente da prodotto a prodotto, a cominciare dai cereali (grano,
mais e riso), ma anche della soia, senza dimenticare lo zucchero e il cotone.
Nonostante il grande aumento dei commerci internazionali, la quantità delle commodities agricole
scambiate rappresenta la “punta di un iceberg” rispetto al valore complessivo della produzione
agricola e dei consumi alimentari a livello mondiale (Fanfani, 2009b). Viene infatti scambiata una
quota che, a seconda della commodities, varia dal 5% al 30% della produzione mondiale, con valori
crescenti del riso (6%), del mais (10%) del grano (17% - il principale cereale commercializzato), della
soia e dello zucchero (30%). Molto più rilevante è invece la produzione commercializzata dei prodotti
tropicali (caffe 80%, tè 40%), la cui produzione è molto più concentrata mentre il consumo interessa
una vasta parte della popolazione mondiale. Da sottolineare, inoltre, che, per soddisfare i crescenti
consumi alimentari della popolazione mondiale, gli scambi hanno riguardato sempre di più, come
abbiamo detto, i prodotti alimentari trasformati rispetto alle materie prime agricole.
Negli ultimi anni, inoltre, grazie alle analisi effettuate dalle grandi Istituzioni internazionali (FAO,
OECD, Banca Mondiale) e da numerosi ricercatori, per comprendere le cause e gli effetti del forte
aumento dei prezzi del 2007 sono state evidenziate le numerose interrelazioni esistenti fra le cause
congiunturali e quelle strutturali, sia dal lato della domanda che dell’offerta. Ciò ha determinato non
solo un andamento spesso diverso dei prezzi delle singole commodities agroalimentari, ma anche
l’aumento della loro variabilità e dei prezzi relativi fra le singole commodities. Il più recente aumento
dei prezzi del 2010 sembra, invece, avvenire in un contesto di maggiore sincronia fra i diversi
prodotti, forse per il prevalere di effetti più omogenei dovuti alla grave crisi finanziaria ed economica
mondiale degli ultimi anni, ed al maggiore interesse degli investitori verso questi mercati, ma anche
alla maggiore attenzione alle esigenze interne dei Paesi emergenti e in via di sviluppo.
4. Le recenti turbolenze dei prezzi delle commodities: 2007-2011
4.1 Similarità e differenze fra il 2007-08 e il 2010-11
Come abbiamo visto, l’aumento dei prezzi delle principali commodities agricole sui mercati
internazionali, a partire dalla seconda metà del 2007, è stato molto rapido ed ha raggiunto un
massimo nella prima parte del 2008, per ridursi in modo altrettanto rapido e stabilizzarsi solo nella
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prima metà del 2009 e quindi riprendere di nuovo l’ascesa nella seconda metà del 2010. Nel mese di
aprile del 2011, i prezzi dell'aggregato “Food” della FAO indicano un aumento dello 0,48% rispetto al
mese precedente ma una diminuzione del 2,3% rispetto al mese di febbraio. Il nuovo e più recente
boom dei prezzi del 2010-11, ha interessato in modo diverso i singoli prodotti. Infatti, un ruolo
particolare è stato giocato dal prezzo dello zucchero, che ha superato di ben tre volte il livello del
2002-4, già nei primi mesi del 2010 (l’indice FAO dello zucchero era pari a 320), per poi ripiegare
sotto quota 200 a metà 2010, e quindi registrare una nuova impennata che ha portato i prezzi a
raggiungere un nuovo massimo (l’indice ha superato i 360) nei primi mesi del 2011 per poi crollare a
306 ad aprile. L’enorme variabilità dei prezzi dello zucchero è stata tale da condizionare la dinamica
dell’indice generale FAO ed è da collegarsi alle limitazioni imposte dall’India alle sue esportazioni per
garantire il consumo interno. I prezzi dei prodotti lattiero caseari hanno cominciato ad aumentare
prima degli altri comparti, già a partire dalla seconda metà del 2009, per poi continuare a crescere
leggermente nel 2010 ed arrivare a superare il valore dell’indice di 200 nei primi mesi del 2011, un
livello però inferiore a quello massimo fatto registrare nel 2007. Un aumento rilevante e rapido si è
avuto nei prezzi degli oli che nei primi mesi del 2011 avevano superato il massimo precedente,
sfiorando il valore di 250 dell’indice FAO. Inoltre, a questi aumenti, con un pò di ritardo si sono
aggiunti anche quelli dei cereali, dovuti soprattutto agli scarsi raccolti di grano nel 2010 indotti, in
particolar modo, dalla siccità nei Paesi che si affacciano sul Mar Baltico, dagli incendi che hanno
colpito la Russia e dalla siccità in Cina. Anche in questo caso hanno giocato un ruolo rilevante i limiti e
i contingenti delle esportazioni applicati in Russia e Argentina in particolare. L’effetto è stato tale da
riportare i prezzi dei cereali sui valori massimi della impennata precedente, però con una riduzione
per quanto riguarda il riso, alla cui consistente domanda ha fatto riscontro un forte aumento della
produzione stimolata dagli elevati prezzi raggiunti in precedenza. Per quanto riguarda i prezzi delle
carni si è manifestata, per la prima volta, una loro tendenziale ripresa, anche se ancora contenuta e
comunque inferiore a quella degli altri comparti
La possibile inversione di tendenza, che consentirebbe quindi di visualizzare la "seconda gobba del
cammello", è attualmente confermata dai prezzi futures delle principali commodities, in particolare il
grano, che mostrano ulteriori arretramenti delle quotazioni rispetto a quelli già denunciati nel mese
di marzo. Nel primo trimestre del 2011 è probabile quindi che i prezzi abbiano raggiunto il loro nuovo
massimo, simile a quello precedente, e nei prossimi mesi si assista ad una loro riduzione.
L’intrecciarsi di fattori strutturali e congiunturali hanno portato anche ad una forte variabilità dei
prezzi agricoli a livello mondiale, ma con forti differenze fra i grandi comparti (carni, lattiero-caseari,
cereali, oli) e soprattutto fra prodotto e prodotto, come ad esempio fra i diversi cereali (grano, mais,
L'ottovolante che sta sconvolgendo i prezzi delle materie prime agricole
17
riso) o fra i diversi tipi di carni (bovine, suine, pollame). Le variazioni sono state talmente profonde da
cambiare i prezzi relativi, e con essi i termini di convenienza fra le produzioni e i comparti che
caratterizzano il sistema agroalimentare mondiale.
Per approfondire a grandi linee le differenze e le similarità degli andamenti dei prezzi nel periodo
2007-2011 è utile fare riferimento all’Indice generale dei prezzi della FAO, che utilizza una
metodologia uniforme di rilevazione, e che pone pari a 100 la media del triennio 2002-2004. l’Indice
generale è rimasto più o meno stabile durante tutti gli anni novanta, ha cominciato ad aumentare in
modo graduale dai primi anni del nuovo millennio fino alla metà del 2007, per poi esplodere e
raggiungere un massimo di oltre 175 fra maggio-luglio 2008, e quindi scendere successivamente, in
modo rapido, a un minimo sotto i 130 all’inizio del 2009, a un livello simile a quello del 2007. E’
seguita una fase di crescita dei prezzi che, nella seconda metà del 2010, ha subito una nuova
impennata riportando l’indice generale dei prezzi della FAO ad un nuovo record di oltre 208 nel
febbraio 2011, superando quindi il massimo raggiunto nel 2008. Nel mese di marzo 2011, l'indice
presenta, come già detto, una leggera flessione.
Figura 4: FAO: Indice Prezzi Food, 1990-2011
(2002-2004=100)
80,0
100,0
120,0
140,0
160,0
180,0
200,0
220,0
1/1990 1/1993 1/1996 1/1999 1/2002 1/2005 1/2008 1/2011
Si sta quindi delineando, negli ultimi anni, un andamento dei prezzi delle commodities agricole "a
gobba di cammello" (o W rovesciata) che viene analizzata spesso a livello aggregato, per la sua
influenza su variabili economiche aggregate come l’inflazione, o sul costo dell’alimentazione, che in
molti Paesi ha un peso rilevantissimo su vasti strati della popolazione e quindi influiscono sulla
stabilità sociale, innescando proteste e recriminazioni che recentemente sono diventate più evidenti
all’interno dei Paesi del Nord Africa, ma che si erano già verificate anche nel 2007-2008 in altri Paesi
come Argentina, Indonesia e India.
Rapporto sull'andamento dei prezzi delle commodities agricole
18
L’andamento generale dei prezzi FAO nasconde però, come già detto, un andamento molto diverso
fra i singoli prodotti, che hanno portato ad un cambiamento profondo dei prezzi relativi. Infatti,
l’ascesa dei prezzi fino a metà del 2008 (la prima gobba), è stata trainata dai prezzi dei cereali (grano
e riso in particolare), degli oli e grassi (soia e oli vegetali), mentre i prodotti lattiero caseari avevano
subito un forte aumento in precedenza. Non hanno invece partecipato a questa forte crescita dei
prezzi il comparto delle carni, rimasti a livelli più o meno stabili, mentre quelli dello zucchero si sono
attestati su livelli intermedi. Il rapido declino dei prezzi dall’inizio del 2008 fino alla metà del 2009 è
stato, invece, particolarmente rilevante per gli oli e grassi, crollati da un valore massimo dell’indice
FAO di oltre 225 ad un minimo di 130 nei primi mesi del 2009, mentre i prodotti lattiero-caseari sono
drasticamente crollati, di oltre la metà. La discesa dei prezzi dei cereali è stata invece consistente, ma
si è stabilizzata su valori intermedi per effetto principale delle quotazioni elevate del riso, rispetto a
quelle del grano e del mais.
E' possibile, tuttavia, che in diversi comparti gli incrementi di prezzo degli inputs siano stati solo
parzialmente trasferiti a valle o che abbiano compresso i redditi di questi settori. Per quanto riguarda
alcuni prodotti, ad esempio quello della carne che ha visto i prezzi aumentare meno che negli altri
settori, è utile ricordare che il costo dei mangimi, che come abbiamo visto è stato rilevante, è solo
una componente del costo totale della produzione. In questo caso, il grado con cui l'incremento dei
costi si scaricherà sui prezzi a valle dipenderà anche dal peso che i diversi inputs hanno sul costo
totale di produzione.
Nella seconda metà 2009 si è assistito, come abbiamo già commentato, ad una nuova impennata dei
prezzi delle principali commodities agricole, ma l’aumento ha riguardato però prodotti diversi
rispetto al 2007-2008. In particolare, il prezzo dello zucchero ha raggiunto un valore di tre volte
superiore a quello del 2002-04, seguito solo in parte dall’aumento anche dei prezzi dei prodotti
lattiero caseari. La nuova impennata si caratterizza, inoltre, per il forte aumento degli oli (soia in
particolare), mentre più recentemente anche i cereali, dopo gli scarsi raccolti del 2010 (soprattutto di
grano per la siccità, incendi in Russia, e la siccità in Cina) hanno ripreso ad aumentare. L’andamento
differenziato dei singoli prodotti e la maggiore variabilità dei prezzi delle commodities agricole negli
ultimi anni è riportato nelle figure e nei dati delle tabelle seguenti.
L'ottovolante che sta sconvolgendo i prezzi delle materie prime agricole
19
Figura 5. Indici prezzi FAO: Food
1990=100
0
50
100
150
200
250
300
350
1/1990 1/1992 1/1994 1/1996 1/1998 1/2000 1/2002 1/2004 1/2006 1/2008 1/2010
Meat Price Index Dairy Price Index Cereals Price Index Oils Price Index Sugar Price Index
Carni
Latte e derivati
Oli
CerealiZucchero
Figura 6. Indici prezzi FAO: Food.
2002-2004=100
0
50
100
150
200
250
300
350
1/1990 1/1993 1/1996 1/1999 1/2002 1/2005 1/2008 1/2011
Meat Price Index Dairy Price Index Cereals Price Index Oils Price Index Sugar Price Index
Zucchero
OliLatte e derivati
Carni
Cereali
Rapporto sull'andamento dei prezzi delle commodities agricole
20
Figura 6.1. Indici prezzi FAO: Meat-Dairy
2002-2004=100
0,0
50,0
100,0
150,0
200,0
250,0
1/1990 1/1992 1/1994 1/1996 1/1998 1/2000 1/2002 1/2004 1/2006 1/2008 1/2010
Meat Price Index Dairy Price Index
Figura 6.2. indici prezzi FAO: Cereals-Oils-Sugar
2002-2004=100
0,0
50,0
100,0
150,0
200,0
250,0
300,0
350,0
400,0
1/1990 1/1992 1/1994 1/1996 1/1998 1/2000 1/2002 1/2004 1/2006 1/2008 1/2010
Cereals Price Index Oils Price Index Sugar Price Index
L'ottovolante che sta sconvolgendo i prezzi delle materie prime agricole
21
Tabella 1. FAO: Dinamica dei Prezzi annuali reali del Food (indici 2002-2004=100)
Anni Prezzi Food Prezzi Carne Prezzi Latte PrezziCereali
Prezzi Oli PrezziZucchero
1990 108,1 131,4 74,9 97,7 74,0 178,3
1991 101,6 122,9 78,1 95,1 77,6 124,8
1992 100,9 113,6 90,1 96,7 79,6 121,4
1993 98,9 113,0 79,3 93,3 80,6 133,4
1994 101,2 107,3 74,5 94,6 102,7 155,6
1995 104,2 98,1 93,7 102,1 106,9 161,2
1996 111,6 102,6 98,4 126,6 100,0 152,6
1997 109,8 105,6 101,6 108,3 108,8 156,0
1998 104,2 94,0 99,6 100,3 130,5 127,2
1999 91,9 95,2 87,0 91,0 92,3 89,7
2000 92,2 96,7 98,3 87,1 69,9 119,5
2001 97,9 99,4 113,6 91,5 71,7 130,1
2002 96,9 97,1 88,4 101,6 93,5 105,1
2003 98,3 98,6 95,1 98,0 100,8 100,5
2004 104,2 103,8 114,7 100,4 104,9 95,1
2005 107,3 105,4 126,6 96,7 96,9 131,2
2006 112,7 98,2 117,8 111,8 103,1 192,9
2007 135,5 98,5 186,7 146,7 148,7 125,7
2008 157,3 105,7 180,9 196,0 185,7 149,6
2009 130,3 101,2 121,7 149,4 129,0 221,3
2010 153,0 115,2 171,2 156,0 164,8 258,0
2011 gen. 202.9 145.7 194.6 215.4 244.3 369.6
2011 feb. 208.3 147.7 202.4 227.5 245.7 367.9
2011 mar. 203,2 151,6 206,1 221,0 228,6 327,5
2011 apr 204,1 152,0 201,2 233,2 227,9 305,9
5. La grande variabilità dei prezzi dei singoli prodotti
L’indice Fao dei diversi comparti nasconde come abbiamo detto differenti dinamiche al suo interno.
Le differenze sono ancora più ampie fra i singoli prodotti, come si può semplicemente verificare per
quanto riguarda i prezzi dei cereali, considerando grano, mais e riso che caratterizzano
l’alimentazione di vaste aree del mondo; oppure analizzando l’andamento dei prezzi dei diversi tipi di
carne, bovina, ovina e suina, che hanno anch’essi un ruolo diverso nell’alimentazione dei diversi
Paesi.
5.1 L’andamento dei prezzi dei cereali
Le differenze nell’andamento dei prezzi sui mercati internazionali sono ancora maggiori se
considerate per singoli prodotti. Questo emerge con chiarezza prendendo come esempio i cereali,
Rapporto sull'andamento dei prezzi delle commodities agricole
22
che rappresentano la principale commodities dei commerci internazionali di prodotti agricoli, e le
carni, che costituiscono una delle principali componenti dei consumi alimentari delle famiglie.
I prezzi dei diversi cereali (grano, mais e riso) fanno riferimento alle varietà più commercializzate sui
principali mercati internazionali: per il grano queste varietà sono: US n.2 Hard Red Winter proteine
ordinarie (f.o.b. Golfo), Argentina Trigo Pan; per il Mais: US n. 2 Yellow (f.o.b. Golfo) e Argentina (Up
River, f.o.b.); per il riso (Tai 100B, f.o.b. Bankog).
Nel corso del 2007 fra i cereali è stato il prezzo del grano, come abbiamo detto, a guidare l’aumento
delle quotazioni, raggiungendo un massimo di quasi 500 dollari per ton. nel mese di marzo 2008. I
prezzi del grano sono stati però anche i primi a scendere, per ridursi e poi oscillare da ottobre 2008
fino alla metà del 2009 attorno ai 250-260 dollari per ton., diminuendo ulteriormente nel mese di
luglio 2009 a circa 230 dollari per ton. e quindi scendere ancora sino al giugno 2010 a un minimo di
poco più di 209 dollari per ton. E' da giugno 2010 che i prezzi del grano hanno ripreso una nuova
spinta al rialzo sino a raggiungere nel mese di febbraio 2011 il valore di 361 dollari per ton. Nei mesi
di marzo ed aprile 2011, le quotazioni sono in leggera flessione ma si mantengono al di sopra dei 350
dollari per ton (si veda la Figura 6.1).
L’andamento dei prezzi del mais è stato, invece, molto meno marcato e più lento: il valore massimo
di 280 dollari per ton. è stato raggiunto nel giugno 2008, scendendo poi a un minimo nel dicembre
2008 e oscillando successivamente fra i 160 e i 180 dollari, per calare ancora attorno ai 150 dollari
per ton. nel luglio-settembre 2009. Nel periodo ottobre 2009 - luglio 2010 hanno continuato ad
oscillare intorno a questi ultimi valori ma dall'agosto 2010 hanno iniziato una nuova ascesa,
raggiungendo un nuovo massimo di 309 dollari per ton. nell'aprile 2011. Anche l’indice dei prezzi del
sorgo ha seguito in questi ultimi anni un andamento molto simile a quello del mais.
Il riso, invece, ha fatto registrare l’aumento di prezzo più spettacolare, triplicando in un solo anno da
poco più di 300 dollari a ton. nel 2007, a un massimo di oltre 950 dollari nel maggio 2008, scendendo
e attestandosi poi su valori attorno ai 600 dollari per tutto il 2009. Il prezzo del riso rimane quindi
ancora superiore di oltre il 75% rispetto a quello di due anni fa, mentre grano e mais sono tornati su
livelli simili a quelli del 2007. Il prezzo del riso è risultato, ad agosto 2009, circa il 40% inferiore
rispetto al picco massimo raggiunto in precedenza, mentre i prezzi del grano e del mais sono
diminuiti rispettivamente del 53% e 47% dai rispettivi picchi.
Nel corso degli ultimi anni, quindi, il mercato internazionale dei cereali ha visto un aumento relativo
di gran lunga superiore per il riso, il cui prezzo a metà 2009 risultava più che doppio rispetto a quello
L'ottovolante che sta sconvolgendo i prezzi delle materie prime agricole
23
del grano, mentre il mais resta su valori inferiori di quasi il 50% sempre rispetto a quello del grano.
Dalla metà del 2009 i prezzi dei cereali hanno continuato a diminuire in modo più o meno analogo fra
riso, grano e mais fino alla metà del 2010, quando il nuovo aumento ha riguardato in modo
particolare il grano, che è passato da circa 200 a un massimo di oltre 350 dollari a tonnellata nei
primi mesi del 2011. Andamento simile hanno avuto il mais e il sorgo, ma con livelli leggermente
inferiori a quelli del grano. Un andamento più contenuto si è avuto per il riso che, dopo un massimo
raggiunto nei mesi finali del 2010, ha successivamente fatto registrare una netta inversione. Fra i
cereali quindi la più recente impennata dei prezzi è stata guidata dal grano e mais, mentre quella
precedente era stata spinta in particolare dal riso. L’andamento più recente dei prezzi dei cereali
vede quindi un ravvicinamento anche dei prezzi relativi di questi prodotti a favore in particolare del
grano.
Figura 6.1. FAO: differenze nell’indice dei prezzi fra diversi cereali,
Giugno 2009- Aprile 2011.
Fonte: FAO, International Commodities Prices (2011)
Rapporto sull'andamento dei prezzi delle commodities agricole
24
Tabella 2. Prezzi internazionali all’esportazione di alcuni cereali 2010-2011- (Dollari USA per
tonnellata)
2010 2011
Mag. Giu. Lug. Ago. Sep. Oct. Nov. Dic. Gen. Feb. Mar. Apr.
Stati Uniti
Grano 1 196 183 205 268 304 290 292 320 340 362 332 353
Mais 2163 154 158 172 198 231 238 248 263 287 292 309
Argentina 3
Grano 244 209 209 275 294 297 296 299 317 347 348 348
Mais 170 164 168 195 226 244 248 256 273 288 290 302
Tailandia 4
Riso bianco 5478 474 466 472 499 509 541 564 542 554 524 508
1No.2 Hard Red Winter (Ordinary Protein) f.o.b. Gulf.
2No.2 Yellow, Gulf
3Up river, f.o.b.
4Indicative
traded prices.5
Tai 100% second grade, f.o.b. Bangkok. Fonte: FAO, International Commodities Prices .
5.2 L’andamento dei prezzi delle carni
Anche per i diversi tipi di carni l’andamento dei prezzi è stato molto differenziato, pur con livelli
complessivi di aumento molto più bassi di quelli dei cereali. Gli incrementi maggiori hanno riguardato
in modo particolare i prezzi delle carni avicole dove l’indice FAO si è assestato ad un livello pari a 175,
si veda la Figura 6.2. Incrementi molto minori si sono verificati per le carni bovine, che hanno
raggiunto un massimo di 145 nei mesi di luglio-agosto 2008 per poi ridursi progressivamente fino a
valori di 135 nei primi mesi del 2011. Un andamento molto simile si può notare anche per le carni
suine, anche se con tassi di crescita lievemente inferiori rispetto alle carni bovine.
L’andamento dei prezzi delle carni vede quindi una maggiore pressione sulle carni avicole, che trova
una spiegazione sia nella maggiore domanda, proveniente soprattutto dai Paesi asiatici, ma anche
nella maggiore incidenza che sulle produzioni avicole hanno i costi dei mangimi. L’aumento dei costi
di produzione, soprattutto negli allevamenti intesivi come quelli avicoli, è infatti legato
all’andamento dei prezzi del mais e della soia che, come abbiamo visto in precedenza, hanno influito
in modo rilevante sulle due recenti impennate dei mercati agricoli internazionali.
L’andamento simile dei prezzi delle carni suine e di quelle bovine, ma con livelli molto più bassi
rispetto alle carni avicole, nasconde però una situazione diversa sulla loro redditività. Infatti, le carni
suine, rispetto a quelle bovine, sono in genere prodotte in allevamenti intesivi che impiegano
maggiori quantità di mangimi, e quindi con maggiori aggravi dei costi di produzione, proprio per le
recenti impennate dei prezzi di mais e soia che costituiscono i componenti principali dei mangimi per
l’alimentazione animale .
Il combinarsi delle pressioni, sia dal lato della domanda che da quello dei costi di produzione, stanno
quindi determinando un forte cambiamento dei prezzi relativi delle principali produzioni di carne a
L'ottovolante che sta sconvolgendo i prezzi delle materie prime agricole
25
favore delle produzioni avicole, ma anche della loro redditività per la diversa influenza che hanno i
costi di produzione per le carni suine e bovine.
Figura 6.2 FAO: differenze nell’indice dei prezzi fra diversi tipi di carne,
2000- Gennaio 2011. Indici 2002-2004=100
Fonte: FAO, International Commodities Prices (2011)
5.3 Alcune cause della variabilità recente dei prezzi della commodities
L’andamento così complesso dei prezzi dei singoli prodotti agricoli e alimentari sui mercati mondiali
ha cause strutturali e congiunturali diverse, che si possono riallacciare a fattori della domanda o
dell’offerta dei singoli prodotti, oppure a politiche commerciali ed interne attuate dai principali Paesi
produttori, consumatori o esportatori. Analizzare queste cause diventa quindi sempre più difficile,
ma resta comunque importante per comprendere gli andamenti e i cambiamenti dei prezzi e di quelli
relativi fra i diversi prodotti alimentari e la loro persistenza nel tempo. Alcuni brevi esempi delle
ragioni che stanno alla base della variazione dei prezzi dei singoli prodotti possono aiutare a
comprendere quanto complessa e interconnessa sia la situazione dei mercati internazionali dei
prodotti agroalimentari a cui bisogna fare riferimento.
Rapporto sull'andamento dei prezzi delle commodities agricole
26
La riduzione dei prezzi dei cereali, dopo il picco nella prima metà del 2008, è stata in larga parte
determinata dalle buone produzioni e dei raccolti nel 2008 che si sono ripetuti, seppur in misura
inferiore, anche nel 2009. Per il grano la produzione mondiale ha raggiunto un livello record,
consentendo di ricostituire le scorte disponibili, che erano scese a livelli minimi negli anni precedenti.
I problemi climatici nell'estate del 2010, soprattutto in Russia e nei Paesi che si affacciano nel Mar
Baltico, hanno innescato una nuova fase di incremento dei prezzi dei cerali.
Il perdurare di prezzi più alti del riso, invece, ha origini diverse, che sono da ricollegare al persistere di
una domanda complessiva sostenuta, soprattutto nei grandi Paesi asiatici come Cina e India, ma
anche dalle politiche di limitazione delle esportazioni per assicurare la sicurezza alimentare delle
popolazioni attuate da questi Paesi, e specialmente della Tailandia, principale esportatore mondiale
di riso. Dopo una ripresa delle quotazioni in coincidenza con il forte incremento dei prezzi del grano,
le quotazioni del riso nel primo trimestre del 2011 stanno diminuendo (si veda la Figura precedente).
Gli aumenti recenti dei prezzi della soia, nella prima metà del 2009, sono dovuti alle difficoltà e alla
riduzione dei raccolti previsti nelle maggiori aree di produzione dell’America Latina (Brasile e
Argentina), mentre la domanda è in forte ascesa per le sempre maggiori importazioni di semi di soia
provenienti dalla Cina, impiegate sia per la trasformazione per l’alimentazione umana, sia come
mangimi per gli allevamenti. La Cina, dopo l’ingresso nel WTO nel 2001, ha aumentato enormemente
le importazioni di soia (e anche di cotone), passando così da esportatore netto a importatore netto di
prodotti agroalimentari. Negli ultimi mesi del 2010 e nei primi del 2011 i prezzi della soia seguono il
trend di quelli del mais con un sensibile recupero dei livelli persi durante il 2009 e il primo semestre
del 2011.
L’ impressionante calo dei prezzi dei prodotti lattiero caseari è dovuto, in parte, agli aumenti delle
produzioni degli anni passati, che hanno visto reintrodurre il sostegno alle esportazioni da parte degli
Stati Uniti e dell’Unione europea, ma anche all’aumento delle quote da parte dell’Unione europea.
Inoltre, anche gli effetti della forte recessione mondiale hanno un maggior impatto sui prodotti a
maggior valore aggiunto, creando serie difficoltà agli operatori del settore lattiero caseario a livello
mondiale. Per inciso, è utile ricordare, che per far fronte a questa emergenza, negli Stati Uniti l’USDA
ha predisposto dagli inizi di luglio 2009 un piano di interventi a favore del latte. I contratti, fra l’altro,
prevedono l’aiuto per gli agricoltori che vedono ridursi i redditi, incentivi fiscali, sussidi per le
consulenze e riduzione della produzione. Nell’Unione europea è stato presentato a metà settembre
al Parlamento europeo, da parte del Commissario all’agricoltura, un pacchetto di aiuti per il breve
termine che prevede la possibilità di aiuti di stato fino ad un massimo di 15.000 euro per produttore
e una modifica all’utilizzazione degli acquisti e gestione delle quote da parte dello Stato; gli interventi
L'ottovolante che sta sconvolgendo i prezzi delle materie prime agricole
27
di medio e lungo termine invece intendono favorire i contratti fra produttori e trasformatori, creare
un monitoraggio della filiera latte, la creazione di mercati a termine e la diffusione di buone pratiche.
A metà di novembre le misure adottate, in attesa del pacchetto completo, hanno riguardato la
possibilità di stoccaggio dei formaggi e l’aumento del limite per gli aiuti di stato alle aziende agricole,
proprio mentre ci sono segnali di ripresa dei prezzi. Nel 2010, i prezzi del latte iniziano ad aumentare
e seguono il trend dei prezzi di gran parte del comparto food, superando, nel febbraio 2011, quota
200.
Nel settore dello zucchero, nel corso del 2009-2011, come abbiamo visto, si sono verificati i maggiori
incrementi di prezzo che sono da ricollegarsi ai cattivi raccolti in India (il secondo produttore
mondiale), che hanno determinano il passaggio di questo paese da esportatore a importatore netto.
Inoltre, le forti politiche d’incentivazione della produzione e uso dell’etanolo possono avere influito
sulle tensioni e sull’incremento dei prezzi del comparto.
L’ascesa, il declino e la forte variabilità dei prezzi dei prodotti agroalimentari, oltre ai fattori specifici
dei mercati dei singoli prodotti, sono spesso legati anche ai cambiamenti di alcune variabili di
carattere generale, e pertanto difficilmente valutabili. Un elemento non trascurabile riguarda il
prezzo del petrolio da cui dipendono, da un lato, gli sviluppi e la produzione di energia da fonti
alternative (etanolo e biodisel) e, dall’altro, i prezzi di importanti prodotti chimici e fertilizzanti,
fattori di produzione rilevanti per l’agricoltura.
Un ruolo importante per l’andamento dei prezzi nei mercati mondiali è ricoperto anche dalle
variazioni dei tassi di cambio fra le monete, e in particolare dal valore del dollaro (utilizzato nelle
transazioni commerciali) rispetto all’euro, il cui apprezzamento ha attutito nei Paesi europei la forte
variabilità dei prezzi mondiali. Infine, un aspetto che ha assunto un rilevo importante in tempi recenti
riguarda gli effetti della grave recessione che ha interessato in modo più o meno diretto tutte le
principali economie, provocando per la prima volta negli ultimi trenta anni una riduzione del Pil a
livello mondiale.
6. Speculazione e mercati futures delle commodities agricole
L'impressionante incremento dei prezzi delle materie prime di origine agricola nel 2007-2008, e il
loro successivo rapido declino, hanno convinto diversi ricercatori, commentatori ed infine i governi,
che la speculazione, piuttosto che i cambiamenti nei "fondamentali" della determinazione dei prezzi,
sia dietro le forti oscillazioni dei prezzi. In particolare, i commenti sul Financial Times di Lord
Meghnad Desai (2008), del finanziere George Soros in una testimonianza presso il Senato degli Stati
Uniti e, infine, la testimonianza di Michael Masters ad una commissione del Senato Statunitense,
Rapporto sull'andamento dei prezzi delle commodities agricole
28
Masters (2008), hanno contribuito a rafforzare, soprattutto nei media, l'idea che una bolla
speculativa si nascondesse dietro le oscillazioni dei prezzi del 2007-2008.
Gli stessi commenti si sono ripresentati negli ultimi mesi a seguito dei recenti forti incrementi dei
prezzi delle commodities. I timori sugli effetti perversi dell'incremento della volatilità dei prezzi e del
possibile ruolo svolto dalla speculazione, sono stati tali che hanno portato il primo Ministro francese
Nicolas Sarkozy, che attualmente detiene la Presidenza del G20, ad inserire nell'Agenda del G20
alcune proposte tese a contrastare la speculazione nei mercati delle commodities agricole.
Al fine di apprezzare i motivi che hanno spinto diversi ricercatori a considerare la presenza di una
bolla speculativa nei mercati a termine delle commodities agricole, possiamo far riferimento ai prezzi
future del frumento, mais, riso e soia, rilevati giornalmente presso il Chicago Board of Trade (CBOT).
Nel febbraio 2008 rispetto al gennaio 2006 il prezzo future del grano, una delle principali
commodities scambiate al CBOT, mostrava un aumento del 280%, e sei mesi dopo lo stesso prezzo
aveva perso il 40% del suo valore. Simili trend venivano evidenziati anche da altre commodities, quali
mais, soia e riso.
I mercati future hanno due scopi principali. Il primo è quello di copertura dal rischio. Un operatore
commerciale (hedger), solitamente un produttore, può vendere il prodotto a termine ad uno
speculatore. La ragione principale è coprirsi dal rischio di oscillazioni del prezzo del prodotto. Il
secondo scopo è che in mercati a termine svolgono un ruolo di "price discovery". In questi mercati,
infatti, le informazioni sulla dinamica dei prezzi si formano in modo più efficiente, consentendo
quindi una più corretta formazione del prezzo anche nei mercati spot.
Negli ultimi anni, nei mercati finanziari delle commodities agricole hanno iniziato ad operare altri
attori, oltre gli hedger e gli speculatori, e sono comparsi nuovi strumenti. Sia i nuovi attori sia i nuovi
strumenti avrebbero, per alcuni commentatori, fortemente alterato il funzionamento dei mercati
future e introdotto oscillazioni dei prezzi non ancorate ai cosiddetti "fondamentali". I nuovi strumenti
sono gli indici delle commodities, mentre gli attori sono hedge funds, fondi pensionistici e altri
investitori il cui principale obiettivo è quello di diversificare il proprio portafoglio e non certamente
quello di coprirsi da rischi sulla transazioni connesse con il commercio dei prodotti agricoli. Il nuovo
strumento, l’indice delle commodities, come ad esempio l'indice S&P and Goldman Sachs o l'indice
Dow Jones-UBS, ha come sottostante un basket di commodities ed è quindi definito a partire dai
prezzi a termine delle commodities stesse che definiscono il paniere. I traders di tali indici (index-
traders), principalmente operatori bancari, vendono tali indici a hedge funds, fondi pensione e altri
investitori che desiderano diversificare il loro rischio acquistando tali indici anziché investire
L'ottovolante che sta sconvolgendo i prezzi delle materie prime agricole
29
direttamente nelle commodities. Al fine di controbilanciare la loro esposizione rispetto a possibili
modifiche dei prezzi delle commodities, gli index traders tipicamente acquistano i contratti future
delle commodities su cui l'indice è calcolato. E' attraverso l'acquisto dei contratti future (o, come si
dice in gergo, attraverso la formazione di posizioni nette lunghe) che tali operatori possono
influenzare il prezzo dei mercati future. Per capire l'importanza di tali investimenti nei mercati future,
è possibile utilizzare la testimonianza di Master (2008) secondo cui il volume di investimenti negli
indici delle commodities ha raggiunto nel marzo del 2008 la considerevole cifra di 260 miliardi di
dollari contro i 13 miliardi investiti alla fine del 2003.
Diversi studi hanno tentato di porre in relazione l'aumento degli investimenti in indici delle
commodities con l'esplosione dei prezzi delle commodities agricole nel periodo 2007-2008. Irwing et
al. (2009), Sanders et al. (2010) e Sanders and Irwing (2010) sulla base sia di considerazioni legate al
funzionamento dei mercati a termine, sia su evidenza empirica, rifiutano l'ipotesi che gli indici delle
commodities abbiano influenzato i prezzi a termine delle materie prime agricole. E' tuttavia
interessante notare che, sulla base di simili considerazioni e metodologie identiche alle precedenti,
Cooke and Robles (2009), Gilbert (2010a; 2010b) e Gutierrez (2010) raggiungono conclusioni
esattamente opposte. Il dibattito è quindi ancora aperto. Non mancano tuttavia pressioni,
soprattutto da parte di autorità governative nazionali e internazionali, che spingono per una più
ampia regolamentazione dei mercati futures delle commodities agricole, si veda, come già ricordato
la posizione del Presidente Francese Sarkozy che ha introdotto nell'Agenda dei prossimi incontri del
G20 alcuni punti riferiti alla speculazione nei mercati finanziari e quelli agroalimentari in particolare.
7. Cause e le conseguenze delle oscillazioni dei prezzi: fra variabilità, volatilità ecambiamento dei prezzi relativi
Negli ultimi anni di particolare rilievo sono state le analisi contenute nel documento della FAO
(2008), “Soaring food prices: facts, perspectives, impacts and actions required”, evidenziando i
principali fattori che hanno sconvolto i mercati mondiali dei prodotti agricoli e alimentari nel nuovo
millennio, sia dal lato della domanda che dell’offerta, che hanno portato anche ad individuare nuove
strategie per la lotta alla povertà e fame nel mondo (Twin strategies). Dal lato dell’offerta sono state
sottolineate, fra l’altro, le avverse condizioni atmosferiche, la diminuzione delle riserve (stocks) di
cereali e semi oleosi nei principali Paesi esportatori, l’aumento dei costi di produzione (mezzi chimici
e carburanti) e di trasporto determinati dall’incremento del prezzo del petrolio già a partire dal 2002.
Rapporto sull'andamento dei prezzi delle commodities agricole
30
Dal lato della domanda, sono stati invece considerati, oltre alla crescente domanda da parte dei Paesi
emergenti e i processi di urbanizzazione, la maggiore richiesta di produzione agricola per i bio-
carburanti, che è collegata sia all’aumento del prezzo del petrolio, che alle politiche di forte
incentivazione delle bio energie che, come noto, sono molto diverse e provengono da produzioni
diverse: etanolo in Brasile, da canna da zucchero, e USA da mais; e biodisel in Europa, principalmente
da colza. La domanda di etanolo è un fenomeno relativamente nuovo che probabilmente
condizionerà i mercati anche nel futuro. Mentre i prezzi del petrolio posso condizionare la dinamica
dei prezzi dal lato dell'offerta tramite l'incremento dei prezzi dei composti azotati e dei carburanti, è
possibile che, quando il prezzo del barile di petrolio raggiunge livelli intorno o superiori ai 55 dollari,
vi sia una convenienza a trasformare mais in etanolo (Mitchell 2008a;2008b), generando quindi
incrementi di prezzi del mais, agendo questa volta dal lato della domanda. E' interessante notare
come nel 2007 a livello globale la produzione di mais sia aumentata di 50 milioni di tonnellate e l'uso
per la produzione di biocarburanti sia aumentata, solo negli Stati Uniti, di 50 milioni di tonnellate. Il
consumo di mais per la produzione di biocarburanti è oggi pari ad un quarto della produzione
statunitense e poco più del 10% della produzione mondiale, Piesse e Thirtle (2009). Stesse
problematiche sono evidenziate dagli oli vegetali che, come il mais, sono utilizzati per la produzione
di biocarburanti. Mitchell (2008a;2008b) ha anche analizzato le relazioni tra dinamica dei prezzi del
mais ed effetti sostitutivi nell'uso della superficie agricola. Ad esempio, si sottolinea nel suo lavoro
come l'incremento della superficie agricola per il mais per la produzione di biocarburanti abbia
causato un ridimensionamento della superficie utilizzata a frumento, generando quindi pressioni sui
prezzi di quest'ultima produzione. Effetti sostitutivi simili si sono verificati anche per la produzione di
soia, determinando un intreccio molto profondo.
Come già accennato nelle precedenti pagine, altri fattori sono in gioco. Gli aumenti dei consumi
alimentari, i processi di urbanizzazione e di sviluppo, che interessano grandi Paesi emergenti come
Cina e India, senza trascurare gli effetti delle speculazioni e dei cambiamenti del valore del dollaro, la
moneta di riferimento sui mercati mondiali, possono tutti aver giocato un ruolo importante nel
condizionare le ampie fluttuazioni dei prezzi agroalimentari negli ultimi anni. Un breve accenno a
queste diverse cause può permettere di comprendere meglio i fenomeni in corso.
Le cattive annate hanno contribuito a ridurre la produzione di prodotti agricoli a livello mondiale. Nel
2005-06, ad esempio, la riduzione della produzione mondiale del grano (1,5% circa) è stata
determinata dalla riduzione delle produzioni in due grandi Paesi esportatori di grano e in particolare
dalla siccità in Australia e dalle grandi piogge in Francia. Nel 2010, invece, le forti tensioni sui prezzi
del grano sono state determinate dagli incendi di vaste zone cerealicole in Russia e dalle alluvioni in
L'ottovolante che sta sconvolgendo i prezzi delle materie prime agricole
31
Australia. Un aspetto generale che limita l’aumento dell’offerta riguarda la riduzione tendenziale di
lungo periodo dei saggi di sviluppo della produzione agricola a livello mondiale: da oltre il 2% all’anno
nei decenni precedenti a di poco più dell’1% nei prossimi decenni. La riduzione dei saggi di sviluppo è
da ricollegarsi in generale anche ai minori investimenti in ricerca e sviluppo in agricoltura, e al
conseguente minore incremento delle rese, ma anche alla forte competizione nell’uso di terra e
acqua fra agricoltura e sviluppo industriale e urbano. Inoltre, un ruolo non secondario è da imputare
al minore sostegno dei prezzi e dei mercati attuati da parte delle politiche agricole negli USA e
soprattutto nell’UE, dove la minore utilizzazione della terra era stata stimolata dai programmi di ritiro
delle produzioni (set-aside) nell’Unione europea, eliminato recentemente, e quelli di conservazione
(negli USA). Negli anni più recenti i minori saggi di sviluppo della produzione agricola si intrecciano
con l’aumento dei costi di produzione e in particolare, come già visto, ai costi dei prodotti chimici
(fertilizzanti e antiparassitari), di derivazione dai prodotti petroliferi, aumentati molto di più
dell’l’indice dei prezzi dai prodotti alimentari.
La scarsità e la maggiore concorrenza nell’uso delle risorse idriche (utilizzate per il 70% in
agricoltura), rappresentano altri fattori che hanno influenzato la riduzione delle potenzialità
produttive dell’agricoltura in molti Paesi del mondo. I contrasti per l’uso delle risorse idriche
diventeranno in futuro sempre più rilevanti e strettamente collegati allo sviluppo industriale e
urbano dei singoli Paesi.
La riduzione delle riserve e degli stocks nei principali Paesi produttori, scesi ai livelli più bassi degli
ultimi decenni, è un altro elemento di particolare importanza nel determinare l’aumento dei prezzi
agricoli sui mercati internazionali e soprattutto la loro variabilità. Infatti, le scorte di grano nei grandi
Paesi esportatori quali USA, EU e Australia, hanno toccato nel 2007-2008 un minimo storico, di poco
superiore al 10% della produzione, contro un 25% a livello mondiale. Nelle figure seguenti, sono
evidenziate le dinamiche degli stock di frumento e di mais rispetto al livello di utilizzo nell'anno
precedente. La variabile dovrebbe offrire delle indicazioni sulla presenza o meno di frizioni nel
mercato e conseguenti effetti sulla volatilità dei prezzi. In particolare, una riduzione del rapporto
dovrebbe avere come effetto un aumento del livello e della volatilità dei prezzi.
Rapporto sull'andamento dei prezzi delle commodities agricole
32
Per entrambe le commodities 1 , la correlazione negativa tra livello delle scorte rispetto ai livelli di
utilizzo mondiali e la dinamica dei prezzi è piuttosto forte. Il coefficiente di correlazione è infatti pari
a -0.54 per il frumento e -0.62 per il mais. La progressiva riduzione delle scorte negli anni 2000-2006
è simmetrica rispetto all'incremento dei prezzi. Nella campagna 2008-2009 si evidenzia una
ricostituzione delle scorte e una riduzione dei prezzi. La nuova riduzione delle scorte nel 2010-2011
(il mais nella campagna 2010-2011 fa registrare il livello minimo delle scorte rispetto agli utilizzi
mondiali) è in corrispondenza del nuovo rimbalzo dei prezzi nel 2010 e 2011 (i dati del 2011 si
riferiscono ai primi mesi dell'anno).
La riduzione delle scorte è stata sostenuta, almeno in larga parte, dalla riduzione degli aiuti per la
loro costituzione (in particolare negli USA), nella convinzione che i mercati e i privati, in modo
autonomo, avrebbero provveduto a regolamentare i mercati. La carenza delle scorte di commodities
e l’impennata dei prezzi avevano provocato manifestazioni e rivolte in America latina e Asia già nel
2007, mentre nel 2010 e più recentemente le recriminazioni per il “caro cibo” hanno provocato
manifestazioni che si sono estese a richieste più ampie di libertà e democrazia (come in Tunisia e
Egitto). I timori per la stabilità sociale hanno portato alcuni Paesi a forti impegni per la ricostituzione
1 I dati relativi alle scorte/utilizzi sono di fonte USDA, mentre i prezzi sono espressi in dollari per tonnellata diprodotto e sono sempre di fonte Fondo monetario internazionale
L'ottovolante che sta sconvolgendo i prezzi delle materie prime agricole
33
delle scorte, senza porre eccessiva attenzione ai prezzi dei prodotti, favorendo speculazioni da parte
delle principali società di trading.
Dal lato della domanda, i cambiamenti a livello mondiale sono stati forse ancora più rilevanti proprio
per il loro carattere strutturale che riguarda in particolare l’aumento dei consumi alimentari e i
cambiamenti dei modelli di consumo che sono strettamente legati alla crescita del reddito pro-capite
e soprattutto dai processi di urbanizzazione, che stanno interessando tutti i Paesi del mondo. Infatti,
negli ultimi venticinque anni la popolazione mondiale è passata da 4,4 miliardi di persone nel 1980 ai
6,9 miliardi nel 2010, ma i tre quarti di questo incremento sono dovuti all’aumento della popolazione
urbana (oggi oltre il 60% del totale). I consumi alimentari nelle zone urbane sono spesso più che
doppi rispetto a quelli medi pro-capite a quelle rurali. Come, ad esempio, in Cina, dove la differenza
fra consumi urbani e rurali è passata da 2,3 volte nel 1985 per superare le 3,5 volte nel 2000, mentre
prima del 1985 questa differenza si stava riducendo. L’aumento della domanda costituisce oggi una
pressione costante sui prezzi dei prodotti alimentari, anche perché le capacità di risposta dei singoli
Paesi sono molto diverse in relazione alla disponibilità o meno di terre utilizzabili a fini agricoli: basta
ricordare, come esempi contrapposti, la situazione di scarsità della Cina e le grandi potenzialità del
Brasile.
Inoltre, un aspetto troppo spesso trascurato riguarda le politiche interne dei grandi Paesi emergenti
rivolte a garantire la sicurezza alimentare a vaste parti della popolazione e migliorare i redditi e la
qualità della vita nelle zone rurali. Le priorità oggi accordate alle zone rurali sono rivolte ad assicurare
uno sviluppo più equilibrato che mantenga la “coesione sociale” in quei Paesi dallo sviluppo spesso
tumultuoso. Una politica di questo tipo è stata, ad esempio, messa in atto dalla Cina, nell’ambito del
pacchetto di stimolo all’economia per fronteggiare la grave recessione del 2008-2009, e più
recentemente nella definizione del nuovo piano quinquennale ci sviluppo.
Un ulteriore fenomeno che può aver influito sulla dinamica dei prezzi delle commodities negli ultimi
anni è il deprezzamento del dollaro statunitense. A partire dal 2002, il dollaro ha iniziato a
deprezzarsi sia rispetto alle valute dei Paesi più sviluppati, sia rispetto alle principali valute dei Paesi
meno sviluppati. Utilizzando l’euro come moneta di riferimento, si nota che, nel periodo 2002 - aprile
2008, il dollaro si è deprezzato del 64%. Nel caso in cui la “legge del prezzo unico” sia quella
predominante nel mercato delle commodities, è noto che se i prezzi delle commodities agricole sono
definiti in dollari, un deprezzamento del dollaro richieda un incremento dei prezzi in dollari. E’ sulla
base di tale ipotesi che Abbot et al. (2008) attribuiscono al deprezzamento del dollaro l’effetto
predominante nel condizionare la dinamica dei prezzi, almeno durante la prima fase della “gobba” di
Rapporto sull'andamento dei prezzi delle commodities agricole
34
cammello. Tuttavia, altri studi attribuiscono al deprezzamento del dollaro un effetto meno rilevante.
Sarris (2008) stima che, ad esempio, l’elasticità del prezzo del mais (espresso in dollari) al tasso di
cambio del dollaro non sia così elevata da consentire le conclusioni di Abbot et al. (2008). Infatti, il
suo valore è solo pari a 0.35. Ciò significa che un deprezzamento del dollaro del 60% avrebbe dovuto
portare ad un aumento del prezzo del mais in dollari solo del 21%, un valore molto più contenuto
rispetto a quanto registrato dal prezzo del mais nel periodo 2002 - aprile 2008. Sarris (2008) indica
valori simili dell’elasticità del prezzo al tasso di cambio anche per il riso, il frumento e la soia, con
valori dell’elasticità tutti inferiori a 0,5. A partire dal luglio 2010, dopo una breve fase di
apprezzamento, il dollaro statunitense ha nuovamente ripreso a deprezzarsi rispetto all’euro.
Nell'arco di poco più di un semestre il dollaro si è quindi deprezzato del 7%. A conferma della tesi di
Sarris (2008), nello stesso periodo i prezzi delle commodities (mais, frumento e soia) sono aumentati
tra il 30 e il 60%, valori ben maggiore rispetto al deprezzamento della valuta statunitense.
In sintesi, alcuni fattori sembrano aver influenzato la dinamica dei prezzi delle commodities nel breve
periodo. Altri fattori hanno, ed eserciteranno ancora, i loro effetti in un periodo più lungo. Tra i
fattori che hanno inciso nel breve-medio periodo abbiamo ricordato la dinamica delle scorte, il
deprezzamento del dollaro e gli effetti della speculazione. Effetti di più lungo periodo dovrebbero
invece attribuirsi sia alla maggiore domanda per usi alimentari, soprattutto nei Paesi asiatici, sia alla
crescente domanda di alcune commodities quali mais, soia, e colza in Europa, per la produzione di
biocarburanti.
8. I problemi sul tavolo
I problemi che sono sul tavolo sono molteplici, complessi e interconnessi, che investono, come
abbiamo visto, alcune grandi tematiche dello sviluppo globale; appare più utile soffermarsi su alcuni
aspetti che riguardano più direttamente il sistema agroalimentare italiano. La variabilità dei prezzi, la
loro estrema volatilità e i grandi cambiamenti dei prezzi relativi aggiungono grande incertezza agli
operatori agricoli, si veda Fanfani (2009a, 2009b). Rendono sempre più difficili, non solo le scelte
produttive di breve periodo, ma anche quelle che si riferiscono agli investimenti nel medio e lungo
periodo di tutti gli operatori del settore agroalimentare italiano. L’incertezza di mercato si aggiunge a
quella legata alla variabilità stagionale di molte produzioni agricole; esse rendono i redditi degli
agricoltori ancora più aleatori rispetto al passato. La volatilità dei prezzi, inoltre, può creare sia delle
forti disuguaglianze tra fasce sociali di popolazione, sia tra Paesi più ricchi e Paesi più poveri. Infatti,
L'ottovolante che sta sconvolgendo i prezzi delle materie prime agricole
35
data la più alta quota di consumi agroalimentari tra le fasce di reddito minori, la volatilità dei prezzi
inciderà maggiormente sulle fasce di popolazione più povera. Inoltre, molti dei Paesi più poveri sono
importatori netti di prodotti agroalimentari e, quindi, vedono peggiorare sensibilmente la loro
bilancia commerciale. In alcuni Paesi dove la quota dei consumi agroalimentari oscilla tra il 70%-80%
del reddito, la maggiore variabilità dei prezzi ha portato a rivolte della popolazione (Indonesia e Haiti
nel 2008, Egitto, Tunisia nel 2010). Le risposte dei governi in questo caso sono solitamente di tre tipi.
La prima vede un incremento dei sussidi per l'acquisto di prodotti agroalimentari. La seconda è quella
di blocchi all'esportazione di prodotti (ad esempio riso in Vietnam, Cambogia ed Egitto). La terza è
quella di acquisti di prodotto nei mercati internazionali e distribuzione all'interno del paese a prezzi
inferiori.
Nella Figura precedente sono riportate le stime della la volatilità dei prezzi utilizzando l'indice
mensile della FAO relativo all'aggregato Food. L'indicatore di volatilità è stato calcolato come
deviazione standard del tasso tendenziale nei 24 mesi precedenti. E' possibile notare come
l'indicatore sia piuttosto stabile durante gli anni 1993-2006, mentre nel periodo 2008-2009 si registra
una vera e propria impennata della volatilità dei prezzi, su valori mai riscontrati negli anni precedenti.
Un secondo fatto di rilievo è che, dopo la shock del 2008, la volatilità si è progressivamente ridotta
ma, nei primi mesi del 2011, causa il nuovo rimbalzo dei prezzi, evidenzia nuovi segni di
cambiamento di tendenza.
E' tuttavia interessante notare come la volatilità dei prezzi sia diversa nei diversi settori. Se i prezzi
dello zucchero hanno mostrato nel periodo in esame una maggiore volatilità, sono i prezzi del latte,
oli vegetali e cereali, quelli che trainano negli anni più recenti l'impennata della volatilità simile a
Rapporto sull'andamento dei prezzi delle commodities agricole
36
quella dell'intero comparto Food della FAO, mentre quelli della carne mostrano solo un modesto
incremento nella volatilità negli ultimi anni.
A questi andamenti discordanti occorre quindi riservare una maggiore attenzione anche alla luce
delle successive riforme della Politica agricola comunitaria (PAC) che, già a partire dalla riforma
MacSherry del 1992, ha abbandonato progressivamente il sostegno dei prezzi e la protezione dei
mercati, passando definitivamente al sostegno diretto del reddito degli agricoltori disaccoppiato
dalla produzione, con l’Health Check del 2008.
Occorre, quindi, guardare oltre i mercati nazionali ed europei, prestando attenzione ai cambiamenti
di carattere congiunturale e strutturale che avvengono sui mercati e che determinano i cambiamenti
dei prezzi internazionali delle commodities agricole. In tal modo si può disporre di informazioni utili
non solo a facilitare le scelte degli agricoltori e degli operatori, ma anche a facilitare i decisori
pubblici nella individuazione di più tempestive politiche e azioni necessarie a fronteggiare sia gli
effetti che gli stravolgimenti che le crisi nei mercati internazionali hanno sulla produzione agricola e
sui consumi alimentari.
9. L’andamento dei prezzi dei principali prodotti dell’Unione europea (1997- 2011)
A seguito del forte incremento dei prezzi del 2007-2008, la Commissione europea (DG analisi
economiche e prospettive) pubblicò (il 16 ottobre 2009) una nota di aggiornamento sull’andamento
dei prezzi dal 1997 al 2009 delle principali produzioni agricole di maggiore interesse per l’Europa,
L'ottovolante che sta sconvolgendo i prezzi delle materie prime agricole
37
effettuando anche un interessante confronto con l’andamento dei prezzi al consumo, sia a livello
generale che per i singoli prodotti. Un ulteriore contributo della Commissione è stato presentato
recentemente (marzo 2011) proprio per rivedere e aggiornare le analisi tenendo conto della nuova
impennata dei prezzi.
9.1 Le stime della commissione dal 1997 al 2009
L’indice dei prezzi dei principali prodotti agricoli nell’Unione europea (fatto gennaio 1997 uguale a
100) mostrava un andamento per molti aspetti simile a quello dei mercati mondiali, anche se
naturalmente prendeva in esame le valutazioni in euro e non in dollari. L’andamento tendenziale di
medio e lungo periodo dei prezzi veniva, anche nell'Unione europea, interrotto dal forte aumento
verificatori dalla seconda metà 2007, per poi essere completamente riassorbito nel settembre 2009,
lasciando sul campo una forte variabilità dei prezzi, con andamenti ciclici e un cambiamento dei
prezzi relativi.
I prezzi dei principali prodotti che interessano l’agricoltura europea nel settembre 2009 avevano
messo in evidenza una riduzione più o meno marcata rispetto a settembre del 2008, di oltre il 30%
per il grano duro e tenero, di quasi un quarto per il mais, e riduzioni consistenti anche per il latte in
polvere e burro (-17% e -11% rispettivamente). Per i cereali, la forte impennata del prezzo del grano
duro continuava a mantenere, almeno nel corso del 2009, un prezzo relativo superiore a quello del
grano tenero rispetto alla situazione precedente. I prezzi dei prodotti lattiero caseari, il cui
incremento aveva riguardato, in particolare, il latte in polvere, rispetto al burro e formaggi, si erano
tuttavia ridotti a livelli tali da riprendere le tendenze manifestatesi negli anni precedenti.
L’andamento del prezzo delle carni si differenziava e si caratterizzava invece, per un minore aumento
in tutto il periodo 1997-2009, come evidenziato anche a livello mondiale, ma per una forte variabilità
e ciclicità dei diversi tipi di carni. A settembre 2009, rispetto all’anno precedente la riduzione
maggiore risultò per il prezzi dei suini (-14%) rispetto a quella del pollame e bovini (-4% e 3%
rispettivamente). La ciclicità dell’andamento dei prezzi delle diversi carni si ricollegava alle forti
interrelazioni esistenti nei consumi e agli effetti delle diverse crisi e shock sulla sicurezza verificatesi
in questi anni.
9.2 L'attuale fase dei prezzi dei prodotti agricoli
I prezzi dei principali prodotti agricoli nell’EU nel febbraio 2011 mostrano incrementi a due cifre per
quasi tutti i comparti, anche se restano importanti differenze nell’andamento dei diversi prodotti.
Rapporto sull'andamento dei prezzi delle commodities agricole
38
Secondo la recente nota della Commissione Europea (4 marzo 2011), l’andamento dei prezzi agricoli
nel periodo febbraio 2010 - febbraio 2011 mostra un livello di quotazioni superiori rispetto a quello
fatto registrare nell'anno precedente, con incrementi che in alcuni casi si attestano sulle tre cifre.
Ad esempio, fra i cereali, i prezzi a febbraio 2011 sono superiori rispetto a quelli dell’anno
precedente, e per il grano tenero l'incremento è del 106% e del grano duro dell'82%, mentre per il
mais l'aumento è "solo" del 69%.
Fra i prodotti degli allevamenti gli incrementi di prezzo sono meno sensibili, se confrontati con quello
dei prezzi dei cerali. I prezzi delle carni avicole mostrano un incremento del 18%, mentre i prezzi delle
carni bovine e di maiale mostrano aumenti ancora più contenuti e pari rispettivamente a +7% e +6%.
Incrementi più rilevanti si possono notare per i prodotti lattiero-caseari. Il prezzo del latte in polvere
nel febbraio 2011 rispetto allo stesso mese dell'anno precedente mostra incrementi del 25%, il burro
del 31% e i formaggi (Edam), +17%.
Nell’Unione europea l’andamento del livello generale dei prezzi e quello dei soli generi alimentari è
riportato nella figura 11, dove è possibile notare come l'indice dei prezzi alimentari (Food)
nell'Europa a 27, fatto pari a 100 il 1997, sia di poco inferiore rispetto a quello generale. E' possibile
notare come, tra il 2007 e il 2008, il gap tra due indici (con i prezzi alimentari costantemente al
disotto di quelli generali) che ha caratterizzato gran parte degli precedenti anni, si sia
progressivamente ridotto, fino a mostrare un andamento molto simile. Infatti, recentemente, nel
mese di marzo 2011, rispetto allo stesso mese dell'anno precedente, l'indice dei prezzi armonizzato
del comparto food ha fatto registrare per l'Europa a 27 stati un incremento del 3.2%. Nello stesso
periodo, l'indice aggregato dei prezzi ha mostrato anch'esso un sensibile incremento, +3.1%, in parte
causato dal comparto food e, in parte, dal comparto combustibili. All'interno del comparto food, i
prezzi al consumo del pane e cereali, sempre nel marzo 2011, mostra incrementi del 3.6%, gli oli e
grassi +6.0%, frutta +7.9%, mentre le carni e il latte e prodotti caseari evidenziano incrementi più
contenuti, rispettivamente +1.9% e + 2.3%.
L'ottovolante che sta sconvolgendo i prezzi delle materie prime agricole
39
Le differenze fra l’andamento dei prezzi in generale e quello dei beni alimentari in Europa, come è
possibile osservare dalla figura 12, hanno subito diverse inversioni di tendenza. A partire dalla fine
del 2007, l’aumento dei prezzi del food è stato costantemente superiore a quello generale, con un
differenziale molto elevato nella prima metà del 2008, quando i prezzi alimentari mensili
aumentavano dal 6% all’8% rispetto all’anno precedente, mentre quelli generali si attestano attorno
al 4%. Dal luglio 2008 i saggi di crescita dei prezzi agricoli si sono progressivamente ridotti per
diventare negativi a partire dal luglio 2009 (-0,3% a marzo 2010), mentre il livello generale di
Rapporto sull'andamento dei prezzi delle commodities agricole
40
inflazione si è attestato su valori positivi (+1,9% a marzo 2010). Negli ultimi mesi i tassi di crescita dei
prezzi del comparto food sono simili, o leggermente superiori, a quelli dell'indice aggregato dei
prezzi.
9.3 La trasmissione dei prezzi nelle filiere agroalimentari.
La trasmissione dei prezzi lungo le filiere agroalimentari è diventato un argomento sempre più
rilevante per comprendere il ruolo delle diverse componenti e soprattutto la distribuzione del
reddito e la redditività delle imprese e delle attività che concorrono a formare il prezzo dei beni
alimentari.
Nella trasmissione dei prezzi un aspetto sempre più rilevante riguarda l’importanza della materia
prima agricola e quella delle componenti non-agricole (lavoro, capitale, costi energetici, costi degli
imballaggi, costi di trasporto e altri servizi, costi della distribuzione). L’impatto sia dell’aumento che
della caduta dei prezzi delle materie prime agricole sui prezzi al consumo sarà quindi diverso e
limitato quanto più l’importanza delle materie prime agricole è minore all’interno delle diverse
filiere.
La riduzione dei prezzi dei cereali del 2008-2009 doveva ridurre la pressione per l’aumento dei prezzi
del pane e dei prodotti a base di cereali. Tuttavia, le pressioni degli ultimi mesi dei prezzi all'origine,
sia per quanto riguarda il grano tenero che il grano duro, fanno prevedere nuovi incrementi dei
prezzi al consumo nei prossimi mesi. L’andamento dell’indice dei prezzi al consumo di pane e cereali
mostra invece un trend crescente abbastanza regolare, con un aumento più marcato in
corrispondenza proprio all’inizio del picco dei prezzi del grano del 2007-2008. La minore influenza dei
prezzi della materia prima sul prezzo consumo di pane e cereali deriva dalla scarsa rilevanza che essa
ha sul valore del prezzo finale del pane. L’incremento dei prezzi dei cereali potrebbe avere effetti
negativi anche sull'incremento dei costi di alimentazione degli animali e quindi sui prezzi delle carni e
soprattutto sui loro redditi. I prezzi delle carni sono ancora oggi superiori dell’8% a quelli di tre anni
prima (marzo 2007), ma nell’ultimo periodo (marzo 2009-marzo 2010) sono diminuiti di quasi lo
0,5%.
L'ottovolante che sta sconvolgendo i prezzi delle materie prime agricole
41
L’andamento dei prezzi del latte e dei prodotti lattiero caseari al consumo ha avuto anch’esso una
tendenza al leggero rialzo, ma con un vero e proprio balzo in corrispondenza dell’aumento dei prezzi
di latte in polvere, burro e formaggi nel 2007-2008, si veda la Figura 14. Nell’ultimo anno i prezzi al
consumo sono risultati pressoché stabili ma, la nuova ripresa dei prezzi, iniziata verso la metà del
2009 , può far temere nuove frizioni nei prezzi al consumo nei prossimi mesi, anche perché, nel caso
dei prodotti lattiero caseari e in particolare del latte, il valore della materia prima ha un’importanza
spesso rilevante e comunque molto superiore a quella del pane e prodotti cerealicoli.
L’andamento dei prezzi delle carni all’origine mostra una variabilità molto forte a livello mensile e
annuale, si veda la Figura 15. Questa variabilità interessa in modo diverso i diversi tipi di carne, con
un andamento più marcatamente ciclico per le carni suine. I dati della Commissione europea sulla
dinamica dei prezzi delle carni ribadiscono ciò che si era già avuto modo di commentare a proposito
delle serie dei prezzi di fonte FAO (si veda la Figura 6.2). Il cambiamento dei prezzi relativi delle carni
all’interno del comparto vede un aumento dei prezzi delle carni avicole e suine rispetto a quelle
bovine. Rispetto al periodo base, il 1997, nel marzo del 2011 le carni suine mostrano un incremento
del 36%, quelle avicole del 20% mentre quelle bovine si posizionano, sempre nel marzo del 2011, su
quotazioni inferiori del 10% rispetto a quelle registrate nel 1997. Se i prezzi all’origine mostrano forti
e consistenti fluttuazioni, i prezzi al consumo delle carni continuano a evidenziare un costante
incremento nel tempo, con aumenti tendenziali, anche se non marcati, superiori per le carni suine e
pollame, rispetto alla carne bovina. L’indice dei prezzi al consumo delle carni non risente quindi in
modo particolare di queste forte variabilità dei prezzi della materia prima.
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Conclusioni
Il problema della determinazione e della trasmissione dei prezzi all’interno delle diverse filiere e
catene alimentari rappresenta, come noto, uno dei problemi cruciali per comprendere il ruolo delle
materie prime agricole e delle componenti non-agricole (lavoro, risorse, intermediazione e servizi)
L'ottovolante che sta sconvolgendo i prezzi delle materie prime agricole
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nella determinazione dei prezzi al consumo. Naturalmente, a queste tematiche occorrerà dedicare
nuove e più dettagliate analisi e ricerche che facciano luce sulla presenza o meno di asimmetrie nella
trasmissione dei prezzi e sul ruolo giocato dalle materie prime. Questi problemi, esulano però dagli
scopi del presente lavoro, anche se l’andamento tendenziale e congiunturale dei prezzi delle
principali commodities agricole sui mercati internazionali, rappresenta un primo elemento di rilievo
nella comprensione della determinazione dei redditi degli agricoltori e dei necessari cambiamenti
degli interventi anti-ciclici (utilizzati negli USA) e strutturali della politica agricola a livello comunitario
e nazionale.
Le difficoltà e complessità delle analisi necessarie per comprendere il carattere strutturale e
congiunturale dei notevoli cambiamenti dei prezzi dei prodotti agricoli e alimentari non devono però
portarci a trascurare la loro importanza e la loro influenza sui produttori e operatori del settore. Ciò è
particolarmente vero per i Paesi europei che, con l’ultima riforma della politica agricola del 2008
(Health Check), come abbiamo più volte evidenziato, hanno sostituito definitivamente la politica di
sostegno dei prezzi e protezione dei mercati con quella di aiuto diretto al reddito degli agricoltori.
La definizione e l’adozione di politiche d’intervento a favore dei diversi settori e comparti del sistema
agroalimentare, e in particolare le scelte produttive e gli investimenti che dovranno compiere gli
operatori dei diversi Paesi europei, dipenderanno quindi sempre più dall’andamento dei mercati
internazionali, a cui occorrerà guardare con crescente attenzione.
Nel grafico sono riportati gli indici dei prezzi alla produzione delle principali commodities, dei prezzi al
consumo e l'indice generale dei prezzi tratti dalla nota di marzo 2011 della Commissione europea.
Osservando il grafico si vede come le "gobbe", molto accentuate dei prezzi all'origine dei prodotti
Rapporto sull'andamento dei prezzi delle commodities agricole
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agricoli, nelle successive fasi si "smussino"; ciò testimonia come i prezzi alimentari dipendano in
misura rilevante non solo dai prezzi delle materie prime ma anche, e soprattutto, dalle componenti di
costo non agricole situate a valle della catena alimentare. L’analisi della Commissione mette in
evidenza come nella trasmissione dei prezzi, gli effetti dell’aumento dei prezzi agricoli sono seguiti da
un ritardo prima dovuto alle fasi della produzione “pruducer lag”, seguito poi da un ritardo ancora
più lungo dovuto alla fase di distribuzione ”retailer lag”. Nell’esempio riportato nella figura si stima
che gli aumenti dei prezzi agricoli si trasmettono completamente al consumo con un ritardo in media
di oltre un anno (8 mesi per il producer lag e 6 mesi per il retailer lag), per poi stabilizzarsi. Il
problema sorge quando a questa fase di stabilizzazione segue una nuova impennata dei prezzi come
quella avviata nel 2010. La Commissione si preoccupa e si domanda se, in ogni caso, con la forte
ripresa dei prezzi delle commodities dalla metà del 2010, non stia iniziando un nuovo ciclo intenso di
crescita dei prezzi agroalimentari.
Diversi segnali, come abbiamo visto, indicano che, nel primo trimestre del 2011, possa essersi
registrato un picco e che le quotazioni delle commodities, anche per effetto delle nuove politiche
monetarie più restrittive, possano contrarsi nei prossimi mesi, con segnali di riduzioni già registrati
nel mese di maggio, con le stime dell’USDA. Ciò darebbe luogo alla seconda gobba del cammello e
all’avvio di un nuovo ciclo che preoccupa la Commissione europea. Se nei prossimi mesi ciò avverrà,
dipenderà da molte variabili, soprattutto quelle legate agli andamenti climatici, che tanto hanno
influito sulla dinamica dei prezzi agroalimentari nell'ultimo quinquennio, mentre per quanto riguarda
le scorte, a cui viene attribuito un maggior peso nella determinazione della variabilità dei prezzi, le
prime previsioni dell'USDA per la campagna 2011-2012 indicano una minore pressione sui prezzi
proveniente dalla scarsità delle scorte stesse. Non c'è dubbio che, tuttavia, l'andamento dei prezzi
agroalimentari andrà costantemente monitorato. Sembrano finiti gli anni di una quieta dinamica dei
prezzi e, oggi, anche piccole modifiche nei mercati internazionali possono portare ad importanti
fluttuazioni dei prezzi delle commodities che si trasmettono con diversa intensità lungo tutte le
principali filiere alimentari dei singoli Paesi e a livello mondiale.
L'ottovolante che sta sconvolgendo i prezzi delle materie prime agricole
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