VEDI TU collettivo di ricerca sul contemporaneo SETTEMBRE 2014
VEDI TUcollettivo di ricerca sul contemporaneo
SETTEMBRE 2014
BIOGRAFIA
Non serve a niente essere vivi se bisogna lavorare“Nadja” di André Breton
Il collettivo “Vedi tu” nasce nel 2011, in occasione di un incontro tra un gruppo di artisti e di curatori che volevano fare una piccola ricerca sul mercato dell'arte e sul mercato in generale.
Ognuno di noi aveva, la sua esperienza personale nel campo del design, dell'arte, della comunicazione. Tutti assieme avevamo deciso che ciò che ognuno di noi faceva singolarmente non sarebbe entrato nel progetto. Quando nacque il collettivo stavamo un po' sparsi, alcuni di noi lavoravano a Londra, altri esponevano in Latinoamerica, altri ancora stavano in Italia. Dopodichè il collettivo è cambiato, mutato, coinvolgendo alcune persone e lasciandone altre.
Il collettivo si compone di chiunque s'interessa ai nostri temi, o ne propone di affini.
Mercato come evanescenza, come ciò che vediamo ogni giorno, ma anche più addentro, come modificazione antropologica dell'uomo (e della donna) immerso nel mercato.
Abbiamo partecipato ad alcune mostre, sempre passando attraverso bandi o concorsi, proprio per verificare il nostro lavoro senza appoggiarci all'attività di ogni singolo componente.
Abbiamo indirizzato il nostro percorso, anche attraverso manifeste provocazioni, verso un utilizzo politico dell'arte. Il nostro obiettivo è la riattualizzazione del concetto di Scultura sociale di beuyissiana memoria, ovvero l'idea di opera d'arte totale.
Utilizzando, dunque, il concetto di arte partecipata dell'artista tedesco, il nostro molteplice collettivo guarda all'interazione con il pubblico attraverso forme multimediali, come il nostro blog. In tal senso, anche per l'utilizzo dei social network il nostro riferimento è Ai Weiwei.
Molti dei testi di seguito proposti, ed ulteriori approfondimenti, si possono trovare sul nostro blog:
www.veditu.blogspot.it
contatti:[email protected] oppure 3420731462
MOSTRE
2011: MA DICI A ME? – mostra collettiva diffusa – Palazzo Morpurgo(Ud)
2012 : RICOMINCIO DA TE – mostra collettiva – Teatro nuovo Giovanni da Udine
2013: LAVORO/WORK/VORE – Spazi Pubblici arte Contemporanea – Villa Di Toppo Florio – Buttrio (Ud)
IL SOGGIORNO DEGLI ARTISTI E DEI POETI – Arta Terme (Ud) - selezionato
ARTE E SALVAGUARDIA DEL TERRI TORIO – Palazzo delle arti di Paternò (Catania). Collettiva dell'associazione “Ideattiva”
➢ 2014: LA TERRA DEI FUOCHI – Real Sito delle seterie di San Leucio (Caserta)
➢ Jacopo Linussio e Jeans - Palazzo Frisacco Tolmezzo (Ud) - MINI MU Trieste
Attualmente abbiamo partecipato a vari bandi che prevedono, eventualmente, mostre collettive entro la fine dell'anno. Le occasioni in cui singoli membri del collettivo hanno esposto lavori propri sono escluse da questo elenco.
Sempre sul Blog si possono trovare vari testi elaborati collettivamente per mostre o destinati alla stampa.
COMMERCIAL ART
L'arte commerciale è la provocazione, poi non rivelatasi per niente provocatoria, immaginata nel 2011 da cui nasce il nostro collettivo. Di seguito riportiamo il testo del Manifesto per un'arte commerciale, la cui diffusione in rete muove il tutto, e End/Start, ovvero il testo conclusivo, in cui traiamo le conseguenze del nostro gesto. La possibilità di una traduzione trilingue (italiano, inglese, sloveno) ci ha permesso di diffonderlo nel mondo a migliaia di artisti, intellettuali, gallerie.La presentazione, avvenuta alla prima dello spettacolo “Art” nel salone del Teatro Giovanni da Udine, ha coinvolto un senza tetto che ha distribuito il Manifesto agli spettatori avvolti nei loro migliori vestiti, mentre di sottofondo si sentiva il nostro lavoro.
MANIFESTO PER UN' ARTE COMMERCIALE - MANIFESTO FOR A COMMERCIAL ART - MANIFEST TRŽNE UMETNOSTI
MANIFESTO PER UN' ARTE COMMERCIALE
La bruttezza del presente ha valore retroattivo.
Karl Kraus
1. Viviamo nel mondo del Mercato e della sua crisi senza soluzione.
Immersi nel monologo autoelogiativo, nel discorso ininterrotto che il
Mercato tiene su se stesso. Come i condannati del racconto "Nella
colonia penale" di Kafka, siamo infilati in una macchina che incide
sul nostro corpo la Legge.
2. Consideriamo che la ricerca artistica sia la falsa coscienza di chi non riesce a profittare del mercato, ma solo a subirlo. Anche chi
sputa sull'arte, chi teorizza la sua fine o chi è molto puro e
socialmente impegnato, alla fine se la gode se riesce a entrare in una
piccola galleria, in una sconosciuta collana, in un teatro periferico.
3. Siamo contro ogni idea romantica sull'arte. Odiamo il genio e
sregolatezza, l'artista profetico, le pose d'artista. Il genio è
rigore e fa quello che può. Odiamo l'eternità e siamo per l'effimero.
Solo le cose che passano sono quelle che restano. Preferiamo pensare
la nostra opera sulla mensola di un bagno piuttosto che in un grande
museo.
4. Pensiamo che l'arte contemporanea non abbia di se una conoscenza
ontologica, ma solamente tecnica, strumentale, procedurale e che metta
il suo impegno massimo nella relazionalità e nell'efficacia tecnica e
operativa. Il maggior merito dell'artista d'oggi è aver rimosso sia
l'orgoglio che la vergogna dell'arte, negando a sé e al suo lavoro
un'orizzonte di verità. Nessuno può oggi immaginare seriamente che
l'arte salverà il mondo, né comprenderà la vita o ad essa si
sostituirà. Questa è la nostra conquista di libertà, immersa nel
Mercato.
5. Non ci interessano il gusto, la sensibilità, la cultura perché non ci
interessano i ristretti circoli, gli appassionati, le belle riviste.
Ci interessa parlare a molti, stare sulla strada, essere accessibili a
tutti. Non ci interessa dire qualcosa di elevato, ci interessa
vendere. Ma nel Mercato le due cose coincidono. Contro ogni
intellettualismo, l'immediato sensibile è il nostro terreno e il
mercato il nostro linguaggio.
6. Per arrivare a tutti accettiamo le forme di comunicazione del
Mercato, per trarre profitto dal nostro lavoro ci adeguiamo alle
immagini del dominante. Vogliamo descrivere nel modo più semplice
possibile, cinicamente, ciò che abbiamo attorno, ciò che dalla nostra
nascita respiriamo : il Mercato. Che cosa né farà il nostro Cliente
non ci riguarda. Ne usi per proprio piacere, per elogiare il Mercato o
di contro per attaccarlo, ne usi per tenere in piedi un tavolino, per
coprire una macchia sul muro, come posacenere non ci interessa.
7. Vogliamo stare nel Mercato come pesci nell'acqua e rivendichiamo di
non voler nascondere questa nostra scelta. Siamo pronti a
contraddirci, non a illuderci.
VEDI TU
Le versioni inglese e slovena si trovano sul blog: www.veditu.blogspot.it
end/start
La nostra ricerca registra la cronaca di una fallita provocazione. Abbiamo
iniziato la nostra esperienza come collettivo immaginando che l’arte non
fosse altro che un settore della
società, con le sue professionalità e il
suo essere immersa nel Mercato. Pensando
che, parafrasando Debord, “(l’arte) non è
un insieme di immagini, ma un rapporto
sociale tra le persone, mediato dalle
immagini”. Mai avremmo pensato di avere
ragione.
“Per quanto riguarda l'arte, è noto che
alcuni suoi periodi d'oro mancano di
qualunque rapporto con lo sviluppo
generale della società e perciò anche con
le basi materiali, l'ossatura, della sua
organizzazione” diceva Marx nel 1857 e
tanto ci sembra oggi, a progetto
concluso. Come qualunque libretto d’
istruzioni per l’uso di un elettrodomestico, possiamo dire che “Essere
artista non è mai stato così facile e piacevole”.
Pensavamo a una qualche reazione arrabbiata per il nostro “Manifesto per
un’arte commerciale” e non immaginavamo, invece, che il fastidio per la posa
d’artista e per il sublime romantico portasse molti artisti ad accogliere le
nostre tesi come una liberazione o comunque come un motivo d’interesse. Né,
soprattutto, che alcune gallerie ci accogliessero.
“L’arte, fortunatamente, è un mercato e noi divinizziamo la prima perché
abbiamo divinizzato in primo luogo e soprattutto il secondo” diceva Regis
Debray. Ora che l’arte, se ha ancora un eccedente rispetto alle regole del
Mercato, è lasciata al gusto di persone pagate dal Mercato stesso, non ci
vergogniamo più di essere in Lui immersi.
Abbiamo scritto il Manifesto come esperienza liberatoria, lo abbiamo diffuso
con i mezzi usuali nel Mercato (blog, mail, social network) cercando gli
interlocutori in maniera totalmente anarchica tramite gli archivi trovati su
siti internet specializzati o scavando nelle nostre librerie. Esiste una
misura del risultato del nostro lavoro? Forse no, però abbiamo i dati del
nostro blog: in tre mesi 1800 contatti, di cui 100 dagli USA, 66 dalla
Germania, 21 dal Regno Unito, 20 dalla Federazione Russa, fino ad arrivare
ai contatti di Singapore e Sud Africa.
Il nostro Manifesto è come il filosofo di Merleau-Ponty che “si riconosce
dall'avere inseparabilmente il gusto dell'evidenza e il senso
dell'ambiguità”. Ambigua ed evidente è stata anche la performance che
abbiamo tratto da questa esperienza, quasi un lavoro barocco sull’arte e il
suo Mercato. Il progetto, presentato a Udine in una collettiva (ricomincio
da te), è composto da : un’installazione audio con lettura di alcune delle
risposte giunte al manifesto (anonimi i lettori, con voce deformata, anonimi
gli autori); la diffusione al pubblico dell’inaugurazione del Manifesto da
parte di un clochard ingaggiato per l’occasione, la vendita di un Cd con
l’audio in varie versioni a un prezzo simbolico. L’arte commerciale non
dev’essere per forza costosa, ma accessibile.
Diceva Sartre: “Lo sai, mettersi ad amare qualcuno è un'impresa. Bisogna
avere un'energia, una generosità, un accecamento. C'è perfino un momento, al
principio, in cui bisogna saltare un precipizio: se si riflette non lo si
fa”. Noi vorremmo estendere l’esperienza e produrre un movimento partecipato
che sappia fare un salto con amore nel Mercato. E dunque Saltate!
E, per le prossime esperienze, visto che in fondo la nostra biografia inizia
da qui, come dice Natalia Molebatsi “catch me if you can”.
La registrazione che ne abbiamo tratto si può trovare su youtube o vimeo
http://www.youtube.com/watch?v=tz9ToMd3sXg
http://vimeo.com/38007748
TODAY
Today è stato creato ad hoc per una mostra dal titolo Lavoro/work/vore. Abbiamo pensato a tre momenti, un video, una performance e un'installazione per definire il lavoro nella società contemporanea.
Il lavoro inteso come diritto fondamentale della persona, non ha caso quella italiana è una Repubblica fondata sul lavoro, o come ambizione per molti giovani, e non solo, non ci ha interessato.
O meglio ci ha interrogato in quanto narrazione obbligatoria in tempo di crisi, che lascia nascosto tutto ciò che svela il lavoro stesso come sfruttamento o autosfruttamento e le manifestazioni di questa verità.
Lafargue nel 1887 pubblicava il "Diritto alla pigrizia", in cui la passione per il lavoro alienato, visto che già allora di fronte alla rivoluzione delle macchine ipotizzava fossero necessarie solo 3 ore di lavoro quotidiano per coprire i bisogni dell'umanità, è vista come la causa della degenerazione intellettuale tipica delle società capitalistiche, generatrice di miserie individuali e sociali.
L'alienazione del lavoro ha le sue perversioni e su quello indaghiamo.
Il lavoro inutile: Today1 Il video, con un bambino che rompe delle pietre, richiama quello dei campi di lavoro in cui si ritrova un noto intellettuale raccontato da Erri de Luca. Le atroci condizioni di lavoro sono superate nella ricerca di far scaturire una scintilla dalla pietra che, senza motivo se non la sua stessa sofferenza, deve spaccare con una mazza ogni giorno. Nei gulag il lavoro inutile serviva a demotivare, affaticare, rendere inumani i reclusi attraverso la sua ripetitività.
Come e più che ne “Gli spaccapietre” di Courbet l'azione appare inutile e volta a disumanizzare e a privare il protagonista della volontà di cambiare la sua condizione.
Il video, in edizione leggera, su può trovare su:
http://vimeo.com/61654083 oppure suhttp://www.youtube.com/watch?v=uWZjZ2NaFL0&feature=youtu.be
altri video e foto su : www.veditu.blogspot.it
Il riferimento sono le battaglie dell'ultrasinistra inglese negli anni della Thatcher.Spezzoni della performance si trovano in rete assieme alle foto tratte dalla stessa (WWW.veditu.blogspot.it)
Il video si trova su: http://vimeo.com/73137712
oppure su : http://www.youtube.com/watch?v=RHH-J9A7U2k
3) L'installazione riproduce uno striscione dei supermercati che prolificano ovunque, con la scritta “domenica aperto”. E' uno scarto epocale rispetto all'idea di lavoro e di riposo e segna la fine dell'idea di giorno libero, dedicato dai religiosi alla preghiera e dai laici al recupero delle energie. I costi umani e materiali di tale negazione sono il fulcro di Today3
2) Nell'occasione abbiamo anche prodotto una performance, Today2, ispirata al manifesto che riportiamo qui a fianco, in continuità con esperienze di altre artiste e artisti.
La performace, con una donna sedata che ha dormito durante l'inaugurazione della mostra, intende rifiutare il lavoro come sfruttamento, mettendo in causa il concetto di “divinizzazione del lavoro e conseguentemente il diritto al controllo del proprio tempo e della propria vita.
La tecnologia esistente ci permetterebbe gia oggi di riprendere il controllo delle nostre vite e vivere per il piacere e non per il dolore.
MATER(ZOOPOLITICA)
L'idea nasce quando un nostro amico si taglia, per la prima volta in 40 anni, i capelli a zero. Scopre così di avere delle tracce, dei segni nel cranio, della sua infanzia, dovuti a qualche caduta in piccolissima età.
Il mercato e la famiglia sono i due istituti che ci trafiggono dalla nascita, in cui siamo da subito immersi e che ci condizionano non solo da un punto di vista culturale, ma incidono nella nostra “nuda vita”.
La moda e l'educazione, ad esempio, sono i segni superficiali del mercato e della famiglia. Come ci vestiamo, come parliamo o ci comportiamo a tavola sono la manifestazione di questa influenza
Ma nella zoè (in ciò che Agamben definisce«il semplice fatto di vivere, comune a tutti gli esseri viventi), il non conscio né evidente, abbiamo cicatrici più profonde. La nostra mutazione verso un diverso corpo sintetizzato da decenni di mercato, e famiglie ora più che mai diverse poiché plasmate nel mercato, sta in queste deformazioni antropologiche.
MATER(ZOOPOLITICA)1
Per questo, la pervasività dei condizionamenti, esplosi dagli istituti totali di Foucault e persino dal Panopticon ( carcere progettato nel 1791 dal filosofo e giurista Jeremy Bentham), di cui pure Foucault si occupò, arriva alle nostre viscere, al nostro sesso, al nostro corpo.
Tre sono le immagini, come la trinità d'una religione che, sia detto sottovoce, ha sempre meno la possibilità di condizionarci, riprodotte in tre serie diverse, con diversi materiali.
mater(zoopolitica)2
the physical impossibility of peace in the mind of someone sportingIl lavoro richiama evidentemente lo squalo di Hirst. La frequentazioni di luoghi sportivi ci ha convinto dell'impossibilità di un tifoso o di uno che fa sport di non essere agonista.
L' opera ricorda l'aggressività e la frustrazione insita in ogni sport. Come nel "Regno a venire" di Ballard, pensiamo ci sia un intreccio tra politica, comunicazione e sport che porta a una regressione violenta e maschile nella percezione del reale, testimoniata direttamente (incarnata potremmo dire) dall'ex Presidente del Consiglio italiano.
MINIMA MEMORIA Lo spazio | il tempo, | la dimensione, | il divenire, | il futuro,
l'avvenire, | l'essere, | il non essere, | l'io, | il non-io | non sono niente per me (Artaud)
Nella piccola memoria che Christian Boltanski voleva mantenere, rispetto all'anonimato della morte della maggior parte delle persone, rimaneva la necessaria volontà dell'artista di recuperare immagini, pezzi di biografia, racconti. Archivi di vite che sarebbero state dimenticate, archivi di vite nuove.
Nella crisi l'archivio lo portiamo addosso. Il Mercato ha prodotto identità nuove, dati sparsi in mille rivoli della rete o immagazzinati nelle memorie delle grandi aziende che lo governano (la nostra biografia continuamente aggiornata su google, così che nemmeno la pubblicità possa essere più una sorpresa), ma anche un ritorno all'arcaico. Lo statuto della scomparsa, della morte, si modifica ondeggiando tra il postumano e l'antico.
Niente di naturale stà nella morte, se non il racconto collettivo della sua necessità. Niente di buono sta nella disposizione degli organi che si mettono in ordine solo per decomporsi, otturarsi, stravolgere il destino dei corpi. Di naturale c'è il desiderio di permanere, mentre il necessario simbolismo del seppellimento ti vuole ricacciare in pratiche noiose e allontanarti attraverso riti di separazione.
“La storia è oggetto di una costruzione il cui luogo non è il tempo
omogeneo e vuoto, ma quello pieno di «attualità»” dice Benjamin. Attuali siamo nella crisi, poiché le nostre azioni fuoriescono dal consueto e ci portano ad essere in vita su altri. Nella crescita le nostre cose rimangono tali, nella crisi si donano ed in esse ci riconosciamo.
Non serve spiegare troppo, non val la pena raccontare quello che è diventato normale, noi non ci siamo, solo testimoniamo.
L'archivio si crea spontaneamente tra il cellulare e il riuso. Capita quindi di trovare un nostro amico con i vestiti di un suo parente morto, o che ad altri vengano fatte provare le camice del padre, da poco scomparso. La
memoria minima si crea naturalmente, le piccole storie proseguono da sole, nella necessità, rivivendo, rimandando, rifiutando l'anonimato dichiarandosi, a chiare lettere oppure silenziosamente.
LEGGERMENTE CONTEMPORANEO
“La mia operazione è stata il più delle volte una sottrazione di peso; ho cercato di togliere peso ora alle figure umane, ora ai corpi celesti, ora alle città; soprattutto ho cercato di togliere peso alla struttura del racconto e al linguaggio” diceva Calvino nelle Lezioni americane. E tanto ci viene in mente dopo la lettura di alcuni testi di importanti curatori, esperti (studiosi non esiste più, sa di peso), di arte contemporanea.
Ma perché gli stessi, magari introducendo il catalogo di una loro mostra diventano “pesanti”, strutturati, mentre quando danno la loro visione generale del contemporaneo si sentono leggeri?
E perché un nostro caro filosofo, Agamben, risulta convincente quando
s’interroga su cosa sia il contemporaneo, ma va fuori giri se scrive di arte
contemporanea?
Scrivendo di un pensatore apprezzabile come Sismondi, Marx disse
“Egli giudica in modo convincente le contraddizioni della produzione
borghese, ma non le capisce”. Il contemporaneo si mostra, semmai si valuta, ma non si indaga, non si capisce. Non perché sia incomprensibile, ma perché
si butta avanti nella sua realtà oggettuale, s’incasella, forse, si lega
(una citazione non si rifiuta a nessuno) ma non si può riflettere.
Non riguarda solo l’arte ma, ad esempio, la politica. Chi proprio non ha di
meglio da fare provi, come ha fatto Alessandro Leogrande (lo straniero) e
come abbiamo fatto noi, a mettere a confronto due scritti che si cimentano
con lo stesso pensatore a quasi 30 anni di distanza : Matteo Renzi
nell’introduzione a Destra e Sinistra di Bobbio e Bettino Craxi nel Saggio
su Proudhon (1978). “Come sia finita la parabola craxiana è noto a tutti. Ma
se dovessimo rimanere al solo aspetto testuale ...... beh, il confronto è
davvero impietoso”. La differenza non è, però, tra livelli diversi di
qualità, ma tra struttura e velocità, pesantezza e leggerezza nell’
interpretazione del decisionismo in tempi, questi si, diversi..
Forse le cose sono più profonde, per quanto stiamo immersi in una gioiosa, o
melanconica, superficialità e la profondità, semmai, risulta essere solo un
incastro di superfici. Il povero Lukacs, in un suo brutto articolo, ci
soccorre. Prende un “dotto” del suo tempo, Max Weber : economista,
sociologo, storico, filosofo, politico. Esperto di tutto, a suo agio in
tutti i campi dell’arte e della sua storia. “Eppure non c’è in lui neppure
l’ombra di un vero universalismo... poiché mai realizzò una sintesi di
questa sociologia con questa economia e con questa storiografia, era
necessario che la separazione specialistica di queste scienze restasse
intatta anche nella sua testa”. Come mai siamo di fronte a questa
dissociazione? Dice L. che la divisione sociale del lavoro non colpisce solo
gli sfruttati, ma anche gli sfruttanti. Li condiziona, anche se le loro
vite sono, naturalmente, diverse.
Dicono i 99 posse “la mia testa è un focolaio di sovversivi”. Focolai
appagati e sconnessi si muovono nei nostri cervelli irrorati dal Mercato.
Potrebbe, ognuno di noi, dire come Sir Bradley Wiggins (ciclista che pure un
Tour l’ha vinto) : “I’ve always been a bit of all trades, master of none”?
Il nostro cervello diviso divide anche i linguaggi. Solo che una lingua
tecnicamente sempre più specifica, sempre più alteramente concentrata,
riduce i suoi termini, come a diventare esoterica. Involontariamente si pone
come comprensibile agli altri che la parlano, nella Babele delle molte micro
tecniche, incomprensibile ai più. Ma interessa essere comprensibile ai più?
A seconda del Mercato. Se voglio parlare ai miei pari, allora uso un regime
linguistico, se intendo vendere un altro. Dalla purità al creolo il
passaggio è breve, millimetri del mio cervello. Il Mistero che vela il
segreto profana la sua verità, ossia la semplice vita (Magris).
C’è qualcosa di vero nella leggenda che vuole che dormendo vicino ad un
libro se ne assumono i contenuti. Già avevamo scritto queste righe quando ci
è capitato di prendere in mano “Eroi ed antieroi nell’arte tedesca” di Marco
Minnini. Citiamo : “Potremmo affermare che Feldmann è un manierista, mentre
Kiefer è il muscoloso Buonarroti dei nostri tempi. Medardo Rosso contro
Rodin. Monsieur Hulot contro Schwarzenegger. E naturalmente anche una
vecchia storia: Davide e Golia...". Ovvero un testo che fa scontrare il
leggero Feldmann con il pesante Kiefer. Come mai, però, quando una delle
opere a maggiore densità di pesantezza del duro Anselm, “i 7 palazzi
celesti”, viene fotografata si fa di tutto per alleggerirla? la stessa
riflessione vale per una delle performance più crude che abbiamo
recentemente visto. Il video del lavoro poteva essere tranquillamente il
trailer di un film con Brad Pitt.
Ma parlando di leggerezza, mentre sotto il nostro ufficio, un rigurgito
novecentesco propone una discussione in libreria su Baudelaire, sicuro
pesante, e per non essere noi pesanti, ci sà è meglio approfittare che oggi
c’è il sole. Leggero è chi il leggero fa.
Foto, video, lavoricommercial art: traccia audio – performance con video, clochard, copie del manifesto, spazio borghese
A.Dorme (Today2) : foto 30x30 cm. Stampa su materiali vari
Today2: performance per donna sedata. Durata variabile – video 1h
Today1 (senza la scritta): foto stampata in varie dimensioni e supporti (originale 10x15cm)-video 7 minuti
Today3: striscione, pellicola adesiva su PVC. Traccia nera cm 100x600
Mater (zoopolitica): foto elaborate – 50x75 cm vari supporti
Tpiopimoss: intallazione – legno, vetro, pallone da calcio
Leggermente contemporaneo: video, 40' vari formati
proprio per la nostra idea di utilizzo del web, alcuni lavori sono stati utilizzati solo per il blog.