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le ricerche applicate alla salvaguardia della TerraUna
sentinella spaziale contro gli incendi
di Antonio Lo Campo tratto da "Villaggio globale"n16/2001
LAgenzia Spaziale Europea (Esa) ha deciso di tenere sotto
osservazione il nostro bel pianeta azzurro, considerando che la
Terra stata un po troppo maltrattata ne gli ultimi decenni dai suoi
abitanti.E cos anche il Vecchio Continente si attrezzato (come gi
fece la Nasa), per realizzare un grande satellite, lEnvisat, che
dovr a poco a poco sostituire gli Ers 1 e 2, lultimo dei quali
ancora operativo.
Si tratta di satelliti ambientali, che hanno per obiettivo lo
studio della Terra e il controllo dellambiente, del clima, della
terraferma e degli oceani. Questa volta per, il nuovo satellite
europeo cercher di fare anche da sentinella contro quel colore
rosso che spesso appare sulla Terra visto dallo spazio, che
rappresentato dagli incendi riguardanti boschi e foreste.
E naturalmente si occuper con attenzione del disastro ambientale
della deforestazione in alcuni dei polmoni verdi del pianeta.Il
lancio del nuovo satellite europeo da telerilevamento, previsto per
il 1 dicembre 2001 dalla base spaziale di Kourou nella Guyana
francese. Envisat (da ENVlronment SATellite), verr lanciato con un
potente vettore Ariane 5: con un peso di 8 tonnellate, questo
grosso satellite di telerilevamento europeo sorveglier la Terra
volando su unorbita a 800 chilometri dal suolo e sorvolando i poli
una volta ogni ora e mezzo.
Avr a bordo dieci strumenti che saranno in grado di fornire dati
sulla composizione atmosferica, sulla temperatura dei mari,
sullaltitudine delle terre emerse e sullo stato dei ghiacci.Tutti
dati importanti anche per le previsioni sul clima.
Particolare riguardo riservato alla misura dellozono atmosferico
e di tutti quei gas in grado di fermare i raggi ultravioletti
provenienti dal Sole. Envisat traccer un vero e proprio ritratto
del sistema terrestre in tutta la sua complessit, usando sia
strumenti gi collaudati sugli Ers 1 e 2, sia strumenti
nuovi.Larchivio dei dati cos raccolti sar fondamentale per lo
studio dei cambiamenti climatici, per i quali occorre sempre
possedere dati che abbraccino lunghi periodi di tempo.
Mediante la misurazione delleco riflessa da un sistema complesso
di radar, denominato Asar, sar possibile raccogliere informazioni
sulle caratteristiche delle onde oceaniche, sul disboscamento,
sullestensione delle aree desertiche e sui terremoti. Con le
immagini Asar si pu contribuire alla gestione delle catastrofi,
grazie ai rilevamenti notturni e diurni, mediante i quali si
possono tenere sotto osservazione inondazioni o frane anche a poche
ore dallevento e in luoghi di difficile accesso.
Lapporto di Envisat diventa un elemento importante anche in un
accordo tra lAgenzia Spaziale Canadese e lEsa, che prende il nome
di Carta sullo Spazio e le Catastrofi e che consente alle squadre
di soccorso nel mondo di utilizzare tempe stivamente i dati
satellitari.
Molti fattori concorrono a inquinare latmosfera e ad alterare
gli equilibri climatici del
http://www.incendiboschivi.org/docum/prevenz/sentinella.htm
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pianeta. In primo piano i gas di scarico dei veicoli a motore e
delle caldaie del riscaldamento delle nostre case (quanti di noi la
fanno controllare regolarmente? Quanti si preoccupano di moderare
la temperatura o di installare doppi vetri e altri sistemi di
risparmio energetico?).
Altri spazi di discussione sono stati dedicati alle emissioni
marine (anche gli oceani producono gas serra) e alla necessit di
coordinare le attivit di tutte le universit e i centri di ricerca
dEuropa per unire gli sforzi nel capire a fondo i cambiamenti del
clima. Sono stati anche presentati i risultati di alcune ricerche,
come il progetto Trees (Tro pical Resouces and Environment
Monitoring by Satellite), condotto dal centro di ricerca di Ispra,
che ha utilizzato i satelliti, tra i quali gli Ers e Spot4, per
tenere sotto controllo le fore ste umide e tropicali, i polmoni
della Terra.
Purtroppo i dati non sono dei pi confortanti.Tra deforestazione
selvaggia e avanzamento dei deserti dal 1990 al 1997 sono andati
perduti 48 milioni di ettari di foreste umide; ogni anno
lequivalente di due volte la superficie del Belgio.Se non si
interviene, entro 15 anni la foresta amazzonica potrebbe collassare
per scomparire gi nellarco dei successivi tre decenni.
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AVVISTAMENTO
Chiamare il Numero telefonico nazionale 1515 (senza prefisso)
del CORPO FORESTALE DELLO STATO o gli altri numeri di pronto
intervento.
Seguire le regole suggerite qui di seguito:
l Se un principio di incendio, tentare di spegnerlo, solo se si
certi di una via di fuga, tenendo le spalle al vento e battendo le
fiamme con un ramo verde fino a soffocarle;
l Non sostate nei luoghi sovrastanti l'incendio o in zone verso
le quali soffi il vento; l Non attraversate la strada invasa dal
fumo o dalle fiamme; l Non parcheggiate lungo le strade. L'incendio
non uno spettacolo; l La strada chiusa? Non accodatevi e tornate
indietro; l Permettete intervento dei mezzi di soccorso, liberando
le strade e non ingrombrandole
con le proprie autovetture; l Indicate alla squadre antincendio
le strade o i sentieri che conoscete; l Mettete a disposizione
riserve d'acqua ed altre attrezzature;
SE SIETE CIRCONDATI DAL FUOCO
l Cercate una via di fuga sicura: una strada o un corso d'acqua.
l Attraversate il fronte del fuoco dove e' meno intenso, per
passare dalla parte gi bruciata. l Stendetevi a terra dove non c'e'
vegetazione incendiabile. Cospargetevi di acqua o copritevi di
terra.
Preparatevi all'arrivo del fumo respirando con un panno bagnato
sulla bocca. l In spiaggia raggruppatevi sull'arenile e immergetevi
in acqua . Non tentate di recuperare auto, moto,
tende o quanto vi avete lasciato dentro. La vita vale pi di uno
stereo o di uno zainetto! l Non abbandonate una casa se non siete
certi che la via di fuga sia aperta. Segnalate la vostra
presenza. l Sigillate (con carta adesiva e panni bagnati) porte
e finestre. Il fuoco oltrepassera' la casa prima che
allinterno penetrino il fumo e le fiamme. l Non abbandonate
l'automobile. Chiudete i finestrini e il sistema di ventilazione.
Segnalate la vostra
presenza con il clacson e con i fari.
english version
http://www.incendiboschivi.org/docum/prevenz/avvist.htm
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Come agisce la tecnica del "fuoco prescritto"Fuoco contro gli
incendi
di RICARDO VELZ Responsabile Area incendi boschivi - Direzione
Generale per la Conservazione della Natura - Ministero
dell'Ambiente - Madrid
Lo spopolamento delle aree rurali negli ultimi decenni un
processo incalzante, che favorisce, tra l'altro, l'abbandono della
terra e il conseguente ritorno spontaneo della vegetazione
naturale.
Ci produce accumulo di combustibili forestali su grandi
estensioni e fa scomparire le soluzioni di continuit (campi
coltivati, sentieri, carrarecce ecc.) che potrebbero limitare la
propagazione del fuoco, agevolando cos l'insorgenza di incendi
devastanti.
Questi accumuli di vegetazione conservano a lungo elevata
combustibilit, poich sono costituiti da vegetazione erbacea o
cespugliosa.
La popolazione rurale che rimane conserva, per, le pratiche
tradizionali di uso del fuoco per ripulire i terreni e utilizzare
quindi i ricacci di vegetazione per il bestiame. Questa
popolazione, generalmente costituita da anziani, difficilmente
controllabile da parte dei servizi dell'Amministrazione, per cui di
frequente le operazioni di abbruciatura sfuggono al controllo,
causando incendi nei periodi di aridit, tanto in inverno quanto in
estate.
A fronte di questa situazione si sta verificando un crescente
interesse per la applicazione della tecnica del "fuoco prescritto"
come misura di tipo preventivo, con un duplice obiettivo:
l - ridurre l'accumulo di combustibili forestali e stabilire
soluzioni di continuit, che riducano l'intensit del fuoco e ne
facilitino l'estinzione;
l - evitare conflitti con la popolazione rurale, facilitando
l'accettazione della proibizione di abbruciatura in epoca di
pericolo, in cambio dell'autorizzazione ad eseguirla nel resto
dell'anno, beninteso sotto la sorveglianza dei Servizi
Forestali.
Nella tecnica del fuoco prescritto la pianificazione la fase pi
importante, poich comprende la fissazione degli obiettivi da
raggiungere: prevenzione, selvicoltura, caccia, patrimonio
cinegetico, paesaggio ecc.
La pianificazione comprende una descrizione della zona da
sottoporre ad abbruciatura: topografia, modello di combustibile,
cio tipo e quantit di combustibili presenti, meteorologia, attivit
tradizionali di uso del fuoco della zona. Con questi elementi si
stabiliranno le "prescrizioni" che dovranno definire:
l - le "finestre" meteorologiche (intervalli di precipitazione,
umidit relativa, velocit del vento) entro le quali si potr
procedere con sicurezza;
l - la scelta della tecnica di abbruciatura (a fasce, dall'alto
verso il basso, controvento o a favore di vento ecc.);
l - indicazioni sulla ubicazione delle fasce perimetrali di
sicurezza e delle misure di protezione (personale di assistenza,
attrezzatura, veicoli, ecc.).
http://www.incendiboschivi.org/docum/prevenz/contro.html
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Per definire le prescrizioni, le condizioni cio di esecuzione,
si rivelano utili i sistemi di previsione del comportamento del
fuoco,quali il programma Behave, messo a punto da Rothermel nel
1983.
Occorre ovviamente validarne le previsioni con studi locali,
integrandole con la conoscenza empirica del comportamento del
fuoco, data la variabilit dei modelli di combustibile. La
realizzazione delle operazioni di abbruciatura richiede la
costituzione di una specifica quipe, diretta da un responsabile
esperto.
In Francia quipe di questo tipo si stanno gi costituendo, sotto
l'egida dell'Istituto nazionale della ricerca agronomica(Inra) che
ha messo a punto una sorta di "Carta del fuoco prescritto", insieme
di norme tecniche a cui tutti devono attenersi.
Il fuoco prescritto si impiega anche nel Nord del Portogallo e
vi sono iniziative in varie regioni della Spagna (Galizia,
Castiglia y Len, Catalogna, Andalusia) organizzate dalle
Amministrazioni forestali, con la collaborazione dell'Istituto
nazionale della ricerca agronomica (Inia) e delle Associazioni di
proprietari forestali per definire le prescrizioni e gli
obiettivi.
Nella fase di pianificazione occorre includere anche la
definizione di indicatori di conseguimento degli obiettivi. Per
definirli imprescindibile la raccolta di dati in ordine a
condizioni meteorologiche, topografia, modello di combustibile,
sistema di accensione adottato, modalit di esecuzione
dell'abbruciatura, aspetto finale della zona, mezzi di controllo
impiegati, incidenti eventualmente verificatisi. L'elaborazione di
questi dati deve servire per affinare il processo di formazione
degli specialisti nell'uso del fuoco prescritto.
Tutta l'attivit deve, comunque, svolgersi nell'ambito di
limitazioni connesse con la sicurezza, con l'opinione pubblica e
conla qualit ambientale. La sicurezza, per esempio, condiziona
l'applicazione del fuoco sotto alberatura, limitandolo ai margini
delle fasce parafuoco e a piccole parcelle.
Al contrario, le superfici a macchia possono essere sottoposte
ad operazioni di abbruciatura dell'ordine di varie decine di ettari
per volta. Anche l'opinione pubblica necessita di corretta
informazione.
Decenni di campagne di propaganda hanno ingenerato nell'ambito
urbano l'idea che si debba eliminare ogni forma di fuoco. Non
facile, pertanto, convincere l'opinione pubblica che
l'Amministrazione forestale abbia deciso di dare fuoco.
In ambito rurale, invece, la popolazione ne comprende bene
l'utilit di un suo uso controllato. Pertanto la "prescrizione" deve
essere preceduta da un'azione di concertazione con la popolazione
locale, perch partecipi a definirne i contenuti.
La qualit ambientale, infine, si riferisce alle emissioni di
fumo ed all'alterazione del paesaggio, che potrebbero condizionare
l'esecuzione delle operazioni di abbruciatura.
Villaggio Globale edito da "ADDA EDITORE". Copyright 1998-1999
ADDA EDITORE. Tutti i diritti riservati.
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Il bosco una risorsa da valorizzare
tratto da Vita in Campagna-Guida illustrata- La coltivazione del
bosco, supplemento al n. 4/2001 - autore: Giustino Mezzalira
Se si chiede all'uomo della strada "qual la coltura pi diffusa
in Italia?" la risposta sar probabilmente "il mais!" oppure "il
grano!" a seconda che a rispondere sia un cittadino del nord oppure
un cittadino del sud.
Entrambi sbagliano perch, anche se potr sembrare strano, la
coltura pi diffusa il bosco, al nord come al sud!
In Italia sono presenti infatti, secondo i dati ufficiali
dell'Inventario forestale nazionale ( 1985), 8.675.000 ettari di
bosco mentre nel 2000 gli ettari coltivati a mais sono stati
1.087.405 e quelli coltivati a frumento tenero e a grano duro sono
stati 2.317.710.Nonostante le ricorrenti notizie "ferragostane"
sugli incendi boschivi facciano presagire una inesorabile erosione
del patrimonio forestale nazionale, la superfcie forestale italiana
da almeno 50 anni in costante espansione e ormai non lontano il
traguardo di un terzo del Paese ricoperto dai boschi.
Paragonare i boschi alle colture agricole non inesatto perch i
boschi italiani sono coltivati da epoche antichissime per ritrarne,
analogamente a quanto si fa con i campi, una serie di prodotti
"agricoli": legno, frutti, erba, funghi, selvaggina e numerosi
altri prodotti.
Molti boschi sono tali "da sempre", nel senso che la loro
superficie non mai stata disboscata per essere coltivata a pascolo,
a seminativo, a frutteto o a vigneto. Molti altri invece derivano
da rimboschimenti effettuati nell'ultimo secolo o dalla
ricolonizzazione spontanea da parte della vegetazione forestale di
terreni precedentemente agricoli.
Tutti portano impressa in modo profondo l'impronta dell'uomo e
solo piccoli lembi possono essere definiti come "naturali". Circa
il 60% dei boschi italiani propriet privata.
Secondo i dati dell'ultimo Censimento dell'agricoltura (1990) le
aziende che possiedono boschi sono 817.800, con una superficie
media di 6,8 ettari per azienda. Ci vuoi dire che in Italia, come
in molti Paesi europei, il bosco soprattutto posseduto da una
miriade di piccoli proprietari.
La frammentazione della propriet dei boschi non va considerata
come un fattore negativo in s: diviene negativa solo se non
compensata da una lato da una diffusa cultura forestale e
dall'altro dall'organizzazione di forme cooperative di
gestione.
Nel settore agricolo vi sono comparti fortissimi costituiti da
vasti raggruppamenti di piccoli produttori preparati e ben
organizzati all'interno di consorzi, cooperative, associazioni di
produttori (si pensi solo alle cantine sociali, alle cooperative di
frutticoltori o di orticoltori, ecc.).
Purtroppo nel caso dei boschi in Italia mancano entrambi i
fattori che possono compensare la frammentazione della propriet: la
cultura forestale dei proprietari generalmente scarsa o nulla;
mancano quasi del tutto, al contrario di quanto avviene in gran
parte degli altri Paesi
http://www.incendiboschivi.org/docum/prevenz/valoriz.htm
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europei, strutture cooperative di gestione, quali i Consorzi
forestali.
Non potendo agire sul fronte della cooperazione tra i
proprietari, con questa Guida Vita in Campagna vuole dare un
contributo alla crescita della conoscenza dei boschi privati,
soprattutto delle piccole propriet possedute da migliaia di
lettori, mostrando in particolare come si possono coltivare per
ritrarne una vasta gamma di prodotti e di servizi.
II momento per parlare di boschi privati favorevole: in tutte le
Regioni italiane infatti sono o stanno per diventare operativi i
"Piani di sviluppo rurale" che incentivano i proprietari a
prendersi cura dei loro boschi, offrendo sostegni finanziari per le
cure colturali, le migliorie, l'acquisto di macchinari e di
attrezzature, ecc.
Un forte impulso alla valorizzazione dei boschi privati viene
anche dagli incentivi legati all'utilizzo energetico del legno.
Per cercare di contrastare l'aumento della concentrazione dei
gas che provocano il cos detto "effetto serra" (in particolare il
diossido di carbonio), la comunit intemazionale si data degli
obiettivi precisi, contenuti nella Convenzione di Kyoto. Il legno
rientra tra le fonti energetiche che non provocano l'aumento di gas
serra in quanto il biossido di carbonio emesso durante la
combustione pareggia quello sottratto all'atmosfera con la
fotosintesi clorofilliana.
Bruciare legno per produrre energia dunque un'azione " neutrale"
dal punto di vista delle emissioni di "gas serra" e giustamente
oggi essa viene incentivata da un insieme di norme e provvedimenti
nazionali e regionali.
In pratica chi brucia legno per produrre energia termica ed
energia elettrica riceve dei contributi giustificati dall'obiettivo
di ridurre le emissioni di gas serra. Infine, indipendentemente da
valutazioni di carattere economico, prendersi cura dei propri
boschi rientra tra le attivit che maggiormente mettono in contatto
con l'ambiente e con la natura e che offrono concrete occasioni per
migliorare entrambi: curando i boschi infatti si prevengono le
frane e gli smottamenti, si riduce il rischio di incendi, si
migliora l'habitat di molte specie di animali selvatici, si creano
opportunit di svago.
Chi ha la fortuna di possedere un pezzo di bosco pu in
definitiva ricavare dalla sua coltivazione e valorizzazione sia
benefici di tipo materiale che soddisfazioni di tipo ricreativo ed
estetico; essi saranno tanto maggiori quanto pi l'agire sar guidato
dalla conoscenza.
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SONO FORSE SULLE ALPI I DANNI PEGGIORI
Di Alberto Cerise, Tratto da OASIS Supplemento al n10 Ottobre
1992 "Il bosco in pericolo" Ispettore Forestale,Dirigente Corpo
Forestale Valdostano.
Indice Articoli
1. Introduzione 2. Una media di 38 incendi boschivi ogni anno 3.
Dalla terra e dallaria gli interventi piu efficaci 4. Una speranza
nelle piantine micorrizzate
Gli incendi alpini determinano spesso conseguenze ancora piu
gravi di quelli mediterranei. Soprattutto sotto il profilo
ecologico. Con un danno economico gravissimo, se correlato
allattuale pressione antropica.
QUANDO Sl PARLA di incendi boschivi si e portati a pensare ai
gravi eventi che ogni estate devastano i boschi e le macchie lungo
la penisola italiana. In realta tale visione e limitativa, dato che
gli incendi non sono solo una realta estiva e propria di queste
regioni. Anche le aree boscate delle Alpi bruciano e cio spesso
avviene, quasi paradossalmente, nel periodo invernale-primaverile,
quando le temperature sono piuttosto basse, ma vi e disponibilita
di combustibile. E una regola generale quella secondo la quale gli
incendi piu gravi coincidono con il periodo di riposo vegetativo
nella zona che si considera, specie quando lo strato erbaceo e
secco, dato che questo e il primo veicolo per la propagazione del
fuoco.
Nelle zone alpine la gravita del fenomeno e differente rispetto
a quelle costiere, principalmente a causa della diversita nella
vegetazione che brucia e spesso anche per le caratteristiche delle
modalita di propagazione. Gli incendi di macchia che si estendono
in giornate di forte vento diventano facilmente incontrollabili se
non vengono affrontati in un brevissimo lasso di tempo.
In un recente convegno sul fuoco in ambiente mediterraneo,
tenutosi a Nizza, dagli operatori antincendio e emersa piu volte
questa necessita, tanto da arrivare ad individuare nella soglia dei
10 minuti il limite massimo utile per affrontare con efficacia
http://www.incendiboschivi.org/docum/prevenz/alpi.html
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i focolai propagantisi nella macchia mediterranea. La maggiore
violenza di questi incendi e in parte dimostrata dalle superfici
medie percorse nelle varie province italiane. Nelle zone costiere
dellItalia insulare e peninsulare in media annualmente gli incendi
percorrono una superficie di 121.340 ettari, mentre nelle province
alpine ne vengono bruciati 14.633 (medie riferite al periodo
1974-1985). Anche se la gravita del fenomeno nel suo complesso e
minore dobbiamo constatare che gli incendi alpini determinano in
molti casi conseguenze anche piu gravi di quelli mediterranei.
Daltronde il fuoco ha dimostrato piu di una volta di essere in
grado di creare seri problemi alle forze antincendio anche in
queste regioni, basti pensare allinverno 1980-1981 quando in poco
piu di una decina di giorni vennero percorsi piu di 20 mila ettari
nel Piemonte e nella Valle dAosta o al 1990 quando nelle stesse
regioni si ebbero piu di 45 mila ettari di territorio bruciati.
Queste situazioni "esplosive" sono spesso associate ai gravi e
prolungati periodi di siccita ed a forti venti fohnizzati, fenomeni
tipici delle vallate alpine.
Inoltre non bisogna dimenticare il fattore orografico che
favorendo il fuoco ostacola non poco le operazioni di estinzione.
Per avere un quadro esatto di cio che e il fenomeno degli incendi
boschivi sullarco alpino bisognerebbe esaminare nel dettaglio le
molte realta presenti in questa catena montuosa. Tuttavia una certa
idea si puo gia avere considerando nel dettaglio anche solo una
singola regione, come ad esempio la Valle dAosta, che riassume
molte peculiarita proprie anche ad altre zone alpine.
Una media di 38 incendi boschivi ogni anno
I PRIMI DUE APPROCCI che bisogna fare per inquadrare gli incendi
alpini sono relativi al clima ed al tipo di vegetazione, due
parametri che caratterizzano gli incendi nella loro quasi totalita.
Riguardo al clima ci si puo ricondurre ai tipi caratterizzati da
massimi piovosi autunnali e tardo-primaverili, con periodi
siccitosi, anche con totale assenza di precipitazioni per varie
settimane, durante 1inverno e 1estate.
Oltre alla distribuzione stagionale delle precipitazioni ne
esiste anche una spaziale, che condiziona una notevole quantita di
mesoclimi localizzati nellambito di una regione sia pur piccola
come la Valle dAosta. Le temperature variano in funzione
dellaltitudine, ma in generale si puo affermare che la vallata e
caratterizzata da forti escursioni termiche, specie nel periodo
invernale; in una buona parte dei casi queste sono riconducibili
allinsorgenza del fohn, vento caldo e secco che insorge
improvvisamente elevando la temperatura spesso fino a 19C nel giro
di alcune ore. Queste caratteristiche condizionano i tipi di
vegetazione, tanto che essenze esigenti come il faggio sono ben
poco rappresentate nella regione. I tipi di popolamento, se sono
abbastanza caratteristici degli orizzonti montani nelle zone
periferiche a quantita di precipitazioni media, sono tipicamente
submediterranei nella parte centrale della regione. Qui alle
tipiche fustaie alpine di abeti, larice, betulla, si sostituiscono
le pinete pressoche pure di silvestre o boschi misti di roverella,
pini e castagno, questultimo molto diffuso nei comuni di
fondovalle.
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La rusticita di queste specie permette la formazione di boschi
anche di discreto portamento persino sugli aridi versanti esposti a
Sud, dove in un anno cadono in media solo 500-600 millimetri di
acqua. Questi boschi risultano estremamente predisposti
allincendio, praticamente in ogni stagione dellanno. La loro
estensione in Valle dAosta e comunque limitata a circa 13-14 mila
ettari sui circa 92 mila ettari totali boscati. Quindi solo un 14-
15 per cento dei boschi valdostani risulta a rischio elevato,
mentre la rimanente parte presenta una pericolosita minore.
Considerando che la quasi totalita degli eventi si verifica in
questo 14-15 per cento, risulta che la frequenza e ben piu elevata
di quello che potrebbe sembrare, dato che in media ogni anno grosso
modo si verifica un evento ogni 85 ettari di bosco o ogni 500
ettari di territorio. Le frequenze sotto ai 1500 metri di quota
sono particolarmente elevate nei mesi invernali-primaverili, mentre
alle quote piu elevate gli incendi si manifestano soprattutto in
estate o in autunno.
In media negli ultimi 9 anni si sono verificati 182 eventi
allanno, di cui 38 classificati come incendi boschivi. Le
variazioni sono comunque molto ampie oscillando da minimi di 75
eventi a massimi di 372 Nel complesso 1elevato numero di principi
dincendio, cioe focolai che sono stati contenuti in un tempo
relativamente breve e prima che potessero raggiungere un ettaro di
estensione, dimostra il costante impegno degli addetti e che
lorganizzazione antincendio e discretamente efficiente.
Nonostante questo si sono registrate situazioni in cui la
struttura antincendio si e trovata in serie difficolta, come nel
1990, quando vennero percorsi ben 1.215 ettari contro una media di
284 ettari allanno. Puo essere interessante ritornare brevemente
sulla frequenza dincendio mensile, dato che questa e anche un
indice abbastanza significativo delle cause dincendio.
Contrariamente alle regioni mediterranee, quelle alpine
presentano il massimo degli incendi in primavera e precisamente a
marzo ed aprile. Non e raro che in questi periodi vi sia una
contemporaneita di focolai, che per la Valle dAosta puo arrivare
anche a piu di una decina di focolai al giorno. I mesi di dicembre,
gennaio e febbraio possono registrare frequenze abbastanza elevate
specie durante le giornate ventose. Gli incendi del trimestre
invernale tuttavia sono subordinati alla presenza di precipitazioni
nevose, dato che la neve al suolo e indubbiamente il sistema
preventivo piu efficace. Anche la stagione estiva registra un
discreto numero di eventi. Tuttavia le frequenze elevate e gli
incendi gravi sono in genere associati a deficit idrici
medio-alti.
Dato che gli incendi si verificano principalmente sotto ai 1500
metri di quota risulta che sono piu colpiti dal fuoco i boschi di
roverella, di castagno e di pino, sia silvestre che nero. Non
bisogna pero dimenticare gli incendi che si verificano in quota nei
lariceti o nelle peccete, che generalmente rimangono radenti ma che
possono diventare anche violenti e distruttivi negli anni molto
secchi. Frequenti sono gli incendi della vegetazione, definibili
come territoriali, che pur non interessando zone boscate le
minacciano
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direttamente e spesso rappresentano la via preferenziale di
diffusione del fuoco in queste ultime. Questi incendi devono venire
considerati con attenzione dato che impegnano le forze antincendio,
sottraendole ad altri interventi. Il numero degli incendi nei
terreni incolti diviene sempre piu alto col passare degli anni,
dato che il progressivo abbandono della montagna crea una sempre
piu elevata superficie di aree agricole abbandonate che lentamente
vengono riconquistate dal bosco. Se questo fatto e alla base
dellestensione della foresta negli ultimi decenni, e allo stesso
tempo un rischio per i boschi gia esistenti dato che gli incolti
sono zone dove il carico dincendio e elevato e il fuoco puo
propagarsi a velocita elevata. Questi presupposti danno luogo ad
una situazione che, pur non comportando degli impegni esorbitanti,
impone la disponibilita di una struttura antincendio boschivo che
sia in grado di intervenire lungo lintero corso dellanno.
Inoltre e necessaria unattrezzatura specifica che permetta di
intervenire su tutti i focolai. In base ai dettami della legge
47/75 e della legge regionale 85/82 la competenza per
1organizzazione della lotta agli incendi boschivi e del Corpo
forestale valdostano, organizzato in un ispettorato centrale,
presso cui opera il Nucleo antincendio boschivo del Servizio
Forestazione e Risorse naturali, e in 16 stazioni forestali
distribuite sul territorio.
Queste sono attrezzate con piccoli sistemi modulari della
capacita di 300-500 litri, atti ad effettuare il primo intervento
sui focolai iniziali dincendio. Alle dipendenze della stazione
forestale si hanno squadre Aib, composte da 10 a 20 unita,
preferenzialmente operai forestali, opportunamente istruiti ed
attrezzati.
Questa struttura periferica effettua il primo attacco al fuoco,
indubbiamente il piu importante, dato che e il cardine fondamentale
per una efficace lotta antincendio. Quando la gravita della
situazione lo impone o in previsione di operazioni di bonifica
anche solo mediamente impegnative, il comando di stazione richiede
lintervento del personale e dei mezzi del Nucleo antincendio
boschivo. Spesso simpone 1uso dellelicottero, che oltre ad essere
un ausilio indispensabile a volte si dimostra 1unico utilizzabile
con efficacia. Attrezzature di recente acquisizione inoltre
permettono di ottimizzarne limpiego, come ad esempio le vasche
portatili a capacita variabile (2500 litri) o i sistemi modulari
elitrasportati; inoltre sono in via di sperimentazione i serbatoi
ventrali.
Dalla terra e dallaria gli interventi piu efficaci
NON BISOGNA DIMENTICARE comunque che 1impiego della manodopera
terrestre e comunque sempre indispensabile, dato che negli ambienti
alpini 1opera finale di bonifica e unoperazione capillare e
metodica che puo venire effettuata con efficacia e costi
accettabili solo da terra.
Gli elicotteri che vengono impiegati piu frequentemente sono
quelli leggeri, che per la loro versatilita dimpiego possono anche
trasportare uomini ed attrezzature sullincendio, oltre ad
effettuare i lanci di acqua o miscela ritardante.
Non bisogna sottovalutare il grande contributo che viene dato
dai
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Vigili del fuoco permanenti e volontari che operano in Valle
dAosta e che in quasi tutti gli incendi accorrono specie nella
prima fase delle operazioni, cioe quando e necessaria uningente
forza durto per contenere le fiamme.
Lefficienza della fase di estinzione tuttavia e spesso
subordinata al lavoro di prevenzione effettuato in precedenza sul
territorio. Queste operazioni, previste dal piano antincendi
boschivi, vengono effettuate in maniera diversa a seconda del tipo
di opera in esame.
Finora 1attenzione e stata concentrata principalmente sulla
viabilita, sulle riserve idriche e sulle cure selvicolturali in
bosco. Riguardo allutilita delle piste forestali si e gia detto in
precedenza. Queste opere antincendio spesso chiacchierate ed
osteggiate erroneamente, risultano uno dei cardini fondamentali
della lotta agli incendi boschivi. Altro cardine fondamentale sono
le riserve idriche, indispensabili in zone dove le precipitazioni
medie annue sono anche inferiori ai 500 millimetri.
In questo caso tuttavia, oltre alla costruzione ex novo dei
serbatoi, si cerca di recuperare vecchie vasche irrigue mediante
finanziamenti a privati e di utilizzare mediante particolari
tecniche tali riserve anche per uso agricolo. Molta importanza
hanno i lavori selvicolturali volti alla diminuzione dei carichi
dincendio in bosco, che rappresentano nel contempo un miglioramento
produttivo e sanitario del bosco stesso. Sempre nel settore delle
misure preventive, un ruolo significativo e svolto dalla previsione
del pericolo dincendio, cioe dallinsieme dei metodi manuali o
computerizzati che, in base ai parametri meteorologici ed al
bilancio idrico, permettono dindividuare i momenti di grave
pericolo per le diverse parti del territorio e quindi di
intraprendere tutte le misure preventive e repressive atte ad
individuare i focolai e ad intervenire su di essi nel piu breve
tempo possibile (intensificazione dellavvistamento, aumento del
numero di pattuglie in servizio, chiusura di strade, divieto di
accensioni, ecc.).
Un ultimo aspetto che bisogna considerare esaminando gli incendi
boschivi sono i danni di diverso tipo che essi causano. Premettendo
che i popolamenti che vengono percorsi sullarco alpino e quindi in
Valle dAosta, solo in una limitata percentuale di casi sono
parzialmente adattati al fuoco, si puo facilmente capire come
questi incendi spesso arrechino danni anche degni di rilievo.
Volendo schematizzare 1argomento si possono individuare due
diversi tipi dincendio, in base alla frequenza del passaggio del
fuoco nella stessa zona boscata. Si hanno cosi incendi ripetuti,
quasi definibili come "cronici", specie alle quote piu basse.
Durante questi eventi il fuoco ripercorre il bosco anche ad
intervalli inferiori ai 5 anni. In genere le cause sono agricole o
pastorali e la ripetitivita negli stessi boschi edovuta
alladiacenza con gli appezzamenti coltivati o adibiti a
pascolo.
Anche se i danni da un punto di vista economico sono molto
contenuti, data la bassa rendita produttiva di questi boschi, non
lo sono altrettanto sotto 1aspetto ecologico. Specie tolleranti il
fuoco, come la roverella o altre latifoglie dotate di capacita
pollonifera, alla lunga non sono piu in grado di garantire una
-
sufficiente copertura e pertanto il popolamento tende a
diventare un coacervo di specie arbustive e di alberi deperienti.
Tale situazione, oltre ad impedire ogni miglioramento
selvicolturale del popolamento, porta ad una progressiva
involuzione floristica e predispone il bosco a venire nuovamente
percorso dal fuoco.
Una speranza nelle piantine micorrizzate
IN MOLTE DI QUESTE ZONE si notano ormai i segni dei ripetuti
passaggi delle fiamme; tipica e la presenza di radi alberi
deperienti, alternati a terreni cespugliati spesso
idrogeologicamente dissestati. Leffetto sulle popolazioni
faunistiche e devastante, tanto che esse ripudiano per lungo tempo
questi boschi. Esistono infine gli incendi associati alle
situazioni di grave pericolosita dincendio, che percorrono le
diverse zone boscate con tempi di ricorrenza molto elevati, non
molto diversi da quelli delle foreste nord- americane.
Le caratteristiche di questi incendi sono diverse, data la
differente tipologia del fuoco condizionata dal maggiore carico
dincendio che si viene a creare a livello di sottobosco per
1accumulo di necromassa indecomposta. La logica conseguenza di
questi incendi molto violenti e la totale distruzione della
foresta, in genere di conifere, con la possibilita della
rigenerazione a breve termine della vegetazione arborea
preesistente praticamente ridotta a zero.
Gli effetti della rigenerazione naturale in queste zone
dipendono molto dal tipo di combustione verificatasi, ma in genere
su superfici vaste questa procede lentamente dalle zone periferiche
verso quelle centrali, dove le condizioni microclimatiche sono
proibitive anche per le specie arboree piu frugali. Tali situazioni
sono la regola sui versanti esposti a Sud, mentre su quelli a
settentrione la ricostituzione naturale e senza dubbio piu veloce e
completa.
In considerazione del fatto che il ruolo principale dei boschi
valdostani e quello protettivo, si impone la necessita di rapidi
interventi di ricostituzione, specie nelle zone dove il fuoco ha
causato una distruzione totale del soprassuolo. La prima operazione
che viene fatta e senza alcun dubbio la pulizia del bosco che
consiste principalmente nel taglio e nellesbosco delle piante
morte, cio al fine di evitare pericolose espansioni di insetti
xilofagi. Successivamente viene intrapreso il lavoro di
ricostituzione vero e proprio, che attualmente da migliori
risultati rispetto alle tecniche utilizzate nei decenni passati.
Luso delle piantine in fitocella ha ridotto le fallanze proprie dei
rimboschimenti a livelli piu accettabili.
I problemi relativi alla ricostituzione del bosco sui versanti
piu aridi o nelle zone piu in quota sono notevoli, specie nei suoli
superficiali o nei luoghi dove il fuoco ha mostrato tempi di
residenza elevati con la totale consunzione della materia organica
del suolo. Attualmente sono allo studio esperimenti in
collaborazione con lUniversita di Torino per 1utilizzo di piantine
micorrizzate, che in linea teorica dovrebbero mostrare una migliore
crescita rispetto a quelle non micorrizzate.
Da quanto esposto risulta quindi che, anche in Valle dAosta,
come in molte regioni alpine, gli incendi percorrono i boschi
-
degradandoli ed in alcuni casi distruggendoli. Quindi creando
situazioni di potenziale destabilizzazione dei versanti, aggravata
dalla fortissima spinta antropica che attualmente si ha non solo su
tutto il territorio italiano, ma soprattutto nelle localita
turistiche.
-
Come agisce la tecnica del "fuoco prescritto"Fuoco contro gli
incendi
di RICARDO VELZ Responsabile Area incendi boschivi - Direzione
Generale per la Conservazione della Natura - Ministero
dell'Ambiente - Madrid
Lo spopolamento delle aree rurali negli ultimi decenni un
processo incalzante, che favorisce, tra l'altro, l'abbandono della
terra e il conseguente ritorno spontaneo della vegetazione
naturale.
Ci produce accumulo di combustibili forestali su grandi
estensioni e fa scomparire le soluzioni di continuit (campi
coltivati, sentieri, carrarecce ecc.) che potrebbero limitare la
propagazione del fuoco, agevolando cos l'insorgenza di incendi
devastanti.
Questi accumuli di vegetazione conservano a lungo elevata
combustibilit, poich sono costituiti da vegetazione erbacea o
cespugliosa.
La popolazione rurale che rimane conserva, per, le pratiche
tradizionali di uso del fuoco per ripulire i terreni e utilizzare
quindi i ricacci di vegetazione per il bestiame. Questa
popolazione, generalmente costituita da anziani, difficilmente
controllabile da parte dei servizi dell'Amministrazione, per cui di
frequente le operazioni di abbruciatura sfuggono al controllo,
causando incendi nei periodi di aridit, tanto in inverno quanto in
estate.
A fronte di questa situazione si sta verificando un crescente
interesse per la applicazione della tecnica del "fuoco prescritto"
come misura di tipo preventivo, con un duplice obiettivo:
l - ridurre l'accumulo di combustibili forestali e stabilire
soluzioni di continuit, che riducano l'intensit del fuoco e ne
facilitino l'estinzione;
l - evitare conflitti con la popolazione rurale, facilitando
l'accettazione della proibizione di abbruciatura in epoca di
pericolo, in cambio dell'autorizzazione ad eseguirla nel resto
dell'anno, beninteso sotto la sorveglianza dei Servizi
Forestali.
Nella tecnica del fuoco prescritto la pianificazione la fase pi
importante, poich comprende la fissazione degli obiettivi da
raggiungere: prevenzione, selvicoltura, caccia, patrimonio
cinegetico, paesaggio ecc.
La pianificazione comprende una descrizione della zona da
sottoporre ad abbruciatura: topografia, modello di combustibile,
cio tipo e quantit di combustibili presenti, meteorologia, attivit
tradizionali di uso del fuoco della zona. Con questi elementi si
stabiliranno le "prescrizioni" che dovranno definire:
l - le "finestre" meteorologiche (intervalli di precipitazione,
umidit relativa, velocit del vento) entro le quali si potr
procedere con sicurezza;
l - la scelta della tecnica di abbruciatura (a fasce, dall'alto
verso il basso, controvento o a favore di vento ecc.);
l - indicazioni sulla ubicazione delle fasce perimetrali di
sicurezza e delle misure di protezione (personale di assistenza,
attrezzatura, veicoli, ecc.).
http://www.incendiboschivi.org/docum/prevenz/contro.html
-
Per definire le prescrizioni, le condizioni cio di esecuzione,
si rivelano utili i sistemi di previsione del comportamento del
fuoco,quali il programma Behave, messo a punto da Rothermel nel
1983.
Occorre ovviamente validarne le previsioni con studi locali,
integrandole con la conoscenza empirica del comportamento del
fuoco, data la variabilit dei modelli di combustibile. La
realizzazione delle operazioni di abbruciatura richiede la
costituzione di una specifica quipe, diretta da un responsabile
esperto.
In Francia quipe di questo tipo si stanno gi costituendo, sotto
l'egida dell'Istituto nazionale della ricerca agronomica(Inra) che
ha messo a punto una sorta di "Carta del fuoco prescritto", insieme
di norme tecniche a cui tutti devono attenersi.
Il fuoco prescritto si impiega anche nel Nord del Portogallo e
vi sono iniziative in varie regioni della Spagna (Galizia,
Castiglia y Len, Catalogna, Andalusia) organizzate dalle
Amministrazioni forestali, con la collaborazione dell'Istituto
nazionale della ricerca agronomica (Inia) e delle Associazioni di
proprietari forestali per definire le prescrizioni e gli
obiettivi.
Nella fase di pianificazione occorre includere anche la
definizione di indicatori di conseguimento degli obiettivi. Per
definirli imprescindibile la raccolta di dati in ordine a
condizioni meteorologiche, topografia, modello di combustibile,
sistema di accensione adottato, modalit di esecuzione
dell'abbruciatura, aspetto finale della zona, mezzi di controllo
impiegati, incidenti eventualmente verificatisi. L'elaborazione di
questi dati deve servire per affinare il processo di formazione
degli specialisti nell'uso del fuoco prescritto.
Tutta l'attivit deve, comunque, svolgersi nell'ambito di
limitazioni connesse con la sicurezza, con l'opinione pubblica e
conla qualit ambientale. La sicurezza, per esempio, condiziona
l'applicazione del fuoco sotto alberatura, limitandolo ai margini
delle fasce parafuoco e a piccole parcelle.
Al contrario, le superfici a macchia possono essere sottoposte
ad operazioni di abbruciatura dell'ordine di varie decine di ettari
per volta. Anche l'opinione pubblica necessita di corretta
informazione.
Decenni di campagne di propaganda hanno ingenerato nell'ambito
urbano l'idea che si debba eliminare ogni forma di fuoco. Non
facile, pertanto, convincere l'opinione pubblica che
l'Amministrazione forestale abbia deciso di dare fuoco.
In ambito rurale, invece, la popolazione ne comprende bene
l'utilit di un suo uso controllato. Pertanto la "prescrizione" deve
essere preceduta da un'azione di concertazione con la popolazione
locale, perch partecipi a definirne i contenuti.
La qualit ambientale, infine, si riferisce alle emissioni di
fumo ed all'alterazione del paesaggio, che potrebbero condizionare
l'esecuzione delle operazioni di abbruciatura.
Villaggio Globale edito da "ADDA EDITORE". Copyright 1998-1999
ADDA EDITORE. Tutti i diritti riservati.
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UTILITA DELLA VEGETAZIONE FORESTALE CONTRO IL DISSESTO
IDROGEOLOGICO
Tratto da: A. Salsotto M. Dana Dissesti, Torrenti e Boschi
Regione Piemonte Assessorato Agricoltura e Foreste - II Edizione
1980
Una larga massa di dati sperimentali provenienti da ogni parte
del mondo dimostra al di la di ogni ragionevole dubbio il ruolo
svolto dalla vegetazione forestale nella protezione del suolo
dallerosione. Riportiamo due esempi: una ricerca compiuta nel
bacino del Mississipi (Stati Uniti dAmerica) ha accertato che la
quantita di terra asportata ogni anno dallerosione ammontava a 163
chilogrammi per ettaro di sostanza secca in campi abbandonati, a
114 kg/ha in boschi radi di latifoglie, ed a soli 36 kg/ha in
terreni rimboschiti 23-32 anni prima con piantagione di conifere
(Pinus taeda). Una stima basata su dati rilevati comparativamente
nelle regioni sud-orientali degli Stati Uniti dAmerica ha portato a
concludere che uno strato di suolo limo-argilloso dello spessore di
18 centimetri e della pendenza del 10/o viene compleltamente
asportato, per erosione, nei seguenti periodi di tempo:
l foresta naturale di latifoglie 575.000 anni l prateria
naturale 82.150 anni l suolo nudo 18 anni
Sia pure con margini abbastanza ampi di oscillazione nei valori
assoluti e relativi, dovuti alla diversita degli ambienti
topografici e climatici presi in esame, alle differenti
composizioni floristiche dei popolamenti considerati, alle
variazioni nelle metodologie dindagine, le osservazioni compiute
confermano generalmente che la migliore protezione del suolo e
svolta dalla foresta mista disetanea, in buone condizioni
vegetative e con densita e struttura normali.
Assai buona, anche se decisamente inferiore, Iefficacia
protettiva della prateria naturale. Leffetto antierosivo decresce
rapidamente quando si tratti di boschi e pascoli degradati,
talvolta da cause naturali, piu spesso da unutilizzazione silvana e
pastorale primitiva e predatoria.
Lazione antierosiva della foresta non e tanto svolta dallintrico
delle radici che imbrigliano e trattengono le particelle del suolo,
come comunemente si crede, quanto dallazione combinata di un
insieme di altri fattori i cui effetti non sono sempre esattamente
separabili.
E l acqua il principale agente dellerosione. Ed e ancora lacqua
il componente fondamentale di ogni organismo vivente ed alla base
di ogni attivita biologica.
http://www.incendiboschivi.org/docum/prevenz/utilit.html
-
La biocenosi foresta ha "interesse" a difendere Iacqua come a
proteggere il suolo; e la difende trattenendone la quantita
necessaria alle sue funzioni vitali, regolando quindi il deflusso
delle eccedenze in modo graduale, onde non si manifestino eccessive
asportazioni di materiali dal terreno.
La protezione diretta si manifesta principalmente nella parte
aerea, dove il soprassuolo forestale agisce anzitutto intercettando
una frazione delle precipitazioni meteoriche e favorendone il
ritorno in atmosfera, sotto forma di vapore, per mezzo della grande
superficie evaporante della massa fogliare. Ma, soprattutto, i
diversi strati che compongono il bosco (strato arboreo, arbustivo,
erbaceo e, talora, muscinale) dissipano gran parte della forza viva
delle gocce di pioggia, per cui lurto sul terreno, ulteriormente
smorzato dalla lettiera, risulta assai attenuato.
La forza battente della pioggia e responsabile di una forma di
erosione chiamata splash erosion nella letteratura di lingua
inglese e da noi definita erosione per saltazione, e che consiste
in una mobilizzazione delle particelle terrose con spostamento
preferenziale verso valle.
Lurto sul suolo produce inoltre una compattazione meccanica del
terreno ed una migrazione delle particelle piu minute che, se
mobilizzate, tendono ad essere trasportate verso le piccole cavita
superficiali e ad ostruirle; dalle due cause deriva una minor
permeabilta del suolo e quindi aumento del deflusso in
superficie.
Lacqua pervenuta sul terreno e non trattenuta da questo, forma
inizialmente una sottile pellicola che scola per gravita lungo le
pendici e in particolari condizioni puo dar luogo allerosione
laminare (sheet erosion); si concentra poi nelle piccole rugosita,
la cui unione forma incisioni sempre piu importanti le quali, a
loro volta, si versano nella rete idrografica propriamente detta
del bacino.
II movimento delle acque riunite in insolcazioni produce
Ierosione per ruscellamento (rill erosion). Ai movimenti dellacqua
sul terreno, la vegetazione e la lettiera oppongono una serie di
ostacoli che rallentano la velocita di avanzamento per effetto del
ben piu elevato "coefficente di scabrezza" e dellaumento del
"contorno bagnato" che si riscontrano rispetto ad una superficie
nuda, ed anche per la tortuosita del percorso che lacqua su un
terreno densamente popolato di vegetali e costretta a compiere,
smorzando ad ogni urto la sua energia di movimento.Risulta inoltre
contrastata la tendenza alla concentrazione di masse dacqua nella
microrete idrografica.E stato accertato che mediamente la velocita"
di scorrimento su un terreno coperto di vegetazione e appena 1/4 di
quella che si manifesta allo scoperto.
Poiche, come tutte le forze di carattere dinamico, lenergia
erosiva dellacqua varia secondo il quadrato della velocita, ne
deriva che alla diminuzione della velocita ad 1/4 corrisponde una
riduzione dellenergia ad 1/16 dintensita. Ancora piusignificativa
la diminuzione della capacita di trasporto, che variando con la
sesta potenza della velocita, diventa addirittura 4096 volte
inferiore.La protezione indiretta e leffetto regimante si
manifestano in massimo
-
grado sotto la superficie e sono svolti dal suolo forestale,
profondamente diverso per caratteristiche fisiche e biologiche dai
suoli soggetti a periodiche lavorazioni ed anche, in minor misura,
dai suoli ricoperti da vegetazione erbacea permanente.
II bosco e il torrente
Lacqua che sfugge allevaporazione, alladesione superficiale
(lacqua di adesione e lacqua che "bagna" le superfici di foglie,
rami, pietre ecc.), allaccumulo nelle depressioni del terreno,
allinfiltrazione nel suolo, e scorre sul pendio dei versanti, e la
principale responsabile non solo dei fenomeni di erosione diffusa,
ma anche delle piene dei corsi dacqua.
I corsi dacqua montani possono classificarsi di norma come
torrenti, intendendoli percio caratterizzati da una estrema
variabilita del regime idraulico, con deflussi molto modesti o
nulli per lunghi periodi (torrente trova radice nel latino torrere
= disseccare) e da piene improvvise e rapidamente decrescenti. II
torrente tipico e prevalentemente alimentato dalle precipitazioni
meteoriche, mentre hanno importanza secondaria le acque sorgive,
cosi che la sua portata e strettamente dipendente dalle vicende
climatiche del momento: si fa copiosa nei periodi piovosi (e
durante la fusione delle nevi), tende ad esaurirsi nei tempi
siccitosi.
Le piene si producono in occasione di piogge intense (1) anche
se di durata relativamente breve, per la rapida concentrazione
nellalveo di masse dacqua cadute sul bacino.
Londa di piena, una volta diminuita lintensita della pioggia,
decresce velocemente ed il torrente ritorna in breve tempo nelle
condizioni di portata che hanno preceduto il fenomeno critico.
Quando piove con una certa intensita, la portata del torrente va
aumentando col successivo arrivo degli apporti dacqua provenienti
da zone del bacino sempre piu lontane, fino a quando tutto il
bacino contribuisce contemporaneamente al deflusso dellalveo.
Viene chiamato tempo di corrivazione lintervallo di tempo che
intercorre tra Iinizio della pioggia e listante in cui perviene,
nella sezione dalveo che consideriamo, la particella dacqua caduta
nella localita idraulicamente piu lontana del bacino. A parita
dintensita e di altre condizioni, e la precipitazione della durata
del tempo di corrivazione a provocare la massima portata nel corso
dacqua; se superato il tempo di corrivazione, la pioggia continua a
cadere, con la stessa intensita, la portata si mantiene costante
sul valore massimo per cominciare a decrescere non appena la
pioggia cessa o comunque si riduce dintensita.
Se per contro la durata della precipitazione e inferiore al
tempo di corrivazione, l acqua proveniente dalle zone piu lontane
del bacino raggiunge Ialveo quando gia ha avuto inizio la fase
decrescente, giacche le aree piu vicine hanno gia cessato di dare
il loro contributo. Sono le acque che scorrono sulla superficie dei
versanti a provocare le piene, a causa della rapidita della loro
concentrazione nelle rete idrografica; la loro velocita di
avanzamento sul terreno e variabile ma e pur sempre, nei bacini
montani, dellordine di alcuni decimetri al secondo, nei casi piu
favorevoli, per raggiungere e superare il metro al secondo in
situazioni particolari.
-
Le acque infiltratesi nel suolo, e da questo non trattenute ad
aumentare il tenore di umidita, risentono dellattrazione di gravita
e percolano verso il basso. Una frazione, se trova condizioni
geologiche adatte, penetra in profondita fino a raggiungere le
falde idriche, alimentando la circolazione sotterranea.
Le acque di falda spesso ritornano allesterno sotto forma di
sorgenti ed alimentano quindi la circolazione superficiale, ma il
loro moto nel sottosuolo e assai lento, dellordine di alcuni metri
al giorno, per cui trascorrono settimane o mesi prima che il volume
dacqua caduto nel corso di una precipitazione possa defluire
(2).
Di conseguenza il contributo delle acque sotterranee alla
portata del torrente e sempre graduale e assolutamente trascurabile
la loro partecipazione ai fenomeni di piena.
La parte residua delle acque di percolazione defluisce
obliquamente sopra gli orizzonti relativamente impermeabili, o
sulla base minerale del suolo o comunque a breve profondita dalla
superficie. Si forma quindi una corrente chiamata deflusso
ipodermico che procede verso la base dei versanti con velocita
normalmente superiore a quella che anima i moti di filtrazione
nelle falde sotterranee, ma di gran lunga piu bassa di quella delle
acque scorrenti in superficie.
Le acque sottosuperficiali arrivano alla rete idrografica
gradatamente e con uno sfasamento di ore o giorni rispetto alle
acque di ruscellamento, e quindi non contribuiscono alla formazione
delle piene prodotte dalla precipitazione che le ha originate.
In caso di piogge prolungate lapporto ipodermico puo assommarsi
al volume dacqua concentrato dal deflusso superficiale di una
precipitazione intensa successiva, ma a causa della bassa velocita
del suo movimento verso valle, Ieffetto sulle piene e modesto.
Chiariti a grandi linee i concetti fondamentali necessari alla
comprensione del fenomeno, vediamo di riassumere le azioni dirette
ed indirette esercitate dal bosco sul regime idrologico dei corsi
dacqua montani.
Si e parlato dellalta porosita e permeabilita dei suoli
forestali, favorita e determinata dai processi biochimici svolti
dagli organismi vegetali ed animali che compongono lecosistema.
Sono stati portati a dimostrazione molti dati sperimentali sulla
velocita dinfiltrazione dellacqua, molto alta nei suoli boschivi
sia in valore assoluto sia per confronto con altre forme di
utilizzazione del terreno. Si e parlato degli impedimenti di vario
genere che i popolamenti forestali frappongono allavanzamento delle
acque scorrenti in superficie;
(1) Lintensita di una pioggia e data dal rapporto tra Ialtezza
dacqua (di solito espressa in mm) e il tempo nel quale questa e
caduta (indicato in minuti, ore, giorni od anni) Lesperienza
insegna che l'intensita delle piogge decresce allaumentare della
loro durata: un breve scroscio puo raggiungere intensita
elevatissime, mentre in una pioggia prolungata nel tempo lintensita
e fortemente inferiore.
(2) Fanno eccezione alcune zone carsiche, dove si formano veri
e
-
si e ancora accennato allazione di trattenuta che avviene per
adesione sugli organi aerei della vegetazione. Lultimo fattore e
spesso sopravvalutato, mentre la quantita di pioggia intercettata
dalle chiome e ben poca cosa, potendo approssimativamente aggirarsi
intorno a 5 o 6 millimetri; il che puo essere determinante per
ridurre allimpotenza una piena con bacini idrografici piccolissimi,
messi "in crisi" da brevi temporali violenti, dato il basso tempo
di corrivazione (dellordine delle decine di minuti) che li
caratterizza, ma rappresenta in genere una
frazione esigua della precipitazione che puo cadere su di un
bacino di media estensione.
In ogni caso, la capac!ta della trattenuta aerea puo essere
stata saturata da piogge immediatamente precedenti a quella che
provoca la piena, e che raramente si manifesta isolata, ma e
preceduta e seguita da piogge meno intense.
Del tutto trascurabili, agli effetti delle piene, Ievaporazione
e la traspirazione fogliare, il cui ruolo e invece molto importante
nei bilanci idrologici annui o stagionali.
Lapparato aereo della vegetazione svolge la funzione, spesso non
adeguatamente valutata, di regimare le intensita variabili delle
precipitazioni piovose, riuscendo, con la trattenuta temporanea con
lo scorrimento lungo le foglie, i rami, i tronchi, ad impedire il
contemporaneo arrivo a terra degli scrosci piu violenti che
potrebbero, magari per brevi istanti, superare la capacita di
assorbimento del suolo e provocare riunioni di corpi dacqua
pericolose perche aprono la via al ruscellamento.
Sul terreno le piogge sinfiltrano rapidamente attraverso
lettiera ed humus fino a saturare la porosita del suolo.
propri corsi dacqua sotterranei animati da velocita paragonabili
a quelle delle acque superficiali
(3) In boschi inefficienti e degradati e stata misurata una
ritenzione di 16 mm ed una de- tenzione di 43 mm, per un totale di
soli 59 mm. Secondo il Susmel in un buon terreno forestale di media
profondita le quantita dacqua trattenuta corrispondono mediamente a
60-80 mm di altezza di pioggia nei mesopori ed a 200-400 mm nei
macropori.
Una densa copertura forestale protegge il suolo e contribuisce a
regimare le acque. La figura mostra le variazioni dellerosione e
del deflusso superficiale al variare del grado di copertura
-
Secondo rilevamenti compiuti dallIstituto di Selvicoltura
dellUniversita di Padova e riportati dal Benini, in boschi
efficienti sono state misurate capacita di trattenuta di 513 mm,
dei quali 430 mm nei macropori (acqua di detenzione temporanea) ed
83 mm nei mesopori (acqua di ritenzione) (3)
Per dare un termine di confronto ricordiamo che la pioggia che
cade su Torino nel corso di un anno non raggiunge mediamente
Ialtezza di 800 mm.
II volume delle cavita presenti in un buon terreno forestale e
normalmente adeguato a ricevere la gran maggioranza delle quantita
di pioggia che possono cadere nel corso di eventi meteorici anche
straordinari, e cio comporta una sostanziale riduzione del deflusso
superficiale, dal quale derivano le repentine concentrazioni dacqua
che danno origine alle piene.
Le acque che abbiamo chiamato di detenzione temporanea finiscono
per ritornare in superficie dopo un percorso piu o meno lungo,
attraverso vie sotterranee od ipodermiche, ma gradatamente,
favorendo la persistenza di una certa portata nelle rete
idrografica, negli intervalli tra gli eventi piovosi.
In altre parole, il regime dei corsi dacqua nei bacini
densamente boscati, con popolamenti in armonia con lambiente, tende
a ridurre i caratteri di torrenzialita per assumere caratteristiche
meno estreme, con vantaggio per la situazione idrogeologica
generale e per le possibilita di utilizza zione delle acque.
La sottrazione dacqua al deflusso superficiale, conseguenza
della permeabilita e della porosita del suolo, indirettamente
riduce la velocita del ruscellamento in quanto la velocita
diminuisce al diminuire della quantita di liquido in movimento (in
termini tecnici, si ha riduzione del raggio idraulico).
Unulteriore riduzione e prodotta dalla resistenza al moto
opposta dalla vegetazione e dalla lettiera (si ha aumento del
coefficiente di scabrezza). A minor velocita corrisponde un
allungamento del tempo di corrivazione, e viceversa. E stato visto
che e la precipitazione della durata del tempo di corrivazione a
mettere "in crisi" il bacino idrografico e che le piogge di durata
inferiore a questo provocano, a parita dintensita, portate
assai
Velocita Infiltrazione(mm/minuto)
DeflussoSuperficiale in %della pioggia
Boschi efficienti 20-5 0-10
Boschi inefficienti 2-0,5 20-50
Pascoli 3-1 30-95
Coltivi non seminati o abbandonati
1,2-0,1 50-100
-
minori; sappiamo inoltre che lintensita di una pioggia
diminuisce con laumento della sua durata. La conseguenza e che in
un bacino boscato si riduce statisticamente il numero degli eventi
potenzialmente capaci di generare grandi piene
Abbiamo voluto riportare qualche analisi di dettaglio tentando
di collegare gli effetti con le cause pur sapendo che tale modo di
procedere obbliga a semplificare, talvolta in modo eccessivo,
fenomeni complessi e correlati tra loro. A dimostrazione
delinfluenza esercitata dal bosco sul regime dei corsi dacqua,
sarebbe stato preferibile poter trascrivere dati statistici di
lungo periodo a confronto tra bacini boscati e non boscati,
possibilmen di condizioni simili per morfologia, geologia e regime
pluviometrico. Purtroppo elementi di giudizio cosi completi non
esistono. Le ricerche generalmente confermano l efficacia del bosco
quale moderatore delle piene in bacini imbriferi di piccola
estensione.
Scarsi o nulli invece i dati sperimentali riguardanti i grandi
bacini, dove si nota un comportamento diverso per lintervento di
altri fattori, quali la diribuzione spaziale delle piogge e
interferenze di onde di piena degli affluenti.
Se si ammette un effetto positivo della boscosita nei piccoli
bacini, la ragione consiglierebbe di attribuirle una certa
efficacia anche alleconomia dei grandi bacini, perche la trattenuta
dei volumi dacqua ed il rallentamento dei deflussi sono una realta
obiettiva e dimostrata.
Ma, insegnava il sommo Leonardo, "se ti accade di trattar
dellacqua, consulta pria l esperienza poi la ragione". Alla luce di
quanto e stato detto, non stupisce se i forestali sono
profondamente convinti che la sistemazione idroeologica devessere
affrontata principalmente con interventi biologici, i quali,
beninteso, non si esauriscono affatto nel rimboschimento, ma
comprendono molte delle diverse operazioni selvicolturali senza
escludere i miglioramenti agro-pastorali.
Lefficacia idrogeologica di una foresta e strettamente correlata
col suo armonico inserimento nelle condizioni ecologiche locali e
varia col variare della sua composizione,struttura e densita, delle
forme di governo e trattamento.
Ecco quindi che anche il rinfoltimento dei boschi radi, il
miglioramento dei boschi degradati, le conversioni dei cedui in
fustaie, la scelta delle forme di trattamento piu consone con la
protezione del suolo e con la rinnovazione e levoluzione della
foresta, la lotta contro gli incendi boschivi, lassestamento dei
soprassuoli su basi naturalistiche, sono altettante componenti
della sistemazione idrogeologica del territorio, non meno
importanti del rimboschimento dei terreni nudi.
Non solo, ma dovendo scegliere tra il miglioramento dei boschi
esistenti e limpianto di nuovi soprassuoli, e forse preferibile
dedicare ai primi la maggiore attenzione.
Perche i boschi che gia esistono sono una realta, che con larte
e la competenza e la volonta e la disponibilita dei mezzi
necessari, si puo rendere sempre piu efficiente, con affetti
apprezzabili in tempi relativamente brevi; invece i rimboschimente
di terreni spesso gravemente
-
anomali, rappresentano una speranza, talvolta delusa, di
ottenere qualche risultato dopo lunghi anni di lavoro, di cure e di
spese.
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PREVENZIONE E CULTURA
di Roberto PavanComandante Coordinamento Corpo Forestale -
Imperia
Il termine "incendio boschivo" pu indurre in confusione perch pu
portare a una doppia interpretazione:
- quella dei tecnici che si riferiscono al solo fuoco nel
bosco;
- quella dell'uomo della strada che pi semplicemente comprende
nell'unico termine di "incendio boschivo" anche l'incendio
territoriale cio anche l'incendio di pascolo, di incolto, di ex
coltivo, di sterpaglia, di formazione sub forestale.
Questa confusione non da poco perch si tratta non di una
semplice puntualizzazione lessicale, bens di incendi diversi che
necessitano di tecniche di approccio e di lotta diverse, che si
sviluppano in ambiente completamente diverso, con rischi e pericoli
diversi, con mezzi tecnici da impiegare completamente diversi.
Entrambi i tipi di incendio invece, poich possono rappresentare
un vero pericolo sia per la popolazione che per l'ambiente, devono
essere spenti al loro primo insorgere e nel pi breve tempo
possibile.
Poich i boschi della Liguria, ma anche tutto il territorio
ligure, derivano da secoli di intenso uso e sono in equilibrio
precario, molto fragile e ad alto rischio di incendio, necessario
che l'opera di avvistamento dei focolai e di inizio delle
operazioni di spegnimento siano le pi rapide possibile, nel
rispetto di tutti i canoni necessari per garantire la massima
sicurezza agli uomini comunque impiegati.
Questo comporta la necessit di avere dislocata su tutto il
territorio ligure, soprattutto nell'interno, una forza di pronto
impiego e di sicura affidabilit.
Considerata l'orografia e la viabilit della montagna ligure
impensabile di poter attuare una seria lotta agli incendi boschivi
affidandosi solo a pochi grossi nuclei di uomini e mezzi dislocati
in centri logistici.
Questo fondamentalmente per quattro motivi:
1. Gli uomini devono essere dislocati in prossimit o all'interno
delle zone boscate da proteggere proprio perch l'intervento per
essere efficace deve essere immediato.
E' necessaria l'ubicazione strategica degli uomini anche perch
la montagna ligure molto fragile e non pu sopportare la rete di
larghe strade che dovrebbe essere costruita per consentire
l'accesso generalizzato alle autobotti per spegnere il fuoco con
l'acqua.
2. Per arginare il fuoco in ambienti difficili, con vegetazione
altamente infiammabile e ventosit diffusa che provoca un
rapidissimo sviluppo del fuoco con velocit di
http://www.incendiboschivi.org/docum/prevenz/cultur.html
-
avanzamento elevata indispensabile che gli spegnitori, personale
addestrato e qualificato, conoscano perfettamente il territorio,
tutti i sentieri, tutte le vie di scampo come conoscono solo i
volontari delle squadre antincendio locali e gli Agenti Forestali.
Queste ragioni di sicurezza limitano, ad esempio, l'impiego
dell'esercito, che necessariamente pu essere impiegato solo nella
bonifica.
3. In Liguria, proprio per le difficolt ambientali,
indispensabile che l'intervento dell'uomo a terra sia pronto e
altamente qualificato datosi anche che qualsiasi tipo di aeromobile
opera con difficolt, e spesso non risolutivo, a causa
dell'orografia accidentata, dei regimi dei venti e delle
turbolenze, della miriade di linee elettriche e teleferiche
presenti, di abitati o case sparse immerse nei boschi.
A volte l'intervento aereo, per il sommarsi di tutte queste
circostanze e la valutazione ponderata e responsabile che di esse
necessario fare, viene impedito o ritardato.
Ricordiamo che i due Canadair caduti, sono caduti proprio in
Liguria.
Da questo ne segue che la direzione delle operazioni di
spegnimento con mezzi aerei deve essere compiuta da personale
qualificato e conoscitore dei luoghi fisicamente presente sul posto
dell'incendio. Il direttore delle operazioni a volte, purtroppo e
suo malgrado, costretto responsabilmente a rinunciare o
procrastinare l'uso di queste macchine e procedere allo spegnimento
con i mezzi tradizionali terrestri.
4. Si potrebbe dare credito e legittimazione alla tesi
dell'ineluttabilit degli incendi per cui ci devono essere gli
uomini pronti a spegnere gli incendi boschivi, quasi in ansiosa
attesa che qualcuno li appicchi: un atteggiamento stimolante per
gli incendiari.
1 boschi da soli non bruciano e quella dell'autocombustione una
vecchia favola: gli incendi nei boschi ci sono perch qualcuno per
qualche motivo doloso o colposo li incendia.
I boschi per non verranno pi incendiati se verr messa in atto
una meticolosa e puntigliosa prevenzione silenziosa e senza
clamore.
La prevenzione degli incendi forestali deve essere compiuta
oltre che sul terreno (come anche le leggi prescrivono), anche con
una oculata presentazione del fenomeno all'opinione pubblica in
modo che si eviti ogni generalizzazione.
A proposito delle cause di incendio la semplificazione con
luoghi comuni dannosa perch attribuendo ad in solo fattore - il
dolo - tutte le responsabilit, di fatto, le scarica impotentemente
e con rassegnazione sul piromane, un fantomatico non ben
identificabile individuo, in questo modo viene "anestetizzata" la
coscienza collettiva e la partita chiusa.
Alcuni luoghi comuni tipici del pressappochismo sugli incendi
boschivi:
1) Gli incendi sono tutti dolosi
E' vero che c' una modesta componente legata a vere patologie
mentali, ma invece molto forte l'incidenza della disattenzione
nello svolgimento di attivit lecite quali l'abbruciamento di
residui agricoli o l'attivit a fischio o l'incendiariet indotta o
congenita di vasti strati di popolazione, quali ad esempio i
gitanti o gli agricoltori della domenica o la pastorizia praticata
con metodi arcaici.
2 Contro l'incendi dato che sono i piromani ad incendiare i
boschi,non possibile fare nulla
Invece tutti i cittadini possono contribuire alla prevenzione
anche solo avvertendo I centri operativi del Corpo Forestale dello
Stato o i Vigili del Fuoco o i Carabinieri quando vedono del fumo
sospetto: I servizi sono attivi 24 ore su 24.
-
3) La causa degli incendi l'abbandono della montagna
l'esodo delle popolazioni rurali e l'abbandono dei terreni
marginali e dei boschi, che si ricoprono naturalmente di
vegetazione erbacea e arbustiva sono s cause predisponenti allo
sviluppo di incendi, che per insorgono come unica e sola
conseguenza di azioni umane, dato che l'autocombustione non
possibile e il fulmine ha una modestissima incidenza.
4)I grandi incendi si verificano perch noi siamo
impreparati.
Non vero, perch incendi gravi si venficano in tutto il mondo,
anche in zone con climi meno favorevoli del nostro.
Circa l'impreparazione o la penuria di mezzi aerei, basti vedere
quanto succede nella vicina CostaAzzurra dove ci sono incendi
terribili nonostante il grande dispiegamento di uomini e velivoli l
disponibili. La realt che in Italia pu bruciare contemporaneamente
tutto il territorio montano e collinare da Aosta a Pantelleria e
gli aerei antincendio devono intervenire un po'ovunque.
In Francia le zone fortemente colpite sono la Provenza, la Costa
Azzurra e la Corsica, ed quindi logico che le basi aeree siano l
ubicate; nonostante ci si verificano incendi disastrosi.
La causa principale dello svilupparsi di grandi incendi,da noi
come in qualunque altro paese del Mediterraneo non
l'impreparazione, ma il vento.
Il vento favorisce il rapido espandersi delle fiamme e impedisce
o limita fortemente anche l'azione dei mezzi aerei, oltre che
rendere estremamente pericoloso l'intervento degli uomini a
terra.
5) Il fuoco bruciando le specie infestanti fa bene al bosco
Uno dei luoghi comuni da sfatare anche quello che vuole che il
fuoco porti beneficio al bosco. In effetti ci sono ricerche in
corso in altri Paesi, specialmente in Nord America, che affermano
che il fuoco pu portare benefici come l'aumento della biodiversit,
l'agevolazione della germinabilit di alcune specie, l'eleminazione
della necromassa combustibile ecc.
Nel boschi di Imperia, come nel resto della Liguria, il fuoco si
presenta talmente frequentemente, talvolta anche pi di una volta
all'anno, da portare, al contrario dei modelli americani, ad una
diminuzione dei numero delle specie vegetali presenti, fino a
giungere al ginestreto che rappresenta uno degli stati di
degradazione pi frequenti.
Per considerare l'importanza del fenomeno doveroso ricordare
l'elevato numero di endemismi vegetali ed animali presenti in
Liguria che corrono seri pericoli di estinzione a causa degli
incendi.
La prevenzione deve essere la strategia principale per poter
quanto meno tenere sotto controllo il fenomeno degli incendi dato
per scontato che purtroppo con il fuoco bisogna rassegnarsi a
convivere perch l'incidente o il caso fortuito sono sempre
possibili.
Il Corpo Forestale dello Stato, che presente capillarmente sul
territorio - purtroppo con pochi uomini - compie istituzionalmente
una prevenzione attiva e dissuasiva nello stesso tempo pattugliando
in continuazione il territorio e agendo all'occorrenza come forza
di polizia o come forza tecnica di spegnimento.
Prevenzione contro l'azione di malintenzionati compiuta sul
terreno anche da
-
tutte le altre Forze di Polizia, da meritorie associazioni di
volontariato antincendio, da cittadini sensibili. Ma tutto questo
non basta perch non potr mai esserci un numero sufficiente di
vedette in grado di fermare un incendiario che vuole
fortissimamente raggiungere il suo scopo.
Tralasciando gli aspetti tecnici della prevenzione (ripristino
della vecchia sentieristica, creazione di barriere tagliafuoco e di
torrette di avvistamento, decespugliamento obbligatorio delle
scarpate stradali o attomo alle abitazioni, gestione di banche
dati, di sistemi di monitoraggio, di radio collegamenti, ecc.) o
gli aspetti socioeconomici (senescenza e diminuzione delle
popolazioni, mercato dei legnami e dei terreni, prezzi di
macchiatico ecc.) voglio qui rimarcare che alla prevenzione deve
essere data una impostazione culturale, essa deve divenire un
patrimonio della coscienza individuale e collettiva.
L'incendio del bosco deve cessare di essere lo sfogo per
frustrazioni, per proteste contro leggi e regolamenti non accettati
o arma per vendette, ripicche o ricatti.
E' ora che cessi l'interesse per il diversivo dell'incendio
inteso come spettacolo, dell'eccitazione che provocano
l'attivazione dell'apparato antincendio e la spericolatezza dei
piloti, dell'interesse per le intercettazioni delle trasmissioni
radio tra i Forestali a terra e i Canadair in volo.
Deve anche cessare l'uso improprio del territorio e del bosco e
l'uso tollerato e compreso del fuoco perch visto come necessit;
deve finalmente morire la triste e perdente pratica dell'accensione
del fuoco "per far pulizia", per distruggere i rovi, i cespugli dei
boschi o l'erba secca dei pascoli che viene incendiata perch
accusata di essere poco appetita dagli animali domestici e
selvatici e di provocare il ruscellamento superficiale delle acque
meteoriche. Pratica triste e perdente perch i rovi cresceranno pi
rigogliosi di prima, i boschi non si rigenereranno, ed i pascoli
continueranno a degradarsi perdendo humus e, finch rimarr un po' di
terra, producendo solo quell'erbaccia che, vero, una volta
ingiallita e seccata verr rifiutata dagli animali e provocher il
ruscellamento
della pioggia. Ma tant': nessuno vuole pi usare la zappa o la
falce e il fiammifero pi comodo, sbrigativo e anonimo.
E' bene che si sappia che talvolta chi va ha spegnere gli
incendi non trova neppure comprensione tra la popolazione e che a
volte riceve critiche per l'alto costo degli interventi aerei " per
spegnere un po' d'erba, quattro pini e qualche cespuglio".
Deve aumentare la corretta informazione a tutti I fruitori della
montagna e a tutta la popolazione: si deve sapere che l'ambiente
naturale non ha una capacit infinita di innovazione delle proprie
risorse e che le alluvioni della pianura sono anche conseguenza del
degrado della montagna provocato dall'uomo.
Educazione, quindi, adozione istintiva e non imposta per legge
di comportamento non a rischio, comprensione del valore anche
immateriale del bosco.
L'incendio boschivo non deve essere pi una questione da
risolversi solo dai temerari della Forestale, dalle squadre dei
volontari antincendio, o dal piloti degli aerei: essa deve essere
risolta interdisciplinarmente.
Parlando in varie occasioni con amministratori, con
professionisti, con redattori di piani e regolamenti urbanistici,
con insegnanti ho notato quanto poco siano conosciuti il problema
degli incendi e le misure da adottare per limitame lo sviluppo e
diininuime il pericolo.
Un approccio allo studio delle attivit antincendio, dalla
prevenzione allo
-
spegnimento ed al recupero ambientale non deve essere solo
teorico e niente pratico o solo pratico e niente teorico: deve
essere un lavoro di quipe dove ci sia spazio per il tecnico
antincendio, ma anche per il sociologo, per il geologo, per il
pianificatore territoriale e vegetazionale, per l'urbanista, per
l'insegnante.
Il ruolo della scuola fondamentale.
Le persone educate e opportunamente istruite sono rispettose
della natura e dell'ambiente che le circonda e sono il primo
mattoncino dell'edificio della prevenzione.
Un approccio culturale deve essere costante e progressivo,
modulato sull'et e in grado di suscitare l'interesse di chi riceve
l'informazione, dalla scuola matema alla scuola media e cos via,
fino al corso professionale serale organizzato dalle Comunit
Montane o dalle Organizzazioni di categoria.
E' un lavoro che richiede tempo, ma alla lunga premiante, perch
le nuove generazioni sono gi pi sensibili delle vecchie. La
scommessa potrebbe essere questa: vincere il fuoco non con le
scuole di guerra ma con le maestre elementari.
-
UNCCD
MINISTERO DELLAMBIENTE
La Convenzione delle Nazioni Unite per la lotta alla siccit e/o
alla desertificazione
Il ruolo e le iniziative dellItalia
a cura di
Canio Loguercio
Le linee guida del Piano dazione nazionale per la lotta alla
desertificazione sono state predisposte da un gruppo di lavoro
costituito nellambito del Comitato nazionale e curate da Maurizio
Sciortino dellENEA.
La cartografia delle aree sensibili alla desertificazione stata
redatta da un gruppo di lavoro dei Servizi Tecnici Nazionali e
curata da Franco Guiducci del Servizio Idrografico.
Il sito web del Comitato nazionale per la lotta alla
desertificazione, realizzato in collaborazione con la FAO, :
www.desertification.it
LA CONVENZIONE DELLE NAZIONI UNITE PER LA LOTTA ALLA SICCIT E
ALLA DESERTIFICAZIONE.
IL RUOLO E LE INIZIATIVE DELLITALIA
La Conferenza di Rio del 1992 sullo stato di salute dellambiente
indic nella lotta alla desertificazione, nella tutela della
biodiversit, nella riduzione dei gas serra e nella difesa delle
foreste le emergenze per lumanit nel passaggio tra il secondo e il
terzo millennio.
Dal 1992 ad oggi numerosi sono stati gli incontri e le
conferenze, ma a parte il protocollo di Kyoto del dicembre 1997 sui
cambiamenti climatici le politiche ambientali globali sono
sostanzialmente al palo. Anzi le condizioni generali del pianeta e
dellumanit sono certamente peggiorate.
http://www.incendiboschivi.org/docum/prevenz/desertif.htm
-
Ventanni fa, quando le Nazioni Unite organizzarono la prima
Conferenza internazionale sulla desertificazione a Nairobi, si
parlava di 57 milioni di persone che soffrivano degli effetti
dellavanzata del deserto. Nel 1984 il loro numero era gi salito a
135 milioni.
Da un recente rapporto dellUnited Nations Development Programme
sullo sviluppo umano emerge che un miliardo e trecento milioni di
persone vivono oggi in condizioni di estrema precariet e, di
queste, circa 800 milioni sono denutrite.
Nei Paesi dellAfrica sub-sahariana sono ben 220 milioni le
persone che sopravvivono in condizioni di assoluta povert.
E la scarsa produttivit dei terreni, che una delle cause
principali della povert, oggi minaccia pi di cento paesi con
pesanti conseguenze sulle condizioni di vita delle popolazioni
locali e sullambiente naturale.
Milioni di persone rischiano di dover emigrare dalle loro terre,
non pi in grado di offrire il necessario sostentamento. Stremate
dalla mancanza di risorse idriche e dalla povert dei raccolti
abbandonano i villaggi del nord-Africa e del Sahel e si riversano
in territori pi fertili o verso agglomerati urbani sempre pi
saturi, in particolare nelle zone costiere dove si concentrano gran
parte delle attivit economiche, da quelle industriali, al turismo,
allagricoltura irrigua.
Circa l87% dellaumento netto di popolazione che si verificher
entro il 2005 sar localizzato nei centri urbani e oltre la met
della popolazione tender a concentrarsi lungo le coste.
La spinta alla migrazione ambientale incontenibile. In Africa,
solo nel Sahel lavanzata del deserto uccide 200 mila persone lanno.
In Senegal, dove nel dicembre 1998 si svolta la seconda Conferenza
delle Parti per la lotta alla desertificazione (COP 2), scomparsa
una intera etnia. In Mauritania in 23 anni i nomadi sono passati
dal 73 al 7 per cento mentre gli abitanti della capitale sono
saliti dal 9 al 41 per cento.
Il flusso migratorio attualmente ancora sufficientemente
contenuto entro i confini dellAfrica, ma entro dieci anni si
prevede che almeno 70 milioni di profughi ambientali africani
premeranno per entrare in Europa attraverso i Paesi europei del
Mediterraneo.
Secondo il Segretariato della Convenzione delle Nazioni Unite
per la lotta alla siccit e/o la desertificazione, principalmente in
Africa (UNCCD), entro dieci anni 67 milioni di disperati del Nord
-Africa, e 145 del Sahel, 212 in tutto, si metteranno a marciare
per sopravvivere.
In questo continente 583 milioni di uomini e donne (un decimo
della popolazione mondiale) producono meno dell 1 per cento del
prodotto interno lordo normale mentre circa il 45 per cento della
popolazione vive ancora con meno di un dollaro a testa.
Ma gi si tratta di fortunati sopravvissuti, perch nove bambini
su dieci muoiono prima di aver compiuto il primo anno di vita.
La desertificazione una delle pi gravi emergenze ambientali e
minaccia circa un miliardo di abitanti degli oltre cento paesi a
rischio ed un quarto delle terre del pianeta.
La situazione certamente drammatica in Africa dove il 73% delle
terre aride coltivate sono coinvolte dal degrado e dalla
desertificazione ma esistono vaste aree inaridite o minacciate
anche in Asia, in America Latina, nel Nord del Mediterraneo e
quindi anche in Italia.
In Europa oltre 20 milioni di ettari sono stati degradati a
causa degli scarichi industriali e delle piogge acide causate
dallinquinamento atmosferico e oltre il 25% delle terre agricole ed
il 35% di quelle a pascolo sono a rischio.
Siccit e desertificazione dipendono certamente dallinstabilit
del clima, ma il degrado dei suoli e la perdita di fertilit sono
dovuti anche allo sfruttamento intensivo dei terreni e delle
risorse idriche, alla deforestazione, a pratiche agro-pastorali
improprie e cio alluso non sostenibile delle risorse naturali da
parte delluomo.
I luoghi che ne soffrono coincidono quasi sempre con i paesi pi
poveri, con le popolazioni assetate e affamate, con i tanti sud del
mondo. Eppure, spesso, allaridit del terreno ha corrisposto nella
storia la ricchezza della fantasia, delle tecniche, della cultura,
della capacit produttiva delluomo, fattori questi che si rivelano
oggi drammaticamente insufficienti a fronte dei mutamenti climatici
planetari e delle cattive pratiche di un certo recente sviluppo che
accentuano gli effetti devastanti sulla vita e sullambiente.
Ogni anno vanno perduti 24 miliardi di tonnellate di terra
coltivabile laddove, per la sempre pi pressante domanda alimentare,
si prevede un incremento di bisogno di terra ad uso produttivo del
27% nel 2015 e del 42% nel 2050.
-
La perdita annuale in termini di reddito totale a causa della
desertificazione di 42 miliardi di dollari, dei quali 12 miliardi
nei paesi industrializzati e 30 miliardi nei paesi poveri verso i
quali sarebbe molto importante assumere decisioni concrete per una
riconversione virtuosa del debito in investimenti agricoli e
ambientali che consentano un utilizzo sostenibile delle risorse
naturali senza compromettere la tenuta ecologica di vastissime aree
del pianeta.
Secondo David Sckler, direttore generale dellIstituto
internazionale di gestione dellacqua delle Nazioni Unite, entro i
prossimi anni si potranno scatenare conflitti armati per
lapprovvigionamento di acqua tra Paesi diversi e persino tra
regioni diverse di uno stesso Paese e lItalia non pu non essere
chiamata a svolgere un ruolo molto significativo nel Mediterraneo
rispetto ai Paesi africani.
I problemi dordine politico e sociale e le grandi correnti
migratorie che interessano anche lItalia sono sempre pi connessi ai
gravi squilibri ambientali determinati soprattutto da scarsit di
risorse, siccit e desertificazione da un lato e massicce
urbanizzazioni dallaltro.
Secondo Ismail Serageldin, Presidente della Commissione mondiale
sullacqua per il XXI secolo, la Banca Mondiale potr mettere a
disposizione 30 o 40 miliardi di dollari per progetti contro la
siccit rispetto a un fabbisogno stimato di circa 700 miliardi di
dollari. evidente che lo scenario non rassicurante, e, proprio per
questo, necessario che, nellambito della Convenzione per la lotta
alla siccit delle Nazioni Unite, si individuino dei meccanismi che
inducano alla messa a punto di protocolli vincolanti.
A tal fine in Senegal, nel corso dei lavori della COP 2, lItalia
ha chiesto ladozione di una sorta di Mandato di Dakar per
individuare protocolli specifici che impegnino i Paesi ricchi in
azioni mirate verso i Paesi poveri e in via di sviluppo, basate su
una rinnovata cooperazione che abbia come cardine lidea di uno
sviluppo economico, sociale, ambientale e culturale
sostenibile.
Al Summit di Rio del 1992, dunque, furono firmate le Convenzioni
sui cambiamenti climatici e sulla biodiversit e si avvi il
negoziato per la terza Convenzione, sulla lotta alla
desertificazione per lappunto, concluso a Parigi nel 1994.
Come sappiamo, lesistenza di una Convenzione non garantisce
quasi nulla, non garantisce cio che i rapporti nazionali e gli
impegni sottoscritti siano rispettati nelle forme, nei termini,
nella sostanza, n che i trasgressori vengano sanzionati. E,
tuttavia, esse inducono una dialettica, impongono una sede di
concertazione e di verifica, consentono di chiedere conto a governi
e governanti.
In Italia il Comitato nazionale per la lotta alla siccit e alla
desertificazione, istituito dal Presidente del Consiglio nel
settembre del 1997, ha fino ad ora sviluppato una intensa attivit
finalizzata soprattutto al coinvolgimento attivo delle istituzioni
e degli organismi di ricerca allo scopo di intrecciare lazione
politica per combattere la siccit e il degrado del suolo e gli
aspetti sociali, economici, energetici, ambientali e culturali
dellarea del bacino del Mediterraneo.
Tali questioni sono state discusse ed approfondite in numerose
occasioni: nel corso della Conferenza Nazionale su Ambiente ed
Energia, nei Seminari internazionali che il Comitato ha promosso a
Porto Torres, a Matera e Marrakech, alla Seconda Conferenza delle
Parti a Dakar, in incontri e riunioni con esperti nazionali ed
internazionali.
Alcune parziali ma significative risposte sono riscontrabili
nellavvio di una nuova strategia della cooperazione, nella
promozione di nuove norme sulla difesa del suolo e, per quanto
riguarda le regioni italiane interessate, nel recente Decreto
Legislativo n.152/99 sulle acque.
Infatti, le politiche ambientali sono strettamente connesse alle
politiche energetiche, industriali, di ricerca scientifica e
tecnologica e fanno parte di un sistema complesso le cui varie
componenti non possono non essere in un continuo bilanciamento
reciproco. I processi di degrado del suolo sono in diretto rapporto
con la crisi dell agricoltura tradizionale, labbandono delle aree
interne e dei centri storici e sono strettamente connessi ad un
modello di sviluppo basato su massicce urbanizzazioni soprattutto
dei litorali dispendio energetico e inquinamento ambientale, in
evidente contrasto con lo sviluppo di stampo tradizionalmente
contrassegnato da basso consumo di risorse.
Allurbanizzazione di nuove aree corrisponde labbandono dei
centri antichi e la scomparsa di presidi territoriali capaci di una
corretta gestione dellambiente naturale. Si determina cos un
processo di desertificazione fisico e sociale: al degrado del
patrimonio storico, architettonico e naturale corrisponde anche il
depauperamento delle risorse umane. Occorre pertanto sviluppare la
pi ampia collaborazione tra i governi, le istituzioni, gli
organismi scientifici, le comunit locali e le organizzazioni non
governative per stabilire programmi comuni mirati ad armonizzare le
rispettive politiche soprattutto nei seguenti settori:
gestione delle risorse naturali, del suolo e dellacqua
-
tutela delle coste
valorizzazione di pratiche agricole e zootecniche
compatibili
turismo sostenibile
educazione ambientale e al consumo sostenibile
promozione di innovazioni tecnologiche e sostegno
alloccupazione.
necessario armonizzare strumenti, norme e indicatori per
lindividuazione delle aree a rischio nellambito delle linee di
assetto del territorio, per la salvaguardia delle coste e delle
isole minori, per la tutela degli ecosistemi fragili, la conoscenza
e la gestione dei processi relativi ai cambiamenti climatici.
Nel Mediterraneo effetto serra e effetto desertificazione si
identificano. Due effetti in un certo senso speculari, innescati da
molteplici cause connesse alla produzione e al consumo di energia
nonch allo sfruttamento non sostenibile delle risorse naturali.
LItalia e i Paesi Europei del Mediterraneo non sono solo Paesi
donatori di aiuti verso i Paesi in via di sviluppo; essi stessi
ricadono in un contesto di crisi ambientale con problematiche
legate alle variazioni climatiche, con prolungati periodi di
siccit, alla presenza di suoli con marcata tendenza allerosione,
allalta frequenza di incendi boschivi con distruzione delle risorse
forestali, alle condizioni di crisi dellagricoltura tradizionale
con il conse