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Preesistenze medievali nell’area di Palazzo Silvestri-Rivaldi Angela Napoletano 7 Il Palazzo Silvestri-Rivaldi sorge su quello che resta della Velia, l’altura che separava l’area dei Fori dalla valle del Colosseo (saldandosi a ovest con il Palatino e a est con l’Esquilino), e che è sta- ta in gran parte sbancata negli anni Trenta del XX secolo per la realizzazione di via dei Fori imperiali 1 . Lo studio dei documenti d’archivio re- lativi alle fasi costruttive del palazzo che, a più ri- prese, Eurialo Silvestri fece edificare sulla som- mità della collina 2 ha offerto l’occasione per fare chiarezza anche su alcune chiese che fin dall’età medievale esistevano in quell’area e che furono demolite proprio all’epoca della costruzione. Si tratta della chiesa di S. Maria «arcus aurei» (o «de arcu aureo») 3 e della cappella o oratorio di S. Margherita, come documenta una memoria con- tenuta in alcune carte del fondo dei Canonici La- teranensi di S. Pietro in Vincoli, databile agli inizi del XVIII secolo 4 . La notizia è confermata anche dal Giampaoli 5 , il quale riporta che la chiesa di «S. Maria dell’arco d’oro, prope arcum latronum, circa l’anno 1544 da Ascanio Silvestri enfiteuta di alcu- ni luoghi adiacenti, nell’epoca in cui era Rettore il suo zio Eurialo Silvestri, fu demolita per costruirvi un palazzo». Gli atti relativi all’enfiteusi 6 circo- scrivono con maggiore precisione la data di di- struzione della chiesa, in quanto attestano che nel 1542 essa era ancora in piedi, mentre nel luglio 1547 risulta «profanata» per far posto al palazzo. I documenti consentono anche di localizzarla die- tro al Tempio della Pace e, più precisamente, vici- no all’arco di «Latrone» (in origine «Latone»), la cui ubicazione è ben nota 7 . La chiesa di S. Maria «arcus aurei» sorgeva dunque lungo l’antica «scorciatoia che porta alle Carine», identificata con l’asse viario che dalla via Sacra procedeva verso est (costeggiando la Basili- ca di Massenzio ed il Foro della Pace), sopravvis- suto nel clivo delle Carine e nelle moderne vie del Tempio della Pace e dei Frangipane 8 . Poiché in età medievale appare contraddistinta dal toponi- mo «arcus aurei», come la vicina chiesa di S. An- drea 9 , S. Maria doveva trovarsi nei pressi di un ar- co il cui nome derivava, con ogni probabilità, dal- la regione Aura in cui esso sorgeva 10 . I recenti stu- di di Riccardo Santangeli Valenzani 11 e Monica La Valle 12 hanno fornito un importante contributo per l’identificazione di questo arco e, di conse- guenza, per localizzare il toponimo Aura, supe- rando così le vecchie ipotesi di Lanciani e Duche- sne 13 . Citata per la prima volta nel «Catalogo di Cencio Camerario» del 1192 tra le chiese che rice- vevano sei denari di presbiterio 14 , la chiesa di San- ta Maria viene ricordata anche nel «Catalogo di Parigi» (1230 circa) 15 , mentre dal «Catalogo di Torino» (1320 circa) 16 risulta che avesse un sacer- dote. Registrata al n. 198, subito dopo le chiese di «sancti Laurentii in Miranda» e di «sancti Iohan- nis in campo», doveva trovarsi vicino al Campo Torrecchiano, lo spazio pianeggiante corrispon- dente all’area degli antichi fori imperiali, il cui no- me deriva dal gran numero di torri lì esistenti 17 . 3-n.-97-napoletano (7-16) 10-03-2009 15:34 Pagina 7
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Preesistenze medievali nell'area di Palazzo Silvestri-Rivaldi

Mar 05, 2023

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Carlo Persiani
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Page 1: Preesistenze medievali nell'area di Palazzo Silvestri-Rivaldi

Preesistenze medievalinell’area di Palazzo Silvestri-Rivaldi

Angela Napoletano

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Il Palazzo Silvestri-Rivaldi sorge su quello cheresta della Velia, l’altura che separava l’area deiFori dalla valle del Colosseo (saldandosi a ovestcon il Palatino e a est con l’Esquilino), e che è sta-ta in gran parte sbancata negli anni Trenta del XXsecolo per la realizzazione di via dei Foriimperiali1. Lo studio dei documenti d’archivio re-lativi alle fasi costruttive del palazzo che, a più ri-prese, Eurialo Silvestri fece edificare sulla som-mità della collina2 ha offerto l’occasione per farechiarezza anche su alcune chiese che fin dall’etàmedievale esistevano in quell’area e che furonodemolite proprio all’epoca della costruzione. Sitratta della chiesa di S. Maria «arcus aurei» (o «dearcu aureo»)3 e della cappella o oratorio di S.Margherita, come documenta una memoria con-tenuta in alcune carte del fondo dei Canonici La-teranensi di S. Pietro in Vincoli, databile agli inizidel XVIII secolo4. La notizia è confermata anchedal Giampaoli5, il quale riporta che la chiesa di «S.Maria dell’arco d’oro, prope arcum latronum, circal’anno 1544 da Ascanio Silvestri enfiteuta di alcu-ni luoghi adiacenti, nell’epoca in cui era Rettore ilsuo zio Eurialo Silvestri, fu demolita per costruirviun palazzo». Gli atti relativi all’enfiteusi6 circo-scrivono con maggiore precisione la data di di-struzione della chiesa, in quanto attestano che nel1542 essa era ancora in piedi, mentre nel luglio1547 risulta «profanata» per far posto al palazzo. Idocumenti consentono anche di localizzarla die-tro al Tempio della Pace e, più precisamente, vici-

no all’arco di «Latrone» (in origine «Latone»), lacui ubicazione è ben nota7.

La chiesa di S. Maria «arcus aurei» sorgevadunque lungo l’antica «scorciatoia che porta alleCarine», identificata con l’asse viario che dalla viaSacra procedeva verso est (costeggiando la Basili-ca di Massenzio ed il Foro della Pace), sopravvis-suto nel clivo delle Carine e nelle moderne vie delTempio della Pace e dei Frangipane8. Poiché inetà medievale appare contraddistinta dal toponi-mo «arcus aurei», come la vicina chiesa di S. An-drea9, S. Maria doveva trovarsi nei pressi di un ar-co il cui nome derivava, con ogni probabilità, dal-la regione Aura in cui esso sorgeva10. I recenti stu-di di Riccardo Santangeli Valenzani11 e Monica LaValle12 hanno fornito un importante contributoper l’identificazione di questo arco e, di conse-guenza, per localizzare il toponimo Aura, supe-rando così le vecchie ipotesi di Lanciani e Duche-sne13. Citata per la prima volta nel «Catalogo diCencio Camerario» del 1192 tra le chiese che rice-vevano sei denari di presbiterio14, la chiesa di San-ta Maria viene ricordata anche nel «Catalogo diParigi» (1230 circa)15, mentre dal «Catalogo diTorino» (1320 circa)16 risulta che avesse un sacer-dote. Registrata al n. 198, subito dopo le chiese di«sancti Laurentii in Miranda» e di «sancti Iohan-nis in campo», doveva trovarsi vicino al CampoTorrecchiano, lo spazio pianeggiante corrispon-dente all’area degli antichi fori imperiali, il cui no-me deriva dal gran numero di torri lì esistenti17.

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Possiamo farci un’idea di esso e della sua localiz-zazione dalla rappresentazione del Codex Escuria-lensis del 1495 (fig. 1) e dalla veduta di MarteenHeemskerck databile tra il 1532 e il 1535 (fig. 2),dove appare ancora come uno spazio chiuso, do-minato dalla Torre dei Conti, delimitato all’ester-no da numerosi edifici e diviso internamente in tresettori adibiti a recinti per il ricovero degli anima-li, data la sua probabile destinazione a mercatodelle bestie (da cui l’altro toponimo di CampoVaccino)18. Questo utilizzo sarebbe infatti giusti-ficato dalla presenza dell’adiacente macellum19,da cui prendeva il nome di Fundicus MacellorumArcanoe la strada tortuosa ed angusta che attra-versava il Foro Transitorio, lungo la quale erano ibanchi in pietra coperti da porticati con le botte-ghe per la vendita delle carni macellate20. La tri-partizione del campo doveva ancora esistere nel1577 – come documenta la pianta del Du Pérac(fig. 3) che lo colloca nell’area compresa tra il

Templum Pacis e la Turris Comitum (Torre deiConti) – anche se sembra avere subito negli annialcune trasformazioni. I tre settori appaiono diffe-renti e completamente distinti: l’unica zona checonserva ancora l’originario assetto di recintosembra essere quella centrale; delle altre due,quella meridionale presenta una serie di edificiaddossati al muro perimetrale, mentre quella set-tentrionale, a ridosso della chiesa dei SS. Cosma eDamiano, si è ormai trasformata in uno spazioaperto, delimitato da un filare di alberi. Nellapianta di Tempesta-De Rossi del 1593 l’area appa-re completamente edificata e del campo non rima-ne più traccia.

Tornando alle due vedute del Codex Escurialen-sis e di Heemskerck, tra i numerosi edifici situatilungo il perimetro sudorientale del Campo si vedeuna piccola chiesa con tetto a spiovente e campa-nile. Per la posizione che occupa, a NE delle chie-se dei SS. Cosma e Damiano e di S. Lorenzo in Mi-

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1. Il Campo Torrecchiano rappresentatonella veduta del Codex Escurialensis,1495

2. Il Campo Torrecchiano rappresentatonella veduta di Roma da Monte Caprinodi M. Heemskerck, 1532-35

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randa e a SE della Torre dei Conti, potrebbe iden-tificarsi proprio con S. Maria «arcus aurei», maiidentificata con esattezza e di cui non si conosco-no altre immagini21. La chiesa compare per un’ul-tima volta come «sce. Marie de arcu aureo» nelCatalogo di Nicola Signorini (1425 circa)22, men-tre nei successivi cataloghi cinquecenteschi la di-citura subisce alcune modifiche: nella «Tassa diPio IV», del 1561, viene indicata come «S. Mariain arco nel rione delli monti»23 e nel «Catalogo diPio V», del 1566, come «S. Maria della Scala nelpalazzo di Messer Eurialo – ruinata»24. È evidenteche quest’ultima definizione coincide con la co-struzione del palazzo di Eurialo Silvestri: dal no-me della chiesa sparisce qualunque riferimento al-l’arco e per la prima volta l’edificio è messo in re-lazione con il palazzo. Non è ancora chiaro checosa significhi l’indicazione «della Scala», ma èpossibile che, per individuare la struttura ormai«ruinata», di cui evidentemente non restavano piùtracce consistenti, si sia preferito far riferimentoalla scala del palazzo, che era ubicata nel luogodove in passato doveva sorgere la chiesa, piuttostoche all’«Arcus Aurei» del periodo precedente. Leindagini preliminari all’interno di Palazzo Silve-stri-Rivaldi hanno rivelato l’esistenza di un grandearco proprio nel salone del piano nobile, adiacen-te alla scala che proviene dal pianterreno, che hacondizionato gli spazi adiacenti: è suggestivo pen-sare che questo elemento architettonico sia quan-to rimane dell’antica chiesa, che quindi non fu di-strutta completamente ma in parte inglobata nelcorpo di fabbrica su via del Tempio della Pace25.Tuttavia solo ulteriori indagini all’interno del pa-lazzo potranno portare a nuove scoperte e fornireeventuali conferme.

Oltre alla chiesa di Santa Maria, per costruirePalazzo Silvestri fu necessario distruggere anchela cappella dedicata a S. Margherita, che è stata

sempre localizzata genericamente nei pressi delColosseo senza mai indicarne l’ubicazione pun-tuale26. Un documento del 156627 permette inrealtà di collocare più precisamente questo edifi-cio «in alma urbe iuxta S.tae Mariae Novae etviam publicam et bona ipsius d.ni Ascanij a latereet alia latere in rione Montium iuxta Coliseum»,confermando così la notizia riportata nella Memo-ria delle chiese ruinate in Roma doppo la venutadell’imperatore Carlo V, secondo cui «al palazzode messer Aurialo» c’erano «doi chiese, una chia-mata Santa Margarita verso il Coliseo et l’altra S.Maria28 verso la Torre dei Conti», distrutte en-trambe «per accrescimento et comodo di dettopalazzo»29. La cappella è citata solo nei cataloghidel Cinquecento, quando ormai non esisteva più:nel «Catalogo di Pio V» (1566) compare infatticome «Sta Margarita – Ruinata»30, in quello «del-l’Anonimo Spagnolo» (1561-1570) come «S. Mar-garita arrovinata»31. Lanciani infine32 indica unoratorio di S. Margherita nelle vicinanze di S. An-drea «arcus aurei», al confine con il giardino dellaVilla Mattei poi Caffarelli, cioè sul lato oppostodell’attuale via del Colosseo: è probabile che l’ora-torio sia stato ribaltato erroneamente in fase di ri-produzione del disegno.

Non è chiaro se S. Margherita fu distrutta nellostesso anno di S. Maria o poco dopo, ma comun-que non più tardi del 1547, quando nei documen-ti entrambe le chiese risultano «profanatae»33.Nello stesso anno Ascanio Silvestri, probabilmen-te per rimediare alle distruzioni compiute, vollecostruire una cappella dedicata alle SS. Maria eMargherita all’interno di S. Pietro in Vincoli34. LaBolla di Paolo III del 12 novembre 154735 – checonferma le demolizioni di Ascanio – istituì laconcessione della cappellania in S. Pietro in Vin-coli con «Gius-Patronato in perpetuo», cosicchéegli mantenne per sempre l’obbligo di versare un

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3. Il Campo Torrecchiano nella pianta diRoma di E. Du Pérac, 1577

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onere annuo alla cappella pari a otto scudi, in se-guito portati a dieci36. Eurialo si prese cura dellacappella dal 1547 fino al 1557, dotandola di para-menti e facendovi dipingere l’insegna familiare –lo scorpione – tornata alla luce durante i lavori direstauro eseguiti nel 2006 (fig. 4). Egli decise inol-tre che, dopo la sua morte, essa fosse officiata daun chierico secolare37. Nel 1557 restituì la cappel-lania a Paolo IV38 il quale, con il consenso di Asca-nio, la trasferì al fratello di questi, monsignor Gio-van Francesco Silvestri, che ne fu il rettore finchérimase in vita (1609)39. Il 27 marzo 1567 Ascaniostipulò un contratto con due pittori senesi, GuidoVisconti e Lorenzo di Gregorio, per affrescare lepareti con un’Annunciazione e una Beata Marghe-rita e la volta con Dio Padre Onnipotente40. L’one-re di mantenere la cappella passò, in seguito, aglieredi di Ascanio finché, estintasi la linea maschiledel casato, pervenne alla famiglia Colloredo Mels,un esponente della quale, Rodolfo, aveva sposatonel 1702 Delia Maria Silvestri, figlia di Carlo, ulti-mo discendente maschio di Ascanio. I Colloredocedettero infine la cappella alla Canonica di S.Pietro in Vincoli con istrumento del 18 aprile183741.

Poco distante da S. Margherita, lungo l’attualevia del Colosseo, vi era un’altra chiesa dedicata a«S. Maria de Cambiatoribus». La densità di edifi-ci di culto in uno spazio così ristretto si spiega conil passaggio in quest’area di importanti processio-ni che, secondo l’«Ordo di Benedetto Canonico»,andavano da S. Adriano a S. Maria Maggiore (pas-sando lungo le vie del Tempio della Pace e deiFrangipane) e da S. Clemente a S. Basilio (percor-rendo via del Colosseo)42. La chiesa prendeva no-

me dal Trivium Cambiatoribus (o Cambiatoris) lo-calizzato, in base a documenti del 1042 e del 1052,nella regione quarta «in Aura infra locum qui dici-tur Domus Noba (o Nova)»43, dove per domusNoba (o Nova) si intende la basilica di Costantino.In un altro documento del 1180 si parla di una ca-sa «posita in regione Colexei in contrada Cambia-torum»44. Fin dall’epoca antica, tra il Colosseo ela basilica di Costantino vi era un importante sno-do stradale dove confluivano l’asse viario che met-teva in comunicazione la Subura con la valle delColosseo (oggi via del Colosseo), quello che pro-veniva dalla Summa Sacra via e la «via che scendedalla Carine» (l’attuale via della Polveriera), incorrispondenza del Compitum Acilium (in prossi-mità dell’attuale largo G. Agnesi)45. L’assetto ur-banistico di quest’area fu poi parzialmente modi-ficato, in particolare quando la costruzione delTempio di Venere e Roma interruppe il collega-mento con il Foro Romano46, ma poi si mantennesostanzialmente immutata anche in etàmedievale47, quando quello snodo stradale po-trebbe aver derivato il suo nome dalla presenzadei Campsores, i cambiavalute, che dovevano ave-re qui i loro banchi, lungo la strada percorsa abi-tualmente dai pellegrini che frequentavano la zo-na48. L’Armellini pensa invece che il termine deb-ba riferirsi a «ruderi antichi non lungi dall’Anfi-teatro» detti «candiatores»49, identificabili proba-bilmente con le strutture murarie rinvenute daLanciani durante gli sterri del 1895 e relative adun portico50 e ad un oratorio del XIII secolo (incui peraltro Bartoli identifica la nostra chiesa di S.Maria in Cambiatoris51).

La chiesa è registrata in tutti i cataloghi medie-vali con il nome di «S. Maria in Cambiatoribus», apartire dal «Catalogo di Cencio Camerario» del1192, dove figura tra le chiese che ricevevano seidenari di presbiterio52, fino quello del Signorinidel 142553. Il «Catalogo di Torino» attesta inoltreche nel 1320 circa era servita da un sacerdote e daun chierico54. A partire dalla fine del Quattrocen-to essa perde il toponimo originario: nel catalogodel 1492 viene indicata come «S. Maria portualiaiux(ta) Coliseum ad occidentem»55, in quello del1555 come «Mariae Portugallen, prope forumTraiani»56 e nella «Tassa di Pio IV» come «S. Ma-ria in Portugallo app. il Colosseo»57. Assente nel«Catalogo di Pio V» (1566), ricompare in quellodell’«Anonimo Spagnolo» (1570) come «S. Mariade portogallo arrovinata»58 ed è citata per l’ultimavolta da Francesco del Sodo (1575-1583) come«S. Maria in Portugallo»59. Il nuovo toponimo«Portogallo» o «Portugallo», corrotto anche in«Portualia», subentrato al precedente «Cambia-toribus», si ritrova in alcuni documenti del 135760

e del 138761 e, dalla fine del Quattrocento, diventausuale per indicare anche le altre due chiese situa-

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4. Fregio con lo «scorpione» Silvestri, Roma, S. Pietro inVincoli, Cappella di S. Margherita

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te lungo la via, S. Maria e S. Andrea62. A confermadi ciò ci sono due documenti, uno del 149163, incui viene citata l’«ecclesia Sancte Marie de portu-gallo» in «loco dicto portogallo», ed uno del156364, dove viene nominata la chiesa di S. An-drea in Portugallo. Questo termine, di cui si igno-ra l’origine65 fu poi trasformato, da una falsa con-vinzione erudita, in «Busta Gallica»66, a ricordodel luogo dove, secondo Varrone, sarebbero staticremati i corpi dei Galli caduti in battaglia duran-te la riconquista della città ad opera del consoleCamillo (390 a.C.)67. Già il Nardini68 mise in dub-bio questa derivazione del nome, poiché la loca-lità «Busta Gallica» deve collocarsi altrove, in unazona tra il Velabro ed il Tevere69. Pur trovandosivicino a S. Maria Nova, la chiesa dipendeva da S.Pietro in Vincoli, come dimostra la Bolla di Adria-no IV del 18 marzo 1156 diretta ai «RectoribusRomanae Fraternitatis», in cui si ordina che siasciolta dall’interdetto la chiesa di S. Maria «si po-pulus eiusdem ecclesiae ad obedientiam clerico-rum S. Petri ad Vincula redierit»70.

Alcune vedute antiche permettono di ricostrui-re l’aspetto dell’edificio e individuarne l’esatta lo-calizzazione, mentre scarse sono le informazionirelative alle fasi di vita. La testimonianza più anti-ca risale al 146171 quando si ha notizia della sepol-tura al suo interno di Cola Squizardo, mentre laprima raffigurazione compare in una veduta delCodex Escurialensis del 1495, dove è localizzatatra S. Maria «arcus aurei» ed il Colosseo, vicino al-la Torre della Contessa72. La chiesa, orientata indirezione NE-SO, come la vicina S. Maria, è rap-presentata con tetto a doppio spiovente e campa-nile sul fianco orientale (fig. 1). Un documento delsecolo seguente attesta che nel 1542 la chiesa, de-nominata «Ecclesiam Monalium Sancte Dei geni-

tricis Marie assumptionis seu visitationis nuncu-pate de Portugallo», versava in pessimo stato diconservazione tanto che il 20 novembre dello stes-so anno il papa concesse un’indulgenza a tutti co-loro che avessero fatto preghiere affinché l’edifi-cio, «que propter maximos terremotos corruissefertur», non crollasse73. Evidentemente la struttu-ra non rovinò nell’immediato – anche se probabil-mente, a causa delle precarie condizioni, ridussela sua attività74 – ma ebbe ancora qualche decen-nio di vita visto che Bufalini nel 1551 (fig. 5) la in-dica come «S. Marie Busti Gallici», raffigurandoladettagliatamente con una pianta a tre navate, lafacciata principale rivolta verso l’attuale via delColosseo e l’abside sul lato opposto. Nel 1560 lachiesa appare nella veduta di Anthonis van denWyngaerde75 (fig. 6) e nel 1577 il Du Pérac (fig. 3)la indica come «S. Maria Busti Gallici» e ne deli-nea un’immagine dettagliata, rappresentandolacon un portico sulla fronte, un campanile sul re-tro, un cortile recintato ed un’area di rispettotutt’intorno, compresa tra la Torre della Contessae Palazzo Silvestri. L’esistenza di un porticato èdocumentata anche dal ritrovamento di un’iscri-zione medievale nel suo «subcolumnio»76 mentreal suo interno erano collocate due are funerarie eduna base marmorea77.

Dalla fine del Cinquecento della chiesa si perdeogni traccia. Nelle vedute di questo periodo vieneormai indicata solo la vicina torre, come nel dipin-to del «Braccio Sistino» della Biblioteca Vaticana,datata 1588-90, nella pianta del Tempesta del1593 (fig. 7) e nella veduta del 1609-1611 di unanonimo tedesco (fig. 8)78. Solo il De Paoli la ri-propone nel 1623 (fig. 9) con il nome di «T. S. Ma-rie de Gallicis», in una veduta densa, però, di ine-sattezze: la chiesa, infatti, viene rappresentata

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5. La chiesa di S. Maria in Portogallo(qui «Bustigalici») nella pianta di L.Bufalini, 1551

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6. La chiesa di S. Maria in Portogallonella veduta di A. van den Wyngaerde,1560

7. La Torre della Contessa nella piantadi Roma di A. Tempesta, 1593

8. La Torre della Contessa nella vedutadi un anonimo tedesco, 1609-1611

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9. La chiesa di S. Maria in Portogallonella pianta di Roma di F. De Paoli,1623

10. La Torre della Contessa nella vedu-ta di M. Heemskerck presa dall’AraCoeli 1532-35

11. La Torre della Contessa (a destra) ePalazzo Silvestri-Rivaldi (a sinistra) nel-l’incisione di G.A. Dosio, da Le anti-chità della città di Roma raccolte [...]per M.B. Gamucci, 1569

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ruotata di 180°, con la facciata rivolta non più sul-l’attuale via del Colosseo, ma verso la Torre dellaContessa. Si può dunque dedurre che essa, già incondizioni precarie nel 1542, sia andata gradual-mente in rovina (nel 1570 risultava«arrovinata»79) fino a scomparire definitivamentein una data posteriore al 1577 (quando viene an-cora disegnata dal Du Perac), ma anteriore al1588, anno in cui Ferrucci riporta la notizia che«la chiesola non è più in essere da gran tempo inqua»80. Il «Catalogo di Francesco del Sodo», re-datto tra il 1575 ed il 1583, registra la chiesa perl’ultima volta e ci permette dunque di fissare l’an-no della sua scomparsa al 1583 circa, anche inconsiderazione del fatto che proprio tra il 1577 edil 1583 si collocano i lavori di sistemazione delgiardino di Palazzo Silvestri eseguiti da Alessan-dro de’ Medici, come asserisce lo stesso Ferruc-

ci81. Nonostante la scomparsa, la chiesa verrà an-cora ricordata in un itinerario del 160082 con il no-me di «S. Maria De Portugallo, in fine Subura».

Ancora per qualche decennio continuò invecead esistere la vicina Torre della Contessa83 cheverrà distrutta tra il 1626 ed il 1627 per far posto alCasino Novo del cardinale Pio di Savoia84. Le con-dizioni della torre dovevano però essere già preca-rie nel 1588, quando Ferrucci asserisce che essa«presto si buttarà a terra per la costruzione dellaVia Capitolina Lateranense da farsi»85. A lungo èrimasta incerta la localizzazione di questa struttu-ra: Ferrucci86, nelle «Aggiunte alle Antichità delFulvio», e Lanciani87 la situano presso la chiesa diS. Maria in Portogallo, come del resto suggerisco-no le piante e le vedute storiche: dal Codex Escuria-lensis (fig. 1) ad una veduta di Heemskerck presadall’Ara Coeli (fig. 10), dalla pianta di Bufalini (fig.

12. La Torre della Contessa nella piantadi Roma di G. Maggi, 1625

13. Il «Casino Novo» del cardinal Pio diSavoia prima della demolizione del1932

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NOTE

1. D. Palombi, Tra Carinae, Velia e Esquilino, Roma, 1997,p. 60.

2. Cfr. Cremona in questo fascicolo.3. Già Ch. Huelsen (Le chiese di Roma nel Medioevo, Firen-

ze, 2000, p. 312) aveva dedotto che la chiesa sorgeva nel luogodove poi fu edificato il palazzo di Eurialo, tesi confermata intempi recenti anche da R. Santangeli Valenzani (Arcus Nervae,templum Iani, arcus Aureae: l’ordo di Benedetto Canonico e latopografia dell’area dei fori imperiali, in «Bullettino della Com-missione Archeologica del Comune di Roma», 1998, p. 149) eda M. La Valle (Osservazioni sull’Arcus Aureae e sulla PorticusAbsidata, in «Bullettino della Commissione Archeologica delComune di Roma», 2007, p. 200) mentre non è mai stata chia-rita la data della sua distruzione.

4. Archivio di Stato di Roma (d’ora in poi: ASR), Congrega-zioni Religiose Maschili, Canonici Lateranensi in S. Pietro inVincoli (d’ora in poi: CRM-CLSPV), vol. 1, f. 201: Memorie di-verse della Canonica di S. Pietro in Vincoli di Roma. Cpl. PaoloDe’ Filippis.

5. L. Giampaoli, La Romana Basilica di Eudossia e l’annessaCanonica, in Memorie delle S. Catene di S. Pietro apostolo. Dis-sertazioni del ch. Abate Michelangelo Monsacrati, per cura di D.Lorenzo Giampaoli e dallo stesso arricchite di un discorso storicosopra la Basilica e Canonica Eudossiana, Prato, 1884, pp. 66-67.

6. ASR, 30 Notai Capitolini, Uff. I, not. Sanus Perellus, vol.6, c. 32v, 21 gennaio 1542; ivi, fol. 121r, 13 aprile 1542; ivi, vol.8, c. 163r, 6 luglio 1547.

7. Per notizie sull’arco, v. R. Lanciani, Varietà, in «Archiviodella Società Romana di Storia Patria», 1880, 3, pp. 378-379;E. De Ruggiero, Il Foro Romano, 1913, pp. 423-425; R. Valen-tini, G. Zucchetti, Codice Topografico della città di Roma, Ro-ma, 1940-1953, p. 57; G. Lugli, Roma antica. Il centro monu-mentale, Roma, 1946, p. 226; R. Lanciani, Rovine e scavi di Ro-ma antica, Roma, 1985, pp. 187-189.

8. Per un approfondimento sulla viabilità per le Carinae v.Palombi, op. cit., pp. 36-38 e 49-51.

9. La Valle, op. cit., p. 200. S. Andrea è l’unica chiesa anco-ra oggi conservata, nonostante il mutato orientamento, con ilnome di S. Maria della Neve, tra via del Colosseo e via del Car-dello. Per notizie sulla chiesa v. Huelsen, op. cit., pp. 177 e 584;F. Lombardi, Roma Le chiese scomparse La memoria storica del-la città, Roma, 1998, pp. 42 e 83; Santangeli Valenzani, op. cit.,p. 149; La Valle, op. cit., p. 199.

10. Per notizie sulla regione Aurea v. D. Palombi, in Lexi-con Topographicum Urbis Romae, vol. I, Roma, 1993, pp. 146-147; U. Gnoli, Topografia e Toponomastica di Roma medievalee Moderna, 1939, p. 28.

11. Santangeli Valenzani, op. cit., pp. 145-151.12. La Valle, op. cit., pp. 195-220.

13. Santangeli Valenzani, op. cit., p. 145 e sgg.14. Huelsen, op. cit., p. 11, n. 85; La Valle, op. cit., p. 199.15 Huelsen, op. cit., p. 20, n. 83; La Valle, op. cit., p. 199.16 Huelsen, op. cit., p. 34, n. 198; La Valle, op. cit., p. 199.17. Per notizie sul Campo Torrecchiano v. P. Adinolfi, Ro-

ma nell’età di mezzo, Roma, 1881, II, p. 61, n. 3; Lanciani, Leescavazioni del Foro, Roma, 1901, p. 20 sgg.; G. Tomassetti, Letorri medievali di Roma, Roma, 1908, p. 186; De Ruggiero, op.cit., p. 120; Gnoli, op. cit., p. 323; R. Krautheimer, Roma, Pro-filo di una città, 312-1308, Roma, 1981, pp. 393-394; A.M. Cu-sanno, Le fortificazioni medievali a Roma La Torre dei Conti e laTorre delle Milizie, Roma, 1991, pp. 16-17.

18 Gnoli, op. cit. 1939, p. 323.19. Dal termine macellum sarebbe derivato il nome della

chiesa di S. Maria in Macello, spesso confusa in passato con S.Maria «arcus aurei» per l’errata identificazione dell’arco, loca-lizzato nel muro di cinta orientale del Foro di Nerva, accanto alTempio di Minerva.

20. Lanciani, Le escavazioni, cit., pp. 30-39; Cusanno, op.cit., p. 17.

21. Ringrazio S. Santolini per i suggerimenti sull’interpreta-zione delle vedute.

22. Huelsen, op. cit., p. 48, n. 277; La Valle, op. cit., p. 199.23. Huelsen, op. cit., p. 91, n. 112; La Valle, op. cit., p. 199.24 Huelsen, op. cit., p. 97, n. 42; La Valle, op. cit., p. 199.25 Cfr. Cremona in questo fascicolo. 26. Huelsen, op. cit. p. 535.27. Archivio di Stato di Macerata, Notarile di Cingoli (d’o-

ra in poi: ASMC, NC), not. Iohannes Philippus Roccabella,vol. 175, cc. 235v-236v. Ringrazio A. Cremona per avermi se-gnalato il documento.

28. Si tratta chiaramente di S. Maria «arcus aurei».29. P. Spezi, Identificazione di alcune scomparse chiese me-

dievali, in C. Galassi Palazzi (a cura), «Atti del IV CongressoNazionale di Studi Romani», Roma, II, 1938, pp. 366-367.L’autore ritiene però che, nella fase più antica, la cappella di S.Margherita prendesse il nome di S. Maria de Portugallo e chesia andata distrutta entro l’aprile 1536 quando Carlo V giungea Roma: tuttavia la stessa «Memoria» riferisce di chiese distrut-te «doppo» la visita imperiale. Anche Lanciani (Storia degliscavi e notizie intorno alle collezioni romane di antichità, Roma,1990, II, p. 70), parlando delle demolizioni di papa Paolo III inoccasione della visita di Carlo V, cita la chiesa di «S. Maria inCambiatoris», senza però esserne completamente certo.

30. Huelsen, op. cit., p. 97, n. 41.31. Ibidem, p. 113, n. 270.32. R. Lanciani, Forma Urbis Romae, tav. 29.33. ASR, 30NC, Uff. I, vol. 8, not. Sanus Perellus, c. 164r,

anno 1547.34. ASR, CRM – CLSPV, vol. 1, f. 201: Memorie diverse del-

la Canonica di S. Pietro in Vincoli di Roma. Cpl. Paolo De’ Filip-pis; Giampaoli, op. cit., pp. 66-67; Huelsen, op. cit., p. 317.

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Preesistenze medievali nell’area di Palazzo Silvestri-Rivaldi

5) alla veduta del Foro Romano incisa da Dosio(fig. 11), fino alle piante di Du Pérac (fig. 3), DePaoli (fig. 9) e Maggi (fig. 12). Tomassetti collocainvece la torre alle falde del Palatino, vicino allachiesa di S. Anastasia, e la ritieneappartenente allefortificazioni dei Frangipane presso l’Arco di Ti-to88. L’esatta collocazione della torre, come mo-strano i rilievi delle strutture rinvenute durante gliscavi archeologici effettuati dal 1895 agli anniTrenta del Novecento89, fu identificata da Gattidurante lo sterro della Velia90 all’interno del casi-no Pio, che la inglobò91 (fig. 13). Il Tomassetti non

sbagliò, invece, attribuendo la torre alle fortifica-zioni dei Frangipane, poiché da un documentodell’ex Archivio di S. Maria Nova, datato 132592,risulta che in quell’anno essa fu venduta propriodai Frangipane, insieme all’orto del palazzo mag-giore e alla vigna della contessa, alla chiesa di S.Maria Nova, nella cui proprietà rimase per diversisecoli, fino a quando, nel 1547, fu presa da EurialoSilvestri in enfiteusi con una vigna limitrofa93.

Angela NapoletanoRoma

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Preesistenze medievali nell’area di Palazzo Silvestri-Rivaldi

35. Archivio Segreto Vaticano, Registri Vaticani 1717, cc.331r-334v: Confirmatio Ascanio de Silvestris.

36. ASR, CRM-CLSPV, vol. 1, fasc. 201.37. Ibidem; ASR, 30NC, Uff. 30, not. Felix De Romaulis,

vol. 21, c. 135r, a. 1566.38. Ibidem.39. Le ultime notizie su Giovan Francesco risalgono al 21

novembre 1609 (ASMC, NC, not. Cornelius Ciamberlinus,vol. 299, c. 217r): il 14 dicembre successivo Ascanio Silvestridà procura a suo figlio Rutilio di seguire la successione dellozio defunto (ibidem, c. 226r). Il 18 dicembre, lo stesso Ascanio,D.nus et Patronus dell’altare di S. Margherita, nomina il nipoteFelice Silvestri rettore della cappella (ibidem, cc. 229r-v).

40. ASR, 30NC, Uff. 30, not. Felix De Romaulis, vol. 22, cc.123v - 124v, 27 marzo 1567.

41 Giampaoli, op. cit., p. 67.42 Santangeli Valenzani, op. cit., 1998, pp. 145-151.43. P. Fedele, Tabularium S. Mariae Novae, in «Archivio

della Società Romana di storia patria», 1900, 23, n. 13, pp. 206-209; Gnoli, op. cit., p. 46; Huelsen, op. cit., p. 316; Valentini-Zucchetti, op. cit., III, p. 242.

44. P. Fedele, Tabularium S. Mariae Novae, in «Archiviodella Società Romana di storia patria», 1903, 26, n. 114, pp. 60-61; Huelsen, op. cit., p. 316; Valentini, Zucchetti, op. cit., III,p. 242.

45. Sulla viabilità antica di quest’area v. G. Schingo, La si-stemazione delle pendici dell’Oppio a nord dell’Anfiteatro: imargini della Valle e i percorsi verso l’Esquilino, in R. Rea (a cu-ra), Rota Colisei La Valle del Colosseo attraverso i secoli, Mila-no, 2002, p. 84, n. 93.

46. Schingo, op. cit. p. 83, n. 49. Ringrazio G. Schingo per isuggerimenti sulla topografia di quest’area.

47. Ibidem , pp. 81-82.48. Gnoli, op. cit. p. 46.49. P. Fedele, S. Maria in Monasterio, in «Archivio della So-

cietà Romana di storia patria»,1906, 29, p. 184, n. 7.50 È possibile che i banchi dei cambiavalute si trovassero

proprio all’interno di questo portico, ubicato lungo il limitemeridionale della moderna via del Colosseo.

51. Schingo, op. cit., p. 77. A. Bartoli (Il ricordo della «Do-mus Aurea» nella topografia medievale di Roma, in «Rendicon-ti della R. Accademia dei Lincei», 18, 1909, pp. 224-230), con-vinto che la regione Aura corrisponda all’area occupata dallaDomus Aurea, posiziona il Trivium Cambiatoris all’angolo oc-cidentale delle Terme di Tito.

52. Huelsen, op. cit., p. 12, n. 137.53. Ibidem, p. 48, n. 270.54. Ibidem, p. 33, n. 192.55 Ibidem, p. 70, n. 44.56 Ibidem, p. 83, n. 123.57. Ibidem, p. 91, n. 111.58. Ibidem, p. 113, n. 269.59. Ibidem, p. 123, n. 286.60. ASR, Collegio Notai Capitolini, vol. 1236, not. M. P.

Milzonis, cc. 293r-293v, 4 aprile 1357.61 Lanciani, Le escavazioni, cit., p. 41; Huelsen, op. cit., p.

317; Gnoli, op. cit. p. 242.62. Huelsen, op. cit., p. 317. La chiesa di S. Andrea, inizial-

mente, era contraddistinta dal toponimo «arcus aurei».63 Lanciani, Le escavazioni, cit., p. 42; Gnoli, op. cit., p.

242. 64. R. Lanciani, Storia degli scavi, cit., III, p. 11. 65. È possibile ipotizzare che il termine derivi dal latino

Porticalium o Porticalia data la presenza, nelle immediate vici-nanze, di un portico localizzato lungo il limite settentrionale

dell’anfiteatro (Schingo, op. cit., p. 66, fig. 1), all’interno delquale avrebbero avuto i loro banchi i cambiavalute (supra, n.51).

66. P. es. A. Fulvio, Antichità di Roma con le aggiuntioni eannotazioni di Girolamo Ferrucci, Venezia, 1588, p.166; Huel-sen, op. cit., p. 317.

67. Varrone, De Lingua Latina, V, 32: «Locus ad Busta Gal-lica, quod, Roma recuperata, Gallorum ossa, qui possederunturbem, ibi conservata ac consepta»; Valentini, Zucchetti, op.cit., IV, p. 423; M. Armellini, Le chiese di Roma dal secolo IV alXIX, Roma, 1942, p. 184. Secondo Livio (V, 48) i Galli stessibruciavano in questo luogo i corpi di coloro che morivano du-rante l’assedio.

68. Roma antica di Famiano Nardini, edizione terza romanacon note, ed osservazioni storico-critiche, Roma, 1771, p. 97.

69. Gnoli, op. cit., p. 119.70 Fedele, op. cit., 1906, p. 184; Huelsen, op. cit. p. 317.71. P. Egidi, Libro di anniversari in volgare dell’ospedale del

salvatore, in «Archivio della Società Romana di storia patria»,1908, n. 5, p. 205.

72. V. p.73. ASR, Camerale III, b.1882 [S. Maria ad Nives], f. 44.74. Ullman, op. cit., p. 196.75. R. Lanciani, Il panorama di Roma delineato da Antonio

van den Wyngaerde, in «Bullettino della Commissione Archeo-logica del Comune di Roma» 1895, p. f. (?)

76. B.L. Ullman, Additions and corrections to CIL, in «Clas-sical Philology», 1909, 4, p. 196: «in quondam subcolumnioSancte Mariae ad Busta Gallica in Regione Montium erant hiversus. Anno milleno bis. c. sestoq. deno A cristo nato paulotunc fonte renato. Papa gregorio residente sua sede nona».

77. Ibidem, p. 192; v. Ronchetti in questo fascicolo.78. Wolfenbüttel, Herzog-August-Bibliothek, Cod. Guelf.

136 extrav., f.49.79. Supra, n. 60.80. Fulvio, op. cit., p. 166.81. Ibidem; Armellini (op. cit., p. 139) data la distruzione al

1587.82. F. Schotto, Itinerari Italiae rerumq. Romanorum,

Antwerpen, 1600, p. 166.83. Non è chiara l’origine del nome della torre; secondo la

Amadei (op. cit., pp. 17 -19) deriverebbe da un titolo nobiliareo da un nome di persona.

84. Milano, Biblioteca Ambrosiana, Archivio Falcò Pio diSavoia, Sez. II, n. 50, Memoria contabile (dal 23 marzo 1626 al5 giugno 1627), cit. in E. Bentivoglio, La villa del cardinale Car-lo Emanuele Pio di Savoia al Colosseo. Il «casino novo» e Fran-cesco Peperelli, in «Quaderni del Dipartimento Patrimonio ar-chitettonico e urbanistico», 2004, 27-28, p. 21.

85. Fulvio, op. cit., p. 166.86 Ibidem.87. Lanciani, Storia degli scavi, cit., II, pp. 237-238.88 Tomassetti, op. cit., p. 171.89 Schingo, op. cit. p. 66, fig. 1, n.5 e p. 72.90. Schingo, op. cit. p. 83, nota 53.91. Ringrazio Gianluca Schingo per il supporto informati-

co necessario per l’esatto posizionamento della torre.92. Documenti storici del Medioevo relativi a Roma e all’A-

gro Romano raccolti da A. Coppi comunicati all’Accademia diArcheologia il dì 9 gennaio 1862, in «Dissertazioni della Ponti-ficia Accademia Romana di Archeologia», 1864, 15, p. 264.

93. ASR, 30NC, Uff. I, Sanus Perellus, vol. 8, cc. 80r – 81r:concessione di un «ortum cum turri [...] iuxta Ecclesia S.tæMariæ de Portugallo» di spettanza del Monastero di S. MariaNova

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