Publius Per un’Alternativa Europea Confederazione dei giornali universitari pavesi Numero 17 - Gennaio/Marzo 2014 distribuzione gratuita Giornale degli studenti dell’Università di Pavia. Informazione, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi e di domani Le manifestazioni in corso in questi giorni in Ucraina a favore della adesione alla UE pongono la giovane nazione e l’Europa stessa dinanzi alla loro impotenza. Le pressioni del governo russo per evi tare la ;irma di Associazi one dell’Ucraina all’Unione europea, hanno l’obiettivo di legare il paese alla pro pria in;luenza economica e geopolitica (due terzi della ;lotta russa nel Mar Nero ha le proprie basi in Uc raina). La dipendenza economica della Ucraina dalla Russia è un dato di fatto sin dal giorno dello sfaldamento della Unione Sovietica: senza il gas pro veniente dai gasdotti russi l’Ucraina non avrebbe modo né di far funzionare le proprie industrie né di provvedere al riscalda mento delle proprie città. Questo dipende dal fatto che in questi oltre venti anni di indipendenza l’Ucraina non ha avuto la capacità di sviluppare un proprio sistema ener getico che ne garantisse l’autonomia, nonostante le ingenti risorse petrolifere e di carbone di cui dis pone. In Ucraina, va ricor dato, regna la corruzione ed è presente una forte minoranza etnica russa (il 22% della popolazione è di origine russa a seguito della russi;icazione della regione sin dagli anni venti): due fattori che bloccano lo sviluppo democratico, a dispetto del succedersi di libere elezioni durante le quali il tema dei rapporti con l’in gombrante vicina potenza domina il dibattito polit ico. Che sul paese aleggi perennemente l’ombra della Russia è anche dato dal fatto che in molte scu ole gli studenti possono optare per studiare con docenti di lingua ucraina o con docenti di lingua russa: possiamo facil mente immaginare quale letteratura e quale storia studino i ragazzi nelle due diverse scuole. E’ un segno della divisione e della con traddizione culturale e politica in cui vive gior nalmente l’Ucraina. In questa situazione l’Unione europea viene vista dai cittadini ucraini non rus so;ili come una speranza di liberazione dall’in;lu enza della Russia. Ma c’è un “però” che grava su questa scelta. L’Unione europea non ha la forza politica necessaria per garantire una scelta libera Indice pag.1 Editoriale Publius pag.2 Web e democrazia: un’arma a doppio taglio Nelson Belloni pag.4 Quali possibilità per una nuova politica di difesa europea Giovanni Salpietro pag.5 Il Transatlantic Trade & Investment Partnership: più di un'area di libero scambio Francesco Violi >> pag.2
Publius - per un'alternativa europea. Numero 17, Gennaio - Marzo 2014. Giornale degli studenti dell'Università di Pavia.
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PubliusPer un’Alternativa Europea
Confederazione dei giornali universitari pavesi Numero 17 - Gennaio/Marzo 2014
distribuzione gratuita
Giornale degli studentidell’Università di Pavia.
Informazione, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi
e di domani
Le manifestazioni in corso in questi giorni in Ucraina a favore della adesione a l l a U E p o n g o n o l a giovane nazione e l’Europa stessa dinanzi alla loro impotenza. Le pressioni del governo russo per evi-‐tare la ;irma di Associazi-‐one dell’Ucraina all’Unione europea, hanno l’obiettivo di legare il paese alla pro-‐pria in;luenza economica e geopolitica (due terzi della ;lotta russa nel Mar Nero ha le proprie basi in Uc-‐raina). La dipendenza economica della Ucraina dalla Russia è un dato di fatto sin dal giorno dello sfaldamento della Unione Sovietica: senza il gas pro-‐veniente dai gasdotti russi l’Ucraina non avrebbe modo né di far funzionare le proprie industrie né di provvedere al riscalda-‐mento delle proprie città.
Questo dipende dal fatto che in questi oltre venti anni di indipendenza l’Ucraina non ha avuto la capacità di sviluppare un proprio sistema ener-‐getico che ne garantisse l’autonomia, nonostante le ingenti risorse petrolifere e di carbone di cui dis-‐pone. In Ucraina, va ricor-‐dato, regna la corruzione ed è presente una forte minoranza etnica russa (il 22% della popolazione è di origine russa a seguito della russi;icazione della regione sin dagli anni venti): due fattori che b loccano lo svi luppo democratico, a dispetto del succedersi di libere elezioni durante le quali il tema dei rapporti con l’in-‐gombrante vicina potenza domina il dibattito polit-‐ico. Che sul paese aleggi perennemente l’ombra
della Russia è anche dato dal fatto che in molte scu-‐ole gli studenti possono optare per studiare con docenti di lingua ucraina o con docenti di lingua russa: possiamo facil-‐mente immaginare quale letteratura e quale storia studino i ragazzi nelle due diverse scuole. E’ un segno della divisione e della con-‐traddizione culturale e politica in cui vive gior-‐nalmente l’Ucraina. In questa situazione l’Unione europea viene vista dai cittadini ucraini non rus-‐so;ili come una speranza di liberazione dall’in;lu-‐enza della Russia. Ma c’è un “però” che grava su questa scelta. L’Unione europea non ha la forza politica necessaria per garantire una scelta libera
Indice
pag.1 EditorialePublius
pag.2 Web e democrazia: un’arma a doppio taglio
Nelson Belloni
pag.4 Quali possibilità per una nuova politica di difesa europea
Giovanni Salpietro
pag.5 Il Transatlantic Trade & Investment Partnership: più di un'area di libero scambio
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La capacità di internet di annullare spazio e tempo nella trasmissione delle informazioni ha fortemente tra-‐sformato la realtà produttiva e quin-‐di la società e la politica in tutto il mondo. Le opportunità e le proble-‐matiche del mondo globalizzato han-‐no natura sovranazionale anche e sopratutto a causa di internet.Ma mentre il consenso su questa va-‐lutazione è ampiamente condiviso, nel momento in cui internet viene pensato come strumento di demo-‐crazia diretta l'analisi si fa più com-‐plessa. Alcuni attori politici sosten-‐gono che internet abbia da sè la ca-‐pacità di sviluppare progressivamen-‐te un mondo più democratico e par-‐tecipato (cyber-‐utopisti); mentre al-‐tri sostengono persino che internet possa sostituire il ruolo di una serie di fattori della vita politica, come i partiti, o che internet possa essere
considerato una fonte di cultura e informazioni ideale (cyber-‐centri-‐smo). Altra convinzione, sempre nel-‐la linea del cyber-‐centrismo, tipica dei "cyber-‐entusiasti" è che internet abbia il potere di pari;icare il ruolo nella vita politica tra una piccola or-‐ganizzazione e una grande organiz-‐zazione.Su questo tema, un libro importante, che merita di essere segnalato per il suo tentativo di ricerca seria e do-‐cumentata, è The Net Delusion: the dark side of internet freedom di Eu-‐gene Morozov, con cui l’autore si propone proprio di veri;icare la vali-‐dità delle ipotesi che abbiamo appe-‐na menzionato. Il primo mito che Morozov affronta è quello relativo alla forza democratica dirompente di internet. Egli docu-‐menta, infatti, con chiarezza ed esempi, quali sono i rapporti reali dei
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ed autonoma dell’Ucraina. L’ulteriore apertura ad Est dell’Unione, con la prospettiva di una successiva ade-‐sione, creerebbe ulteriori squilibri in primis nella Unione stessa, che già oggi, a 28, senza un embrione di gov-‐erno, risulta bloccata in qualsiasi sua decisione. L’Unione europea d’altra parte, come l’Ucraina, è sotto ricatto da parte del governo russo: qualora volesse, la Russia è in grado di bloc-‐care o di ridurre le forniture di gas verso l’Unione (in particolare verso i paesi membri del Sud) e l’Unione, come l’Ucraina, dovrebbe cedere alla volontà di chi può imporre la propria politica estera e la propria politica economica, per quanto possano essere discutibili. Il grido di speranza che proviene dai manifestanti ucraini a favore di una adesione all’Unione dovrebbe ricordarci che senza un governo dell’Unione (o di un suo em-‐brione partendo dagli Stati dell’area dell’euro) l’Europa è oggi impotente nel rispondere, esattamente come sta accadendo in Grecia: le risposte che oggi l’Unione europea è in grado di dare sono solo quelle del conteni-‐mento dei costi o della revisione delle politiche di bilancio, perché questo è il solo potere di cui oggi dis-‐
pone, ma non perché vi è un governo, ma perché vi è una Banca centrale. Sostenere l’adesione dell’Ucraina a questa Unione implica che qualche Stato membro più ricco si debba far carico dei costi politici ed economici che questo comporterebbe, perché l’Ucraina è una nazione da ricos-‐truire, ma per farlo occorrono ingenti risorse ;inanziarie (che l’Unione oggi non ha) e un potere politico da con-‐trapporre a chi il potere lo ha e lo esercita (la Russia). Sostenere l’ade-‐sione dell’Ucraina pertanto non basta, a meno di non voler fare del facile populismo. Il governo russo, per bocca del suo vice premier Shu-‐valov, ha dichiarato che “nessuno se non la Russia può dare all’Ucraina i fondi che le sono necessari, così ra-‐pidamente e in tali quantità”. Ma ha anche aggiunto un monito rivolgen-‐dosi non solo all’Ucraina ma anche al resto d’Europa: “Ma non li aiuteremo senza qualche impegno da parte loro”. Parole che possono apparire arroganti, ma che può esprimere solo chi sa di avere un potere politico forte alle proprie spalle. Ai populisti anti europei presenti nell’Unione e ai populisti ;ilo europeisti che gridano insieme allo scandalo di un’Europa sorda alle grida di aiuto dei di-‐mostranti ucraini va ricordato che
anche il governo dell’Armenia non ha sottoscritto l’Accordo di Associazione e il governo russo ha immediata-‐mente accordato un sconto sul prezzo del gas verso il Paese: la poli-‐tica non è fatta solo di slogan, ma di forza e realismo politico, una realpo-‐litik che l’Unione europea non può che subire. L’Armenia vale meno dell’Ucraina agli occhi dei nuovi e vecchi populisti che si riempiono la bocca di vuoti slogan? Negli anni Trenta ci si chiedeva chi era disposto a morire per Danzica e anche allora l’Europa democratica tacque perché non aveva la forza per contrapporsi al nazismo. Ci volle una guerra e l’aiuto di una potenza mondiale emergente per rispondere. Oggi q u a l e c i t t a d i n o d e l l ’ E u r opa dell’Unione vorrebbe morire per l’Ucraina sapendo di dover fare ulte-‐riori sacri;ici oltre a quelli che già stiamo conoscendo? La triste verità è che la crisi ucraina è l’ennesima di-‐mostrazione della crisi dell’Unione europea priva di reale potere politico e il grido di speranza ucraino resterà solo lungo le sponde del Mar Nero a meno che l’orso russo non faccia delle concessioni: all’Ucraina e all’Europa che con il cappello in mano ringrazierà.
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regimi autoritari con il web. In Cina, in Venezuela, in Vietnam, in Russia e in altri paesi, la rete è utiliz-‐zata anche e sopratutto dai governi per rafforzare il regime. La forme sono quella della censura per bloccare parole come "democrazia", quella del controllo per individuare i movimenti di sommossa che altrimenti sarebbero spiati esclusivamente dai servizi segreti a costi su-‐periori, e in;ine quella del-‐la propaganda, arrivando a pagare blogger perché scrivano post a favore del regime e denuncino siti e blog "pericolosi per il go-‐verno". Il punto è che non esiste una capacità intrin-‐seca di internet di essere strumento di democrazia, e l’espe-‐rienza dimostra che, nella battaglia via web tra democrazia e autoritari-‐smo, quest’ultimo ha sempre la me-‐glio. Laddove si sostiene, come nel caso delle primavere arabe, che in-‐ternet abbia avuto un ruolo cruciale nel rovesciare il regime, in realtà è molto dif;icile riuscire a valutare quan-‐to lo strumento di pro-‐paganda via web sia sta-‐to importante, e quanto piuttosto abbiano pesa-‐to le condizioni di crisi sia economica che di consenso presenti nel paese, il qua-‐dro internazionale, l’instabilità stessa dei regimi al potere e le altre dinami-‐che politiche classiche che costitui-‐vano l’oggetto della propaganda dei rivoluzionari, anche via internet. Senza contare il fatto che le rivolu-‐zioni non hanno conseguito i risultati che speravano di ottenere. Il miglio-‐ramento delle condizioni in Libia e in Egitto, ad esempio, è alquanto discu-‐tibile; basti pensare, nel primo caso, all’anarchia che regna nel paese (di cui il caso drammatico dell’uccisione dell’ambasciatore americano a Ben-‐gasi è una delle tante dimostrazioni) oppure alla controrivoluzione egizia-‐na, dove si è tornati ad un nuovo go-‐verno militare. Il cyber-‐utopismo è dunque una concezione piuttosto semplicistica di quello che realmente è il ruolo di internet nella battaglia per sviluppare la democrazia, soprat-‐tutto là dove questa ancora non esi-‐ste. Si tratta di una tesi che ha riscos-‐so un certo successo soprattutto ne-‐
gli Stati Uniti, dove il cyber-‐utopismo si è sviluppato tra molti policyma-‐kers, sia repubblicani che democrati-‐ci, che lo hanno visto come uno strumento per tentare di diffondere la democrazia nel mondo a basso co-‐sto e senza imbarcarsi in scenari di
politica estera molto complessi. Il problema è che una visione eccesi-‐vamente semplicistica del ruolo di internet in questo campo rischia di disorientare le forze po-‐litiche che devono af-‐frontare un mondo già
molto dif;icile e in continua trasfor-‐mazione.A livello globale, il mondo del cyber-‐centrismo è molto variegato. In Italia abbiamo, ad esempio, il Movimento 5 Stelle che sostiene che l’unica parte-‐cipazione veramente democratica è quella online, perché potenzialmente coinvol-‐ge tutti i cittadini. Negli Usa si propaganda molto il fatto che la campagna di Obama sia stata ;inan-‐ziata interamente da pic-‐cole donazioni via web, e si omette di ricordare l’amplissimo lavoro di contatti diretti con i cit-‐tadini, inclusa la campagna porta a porta, che ha alimentato il consenso per il presidente. Ci sono poi movi-‐menti che utilizzano internet come unica fonte di informazione, e così via. In generale, sono molte le forze politiche che cominciano a sostenere, anche se in modo poco argomentato,
che svariati elementi che compongono la realtà della politica degli Stati stanno ormai venendo via via sosti-‐tuite da internet.Ora, se è chiaro che internet è uno strumento formidabile, molte posizioni tipiche dei cyber-‐centristi sono invece irrealistiche. Un esempio è il mito della formazione online. La formazione online non esiste, esistono approfondi-‐menti online. Internet è estremamente vasto e la scel-‐ta del surfer comincia da una pagina bianca con una barra di ricerca: solo la cultura personale dell'individuo lo porterà ad approfondire ciò che desidera. Un altro esem-‐pio è il dibattito. Esistono esperimenti che mostrano come il dialogo tra persone
;isicamente vicine in grado di vedersi in faccia sia molto più accurato ed educato di quello online che sembra invece favorire messaggi molto bana-‐li e semplici, spesso emozionali e spesso iracondi, esposti più facilmen-‐te dalle personalità più rissose a cau-‐sa di vari fattori come: l'assenza del volto nella comunicazione, la non contemporaneità della comunicazio-‐ne, l'assenza di senso della responsa-‐bilità, il fatto che internet è in primo luogo un mezzo di svago, ecc..Un terzo esempio è invece l'idea che internet pari;ichi gli attori e che dun-‐que le battaglie politiche del XXI se-‐colo sono e saranno molto più demo-‐cratiche di quelle passate. In realtà è evidente che gli attori politici che più hanno bene;iciato dei vantaggi di in-‐ternet non erano affatto degli scono-‐sciuti e che tendenzialmente internet funziona da cassa di risonanza per
chi ha più visibilità sui mezzi tradizionali di in-‐formazione. Prendiamo, ad esempio, il Democratic Party americano e il suo ;inanziamento volontario da parte di privati (il cui importo non poteva mai superare i 200$). Questo fenomeno ha portato molti a credere che si sia
aperta una nuova fase democratica; ma, da un lato, il DP era già conosciu-‐to da tutti, dall'altro, larga parte della sua campagna elettorale è stata in realtà una campagna porta a porta, quindi qualcosa che, a livello applica-‐tivo, è sopratutto of;line.Un altro esempio che si cita spesso di
Il punto è che non esiste una capacità
intrinseca di internet di essere strumento
di democrazia
Se è chiaro che in-ternet è uno stru-mento formidabile, molte posizioni ti-piche dei cyber-
centristi sono inve-ce irrealistiche
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successi web, e che in realtà non sono dipesi in maggior parte da in-‐ternet, è proprio quello del Movi-‐mento 5 Stelle che ha portato molte persone nelle piazze e che è stato costantemente pubblicizzato da ogni telegiornale televisivo e dalla stampa, anche in assenza di interviste dei componenti del movimento.Si può concludere che internet è un nuovo strumento e una nuova arena di confronto, con caratterisitiche e dif;icoltà peculiari, che non si sosti-‐tuisce a quelli classici come le piazze e le sale conferenza. Internet è desti-‐nato a divenire un complemento di ogni organizzazione politica ma il suo successo dipenderà molto dalla natu-‐ra e dalle capacità di tale organizza-‐zione nel mondo away from key-‐
board.In conclusione, le continue e rapidis-‐sime trasformazioni create dalle s;i-‐de del mondo globalizzato, che vedo-‐no gli Stati nazionali e la stessa poli-‐tica sempre più in diffcioltà, portano molti policymakers e osservatori a cercare confusamente una soluzione facile nel web. In questo modo, la comunicazione e l'emozionalità dei messaggi rischiano di prendere il so-‐pravvento sulla formazione politica e sulla concretezza dei progetti e degli obiettivi, favorendo contempora-‐neamente i partiti populisti e il pro-‐gressivo distacco dei cittadini dalla vera politica, e portando alla scom-‐parsa delle organizzazioni partitiche che pure hanno svolto storicamente un ruolo essenziale per la vita demo-‐cratica.I nodi crucia l i del la pol i t ica
internazionale, dalla crisi economica a quelle militari, richiedono un salto di qualità della politica. Per gli europei il problema è avere la capacità di creare gli Stati Uniti d'Europa per garantire un quadro che renda possibile affrontare ef;icacemente i problemi, ormai sovranazionali. Illudersi che la comunicazione e l’uso di internet possano fornire, di per sé, la chiave per risolvere le crisi, rischia di essere estremamente controproducente e di ritardare il momento di presa di coscienza della necessità, oggi ineludibile, di compiere il salto di superare le sovranità nazionali per allargare l’orbita dello Stato e, con esso, della democrazia.
Nelson Belloni
Tra il 1950 e il 1954 in Europa vi fu-‐rono lunghe trattative attorno alla possibilità di costituire una Comuni-‐tà europea di difesa (CED) che aveva come scopo la costituzione di un esercito europeo per superare il problema del riarmo tedesco in un’ottica di reciproca integrazione e per consentire agli Stati membri del-‐la CECA di dotarsi di una politica di difesa e sicurezza. Tale progetto non solo era solo rivolto allo scopo di una più stretta collaborazione militare, ma gettava anche le basi per la costi-‐tuzione di uno Stato federale euro-‐peo fondato su una costituzione e su istituzioni democratiche. Le resi-‐stenze degli Stati a rinunciare ad un pezzo cosi importante della propria sovranità ed in particolare il ri;iuto dell’Assemblea francese a rati;icare il nuovo Trattato, fecero naufragare il progetto CED. L’Europa rinunciò de facto ad adottare una politica di dife-‐sa comune delegando tale compito alla NATO e alla presenza di forze e armamenti americani all’interno del vecchio continente. Finita però la Guerra fredda e scom-‐parsa la minaccia sovietica, si è riac-‐ceso sin dalla ;ine degli anni Ottanta il dibattito sulla difesa del continente e se questa può ancora essere dele-‐gata agli USA e alle loro basi. In que-‐
sto nuovo contesto la presenza sta-‐tunitense (e gli arsenali connessi) all’interno del territorio europeo ac-‐crescono la preoccupazione tra l’opi-‐nione pubblica e la classe politica. A ottobre il periodico tedesco Der Spiegel pubblicava un articolo sulla decisione dell’amministrazione ame-‐ricana di “riquali;icare” l’arsenale nucleare presente sul territorio te-‐desco. L’idea è quella di rimpiazzare
entro il 2024 le vecchie testate nu-‐cleari con delle nuove, le B-‐61-‐12, che hanno un potere distruttivo 90 volte superiore a quello della bomba di Hiroshima. Questo nonostante da tempo la Germania abbia espresso più volte il desiderio di vedere que-‐sto arsenale rimosso de;initivamen-‐te, ma ad oggi i governi USA e il Pen-‐tagono non hanno fatto particolari passi indietro in tal senso, mostran-‐
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doci quanto sia unilaterale il rappor-‐to tra la piccola Germania e il colos-‐so statunitense. E la Germania non è la sola ad aver protestato contro l’ingerenza americana nella politica di difesa europea. Guardando all’Italia possiamo vedere come dalle vicende sull’am-‐pliamento della base militare di Vicenza di pochi anni fa al più recente caso della co-‐struzione del MUOS in Sicilia, le reazioni ostili delle popolazioni loca-‐li, spesso in sintonia con la più generale opinione pubblica, non abbiano sortito effetti ancora una volta a causa della “sudditan-‐za” di tutti i paesi eu-‐ropei di fronte allo strapotere statu-‐nitense. E’ chiaro che se in Europa si vuole rinegoziare alla pari con gli USA il tema della difesa, non si può farlo senza una politica estera co-‐mune in grado di proporre alla NA-‐TO un nuovo piano per da difesa europea – anche per rinegoziare ra-‐dicalmente i termini del vecchio Pat-‐to Atlantico. Andare a “ripescare” un progetto analogo a quello della CED, non è solo un modo per potersi sganciare dall’ingerenza statunitense, ma offre anche la possibilità di notevoli van-‐taggi sia dal punto di vista economi-‐co sia dal punto di vista politico-‐strategico. In tempo di crisi econo-‐mica è chiaro che una riquali;icazio-‐ne della spesa militare che riduca drasticamente i costi senza intacca-‐re la qualità delle forze armate non può non essere presa in considera-‐zione. E’ possibile osservare come negli ultimi decenni, salvo rare ec-‐cezioni, l’impiego degli eserciti eu-‐ropei in missioni all’estero sia sem-‐pre stato fatto all’interno di forze multinazionali sotto mandato della NATO o dell’ONU. Se da un lato ciò ha reso necessario l’istituzione di organismi integrati per favorire la cooperazione tra le varie forze ar-‐mate, dall’altro questo dato pone il dubbio se abbia ancora senso man-‐tenere in piedi le strutture nazionali delle forze armate con tutti i costi che ne derivano, quando si potrebbe avviare un processo concreto di in-‐tegrazione verso la costituzione di un esercito comune. E’ su un aspetto particolare che è necessario soffermarsi: nei bilanci
destinati alla difesa dei vari paesi europei, si può notare come diversi capitoli di spesa (addestramento, strutture di supporto, acquisto di beni e servizi, investimenti su ricer-‐
ca e sviluppo di nuovi armamenti) , s iano comuni a tutti i 28 sta-‐ti membri e spesso gli stessi paesi fanno in-‐vestimenti su ricerche analoghe ma distinte. Invece di prevedere un piano di ottimizza-‐zione dei costi e di ac-‐corpamento delle va-‐rie agenzie di ricerca che garantirebbe ri-‐sparmi notevoli, gli Stati dell’UE continua-‐no a perseverare nel perseguire le loro po-‐litiche nazionali. E’
dif;icile fare una stima precisa sulle spese attuali e i possibili risparmi, ma basti pensare ad esempio ad al-‐cuni casi speci;ici come le spese nel settore della ricerca aereonautica, in cui le spese complessive dell’Europa sono state superiori a quelle degli USA, pur avendo lavorato su proget-‐ti analoghi e con risultati inferiori. La moltiplicazione delle spese e le conseguenti diseconomie di scala nell’ambito produttivo sono un chia-‐ro “spreco” su cui i paesi dell’UE do-‐vrebbero cominciare a ri;lettere. Una stima approssimativa ci dà in-‐fatti una forbice tra i 20 e i 120 mi-‐liardi di euro l’anno in risparmi pos-‐sibili; si tratta chiaramente di una
forbice molto ampia, che tuttavia non può essere sottovalutata.Da un punto di vista politico-‐strate-‐gico, la creazione di una forza di di-‐fesa europea non deve essere vista come sintomo di una “tensione im-‐perialista” dell’Europa; al contrario come mostra la natura di alcuni in-‐terventi recenti come Kosovo e Li-‐bano dove ancora oggi sono in corso le missioni di peace-‐keeping, l’Euro-‐pa potrà giocare un vero ruolo di forza di pace nel quadro dell’ONU nell’area mediterranea. La costitu-‐zione di un esercito europeo può essere l’occasione di dare autorevo-‐lezza alla politica estera europea, se essa si doterà delle istituzioni e de-‐gli organismi necessari, in primis un vero ministero degli affari esteri, che superi la frammentazione delle linee politiche adottate dai diversi Stati, spesso troppo schiacciate su posizioni ;iloamericane. La mancan-‐za di un ruolo dell’Europa nelle Pri-‐mavere arabe è stata un sintomo dell’incapacità europea di sedere al tavolo delle relazioni tra le grandi potenze in condizioni di parità. Le precondizioni per la costituzione dell’esercito europeo esistono già; attualmente vi sono in vigore diversi progetti di brigate multinazionali, costituite da forze di diversi paesi. Implementare tali progetti, istitu-‐zionalizzarli e avviare un percorso verso una maggiore cooperazione tra tali forze può permettere di co-‐stituire un nucleo da cui partire. Allo
La costituzione di un esercito europeo può essere l’occasione di
dare autorevolezza al-la politica estera euro-pea, se essa si doterà delle istituzioni e degli organismi necessari, in primis un vero mi-
nistero degli affari esteri
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stesso modo, accorpare e rafforzare i poteri delle diverse agenzie europee che al momento si occupano, seppur in ambiti ristretti, dell’acquisto e del-‐la condivisione dei beni, può rappre-‐sentare la creazione di un primo nu-‐cleo amministrativo del futuro eser-‐cito europeo. E’ chiaro che accanto a questo processo – e per molti aspetti come sua pre-‐condizione – dovrà accompagnarsi lo sviluppo di istitu-‐zioni democratiche sovranazionali che abbiano il monopolio sulla poli-‐tica estera e di difesa.
Insomma dopo sessant’anni dal fal-‐limento della CED gli europei si ri-‐trovano davanti lo stesso bivio: ri-‐nunciare a parte della propria so-‐vranità per poter provvedere da sé alla propria sicurezza e riacquisire autorevolezza sul piano internazio-‐nale, o scegliere la strada della con-‐servazione per continuare a contare poco nello scacchiere internazionale e lasciare ad altri la responsabilità della difesa europea.
Giovanni Salpietro
Il Transatlantic Trade & Investment Partnership: più di un'area di libero scambio
In tempo di crisi economica è chiaro che una riqualifica-zione della spesa militare che riduca drasticamente i
costi senza intaccare la qualità delle forze armate non può non essere presa
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Il 28 novembre 2011, a Washington D.C., al termine del classico vertice bilaterale tra UE-‐USA, venne annun-‐ciato che gli Stati Uniti e l'Unione avrebbero proceduto a ;inalizzare un'area di libero scambio. I motivi sottostanti sono molteplici, secondo le conclusioni del vertice: l'aumento della cooperazione economica tra le due aree attraverso la riduzione di tutte quegli ostacoli, di tipo tariffario e di tipo non tariffario, che porteran-‐no anche alla creazione di nuovi po-‐sti di lavoro.Il vertice quindi incaricò il Transa-‐tlantic Economic Council, di istituire un gruppo di lavoro di alto pro;ilo, (High Level Working Group) che avrebbe dovuto indivi-‐duare le aree di intervento che un accordo di libero scambio avrebbe dovuto af-‐frontare. Il report ;inale del HLWG venne presentato l’11 febbraio 2013: in esso si fa-‐ceva menzione dell'abolizio-‐ne di tutte le barriere di tipo tariffario e si affrontava la questione della riduzione del-‐le barriere di tipo non tariffa-‐rio, attraverso la convergenza verso una piena compatibilità dei sistemi legali e delle nor-‐me commerciali. I settori d'intervento, da includere nelle trattative per la realiz-‐zazione dell'area di libero scambio indicati dal HLWG sono: i beni, i servizi, i pro-‐dotti sanitari e ;ito-‐sanitari, i diritti di proprietà intellettua-‐le, gli appalti pubblici, i beni
elettronici, digitali ed informatici, gli investimenti diretti, le misure per le piccole e medie imprese, i sussidi pubblici, le imprese sotto controllo statale, l’approvvigionamento ener-‐getico e il commercio di materie prime, la risoluzione dei con;litti commerciali, la forza lavoro e l’am-‐biente.Secondo il contenuto del report ;ina-‐le del HLWG, il Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP) non sarà un semplice accordo tariffa-‐rio: dal momento che le tariffe com-‐merciali tra USA e EU sono già bas-‐sissime, al punto che un loro totale annullamento, secondo due studi
fatti dal CEPR (Centre for Economic Policy Research) di Londra e, con-‐giuntamene, dagli istituti IFO (Insti-‐tut für Wirschaftsforschung) di Mo-‐naco e Bertelsmann Stiftung di Gü-‐tersloh, avrebbe degli effetti relati-‐vamente ridotti su una crescita del PIL delle due aree. Sarà invece un High Level Comprehensive Agreement (come lo hanno de;inito i presidenti Barroso, Obama e Van Rompuy in un comunicato congiunto del 13 feb-‐braio, nel quale i tre presidenti han-‐no confermato l'impegno a iniziare le trattative), cioè un accordo comples-‐sivo che prevede una vera e propria convergenza sul versante del diritto
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Scheda personaggio - Emery RevesEmery Reves nacque a Bácsföldvár, Ungheria, da genitori ebrei e fu edu-‐cato a Berlino, Zurigo e Parigi. Di professione scrittore, giornalista e editore costruì la sua carriera alle dipendenze di Winston Churchill come suo agente delle comunicazioni per la propaganda anti-‐nazista. Quando Churchill fu eletto Primo Mi-‐nistro, Reves fu inviato a New York per organizzare la campagna di pro-‐paganda anti-‐nazista. Durante la guerra formò un proprio pensiero sulle origini della guerra mondiale e sull’unica possibile vera pace, che culminarono nella pubblicazione del libro Anatomia della Pace, nel 1945, che ebbe un suc-‐cesso strepitoso. Il libro, sostenuto da una forte carica emotiva e morale, con chiaro intento didascalico e per-‐suasivo, denuncia le teorie sulle origini della guerra, l’anarchia istituzionale del mondo, le contraddizioni
della divisione del mondo in Stati nazionali, le inef;icaci soluzioni per mantenere la pace (riduzione degli armamenti, creazione dell’ONU).
Tra le sue frasi più celebri:
«Per dirla brutalmente, il signiNicato della crisi del secolo ventesimo è che questo pianeta deve in un certo grado essere posto sotto un controllo uniNi-‐cato. Il nostro compito, il nostro dove-‐re è tentare di istituire questo con-‐trollo uniNicato in modo democrati-‐co».
«Nel mezzo del ventesimo secolo, non si può considerare rivoluzionario nessun movimento che non concentri la sua azione e la sua forza nello sradicare quella istituzione tirannica (lo Stato nazionale) che, per la propria autoconservazione e autogloriNicazione, tra-‐sforma gli uomini in assassini e schiavi».
commerciale.Il Consiglio dei ministri degli esteri dell'UE ha dato il via libera alle trat-‐tative il 14 giugno scorso, dopo il su-‐peramento del veto francese. L'op-‐posizione della Francia si basava sul-‐la volontà di applicare una principio di eccezione culturale, ovvero l'esclusione di tutti i beni di tipo au-‐diovisivo dalle trattati-‐ve e dalle competenze del trattato. La ragione di questa decisione era il timore di un dum-‐ping linguistico-‐cultu-‐rale esercitato dagli USA verso i paesi eu-‐ropei non anglofoni. In un momento iniziale più governi europei si erano schierati al suo ;ianco nel richiedere l'eccezione cul-‐turale. Successivamente, essendo venuto meno il sostegno degli altri paesi all'iniziativa francese, la Fran-‐cia rimase sola ma ferma nella sua volontà di porre il veto all'inizio delle trattative, qualora i prodotti audiovi-‐sivi non fossero stati esclusi. Solo l'accettazione dell'eccezione cultura-‐le come principio dei negoziati per-‐mise il consenso della République all'inizio delle trattative. Ad oggi, si sono tenuti due rounds di negoziati, uno a luglio e uno a novembre, e un terzo è previsto per dicembre.
Gli effetti del TTIP sull'economia europea:
Al momento, sono due gli studi, già citati precedentemente, che si sono concentrati su un'analisi approfondi-‐ta degli effetti macroeconomici del
TTIP sulle economie europea e statunitense: lo studio del CEPR e quello degli istituti IFO e Bertelsmann Stiftung.Entrambi gli studi pre-‐vedono che un accordo complessivo avrebbe effetti molto positivi su ambedue le aree: il CEPR parla di un in-‐cremento del PIL UE che va dai 62 ;ino ai 119 miliardi di euro l'anno, e ad uno di 49,5
;ino a 95 miliardi di euro l'anno per gli USA, e degli effetti positivi sui paesi terzi per circa 100 miliardi di euro l'anno. A livelli as-‐soluti, un gioco win-‐win, che può creare maggiore ricchezza e benessere per tutte le parti. E' inte-‐ressante notare che, lo studio del CEPR, non so-‐lo considera UE e USA come due blocchi unici, ma usa come indice di calcolo il PIL e volumi commerciali in termini assoluti. Molto diverso è
lo studio del IFO/Bertelsmann. Que-‐sto studio, calcola gli effetti degli scenari del TTIP su diversi indici: PIL reale pro-‐capite, ;lussi commerciali e effetti sull'occupazione. La particola-‐rità è che, a differenza dello studio del CEPR, questo studio considera non l'Unione europea come un uni-‐cum, ma va a considerare gli effetti del TTIP (sia nello scenario minimo di sola abolizione delle tariffe, sia nello scenario più ambizioso ovvero di liberalizzazione complessiva) sui singoli paesi UE. Con risultati molto interessanti:Uno scenario di abolizione delle sole tariffe, avrebbe effetti marginalmen-‐te bassi, sebbene positivi, sulla cre-‐scita del PIL reale pro-‐capite delle due aree (ovvero, dei singoli paesi UE e degli USA nel complesso), men-‐tre una liberalizzazione complessiva, andrebbe ad incidere in modo molto positivo sulla crescita del PIL degli USA e di tutti i 28 paesi UE. Tuttavia,
secondo questo studio, avrebbe effetti negativi sul PIL pro-‐capite reale di tutti i paesi terzi, compresi i BRICS, i paesi EFTA, NAFTA e i paesi candidati all'ingresso nell'Unione. Inoltre, ri-‐sulta molto interessante lo studio che avrebbe ques to accordo su l commercio tra paesi UE: se, infatti, soprattutto
Il TTIP non sarà un semplice accordo tariffario [...] sarà invece un "High Le-vel Comprehensive
Agreement" che prevede una vera e propria convergen-za sul versante del diritto commerciale
il consiglio dei ministri degli
esteri dell'UE ha dato il via libera alle trattative il
14 giugno scorso, dopo il supera-mento del veto
francese
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Publius - Per un’alternativa europeaNumero 17 - Gennaio/Marzo 2014
Direttore responsabile: Giacomo GanzuRedazione: Nelson Belloni, Federico Butti, Laura Filippi, Paolo Filippi, Giacomo Ganzu, Luca Lionello, Maria Vittoria Lochi, Ga-briele Mascherpa, Laura Massocchi, Davide Negri, Carlo Maria Palermo, Francesco Pericu, Elena Passerella, Giovanni Salpietro, Giulio Saputo, Romina Savioni, Giulia Spiaggi, Bianca Viscardi, Francesco Violi, Gabriele Volpi.Stampato presso: Tipografia P.I.M.E Editrice S.r.l
Puoi trovare Publius, oltre ai vari angoli dell’Università, anche presso: bar interno facoltà di Ingegneria, bar facoltà di Economia, mensa Cravino, sala studio San Tommaso, bacheca A.C.E.R.S.A.T cortile delle statue.
Periodico trimestrale degli studenti dell’Università di Pavia. Informazioni, riflessioni e commenti sull’Europa di oggi e di domani.Registrazione n. 705 del Registro della Stampa Periodica - Autorizzazione del tribu-nale di Pavia del 19 Maggio 2009
Iniziativa realizzata con il contributo concesso dalla Commissione Permanente Studenti dell’Università di Pavia nell'ambito del programma per la promozione delle attività culturali e ricreative degli studentiDistribuito con licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic.
nello scenario della liberalizzazione complessiva, aumenterebbero molto i ;lussi commerciali tra singoli paesi UE e Stati Uniti, al tempo stesso di-‐minuirebbe in modo sostanziale il commercio intra-‐UE, dal momento che molte imprese dei singoli paesi membri troverebbero molto conve-‐niente fare affari negli USA e con im-‐prese d'oltreoceano, una volta venuti meno quegli ostacoli attualmente in essere. Questo calo complessivo del commercio intra-‐UE avrebbe effetti modesti nello scenario “solo tariffe”, mentre, nel caso di quello di una li-‐beralizzazione complessiva, gli effet-‐ti sarebbero molto profondi. Ad esempio, i ;lussi commerciali tra Germania e USA, in questo scenario, aumenterebbero del 93,5%, ma al contempo, il commercio tra Germa-‐
nia e Francia calerebbe del 23,45%, quello Germania-‐Italia del 29,45% e quello Germania-‐paesi PIIGS, com-‐plessivamente del 31% . Nell'insie-‐me, si rafforzerebbe in modo sostan-‐ziale la relazione commerciale tra USA e UE e con essa il benessere di entrambe le parti, anche in termini di crescita di posti di lavoro, ma al contempo ci sarebbero forti riper-‐cussioni all’interno dell’Unione eu-‐ropea. E' altrettanto interessante rilevare che lo studio IFO/Ber-‐telsmann non ha fatto un'indagine analoga sugli effetti del TTIP sui 50 stati dell'Unione americana.
Un matrimonio che si ha da fare?
In termini economici e quantitativi, un accordo del genere, nella sua
forma più ambiziosa, sa-‐rebbe il più grande accor-‐do commerciale della sto-‐ria, sia in termini di PIL dei partner coinvolti, sia in termini di ;lussi commer-‐ciali, sia in termini di gua-‐dagni reciproci. Un affare conveniente per entrambe le parti, nonostante ci in-‐duca a ri;lettere il fatto che ciò possa portare ad un calo del commercio intra paesi UE, bilanciato da un fortissimo aumento del commercio UE-‐USA.E' da rimarcare il fatto po-‐sitivo che gli Stati Uniti, in questo momento, stanno trattando con un'unica controparte europea, ov-‐vero la Commissione. Non è da escludere, che nel ca-‐so le trattative giungano a buon ;ine, questo prece-‐dente possa essere positi-‐
vo per degli accordi futuri riguar-‐danti altri ambiti, e non è da esclu-‐dere che la ;inalizzazione e l'entrata in vigore del TTIP, possa, nel lungo termine, portare ad una maggiore convergenza, anche politica, tra le due sponde dell'Atlantico.Appare però evidente come, af;inché questo accordo non crei squilibri capaci di indebolire ulteriormente la coesione europea e di accrescere il divario tra paesi europei a diversa vocazione commerciale, da parte dell’Europa questo grande progetto si deve accompagnare con una suo parallelo rafforzamento dell’unione politica a complemento dell’attuale unione economica e monetaria.