.professioni Trend & business Dai social network ad Amazon ... · «Quella offerta dai social è una gran-de opportunità per tutte le professioni ma in particolare per quella forense
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Pagina a cura di
Flavia Landolfi
Non è stato tutto rose e fioriil rapporto tra avvocati esocial media. Complice ilCodice deontologico chefino al 2015 vietava lapresenza delle toghe su
Facebook, Twitter, LinkedIn e Insta-gram a scopi pubblicitari. Uno stop peraltro che ha riguardato anche l’uso dei siti internet costruiti con Wordpress e con la sola eccezione di quelli con domi-nio proprio: tradotto, la quasi totalità del web in uso oggi. Poi la svolta: una modifica al testo di disciplina ha apertole porte alle frontiere “social”, sempre nei limiti del decoro professionale, co-m’è logico che sia. Fatto sta che ciò che oggi è diventato lecito rappresenta, a detta di tutti, un’occasione imperdibileper promuovere lo studio e più concre-tamente fidelizzare i vecchi clienti e atti-rarne di nuovi. Basti pensare che in que-sta direzione si è mosso anche Amazon:il gigante dell’e-commerce si è lanciatosul mercato del copyright offrendo, dalmese scorso, consulenti aziendali spe-cializzati in marchi e brevetti.
«Quella offerta dai social è una gran-de opportunità per tutte le professionima in particolare per quella forense - di-ce Antonio De Angelis, neopresidente dell’Aiga, l’associazione italiana dei gio-vani avvocati - e questo per la peculiari-tà dei rapporti con i privati che sono abi-tuali frequentatori dei social media». Ma c’è un ma. «L’uso professionale di questi strumenti è ancora poco diffuso,perché nonostante l’apertura del Codi-ce deontologico non si è ancora supera-to il timore di utilizzare uno strumento
che in qualche modo è ancora percepitocome potenzialmente lesivo del decoroprofessionale». La frenata insomma stafacendo sentire ancora i suoi effetti. «Personalmente uso i social per la miaattività di avvocato amministrativista -conclude De Angelis - e oggi ho più di 21mila followers: il 50% dei miei clientimi ha raggiunto così, navigando in re-te». E infatti chi maneggia Facebook, Twitter, LinkedIn e Instagram sa beneche sono treni da prendere al volo.
«Ci sono due ambiti nei quali gli av-vocati - spiega Andrea Albanese, socialmedia manager e formatore su questitemi proprio per i professionisti - pos-sono trarre vantaggi dall’uso dei social:la comunicazione e il marketing. Il pri-mo, se ben utilizzato, fa sì che chi ti leg-ge capisca che quello studio legale o quel professionista è competente, mentre il marketing porta ad avere le cosiddette “lead”, e cioè persone con nome, cognome, email e numero di te-lefono che chiedono un contatto per undeterminato tema». Ma non finisce
qui. «Per gli avvocati l’approccio ai so-cial è duplice: c’è l’aspetto del consu-mer e quello del B2B e cioè gli avvocatiche lavorano con i privati e quelli che lavorano con le aziende. Sono due mo-di completamente diversi di stare sui social». Il consiglio secondo Albanese,è di diversificare. «L’avvocato divorzi-sta - spiega - deve puntare su Face-book, mentre quello che lavora con le aziende, come il penalista, non può checoltivare la propria presenza su Linke-dIn». Per chi si affaccia su questo mon-do o vuole migliorare la propria pre-senza sui social, il consiglio è quello della coerenza e della professionalità.
«Innanzitutto vietato avere profilidisallineati: quindi se su LinkedIn co-munichi il brand e su Facebook ti lanciin cose spericolate, fotografie sguaiate,le persone perdono fiducia. Bisogna stare attenti: i social network sono strumenti di comunicazione pubbli-ca». Sconsigliabile poi lanciarsi su ter-reni scivolosi. «Niente politica, religio-ne, sport e sesso: sono quattro argo-
menti in cui è facilissimo urtare le sen-sibilità di chi ci legge». Infine studiareo affidarsi a comunicatori. «Nei socialnetwork oggi l’improvvisazione non paga - conclude -. I clienti ti trovano suisocial e poi decidono se stringerti unamano e fare business con te».
E veniamo agli avvocati che oggi na-vigano sulla rete. Su Facebook la presen-za è consistente. Si contano quasi 100 gruppi di categoria: il più gettonato è “Aiutoavvocato”, con 110.629 membri che forniscono risposte, dal diritto civileal penale, ai quesiti del pubblico. Il grup-po è chiuso. Molto frequentato anche “Gli avvocati di Facebook” con 23.841 iscritti. Per quanto riguarda Twitter nelperiodo 1 gennaio - 30 settembre 2019 leparole chiave tra cui #avvocato, #pro-cessotelematico e #equocompenso, percitarne solo alcune, sono state menzio-nate in correlazione oltre 16mila volte.
Su Twitter le parole chiave/hashtagavvocati e avvocato risultano menzio-nate, in correlazione, più di 16mila volte.«Oltre ad eventi legati alla vita politica del Paese - fa sapere la società - un piccodi conversazione tra professionisti delsettore legale si riscontra in merito allagraduatoria bloccata per l’assunzione degli assistenti giudiziari e un picco adaprile in corrispondenza dell’approva-zione della legge sull’equo compenso per i professionisti da parte della Regio-ne Lazio e della petizione per ottenerlaa livello nazionale».
Infine LinkedIn. Qui i gruppi più atti-vi sono: “International bar association(Iba)”, “Association for international ar-bitration”, “International arbitration”,“International law”, “Il salotto del dirit-to di impresa”. Provare per credere.
«Più di trenta anni fa il fondatore di questo studio hamontato sulla scrivania il primo Pc: sembrava un visio-nario, ma in realtà era solo un collega che stava al passocon i tempi». Francesco Maria Matrone, 58 anni, mana-ging partner dello studio Sommaruga-Matrone con-fessa di essere nuovo della partita. Ma è pronto a scom-
mettere che la direzione è quella giusta.«Sono sei mesi che siamo presenti sui so-
cial, avvalendoci di una società che cura pernoi la comunicazione, e sono convinto che siauno step necessario da affrontare perché è inquel verso che va il mondo, non possiamo ri-manere indietro, ancorati a un vecchio mododi comunicare», dice.
L’obiettivo non è però quello di cercareclienti. «Forse il contrario - spiega - e cioé diessere trovati, conosciuti: una sorta di bigliettoda visita che può certamente aiutare uno stu-dio nella promozione della propria attività».Infine, c’è tutto il capitolo del reclutamentodelle nuove leve. «Abbiamo periodicamente la
necessità di sostituire o inserire nuovi professionistinella compagine dello studio - prosegue Matrone - e senon hai un profilo pubblico visibile difficilmente saraicontattato dalle prime file».
«La mia avventura professionale è iniziata con un blog».Carlotta Cabiati, 39 anni, lavora a Trieste dove ha uno stu-dio che condivide con un collega. «Ho fatto la gavetta cometutti - racconta - ma il mio sogno era di aprire uno studiotutto mio, con un approccio personale a questa professio-
ne». E così è stato, nel 2014. «Devo tutto, o quasi,al mio blog: è iniziato tutto da lì, con zero clientie una sede di lavoro bellissima ma delocalizzata».Dal blog , Cabiati passa a Facebook per approdarein questi ultimi tempi al suo social preferito, In-stagram. «Tutti i giorni nelle prime ore della mat-tinata io e miei clienti prendiamo un caffè insie-me con i video sul tema della giornata». E così, traun video e l’altro, un post e l’altro, ha messo su unportafoglio clienti di cui il 90% fuori Trieste. «Nonvolevo fare concorrenza qui in città - dice - e poiho i social, internet, le email, le call: oggi si puòfare questo mestiere tranquillamente a distan-za». Con una nuova prospettiva: perché da com-mercialista le capita di dare consulenze ai colleghi
sull’uso dei social. «Mi chiamano per un consiglio - raccon-ta - e io dico sempre: partite da voi, da chi siete, da quelloche fate e come lo fate. Il resto verrà da solo».
Nell’ormai lontano 1995un pioniere delle tecno-logie digitali come BillGates immaginava unmondo in cui sarebbestato possibile fare bu-
siness, oltre che molte altre cose, sen-za muoversi dalla poltrona di casa. Inquell’intuizione c’era già tutta la rivo-luzione informatica, compresa quelladei social network che oggi è pane quotidiano anche dei professionisti alle prese con un mercato polverizzatoe una competizione che morde.
Il fenomeno
La prima tappa di questo viaggio den-tro i social media e le loro potenzialitàè declinata sui commercialisti, la cate-goria professionale più “work in pro-gress” su questo fronte. Gli ultimi datidisponibili dell’Osservatorio Digital Innovation del Politecnico di Milanorisalgono al 2018 e dicono che solo il 21% degli studi di commercialisti pos-siede una pagina social e solo l’8% fa formazione in questo ambito. «Eppu-re si tratta di strumenti fondamentali- dice Daniele Virgillito, presidente Ungdcec , l’associazione dei giovani commercialisti - il cui utilizzo andreb-be inserito all’interno della formazio-ne periodica». La tendenza generale dei consulenti contabili, su Twitter,Facebook e LinkedIn, è per ora l’iscri-zione a community chiuse e istituzio-nali. «Un uso dei social a scopi interni- prosegue Virgillito - più rivolto al coinvolgimento in attività di natura istituzionale e alla partecipazione al dibattito politico che non alla più im-
portante e cruciale comunicazione neiconfronti dei clienti».
I social network
Il variegato mondo di Twitter, Face-book e LinkedIn - per citare i luoghi virtuali più battuti dai commercialisti- hanno declinazioni diverse: usare unsocial in realtà significa poco o niente,bisogna innanzitutto capire come lo siusa e per fare cosa. Nel caso di Twitter,per esempio, la strada è abbastanza tracciata: «È il modo migliore per con-dividere e parlare di ciò che è impor-tante per la comunità, che si tratti di calcio, politica, cinema o dell’ambito legale - dice Barry Collins, Emea salesdirector di questo social -. Le personeche usano Twitter vogliono essere in-formate sulle ultime news, discutendodi quello che accade, e noi sappiamo che sono influenti e ricettive alle novi-tà». È un social velocissimo che viaggiasu hashtag e parole chiave: da gennaioa settembre scorso #commercialista e#commercialisti sono stati digitati ol-tre 55mila volte; #fatturaelettronica, #fatturazionelettronica oltre 50mila volte, mentre #dichiarazionedeireddi-ti è comparso oltre 15mila volte.
Articolato in gruppi di ogni tipo edimensione è Facebook, forse il socialpiù utilizzato dai commercialisti ita-liani. A scorrere l’elenco delle commu-nity professionali si contano circa 92gruppi, la maggior parte di carattere istituzionale e chiusi ai non iscritti al-l’Albo. Ma l’appartenenza alle com-munity, spesso luogo di incontro (e discontro) sui temi della professione è solo una piccola parte dell’uso che sene fa. C’è tutto un mondo da esploraresu Fb per la promozione del proprio studio. L’approccio in questo caso è
più personale: condivisione di video,interventi e documenti che possono “agganciare” la rete e creare contatti erelazioni. Anche con potenziali clienti.
Il social professionale per eccel-lenza, resta però LinkedIn, nato e concepito proprio come una vetrinae uno snodo fondamentale per la co-struzione di contatti. Le communityitaliane e internazionali più impor-tanti sono: Praticanti Revisori Conta-bili , Contabilidad y Tributaciónh, Global Financiers & Bankers, Profes-sionisti della consulenza finanziaria,Consulenti bancari e finanziari, Banking & Finance Network.
Le strategie
La parola d’ordine per utilizzare benei social network è brand reputation.«Si tratta - spiega Isabella Fusillo, marketing and Pr for law firms and professional di Stratego comunica-zione - la considerazione, l’idea che ilmercato ha di quel professionista è lasua reputazione ripetuta e conferma-ta nel corso del tempo. I social aiuta-no a fare conoscere la reputazione delcommercialista, possono amplificar-la». Ma a una condizione: «Che vi siacoerenza fra la promessa e la comu-nicazione fatta sui social e la realtà:sui social non si può millantare a lun-go ciò che non si è, si viene scopertimolto facilmente e il messaggio vei-colato può trasformarsi in un boo-merang incontrollabile».
Iscriversi ai gruppi degli ordini e delle associazioni di categoria di appartenenza: è utile per restare sempre aggiornati sui temi politici e sindacali del momento;
Monitorare i profili social delle testate giornalistiche di riferimento: è utile per essere sempre aggiornati sulla cronaca di settore;
Seguire il proprio target creando “amicizie” virtuali con i clienti, che siano aziende o privati: è fondamentale per sapere cosa interessa nel settore;
Iscriversi alle community: è utile per costruire un network con partner, clienti e interlocutori politici.
LE INDICAZIONI
COSA FARE... Non essere timidi:
l’amicizia o il contatto va chiesto sempre, se interessante per la professione;
Nelle comunicazioni via social, che siano testi o video, mai utilizzare il linguaggio della pubblicità: non state vendendo una merce;
La promozione è cosa diversa dalla vendita: si tratta di costruire una propria identità il più onesta possibile ed essere capaci di stare sulla rete anche senza risultati immediati;
No all’autoreferenzialità: chi vi legge potrebbe stancarsi e passare oltre
...E COSA NON FARE
Commercialisti nella rete. Solo il 21% possiede una pagina social
ILLUSTRAZIONE DI STEFANO PIETRAMALA
Carlotta Cabiati. Commercialista
-blogger con
lavoro online
a cura di Isabella Fusillo
12
.professioni Trend & business
Pagina a cura di
Flavia Landolfi
Non è stato tutto rose e fioriil rapporto tra avvocati esocial media. Complice ilCodice deontologico chefino al 2015 vietava lapresenza delle toghe su
Facebook, Twitter, LinkedIn e Insta-gram a scopi pubblicitari. Uno stop peraltro che ha riguardato anche l’uso dei siti internet costruiti con Wordpress e con la sola eccezione di quelli con domi-nio proprio: tradotto, la quasi totalità del web in uso oggi. Poi la svolta: una modifica al testo di disciplina ha apertole porte alle frontiere “social”, sempre nei limiti del decoro professionale, co-m’è logico che sia. Fatto sta che ciò che oggi è diventato lecito rappresenta, a detta di tutti, un’occasione imperdibileper promuovere lo studio e più concre-tamente fidelizzare i vecchi clienti e atti-rarne di nuovi. Basti pensare che in que-sta direzione si è mosso anche Amazon:il gigante dell’e-commerce si è lanciatosul mercato del copyright offrendo, dalmese scorso, consulenti aziendali spe-cializzati in marchi e brevetti.
«Quella offerta dai social è una gran-de opportunità per tutte le professionima in particolare per quella forense - di-ce Antonio De Angelis, neopresidente dell’Aiga, l’associazione italiana dei gio-vani avvocati - e questo per la peculiari-tà dei rapporti con i privati che sono abi-tuali frequentatori dei social media». Ma c’è un ma. «L’uso professionale di questi strumenti è ancora poco diffuso,perché nonostante l’apertura del Codi-ce deontologico non si è ancora supera-to il timore di utilizzare uno strumento
che in qualche modo è ancora percepitocome potenzialmente lesivo del decoroprofessionale». La frenata insomma stafacendo sentire ancora i suoi effetti. «Personalmente uso i social per la miaattività di avvocato amministrativista -conclude De Angelis - e oggi ho più di 21mila followers: il 50% dei miei clientimi ha raggiunto così, navigando in re-te». E infatti chi maneggia Facebook, Twitter, LinkedIn e Instagram sa beneche sono treni da prendere al volo.
«Ci sono due ambiti nei quali gli av-vocati - spiega Andrea Albanese, socialmedia manager e formatore su questitemi proprio per i professionisti - pos-sono trarre vantaggi dall’uso dei social:la comunicazione e il marketing. Il pri-mo, se ben utilizzato, fa sì che chi ti leg-ge capisca che quello studio legale o quel professionista è competente, mentre il marketing porta ad avere le cosiddette “lead”, e cioè persone con nome, cognome, email e numero di te-lefono che chiedono un contatto per undeterminato tema». Ma non finisce
qui. «Per gli avvocati l’approccio ai so-cial è duplice: c’è l’aspetto del consu-mer e quello del B2B e cioè gli avvocatiche lavorano con i privati e quelli che lavorano con le aziende. Sono due mo-di completamente diversi di stare sui social». Il consiglio secondo Albanese,è di diversificare. «L’avvocato divorzi-sta - spiega - deve puntare su Face-book, mentre quello che lavora con le aziende, come il penalista, non può checoltivare la propria presenza su Linke-dIn». Per chi si affaccia su questo mon-do o vuole migliorare la propria pre-senza sui social, il consiglio è quello della coerenza e della professionalità.
«Innanzitutto vietato avere profilidisallineati: quindi se su LinkedIn co-munichi il brand e su Facebook ti lanciin cose spericolate, fotografie sguaiate,le persone perdono fiducia. Bisogna stare attenti: i social network sono strumenti di comunicazione pubbli-ca». Sconsigliabile poi lanciarsi su ter-reni scivolosi. «Niente politica, religio-ne, sport e sesso: sono quattro argo-
menti in cui è facilissimo urtare le sen-sibilità di chi ci legge». Infine studiareo affidarsi a comunicatori. «Nei socialnetwork oggi l’improvvisazione non paga - conclude -. I clienti ti trovano suisocial e poi decidono se stringerti unamano e fare business con te».
E veniamo agli avvocati che oggi na-vigano sulla rete. Su Facebook la presen-za è consistente. Si contano quasi 100 gruppi di categoria: il più gettonato è “Aiutoavvocato”, con 110.629 membri che forniscono risposte, dal diritto civileal penale, ai quesiti del pubblico. Il grup-po è chiuso. Molto frequentato anche “Gli avvocati di Facebook” con 23.841 iscritti. Per quanto riguarda Twitter nelperiodo 1 gennaio - 30 settembre 2019 leparole chiave tra cui #avvocato, #pro-cessotelematico e #equocompenso, percitarne solo alcune, sono state menzio-nate in correlazione oltre 16mila volte.
Su Twitter le parole chiave/hashtagavvocati e avvocato risultano menzio-nate, in correlazione, più di 16mila volte.«Oltre ad eventi legati alla vita politica del Paese - fa sapere la società - un piccodi conversazione tra professionisti delsettore legale si riscontra in merito allagraduatoria bloccata per l’assunzione degli assistenti giudiziari e un picco adaprile in corrispondenza dell’approva-zione della legge sull’equo compenso per i professionisti da parte della Regio-ne Lazio e della petizione per ottenerlaa livello nazionale».
Infine LinkedIn. Qui i gruppi più atti-vi sono: “International bar association(Iba)”, “Association for international ar-bitration”, “International arbitration”,“International law”, “Il salotto del dirit-to di impresa”. Provare per credere.
«Più di trenta anni fa il fondatore di questo studio hamontato sulla scrivania il primo Pc: sembrava un visio-nario, ma in realtà era solo un collega che stava al passocon i tempi». Francesco Maria Matrone, 58 anni, mana-ging partner dello studio Sommaruga-Matrone con-fessa di essere nuovo della partita. Ma è pronto a scom-
mettere che la direzione è quella giusta.«Sono sei mesi che siamo presenti sui so-
cial, avvalendoci di una società che cura pernoi la comunicazione, e sono convinto che siauno step necessario da affrontare perché è inquel verso che va il mondo, non possiamo ri-manere indietro, ancorati a un vecchio mododi comunicare», dice.
L’obiettivo non è però quello di cercareclienti. «Forse il contrario - spiega - e cioé diessere trovati, conosciuti: una sorta di bigliettoda visita che può certamente aiutare uno stu-dio nella promozione della propria attività».Infine, c’è tutto il capitolo del reclutamentodelle nuove leve. «Abbiamo periodicamente la
necessità di sostituire o inserire nuovi professionistinella compagine dello studio - prosegue Matrone - e senon hai un profilo pubblico visibile difficilmente saraicontattato dalle prime file».
«La mia avventura professionale è iniziata con un blog».Carlotta Cabiati, 39 anni, lavora a Trieste dove ha uno stu-dio che condivide con un collega. «Ho fatto la gavetta cometutti - racconta - ma il mio sogno era di aprire uno studiotutto mio, con un approccio personale a questa professio-
ne». E così è stato, nel 2014. «Devo tutto, o quasi,al mio blog: è iniziato tutto da lì, con zero clientie una sede di lavoro bellissima ma delocalizzata».Dal blog , Cabiati passa a Facebook per approdarein questi ultimi tempi al suo social preferito, In-stagram. «Tutti i giorni nelle prime ore della mat-tinata io e miei clienti prendiamo un caffè insie-me con i video sul tema della giornata». E così, traun video e l’altro, un post e l’altro, ha messo su unportafoglio clienti di cui il 90% fuori Trieste. «Nonvolevo fare concorrenza qui in città - dice - e poiho i social, internet, le email, le call: oggi si puòfare questo mestiere tranquillamente a distan-za». Con una nuova prospettiva: perché da com-mercialista le capita di dare consulenze ai colleghi
sull’uso dei social. «Mi chiamano per un consiglio - raccon-ta - e io dico sempre: partite da voi, da chi siete, da quelloche fate e come lo fate. Il resto verrà da solo».
Nell’ormai lontano 1995un pioniere delle tecno-logie digitali come BillGates immaginava unmondo in cui sarebbestato possibile fare bu-
siness, oltre che molte altre cose, sen-za muoversi dalla poltrona di casa. Inquell’intuizione c’era già tutta la rivo-luzione informatica, compresa quelladei social network che oggi è pane quotidiano anche dei professionisti alle prese con un mercato polverizzatoe una competizione che morde.
Il fenomeno
La prima tappa di questo viaggio den-tro i social media e le loro potenzialitàè declinata sui commercialisti, la cate-goria professionale più “work in pro-gress” su questo fronte. Gli ultimi datidisponibili dell’Osservatorio Digital Innovation del Politecnico di Milanorisalgono al 2018 e dicono che solo il 21% degli studi di commercialisti pos-siede una pagina social e solo l’8% fa formazione in questo ambito. «Eppu-re si tratta di strumenti fondamentali- dice Daniele Virgillito, presidente Ungdcec , l’associazione dei giovani commercialisti - il cui utilizzo andreb-be inserito all’interno della formazio-ne periodica». La tendenza generale dei consulenti contabili, su Twitter,Facebook e LinkedIn, è per ora l’iscri-zione a community chiuse e istituzio-nali. «Un uso dei social a scopi interni- prosegue Virgillito - più rivolto al coinvolgimento in attività di natura istituzionale e alla partecipazione al dibattito politico che non alla più im-
portante e cruciale comunicazione neiconfronti dei clienti».
I social network
Il variegato mondo di Twitter, Face-book e LinkedIn - per citare i luoghi virtuali più battuti dai commercialisti- hanno declinazioni diverse: usare unsocial in realtà significa poco o niente,bisogna innanzitutto capire come lo siusa e per fare cosa. Nel caso di Twitter,per esempio, la strada è abbastanza tracciata: «È il modo migliore per con-dividere e parlare di ciò che è impor-tante per la comunità, che si tratti di calcio, politica, cinema o dell’ambito legale - dice Barry Collins, Emea salesdirector di questo social -. Le personeche usano Twitter vogliono essere in-formate sulle ultime news, discutendodi quello che accade, e noi sappiamo che sono influenti e ricettive alle novi-tà». È un social velocissimo che viaggiasu hashtag e parole chiave: da gennaioa settembre scorso #commercialista e#commercialisti sono stati digitati ol-tre 55mila volte; #fatturaelettronica, #fatturazionelettronica oltre 50mila volte, mentre #dichiarazionedeireddi-ti è comparso oltre 15mila volte.
Articolato in gruppi di ogni tipo edimensione è Facebook, forse il socialpiù utilizzato dai commercialisti ita-liani. A scorrere l’elenco delle commu-nity professionali si contano circa 92gruppi, la maggior parte di carattere istituzionale e chiusi ai non iscritti al-l’Albo. Ma l’appartenenza alle com-munity, spesso luogo di incontro (e discontro) sui temi della professione è solo una piccola parte dell’uso che sene fa. C’è tutto un mondo da esploraresu Fb per la promozione del proprio studio. L’approccio in questo caso è
più personale: condivisione di video,interventi e documenti che possono “agganciare” la rete e creare contatti erelazioni. Anche con potenziali clienti.
Il social professionale per eccel-lenza, resta però LinkedIn, nato e concepito proprio come una vetrinae uno snodo fondamentale per la co-struzione di contatti. Le communityitaliane e internazionali più impor-tanti sono: Praticanti Revisori Conta-bili , Contabilidad y Tributaciónh, Global Financiers & Bankers, Profes-sionisti della consulenza finanziaria,Consulenti bancari e finanziari, Banking & Finance Network.
Le strategie
La parola d’ordine per utilizzare benei social network è brand reputation.«Si tratta - spiega Isabella Fusillo, marketing and Pr for law firms and professional di Stratego comunica-zione - la considerazione, l’idea che ilmercato ha di quel professionista è lasua reputazione ripetuta e conferma-ta nel corso del tempo. I social aiuta-no a fare conoscere la reputazione delcommercialista, possono amplificar-la». Ma a una condizione: «Che vi siacoerenza fra la promessa e la comu-nicazione fatta sui social e la realtà:sui social non si può millantare a lun-go ciò che non si è, si viene scopertimolto facilmente e il messaggio vei-colato può trasformarsi in un boo-merang incontrollabile».
Iscriversi ai gruppi degli ordini e delle associazioni di categoria di appartenenza: è utile per restare sempre aggiornati sui temi politici e sindacali del momento;
Monitorare i profili social delle testate giornalistiche di riferimento: è utile per essere sempre aggiornati sulla cronaca di settore;
Seguire il proprio target creando “amicizie” virtuali con i clienti, che siano aziende o privati: è fondamentale per sapere cosa interessa nel settore;
Iscriversi alle community: è utile per costruire un network con partner, clienti e interlocutori politici.
LE INDICAZIONI
COSA FARE... Non essere timidi:
l’amicizia o il contatto va chiesto sempre, se interessante per la professione;
Nelle comunicazioni via social, che siano testi o video, mai utilizzare il linguaggio della pubblicità: non state vendendo una merce;
La promozione è cosa diversa dalla vendita: si tratta di costruire una propria identità il più onesta possibile ed essere capaci di stare sulla rete anche senza risultati immediati;
No all’autoreferenzialità: chi vi legge potrebbe stancarsi e passare oltre
...E COSA NON FARE
Commercialisti nella rete. Solo il 21% possiede una pagina social