Se la maglia della nonna ci lascia indifferenti Se la maglia della nonna ci lascia indifferenti Se la maglia della nonna ci lascia indifferenti Tra tante cose del passato che si ricorda- no con nostalgia, ce n’è una che sembra non suscitarne affatto: il caldo maglione lavorato ai ferri che la nonna regalava nelle ricorrenze importanti. Aveva pure qualche imperfezione, ma a nessuno sarebbe venuto in mente di criticarlo, era tipico del “fatto a mano”. Oggi un simile regalo che successo potrebbe avere? L’occhio è ipercritico. O la perfezione o niente. La mate- rialità e l’esteriorità galoppa- no! Quale modello, dunque, per i giovani? Eppure oggi sembra quasi che siano i giovani a costituire “unicamente” un problema sia sociale che ecclesiale. Siamo ormai assuefatti alle considerazioni su noi giovani: privi di interesse, facebook- dipendenti, poco colti, lontani dalla fede, assolutamente non praticanti una religione, irresponsabili, arroganti, morbosi per l’aspetto fisico … insomma immaturi e chi più ne ha più ne metta! E la colpa di chi è? Semplice la risposta : dei cattivi mo- delli televisivi e delle “dispersioni della rete virtuale”! Beh, mi sembra troppo co- modo suffragare questa tesi, se mancano i modelli non sarà perché gli adulti e le istituzioni non ci sono? E, se ci sono, non si fanno vedere? Se non “arrivano” non avranno forse fallito? Qualcuno si è mai chiesto in profondità di cosa davvero ab- biamo bisogno noi giovani per accogliere al meglio il dono della vita e, quindi, della fede con tutto il coraggio possibile? Nella decisione di seguire sic et simpliciter Ge- sù e le sue logiche, spesso possiamo sentirci accerchiati, impauriti e stanchi, ma rimane la speranza di un cammi- no da continuare, di una bellezza da contemplare e di un Signore buono che ci accoglie nella sua casa e nel suo abbraccio ci fa riposare così da poter andare avanti e compiere cia- scuno la propria missione. Ma questo messaggio perché non arriva piena- mente? Siamo veramente noi giovani “duri a sentire” o questo messaggio non è poi tanto diffuso? Il Maestro ci coinvolge in una relazione personale di amicizia con lui nutrita dell’ascolto della Parola e della preghiera, che trova ulteriore vitalità nell’amore del prossimo e del servizio al mondo: questa la vera essenza da noi non percepita, il primo insegnamento che dai religiosi e dai laici ispirati deve esser tramandato. Solo dopo sarà possibile organizzare attività di qual- sivoglia genere. Ripensando al con- sueto modo dei miei coetanei di in- tendere i vari incontri presso l’oratorio della Parrocchia da me fre- quentata, i momenti di incontro sono visti in senso egoistico: ad esempio, andare al catechismo per poter “fare la Comunione e levarsi un pensiero”, “andare” a Messa solo perché luogo d’incontro o per apparire, aderire ad un’iniziativa spesso tralasciando il reale fine: conoscere e far conoscere Dio. Siamo nell’era dell’impoverimento antropologico: l’uomo viene sfruttato e la sua vita assume un valore utilitaristi- co, l’essere umano risulta “buono” solo a certe condizioni non in quanto uomo. Una vita a tutto ton- do non può rinchiudersi nell’individualismo, è questo il vero scopo della fede e se non si riesce a farlo capire ai giovani, a noi ‘adulti del domani’, allora l’esistenza dell’uomo sarà confina- ta a vari ‘compartimenti’ di como- do. Sia chiaro, i problemi ci sono, e anche grossi (sic!). Ma, nessuno di noi è veramente vuoto, nessuno di noi è irrimediabilmente perso, pro- babilmente in molti c’è tanta solitu- dine. Dico ai miei coetanei, che anche noi dobbiamo aprirci e porre al centro della nostra vita relazioni disinteressa- te, significativi amori, rapporti fondati su una roccia capace di essere motivo di pienezza! Non siamo soli e la fede deve darci forza per non mollare mai. Esistono interrogativi rispetto ai quali nessuno di noi può sentirsi estraneo o lontano, ed esistono ugualmente realtà che ci accomunano tutti: felicità, soffe- renza, morte, amore, fallimenti, lavoro, festa, giustizia e pace, la stessa sfida di Dio. In molti cerchiamo Dio non co- noscendolo e, talvolta, senza saperlo. Giovanna Pisano Molochio (RC)
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Transcript
Se la maglia della nonna ci lascia indifferentiSe la maglia della nonna ci lascia indifferentiSe la maglia della nonna ci lascia indifferenti
Tra tante cose del passato che si ricorda-
no con nostalgia, ce n’è una che sembra
non suscitarne affatto: il caldo maglione
lavorato ai ferri che la nonna regalava
nelle ricorrenze importanti. Aveva pure
qualche imperfezione, ma a nessuno
sarebbe venuto in mente di criticarlo, era
tipico del “fatto a mano”. Oggi un simile
regalo che successo potrebbe avere?
L’occhio è ipercritico. O la
perfezione o niente. La mate-
rialità e l’esteriorità galoppa-
no! Quale modello, dunque,
per i giovani? Eppure oggi
sembra quasi che siano i
giovani a costituire
“unicamente” un problema
sia sociale che ecclesiale.
Siamo ormai assuefatti alle
considerazioni su noi giovani:
privi di interesse, facebook-
dipendenti, poco colti, lontani
dalla fede, assolutamente
non praticanti una religione,
irresponsabili, arroganti, morbosi per
l’aspetto fisico … insomma immaturi e chi
più ne ha più ne metta! E la colpa di chi
è? Semplice la risposta : dei cattivi mo-
delli televisivi e delle “dispersioni della
rete virtuale”! Beh, mi sembra troppo co-
modo suffragare questa tesi, se mancano
i modelli non sarà perché gli adulti e le
istituzioni non ci sono? E, se ci sono, non
si fanno vedere? Se non “arrivano” non
avranno forse fallito? Qualcuno si è mai
chiesto in profondità di cosa davvero ab-
biamo bisogno noi giovani per accogliere
al meglio il dono della vita e, quindi, della
fede con tutto il coraggio possibile? Nella
decisione di seguire sic et simpliciter Ge-
sù e le sue logiche, spesso possiamo
sentirci accerchiati, impauriti e stanchi,
ma rimane la speranza di un cammi-
no da continuare, di una bellezza da
contemplare e di un Signore buono
che ci accoglie nella sua casa e nel
suo abbraccio ci fa riposare così da
poter andare avanti e compiere cia-
scuno la propria missione. Ma questo
messaggio perché non arriva piena-
mente? Siamo veramente noi giovani
“duri a sentire” o questo messaggio
non è poi tanto diffuso? Il Maestro ci
coinvolge in una relazione personale
di amicizia con lui nutrita dell’ascolto
della Parola e della preghiera, che
trova ulteriore vitalità nell’amore del
prossimo e del servizio al mondo:
questa la vera essenza da noi non
percepita, il primo insegnamento che
dai religiosi e dai laici ispirati deve
esser tramandato. Solo dopo sarà
possibile organizzare attività di qual-
sivoglia genere. Ripensando al con-
sueto modo dei miei coetanei di in-
tendere i vari incontri presso
l’oratorio della Parrocchia da me fre-
quentata, i momenti di incontro sono
visti in senso egoistico: ad esempio,
andare al catechismo per poter “fare la
Comunione e levarsi un pensiero”,
“andare” a Messa solo perché luogo
d’incontro o per apparire, aderire ad
un’iniziativa spesso tralasciando il
reale fine: conoscere e far conoscere
Dio. Siamo nell’era dell’impoverimento
antropologico: l’uomo viene sfruttato e
la sua vita assume un valore utilitaristi-
co, l’essere umano risulta “buono”
solo a certe condizioni non in
quanto uomo. Una vita a tutto ton-
do non può rinchiudersi
nell’individualismo, è questo il vero
scopo della fede e se non si riesce
a farlo capire ai giovani, a noi
‘adulti del domani’, allora
l’esistenza dell’uomo sarà confina-
ta a vari ‘compartimenti’ di como-
do. Sia chiaro, i problemi ci sono, e
anche grossi (sic!). Ma, nessuno di
noi è veramente vuoto, nessuno di
noi è irrimediabilmente perso, pro-
babilmente in molti c’è tanta solitu-
dine. Dico ai miei coetanei, che anche
noi dobbiamo aprirci e porre al centro
della nostra vita relazioni disinteressa-
te, significativi amori, rapporti fondati
su una roccia capace di essere motivo
di pienezza! Non siamo soli e la fede
deve darci forza per non mollare mai.
Esistono interrogativi rispetto ai quali
nessuno di noi può sentirsi estraneo o
lontano, ed esistono ugualmente realtà
che ci accomunano tutti: felicità, soffe-
renza, morte, amore, fallimenti, lavoro,
festa, giustizia e pace, la stessa sfida
di Dio. In molti cerchiamo Dio non co-
noscendolo e, talvolta, senza saperlo.
Giovanna Pisano Molochio (RC)
Domenica 17 marzo Domenica 17 marzo Domenica 17 marzo
… Accendi il pensiero!… Accendi il pensiero!… Accendi il pensiero!
PER L’ ANNO DELLA FEDE: YOUCATPER L’ ANNO DELLA FEDE: YOUCATPER L’ ANNO DELLA FEDE: YOUCAT
In quest’anno della fede sentiamo il bisogno di
tornare alle radici profonde del nostro credo,
iniziando proprio dalle caratteristiche essen-
ziali della pratica cristiana. Ci serviamo di
YouCat, il catechismo fatto apposta per i gio-
vani!
Perché la musica è così importante per noi
giovani? Perché spesso preferiamo scappare
dal mondo e rifugiarci nel nostro microco-
smo? L’abbiamo chiesto a Federica.
chiedere nulla in cambio. La musica è la spinta
che proviene dall'interno ed è ovunque, è un luo-
go nel quale possiamo sentirci salvi, al sicuro,
coccolati, cullati. Questo colore che diamo al
nostro mondo ci può aiutare a vedere tutto con
una luce nuova, è l'armonia dell'universo mera-
vigliosa in ogni sua sfumatura, e non è solo nel
piacevole suono di una chitarra o
nelle dolci note di un pianoforte, o nella voce
angelica dei nostri cantanti preferiti. La musica è
nel rumore delle onde del mare, in quello della
pioggia che cade, nel soffio del vento, nella risa-
ta di un bambino. È in ogni piccola grande cosa
che Dio ci ha donato, non bisogna fare altro che
aprire il nostro cuore.. ed ascoltare.
Federica De Falco (Napoli)
Il mondo può apparire spento quando ci sem-
bra che tutto ci stia crollando addosso, quindi
abbiamo bisogno di un colore che lo accenda.
Il colore che diamo al nostro mondo si traduce
in note nelle quali ci rifugiamo e che possono
darci la forza per andare avanti.. Non importa
il quando, il dove, il come o il perché, la musi-
ca c'è sempre e riesce a darci tanto senza
Che cosa significa il segno della croce?
Con il segno della croce ci poniamo sotto la
protezione del Dio trino. [CCC 2157, 2166]
All'inizio del giorno, di una preghiera, ma
anche prima di cominciare azioni importanti,
un cristiano si pone sotto il segno della croce e
con esso dà inizio a qualcosa "nel nome del
Padre e del Figlio e dello Spirito Santo".
L'invocazione per nome del Dio trino, che ci
abbraccia da ogni lato, santifica le azioni che
cominciamo; ci dona la benedizione e ci rende
forti nelle difficoltà e nelle tentazioni.
Andrea Bisogni (Napoli)
La nostra Quaresima di carità
La Quaresima dei giovani di 3^, 4^ e 5^ superio-re, di Delianuova (RC), è iniziata compiendo la prima delle opere di misericordia corporale: dare da mangiare agli affamati, recandoci a Maropati (RC) martedì 12 febbraio, presso la mensa degli immigrati “Il cenacolo”. Per molti di noi è stata la prima esperienza di servizio alle persone po-vere. Abbiamo servito ai tavoli degli immigrati, i quali sono stati molto riconoscenti per il pane che abbiamo portato e che spesso a loro manca. Siamo tornati a casa contenti per aver aiutato gente che aveva bisogno, vedendo in loro il volto di Cristo. Queste opere ci fanno crescere come persone e come cristiani e ci aiuteranno a rende-re felici le persone che abbiamo accanto anche se diverse da noi. A Pasqua Gesù muore e risorge per ricondurci tutti ad unità: vecchi e giovani, malati e sani, neri e bianchi, liberi e carcerati, po-veri e ricchi.
Serena Lombardo e Antonella Iannò
Il sì di Chiara … il nostro sì
… a Gesù!
Chi è Chiara Luce?
Chiara è una giovane ragazza di Sassello
(Savona), tanto desiderata dai suoi genito-
ri che accolgono cosi il dono grande di u-
na figlia dopo tanti anni di matrimonio.
Chiara cresce in questa famiglia cristiana
ed è attenta fin da piccola agli altri. Rac-
conta mamma Teresa: "Chiara aveva molti
giocattoli e come a tutti i bambini le piaceva
giocare. Un giorno, mentre giocava nella sua
cameretta, io ordinavo la cucina. Ad un certo
momento apro la porta e dico a Chiara: “Certo,
di giocattoli ne hai tanti, ne hai molti!” e lei
dice: “Sì, perché?”. E io dico: “Non potresti
regalarne alcuni ai poveri?”. E lei dice: “Sono
i miei!” E prende questi giocattoli per paura,
per timore. E dopo un po’, vado in cucina e
sento lei che parla: “Questo sì, questo no…!”
Mi sono incuriosita, sono tornata sulla porta e
vedevo che aveva diviso tutti i suoi giocattoli e
poi mi ha detto: “Portami una borsa mamma”, io
gliel’ho portata e ha messo un po’ di giocattoli nel-
la borsa. Le ho chiesto: “Ma Chiara questi sono
quelli nuovi!” E lei mi ha risposto: “Mamma, ai
bimbi poveri non si possono regalare i giocattoli
rotti o vecchi”.
Durante la sua adolescenza incontra la spiri-
tualità del Movimento dei Focolari a cui sce-
glie di aderire vivendo concretamente gli in-
segnamenti del Vangelo per realizzare il so-
gno di Gesù: “Padre che tutti siano uno”.
Questa scelta si fa radicale e decisiva nel mo-
mento in cui Chiara viene a conoscenza di
avere un tumore: impiega ben 25 minuti per
dire il suo Sì a Gesù abbandonato sotto le
vesti della malattia, un sì radicale e definitivo
da cui non si tirerà mai indietro, anche quan-
do le cure saranno dure. “Sai, Gesù mi smac-
chia con la varechina anche i puntini neri, e la va-
rechina brucia. Così quando arriverò in Paradiso
sarò bianca come la neve”. Arriverà anche a
chiedere che non le sia data la morfina perché
la rende poco lucida: “Mi toglie la lucidità ed io
posso offrire a Gesù solo il dolore”.
È la sua migliore amica Chicca a provare il
vestito “da sposa” che Chiara vuole indossare
al suo funerale, perché è certa che nella morte
incontrerà lo Sposo della sua anima! Le ulti-
me parole sono rivolte alla mamma: “Mamma
sii felice, perché io lo sono. Ciao!” E sempre a lei
confida il suo amore per i giovani a cui lascia
il testimone una volta che lei sarà arrivata alla
meta.
Cosa rappresenta per te l’esempio di Luce?
Il nome nuovo di Chiara Luce le viene dato
dopo varie incessanti richieste da parte di
Chiaretta stessa, da Chiara Lubich, fondatrice
del Movimento dei Focolari, e cosi è stato:
nella sua sofferenza Chiara è stato un model-
lo di gioia nel dolore, di radicalità nel mo-
mento della prova con i suoi soli 18 anni di
vita vissuti pienamente per un amore che non
muore, è stata per i giovani del movimento e
del mondo intero
… ANNO DELLA FEDE… ANNO DELLA FEDE… ANNO DELLA FEDE
Continua a pag. 12
… ANNO DELLA FEDE… ANNO DELLA FEDE… ANNO DELLA FEDE
Cosa vuol dire avere fede oggi? o meglio
chi e come sono i giovani cristiani di oggi?
Il nostro mondo tanto votato al raziocinio,
alla praticità, in cui parole come web, face-
book, twitter spopolano è ancora capace di
forgiare cristiani dalla fede profonda e con
una cultura religiosa valida? Teologi, psi-
cologi, storici si prodigano nell’ analizzare il
comportamento delle fasce più giovani
della popolazione davanti alla fede, alla
religiosità. Da queste analisi emergono
spesso dati poco confortanti, i più giovani
tendono ad allontanarsi dalla Chiesa, non
ne sentono il richiamo o preferiscono una
“fede fai da te” o meglio “un Dio su misu-
ra”, ed ecco delinearsi figure di ragazzi indecisi, disinteressati, superficiali. Eppure, proprio in questo contesto
storico sociale, non mancano le manifestazioni di fede autentica da parte di tanti giovani, come quelli che
prendono parte alla GMG coi grandi sorrisi stampati sul viso, pronti a sottoporsi ad estenuanti giornate sotto il
sole per pregare con il Papa e con i tanti coetanei di ogni parte del globo. E’ vero che il mondo offre, oggi,
tanti stimoli e distrazioni che, forse, allontanano facilmente chi è più giovane dalla ricerca profonda di sé, da
una spiritualità fatta di riflessione, di affidamento completo a Dio: il tempo da dedicare alla preghiera si riduce
tanto da sparire, Natale e Pasqua diventano occasioni solo per rispolverare qualche preghiera. Pare si celi
una qualche forma di diffidenza, da parte dei più giovani, verso i dogmi della fede perché quando la spiega-
zione scientifica e l’umana razionalità non bastano è meglio non arrovellarsi, piuttosto si cammina
nell’indifferenza e nel disinteresse. Il senso di smarrimento a volte è molto forte, ma attaccarsi a Dio, alla
preghiera aiuta a mantenere l’equilibrio nella propria vita, a discernere il bene dal male per sé e per gli altri.
Non mancano le testimonianze incoraggianti dei tanti giovani che si consacrano a Dio, anche nella nostra
Diocesi (Oppido-Palmi) che si fanno portatori del messaggio del Buon Gesù; poi ci sono coloro che diventano
membri di associazioni di volontariato all’interno di enti cattolici e si prendono cura di poveri, anziani, malati,
bambini. Ragazzi e ragazze che spendono un po’ del loro tempo libero per gli altri, che danno e che ricevono
tantissimo in cambio, calore umano, gratitudine. Non è poi del tutto vero che i giovani mostrano disinteresse
verso il messaggio ed i valori cristiani. La Chiesa inoltre, si sta aprendo sempre di più ai giovani, offrendo
loro la possibilità di esprimersi e di comunicare ed investendo proprio sui nuovi mezzi di comunicazione tanto
cari ai giovanissimi. Il Papa, i gruppi di preghiera, i San-
tuari di tutto il mondo sono presenti sui social network per
raggiungere chiunque, ovunque. La fede viene interpella-
ta da nuove situazioni e nuovi linguaggi ai quali deve sa-
per rispondere, un nuovo tipo di evangelizzazione,
“un’evangelizzazione hi-tech” è necessaria, perché è inu-
tile negare che nelle mani dei giovani c’è il futuro della
Chiesa e non solo.
Caterina Italiano
Delianuova (RC)
Arte e fedeArte e fedeArte e fede
… ANNO DELLA FEDE… ANNO DELLA FEDE… ANNO DELLA FEDE
Il 20 marzo, a Napoli, Basilica Santa Chiara, un
gruppo di Suore ha partecipato ad un coinvol-
gente momento di preghiera pensato per i giova-
ni universitari. Denominazione dell’evento “I
poveri cristi”. Non potendo trasmettervi la ric-
chezza spirituale e profonda del loro vissuto, vi
proponiamo alcuni brevi flash della spiegazione
dell’immagine della SS. Trinità, sperando di su-
scitare in voi il desiderio di partecipare al prossi-
mo evento: il 28 maggio al Gesù Nuovo.
SS. Trinità di Roberto d’Oderisio - S. Chiara Napoli In uno dei contesti più rappresentativi della città di Napoli si scopre un gioiello dell’arte del XIV secolo: il trecen-tesco affresco della SS. Trinità attribuibile a Roberto d’Oderisio o a un suo allievo. Una grande carica espressiva caratterizza l’immagine della Trinità. Centrata sulla figura del Cristo morto. Il te-ma è fortemente mistico: Dio Padre, insieme allo Spirito Santo sotto forma di bianca colomba, raccoglie e innalza verso il cielo il corpo di Cristo. È il dogma cristiano della compresenza divina del Pa-dre, del Figlio e dello Spirito Santo interpretato visivamen-te con un taglio del tutto par-ticolare. Si compie così il ciclo dell’esistenza terrena di Ge-sù, si apre la gloria divina: non a caso il termine più pre-ciso per la scena è Trono di Grazia, a indicare propria-mente il rango regale assunto da Cristo. Il Padre sorregge il corpo esanime Cristo. Dio è seduto in trono, per evocare il tema del Giudi-zio che segue la Resurrezione. Dio Padre indossa una tunica rossa, ha le sembianze di un uomo maturo ed un'espressione ieratica; le braccia sono leggermente aperte per reggere le braccia di Cristo, che riconse-gnano il braccio orizzontale della croce, simbolo che viene duplicato sulla veste di Dio Padre. La posizione arcuata delle gambe inchiodate sulla croce e il panno quasi trasparente che sembra scivolare lungo i fian-chi, mostrano marcate somiglianze con i crocifissi giotteschi. Interessante è anche un’altra lettura: il figlio, infatti, nella posizione del Cristo in croce ma senza il legno viene sostenuto dal Padre, anzi è nelle
braccia del Padre che amorevolmente lo tiene, ispi-rato, potrebbe dirsi, dalla santa colomba. Le tre figu-re costituiscono una compatta unità nel segno dell’amore pietoso e soccorrevole: unità che non è tuttavia fine a se stessa e chiusa nel suo assetto trini-tario, ma nell’interpretazione dell’artista ha un suo preciso epilogo. L’artista, infatti ha circondato le tre figure nella mandorla di raggi, che costituiscono sfondo e prospettiva teologica dell’intera rappresen-tazione alludendo chiaramente alla Resurrezione e alla Gloria del Cristo Risorto. E dunque la Resurrezio-ne il punto di arrivo dell’intera rappresentazione, partendo dalla Pietà ossia dalla compartecipazione al dolore del sacrificio. La raffigurazione della Trinità è completata dalla colomba dello Spirito Santo: le sue ali sembrano disporsi attorno al collo di Dio Padre, tanto da rendere problematico, a prima vista, il suo
riconoscimento. Su di un piano inferiore e, nell'il-lusione prospettica, più prossime allo spettatore stanno le figure della Madonna e di S. Giovan-ni. Il santo evangelista è avvolto in un mantello rosso; lo sguardo è bas-so non rivolto alla croce, tipico atteggiamento del "dolente". Maria invece è stranamente distacca-ta e si volge verso chi guarda il dipinto. Chi si trova di fronte a questa figura ha la sensazione di essere ammessa ad assistere alla sofferenza
estrema di Cristo uomo per liberare l’umanità dalla schiavitù del peccato. Ma allo stesso tempo, alla pe-na della morte, segue la gloriosa vittoria nella Resur-rezione, cui rimanda la stessa raffigurazione di Cristo privo delle copiose emorragie nelle ferite sul corpo, le figure dello Spirito Santo e di Dio Padre, quasi a voler raffigurare quanto scritto nel Vangelo di Gio-vanni «Tutto è compiuto!».
Infine tutta la raffigurazione può essere letta come la rappresentazione del percorso dell’uomo che si in-nalza verso la salvezza: dalla vita terrena attraverso la preghiera e l’intercessione (la Vergine e San Gio-vanni) si può arrivare a Dio (la Trinità).
(Appunti della relazione della dr.ssa G. Albano)
“La voce del silenzio” Un giovane racconta la sua esperienza degli esercizi spirituali decanali.
Se penso a questa esperienza appena vissuta, degli esercizi spirituali decanali, nei giorni 19-21 febbrai, penso anzitutto a quan-to è bello il dono della condivisione. Condi-videre è “dividere con..”, spezzare, diminu-ire. Eppure da questa pratica che apparente-mente sottrae, se ne esce arricchiti, impre-ziositi, nuovi. Penso a questo: condividere fa bene all’anima. Durante un momento di condivisione, una signora così ha esordito: “Non sapevo di questi esercizi, sono corsa qui ed ho trovato ciò che cercavo”. Chi voleva il silenzio, chi un po’ di Dio, chi una parola di conforto da parte di Don Lello.. Tutti, chi più chi meno, hanno trovato ciò che cercavano. Noi giovani, purtroppo, abbiamo
smarrito il senso e l’importanza del silenzio. Noto in giro solamente una sfrenata ricerca di brividi svuotati da ogni valore. Noto che un giovane preferisce ante-
porre un succo di frutta preso in compagnia con un super alcolico che ti stona; che per un ragazzo a vent'anni è meglio una assordante musica pri-va di senso che una melodia più dolce e significativa; che è più facile uccidere la propria ragazza che augurarle il bene ac-cettando una persona diversa al suo fianco. Se facessimo un po’ più di silen-zio, se solo pensassimo un po’ in più nel silenzio del nostro cuore, tutto sarebbe migliore. Per me questa è la vera Chiesa. La chiesa non è solamente quella
gerarchica. Chiesa sono quei saluti calorosi al termine dell’Eucaristia conclusiva, sono quei silenzi di meditazione, quei sorrisi tra due persone che si sono trovate agli esercizi e hanno deciso di conoscersi meglio. Dell’esperienza degli esercizi spirituali, mi porto dietro la perla preziosa che è il silen-zio. Insieme all’iPod, quando esco di casa, vor-rei portare con me un piccolo Vangelo ta-scabile. Magari riesco a trasformare piccoli momenti di distrazione giornaliera in picco-li momenti di meditazione sulla Parola. Chissà se ci riuscirò.
Antonio Salamandra (Napoli)
… ANNO DELLA FEDE… ANNO DELLA FEDE… ANNO DELLA FEDE
Il Signore ti ristora … È stato Lui a ristorare le nostre anime nella
casa coloratissima che è la Terra. Dio ci ha
fatto sperimentare la sua paternità e di conse-
guenza il sentirci tutti fratelli. Abbiamo ab-
battuto le separazioni, le divisioni, per vivere
alla luce dell’unità, della fiducia. Nel silenzio
della preghiera di Taizè si faceva viva la pre-
senza di Cristo: solo il canto rompeva
l’atmosfera di Cielo, per far entrare nel cuore
di ciascuno la sua Parola viva. È stato un con-
tinuo atto di fiducia e questo ci ha fatto speri-
mentare una grandissima gioia, una gioia so-
prannaturale, che non si prova ogni giorno. Il
pellegrinaggio di fiducia ci ha lasciato il desi-
derio di costruire la
fraternità universa-
le, cercando quello
che unisce le nostre
Chiese e i nostri
popoli. I frères con
la loro semplicità e
il loro essere in Dio,
ci hanno trasmesso
la voglia di essen-
zialità: solo Dios
basta, Dio solo ba-
sta. Uno dei mo-
menti più speciali è stato l’incontro con Bene-
detto XVI: il popolo di Dio, di ogni razza e
tribù, riunito intorno a Pietro. Il Papa ci ha
lasciato un invito bellissimo: “Siete tutti chia-
mati ad essere delle piccole luci per quanti vi
circondano”. Adesso a noi la sfida di portare
ad ogni prossimo questa luce, per costruire
un mondo più cristiano e quindi più umano.
Andrea Bisogni (Napoli)
Pellegrinaggio di fiducia con Taizè In realtà non avevo idea di cosa fosse Taizè, nè
tantomeno quali fossero i miei programmi per il
Capodanno 2013 e quindi quando mi fu presentata
la settimana di pellegrinaggio a Roma per questo
incontro, la mia reazione fu piuttosto indifferente.
Solo in seguito io e il mio amico Andrea decidem-
mo che volevamo provarci, volevamo scoprire,
insieme, questa nuova avventura, volevamo vivere que-
sta esperienza di pellegrinaggio di fiducia. E siamo parti-
ti, carichi di speranza e di fiducia verso l’”ignoto”. La
nostra sistemazione era presso il Centro Betania delle
Suore della Carità. Mi sembra doveroso ringraziare an-
cora una volta le suore per la splendida accoglienza e per
la meravigliosa avventura che la loro premura ha reso
ancora più memorabile. Lì al centro c’erano altri ragazzi
italiani, ma anche un gruppo di francesi e tre ragazze
rumene e qui, già dalla prima sera, dividendoci in piccoli
gruppi, abbiamo fatto conoscenza. Quel momento di co-
munione mi hai dato la possibilità di scoprire un po’ di
me in ognuno di loro. È stato un bel momento di unità.
La sera poi, prima di andare a dormire, chi voleva poteva
adorare Gesù Eucaristia: era emozionante constatare co-
me, dopo ore di cammino o di visite per la città, tutti noi
nel silenzio Lo ringrazia-
vamo per la giornata ap-
pena trascorsa, di cui
nemmeno un momento
era andato perduto. Le
giornate infatti erano
molto intense: al mattino
si iniziava con la preghie-
ra nelle parrocchie di ac-
coglienza che arrivavano
ad ospitare fino a 300
ragazzi provenienti da
tutta Europa: tedeschi,
francesi, russi, polacchi... Sfoggiare il mio modesto in-
glese e riuscire comunque a comunicare mi ha dato una
grande carica e la mia autostima e fiducia cresceva ogni
volta sempre di più nel constatare che almeno l’ostacolo
della lingua era facilmente valicabile. Ciò mi spronava a
conoscere sempre nuova gente, a riconoscere un Gesù
dalle mille facce. Il silenzio che in una città come Roma
sembra un’utopia si concretizzava e si rinnovava quoti-
dianamente, più volte al giorno, ogni volta che, nelle
varie basiliche della Capitale, i giovani si riunivano con
una solennità mai sperimentata prima, pregando e can-
tando. Non posso raccontare tutti gli avvenimenti vissuti
in quella settimana, non basterebbe una giornata intera,
ma mi piacerebbe terminare con questa immagine. Dopo
la celebrazione del primo gennaio, una donna in lacrime
si avvicina sospirando: “Mi avete ridato la fiducia nei
giovani, mi avete fatto scoprire che avete tanto da inse-
gnare a noi “piccoli adulti”.
Alessia Badolati (Napoli)
Una straordinaria esperienza internazionaleUna straordinaria esperienza internazionaleUna straordinaria esperienza internazionale
IL GIOVANE RICCO
L’aria fresca del mattino
mi riaccende dentro al cuore
quell’immenso desiderio che...
mi riconduce a Te...
Stessa luce, stesso cielo
che si incontrano nel vero
dello sguardo che si posò su di me
come uno specchio che...
...rivela quella immagine che
riporta l’impronta di Dio.
Eccola la risposta che slega il mio domani
e mi rende libero dai “se”...
ed una nuova ricchezza c’è.
Sei Tu, sei Tu il cuore dell’umanità
nel legno di una culla ha dato esempio di
umiltà
Sei Tu, sei Tu il Dio Potente in mezzo a noi
sul legno della croce hai dato vita per i tuoi
Ed è un giorno come altri,
tra la folla in mezzo ai tanti
ma una gioia mi ricolma già...
squarcia l’eternità...
...e adesso non vorrei non essere
non esser ricco di Te
Eccola la risposta che slega il mio domani
e mi rende libero dai “se”...
ed una nuova ricchezza c’è.
Sei Tu, sei Tu il cuore dell’umanità
offerto per amore hai voluto l’unità
Sei Tu, sei Tu il Dio Potente in mezzo a noi
dal trono di dolore hai riscattato i figli tuoi
...ed ora nel mio cuore c’è...
la certezza che...
quello sguardo triste non è il mio.
Alcuni stralci dalla riflessione insieme
ai giovani, a Lamezia Terme.
NICODEMO: la ricerca, il
dubbio, la fede.
Nicodemo è un capo dei Giudei. Lo
troviamo tre volte nel Vangelo di Gio-
vanni, in occasione di tre feste di Pa-
squa. È sicuramente una persona in ricerca e va
da Gesù di notte. È interessante questo suo anda-
re da Gesù. L’evangelista lascia a noi la scelta se
porre l'accento sul fatto che va da Gesù di notte,
o sul fatto che va da Gesù. È una persona adulta,
ma non ha fatto ancora nessuna scelta. Non si è
posto dinanzi ad una alternativa. Egli vuole anzi-
tutto capire e vuole vedere se è possibile conci-
liare un dialogo serio con Gesù senza compro-
mettersi e sbilanciarsi pubblicamente. Nicodemo
è ancora troppo preoccupato di sé, della sua im-
magine; è soprattutto attento alle sue domande.
Vuole avere delle certezze. Si avvicina a Gesù,
ma lo fa di notte. Appartiene a quel gruppo dei
“molti che cedettero” in Gesù vedendo i segni
che egli faceva. Gesù di questo gruppo di "molti
che cedettero" non si fida perché la loro cono-
scenza si ferma alla superficie, non va in profon-
dità; sono capaci di cogliere il nuovo ma lo im-
prigionano subito dentro i loro schemi. Sono per-
sone che non si lasciano guidare dallo Spirito.
Infatti, Nicodemo comincia il colloquio con Ge-
sù non facendo domande, ma affermando quello
che lui e il suo gruppo già sa di Gesù: «Noi sap-
piamo che sei maestro venuto da Dio». Comincia
a sottolineare che “sa”; sa che Gesù è un mae-
stro. Sembra un riconoscimento importante, ma
in realtà è poca cosa. Nicodemo non sa chi è dav-
vero Gesù, ma inizia con l’atteggiamento di chi
sa con la speranza di attirare benevolenza.
All’inizio del colloquio è fin troppo sicuro di sé,
alla fine resta in silenzio. Nicodemo impersona
l'incomprensione, il rifiuto, la sfiducia del grup-
po che rappresenta. Arriverà Nicodemo a capire,
accettare e credere? Il fatto che lo ritroviamo
alla fine del Vangelo che aiuta Giuseppe di Ari-
matea a dare sepoltura al corpo di Gesù, fa ben
sperare. Ma domandiamoci: Quanti Nicodemo ci
sono tra noi? Quanto di Nicodemo c'è in ciascu-
no di noi? Chi darà un risposta ai Nicodemo di
oggi? Chi aiuterà i Nicodemo di oggi ad incon-
trare Gesù? E dove possono incontrare Gesù i
Nicodemo di oggi?
… Sulla via di Damasco …… Sulla via di Damasco …… Sulla via di Damasco …
Lamezia Terme, 23Lamezia Terme, 23Lamezia Terme, 23---24 febbraio 201324 febbraio 201324 febbraio 2013
Fine settimana vocazionale inter Fine settimana vocazionale inter Fine settimana vocazionale inter --- congregazionalecongregazionalecongregazionale
Pubblichiamo un canto vocazionale scritto da Diana
Oppedisano, una giovane di Villa San Giovanni (RC).
Esperienze...Esperienze...Esperienze...
PALERMO…
Durante questo
inverno 2012-
2013, noi ragazzi
di Ciaculli, con
l’aiuto delle no-
stre Suore della
Carità, sr Mela-
nia, sr Gabriella,
sr Shima, abbia-
mo avuto l’occasione di incontrare altri giovani,
provenienti da diverse zone di Palermo o da altri
paesi della Sicilia. Ci siamo dati appuntamento
due domeniche mattina a “Dipingi la pace”, no-
stro luogo di incontro, e dopo aver chiacchierato
un po’, seduti formando un cerchio, abbiamo
affrontato un gioco proposto ai fini di conoscerci
e di venire a conoscenza dei nostri interessi; in
realtà, direi che questo è stato anche un modo
per “rompere il ghiaccio” . Abbiamo avuto mo-
do di confrontarci su alcuni temi biblici e di cre-
scita personale. Abbiamo visto un cortometrag-
gio che ha commosso tutti, si intitolava “Il circo
della farfalla”, ci ha fatto riflettere molto. Il suo
significato è profondo; qui non si parla di avven-
ture impossibili, ma di voglia di vivere. Tutti sia-
mo riusciti a tirare fuori le nostre riflessioni e
considerazioni che mano mano che venivano e-
spresse ci facevano riflettere ed elaborare nuovi
contenuti, andando sempre più in profondità. Il
pranzo insieme ci ha dato la possibilità di socia-
lizzare e dialogare un po’; le danze e i canti con
l’ausilio di un cellulare, un cavo, una cassa e un
microfono hanno animato i momenti di ricrea-
zione. È stato interessante conoscere i diversi
modi di agire dei gruppi e sicuramente è stata
per ognuno di noi un’opportunità di crescita in-
teriore.
Un grazie a tutte le Suore che ci hanno guidato.
Cari giovani, vi ho visto nella processione, quando en-
travate; vi immagino a fare festa intorno a Gesù, agitando i
rami d’ulivo; vi immagino mentre gridate il suo nome ed
esprimete la vostra gioia di essere con Lui! Voi avete una
parte importante nella festa della fede! Voi ci portate la
gioia della fede e ci dite che dobbiamo vivere la fede con
un cuore giovane, sempre: un cuore giovane, anche a set-
tanta, ottant’anni! Cuore giovane! Con Cristo il cuore non
invecchia mai! Però tutti noi lo sappiamo e voi lo sapete bene che il Re che seguiamo e che ci accompagna è
molto speciale: è un Re che ama fino alla croce e che ci insegna a servire, ad amare. E voi non avete vergogna
della sua Croce! Anzi, la abbracciate, perché avete capito che è nel dono di sé, nel dono di sé, nell’uscire da se
stessi, che si ha la vera gioia e che con l’amore di Dio Lui ha vinto il male. Voi portate la Croce pellegrina
attraverso tutti i continenti, per le strade del mondo! La portate rispondendo all’invito di Gesù «Andate e fate
discepoli tutti i popoli» (cfr Mt 28,19), che è il tema della Giornata della Gioventù di quest’anno. La portate
per dire a tutti che sulla croce Gesù ha abbattuto il muro dell’inimicizia, che separa gli uomini e i popoli, e ha
portato la riconciliazione e la pace. Cari amici, anch’io mi metto in cammino con voi, da oggi, sulle orme del
beato Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI. Ormai siamo vicini alla prossima tappa di questo grande pelle-
grinaggio della Croce. Guardo con gioia al prossimo luglio, a Rio de Janeiro! Vi do appuntamento in quella
grande città del Brasile! Preparatevi bene, soprattutto spiritualmente nelle vostre comunità, perché
quell’Incontro sia un segno di fede per il mondo intero. I giovani devono dire al mondo: è buono seguire Ge-
sù; è buono andare con Gesù; è buono il messaggio di Gesù; è buono uscire da se stessi, alle periferie del
mondo e dell’esistenza per portare Gesù! (Dall’omelia di domenica delle Palme)