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Stampa: Stampatre – Torino
Ristampe: 0 1 2 3 4 5 6 7 8 9
Anno: 2015 2016 2017 2018 2019
INDICE
Autori
Prefazione di Francesco Perrone
IX
XI
Ringraziamenti XV
Introduzione 1
1. Perché studiare la valutazione delle prestazioni
lavorative nelle organizzazioni
1
2. Il campo di analisi 2
3. Le aree tematiche 2
1. Valutazione e valorizzazione nelle organizzazioni:
significati e relazioni
5
1.1 Valutazione e cultura organizzativa 7
1.1.2 La valutazione nella cultura autoritaria 8
1.1.3 La valutazione nella cultura paternalistica 9
1.1.4 La valutazione nella cultura consultiva 11
1.1.5 La valutazione nella cultura democratica 14
1.2 Le forme della valutazione nelle organizzazioni
contemporanee
16
1.2.1 La valutazione delle posizioni 17
1.2.2 La valutazione delle competenze 18
1.2.3 La valutazione delle prestazioni 19
1.2.4 La valutazione del potenziale 22
1.2.4.1 Excursus sulla leadership
transazionale e trasformazionale
24
1.2.4.2 Come valutare il potenziale 24
2. Valutazione delle prestazioni: cenni storici 29
2.1 Le origini della valutazione formale: l’OSL 30
Indice !"#
2.2 Il Performance Appraisal 33
2.3 L’Employee Performance Management 37
3. EPM: definizione, caratteristiche, implicazioni 39
4. Tipologie di sistemi e metodi di valutazione delle
prestazioni
47
4.1 La classificazione di Ferrario 47
4.2 La classificazione di Mohrman Jr, Lawler e Resnick-West 48
4.2.1 Metodi basati sul comportamento 49
4.2.2 Metodi basati sui risultati 53
4.2.3 Metodi basati sul performer 57
4.2.4 Metodi basati sul confronto 59
5. Come progettare un sistema di valutazione 63
5.1 Metodi di progettazione 63
5.2 Un modello di progettazione mista 65
6. Come comunicare efficacemente un sistema di
valutazione
67
6.1 Ostacoli alla comunicazione 67
6.2 Superare gli ostacoli: il piano di comunicazione 68
7. Il processo di gestione della prestazione lavorativa:
struttura e strumenti operativi
71
7.1 La definizione degli obiettivi 72
7.1.1 Princìpi della definizione degli obiettivi 73
7.1.2 Il circuito del successo organizzativo
nell’impresa
74
7.1.3 Come definire gli obiettivi 76
7.2 La scheda di valutazione 83
7.2.1 Scheda di valutazione: uno sguardo in profondità 87
7.2.1.1 Gli obiettivi quantitativi 88
7.2.1.2 Gli obiettivi qualitativi 89
7.2.1.3 Il significato delle dimensioni 91
7.2.1.4 La descrizione dei comportamenti 95
7.2.1.5 I punteggi 96
7.3 Il progetto di sviluppo delle competenze e il piano di
carriera
98
7.4 Il colloquio di valutazione 103
7.4.1 Colloquio di valutazione e cultura aziendale:
dall’approccio tradizionale all’approccio del
cliente interno
104
Indice !""#
7.4.2 Approccio del cliente interno, EPM e
comunicazione interna
106
7.4.3 Il colloquio di valutazione: dagli scopi ai princìpi
operativi
109
7.4.3.1 Favorire la comunicazione: la scelta del
linguaggio e la formulazione delle
domande
113
7.4.3.2 Razionalità ed emotività: la gestione
della situazione tra ragionamento e
stimoli comunicativi
116
7.4.3.3 Razionalità ed emotività: la gestione
delle obiezioni
117
7.4.3.4 Contesto e clima del colloquio di
valutazione
119
7.4.3.5 Il rumore nel colloquio di valutazione 120
7.4.3.6 I feedback 122
7.4.3.7 Il colloquio di valutazione: un esempio 124
7.4.3.8 Gli effetti 128
7.5 Tra le due valutazioni 129
7.6 La valutazione bottom-up 130
7.7 Comunicazione e gestione delle prestazioni lavorative: un
modello analitico
132
8. La gestione della prestazione nel corso di formazione per nuovi assunti
135
8.1 La struttura del corso di formazione 136
8.2 Metodi di valutazione 137
8.2.1 Valutazione dei test 137
8.2.2 Valutazione dell’interazione in aula e del training
on the job di primo e secondo livello
139
8.3 Scheda e colloqui di valutazione 140
8.4 Misurazione dell’efficacia del sistema 141
9. Nodi problematici 143
9.1 Collegamento tra valutazione e retribuzione 143
9.2 Conflitti tra obiettivi dell’organizzazione e obiettivi dei
singoli
146
9.3 Se prevale il rumore 148
Conclusioni 151
Bibliografia 153
AUTORI
Alessia Tiberi, consulente e formatore, ha maturato una ventennale
esperienza in vari ambiti: comunicazione, management, marketing,
sviluppo delle risorse umane. Collabora a vario titolo con
organizzazioni nazionali e internazionali, con istituti di alta
formazione e con la Sapienza Università di Roma. Svolge attività
indipendente di ricerca nel campo delle scienze organizzative.
Prefazione
In questo volume di Alessia Tiberi la prima qualità a risaltare è l’assoluta sistematicità del metodo enunciativo ed analitico che contraddistingue tutto il lavoro. Ad un primo sguardo ciò potrà forse apparire come il frutto di una preoccupazione redazionale eccessiva, venata persino di pedagogismo, quasi didascalica. Ma, in seguito, il lettore entra rapidamente in sintonia con quella prosa e ne apprezza la fluenza, l’ampiezza, la maturità. Del resto, nella trattazione di argomenti complessi ed impegnativi come la valutazione delle prestazioni lavorative nelle organizzazioni, che è l’oggetto dell’indagine di Alessia Tiberi, tale stile espositivo è quasi obbligato. Un pregio ulteriore consiste nel fatto che l’autrice affronti l’argomento combinando ed elaborando idee afferenti a diversi domini disciplinari: le scienze organizzative; l’economia aziendale; la sociologia; la psicologia industriale; le scienze della comunicazione; le teorie manageriali; ecc. Ciò rende la trattazione ricca di contaminazioni, eclettica nel senso migliore e in grado di affrontare sviluppi ragionativi ed implicazioni concettuali originali. Direttamente collegata al punto precedente è la padronanza conoscitiva della Tiberi, riscontrabile anche nella scelta e nella capacità di accostare paradigmi ed autori almeno apparentemente molto distanti tra loro. Lo sviluppo pur rigoroso e puntuale del tema non impedisce infatti all’autrice di dialogare con sociologi come Bauman, Bonazzi, Nonaka e Takeuchi o con psicologi industriali e psicoterapeuti come Castiello D’Antonio, Harvey, McCormick, Latham e Locke o, ancora, con professori ed esperti di management come Kochan ed Osterman. Per non dire di autori classici, autentici mostri sacri del novecento, come Barnard, Drucker, Fiedler, Likert, Taylor, Von Bertalanffy. E ancora molti altri, che per brevità ho trascurato di citare in questa rassegna, fanno da contrappunto al discorso principale. Il ragionamento centrale consiste dunque nell’analisi della “valutazione delle prestazioni lavorative nelle organizzazioni”. Questa si svolge sul piano concettuale, che è quello di più complessa conduzione (capitoli 1, 2 e 9); si sviluppa sul piano tecnico, con particolare riferimento all’Employee Performance Management (capitoli 3 e 4); e si sofferma sul piano
Prefazione
XII
procedurale (capitoli 5, 6, 7 e 8). Tale metrica redazionale è peraltro ben esposta nell’introduzione, in cui Alessia Tiberi spiega le ragioni teorico-pratiche alla base della necessità di una razionale valutazione delle prestazioni lavorative nelle organizzazioni, presenta il vasto campo d’indagine oggetto della sua perlustrazione e affronta le varie aree tematiche implicate nell’analisi. Non mi soffermerò pertanto su nessuno di questi aspetti salvo quello a mio avviso più impegnativo di tutti: il lato aperto dell’intero argomento, sviluppato nel nono ed ultimo capitolo, non a caso intitolato “Nodi problematici”. Nel corso di tutta la trattazione l’autrice dimostra di saper evitare l’abbaglio tayloriano (e quindi, in qualche modo, neo-positivista) dettato dalla presunta obbligatorietà di ridurre ogni aspetto dell’agire organizzativo a procedura misurabile, ottimizzabile e riproducibile. Il “protocollo” non è necessariamente il migliore dei modi possibili attraverso cui esercitare l’azione organizzativa, ma soltanto uno dei molti. Alessia Tiberi lo scrive con chiarezza: il processo di valutazione, nel caso dell’EPM o di altri, non è certo esente da difetti. Infatti
si è tentato di mettere in luce sia i punti di forza sia i punti di debolezza o i possibili problemi derivanti dai diversi aspetti e componenti della gestione e valutazione delle prestazioni lavorative.
Dunque qualsiasi organizzazione scientifica del lavoro, da sola, non basta. Può ben funzionare, eventualmente, in concorso con altri approcci e a certe condizioni. È sufficiente scorrere i titoli dei diversi paragrafi del nono capitolo per riconoscere la maturità e la cautela dell’autrice su questo tema. È come se ella ammonisse sul potere del compenso economico, nel contempo significativo ma pur sempre limitato; sui conflitti, tutt’altro che rari, tra obiettivi dell’organizzazione e obiettivi dei singoli; sul rumore nelle organizzazioni, cioè su disturbi ed interferenze di vario tipo che inquinano interazioni e relazioni intersoggettive. Tali avvertimenti sono dall’autrice ribaditi ed ulteriormente indagati, partendo dalla valutazione dell’operato delle risorse umane, per poi essere conclusivamente ampliati ad un più elevato livello di generalizzazione. Tale allargamento critico di prospettiva consente di interpretare le riserve nutrite dall’autrice sulla presunta onnipotenza dei modelli applicativi come postulati che diventano necessari alla teoria organizzativa in quanto inevitabilmente e puntualmente scaturiscono dalla prassi organizzativa. Già, perché Alessia Tiberi corrobora la propria forte conoscenza con l’insostituibile apporto conferito da un lungo esercizio pratico nelle organizzazioni, sia come risorsa interna sia come consulente. Tale esperienza fattuale non solo fa da sfondo al case study presentato nell’opera, ma costituisce quel substrato, apparentemente intangibile ma in
Prefazione
XIII
verità prezioso, senza il quale è molto difficile ottenere una veridica e credibile certificazione di “esperto in discipline aziendali”: il dato a mio giudizio più rilevante in ogni tipo di epistemologia organizzativa (e non solo) risulta infatti dal flusso circolare, assiduo e reciproco, tra teoria e prassi, con un frequente susseguirsi di feedback pratici e contro-feedback teorici (e viceversa).
Ciò che dobbiamo imparare a fare, lo impariamo facendolo (Aristotele, Etica Nicomachea).
Si tratta di una notazione che andrebbe sempre seguita e non c’è dubbio che l’autrice l’abbia tenuta in conto, offrendo un rilevante esempio di eccellente integrazione tra sapere e saper fare.
Roma, 14 luglio, 2014
Francesco Perrone