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DisciplineFilosofiche rx | Í999 Ebraismo e filosofia: tradizionee modernità a cura di Barnaba Maj e Adriano Fabris Sommario Barnaba Mai e Adriano Fabris Introduzione' Moshe Idel "Unio mltstica" come criterio: osseruazioni sullefenornenologie "hegeliane,, dtl misticismo. Stéphane Mosès llEuropae hfine deitempi: il tema dei quattroinperi in Hegel e nellatradizione ehraica ' Maurizio Mottolese Scrittura de-mitizzan tee interPre tazione mitop o ie tica.Per unafenomenologia deldiscorso miticonegli sailuppi dell'esegesi ehraica' Mauro Zonta Filosofia e religione nell'ebraismo medieuah: un tentatiao di panoramica storica ' Pierfrancesco Fiorato Problematolngia dioina. Lafilosofa dell'origine in Cohen tra ontologi smo cristiano enichilismo.Piero Stefani La speranza d'Israele ' Gerardo Cunico Aspettidel messianismo nellaflnsofa del Noaecento . BarnabaMq La teoria della storiadi lYalter Benjamin. "Passagen- Verk". Appunti e materiali.Sezione N: Tàoria della conoscenza, teoria fulprogresso 'Adriano Fabris Tiadizione e linguagio.Eltmenti di paradosso nel pensiero di Gershom Scbolem' Silvano Petrosino Creazione ed etica. Sull'ehraismo di E. Lninas' Francesco Camera Lninas e il tempo ruessianico lat '" lsBN 88-86570-34-1 ililililililililililr ilil ili ilzgg88óil570343" Lire z8ooo il I l I I I ri I i I f Qodlibet
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Problematologia divina. La filosofia dell’origine in Cohen tra ontologismo cristiano e nichilismo

May 01, 2023

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Paolo Marcia
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Page 1: Problematologia divina. La filosofia dell’origine in Cohen tra ontologismo cristiano e nichilismo

Discipline Filosofiche rx | Í999Ebraismo e filosofia: tradizione e modernitàa cura di Barnaba Maj e Adriano Fabris

Sommario

Barnaba Mai e Adriano Fabris Introduzione' Moshe Idel "Uniomltstica" come criterio: osseruazioni sullefenornenologie "hegeliane,, dtlmisticismo. Stéphane Mosès llEuropa e hfine dei tempi: il tema deiquattro inperi in Hegel e nella tradizione ehraica ' MaurizioMottolese Scrittura de-mitizzan te e interPre tazione mi top o ie tica. Perunafenomenologia del discorso mitico negli sailuppi dell'esegesi ehraica'Mauro Zonta Filosofia e religione nell'ebraismo medieuah: untentatiao di panoramica storica ' Pierfrancesco FioratoProblematolngia dioina. Lafilosofa dell'origine in Cohen tra ontologismo cristiano e nichilismo. Piero Stefani La speranza d'Israele '

Gerardo Cunico Aspetti del messianismo nellaflnsofa del Noaecento. Barnaba Mq La teoria della storia di lYalter Benjamin. "Passagen-Verk". Appunti e materiali. Sezione N: Tàoria della conoscenza, teoriafulprogresso 'Adriano Fabris Tiadizione e linguagio. Eltmenti diparadosso nel pensiero di Gershom Scbolem' Silvano PetrosinoCreazione ed etica. Sull'ehraismo di E. Lninas' Francesco CameraLninas e il tempo ruessianico

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Mauro Zonta

dimostrativa, fondata su rigide premesse dedotte mediante la logica,ma come una spiegazione del mondo in forma immaginosa e mitolo-gica (in linea, insomma, più con la Bibbia che con Aristotele). È cosìche, gradatamente, nel corso del Cinquecento, la filosofia ebraica me-dievale, d'impronta aristotelica, viene assorbita dalla Qrbbalah, ch'eravista ormai come la più autentica inteqpretazione del pensiero religiosoebraico, e scompare dalla scena.

Problematologia divina

La fìlosofia dell'origine in Cohen traontologismo cristiano e nichilismo

di Pi erfran ce s co F i o rato.

Rivolgo col bastone le foglie dei viali.

Qrei due ragazzi mesti scalciano una bottiglia.Proteggete le nostre verità.

F. Fortini, Composita solaantar

1.. In tempi dfficili e sconcertanti

"Vorrei salutare come una favorevole circostanza del destino il fattoche non molto tempo dopo il decimo anniversario della morte di miomarito si sia resa necessaria una seconda edizione dell'opera alla qualeegli ha consacrato tutta l'energia dei suoi ultimi anni. E per me unagioia che questo libro, nonostante i tempi difficili e sconcertanti, si siatracciato la sua strada verso il cuore dei suoi compagni di fede, li abbiaconsolati, sollevati e abbia dischiuso loro, di nuovo, la conoscenzadella fede antica. Ma anche da cerchie non ebraiche si sono levate vociper lodarlo con passione e ammirazione. [...] Qranto è ricca di conso-lazione e piena di speranza questa comprensione franca e cordiale intempi di conflitti così duri! Qrale confetma trova in essa I'operareunificante della grande personalità di Hermann Cohen! Sembrerebbedawero non essere senza un significato più profondo il fatto che la suacittà natale, Coswig, sorga tra la città luterana di Wittenberg e la patriadi Moses Mendelssohn!,r

Con queste parole, datate nBerlino, dicembre'J.928", Martha Cohen- la *serena compagna> nel lavoro e nsalda consolatrice nei lunghi anni

* [Professore nei Licei]

I M. Cohen, "Geleitwort zur zweiten Auflage", in H. Cohen, Rekgion fur Wrnanft ausdtn Qtellzn desludentums, Kauffrnann, Frankfurt a.M.,79292 (: RD; ed. it. a cura di A.Poma, Religione della ragione dalle fonti dtll'ebraismo, trad. it. di P. Fiorato, Edizioni S.Paolo, Cinisello Balsamo, 1994, p. 52.

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Pierfrancesco Fiorato

di lotta"z - congedava la seconda edizione della Religione della ragionedallefonti dell'ebraismo, uscita per la prima volta, postuma, nel 1919. Da-vanti ad esse, al loro tono insieme speranzoso e accorato, il lettore o-dierno non può fare a meno di ricordare che, quattordici anni piùtardi, Martha Cohen sarebbe stata deportata, piu che ottuagenaria, aTheresienstadt, dove sarebbe morta pochi giorni dopo, il 12 settembret942.

Le ombre sinistre del genocidio si allungano oggi per noi, inevitabil-mente, su tutta la vicenda che ebbe nell'noperare unificante della gran-de personalità di Hermann Cohen" uno dei suoi indiscussi protagoni-sti. Molte sono le pagine che il senno di poi ha dettato sulla fragilità einconsistenza del "dialogo ebraico-tedesco". Tirttavia, proprio per queldebito della memoria che ci lega agli sconfitti, non è possibile acco-starsi a quella vicenda come se il genocidio fosse stato fatalmente in-scritto, fin dall'inizio, nella storia tedesca3. "Non si puo giudicare" cioè- come scrive Gert Mattenklott - "l'alternativa rimasta irrealizzata,semplicemente dicendo che essa era troppo debole per divenire, dapossibile, reale. Accanto alle logiche dell'esodo o dell'olocausto fatalisticamente accettato, ne esistevano altre, meno radicali e catastrofiche,cioè piu liberali. Riscoprirle e comprenderle è di estrema importanza,anche perché erano le alternative piìr civili - o meglio avrebbero potu-to esserlo"a.

Poche settimane prima di morire, nella lettera ad Adele Rosenzweigdel 5 febbraio 1918, Cohen aveva ribadito, nella drammaticità siastorica sia personale del momento, la fedeltà estrema al progetto diuna vita: nstiamo vivendo in una nuova migrazione di popoli e unanuova era sembra stia irrompendo. Anche Per me dunque le grandipreoccupazioni politiche si uniscono a quelle private. Fortunati noi,cJre, in questa confusione, abbiamo la nostra sicura linea di condotta,il cui vantaggio consiste nel fatto che in essa la nostra filosofia dellacultura si trova in piena consonanza con la nostra religione. Si tratta diuna prova che è anzitutto autentica e che, in secondo luogo, non

2 Così ebbe a definirla Cohen, dedicandole nel 1914 la seconda edizione della Logicadelln mnoscenzapura, cfr. H. Cohen, Logik der reinen Erkenntnis, B. Cassirer, Berlin l9l4r;ristampa in lVerhe, hrg. vom Hermann'Cohen-Archiv unter der Leitung von H' Holz-hey. Olms. Hildesheim, Bd. 6,1977, p. VII (:1t5;.

3 Cft. E. Traverso, Gli ehrei e la Germania. Ausebwitz e la '\imbiosi ebraico-tedzsca", llMulino, Bologna, 1994, p.30.

a G. Mattenklott, ÚberJudtn in Deutschland, Jùdischer Verlag im Suhrkamp Verlag,Frankfurt a.M., 1992; trad. it. di S. Campanini, Ebrei in Germania. Snrie di uita alraaersole ltture, Feltinelli, Milano, 1992, p. 7 5.

Problematologia divina

potrebbe essere sostenuta con la stessa chiarezza e precisione da nes-sun'altra professione di fede"s.

Sarebbe inadeguato interpretare l'enfasi con la quale viene qui pro-clamata [2 npiena consonanza> tra ebraismo e Kulturphilosophie comeespressione di un accademismo imperturbabile, mai toccato daglieventi. Il confronto, infatti, spesso anche polemico, con le tendenze e iproblemi del suo tempo Cohen non lo ha mai evitato, giungendosemmai a dichiarare orgogliosamente la propria inattualità. Proprio laconsapevolezza di quest'ultima, tuttavia, sarà destinata, col passaredegli anni, a farsi sempre più dolorosa, fino ad arrivare alle drammati-che testimonianze epistolari dell'autunno 1916, a proposito delle qualisi è giustificatamente parlato di una vera e propria crisi della sua co-scienza culturale6.

Così, se, nel 190J la Prefazione alla seconda edizione dell'Etica dtilnaolontàpura si apriva con un'accesa disputa su quale fosse la vera nindoletedesca", nel riconoscimento della necessità di dare una dimensionestorica il. <nuovo spirito, che si intendeva promuovereT, negli anni suc-cessivi la divaricazione tra lo storico e l'attuale sarebbe cresciuta fino adapparire, agli occhi di Cohen, incolmabile. "Scrivo per dovere e percoscienza, la mia fiducia, però, è ormai soltanto storica, in nessun modoattuale" dichiarerà in una lettera a Natorp del 27 ottobre 19168. E all'a-mico, che reagiva soprattutto ad un'altra affermazione della stessa lette-ra, sulla natura sempre piu storica del suo patriottismo, Cohen repliche-rà perentorio: nll miò patriottismo storico resta intatto; dal punto divista attuale e personale, però, l'oppressione mi sta di nuovo appiccicataaddosso, nella questione nazionale, come un marchio giallo"e.

È dunque questo il clima, drammatico, in cui maturerà la stesura del-la sintesi estrema del pensiero coheniano: la Religione della ragione dalle

fonti dell'ebraismo.IJevoluzione degli eventi - come dimostrano gli accen-ti cupi dell'ultima lettera citata - aveva reso quanto mai problematica,

5 H. Coh.n, Briefe, ausgewahlt u. herausgegeben von Bertha u. Bruno Strau8, Schoc-ken Verlag, Berlin, 1939, p. 82 sg.

ó Cfr. H. Holzhey, "Der systematische Ort der Religion der Wmunft im Gesamtwerlo,,testo della relazione tenuta al congresso di Zurigo su Religion der Wmunft del settembre1998. Gli atti sono in via di pubblicazione presso I'editore Olms.

7 Cf.. H. Cohen, Ethik dzs reincn lN/ilbns,B. Cassirer, Berlin, 19072; ristampa in W?rke,cit., vol. 7 (: Eiùf), p. X; trad. it. di G. Gigliotti, Etica delk aolontà pura, EdizioniScientifiche Italiane, Napoli, 1994, p. 3.

8 Cfr. H. Holzhey, Cohen und Natory, Schwabe, Basel-Stuttgart, 1986 (: CN), vol. II,Der Marburger Neukantianismus in Qtellen, p.452.

e CN II p. 465. Si tratta della lettera a Natorp del 29 novembre 1916.

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Pierfrancesco Fiorato

per lo stesso Cohen, la prospettiva di una simbiosi culturale ebraico-tedesca. Proprio le condizioni sociali e politidre dell'epoca, dunque,avrebbero contribuito a determinare quella crisi filosofica e personaleche indusse Cohen a nriorientare" il proprio pensiero verso temi religiosiebraicilo.

Se un simile "riorientamento", però, non può non essere inteso, al-meno in una certa misura, come l'espressione di un più marcato itornodi Cohen all'ebraismo, non è possibile dimenticare, d'altro lato, ledifficoltà che l'impiego di un simile concetto - inteso nell'accezioneforte di un ritorno alle radici, di una Heimktltr - necessariamente com-porta per una filosofia critica come quella che Cohen intende professare.Tale aspetto è stato incisivamente sottolineato, di recente, da HelmutHolzhey: "Il Baal t'sbuaoh - quale Cohen è stato salutato nel suo viaggroin Russia - non è filosofo. [...] Vivere l'esperienza del ritorno è in con-trasto con un pensiero che si sia votato alla filosofia"rr. Ijaderenza diqueste parole, nella loro drasticità, all'ispirazione di fondo del pensierocoheniano risalta con chiarezza, se esse vengono confrontate con quan-to Cohen scriveva a Leo Munk tl 27 marzo 1907: "Lei sa quanto io sialegato con i moti più profondi del mio cuore e con i più intimi senti-menti del mio spirito alla vita interiore della nostra religione; anche qui,però, I'astrazione è il mio destino, e solamente chi è autentico puòcomprendermi e tollerarmin 12.

Soltanto se si tiene presente I'ostinato resistere, sullo sfondo, di questafedeltà è possibile percepire la peculiare tensione di cui vive sempre piìril pensiero coheniano nella sua fase tarda. Nonostante tutto, nella letteraad Adele Rosenzweig, la "prova" era la professione di fede, non certo laKulturphilosophie, a doverla sostenere. Cio non toglie che I'attenzione diCohen si sia volta sempre pirì verso le "fonti dell'ebraismo"; che questeabbiano acquistato sempre piu importanza, abbiano lasciato una tracciasempre più consistente nella stessa riflessione filosofica. La "consonan-7xr,, in ogni modo, non era scontata, ma poteva nascere soltanto da uninstancabile lavoro di temperamento degli intervalli. Nel divenire sem-pre meno evidente dell'armonia, in compenso, il Leibniziano dovevafarsi sempre più Profeta. Infatti, come scrive Holzhey a proposito delledichiarazioni epistolari dell'autunno 1916: .Scrivere, senza fiducia

10 Cfr. P.A. Schmid, Ethik al: Hermeneutik. Sltsternatische [Jntersuchungcn zu HermannCohens Rechts- and Tugendbhre, (Studien und Materialien zum Neukantianismus, Bd. 5),Kònigshausen & Neumann, Wùrzburg, 1995, pp. 293 sgg.

rr H. Holzhey, op. cit.;l'allusione è ad un episodio riportato da Franz Rosenzweig nellasua EinbitungaH. Cohen,Jùdische Sclniftm, Schwetschke, Berlin, 1924 (:lS), I, p. )O<.

12 H. Cohen, Briefe , cit., p. 77.

Problematologia divina

attuale, una Religione ddla ragione - questo I messianismo profetico: privodi illusioni, eppure pieno di speranza, grazie alle fonti della propriastoriaol3.

2. Radicalisno flo sof co ed ermeneutico

Nella definizione di una religione della ragione dalle fonti dell'ehraismoesegesi delle fonti ebraiche e riflessione filosofica entrano così in unpeculiare rapporto, certo non privo di attriti e tutt'altro che scontatonegli esiti. Le dichiarazioni esplicite di Cohen su questo argomentosono invero assai scarne, ma rivelano una nitida consapevolezza dell'o-perazione compiuta. Non si tratta di confondere filosofia e testi dellatradizione ebraica, ma di affermare invece, sino in fondo, la loro reci-proca autonomia e diversità, cercando proprio su questa base di indi-viduare le premesse di una possibile relazione.

oNoi non inseriamo affatto la nostra spiegazione fìlosofica all'in-terno del testo biblico, ma la accostiamo soltanto ad esso per illumina-re la profondità originaria della parola biblica e far comprendere la suaefficacia di fonte storica". Così Cohen ribatte alla raccomandazione,formulata da Emil Kautzsch, di non sovrapporre al testo di Es 3,14 il,,"vero ente" nel senso filosofico del termine"14. Ma I'obiezione in real-tà è più sottile: Cohen ritiene l'osservazione di Kautzsch "inopportu-nx", poiché essa fa ricorso ad una distinzione che non è di competenzadell'esegesi biblica, bensì della fìlosofia soltanto. "Non solamente laBibbia" - dichiara perentorio, ritorcendo in qualche modo controKauzsch il suo stesso argomento - <<ma anche la stessa esegesi biblicanon ha bisogno di sapere assolutamente nulla di filosofia". Le preroga-tive della filosofia - prerogative di ordine anzitutto metodologico -sono così restaurate: "E esclusivamente compito della filosofia" -scrive infatti - nchiarire il rapporto che sussiste ira il monoteismo ed ilconcetto dell'essere. E anche se la connessione dei problemi filosoficiesige per il problema dell'essere una distinzione dal concetto di Dio,da cio non deriva affatto che il concetto religioso di Dio non possatuttavia entrare in una relazione profonda con il concetto filosofico diessere"ls.

13 H. Holzhey, "Der systematische Ort...", cit.to RV p. 49; tad. it. cit. p. 108. - Cfr. Dìe Heilrge Sebrft fut Alun Testaments, ùbersetzt

u. herausgegeben von E. Kautzsch, 3. Auflage, Mohr, Tùbingen, 1909-10, vol. 1, p. 91.ls H. Cohen, Der Begrif der Religion im Slstem dtr Pbilosophie, Tópelmann, Giessen,

l9 l5 ; r i s tampa inVerke , c i t . , vo l . 10( :3X; , p .22 ; t rad . i t .d i G.P. Cammarota , I l

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Pierfrancesco Fiorat<;

Qrello dre emerge subito, da queste righe, è un approccio ai pro-blemi al tempo stesso criticamente sorvegliato e assai radicale. Dove ilradicalismo in questione è, certo, di tipo peculiare: piuttosto celato trale pieghe di un'impostazione dichiaratamente razionalistica che nonapertamente proclamato.

La questione del "razionalismo" di Cohen si pone per noi, di primoacchito, nei termini di una distanza storica e culturale, che si evidenziaimmediatamente nella definizione dell'ebraismo e delle sue fonti. Nonè possibile non riconoscere come dal quadro coheniano di una reli-gione della ragione risultino escluse o quanto meno fortemente emar-ginate alcune corenti della tradizione ebraica che, nella visione - forsepiù differenzíata, e in ogni caso differente - che oggi ne abbiamo,hanno ottenuto un rilievo assai considerevole. Che ciò non sia, tutta-via, il frutto della scontata adesione ad un clichí culturale, ma piutto-sto, ancora una volta, quello di un'elaborazione consapevole e trava-gliata, è quanto implicitamente afferma anche MichaelZank quandoparla, a questo proposito, di una vera e propria autocensura cui Cohenavrebbe sottoposto le sue stesse conoscenze, per giungere a "circoscri-vere I'ambito delle "fonti dell'ebraismo" a quelle opere che corrispon-devano ai criteri etico-teologici ed apologetici della lVissenschaf des

Judrntums liberale del suo tempo"16.Gli stessi riferimenti a Maimonide, che accompagnano quasi costan-

temente le dichiarazioni di Cohen sul tema del razionalismo, possonoessere compresi adeguatamente solo se letti in questa luce. Ben lonta-no dall'essere l'espressione di una prospettiva di consolatotie certezze,il razionalismo maimonideo viene visto da Cohen come attraversatoda un'inestinguibile inquietudine, come <punto focale" dei conflitti,dei "moti mai acquietantisio, che ndivampano ai confini tra religione efilosofìa"17. '

La defìnizione coheniana di Maimonide come del "razionalistadell'ebraismerls può essere considerata, così, come riduttivale solo se siintende il razionalismo in un'accezione che non è quella di Cohen. A

conutn di rekgione nel sistema dellaflosofa, Edizioni Scientifiche ltaliane, Napoli, 1996,p . 2 8 .

ló M. Zank,.Hermann Cohen und die rabbinische Literatur, in S. Moses, H. Vie-debach, ed,s., Hermann Cohen\ Philosoplry of Religion. Intemational Conferena in Jerasalen1 996, Olms, Hildesheim etc., 1997, p. 265.

tt RV p. 34; trad. it. cit. p. 90 sg.tt RV p. 410; trad. it. cit. p. 506.19 Cfr. ,d es. J. Sermoneta, uMoshe Ben Maimon", in D. Di Cesare e M. Morselli, a

cura di, Torah eflosofa. Percorsi dzlpensiero ebraico, La Giuntina, Firenze, 1993, p. 86 sg'

Problematologia divina

testimonianza del fatto che cohen, riconoscendosi nella tradizione delrazionalismo, non intende attenuare la radicalità del confronto con iproblemi, ma farsi semmai inteqprete del particolare radicalismo teore-tico che di tale tradizione è proprio, va sottolineato che a fare di Mai-monide un "classico del razionalismoo2' sono per lui proprio queitratti del suo pensiero che vengono altrimenti citati come i più iridu-cibili ad una prospettiva di razionalismo filosofìco: quella teoria degliattributi negativi, cioè, in cui Maimoniflg ngiunge ad un'affermazioneche starebbe meglio in bocca ad un mistico piuttosto che a un filosoforazionalista: Dio esiste ma non nella realtà"2r.

Prima di passare ad una considerazione piu attenta della problema-tica qui adombrata e di vedere come la peculiare nteologia filosofìca,coheniana "ricavi dalla memoria della dottrina degli attributi arabo-ebraica medievale la definizione del proprio modo di procedere'z,converrà spendere ancora qualche parola per delineare nei suoi trattipiu significativi quel razionalismo critico o, forse meglio, problematicocon cui Cohen saggia la tradizione e se ne riappropria, con esiti talvol-ta sorprendenti.

E lo stesso Cohen, nell'introduzione all'opaspostamum, ad invitare aleggere la relazione tra religione e ragione sab specie problematis. È soloponendo ll uproblema della religioneo in relazione con il ,groblemadella ragione", infatti, cJ-re il primo può fare il suo ingresso in filosofia. Etale relazione risulta necessaria, dal momento che la ragione stessa nè ilproblema che sussiste per qualsiasi concetto, per qualsiasi conoscenzadi un concetto, e che deve dunque essere presupposto e posto a fon-damento anche per il concetto della religione e per il concettodell'ebraismo"23.

Lidentificazione di ragione e problema che viene qui proposta nel se-gno della fondazione presuppositiva va intesa, sulla scorta delle indi-cazioni fornite dalla Logica della conoscenzt pura, come il riconoscimen-to del carattere di ipousi dello stesso "che cos'è?, socratico2a e determi-

20 Cfr. RV p. 73; trad. it. cit. p. 134.2r

J. Sermoneta , op. cit., p. 88. Il passo maimonideo in questione è un passo controver-so di Gaida I,57 sulla cui interpretazione Cohen prende posizione esplicitamente inCbarakuistik drr Ethik Maimarui, JS III p. 251, e la cui eco è rintracciabile inoltre in BRp. 46 sg. (trad. it cit. p. 50 sg.) nonché in RV p. 51 sg. (trad. it. cit. p. 110 sg.).

22 H.Holzhey, "Gott und Seele. Zum Verhàltnis von Metaphysiklritik und Religions-philosophie bei Hermann Cohen", in S. Moses, H. 'iíiedebach, eds., Hermann Cohen'sPhilosophy of Religion, cit., p. 93.

z3 RV 5; trad. it. cit. 60.2a cfr. LrE p. 15 sg.

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na, attraverso una radicalizzazíone ed estensione della prospettiva kan-tiana di un <uso ipotetico della ragione,, il configurarsi di una vera epropria presa di distanze dallo stesso concetto classico di quest'ul-tima2s.

È attraverso tale procedimento dre viene a definirsi nei suoi trattiessenziali la peculiare forma di criticismo che caratterizza la filosofiadell'origine in Cohen. Qresta riposa sul convincimento che "il signifi-cato generale del principio come fondazione deve approfondirsi fino adiventare fondazione dell'origine"2ó, e che solamente così - facendosicioè "pensiero dell'origine, - il pensiero può candidarsi a diventarenpensiero della conoscertza,r2T. Certamente la decisa affermazione dell'o-riginaria oautonomia" e incondizionata (sovranità" del pensiero che èqui sottintesazs -

"noi iniziamo con il pensiero: il pensiero non puòavere origine al di fuori di se stesso, scrive Cohen nell'Introduzione2e- e il conseguente abbandono delle garanzie cui Kant affidava la con-fìgurazione della propria prospettiva critica3o non possono non lascia-re, almeno di primo acchito, disorientati. Eppure è proprio dall'ac-coglimento senza riserve della sfida implicita in questa radical\zza-zione "problematica" che Cohen si attende l'adempimento di quelleistanze critiche cui il suo pensiero ha sempre inteso rimanere intrasi-gentemente fedele. Non a caso, nella sua versione piÌr incisiva, il pro-gramma suona: "Dobbiamo far valere la logica stessa come critica.Essa, infatti, signifìca per noi la logica dell'origine"3r.

Accostandoci allora, sulla base di queste premesse teoriche, al pro-getto di una nreligione della ragione dalle fonti dell'ebraismo>, nondovremo attenderci, là dove Cohen rivendica con forza l'autonomasovranità della ragione filosofìca rispetto alle fonti ebraiche, uha merariduzione di queste ultime ad un precostituito e confortante clichérazionalistico: al contrario, le "fonti dell'ebraismoo dovranno inveceessere riconosciute - come Cohen scrive espressamente - come quel*materialeo nella cui (spontanea produzione storica" "la ragione Proble-

2s Per questa problematica cfr. H. Holzhey, uDie Vemunft des Problems' Eine begrift-geschichtliche Annaherung an das Problem der Vernunft", in Mathesis rationis. Festschift

Jiir H. Scbepers, Nodus, Mùnster, 1990, soprattutto pp. 38 sgg.26 LrE p.36.27 LrE p.37 sg.28 cÉr. LrE p. 3 l.2e LrE p. 13.30 Nella Prefazione Cohen non fa mistero dell'..aspra polemica" da lui condotta qui

contro i "più importanti pilastri" del sistema kantiano (cfr. LrE XI).31 LrE p. 37.

Problematologia divina

matica,la problematica religione della ragioneo ha da trovare il proprioinveramento32. In ultima analisi è dunque proprio quel pecuiiareradicalismo teoretico che caratterizza i tratti éssenziali àel criticrsmocoheniano a rendere quest'ultimo disponibile ad un confronto ineditocon le diverse tradizioni del pensiero religioso e della teologia fìlosofi-ca: un confronto dal quale sarà senza dubbio lecito attendeisi risultatianche sconcertanti.

3. Problem atologia diuina

nPer comprendere le antiche fonti bibliche nella loro tendenza a li-le-rarsi dagli originari elementi mitologici può essere opportuno fareriferimento, anzitutto, a quella speculazione filosofica À. rr" sciente-mente cercato di sviluppare la parte cip azione della ragione fvrnunfi-anteí\ al monoteismo a partire dalla logica dei principi. Nell'Islam tàlepartecipazione della ragione divenne, nel problema degli "attributi ne-gativi", un problema fondamentale, che istituì una coÀun".rza tra re-ligione e filosofia"33. così cohen si esprime in quello che è forse, dalpunto di vista teoretico, il capitolo piu interessante ed impegnativodell'opera postuma, dedicato al concetto di creazione. Il riierimentoalla "logica dei principi,, sarà esplicitato poche pagine più avanti, dovecohen - rifacendosi espressamente alla propria Logrca della conoscenzapula - scriverà: nla partecipazione della ragione alla religione deve farvalere anche per il problema della creazione cio che l'orìgine significain senso logico. E Maimonide ha conferito questo significato per lacreazione all'attributo negativo della privazione,34.

. _Il legame qui istituito tra il principio logico dell'origine e la teologiadella creazione non è tuttavia così pacifico come una lettura di questipassi potrebbe forse immediatamente suggerire. Solamente addentran-dosi nelle diffìcoltà e tensioni inisolte che sono costitutive della rela-zione proposta, diviene possibile cogliere questa in tutta la sua portataed il suo reale significato, evitando le interpretazioni più scontate chel'idea di un impiego strumentale di contenuti originaiiamente mono-teistici da parte della riflessione filosofica sui principi della ragionepotrebbe altrimenti ispirare.

Era stata significativamente proprio la stessa Logica della conoscmzaPura a sottolineare con forza alcune diffìcoltà che insorgono a questo

t'RV p. 5; trad. it. cit. p. 60 (corsivo nostrd.t 'RVp.70; t rad . i t . c i t . p . 13 l .t' RV p. 73; trad. it. cit. p. 135.

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Pierfrancesco Fiorato

proposito e che impediscono alla tarda filosofia della religione di

trovare soluzioni a buon mercato. Là dove il principio dell'origineveniva introdotto quale espressione dell'autonoma sovranità del pen-siero, Cohen sottolineava espressamente come la radice interrogativa el'interesse che in tale principio venivano alla luce fossero soprawissutinel medioevo <nonostante tutta la teologia della creazione"3s. Infatti -

come Cohen specificava più avanti - la Genesi mosaica vorrebbe osod-

disfare l'interesse dell'origine con la creazione), ma nnon riesce tuttaviaa reprimerlo del tutto"36.

È proprio l'inestinguibilità di tale interesse, minacciato continuamen-te daile diu..r. forme del pensiero npositivo" che congiurano contro di

esso, eppure pervicacemente riemergente in figure sempre nuove ed

inedite, a costituire uno dei temi dominanti della riflessione cohenianasull'origine come principio e problema' Agli occhi di Cohen, il "primi-tivo interesse umano per la domanda sull'origine è stato occultato e ri-mosso>: .pressoclé estinto> nella logica, in seguito allo "smorzarsi del

senso fausiiano della domanda nella rassicurazíone che offie il princi-

pio,, ciò che restava di tale interesse (venne ascritto alla metafsico', per

iir.hi"t. però anche qui di essere liquidato, non ultimamente proprio

perché quest'ultima unon disdegno di intrattenere rapporti con la. crea-

,iorr.r. Né le cose erano destinate, in realtà, ad andare meglio con il pan-

teismo: nanche in questo caso il tutto, nella sua infinita grandezza, sof'

focò I'inizio, costringendolo nel piccolo. E del resto, anche qui, il Dio

universale faceva le veci di primo ed ultimo fondamento dell'essere"37.Certo, per far fronte alla necessità di rintracciare nuovamente l'in-

teresse p.i l" do-"nda originaria nlungo le diverse vie e nelle diverse

forme di espressioneo in cui esso si è disperso, il pensiero deve dotarsi di

un metodoche sappia.riconoscere I'antica domanda nella nuova rispo-

sta,, anche nei casiln cui risulti così straniante da apparire implausibile.

È in quest'opera di sistematica rivalutazione del piccolo e del rimosso

che si inseriice il progetto di introduffe, come nuova pietra angolare

della Logih, il principio dell'analisi infinitesimale. Infatti: "è come se ci

fosse un,ironia nei confronti di quell'infinito che finora, in quanto ens

realissimum, era stato elevato a fondamento del finito. Non l'infinito

della speculazione metafisico-teologica, ma l'infinitamente piccolo deve

.rr.r. ii.ottosciuto d'ora innanzi come punto archimedeo"3s.

3s LrE p. 31 (corsivo nostro).36 LrE p. 79.3i LrE p. 80.38 LrE p. t25.

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Problematologia divina

E se da un lato, come si è visto, è soprattutto il panteismo a "soffo-care l'inizio, costringendolo nel piccolo", è significativo che per Co-hen, anche nel caso della creazione, sia appunto "nell'inizio" che tornaa ofare capolino" quell'interesse per I'origine che non si riesce a urepri-mere del tutto>: "in dem ArJirrS l,l IuSt es heruon,. Certo - aggiungesubito dopo - esso risulta così circoscritto solamente al tempo, "maanche in tale restrizione afferma la propria natura di sfinger3e.

Proprio di questo ninizio" Cohen tornerà a parlare in Religion derVrnunJi. Se infatti, sulla base del quadro che si è tracciato, risultaevidente la radicalità della sfida cui deve far fronte il progetto di unaWederholung della logica dell'origine in termini di teologia della crea-zione, la necessità di rivedere dalle sue stesse fondamenta onto-teo-logiche I'impostazione di quello che sopra abbiamo chiamato pensiero

"positivo" - pensiero che ha avuto per Cohen, come si è visto, proprio

nel "Dio universalen della creazione un suo funesto alleato - deveprendere le mosse da qui, dalla ridefinizione, cioè, del rapporto traDio e I'inizio.

La "prima parola che designa I'atto della creazioneD e che, secondola traduzione corrente, porrebbe un inizio di ordine temporale, vieneinterpretata da Cohen - sulla scorta della tradizione rabbinica chepone I'inizio (reshit) nella forza - come espressione costitutiva dell'es-senza stessa di Dioao. La metamorfosi che la nozione di Dio ne subisceè radicale. La Sphinxnatur dell'inizio non viene rimossa né eliminata,ma trova semmai una nuova possibilità di esplicazione nei termini piugenerali di una teologia problematica o, forse meglio, di una problema-tologia diuina. Infatti: uljenigma rimane, ma rimane presso Diooot'Proprio in tale (esposizione teologica dell'origine, quale "enigma" di-vino" Holzhey ha ritenuto di poter scorgere il senso piir profondodella tarda filosofia della religione cohenianaa2.

Si tratterà, a questo punto, di ndeterminare il concetto di Dio inmodo tale che la creazione non costituisca un enigma a sé stante, matrovi invece nella definizione di Dio la sua soluzione#3. E precisamen-te questo è il luogo in cui Cohen ritiene di potersi riappropriare della

3e LrE p. 79.oo RV p. 74 sg.; trad. it. cit. p. 137.ot RV p. 75;rrad. it. cit. p. 137.az H. }lolzhey, "Cassirers Kritik des mythischen Bewu8tseins", in HJ. Braun, H.

Holzhey, E.V. Orth, hrsg., Ùber Ernst Cassiren Pbilosophie der synbolischen Formen,Suhrkamp, Frankfurt a.M., 1988, p. 202.

n'RV p. 75;trad,. it. cit. p. 137.

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Pierfrancesco Fiorato

riflessione sugli attibuti negatiai, come dello strumento più adeguatoche la tradizione gli oflre per l'elaborazione dell'uenigma" divino. Giàil primo capitolo dell'opera, dedicato al rema dell'unicità di Dio, con-tiene in questo senso indicazioni decisive.

Dopo che la stessa Logica della nnoscenza pura aveva fatto seguire,alle prime considerazioni sul problema dell'origine, una focalizzazionedella questione ontologica, da subito individuata come il vero puntonodale del confronto44, ora è il cosiddetto ontologismo cristiano ad esserecoerentemente assunto da Cohen come il modello e l'espressione pereccellenza di quel pensiero ontologico "positivo" contro il quale egliintende affermare la prospettiva della propria problematologia. "Ladifferenza che tanto il monoteismo ebraico quanto quello islamicofanno valere, nella dottrina degli attributi, contro l'ontologismo cristia-no"a5 consiste per Cohen nella piena e adeguata valorízzazione diquella "distinzione tra essere ed esistenza", in cui risiede uno dei trattiessenziali dell'unicità divina. Si tratta di una distinzione in cui .trovaun'eminente conferma la partecipazione della ragione al monotei-smo,,46, ma che non è piu stata poi rigorosamente mantenuta da quellatradizione di pensiero che prende il nome dall'argomento ontologico.Infatti: "unendo I'esistenza aIl'essenza dell'essere tale argomento nonconferisce affatto, come sembra, la sovranità al pensiero della ragione,ma confonde pensiero e sensazione, quasi che il pensiero potesseraggiungere il proprio compimento solamente riconoscendo alla sen-sazione la sua peculiarità e sovranitàra7.

Alla radice di questo errore fatale sta - secondo la diagnosi formula-ta dalla Logica dtlla conoscenza pura - il non aver mantenuto fermo, intutta la sua radicalità, il principio dell'origine, per il quale "soltanto ilpensiero stesso può produrre cio che è lecito valga come essere'48.Ancora una volta ci troviamo qui di fronte a quell'aspetto del pensierocoheniano che per la sua distanza dalla tradizionale cautela del critici-smo può sconcertare. In realtà il radicalismo di Cohen mette qui indiscussione I'intera impostazione ontologistica, a partire da quei pre-supposti terminologici che sono in buona parte condivisi anche dallastessa critica kantiana. Egli parla, a questo proposito, di nombre oscu-1s,, legate agli stessi "fondamenti della terminologia, impiegata, che si

aa cfr. LrE p. 80.ot RV p. 52; trad. it. cit. p. I I 1.ou RV p. 51; trad. i t . ci t . p. 110.ot RV p. 5l sg.; trad. it. cit. p. ll0 sg.aE LrE p. 81.

Problematologia divina

affìancano innegabilmente alle "luci potenti ed eternamente benefi-che" apportate da tale critica: nChe l'esistenza debba aggiangusi fhinzu-knmmenf , che si debba uscire fhinausgehenl verso l'esperienza, per arco-stare lbeilegenl I'esistenza al concettooae.

Proprio rispetto alla celebre definizione kantiana dell'essere comeposiziondÙ acquistano, in questo senso, un signifìcato peculiare le di-chiarazioni di Religion der Vrnunft secondo le quali si tratterebbe dipervenire, invece, ad una dimensione dell'essere che "addirittura oltre-passi il significato della posizione, con I'intenzione di fornire allastessa affermazione il suo fondamento,sr. Si awerte qui I'eco di quan-to aveva già affermato la Logica della conoscenza pura quando, a proposi-to dell'originaria sovranità del pensiero, essa si era riferita aJ. n ti eneinai aristotelico, definendolo significativamente, in accezione positiva,un'"espressione misticar: "Che cos'era? La domanda significa: il fon-damento dell'essere deve essere posto al di là della sua presenza. Nonbasta determinare l'essere come essere vero o ontos on, si cerca un pre-essere fVor-Sein) e in esso l'essere viene fondato e assicurato"s2.

E questa irriducibilità del fondamento dell'essere alla stabile positi-vità del presente quanto la tarda filosofia della religione ripensa neitermini di una "problematologia divina". Certo, si tratta di un'irridu-cibilità che fìnisce col determinare andre il carattere inesauribilmenteulteriore dell'essere stesso: nl'essere non è fissato nel presente, ma aleg-gia, sospeso, oltre di esso fsúuebt riber sie hinaus]", scriverà Cohen aproposito di Es 3,14s3. Tirttavia, tale ulteriorità non è che il riflesso diquell'oltrepassamenlo ooriginario" in cui il pensiero si imbatte nel nulla.Thle oltrepassamento o, meglio, quell'"awenturoso Umweg,, che il nul-

4e LrEp.475.so K.V B p. 626; trad,. it. di G. Gentile e G. Lombardo-Radice riv. da V. Mathieu,

Critica dzlla ragion pura, Laterza, Roma-Bari, 1977 , p. 472. - Su tale definizione cfr. M.Heidegger, "Kants These ùber das Seino, in lVegmarktn, Klostermann, Frankfurt a.M.,1976,_pp.445-480; trad. it. di F. Volpi in M. Heidegger, Segnaaia, Adelphi, Milano,19872, pp. 393427.

tt RVp.7l;rrad. i t . ci t . p. 133.s2 LrE p.31. - Per un'analisi più articolata di quella che ho altrove chiamato l'ontologia

negatina coheniana mi permetto di rinviare al capitolo "Das Sein in der Frageform" delmio studio Guchichdiche Euigkeit. Ursprung und Zeitlichkzit in dtr Philonphie HermannCohens, (Sndien und Materialien zum Neukantianismus, Bd. 2), Kònigshausen & Neu-mann, Wùr'zburg, 1993, pp. 27 45.

tt BR p. 22; tad. it. cit. p. 29. - GiàL Holzhey, seppure con riferimento ad altri passi,ha sottolineato la rilevanza dello Sclrueben per il pensiero religioso coheniano, cfr. "Gottund Seefe,, cit., p. 101, dove si fa riferimento in questo senso anche alla Meaplrysik dtsScbwebens di Walter Schulz.

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la stesso, in quanto (stazione lungo la via del domandare" e "domandarafforzatarr, rappresentas4, viene ora trasposto "all'interno dell'essereunico di Dio": solo a questo prezzo l'enigma logico della creazionepuo dirsi risolto nella defìnizione dell'unicità divina55.

4. Epilogo: problematologia e nidtilismo

Alla nscepsi sulla cosiddetta esistenza di Dio"só, che domina semprepiù il panorama della cultura contemporanea, Cohen non intendedunque contrapporre nuove forme di dogmatismo o positive certezzeavulse dai tempi, ma I'invito a pensare, invece, tl problema di Dio in unmodo assolutamente eversivo rispetto alla logica dell'utrum Deus sit annonsT. Si tratta di attuare uno scarto di prospettiua rispetto al modotradizionale in cui l'"ontologismo" pone la questione di Dio e di ten-tare un pensiero ai limiti, se non dell'ateismo, dell'ateologiass: di pensa-re cioè, come problema,l'essere stesso di Dio.

'pio è co*t problema 1 questo

significa pensare sino in fondo, nella prospettiva dell'nidealismo post-metafisico" cohenianose,Dio come idea.

psf "problemal'inizio non è che una figura, incisiva certamente (for-

se proprio per quella concentrazione che le deriva dal suo essere circo-scritta alla sola dimensione del tempo), ma pur sempre parzía|e e distor-ta: espressione, in fondo, della capacità del problema - che in esso "facapolino" - di eludere la censura cui il pensiero npositivo" 1o sottopone.La trasposizione dell'inizio in Dio, però, nel quadro di una teoria antion-tologica della creazione, dà luogo ad una sua "idrahizzaziona,: l'enigma,

sa LrE p. 84.

" RVp.76;trad. i t . ci t . p. 138 sg.tu RV p. 3'8; trad. it. cit. p. 95.57 In un appunto Cohen giungerà a definire, in questo senso, I'intera questlone

dell'esistenza di Dio .irrilevante", cfr. Nachk$ Paul Natory, Unia.-Bibl. Marburg Hand-schrftenabt., Sign., MS 831, Bku 60, "Certo, col concepire Dio come idea, la questronerelativa all'esistenza non viene decisa; per il compito morale dell'idea, però, I'esistenza èirrilevante". - Devo la cortese segnalazione di questo testo a Harhvig Wiedebach, chesta curando I'edizione critica completa delle Notizen und ReJlexionen di Cohen.

58 Prendo in prestito l'espressione da una lirica di Giorgro Caproni, tratta dalla raccol-ta Wrsicoli del conlrocaproni. - Dí ateismo non si può trattare, dal momento che si trattainvece proprio di quel pensiero che, agli occhi di Cohen, impedisce il sorgere di formedi ateismo nei confronti del umonoteismo puro> (cfr. RV p. 485; trad. it. cit. p. 590).

5e Cfi. H. Holzhey, "Sein und Sollen. Postmetaphysischer Idealismus bei Cohen undNatorp", in Ch. Krijnen, E.W. Orth, hrsg., Sinn, Geltang Vert. Neukantianische Motiue nder modtmen Kultarphilasophie. (Studien und Materialien zum Neukantianismus, Bd. 12),Kònigshausen & Neumann, Wùrzburg, 1998, pp. 139-153.

Problematologia divina

cioè, che I'inizio, proprio nella sua singolare restrizione temporale, avevaavuto il pregio di far risaltare, si riverbera ora su ciascun istante, fino adiventare l'enigma stesso della continuità temporale dell'esistere ossiadel divenire. È così che la creazione diventa.una questione di continui-tàr60: nOgni giorno pone adesso la stessa domanda,6r. Al tempo stesso,però, si ínizia a intravedere anche che "il senso autentico del concettomonoteistico di cre azione risiede nell ti ca,,u'.

Liberato della sua veste mitologica, l'interesse per il problema che sicelava dietro la maschera enigmatica dell'inizio, può rivelare ora,finalmente, il suo vero volto. Ma a rivelarsi è così, in realtà, la suanatura ancipite. Infatti: "se la ragione segue due vie principali, che siseparano a un bivio, si dovrà porre il problema della creazione nonindistintarnente, ma secondo queste due vie principali"63. Ad illustra-zione di questo aspetto decisivo Cohen scriverà, più avanti; "Solamen-te quando la domanda: nda dove e per mezzo di cosa fuoher unduodurchl ?, viene integrata con I'altra: (rrerso quale meta e in vista diche lutohin und uozal?", solamente quando l'interesse per la causaviene integrato con quello per il fine, solamente attraverso tale integra-zionela ragione cessa di essere la metà di se stessaoó4.

Problema kat'exochen è dunque, infine, quello dell'naccordo dellacausalità teoretica con Ia teleologia etica"; nQresto accordo tra le duespecie di legalità" - scrive Cohen - "è stato da sempre la pietra filosofr-le. Esso è / problema originario della filosofia sistematica. Ma è anche,- come egli aggiunge subito dopo - "il senso fondamentalt dell'idea diDio"6s. Per questo motivo molti interpreti hanno ritenuto giustamentedi poter scorgere nell'idea coheniana di Dio "nient'altro che il concet-to dell'unità della ragione,óó' ' il problema drlla ragione, inteso comeproblema della sua unità ed articolazione sistematica a trovare, infatti,nell'idea - cíoè nel problema - di Dio, ovvero in Dio come problema,lapropria espressione eminente.

uo RV p. 78; trad. it. cit. p. 141.ut RVp.80; trad. i t . cir . p. 142.u'RV p. 77;trad. i t . ci t . p. 139.ut RV p. 77; trad. it. cit. p. 140.uo RV p. lo8; trad. ir. cit. p. 174.ut RV p. 476:trad. it. cit. p. 580 (corsivo nostro).óó P.A. Schmid, op. eit., p.223; cfr. anche B. Kellermann, .Die religionsphilosophische

Bedeutung Hermann Cohens", in Neue jtidische Monatshefte,2, 1918, pp. 369-374, rist. inH. Hofzhey, hrsg., Hermann Colten,Perer Lang, Frankfurt a.M., 1994, pp. 107-113, quicfr. p. 108 sg.; e, infine, D. Adelmann, Einheit des BnuuJltseins ak Grundproblem dtrPbilasophie Hermann Cohens (Diss.), Heidelberg, 1968, p.212.

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È proprio al radicalismo teorico di questa prospettiva oproblema-1igx,, che Cohen ritiene di poter ancora affidare - al cospetto della crisiche esprime la cultura a lui contemporanea - la speranza estrema di unriorientamento. Lintensità della crisi è tale, da rendere del tutto vanaogni speranza in soluzioni a buon mercato. Mal riposta è, in particola-re, la speranza di chi, di fronte all'incalzare del nichilismo, confida dipoter "salvare dalla bancarotta dell'ebraismo almeno la dottrina mora-le,: si tratta di un salvataggio che, come Cohen aggiunge subito, .nonbasta nemmeno per la coscienza popolare"ó7.

E a partire da questo sfondo inquieto che va intesa la riproposizionecoheniana della totale identificazione ebraica di religione e dottrinamorale: "O la religione è essa stessa dottrina morale oppure non èreligioneoó8. Soltanto il definitivo congedo da ogni forma di ontologiametafisica conferisce infatti a tale identificazione - articolata poi nellaclassica forma della conoscibilità di Dio secondo i tredici nattributidell'azione" diEs 34,6-76e - la portata radicale che le compete.

"Dio è idta, val,e a dire: egli è pieno, puro, profon dissimo problema delsapere , della conoscenza etica>, aveva dichiarato, in questo senso, già I'E-tica drlla aolontà pura. Né allora vi erano state remore nel trarre da ciòtutte le conseguenze del caso: "perciò Dio non può nemmeno diventaremateria difede, se per questa si intende qualcosa di altro dal sapero,70.

Non è diverso, in realtà, il pensiero che la tarda filosofia della reli-gione articola e approfondisce servendosi della speculazione sugli attri-buti divini. "Attraverso la dottrina degli attributi,, - scrive qui Cohen -

"la peculiaità della religtone viene mantenuta in uno stato di sospensionelin einer Schuebel tra conoscenza e moralità, tra intelletto e volontà, trametafisica ed eticar7l. Qresto "aleggiare sospeso nonché apparente va-cillare del pensiero medievaleo non va però frainteso - come Cohen siaffretta ad aggiungere - quasi fosse un implicito riconoscere allafedeladignità di modo d.utonomo della coscienza religiosa. Ne va, invece, delproblema opposto: di definire, cioè,Ia peculiaità della religione, comedi quanto non dispone di un fondamento autonomo, ma trova, ap-punto, proprio nell'alegiare sospeso tra conoscenza e moralità l'espressione

. piu adeguata di sé.

ut RV p. 38; trad. it. cit. p. 95.ut RV p. 38; rrad. it. cit. p. 95.óe Cfi. soprattutto il cap. 6, ad essi dedicato, RV p. 109 sgg.; trad. it. cit. p. 176 sgg.70 ErYz p. 455; trad. it. cit. p. 327 sg.tt BR p. 106; trad. it. cit. p. 106 (corsivo nostro). - Su questo passo cfr. H. Holzhey,

"Gott und Seele", cit., p.92 sg.

Problematologia divina

È in questo aleggiare sospeso che si esprime, infine, l'essere stesso diDio come problema: non già trascendimento delle diverse figure dellaragione in direzione di una rassicurante, positiva unità metafisica, mapiuttosto figura equiparabile a quello che Walter Benjamin chiameràl'idealz dtlproblema, al "concetto di [quella] domanda inesistente", cioè,cui nsi dà, appunto, una risposta soltanto: il sistema stesso della fìloso-frarrzz.

Il netto rifiuto opposto all'idea che la fede religiosa possa dischiude-re un ordine autonomo di certezze e la radicale fedeltà della problema-tologia coheniana al primato della conoscenza di Dio si situano, in que-sto senso, su quella linea di intransigente riflessione teologica ebraica,che rifiuta 1l Deus absconditus come <concetto del tutto estraneo all'e-braismo,, e che manifesterà tutta la sua portata di sfida scandalosa, intempi a noi più vicini, nelle riflessioni di Hans Jonas sul concetto diDio dopo AuschwitzT3.

A chi fosse ancora convinto che il razionalismo coheniano si pongasu di un piano di sostanziale intangibilità da parte delle inquietudiniche si affacciano in un testo come questo, non resta che leggere unpasso, troppo spesso dimenticato, tratto dalle pagine finali dell'operadel 1915, in cui Cohen parla della "correlazioneo, e cioè dello stru-mento metodico fondamentale cui egli afftda la definizione della co-noscenza di Dio nella sua articolazione sistematica. Qri, proprio adillustrazione di quella (relazione metodica tra Dio e uomo)>, di cui lacorrelazione costituisce I'espressione concettuale adeguata, il razionali-sta Cohen, dopo aver affermato che la correlazione ntende la vitadell'anima in uno stato di sospensione con l'essere di DiorTa, non esita a

72 Cft.W. Benjamin, Gesammebe Sehiften, hrsg. von R. Tiedemann u. H. Schweppen-hauser, Suhrkamp, Frankfurt a.M., 1972-1989, vol. 1, pp. 172, 833; trad. it. di A. Mosca-ti e R. Solmi, Il concetto di citiea nel romanticismo tedesco. Sciui 1919-1922, Einaudi,Torino, 1982, pp. 225, 264 sgg .

73 H.;onas, Der Gottesbegrif nach Auschuitz. Eine jadische Stimme, trad. it. di C. Angeli-no, II eonceilo di Dio dopo Ausehzaitz. Una aoce ebraica, rl melangolo, Genova, 1989, p. 34.- Un accostamento tra il pensiero coheniano e le riflessioni svolte da Jonas in questotesto è già stato suggerito da Dieter Adelmann nella relazione "Hannah Arendt undHermann Cohen" da lui tenuta nel luglio 1998 al seminario Integration und Dffirenz.Zur Aktaalitàt aon Hermann Cohen presso I'Università von Humboldt di Berlino. - PerI'interpretazione cristiana del Deus absconditus nel contesto del collegamento tra Anticoe Nuovo Testamento cfr. G. von Rad, Theologie des Alun Testamenls,Bd. Il, Die Tlteolagiederprophetischen Úbulieferungm Israels,Kaiser, Mùnchen, 1965a, trad. it. di B. Liverani, G.Torti e F. Ronchi, Teologia dell'Antico Testamento, vol. ll, Teologia dellt tradizioni profeticbed' I srmlt, Paideia, Brescia, 197 4, pp. 45 l-4 61.

'n .,tporot das Leben der Seeb auf die Schtuebe mit ùm Sein Gottes',,Bk 122; trad. it. cit.123. - Cfr. H. Holzhey, Gott und Seeb, cit., p. 100 sg.

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dichiarare che *il sentire mistico ha colto nel segno: anche Dio invocala creatura, così come questa invoca luio75.

Certo la carica dirompente che il pensiero coheniano esprime ri-spetto alla tradizione dell'ontologia metafisica, manifestandosi quiancora una volta, puo richiamare alla memoria l'"ironia nei confrontidell'ens realissimum", di cui recava traccia glà, la Logica della conoscenzapura. Adesso, però, a trasparire è soprattutto quell'inconfondibile im-pasto di humour e tragedia che costituisce il segno distintivo dell'animoebraicoTó e che lascia su tale pensiero l'aleggiare sospeso dell'inquie-tudine.

tt BR p. 134; trad. it. cit. p. 134.76 Cf.. RV p. 530; trad. it. cit. p. 637.

La speranza d'Israele

di Piero Snfant"

Una delle più comuni definizioni popolari della religione ebraica laconnette in modo quasi esclusivo all'attesa messianica. Gli ebrei sareb-bero coloro che aspettano AncorA il Messia; quest'espressione è carica-ta, in genere, di una venatura di non lieve ironia, e, a volte, addiritturadi commiserazione. Attendere qualcuno che è già venuto è, per defini-zione, la massima incongruenza. L'assurdo esistenziale, prospettato daBeckett nel suo celebre Aspettandn Godnt, sarebbe stato, quindi, antici-pato, in modo capovolto, dagli ebrei il cui sguardo scruterebbe I'o-nzzonte per vedere ansiosamente se giunge colui che è già arrivato.Tale convincimento trova perfetta corrispondenza nell'altro pregiudi-zio secondo cui gli ebrei sono rimasti all'Antico Testamento, cioèsono tuttora legati a una forma di religione intrinsecamente comebisognosa di completamento e quindi connotata da un ineliminabilelato mancante. Qrell'insieme di scritti troverebbe poi il proprio cul-mine nei testi profetici proprio perché essi annunciarono quello chedoveva ancora venire. Attendere ora, quando il Messia è già venuto,significherebbe quindi dimostrare in modo chiaro di essere regreditiallo stadio dell'antica profezia.

In realtà in anni recenti, ma sotterraneamente anche molto prima, cisi è sempre piir resi conto che attorno a questi temi si coagula un nu-cleo di convinzioni e di oroblemi tutt'altro che estraneo alla fede cri-stiana, la quale, è bene non dimenticarlo, ha, a propria volta, nell'at-tesa una sua componente fondamentale. Il terreno da solcare inquest'indagine è, a un tempo, antico e nuovissimo, infatti si è ancoralungi dall'aver trovato un linguaggio capace di delineare, con intensitàe precisione, i contorni di guesta comune attesa. Tuttavia, sono giàstate formulate delle affermazioni che, per quanto teologicamente nonrigorose (e per certi versi addirittura improprie), hanno ugualmente laforza dí evocare un problema reale e di additare un cammino effetti-vamente da percorrere. In quest'ambito rientra sicuramente un passotratto dai Sussidi per una. corretta presentazione degli ebrei e dtll'ebraismo nel-

* [Istituto Studi Ecumenici, S. Bemardino, Venezia]

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