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Presenze archeologiche nel Medio Volturno - I luoghi di culto e di spettacolo

Mar 20, 2023

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PRESENZE ARCHEOLOGICHE NEL MEDIO VOLTURNO

I LUOGHI DI CULTO E DI SPETTACOLO

Corso di GraphiC desiGn

Dipartimento Di progettazione e arti applicate

Tesi MaGisTrale in FotograFia Dei Beni culturali

CandidaTo Valentino Nassa

Anno Accademico 2013/2014

Matr. 3805

relaTore Nicola Giuseppe Smerilli

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il territorio oggetto Della ricerca

«Il Volturno, nel suo corso di 176 chilometri, sorge e si muove nel bacino dell’Alto Volturno, fino alla stretta di Ravindola, fra Matese e monti di Venafro. Dalla stretta di Rocca Ravindola fino alla stretta di Triflisco scorre nella valle di larghezza variabile, e dà nome al Medio Volturno; dalla stretta di Triflisco alla foce nel Tirreno, avanza in pianura, dando nome al Basso Volturno.Il Medio Volturno è dunque la vallata ove scorre il fiume, fra l’Appennino (a Nord monti venafrani e Matese, Taburno a Est) il Preappennino (la piccola catena del monte Majuri o Maggiore, fra Vaira-no e Castelcampagnano) e l’Antiappennino (il versante Nord delle colline tifatine, che separano la vallata dalla pianura campana).In questa valle costellata di cinquanta comuni, il Volturno entra da Nordovest, e ne esce da Sudo-vest, ricevendo numerosi affluenti, e da Est il principale fra essi: il Calore»1.Oggi, questa vallata fa parte di due regioni (Campania e Molise) e di tre province (Caserta, Be-nevento, Isernia) mentre, in antico, essa ricadeva quasi totalmente nel Sannio Pentro e Caudino essendo solo in piccola parte territorio sidicino, aurunco e campano.

1 Marrocco 1981, p. 5. Notizie più particolareggiate sul territorio e sui comuni che ne fanno parte stanno in Marrocco 1985. Da consultare è anche il materiale presente nel sito web dell’Associazione Storica del Medio Volturno all’indirizzo asmvpiedimonte.altervista.org dal quale sono state tratte le cartine ritoccate del Salmon.

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i monumenti oBiettivo Della ricerca e la loro sintetica DeFinizione

Lo scopo prefissatomi in questo lavoro è quello di far risaltare, mediante l’uso delle im-magini fotografiche, complessi monumentali dell’antichità (in questo caso teatri, anfiteatri e templi), i cui resti, da tempo, ricercati, segna-lati e descritti dagli eruditi locali, diventano, ultimamente, sempre più spesso, oggetto di scavo e materia di studi scientifici da parte della Soprintendenza per i Beni Archeologici.

TeaTri = edifici concepiti e realizzati in Grecia a par-tire dal VI secolo a.C.; in epoca tardo-repubblica-na (II sec. a.C.), ancor prima che a Roma (dove simili strutture stabili erano, per legge, tassativa-mente vietate perché ritenute inutili, degeneranti e pericolose), ebbero una prodigiosa fioritura sia in Campania sia nel Sannio. Quelli denominati “greco-romani” o “italici” differiscono, per scel-te di impianto architettonico dai modelli elaborati successivamente dai tecnici dell’antica Roma. Al loro interno si svolgevano prevalentemente attivi-tà teatrali (ludi scaenici) ma non è escluso che, in alcuni casi, fossero anche utilizzati come luoghi di convegno e di discussioni politiche.

anfiTeaTri = costruzioni ellittiche di grandi di-mensioni tipiche dell’arte e del costume ro-mani costituite da un’arena centrale, di sab-bia, pianeggiante e a forma ovale, destinata ai ludi gladiatori (o munera)2 e ad altri spet-tacoli quali le venationes (combattimenti con animali feroci) e le naumachie o battaglie na-vali; contorniata, tutta attorno, da vari circuiti di gradinate in muratura riservate ad acco-gliere una grande moltitudine degli spettatori.

2 Per la bibliografia locale, pagine di argomentate spiegazioni sugli spettacoli offerti nell’arena stanno in Parisi 2010.

Templi = In origine spazi recinti muniti di alta-re, diventati, in seguito, edifici sacri, consa-crati al culto di una divinità. In molti casi essi risultano associati e collocati su un medesi-mo asse di una struttura teatrale al punto da essere stati per lungo tempo schematizzati come una categoria architettonica a parte denominata Roman Theater-Temple.

TEATRO - T. greco, realizzato sfruttando per la cavea l’an-damento naturale del terreno (A): a, ingresso degli attori; b, proscenio; c, scena; d, tavole dipinte con gli sfondi del-la scena; e, ingresso all’orchestra; f, divisori tra settori; g, gradinate della cavea; h, sedili dei sacerdoti e dei maggio-renti; i, orchestra. T. romano costruito con l’impiego di so-struzioni (B): a, palcoscenico; b, scena; c, ingresso all’or-chestra; d, vomitori; e, gradinate della cavea; f, vomitori; g, orchestra; h, ingressi per il pubblico; i, ingressi di servizio e per gli attori. (Immagini e didascalia tratte da Treccani.it, l’enciclopedia italiana on line)

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i paesi sottoposti a inDagine

• alife 9

• pieTravairano 21

• presenzano 37

• roccavecchia di praTella 45

• san salvaTore Telesino 51

• Teano sidicino 69

• Treglia di ponTelaTone 81

• venafro 87

• BiBliografia 105

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Limitate indagini esplorative sono state ese-guite, nel 1964, anche dall’archeologo prof. Werner Johannowsky mentre ulteriori resti vennero alla luce e poi occultati, nel 1990, durante i lavori di pavimentazione stradale in piazza vescovado. Alle travagliate vicen-de del teatro alifano hanno dedicato pagine i soci dell’Archeoclub d’Italia – sezione di Alife4 e il prof. Alessandro Parisi5, il quale analizzan-done la Cavea e la Scaena si è servito di al-cuni confronti con il teatro romano di Cassino sotto illustrato.

4 Archeoclub di Alife 1982, pp. (41)-48.5 Parisi 1995, pp. 21-25.

aliFe

Come appare chiaramente dalle cartine ri-portate, l’ager allifanus occupa all’interno del Medio Volturno una posizione di indubbia centralità. La città romana, dotata di mura pe-rimetrali, ospitava in prossimità della odierna cattedrale un elegante teatro capace di con-tenere, secondo le stime degli studiosi circa duemila posti. I ruderi già descritti da Trutta nel ‘700 e rilevati nel 1836 dall’architetto na-poletano Carlo Bonucci sono riamasti visibili fino al 1870 quando sopra di essi vennero erette moderne e private opere edilizie3.

3 Marrocco 1951, p. 49

Pianta archeologica di Allifae, a volo di uccello, realizzata dall’artista prof. Alessando Parisi nel 1974.Tratta dal sito web alliphae.org

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Il Theatrum di Allifae,evidenziato in rosso,nello stralcio planimetrico di piazza Vescovado.Tratto dal sito weballiphae.org

Veduta aerea dell’area sulla quale sorgeva il teatro di Alife.Fotografia di N. Lombardi, tratta dal suo CD-ROM La finestra sul Volturno, 1996

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In questa vecchia fotografia in bianco e nero di Salvatore Renzo sono ancora visibilii resti del teatro di Alife ormai interrato

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Il teatro di Cassino ripreso in panoramiche laterali da Est e da Ovest

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Fortunatamente, gli scavi condotti dalla So-printendenza per i Beni Archeologici di Ca-serta-Benevento a iniziare dal 2007, dopo aver espletato tutte le doverose pratiche e aver ottenuto dalla Regione Campania i fon-di necessari, hanno permesso, grazie all’i-naugurazione e la conseguente apertura al pubblico del 25 aprile 2009, di poter docu-mentare fotograficamente quanto, per seco-li, era rimasto nascosto al di sotto del piano di campagna dell’anfiteatro alifano, la cui esi-stenza, documentata da fonti epigrafiche e localizzata da fonti letterarie, era stata alcuni decenni prima rilevata in modo sicuro dalle fotografie aeree.«L’esistenza di un anfiteatro ad Alife era stata ipotizzata già in antico sulla base di due iscri-zioni latine attualmente scomparse ma note letterariamente già dal XVI secolo; una prima individuazione del monumento, sia pure a titolo di “congettura” si deve al Trutta; que-sti, ricordando che tale tipologia di edificio veniva localizzata solitamente esternamente all’area abitata per facilitare afflusso e deflus-so di spettatori, concludeva osservando che: “…solo congetturando può dirsi, che tanto esso, quanto il Circo fussero fuori dell’odier-no recinto delle mura Alifane… cioè l’uno ac-costo alla diruta Chiesa de’ Santi sette Frate-gli, onde si sono scavate innumerevoli pietre riquadrate, e formate ad archi, e cornici…; e l’altro accosto alla Chiesa di S. Gio. Geroso-limitano, dove si vede un terreno seminato di prodigiosa quantità di spezzati mattoni”.La Chiesa di S. Giovanni Gerosolimitano all’epoca del Trutta era all’interno del mauso-leo cosiddetto degli “Acili Glabriones” a po-che decine di metri dall’area dell’anfiteatro»6.

6 Soricelli-Stanco 2009, p. 1.

«Nel mese di maggio 1976, in occasione della distribuzione ai sottoscrittori del volu-me “Le Dissertazioni istoriche delle antichi-tà alifane di Gianfrancesco Trutta, stampato nel 1776, (…) il signor Orlando Renzo di Ali-fe, conversando con un gruppo di persone a proposito di Archeologia locale, tenne a rendere note che dalla finestra della propria abitazione (casa popolare in via Stazione) si osservano tra le erbe del terreno, tracce evi-denti di un semicerchio. Da questo partico-lare si poté subito risalire all’idea che nel sito da lui indicato fosse “sepolto” l’Anfiteatro e quindi poteva considerarsi vera e documen-tata l’ipotesi del Trutta. La conferma si ebbe quando il sindaco pro-tempore insieme con un impiegato comunale e Salvatore Farina si recò alla Soprintendenza Archeologica di Napoli-Caserta e in un incontro con l’Ispet-trice dottoressa Tocco si parlò di quanto ap-pariva nel terreno citato. Con meraviglia degli astanti ella esibì una foto aerea dalla quale appariva evidente l’esistenza di una parte dell’Anfiteatro. La foto era un inoppugnabile documento»7.Fu la prima clamorosa dimostrazione, in am-bito locale, che le tracce presenti nel suolo (soil marks) a seguito di un’aratura e le varia-zioni di colore o di crescita delle colture ve-getali (crop marks) rilevate dalle fotografie ae-ree, se correttamente interpretate, offrivano nuove prospettive alla ricerca archeologica8.

7 Archeoclub di Alife 1982, p. 60.8 I risultati di alcune prospezioni aeree sulla Campania setten-trionale pubblicati da R. Compatangelo (1986) non riguardarono, purtroppo il territorio oggetto di studio.

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L’anno successivo, la dottoressa Giuliana Tocco Sciarelli rese, ufficialmente, di pubbli-co dominio la notizia pubblicando la fotogra-fia aerea di A. La Capra concessa dallo Stato Maggiore dell’Aeronautica con prot. n. 203 del 31 maggio 1976.9

9 Tocco Sciarelli 1977, pp. 301-(303).

Particolare della fotografia aerea di A. La Capra

Ad Alife, analogamente a quanto avvenuto in altre località, gli archeologi hanno potuto ve-rificare la sovrapposizione di due diversi an-fiteatri appartenenti ad altrettanti fasi edilizie pianificate. Interessanti dati forniti dalla dott. Valeria Sampaolo, titolare dell’Ufficio Arche-ologico di Santa Maria Capua Vetere, hanno anche permesso di evidenziare una corri-spondenza in termini di misure progettuali tra il nostro primo edificio e quello originariamen-te esistente in Capua.

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L’anfiteatro campano di Santa Maria Capua

Vetere eretto sullefondamenta della

precedente struttura

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Tratta da Alife - L’Anfiteatro Romano, a cura di G. Soricelli - E. A. Stanco, 2009 p. 103.

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Le fondamenta dialcuni dei probabili

sedici cunei o settorinei quali era divisa

l’intera cavea.Ognuno di essi,

secondo i calcoli degli archeologi, poteva con-tenere circa 800 spetta-tori per un totale stimato

di quasi 13.000 posti

Crop Marks dell’anfiteatro di Aliferilevate da una fotografia aerea di N. Lombardi.

Tratta dal CD-ROM La finestra sul Volturnodi Nicolino Lombardi, 1996

Immagine aerea dell’anfiteatro alifano ripreso durante gli scavi.Fotografia di D. Occhibove

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I settori dell’anfiteatronuovamente invasidalla vegetazione

Parte del sotterraneoscavato sotto il pianodell’arena, normalmente ricoperto da solidi pan-nelli in legno, dal quale tramite montacarichi emergevano in superfice scenari ed occorrenze varie. L’apertura ad arco visibile sul latomeridionale fu costruita in seguito, probabilmen-te quando esso andò in disuso, per convogliare all’esterno le acque piovane

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Spazio riservato alla porta libitinensis, che era uno dei due var-chi posti agli estremi

dell’asse maggiore dell’arena (l’altro era occupato dalla porta

triumphalis), dalla quale venivano portati fuori i cadaveri dei gladiatori

uccisi in combattimento

Blocchi di calcare abauletto posti a

coronamento delBalteus o muro di

recinzione dell’anfiteatro.Tra questi è da notare

l’elemento angolare presso la porta libiti-

nensis che presenta un caratteristico incasso

per l’alloggiamentodel montante del

cancello d’ingresso all’arena

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Monte San Nicola diPietravairano.Il complesso teatro-tempio come appariva nel 2000, anno della sua scoperta.(Fotografia aerea di N. Lombardi gentilmente concessami)

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pietravairano

La data del 4 febbraio 2000 resterà indelebile, non solo per l’allora giovane insegnante Nicoli-no Lombardi (oggi Dirigente scolastico presso l’ISISS di Piedimonte Matese e Ispettore ono-rario ai Beni Archeologici) appassionato spe-leologo e pioniere del volo sportivo, ma anche per quanti amano il Medio Volturno e l’Arche-ologia in genere. Quel giorno, infatti, era come racconta egli stesso: «…Una di quelle mattinate come ce ne sono poche in un anno, di quelle senza vento ma lu-minose, fredda, adatta al volo ed alla foto, con la nebbia distribuita a strati livellati sui meandri del Fiume, una mattinata con un po’ di tempo libero e tante cose da fare.Quella mattina volevo fotografare Marzanello, la chiesa di Santa Mennea a Gioia ed una fra-na in partenza, sempre a Gioia, sulle colline argillose che si trovano a sud dell’abitato. An-che questa volta, nel sorvolare la zona di Pie-travairano, guardo al monte Urlano, soprattut-to per cercare di capire l’andamento del muro megalitico che percorre il versante sud della montagna, in località San Nicola e osservo i ruderi del teatro, ma con scarso interesse, in quanto per il passato mi ero fatto l’idea che appartenessero ad un edificio di età medioe-vale. Questa volta, però, la symmetria salta im-mediatamente all’occhio e in un baleno è tutto chiaro: il tempio e il teatro mi sembra addirittu-ra di vederli, col colonnato ancora in piedi e le ampie gradinate colme di spettatori. Ci torno e ci ritorno sopra per fare foto a diverse altezze e ogni cosa è sempre più chiara. A casa poi, vado immediatamente a rispolverare le foto prese in altre occasioni e, proiettandole, mi chiedo come ho fatto a non capire prima…»10.

10 Lombardi 2001, pp. 18-19.

Informatosi meglio sulle caratteristiche stori-che e strutturali di tali monumenti, il passo successivo di Lombardi fu quello di rendere edotta della clamorosa scoperta la Soprin-tendenza per i Beni Archeologici delle pro-vince di Napoli e Caserta nella persona del dott. Gianluca Tagliamonte, all’epoca funzio-nario responsabile dell’Ufficio per i BB. AA. di Alife e valente studioso del Sannio antico. Il sito è diventato, nel volgere di pochi anni, meta di visita e occasione di studio per l’in-tero mondo accademico dell’archeologia na-zionale ed estera, permettendo al comune di Pietravairano di poter accedere agli ingenti finanziamenti previsti dai fondi regionali edeuropei e di attivare, insieme con il Diparti-mento dei Beni Culturali, un protocollo di intesa con l’Università del Salento che ha permesso una serie di cinque produttive campagne di scavi.Il dott. Tagliamonte, direttore di tali scavi, ha edito, nel tempo, vari articoli che mi hanno aiutato a meglio comprendere l’importanza di tale scoperta anche in rapporto al famo-sissimo complesso di Pietrabbondante che vede associati, analogamente al nostro e a quello della vicina Teano, un edificio sacro e una struttura teatrale collocati sul medesimo asse. Eccone alcuni significativi stralci:«A Teano, nel cuore del territorio sidicino, la ripresa dello scavo del teatro in loc. Grotte… ha fra l’altro permesso di acquisire qualche ulteriore indicazione sulla più antica fase edi-lizia dello stesso, già individuata negli anni Sessanta da W. Johannowsky e da questo riportata all’ultimo ventennio del II sec. a.C.. Tali indagini hanno, altresì, consentito di ac-certare come sin da questa prima fase un progetto unitario legasse edificio scenico, cavea teatrale e terrazza superiore…

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…Ma indicazioni e novità ancora più im-portanti e significative, in quanto pertinenti, come nel caso di Pietrabbondante, a realtà di carattere non urbano o non propriamen-te definibili come tali provengono da un al-tro centro dell’Alto Casertano, Pietravairano, posto lungo l’itinerario che collegava il com-prensorio sidicino a quello alifano, alle estre-me propaggini occidentali di quello che, in epoca preromana, era stato il territorio pen-tro nella Campania settentrionale interna……Il complesso in questione (tempio e sot-tostante teatro, leggermente disassati) non pare rappresentare l’unica struttura presente nell’area, stando almeno a quanto si evince dalla fotointerpretazione aerea e dalla rico-gnizione topografica dei luoghi, ma certo co-stituisce il fulcro dell’impianto monumentale. Ed è proprio su alcuni aspetti di tale com-plesso che si intende in breve richiamare l’at-tenzione, riservando ad altra circostanza una più puntuale descrizione e analisi delle strut-ture individuate.Il tempio si pone nel punto più elevato dell’altu-ra, al centro di una terrazza artificiale di forma grosso modo quadrata che ne ha regolarizzato il profilo e che appare delimitata da un possente muro di sostruzione, in opera incerta, crollato nel lato sudorientale rivolto al teatro, anche per effetto dei cannoneggiamenti cui tutta l’area è stata sottoposta dalle truppe alleate nell’otto-bre del 1943. La pulizia e lo scavo parziale della terrazza superiore e del tempio hanno consen-tito di chiarire con certezza le caratteristiche planimetrie e tipologiche dell’aedes, costruita in pratica senza fondazioni e della quale si con-servano solo pochi filari dell’elevato. Si tratta di un tempio “tuscanico” a triplice cella, che par-rebbe realizzato con una qual certa adesione ai dettami del canone vitruviano…

…Certo è che al momento il tempio di Pie-travairano rappresenta assieme a quello di Pietrabbondante, pur nella diversità di di-mensioni e delle soluzioni formali e di impian-to adottate, l’unica sicura attestazione del tipo planimetrico a tre celle nell’architettura religiosa di ambiente propriamente sannitico (pentro), riferendosi le altre testimonianze di età medio e tardo-repubblicana alla variante del tempio a cella unica con alae laterali……Del sottostante teatro, posto una ventina di metri più in basso, rimangono bene rico-noscibili tanto la cavea, a forma di emiciclo, ricavata nel pendio naturale (di cui sfrutta l’in-clinazione) e delimitata da muri in opera incer-ta di calcare locale, quanto l’edificio scenico, ubicato all’estremo margine sudorientale del terrazzamento inferiore e di cui si conservano lacerti dell’elevato della parete di fondo del-la scena (anche per un’altezza pari a quattro metri). L’edificio scenico è contraffortato, sul lato posteriore (che guarda alla pianura), da quattro imponenti torrette a pianta semicir-colare, in funzione di barbacane. La tecnica edilizia impiegata nel teatro è un’opera incer-ta, realizzata con scapoli di calcare locale, di grosse e medie dimensioni, appena sbozza-ti, uniti da tenace malta, con non rari inclusi (per lo più, da recupero; frammentati laterizi e qualche scheggia di tufo).Per le sue caratteristiche strutturali, l’edificio può essere ascritto a quella categoria di te-atri cosiddetti “greco-romani”, chiaramente ispirati all’architettura greca dell’Italia meri-dionale, dei quali abbiamo diversi e significa-tivi esempi in Campania e nel Sannio……Certo le evidenze archeologiche e le indi-cazioni di carattere cronologico ad oggi note per Teano, Pietravairano, Roccavecchia di Pratella solo in parte ci assistono, ma sicu-

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ramente forte è la tentazione di vedere in tali centri tappe del percorso di diffusione verso le aree appenniniche interne di tipi e sche-mi architettonici e compositivi, per l’appunto quelli del tempio “tuscanico” e del cosiddetto Roman Theater-Temple, attestati sino a Pie-trabbondante. In tal senso, potrebbe, dun-que, ipotizzarsi una direttrice interna di pe-netrazione, che si snoda lungo un itinerario che dalla Campania settentrionale, in parti-colare dall’agro sidicino (Teano), volge verso l’Appennino, attraversando la piana di Pie-tramelara e Pietravairano, percorsa dalla via pubblica Teanum-Allifae (Pietravairano, loc. Monte San Nicola) per poi imboccare l’alta valle del Volturno (Roccavecchia di Pratel-la?), in direzione del cuore del Sannio pentro(Pietrabbondante)».11

11 Tagliamonte 2007, pp. 53 e ss. Per ulteriori aggiornamenti e approfondimenti v. pure Tagliamonte 2011, Tagliamonte 2012, Panariti 2013.

Alla base del monte San Nicola (versante Tramonti)vi è l’inizio dell’impervio sentiero di accesso all’area

archeologica, ripristinato con perizia dai BAIFdi Pietravairano nel 2011

Il proscenio e quanto resta dell’antico edificio scenico

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Panoramica dellacavea vista da Ovest.Nel proscenio è visibile Il rozzo altare predispo-sto, nel luglio del 2014, per la celebrazione eucaristica da parte del vescovo diTeano-Calvi mons. Arturo Aiello

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Panoramica dellacavea vista da Est

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Panoramica della cavea vista da Sud

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Panoramica della cavea vista da Nord

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in alTo

Le imponenti torrette che fungevano da contrafforte all’edificio scenico

in Basso

Area di accumulo dei laterizi predisposta durante l’ultima campagna di scavi. Il materiale è costituito per la maggior parte da frammenti di tegole e coppi della copertura fittile del tempio

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in alTo

I resti della cappella di San Nicolaadibiti durante gli scavi a deposito

del materiale tufaceo e delle attrezzature

in Basso

Prove di restauro reversibili hanno interessato laricostruzione delle gradinate di accesso alla media

cavea e il parziale ripristino delle sedute delle gradinate

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in alTo

Il possente muro di sostruzione in opus incertache delimita la terrazza superiore

in Basso

Terrazza artificiale di forma pressoché quadratasulla quale era costruito il tempio a tre celle

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Alcune delle tredici sepolture ritrovate nel 2007 a ridosso del muro di sostruzione

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Ciò che resta del bacino di raccolta (foto in alto), in coccio pesto, presente nell’angolo sud-est del tempio, dal quale venivano incanalate verso la vicina cisterna (foto in basso) le acque piovane provenienti dal tetto

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Dell’ultima campagna di scavi, che ha ri-guardato il triennio 2012-2014, si è dato conto nel quarto convegno sul “Teatro ri-trovato”, tenuto sabato 20 settembre del-lo scorso anno presso la sala consiliare del comune di Pietravairano. Nell’occasione è stata distribuita una piccola pubblicazione sul tema a firma di vari autori12 ed è stato anche proiettato un artistico video realizzato da due archeologi dell’Università del Salento impegnati nello scavo, i quali, dopo aver diligentemente ricostruito in modo tridimensionale le fasi costruttive del tempio, tramite l’elaborazione digitale dei frammenti architettonici rinvenuti, gli hanno perfino re-stituito gli originali particolari decorativi13.

12 AA. VV. 2013.13 Luigi Cinque – Dario Panariti, Pietravairano (CE) – Il comples-so santuariale del Monte San Nicola, Video HD, tuttora presente in rete internet.

Frammento di una delle decorazioni architettoniche che abbellivano il tempio di Pietravairano

Ricostruzione virtuale del tempio tuscanico operata

dagli archeologiL. Cinque eD. Panariti

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Pietravairano, loc. Monte San Nicola: planimetria del complesso santuariale tratta da Tagliamonte 2012 p. 481

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in alTo

Veduta di Pietravairano dall’area archeologica

in Basso

Il teatro di Pietrabbondante più volte richiamato nel testo

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presenzano

«…Nei pressi dell’attuale strada Casilina, nelle vicinanze dell’attigua contrada di “S. Felice”, sono riconoscibili le rovine di un anfiteatro ed i resti di un acquedotto romano. Nell’estate del 1992 fu effettuato un intervento di scavo incentrato sul complesso dell’anfiteatro che ha consentito di definire le principali fasi di vita dell’importante edificio (I secolo a.C. IV d.C.)…»14. Queste frasi, lette per caso su internet, mi hanno indotto a ricercare ulteriori notizie e a documentare fotograficamente quest’altro importante monumento, anch’esso ubicato all’interno del Medio Volturno, che mi era, in un primo momento, sfuggito.

14 Viti 2004, capitolo I.

In effetti risultano, dalla bibliografia sul terri-torio, vari articoli che accennano al piccolo anfiteatro imperiale rufrano e che traggono origine da un saggio esplorativo riguardante le parti settentrionali e orientali della cavea, relazionato dalla dott. Gabriella Gasperetti, agli inizi degli anni Novanta15. Nel 1635, i ruderi presenti presso la Taverna S. Felice, al bivio che dalla Casilina porta a Presenzano, avevano già attirato l’attenzio-ne del vescovo di Teano mons. Giovanni De Guevara, il quale, in una pianta della diocesi da lui curata, mise in relazione tale zona con l’antica Rufrae indicandola con la dicitura olim Rufae.

15 Gasperetti-Russo 1991.

Particolare della DescriptioTheanensis Dioecesis in “Campania Fælici Sidicinorum Regionemcomplectens” curata dal vescovoDe Guevara del 1635

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L’anfiteatro, costruito durante l’età augustea (I sec. d.C.)con tufi, in opus reticulata,fu sottoposto più volte,nei secoli successivi,a rifacimenti e restauri.Panoramica dell’edificio a distanza di anni.(la foto in alto è tratta daArchemail.it)

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Spazio antistante e interno del vano sotterraneo presente

nei pressi dell’anfiteatro

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Particolare dei crolli della volta a botte riguardanti il portico anulare dell’anfiteatroprovvisto lateralmente di ambienti di servizio (la foto in alto è tratta da CampaniaTour.it)

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La scaletta di accesso alla cavea (la foto in alto è tratta da CampaniaTour.it)

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In Statile 2009 (pp. 14-16) è riportato:“…Dell’anfiteatro, situato sulla via Latina, sono state rilevate le parti settentrionali e orientali della cavea, e l’ambulacro anula-re relativo coperto da volta a botte, crollata però in diversi punti. L’edificio in gran parte era realizzato in opera reticolata di tufo giallo e con pilastri e stipiti in tufelli rettangolari. La cavea poggia sul lato corto occidentale della grande terrazza rettangolare in opera incerta, realizzata appunto, presso Taverna S. Felice.Pertanto, la costruzione dell’anfiteatro è suc-cessiva a questo intervento di terrazzamento, unica evidenza monumentale nota per la fase

che va dalla fine del II secolo agli inizi del I a.C., durante la quale l’immagine di Presenza-no è radicalmente trasformata. Dunque, con la costruzione dell’anfiteatro è stato realizzato un livellamento al fine di eliminare quell’anda-mento a terrazze che aveva la struttura pre-cedente. Inoltre, i muri laterali dei vani preesi-stenti (con l’aggiunta all’estremità occidentale di stipiti e pilastri in tufelli rettangolari) sono stati sfruttati per costruire gli ambienti sul lato orientale dell’ambulacro”.

Volta a botte e pilastro realizzato in tufelli rettangolari

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I valori riportati nella scala metrica della pianta non corrispondono alle reali misure

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Fotografia aerea dell’area archeologicapresente sul monte Cavuto.

Foto di N. Lombardi

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roccavecchia Di pratella

Ulteriori frasi nel succitato articolo del prof. Tagliamonte mi offrono l’occasione per ac-cennare a un’altra clamorosa scoperta fatta qualche decennio prima nel territorio del Me-dio Volturno. Egli scrive infatti:«…Tale testimonianza induce, fra l’altro, a guardare con maggiore attenzione e fiducia a quanto documentato archeologicamente nel vicino centro fortificato di Roccavecchia di Pratella, identificato con l’antica Callifae, dove, sul Monte Cavuto, nell’area acropolare si riscontra la presenza di un teatro “greco-ro-mano”, con la cavea ricavata nel banco cal-careo e la scena in muratura, simile a quello ora noto a Pietravairano, sebbene assai meno conservato. E, soprattutto, porta a valutare con maggiore ottimismo l’ipotesi, formulata da D. Caiazza, di una possibile associazione del teatro di Roccavecchia a un edificio sa-cro, posto a monte dello stesso…»16.Il riferimento riguarda un’opera dell’avv. Do-menico Caiazza, pubblicata nel 1986, all’in-terno della quale l’autore oltre a rilevare sul monte Cavuto un centro fortificato, con mura ciclopiche, di vaste dimensioni e tracce in mu-ratura di vario tipo attestanti più fasi edilizie, sia all’interno dell’acropoli sia esternamen-te ad essa, segnala inoltre un terrazzo pia-neggiante sul quale si ergeva probabilmente un tempio, fiancheggiato da una cisterna a pianta circolare destinata a raccoglierne le acque spioventi, e sotto di esso una gradina-ta a pianta semicircolare intagliata nel calcare così descritta:«…Sono riconoscibili con certezza almeno 12 gradini con una alzata di cm 32/40 circa

16 Tagliamonte 2007, pp. 64-65.

ed una pedata di cm 75, che si dilata a cm 87 negli ordini più bassi. Dopo un sommario rilievo si possono indicare in circa m 16,60 le dimensioni del diametro del semicerchio de-scritto dal I gradino rilevabile (ve ne dovrebbe essere sepolto almeno un altro). Tale misura si dilata fino ai m 33 del ricostruibile diametro dell’ultimo gradino riconoscibile senza dub-bio. È probabile però che un terrapieno retro-stante reggesse altri gradini, oggi solo ipotiz-zabili, fino a ampliare il raggio fino a m 18,60 e forse a m 24.La forma ad emiciclo e la regolarità dell’im-pianto, la cura prestata nel conservare i li-velli ed i profili dei piani verticali ed orizzon-tali dei gradini, la perfezione del raccordo tra le gradinate mediante un levigato angolo retto smussato, consentono di affermare che siamo in presenza della cavea ima e media di un teatro scavato nella roccia, la cui orchestra era delimitata da un muro di terrazzamento, su cui doveva impostarsi la scaena frons (che dista circa m. 10,50 dal punto centrale dell’emiciclo e presenta se-gni di interventi in tempi diversi).Le dimensioni dei gradini, non molto diverse da quelle del teatro di Teano, sono in sostan-za analoghe a quelle del teatro di Sepino, i cui sedili della media cavea sono alti cm 35-40 e profondi 70 cm; mentre quelli della pro-edria, ove sedevano i personaggi di maggior rango, sono di circa 90 cm di larghezza per 30 di altezza, qui abbiamo cm 87 x 35. È probabile che anche in questo teatro come in quelli di Pietrabbondante e Sarno vi fosse-ro sedili di pietra.Dal pari per rendere più agevole la salita e discesa delle gradinate, si è diminuita l’alza-ta del gradino scavando nello spessore dello stesso una depressione rettangolare (cm 31

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x 51 per cm 10 di profondità) con accorgi-mento identico a quello usato nel teatro di Sepino per creare le scalinate radiali di ac-cesso alla cavea: tale intaglio è conservato sul settimo gradino di quelli oggi visibili, a de-stra dell’asse centrale della cavea.Diversa rispetto a Sepino, il cui teatro pog-gia su murature, è la concezione ispiratrice, avendosi a Roccavecchia un teatro più di tipo greco, addossato al pendio ed intagliato nello stesso, volto ad un grande scenario naturale, forse in origine non del tutto occultato dall’e-dificio scenico. È evidente piuttosto la note-vole analogia col teatro di Pietrabbondante.Ciò potrebbe indicare una maggiore antichi-tà del nostro ma anche essere conseguenza della natura dei luoghi. Pure ad alta antichità parrebbe attribuibile il fatto che le gradina-te sembrerebbero quasi chiudersi a cerchio non perfettamente ma attraverso il raccordo di segmenti di circa 3 m iscritti sul cerchio. Ma tale impressione potrebbe essere dovuta alla corrosione dei gradini.Peraltro, lo stato di conservazione pessimo dell’impianto – manca il lato destro e settori di cavea, mentre molti gradini sono spezzati, o interrati o coperti di vegetazione – hanno impe-dito un rilievo regolare e preciso, da farsi previa ripulitura e con adeguata strumentazione.Pertanto, non siamo sicuri dell’andamento per segmenti dei gradini e non ci dilunghia-mo su misure e descrizione della parte sce-nica (scaena frons, parodoi, orchestra etc. che sarebbero largamente ipotetiche, rin-viando alla pianta).È certo comunque che non può trattarsi né di una cava a gradoni, né di una scalinata posta a servizio di un edificio soprastante. In-vero, a parte la forma ad emiciclo non troppo consona ad una scala, questa sarebbe stata

scomoda tanto da richiedere lo scavo del-le depressioni atte ad agevolare il transito, il che è assurdo.Non siamo riusciti ad ipotizzare altra funzione per la cavea ricavata nel calcare, e se futuri scavi confermeranno, come riteniamo, la no-stra identificazione dell’edificio teatrale, forse usato anche come luogo di assemblea, si avrà la riprova dell’importanza eccezionale di questo centro, l’unico nell’intera area sanniti-ca così dotato…»17.Purtroppo la Soprintendenza, in questo caso, ancora non ha avviato alcuna cam-pagna di scavo e quindi il resoconto foto-grafico non è minimamente paragonabile a quello che ho potuto effettuare sul monte San Nicola a Pietravairano.

17 Caiazza 1986, pp. 289-339 e, più in generale, Caiazza 1997, pp. 17-50.

Il teatro di Sepino richiamato nel testo, in una fotografia aerea tratta da Lombardi 2001, p. 43

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in alTo

Sullo sfondoil monte Cavuto visto dal

Tempio di Pietravairano

in Basso

Pianta del Teatro tratta di Roccavecchia di Pratella tratta da Caiazza 1986, p. 308

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Le mura dell’insediamento romano presenti sulla vetta del monte Cavuto

Le mura megalitiche presenti nell’area archeologica

Cisterna per la raccolta delle acque piovane

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in alTo

I resti del teatro visti frontalmente

in Basso

Particolare delle gradinate

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Pianta di Telesia tratta dalmanoscritto di Petrucci, p. 170

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san salvatore telesino

A Telesia, conformemente a quanto avvenu-to ad Allifae (e a differenza del progetto urba-nistico messo in opera a Teanum Sidicinum dove, come si vedrà nel prossimo capitolo, gli ingegneri romani preferirono optare per la specializzazione funzionale di una determi-nata zona intra moenia), l’anfiteatro sorgeva fuori le mura presso l’importante porta urbica dalla quale si usciva in direzione di Capua, mentre il teatro era all’interno in posizione di stretto legame con il foro.Per la descrizione degli edifici ho preferito avvalermi, questa volta, dei paragrafi ad essi dedicati dallo storico locale Libero Petrucci nel manoscritto sulla Storia di Telese, com-posto tra il 1853 e il 1863 e oggi conservato a Napoli presso la Biblioteca della Società di Storia Patria18.«Nel territorio che dicesi di Alessandro Cia-burri, ossia a lato Nord-Est della città di Tele-se, veggonsi gli avanzi del teatro. Essi consi-stono in una fabbrica reticolata a semicerchi della lunghezza di circa 150 palmi, mentre il restante da un lato e dall’altro è stato distrutto dal tempo. Si osservano visibilmente gli aditi, ossiano vomitori, una precinzione, le vie sca-larie, ed i cunei, che appartengono al secondo ordine, giacché il primo rimane sepolto sotto la terra. Nulla resta della parte superiore.La convessità del semicerchio è dalla parte di oriente: quindi al lato occidentale dovea es-servi costruita la scena col corrispondente proscenio, postscenio, pulpito ed orchestra, ma niente avanza di questa seconda parte del teatro. Solo si vede una fabbrica a mattoni che

18 Petrucci ms.. Ringrazio la dott. Antonietta Cutillo per avermi permesso di ricavare gli stralci riportati dalle pagine digitali in suo possesso. Del manoscritto è in corso un progetto di stampa.

chiudeva lo scenario. Non mi dilungo nell’ic-nografia perché appartiene all’architettura, e non a discussione archeologica. E poi la co-struzione è tutta uniforme a quella dell’anfite-atro, di cui dovrò parlare in appresso.Da un’iscrizione si rileva che L. Manlio diede i giuochi scenici e con essi un reficiamento a’ coloni. Si può sostenere che ciò avvenne la prima volta che fu aperto il teatro onde in memoria ne fu fatta menzione nella lapide»19.

19 Petrucci ms., pp. 208-209. La lapide mutila riportata dal Petrucci, e non correttamente integrata, è il primo dei tre fram-menti che componevano l’iscrizione riportata da Mommsen al n. 2252 del Corpus Inscriptionum Latinarum, Regio IV, vol. IX. Gli altri due frammenti stanno in Trutta 1776, pp. 248-249.

in alTo

Frammento dell’epigrafe citata da Petrucci conservato nell’antiquarium dell’Abbazia di San Salvatore Telesino

in Basso

Ricostruzione fotorealistica della Soprintendenza

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Il caseggiato sorto a ridosso del teatro romano di Telesia visto dall’alto (foto N. Lombardi) e dalla strada adiacente

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I pochi resti del teatroancora visibili

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Pianta di Telesia in età romana con l’indicazione della cinta urbana e dei monumenti, tratta da Simonelli-Balasco, 2005, p. 261 applicata alla foto satellitare di Google Maps

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Come appare dalla pianta di fianco riportata, vi erano cinque porte: tre principali (l’occiden-tale verso Capua, l’orientale verso Benevento e la settentrionale verso Alife) e due seconda-rie (in direzione dei fiumi Calore e Volturno).Le porte principali erano protette lateralmen-te dalla sporgenza delle torri ed avevano un primo ingresso, cui faceva seguito un cortile interno, e da un successivo portone.

«Fuori la porta di Telese, che riguarda l’O-vest, ed a sinistra di chi ne sorte si vede la mole dell’anfiteatro. Essa è una delle migliori, che si fosse conservata nel trascorrimento de’ secoli: così fosse che ora non venisse giornalmente distrutta. Non posso tacere però che nello stesso presente non si ravvisa una magnificenza di costruzione, non marmi, non colonne, non porticati grandiosi. Tutto si limita a rottami di fabbrica ad opera reti-colata, piramidale tronca a base quadrata, e collocata la pietra a strati obbliqui diagonali, ma visibilmente la fabbrica è più grossolana di quella delle mura, anzi la malta si è meno fina. Se ne discerne il disegno, e la diversa partizione: si veggono gli antri, il podi, le pre-cinzioni, i vomitori, le vie, i cunei, le porte: ma nulla rimane della cattedra, come nulla resta dell’apparato esterno, in dove veramente si sfoggiava in grandiosità e magnificenza.La direzione dell’anfiteatro non è drittamente da settentrione a mezzogiorno, come sole-vano situarsi, acciò i spettatori fossero sta-ti meno esposti al sole estivo nelle ore del-la sera, e della mattina. La figura è ovale: la punta verso mezzogiorno. La lunghezza dell’arena, ossia dell’interno è di palmi 280, la massima larghezza di palmi 176.L’arena è intorno intorno circondata da un muro, che non poteva oltrepassare i dodici

palmi di altezza. Non si vedono le vestigia del podio, né i soliti ornamenti delle colonnette co’ corrispondenti epistylii. Si veggono però le porte, per le quali uscivano le fiere. Esse sono dal solo lato settentrionale dell’anfi-teatro e presentano l’apertura ben piccola. L’antro poi, in dove si custodivano le fiere al-cune volta presenta una spelonca bislunga, altre volte una spelonca quadrata. E nell’un modo, e nell’altro sempre restava sotto la mole dell’anfiteatro, e propriamente dietro il muro, che circondava l’arena al lato di set-tentrione. Io ho notato che la fabbrica delle spelonche è anche ad opera reticolata.La porta verso mezzogiorno ha la larghezza di palmi diciassette: ma non ho potuto cono-scere la larghezza di quella verso settentrio-ne per la terra, e rottami, che la covrono.Ai lati delle due porte vi erano due camere bi-slunghe, della lunghezza di palmi ventiquat-tro, chiuse con muro al di dietro, ma tutte aperte al d’avanti. Non trovo negli autori la designazione, e l’uso di queste camere, che si osservano nell’anfiteatro di Telese. A me pare che servivano di sedile a spettatori di rango tali quali le altre camere, che saranno appresso descritte.Tra il podio, ed i sedili vi era uno spazio di otto palmi di modo che si avea uno spianato intor-no intorno la mole interna dell’anfiteatro…»20.

20 Petrucci ms., pp. 211 e ss.

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Lorenzo Quilici curatore della voce Telesia in Enciclopedia dell’Arte Antica (1973)così descrive l’anfiteatro: “in parte ricavato sfruttando l’incavo naturale di un valloncello e in parte costruito, occupa un’ellissi di circa m 68 × 46, con una proporzione di 1 : 1,5”. La larghezza totale delle cavee era di 15,60 metri pertanto le dimensioni totali sono di 99,00 x 77,00 metri con una capienza di circa 9.000 posti a sedere.“Costruito in opera cementizia, risulterebbe coevo alla fondazione della colonia sillana, pari perciò per antichità a quello di Pompei, rispetto al quale verrebbe ad anticipare la costruzione della cavea, condotta per due ordini su vòlte continue”.

A sinistra la pianta dell’anfiteatro telesino tratta daD. Iovane, Metodologie integrate per la conservazione del patrimonio archeologico – Il rilievo dell’anfiteatro campano, Università di Napoli Federico II, dottorato di ricerca, p. 40

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Fotografia aerea dell’anfiteatro telesino durante gli scavi

(foto tratta da internet)

Fotografia aerea dell’anfiteatro telesino prima degli scavi.

Foto di N. Lombardi, tratta dal suo CD-ROM La finestra sul

Volturno, 1996

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In fondo è visibile la porta Nord-Ovest della città diTelesia dalla quale uscivala strada che portava a Capua; presso di essa sorgeval’anfiteatro

I resti della “porta capuana” visti dall’interno delle mura, con il brecciato moderno sotto il quale è interrato il selciato del decumano maggiore

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Anfiteatro di Telesia.Gli aditi Nord (foto in alto) e Sud (foto in basso) come si presentano oggi, visti dagli

opposto punti di osservazione

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Il lato Nord-Ovest dei ruderi. Da destra a sinistra si possono osservare i resti del balteus, del podium e della cavea.In fondo, nella parte ripulita, è la porta settentrionale e i vani laterali

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Particolare di alcune delle volte radiali che sorregevano

la summa caveaviste da Nord e da Sud

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La porta Nord dell’anfiteatro, vista dall’interno è, come mo-strano le immagini,quella più esplorata.Nella fotografia in alto è ancora visibile il lastricato successiva-mente rimosso

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La stessa porta dell’anfiteatro, vista dall’esterno.

Anche in questo caso, la foto-grafia in alto mostra il lastricato

successivamente rimosso dagli archeologi

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Fasci littori (probabilmente appartenenti allo stessomonumento dell’epigrafe sopra riportata) scolpiti sualcuni blocchi di pietra ritrovati nelle vicinanze della lapide

Particolare con misure della iscrizione nella quale si parla di somme di denaro destinate per testamento alla costruzione di opere private. Di essa, e delle altre epigrafi del territorio, relazionerà il dott. Marco Buonocore, scriptor Latinus, direttore della sezione

Archivi della Biblioteca Apostolica Vaticana, nel Supplemento al Corpus Inscriptionum Latinarum, volume IX, relativo alla Regio IVaugustea, di prossima pubblicazione da parte dell’Accademia delle Scienze di Berlino e Brandeburgo

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Nell’aditus sud, il meno esplo-rato, è chiaramente visibile la

mancanza della volta di ingres-so che, se si fosse conservata,

sarebbe apparsa simile a quella ripresa nell’aditus nord a

destra riportata

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Il rivestimento in opus (quasi) reticulatum, probabilmente risalente al periodo repubblica-no, appare evidente sia nelle pareti dell’anfiteatro sia lungo le mura della città

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Page 68: Presenze archeologiche nel Medio Volturno - I luoghi di culto e di spettacolo

La fotografia mostra come i paramenti murari in opus reticulatum diventino negli archi situati tra le volte dellamedia e summa cavea, opus latericium. Come è ben visibile dalla foto, la parte centrale dell’arco è stata recentemente ricostruita

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teano siDicino

Sebbene il suolo teanese attualmente non rientri nel Medio Volturno, ho preferito co-munque dedicargli un intero capitolo non tanto per il fatto che il suo teatro sia stato più volte richiamato dagli studiosi citati a causa dell’influenza che può aver esercitato nella costruzione di quelli del Sannio ma, soprat-tutto, in considerazione del fatto che all’epo-ca in cui questo monumento veniva eretto (come testimoniato dalla vastità della odier-na diocesi), una buona parte del municipio romano di Teanum Sidicinum apparteneva di fatto al nostro territorio.«Il teatro si trova sul costone meridionale della collina oggi detta di Villino Sant’Anto-nio le cui pendici occidentali sono occupa-te dall’anfiteatro a formare un vero e proprio quartiere degli spettacoli. Alla luce della to-pografia antica meritano di essere sottoli-neate tanto la peculiare posizione centrale, quasi nel cuore della città antica, quanto la pianificazione degli spazi che ha riservato le pendici della collina di Sant’Antonio per due monumenti dall’ardito carattere architettoni-co. Il complesso del teatro si estendeva su tre livelli degradanti dall’alto verso il basso e si articolava in una terrazza superiore, sulla quale sorgeva un tempio, nella cavea con edificio scenico e annessi, e nell’area del porticato post scenico il cui piano di cam-pagna è stato individuato a circa m 3 più in basso di quello dell’orchestra con un salto di quota complessivo, dal portico in summa cavea all’area pone scaenam, pari a circa m 20. La dislocazione monumentale dell’area, delimitata a nord dal decumano, si comple-tava sul lato sud-occidentale con un ninfeo con fronte a nicchie (in opera quasi reticolata)

addossato al costone tufaceo e con una sca-linata o rampa, interposta tra quest’ultimo e la cavea teatrale, la cui esistenza si suppone sulla scorta dell’analisi della conformazione dei luoghi e della suggestione dell’analoga soluzione presente nell’area post scenica tra Teatro Grande e Foro Triangolare di Pompei. Sulla sommità della collina di Villino Sant’An-tonio le indagini geofisiche hanno individuato una serie di strutture tra le quali degni di nota sono dei porticati che potevano svolgere la duplice funzione di cortina di separazione e, nel contempo, di percorso di collegamento tra summa cavea del teatro e anfiteatro»21.Le prime esplorazioni scientifiche del teatro furono dirette dal Werner Johannowsky agli inizi degli anni Sessanta del secolo scorso. Nel corso degli anni, fino al 2009, sono segui-te numerose altre campagne archeologiche tramite le quali si è reso culturalmente fruibile il monumento aprendolo anche alle visite di-dattiche organizzate dagli organi scolastici.Particolarità anche di questo teatro è il fatto che presenti due fasi architettoniche. Il primo impianto connesso al sopraelevato tempio di Apollo, risalente ad età ellenistica, in circa un trentennio collocabile tra la fine del II gli inizi del III secolo d.C., fu totalmente ingloba-to dalla nuova e imponente struttura voluta dall’imperatore Settimio Severo.

21 Sirano 2011, pp. 19-20.

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Panoramica del teatro ripresa da uno dei ballatoi superiori.Ai margini dell’orchestra sono visibili i tre larghi e bassi gradini formanti la proedria

Panoramica del teatro ripresa frontalmente

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Panoramica del teatro ripresa lateralmente da est

Panoramica del teatro ripresa lateralmente da ovest

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Parodos ossia passaggio di collegamento tra l’orchestra e l’esterno del teatro. Usato originariamente per permettere

l’ingresso al coro fu rinominato versura dai Romani e riser-vato ai notabili come spazio di accesso ai posti di onore

L’idea dell’aspetto originario del teatro che era totalmente rivestito in candido marmoemerge dal particolare del semicuneo laterale interamente rivestito

L’edificio rurale edificato agli inizi del ‘900sulle rovine della cavea, oggi restauratoe utilizzato per fini didattici

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in alTo

Viale e rampa di accesso alla cavea tra il primo e il secondo cuneo

in Basso

Percorso didattico allestito all’interno dell’ambulacro inferiore

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Mensa e particolare della dedica in osco ad Apollo commissionata agli inizi del II sec. a.C. da un anonimo personaggio che ricopriva la carica di tribuf plifriks (calco del latino tribunus plebis ma con prerogative simili agli edili)

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Scala di collegamento tra l’ambulacroinferiore e quello mediano

Edicola votiva con altare dedicata alla Verginecol titolo di Madonna delle Grotte

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Tra i resti del fronte scena presenti nel piano in attesa di sistemazione vi è anche un architrave in marmo lunense con iscrizionecelebrativa di un interven-to di restauro sul teatro da parte dell’imperatore Gordiano III

Piattaforma di raccolta per le colonne, i capitelli, le cornici e gli altri elementi architettonici dell’edificio scenico predisposta duran-te gli scavi del 2003-2004 nel settore post scenico

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Le piante sopra riportate sono state tratte dai tabelloni informativi presenti nell’area archeologica del complesso teatrale

Ricostruzione virtuale dell’edificio scenico (elaborazione Heinz Beste)

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«Del tempio per adesso si conosce il fronte principale del podio con la scalinata d’acces-so al pronao ed un breve tratto del suo lato nord. I pochi resti per ora rinvenuti e principal-mente la massiccia e sistematica spoliazione subita dall’edificio probabilmente già prima del rifacimento di epoca imperiale del teatro impediscono, almeno per ora, di delineare con attendibilità l’intero impianto planimetri-co del tempio. Tuttavia, le misure della fronte del tempio (63 piedi osci) poste a confronto con quelle di alcuni edifici religiosi di fine II e inizi I secolo a.C., in ambito campano-san-nita, suggeriscono che essa potesse essere ripartita in quattro colonne, con un rappor-to fra lunghezza e larghezza rispondente ai canoni modulari dell’architettura templare di tipo italico. Dell’elevato del tempio sono stati recuperati minuti pezzi delle colonne scanala-te e pochi frammenti di capitelli corinzi di tipo campano, entrambi realizzati in tufo locale di colore grigio, nonché scarsi frammenti delle terrecotte architettoniche di rivestimento del-le trabeazioni e della copertura lignea»22.

22 Sirano 2011, pp. 75-76.

Plastico del complesso Teatro-Tempiodi Teanum Sidicinum ripreso durante il percorso didattico

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«L’anfiteatro, non ancora esplorato, né sotto-posto ad una campagna di rilievi sorge sulle pendici sud occidentali della collina nel luogo detto Orto del Cerchio, toponimo evidente-mente influenzato dalla persistenza dell’ellissi dell’arena ancora sul piano di campagna mo-derno come ben si evince dalla cartografia e dalle foto aeree. Sono ancora perfettamente visibili i muri in opera incerta e quasi retico-lata (molto ordinata) che delimitano l’ellisse dell’arena. Sul lato verso la collina le strutture si appoggiano e foderano il costone tufaceo lasciando immaginare che solo i maeniana superiori superassero con le loro arcate il di-slivello con la sommità della collina.

Sul lato a valle la cavea era invece sostenu-ta dalle volte di ambulacri anulari con pro-spetto ad archi sovrapposti aperto verso S come si è obbligati a ritenere sulla base della collocazione dell’edificio e come dimostrato da recenti ritrovamenti nel corso del controllo di lavori pubblici. La struttura architettonica si avvantaggia con sapienza dei condizio-namenti orografici con un lato addossato al pendio e l’altro completamente libero, ripro-pone una soluzione adottata non solo a Te-ano stessa, ma anche a Presenzano (antica Rufrium), nonché a Cales, Abella e Ferenti-num, evidente segnale del ben radicato inte-resse per le sperimentazioni architettoniche di fase tardo repubblicana»23.

23 Sirano 2011, p. 20.

Il quartiere degli spettacoli visto da Google Maps

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treglia Di pontelatone

Un ulteriore edificio teatrale romano di epo-ca imperiale, sottoposto a scavi verso la fine dell’800, purtroppo non più visibile e mai documentato fotograficamente dal suolo, è quello di Trebula Balliniensis, altro importan-te centro del Sannio Caudino. Gli autori che lo hanno maggiormente illustrato nell’ultimo ventennio sono stati Giovanna Cera24 e Clau-dio Calastri. Quest’ultimo così lo descrive:«… I ruderi del teatro si sono conservati ben visibili nel cuore del pianoro della Corte sino agli inizi degli anni Settanta del Novecento, come attestano le riprese aerofotografiche degli anni bellici e il volo base IGM degli anni Cinquanta (fig. 58). La traccia semicircola-re della cavea, coperta dalla boscaglia, si apre verso sud, e la prosecuzione ideale del frontescena è allineata al varco della por-ta ovest. Il diametro dell’edificio, ricavabile anche dalla cartografia catastale del comu-ne di Pontelatone, sembra attestarsi sui 30 m ca. Nei fotogrammi del volo IGM 1974 la traccia del teatro è però già scomparsa, a causa della progressiva opera di demoli-zione del rudere operata dai proprietari del terreno e dal reinterro quasi totale delle mu-rature superstiti.Il sopralluogo nel pianoro della Corte ha confermato quanto già evidente dalle foto-grafie aeree: ai margini nordoccidentali del frutteto che ricopre il foro trebulano, pres-so una recinzione di proprietà, si ergono i pochi ruderi rimasti in vista dell’edificio te-atrale. Nascosta dalla folta vegetazione si eleva una parete (circa 2 m di altezza, 4 in larghezza) in opera cementizia di pietrame calcare e tufaceo, con paramento in ope-

24 Cera 1997, p. 58

ra vittata di tufelli squadrati, alternati a filari di laterizio; la muratura è orientata sull’as-se nord ovest-sud est. Davanti alla fabbri-ca affiorano due basoli poligonali in calcare divelti, appartenenti, secondo gli agricoltori del luogo, ad una strada lastricata sepolta (147) che dall’area dei ruderi punta in dire-zione sud. Dietro, nella proprietà adiacen-te, una piccola collinetta addossata al muro segnala un vasto scarico di macerie edilizie antiche e tutt’intorno, verso nord e ovest, laddove nelle foto aeree si estendevano gli avanzi della cavea, un prato perfettamente pianeggiante segnala in modo inequivoca-bile la quasi completa distruzione delle mu-rature antiche.I pochi dati disponibili permettono di formu-lare soltanto alcune congetture di massima sulla disposizione dell’edificio teatrale nel tessuto urbano di Trebula (si veda la plani-metri alla figura 57) e sulla cronologia di in-nalzamento. La struttura occupava il settore centrale dello spazio insediativo della città, presso l’angolo nordoccidentale della piazza forense; la cavea si apriva a meridione con un frontescena allineato al margine nord del foro, che possiamo immaginare prolungato sul terreno sino alla porta ovest per mezzo di un decumano lastricato. Un’altra strada, forse proprio il cardo maximus della griglia stradale, dall’area antistante il frontescena tagliava la longitudine del pianoro, in dire-zione del varco urbico meridionale.Dai pochi lacerti di muratura in opera vitta-ta mista osservati, in tutto simili alla mag-gior parte dei ruderi affioranti dal pianoro trebulano, si evince che anche il teatro fu coinvolto, nella costruzione ex novo, più probabilmente in una ristrutturazione, in quel momento di fervida attività edilizia che

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sembra uniformare tutte le strutture di età romana della città, attività evidentemente attribuibile all’evergetismo di uno degli im-peratori del II-III sec. d.C.»25.

25 Calastri 2006, pp. 70-71.

Gli scavi archeologici operati nel triennio 2007-2009, opportunamente documen-tati da un’apposita pubblicazione26, e qui in piccola parte ripresi, non hanno inte-ressato la zona privata che ospita il foro e il teatro bensì il settore occidentale delle murazioni poligonali.

26 AA.VV. 2009.

La pianta di Trebula Baliniensis trattadal pannello informativo presentenell’area archeologica.Al numero 2 è indicata la posizione del teatro romano

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Sovrapposizione della pianta archeologica di Trebula Baliniensis all’immagine del territorio ripresa da Google Maps. La freccia in rosso indica l’ubicazione del teatro romano

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in alTo

I resti delle terme romane presenti nelle vicinanze del teatro

in Basso

Parte delle mura ovest della città

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Il corridoio interno alla porta ciclopica dal quale si originava il decumano massimoche conduceva al foro nei cui pressi vi era anche Il teatro romano

La monumentale portamegalitica vista dall’esterno

della cinta muraria

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G. B. Pacichelli, Veduta di Venafro riportata in“Il Regno di Napoli in prospettiva”, 1703 ricavata dalla

sovraccoperta delle Memorie istorichedi Venafro di G. Cotugno ristampata nel 1976

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venaFro

Tra le opere grandiose di cui si dotò la fioren-te Colonia Julia Augusta Venafrana non po-tevano, ovviamente, mancare gli edifici per il pubblico divertimento. Teatro e anfiteatro erano entrambi collocati, in questo caso, ex-tra moenia ma sempre nei pressi della cinta muraria e di importanti porte urbiche. Il rispetto di questa importante regola pro-gettuale faceva sì che, pur lontano tra loro, essi risultassero, tuttavia, ben relazionati all’interno del piano urbanistico e pienamen-te rispondenti alle esigenze funzionali e lo-gistiche, tese a facilitare il rapido afflusso e deflusso dei convenuti sia verso la città sia verso la campagna.I ruderi del teatro presenti in un uliveto privato alle pendici meridionali del monte S. Croce riconosciuti come tali già nel XVIII secolo27, ancor prima degli scavi operati dalla Soprin-tendenza Archeologica del Molise, manife-stavano trattarsi di un edificio che, sebbene di fattura romana, sfruttava la naturale pen-denza del terreno alla moda dei teatri greci.«Nel periodo compreso tra gli ultimi decen-ni del I sec. a.C. ed il secolo successivo, la città di Venafrum fu oggetto di una radica-le ristrutturazione urbanistica ed edilizia: in questo generale riassetto si inserisce anche la costruzione del teatro.Questo, nella sua prima fase edilizia, consi-steva in una gradinata, non elevata su strut-

27 L’architetto F. VALENTE indica Giovan Antonio Monachetti come il primo a immaginare che si trattasse di un teatro. Il cano-nico F. LUCENTEFORTE, nel 1843 (p. 31 nota 11), a proposito di queste coltivazioni, scriveva: “Pieni sono i Venafrani uliveti di vetustissimi avanzi, ed ovunque si scavi se ne trovano se non di molta considerazione per loro stessi, almeno da mostrare l’an-tichissima civiltà di Venafro. Frequenti sono le mura, e le volte fatte a cola seppellite dal tempo, sulle quali annosi ulivi vegetano lussureggiando, ruderi di antichi edificî...”.

ture architettoniche ma semplicemente ad-dossata alla montagna; comprendeva ima e media cavea, separate da una praecinctio ed era concluso in alto da un portico. La tec-nica edilizia impiegata è un’opera quasi reti-colata di scapoli irregolari, piuttosto grandi, di calcare, con testate dei muri in blocchetti della stessa pietra: è una tecnica ancora di epoca tardo-repubblicana o al massimo dei primissimi tempi dell’impero. Già dopo pochi decenni, si dovette sentire la necessità di un ampliamento, che è ben riconoscibile per la tecnica ed il materiale utilizzati: un’opera re-ticolata molto regolare, di piccoli scapoli di tufo; in qualche punto, questi si alternano a scapoli di calcare, formando semplici deco-razioni geometriche, non rare nell’opera re-ticolata, anche se poi venivano comunque coperte dall’intonaco. Questo ampliamento comprende la costruzione dei tribunalia, delle relative scale di accesso e dell’intera summa cavea, la cui gradinata poggiava su podero-se strutture murarie, innalzate a questo sco-po. Per la tecnica usata, non può essere da-tato oltre l’età dei Flavi (69-96 d.C.): a questo punto il teatro, con la cavea così ampliata e due grandi piazzali scoperti ai due lati dell’e-dificio scenico, aveva raggiunto dimensioni tali che lo ponevano tra i più grandi teatri ro-mani. Nel corso del tempo il monumento fu interessato da ulteriori ampliamenti e modifi-che: l’intervento di maggior rilievo è sicura-mente la costruzione di un’esedra in laterizi, collegata alle strutture del teatro senza solu-zione di continuità, da collocare nel II seco-lo, probabilmente in età antonina. Si tratta di una costruzione in laterizi che si collega diret-tamente alle strutture del teatro, della quale è visibile il tratto superiore della monumentale parete che si appoggia alla montagna movi-

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mentata da nicchie e lesene: nell’edificio va riconosciuto un grande ninfeo che comple-tava la quinta monumentale posta a corona-mento della città. L’ultimo intervento che ha interessato le strutture del teatro di Venafro è stato l’adattamento del settore occidentale del monumento per la realizzazione di giochi d’acqua nell’orchestra: a questo scopo l’or-chestra stessa è stata delimitata da un alto parapetto mentre all’interno della versura oc-cidentale venivano costruiti un’apposita con-duttura per l’acqua e le cisterne necessarie allo scopo.

I successivi interventi che si possono ricono-scere, consistono in ulteriori adattamenti del-le strutture dello stesso settore occidentale e si riferiscono ad un momento ancora molto antico dell’alto medioevo, quando il teatro, ormai abbandonato, venne riutilizzato a sco-pi privati»28.

28 Soprintendenza per i Beni Archeologici del Molise, Progetto Mirabilia, Pannello sul Teatro Romano installato in prossimità del sito archeologico.

Foto aerea del complesso teatro - esedra di Venafro.Tratta da Lombardi 2001, p. 80

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La pianta sopra riportata è state tratta dal tabellone informativo presente all’esternodell’area archeologica del complesso teatrale

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Panoramica della zona sottoposta a scavi.La tettoia alla destra dell’albero copre l’ambulacro di accesso al teatro;

ugualmente ricoperta, alla sua sinistra, è l’area del portico;alle pendici del monte è riconoscibile l’area semicircolare della cavea

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In primo piano, una delle quattro colonne in stile ionico costituentiil colonnato del portico.Nella fotografia, si può notare che esse avevano la strutturacentrale in spicchi di laterizio con rivestimento in stuccolavorato e scalanature verticali.Tratta da francovalente.it, pagina su Il teatro romano di Venafro

I resti delle colonne che sorreggevano il portico presente nell’area posta davanti alla versuraoccidentale. Sulla sini-stra è visibile la scalinata che portava al ballatoio affrescato

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Il basolato calcareo ancora presente sulla rampa di accesso all’area archeologica

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Tra le sculture ritrovate in un ambiente del teatro romano spiccano le due grandi statue virili credute, in un primo momento,

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quelle di Augusto e Tiberio e poi ricondotte dagli studiosi a personaggi privati legati in qualche modo all’ambito teatrale

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Capitelli e altri elementi architettonici appartenuti al frontescena del teatro, recuperati negli scavi condotti dallaSoprintendenza Archeologica del Molise e ora esposti in una sala del Museo Archeologico di Venafro,

inaugurato nel 1994 presso il complesso monumentale dell’ex convento di S. Chiara

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Frammento di una statua di Pan,figura mitologica greca mezzo uomo e mezzo caprone,

anch’esso proveniente dall’area del teatro

Parte di una maschera mitologica, in marmo,pertinente alla decorazione del teatro

Antefisse in terracotta ritrovate tra le macerie del portico

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Ancora meglio, nella stessa opera, il cano-nico Lucenteforte descrisse le grandezze dell’anfiteatro sito nella parte meridionale di Venafro sulle cui rovine erano una “serie di fabbriche ad uso di fenili disposti simmetri-camente a forma ovale”29. Altre pagine, dopo di lui hanno dedicato all’edificio l’ispettore onorario Giuseppe Cimorelli, mons. Giulio Testa, il dott. Gennaro Morra e l’architetto Franco Valente dal quale riprendo quanto sotto riportato:«Nella parte esterna alla città, verso la cam-pagna, è situato l’anfiteatro, riconoscibile con assoluta sicurezza in quel complesso che oggi, come da molti secoli, viene comu-nemente chiamato “Verlascio” o “Virilascio”... ...L’unica ipotesi credibile è quella del Devo-to che chiarisce in maniera definitiva che il termine abbia un preciso riferimento alla sua forma fisica derivando da una parola della tarda romanità mutuata da due termini di provenienza greca. Si tratterebbe del termi-ne di perilasium nato dalla fusione dei termini greci perì (intorno) ed elao (girare). In altri ter-mini Verlascio, non significherebbe altro che girare intorno......Dal rilievo delle strutture attualmente esi-stenti, che sono il risultato di una sovrap-posizione di corpi di fabbrica medioevali e seicenteschi all’originario impianto romano, si può ricostruire con sufficiente approssi-mazione non solo la sua forma ma anche la sua dimensione. L’ellisse che costituiva il pe-rimetro esterno aveva il diametro maggiore di circa 110 metri e quello minore di circa 85 metri. Tra gli esempi consimili quello che più si avvicina alle dimensioni dell’anfiteatro venafrano è quello di Lucca ove tra l’altro si è verificata una sovrapposizione successiva

29 Lucenteforte 1843, pp. 32-33 nota 13.

che, sebbene di tipo edilizio diverso, formal-mente è molto somigliante alla sovrapposi-zione del Verlascio.L’arena, anch’essa ellittica, doveva avere i diametri rispettivamente di 60 e 35 metri circa. Le gradinate si sviluppano per una superficie complessiva di circa 4.000 metri quadrati con le possibilità di accogliere fino a 15.000 spettatori seduti. La costruzione era impostata staticamente su 68 cunei con volta a botte tronco-conica. Segni dei cunei e delle volte sono ben visibili in più punti del-le murature e in particolare sugli attuali ac-cessi alla piazza ove si può ricavare anche l’inclinazione delle gradinate. Sebbene di dimensioni notevoli, che pertanto ci indica-no una popolosità almeno doppia di quella attuale del territorio venafrano, il complesso non doveva essere di particolare interesse architettonico. Lo dimostra da una parte una impostazione approssimativa delle strutture murarie e dei muri di spina che, anche se in-quadrati in un ellisse regolare, si presentano irregolari nella simmetria generale. Dall’altra poi non presenta, o perlomeno non conser-va, alcun elemento architettonico di rilievo, soprattutto sul perimetro esterno, ove si vedono ammorsature in opera laterizia che non lasciano intravedere la possibilità di pa-ramento in pietra.Né tuttavia si può escludere che il saccheg-gio dei pezzi sia stato talmente sistematico nei secoli, da non lasciare alcuna traccia di elementi decorativi...»30.L’architetto Valente riporta nell’articolo pure due note iscrizioni che fanno riferimento all’anfiteatro. Di una terza, molto importante, ha relazionato invece l’epigrafista finlande-se Mika Kajava che, riunendo 9 frammenti

30 Valente 2007

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conservati in luoghi diversi, ha attribuito ai duoviri Q. Vibius Aper e C. Marcius Ambitio la costruzione dell’edificio confermandone, grazie alle caratteristiche paleografiche del-le lettere, la datazione alla prima metà del I secolo d.C.,31 e non escludendo che “il testo fosse stato esposto in due o più copie”. Questa ipotesi è confermata dal fatto che, durante gli scavi del 1992, furono rinvenuti nei pressi dell’anfiteatro ulteriori due fram-menti incisi, ora conservati presso il Museo Archeologico venafrano, anch’essi pertinenti a similari iscrizioni dedicatorie dell’edificio.

31 Kajava 2007

Fotografia aerea del Verlascio.

Tratta daLa Finestra

sul Volturnodi Nicolino

Lombardi, 1996

Grafico del Verlascio tratto da Valente 2008

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Ingresso lato nord del Verlascio.Sulle due pareti, e in altri punti del complesso, sono ancora visibili i segni dei cunei e delle volte

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Panoramica internadel Verlascio,

versante Nord-Est

Panoramica internadel Verlascio,

versante Nord-Ovest

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Grafico ricostruttivo della grande iscrizione dedicatoria del complesso anfiteatralerealizzato dall’epigrafista finlandese Mika Kajava

I due frammenti rinvenuti durante gli scavi dell’anfiteatro, e ora conservati nel Museo Archeologico di Venafro,che confermano l’ipotesi di più iscrizioni simili apposte nei presi delle porte d’ingresso dell’anfiteatro

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BiBliograFia

AA. VV. 2013

AA.VV. 2009

Archeoclub di Alife 1982

Caiazza 1986

Caiazza 1997

Calastri 2006

Cera 1997

Compatangelo 1986

Gasperetti-Russo 1991

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Lombardi 2001

Lucenteforte 1843

Marrocco 1951

Marrocco 1981

Marrocco 1985

Panariti 2013

Parisi 1995

Parisi 2010

Petrucci ms.

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Sirano 2011

Soricelli-Stanco 2009

Statile 2009

Tagliamonte 2007

Tagliamonte 2011

Tagliamonte 2012

Tocco Sciarelli 1977

Trutta 1776

Valente 2008

Viti 2004

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Tutte le fotografie non diversamenteindicate sono del candidato