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Pomponio Torelli, Vittoria (tragedia, 1603), a c. di Stefano Tomassini, in Pomponio Torelli, Teatro, a c. di Alessandro Bianchi, Vincenzo Guercio, Stefano Tomassini, Parma: Guanda,

Feb 27, 2023

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Opere di Pomponio TorelliVolume secondo

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ISBN 978-88-6088-917-1

g 2009 Ugo Guanda Editore S.p.A., Viale Solferino 28, ParmaGruppo editoriale Mauri Spagnol

www.guanda.it

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POMPONIO TORELLI

TEATRO

Introduzione di Vincenzo GuercioTesti, commenti critici e apparati a cura di

Alessandro Bianchi, Vincenzo Guercio, Stefano Tomassini

UGO GUANDA EDITOREIN PARMA

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L’Edizione delle Opere di Pomponio Torelli, ideata dal Dipartimen-to di Italianistica dell’Universita degli Studi di Parma e da L’Argo-nauta s.c.r.l., e stata realizzata grazie al sostegno economico e allasensibilita di

con il patrocinio di

Provincia di Parma Comune di Montechiarugolo

e con la collaborazione della Biblioteca Palatina di Parma, dellaBiblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III di Napoli e dell’Archi-vio di Stato di Parma.

Comitato scientifico: Rinaldo Rinaldi (Parma), Lina Bolzoni (Pisa),Emma Giammattei (Napoli), Francesca Fedi (Parma), Maria PiaEllero (Basilicata), Vincenzo Guercio (Bergamo).

Comitato di redazione: Nicola Catelli, Andrea Torre, AlessandroBianchi, Fabrizio Bondi, Gianluca Genovese, Stefano Tomassini.

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VIIINDICE

Indice

Presentazione IX

Dalla Merope al Polidoro: sulla storia del tragico torellianodi Vincenzo Guercio XI

Tavola delle abbreviazioni XXV

Criteri generali di trascrizione XXXIII

Merope 1

Tancredi 101

Galatea 211

Vittoria 329

Polidoro 443

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VIII TEATRO

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IXPRESENTAZIONE

Presentazione

Tra le principali attivita che informano la presenza della Fondazio-ne Cariparma (sostegno alla famiglia, alla sanita, all’istruzione e allaricerca) la conservazione, la promozione e lo studio del patrimonioartistico e culturale del territorio parmense ricopre un ruolo nonmarginale.

Sollecita, infatti, e stata l’attenzione al progetto di particolareimportanza storica e filologica dedicato alla pubblicazione dell’o-pera omnia di Pomponio Torelli.

In occasione del quarto centenario della morte del poeta, benvenga quindi un mirato studio che, cosı compiutamente, offra allanostra comunita l’occasione di « riscoprire » e di approfondire lafigura intellettuale del conte di Montechiarugolo, insieme al conte-sto storico e culturale parmense che lo vide protagonista.

Un articolato progetto scientifico che – coordinato dall’Univer-sita degli Studi di Parma – contribuisce, a mo’ di puntuale tassello,a ricomporre l’affascinante e millenaria identita storica e culturaledelle nostre terre.

Carlo GabbiPresidente Fondazione Cariparma

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X TEATRO

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XXVTAVOLA DELLE ABBREVIAZIONI

Tavola delle abbreviazioni

Opere di Pomponio Torelli

Le tragedie vengono citate dalla presente edizione; con Polidoro1990 s’intende l’edizione curata da Vincenzo Guercio per la NuovaItalia, 1990; con Merope 1999, l’edizione curata da Vincenzo Guer-cio per Bulzoni, 1999. Le opere liriche vengono citate da: Pompo-nio TORELLI, Poesie. Con il Trattato della poesia lirica, Parma,Guanda, 2008. Con Debito s’intende il Trattato del Debito delCavalliero, Parma, Viotti, 1596.

Testi di altri autori e studi

ARIOSTO, OfLudovico Ariosto, Orlando furioso, a cura di L. Caretti, Torino,Einaudi, 1971.

ARISTOTELE, PoeticaAristoteles, Poetica, a cura di D. Pesce, Milano, Rusconi, 1995.

BANDELLO, NovelleMatteo Maria Bandello, Novelle, a cura di D. Maestri, 4 voll.,Alessandria, Dell’Orso, 1992-1997.

BARILLI, La tragedia « Vittoria »Arnaldo Barilli, La tragedia « Vittoria », in Il Correggio e altri studi,Parma, Bodoniana, 1961, pp. 175-212.

BATTAGLIA

Salvatore Battaglia, Grande Dizionario della Lingua Italiana, 23voll., Torino, UTET, 1961-2002.

BOCCACCIO, ComentoGiovanni Boccaccio, Il comento alla Divina Commedia e gli altriscritti intorno a Dante, a cura di D. Guerri, 3 voll., Bari, Laterza,1918.

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XXVI TAVOLA DELLE ABBREVIAZIONI

BOCCACCIO, Dec.Giovanni Boccaccio, Decameron, a cura di V. Branca, Torino, Ei-naudi, 1992.

BOTERO, Le relazioni universaliGiovanni Botero, Le relationi universali, 6 voll., Bergamo, CominVentura, 1595-1596.

BRUSCAGLI

P. Torelli, La Merope, a cura di R. Bruscagli, in Il teatro italiano, II,La tragedia del Cinquecento, a cura di M. Ariani, Torino, Einaudi,1977, tomo II, pp. 553-637.

CARO, En.Versione dell’Eneide di Annibal Caro, a cura di A. Pompeati, To-rino, UTET, 1963.

CASINI-BARBI

Dante Alighieri, La Divina Commedia con il commento di T. Casini.Sesta edizione rinnovata e accresciuta per cura di S. A. Barbi, Firenze,Sansoni, 1921.

CATULLO

Caio Valerio Catullo, Poesie, a cura di F. Della Corte, Milano,Mondadori-Fondazione Lorenzo Valla, 2003.

CAVALLERINO, TelefonteAntonio Cavallerino, Telefonte, Modena, Paolo Gadaldino, s. d. ma1582.

CICERONE, TimaeusMarco Tullio Cicerone, Timeo, in I paradossi degli stoici, Il Timeo,Della divinazione, Sul destino, a cura di O. Tescari, F. Pini, R.Giomini, Milano, Mondadori, 1969.

DANTE ALIGHIERI, Inf.– Purg – Par.Dante Alighieri, La Commedia secondo l’antica vulgata, 4. voll, acura di G. Petrocchi, Milano, Mondadori, 1966-1967.

DANTE ALIGHIERI, MonarchiaDante Alighieri, De monarchia, a cura di R. J. Lokaj, in Le operelatine, a cura di L. Coglievina, R. J. Lokaj, G. Savino, introd. di M.P. Stocchi, Roma, Salerno [I Diamanti], 2005.

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XXVIITAVOLA DELLE ABBREVIAZIONI

DECIO, AcripandaAntonio Decio, Acripanda, in Muzio Manfredi, Semiramis, AntonioDecio, Acripanda. Due regine del teatro rinascimentale, a cura di G.Distaso, Taranto, Lisi, 2002.

DOLCE, Dialogo dei coloriLodovico Dolce, Dialogo nel quale si ragiona della qualita, diversitae proprieta dei colori, Venezia, Marchio Sessa e fratelli, 1565 (ri-stampa anastatica Bologna, Forni, 1985).

EURIPIDE, CiclopeEuripide, Ciclope, a cura di G. Paduano, Milano, BUR, 2005.

EURIPIDE, EcubaEuripide, Ecuba, in Ecuba, Elettra intr. di U. Albini, trad. e pre-sentazione di U. Albini e V. Faggi; note di C. Bevegni, Milano,Garzanti, 2006.

EURIPIDE, FenicieEuripide, Fenicie, a cura di E. Medda, Milano, BUR, 2006.

FAZIO, DittamondoFazio degli Uberti, Il Dittamondo, in Il Dittamondo e le rime, a curadi G. Corsi, Bari, Laterza, 1952.

FICINO, El libro dell’Amore (Libro dell’Amore)Marsilio Ficino, El libro dell’Amore, a cura di S. Niccoli, Firenze,Olschki, 1987.

GIRALDI, OrbeccheGiovan Battista Giraldi Cinzio, Orbecche, in Teatro del Cinquecen-to. La tragedia, a cura di R. Cremante, Milano-Napoli, Ricciardi,1988.

GUERCIO, La tragedia « Vittoria » di Pomponio TorelliVincenzo Guercio, La tragedia « Vittoria » di Pomponio Torelli el’ideologia della Controriforma, in P.R.I.S.M.I., Esprit, lettre(s) etexpression de la Contre-Reforme a l’aube d’un monde nuoveau, Ac-tes du Colloque international 27-28 novembre 2003, UniversiteNancy 2, no 6-2005, pp. 179-249.

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XXVIII TAVOLA DELLE ABBREVIAZIONI

HYGINUS, Fabularum LiberHYGINI Augusti liberti Fabularum Liber, Basileae, Apud IoannemHervagium, 1535.

INGEGNERI, Della poesia rappresentativaAngelo Ingegneri, Della poesia rappresentativa e del modo di rap-presentare le favole sceniche, a cura di M. L. Doglio, Modena,Panini, 1989.

LANDINO, ComediaCristoforo Landino, Opere del divino poeta Danthe con suoi comen-ti, Venezia, B. Stagnino, 1520.

LIVIERA, CresfonteGiovambattista Liviera, Cresfonte, Venezia, Albrizzi, 1750.

LUCANO, Phars.Marco Anneo Lucano, La guerra civile (Farsaglia), a cura di G.Viansino, Milano, Mondadori, 1995.

MACHIAVELLI, DiscorsiNiccolo Machiavelli, Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio se-guiti dalle Considerazioni intorno ai Discorsi del Machiavelli di Fran-cesco Guicciardini, a cura di C. Vivanti, Torino, Einaudi, 2000.

MACHIAVELLI, PrincipeNiccolo Machiavelli, Il Principe, a cura di G. Inglese, Torino, Ei-naudi, 2006.

MANCA

Pomponio Torelli, Vittoria, Sassari, Diesse, 1981, ed., intr. e note diF. Manca.

MARINO, AdoneGiovan Battista Marino, Adone, a cura di M. Pieri, 2 voll., Bari,Laterza, 1977.

MORINI

Il Tancredi: modello ed evoluzione nella tragedia del Cinquecento,Milano, Unicopli, 2004, ed., intr. e note di S. Morini.

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XXIXTAVOLA DELLE ABBREVIAZIONI

OMERO, IliadeOmero, Iliade, a cura di F. Ferrari, Torino, UTET, 2001.

ORAZIO, Carm.Quinto Orazio Flacco, Carmina, in Odes et Epodes, a cura di F.Villeneuve, Paris, Les Belles Lettres, 199113.

OVIDIO, Met.Publio Ovidio Nasone, Metamorfosi, trad. di G. Paduano, intr. diA. Perutelli, Milano, Mondadori, 2007.

PAULY-WISSOWA

G. W. A. Pauly-G. Wissowa, (a cura di), Realencyclopadie derclassischen Altertumswissenschaft, Neue Bearbeitung, 84 voll., Mu-nich, Druckenmuller, 1893-1980.

PETRARCA, RvfFrancesco Petrarca, Rerum vulgarium fragmenta, a cura di R. Bet-tarini, Torino, Einaudi, 2005.

PETRARCA, TriumphiFrancesco Petrarca, Triumphi, a cura di M. Ariani, Milano, Mursia,1988 (TF, TC).

PLATONE, FedroPlatone, Fedro, a cura di M. Tondelli, Milano, Mondadori, 2007.

PLATONE, SimposioPlatone, Simposio, intr. di V. Di Benedetto, trad. e note di F.Ferrari, Milano, BUR, 2007.

PLATONE, TimeoPlatone, Timeo, a cura di F. Fronterotta, Milano, BUR, 2006.

POLE, Pro Ecclesiasticae Unitatis DefensioneReginald Pole, Pro Ecclesiasticae Unitatis Defensione, Roma, Bla-dus, s. d., ma 1539.

POLIZIANO, StanzeIn: Angelo Poliziano, Poesie, a cura di F. Bausi, Torino, UTET,2006.

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XXX TAVOLA DELLE ABBREVIAZIONI

RUCELLAI, OresteGiovanni Rucellai, Oreste, in Le opere di M. Giovanni Rucellai,Padova, Comino, 1772.

SANNAZZARO, ArcadiaIacopo Sannazzaro, Arcadia, a cura di Francesco Erspamer, Mila-no, Mursia, 1990.

SENECA, Agamemnon, Phaedra, Medea, Oedipus, Thyestes; [SENE-

CA], Octavia, in: Lucio Anneo Seneca, Teatro, a cura di G. Viansi-no, 2 voll., Milano, Mondadori, 1993.

SOFOCLE, AiaceIn: Sofocle, Aiace, Elettra, a cura di E. Medda e M.P. Pattoni,Milano, BUR, 2004.

TASSO, GlTorquato Tasso, Gerusalemme liberata, a cura di L. Caretti, Bari,Laterza, 1967.

TASSO, Il Forno overo della nobiltaTorquato Tasso, Il Forno overo della nobilta, in Dialoghi, a cura diE. Raimondi, vol. II, tomo I, Firenze, Sansoni, 1958.

TASSO RimeTorquato Tasso, Le rime, a cura di B. Basile, Roma, Salerno, 2 voll.,1994.

TIBULLO, Carm.Tibullo, ELegiarum libri, a cura di F. Della Corte, Milano, Monda-dori-Fondazione Lorenzo Valla, 1980.

TOMMASEO-BELLINI

Dizionario della lingua italiana nuovamente compilato dai signori N.Tommaseo e cav. professore B. Bellini, Torino, Utet, 1865-1879.

TRISSINO, L’Italia liberata da’ GotiGiovan Giorgio Trissino, L’Italia liberata da Gotthi, Roma, Dorici,1547 (libri I-IX); Venezia, per Tolomeo Ianiculo da Bressa, 1548(libri X-XXVII).

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XXXITAVOLA DELLE ABBREVIAZIONI

TRISSINO, SofonisbaGian Giorgio Trissino, Sofonisba, in Teatro del Cinquecento. Latragedia, a cura di R. Cremante, Milano-Napoli, Ricciardi, 1988.

ULPIANO, DigestoIustiniani Digesta, recognovit T. Mommsen, Berolini, Apud Weid-mannos, 1922.

VIRGILIO, Aen.Publio Virgilio Marone, Eneide, a cura di E. Paratore, trad. di L.Canali, Milano, Mondadori, 1989.

VIRGILIO, Georg.Publio Virgilio Marone, Georgica, a cura di R. A. B. Mynors, Ox-ford, Clarendon Press, 1966.

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XXXII TAVOLA DELLE ABBREVIAZIONI

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XXXIIICRITERI GENERALI DI TRASCRIZIONE

Criteri generali di trascrizione

L’edizione delle opere pubblicate nel presente volume e stata con-dotta osservando i seguenti criteri di trascrizione, improntati a unatteggiamento di moderata conservazione: distinzione fra u e v;scioglimento di tutte le abbreviazioni, puntate e tachigrafiche (com-presi i casi che’l, onde’l e simili); normalizzazione degli accenti(appo, a ecc. > appo, a ecc.) e in particolare resa del che causalecon che; introduzione di apostrofi e segni diacritici, con segnala-zione dell’apocope postvocalica (a’, ne’, de’, co’), della caduta dinasale dentale (no’ per non), dei plurali privi di i conclusiva (fior’) e,dal punto di vista metrico, delle dieresi; modernizzazione dell’usodelle maiuscole, ad eccezione del maiuscolo di riverenza relativoall’autore, del maiuscolo nei casi di chiara personificazione (secon-do tale criterio si e talvolta provveduto a integrare le maiuscolemancanti), e di quello all’inizio del verso.

La congiunzione e/et e la nota tironiana sono state rese con etdavanti a vocale o h, con e davanti a consonante. Sono state man-tenute le grafie con h etimologica o pseudoetimologica sia all’iniziosia all’interno di parola, anche nei digrammi rh, ph, ch, th, ma conl’eccezione delle forme del verbo avere divergenti dall’uso moder-no; allo stesso modo si sono conservati i nessi ti e tti, all’inizio oall’interno di parola, e la x latineggiante. Il digramma ij e‘ stato resocon ii.

Si e‘ provveduto a separare alcune parole (ad es. amano amano >a mano a mano) ed e stato uniformato l’uso delle preposizioniarticolate, scritte sempre senza raddoppiamento. La punteggiaturae stata sottoposta a revisione in modo da privilegiare i legami logi-co-sintattici, pur prestando attenzione, ove possibile, alla punteg-giatura originaria e ai suoi valori ritmico-prosodici. Sono stati in-trodotti, con parsimonia, dei punti esclamativi.

Si segnala qui che, seppure nei drammi torelliani non vi siapartizione in atti (eccezion fatta per la Galatea) e scene, per como-dita del lettore si e provveduto a visualizzare il cambio d’atto escena inserendo tre salti di riga nel primo caso ed uno nel secondo.

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XXXIV CRITERI GENERALI DI TRASCRIZIONE

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329INTRODUZIONE

VITTORIA

a cura di

Stefano Tomassini

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330 VITTORIA

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331INTRODUZIONE

« Privo di radici, incapace di darsi una ragione di vitache superasse la logica dei suoi Cantos, Ezra [Pound]difese allora non l’Italia reale, della quale s’infischiava,ma la cornice dei suoi sogni ad occhi aperti. (...) LaCapua di Pier delle Vigne, la Genova di LanfrancoCigala, la Pisa di Rusticiano o Rustichello: ecco checos’era l’Italia per lui. »

Eugenio Montale (1949)

« Dobbiamo dirlo subito, ed e forse gia tardi: sarebbemancata, ai Farnese, la gloria della lingua. »

Marzio Pieri (1987)

Il manierismo non fu certo soltanto una questione di stile. Ne dicalcolo. Ma di rottura, anche. Con il modello letterario e testuale, afavore di quello visivo e performativo.1 E con il principio di auto-rita, soprattutto. Se ne rassegnino, dunque, gli esploratori degli stiliunitarı, gli accertatori di vocazioni autenticabili o, malinconicissimi,i distributori di patenti storiche.

Da qui, facile facile, appaiono allora riconoscibilissimi anche nel-l’operare poetico di Pomponio Torelli elementi dominanti tipici delmanierismo europeo, come la realta individuale trasposta per imma-gini e/o per frammenti (di « un ritratto per frammenti dell’individuo-poeta », parla infatti Andrea Torre introducendo gli Scherzi poetici);la trasgressione anche restrittiva, ma nel guadagno espressivo, delleforme e delle rappresentazioni costituite (e giustamente Nicola Ca-telli ricorda come il modello dantesco si innesta non neutrale sullaforma autoritativa del modello petrarchesco nelle Rime, mentreGianluca Genovese, per il Trattato della poesia lirica, parla di unavera e propria « curvatura razionalistica che [Torelli] fa assumere al

1 Cfr. Jon SNYDER, Mannerism and Baroque, s.v. in Encyclopedia of ItalianLiterary Studies, a c. di Gaetana Marrone, New York, Routledge, 2007, vol. 2, pp.1125-1130, cui si aggiunga il numero monografico Mano, Maniera, Manierismo di« Agalma. Rivista di studi culturali e di estetica », 13, marzo 2007.

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332 VITTORIA

concetto di auctoritas »; finanche nella mirabile versione italianadella lingua dei Carmina, data da Alessandro Bianchi, in piena tra-sparenza, e suggello alle parole di Eva Hoffman, per la quale « qua-lunque lingua, se inseguita fino in fondo, porta esattamente allostesso posto »).2 E non da ultimo, per cio che si potra vedere inquesto e nel prossimo volume delle opere di Torelli: i margini disalvezza spirituale ritagliati dall’esercizio del dubbio, dall’allenamen-to di virtu passive e dal pensiero delle emozioni (i « costumi » e gli« affetti » che sono i movimenti dell’animo, e che governano l’inte-riorita del sogno; l’humilta e l’affabilita o la vergogna che sostentanol’educazione alla milizia), contro le pretese ultimative dell’ingiustizianella politica, e della difficile autorita di giudizio nel potere (ossia iltribunale delle tragedie, specie quando conformate al modello diquelle greche, anzi, in Torelli, « piu greche delle greche »).3

C’e n’e davvero abbastanza, sembrerebbe, per liberare nuova-mente i confini di una complessa esperienza poetica e di lingua che,se se ne accetta l’idea di un accesso molteplice (quale, per altro,occasione piu ghiotta, e rara visti i tempi, della presente riedizione apiu voci di Opere in piu volumi), ossia senza strategie interpretativecapaci soltanto di rafforzare il soggetto che le enuncia escludendodi poter illuminare alcunche di quei significati che di fatto inveceincatena; ebbene, questa esperienza di scrittura di Torelli, mentresogna di assolvere a una funzione maggiore del linguaggio nellalegittima aspirazione di una lingua ufficiale, di Stato e dunquedel potere farnesiano, mostra tutta la sua apertura a nuove connes-sioni che assolvono, invece, funzioni minori.4

La « tragedia d’argomento parmigiano », e dantesco, ma anchestorico e politico,5 che qui si introduce, ha sullo sfondo l’assediodi Parma del 1247 da parte di Federico II, a cui la citta si era

2 Eva HOFFMAN, Come si dice (Lost in Translation. A Life in a New Language,1989), Roma, Donzelli, 1996, p. 309.

3 BARILLI, La tragedia « Vittoria », p. 208.4 Sul « principio degli ingressi molteplici » della critica contro la dittatura inter-

pretativa del Significante, si vd. Gilles DELEUZE e Felix GUATTARI, Kafka. Per unaletteratura minore (1975), Macerata, Quodlibet, 1996 e 2006; nonche le diverse sueesplicazioni in Deleuze et les ecrivains. Litterature et philosophie, a c. di Bruno Gelas eHerve Micolet, Nantes, Editions Cecile Defaut, 2007 (spec. pp. 269-329).

5 Per una riflessione di contestualizzazione dell’opera, di definizione del genere(« Vittoria e tragedia, per larga misura, ‘di martirio’ »), sul problema delle fonti, si vd.l’esauriente studio di GUERCIO, La tragedia « Vittoria » di Pomponio Torelli, che quiringrazio per la generosita con cui mi ha messo a disposizione il suo prezioso lavoro.

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333INTRODUZIONE

ribellata per trascorrere sotto le insegne papali. Racconta la presa diVittoria, ossia di quella « citta di Legno » costruita poco lontanodalla citta assediata e poi capitolata (nonostante il propiziante nomebattesimale) un anno dopo. Gia Mario Apollonio sottolineava comela novita di esporre in una tragedia « un episodio di vita medievale »servisse soprattutto alla « celebrazione delle glorie municipali », contutto cio che politicamente ne consegue.6

Ambientata da Torelli « ai piedi dei colli di Ciano (paesellopresso l’Enza) »,7 descrive la caduta del potente e favorito segreta-rio imperiale Pier delle Vigne per opera calunniosa di Asdente,negromante, e Uberto, astioso ghibellino lombardo. L’inverosimiletradimento e comprovato da una lettera, falsa, e involontariamentefavorito da Ezzelino da Romano, il feroce vicario dell’imperatore,figura cara al Mussato non meno che a Pound, qui in Torelli cere-brale e machiavellico. Di fronte a tanta ingiustizia Pier delle Vigne,per furore, esce di senno e cade ucciso, forse per propria mano,giusto mentre gli assediati (guelfi) sconfiggono gli assedianti (ghi-bellini), e radono al suolo quel che dovette sembrare loro unoscalognato, mostruoso riflesso di citta, il campo d’assedio Vittoria.

Anche questa tragedia, pubblicata nel 1605 come il Polidoro,« negli ultimi anni cioe della vita di Torelli, quando l’autore eratutto occupato dai problemi etici »,8 non e divisa in atti ne in scene,secondo ancora l’esempio di Trissino. Il dialogo fra i personaggi,rigorosamente nel modello greco, e sempre binario, non di radocostruito con andamento monologante, spesso a cascata, con « idiscorsi terminanti immancabilmente con un verso intero »,9 esecondo tempi di attesa, per la funzione del gioco delle battuteteatrali, irreali e sforzati loro malgrado a scolorire gli universalinarrativi.

L’effetto che ne consegue e di una netta prevalenza del tempodell’enunciazione su quello della storia, in stretta dipendenza dallaprecettistica aristotelica delle unita. Soltanto la presenza del coro,non del tutto impersonale e spesso operativa, sospende alternati-vamente lo scorrere del tempo verbale con « posizioni, obiezioni,

6 Mario APOLLONIO, Storia del teatro italiano, Firenze, Sansoni, 1981, vol. 1, p.523.

7 BARILLI, La tragedia « Vittoria », pp. 179-180.8 Guido VERNAZZA, Poetica e poesia di Pomponio Torelli, Parma, Deputazione

di Storia Patria per le Province Parmensi, 1964, p. 211.9 BARILLI, La tragedia « Vittoria », p. 210.

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dubbi piu ‘realistici’, ‘relativistici’, pragmatici ».10 E non senza re-primere, attraverso l’esercizio della pieta (quella stessa pieta, di-scussa da tanti commentatori come compartecipazione, oppureinvece impassibile ritegno di Dante di fronte a Pier delle Vignenel tredicesimo dell’Inferno), e attraverso il linguaggio (che aprela via al riconoscimento della sofferenza),11 la crudelta di cui il coroe comunque partecipe quale inerte spettatore.

Ebbe ancora a notare Arnaldo Barilli come « qua e la il volo diquesta poesia, che di solito e lento e rasenta il suolo, s’innalza ediviene piu rapido per qualche momento »,12 a conferma di unaprogettata complessita performativa della lingua, innato motoredell’immaginazione, che se da una parte attesta come la « declama-zione ad alta voce o la lettura privata diventeranno sempre piu, nelcorso del Seicento, un’alternativa accettabile e praticata per difen-dere una cittadella assediata da troppi fronti »,13 che sono poi quellidel mercato. Dall’altra, per una piu interdisciplinare storiografia(non solo) teatrale, mostra in sede teorica tutta l’inutilita di unasvalutazione di queste scritture sceniche non destinate alla rappre-sentazione, quando e proprio sul modello testuale che si sovrappo-ne, e si intensifica, quello performativo che la scrittura prosegue lasua piu concreta messa in opera: una lingua attraverso cui, comun-que, l’invenzione di una nuova possibilita dell’immaginazione hapreso forma.

La figura di Pier delle Vigne e un vero e proprio restauro testualedantesco, che in sede tragica si avvia almeno con l’Ecerenis (1314)di Albertino Mussato, ed e giocato da Torelli secondo un interesseper Dante non estraneo a quella stessa « esperienza del limite »intesa poi da Beckett e da Pound, o ancora, piu vicini a noi, daPhilippe Sollers e Peter Weiss. I nuovi limiti qui da codificare,grazie alla figura martire di Pier delle Vigne, « ispirando la suaazione politica agli ideali della pacifica convivenza fra gli uomini »,sono sı quelli della costruzione ideologica e culturale del « perfettoprincipe cristiano, ispirato a ideali di clemenza e mansuetudine, di

10 GUERCIO, La tragedia « Vittoria » di Pomponio Torelli, p. 187.11 Cfr. Martha C. NUSSBAUM, L’intelligenza delle emozioni (2001), Bologna, Il

Mulino, 2004, pp. 359-423.12 GUERCIO, La tragedia « Vittoria » di Pomponio Torelli, p. 211.13 Marzia PIERI, La tragedia in Italia, in Le rinascite della tragedia. Origini

classiche e tradizioni europee, a c. di Gianni Guastella, Roma, Carocci, 2006, p. 194.

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giustizia e di pacifismo » dell’utopia controriformistica, e certo pre-standosi, anche, « ad agnitive corrispondenze con le attuali gloriedella cristianissima casa Farnese ».14 Ma nel contempo, mediantel’adozione di inedite soluzioni narrative quali la follia (da Boccac-cio) e la morte per stramazzo (da Landino), finiscono per ridiscu-tere perentoriamente i confini teorici della sovranita nel suo rap-porto con la giustizia, entro cui si inscrive l’intera vicenda, e il sensonuovamente performativo dell’idea di humanitas nell’uomo di let-tere, per il quale l’accusa di tradimento e la perdita dell’onore fatravalicare la ricerca del senso della vita sociale e individuale da purcomplesso calcolo della ragione in una vera e propria nuova logicadelle emozioni.

Nel Pier delle Vigne di Torelli la morte violenta, accidentale oper suicidio poco importa, passa in secondo piano ripetto invecealla follia che ve lo conduce (« qual forsennato, o da furore | Novosospinto »), e che ne eccede il gesto (« Gıa per la stanza con incertoerrore »). Questa morte non e una virtu, non e martirio, non estoica accettazione dell’avversita, non e dichiarazione di colpa,non e debolezza (ossia vilta nel suicidio) di un giusto « per impa-zienza del dolore » come volle, in Dante, e non senza ambiguita,Francesco De Sanctis,15 lui sı impaziente di fornire alla nazioneuna lingua dai natali illustri e soprattutto sovrana, ben congegnatasu di una « coscienza » in cui « vi e io ». Non ha niente a che vederenemmeno con quel Pier delle Vigne che Francesco Novati leggeva,sempre in Dante, descritto in modo « inusitatamente pietoso »,giusto dopo il limite primo della « paura », ma poi quale rappre-sentazione « rampollata spontanea da un generoso impulso d’am-mirazione e d’affetto » per quel « vero e compiuto modello di fedelservitore », esempio del « vincolo indissolubile tra il sovrano ed ilvassallo, simbolo di quella che stringe l’uomo a Dio », in unaaccezione che drammatizzava l’esemplare ascesa sociale e politicadel « favorito di Cesare » per supportare ampiamente, in Novati,l’idea della storia come « notte misteriosa del passato » che il pre-sente doveva illuminare di nuovo. Insomma, l’ordine della storia

14 Lucia DENAROSI, L’Accademia degli Innominati di Parma: teorie letterarie eprogetti di scrittura (1574-1608), Firenze, Societa Editrice Fiorentina, 2003, risp. pp.340, 342 e 345.

15 Francesco DE SANCTIS, Pier delle Vigne (1855), in ID., Lezioni e saggi suDante, a c. di Sergio Romagnoli (vol. V. Opere, a c. di Carlo Muscetta), Torino,Einaudi, 1955, p. 254 poi p. 260.

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che piega il disordine del tempo; perche occorre sempre vincere ecolonizzare la « materia inerte » e, con essa, ogni « spirito ribel-le ».16 Altri tempi, si direbbe, e si vorrebbe.

O, ancora, niente a che vedere con il « dramma condensato » di« un animo nobile, che si tiene d’essere stato un giusto », del sena-tore Francesco D’Ovidio, allergico al « lusso di contrapposti, difigure, di fioretti » presenti nel canto, e infastidito dal « tono enfa-tico del dannato », « vaghissimo degli onori e insofferente dellasventura », di cui « Il solo fatto ch’ei s’era ucciso lo diceva », inuna obliqua ma perversa (e questa sı, colpevole) indicazione diconcorso tra debolezza (« fiacchezza ») morale del personaggio, estile fiorito della sua lingua.17 O infine con il suicidio come « per-vertimento » bestiale e « aberrante eccezionalita da incubo », giaesemplato nelle figure delle Arpie, di cui parla Ettore Paratore,18

per non citare che alcune tra le piu illustri interpretazioni del temanel canto dantesco.

Niente di tutto cio nel dramma politico di Torelli, ma indirettadisubbidienza al potere che pretende di sovrastare la trasparenzadella vita, unica liberta nell’epoca dell’ingiustizia e della incivilta incui il potere neutralizza il dialogo, strumento prıncipe di quellatrasparenza, quando dissenziente e non concorde: perche quandol’ordine del mondo i cui conflitti sono gestiti dal dialogo fra lementi migliori si spezza, allora solo la follia rende sopportabile ilsovvertimento del rapporto giustizia-ragione, dunque monito e av-vertimento della pericolosita di ogni sovranita la cui prima e unicacondizione risiede nel principio senza condizioni di potere.19

16 Francesco NOVATI, Pier della Vigna, in ID., Freschi e minii del dugento.Conferenze e letture, Milano, Cogliati, 1908, risp. pp. 74, 88, 99-100 e 77-78.

17 Francesco D’OVIDIO, Il canto di Pier della Vigna, in ID., Nuovi studi dante-schi, Milano, Hoepli, 1907, pp. 229, 233 e 235-236.

18 Ettore PARATORE, Analisi ‘retorica’ del canto di Pier della Vigna, in ID.,Tradizione e struttura in Dante, Firenze, Sansoni, 1968, pp. 178-220 (spec. pp.182-184).

19 Il tema della sovranita e tornato prepotentemente d’attualita nella riflessionecontemporanea; sulla distinzione adottata nel testo tra sovranita e condizione dipotere si vd. Jacques DERRIDA, Incondizionalita o sovranita. L’Universita alle fron-tiere dell’Europa (1999), a c. di Simone Regazzoni, Milano, Mimesis, 2008, conun’ottima introduzione del curatore sulle estremita del dibattito in corso, che piurecentemente prosegue anche nel dialogo fra Judith BUTLER e Gayatri ChakravortySPIVAK, Who Sings the Nation-State? Language, Politics, Belonging, London NewYork Calcutta, Seagull Books, 2007.

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La « morte vıolenta » di Pier delle Vigne, ribadita al v. 2014della Vittoria, e ultimativa reazione alla rottura insanabile dell’or-dine del mondo di fronte all’ingiustizia di un potere che per calcolopolitico tradisce l’universo morale che lo trascende (ossia quando laforza prevale sul diritto). E il risultato di un « furore » che ha resoPier delle Vigne « forsennato », ossia rappresenta il raggiungimentodella sola soglia (la follia) dalla quale il soggetto puo sottrarsi al-l’« irrequieta ma imperturbabile genealogia »20 della sovranita delpotere. Una soglia, un limite, che risale almeno al « furioso impeto »del Comento dantesco di Boccaccio, e che per gli anni di Torelli eaffine a quella stessa follia suicida di Ofelia nel quasi coevo Hamletshakespeariano, sorpresa anch’essa dal dolore e oppressa nella lin-gua da un potere corrotto alle fondamenta, testimone dell’oscurarsidella relazione tra apparenza ed essenza, della scissione tra privato epubblico, tra anima e corpo.

In Torelli non e tanto in discussione la sospensione dei dirittidell’imputato: la sovranita ha il diritto di sospendere appunto so-vranamente il diritto; Pier delle Vigne invoca addirittura una tor-tura inquisitoria (vv. 1975-6) come senz’altro capace di mostrare lasua innocenza, segnale della sua accettazione della forza accer-chiante in opera nella ‘ruota’ della tortura, e nel dispositivo delsupplizio quale circolo della ritorsione, inutile girare in tondo dellasovranita del potere. Ma per Pier delle Vigne e la costruzionecalunniosa del tradimento, a vergogna imperitura dell’accusato21

e deficit identitario nei confronti della dignita della sua persona, delraccoglimento sovrano e legittimo del se, la sua ipseita,22 a risultareinaccettabile.

Pier delle Vigne mostra nella follia come paradosso tutta ladebolezza della forza di cui e portatore; la vulnerabilita che esponeogni potere sovrano quando ha la capacita di dissociarsi dalla suagenealogica incondizionalita.

Vittoria e tragedia che puo a buon diritto essere considerata scon-tro di due mondi. Scontro ben piu composito e privato, rispetto a

20 Jacques DERRIDA, Vieni, in ID., Stati canaglia (2003), Milano, Raffaello Cor-tina, 2003, p. 9.

21 Secondo quanto esemplato da Torelli in un passo significativo del suo Trat-tato del debito del Cavalliero (1596), su cui si rimanda alla nota al v. 1964 dellapresente edizione.

22 Jacques DERRIDA, La ruota libera, in ID., Stati canaglia, cit., pp. 27-31.

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una mera contrapposizione tra potere terreno e spirituale. Ossia,scontro tra le aristocrazie delle menti, mondo nobile e ideale (la piu« vera fortezza » di Pier delle Vigne contro il « furore » dei sottopo-sti) e irrealizzabile nel tempo lungo della storia; e quello rozzodell’ambizione e dell’invidia (Uberto), della subalternita morale(Asdente), anche di un sapere non etico (come ad es. in MicheleScotto) ma strumentale, un mondo, invece, sempre in via di com-pimento.

Barilli trovava in questa tragedia anche « un fondo ironico so-brio e fine, che risulta piu dall’insieme del dramma che dalle paroledei singoli personaggi »;23 forse perche a dispetto del titolo cio chevi si racconta sono gli estremi di una piu vera sconfitta. E chiamaTorelli « petrarchista arrabbiato ».24 La rabbia e uno stato emotivodel comportamento, aggressivo e distruttivo anche in prospettiva (onella prerogativa) di un mutamento: niente male come idea. Larabbia di Torelli si rivolge in sobria ironia (ideale falsariga d’ognitangibile maniera) per aggirare fatalmente, nell’invettiva misurata, epero espressiva, della sua lingua, lo spettacolo della fine di unmondo rimasto soltanto possibile nel suo progettato modello poli-tico. Come ben intuı, lui solo, Marzio Pieri: quello « civico » farne-siano.25 E allora occorrera anche ricordare che Barilli si occupadella Vittoria torelliana, iniziandone in qualche modo una rinascitadi interesse che giunge fino a noi, nel 1903, lo stesso anno dellascrittura di un altro, lontanissimo, ma ugualmente emblematico,non meno ironico e feroce, testo teatrale sulla fine epocale di unacultura, sul decadimento della nobilta, sul dissolvimento di unaintera struttura sociale: Il giardino dei ciliegi (Visnyevyi sad) diAnton Pavlovic Cechov.

Per ripagare con giustizia l’immaginazione del nostro passato enecessario attraversare i confini che le storie, non solo letterarie,hanno eretto soprattutto per legittimare se stesse. Nella lettera alcensore del campo a Pisa ove era rinchiuso, Ezra Pound scriveva:« I Cantos non contengono cifrario o voluta oscurita. (...) Cosıpure le citazioni da Omero, Sofocle e Confucio sono brevi e ri-

23 BARILLI, La tragedia « Vittoria », p. 211.24 Ibid., p. 154.25 Marzio PIERI, La luna candida della maniera, la luna aurea del barocco, resi-

stibile ascesa e irresistibile declino Farnese, in ID., Borgo selvaggio. Da Parmigianino alVerdi’s after, Parma, Zara, 1990, p. 69.

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cordano al lettore avveduto che non siamo nati ieri ».26 Ecco,appunto. La responsabilita piu concreta che attende questo attra-versamento possibile dei confini, sempre rinnovato impegno allacomprensione del presente: ricordare, una volta di piu, che nonsiamo nati ieri.

26 Ezra POUND, I Cantos, a c. di Mary de Rachewiltz, Milano, Mondadori, 1985,p. 1570.

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LA VITTORIATRAGEDIA

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343LA VITTORIA

A GLIILLUSTRISSIMISIGNORI MIEI

OSSERVANDISSIMI

I Signori ACADEMICI RICOVERATI

di Padoa.

[1] Troppo mi trovava io obligato alla nobilissima Citta di Padoa,nella quale fui fanciullo d’undici anni ricevuto, mentr’era la patriamia travagliata per gli tumulti della guerra che turbaro buona parted’Europa, et in essa fui co’l primo latte dell’humane lettere delRobortello nutrito, e poi con la scorta del Tomitano, del Genoa,e del Pellegrino nella Logica, e nelle naturali scienze, et in quelleche gl’antichi stimarono sapienza, di piu sodo cibo sostentaro perundici anni continui, da pochi mesi in poi che fui sforzato di vagarper la Francia, con mio sommo diletto, et utilita mi vi trattenni. [2]Onde non mi conoscea men debitore di render sempre gratie a cosıameno, e fertile paese, di quello ch’io mi fossi al terreno che miprodusse; se’l ben’essere dell’intelletto non e stimato, da quelli chesanno, minore dell’essere che dalle virtu inferiori si riceve. [3]S’aggiunse poi il favore, che piacque a voi Sig. Illustrissimi que-st’anni adietro di farmi, richiamandomi a cosı dolce, et honestapatria, con iscrivermi tra gli Academici vostri. [4] Il quale honore,come stimo io grandissimo, poi che proviene da persone honora-tissime, cosı m’ha posto addosso un molto grave peso di mostrar-mene grato. [5] E perche il primo obligo, che mi lega co’i SignoriINNOMINATI, non permette che l’intiere compositioni, che volumi

RICOVERATI di Padoa: fondata nel 1599 a Padova da Federigo Cornaro, l’Acca-demia dei Ricoverati si riunı la prima volta il 9 gennaio 1600 avendo come impresal’antro delle Naiadi e il motto Bipatens animis asylum (dal De consolatione philoso-phiae di Boezio). Oltre a Torelli, vi presero parte Galileo Galilei e G. B. Guarini.

[1] mentr’era ... Europa: « Ottavio Farnese, duca di Parma, a causa della suaalleanza con Enrico II, re di Francia, si attiro le ire di Carlo V e del pontefice GiulioIII, i quali inondarono il territorio parmense di truppe romane e spagnole » (MAN-

CA). ~ Robortello ... Pellegrino: risp. Francesco Robortello (1516-1567), BernardinoTomitano (1517-1576), Marcantonio Genua (1491-1563), Camillo Pellegrino (1527-1603). ~ quelle ... cibo: « l’etica e la rettorica » (MANCA).

[5] INNOMINATI: l’Accademia degli Innominati nasce a Parma verso il 1574 adopera di Eugenio Visdomini e Giulio Smagliati; vi parteciparono G. B. Guarini, T.

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344 LA VITTORIA

o poemi contengono, non escano sotto altro nome, o censura, che laloro, ho risoluto che la presente tragedia esca con l’auspicio delvalore de’ Signori RICOVERATI; che se non sara meravigliosa per latestura, o per gli costumi, o per le sentenze, o per l’ornamento delladittione, potra pero parere aggradevole, poi che mossa da veroamore fondato su le virtu, spira desiderio di gratitudine e riverenzaverso quelli a’ quali viene indirizzata; bramando poi che non puouscire dal seno loro come d’uno Academico, di venire almeno a lorocome donata; e di far fede al mondo quant’io stimi cosı gloriosaCitta, e cosı generosa Academia. [6] So, che questa e molto picciolarimuneratione a tanti meriti: ma mi confido che come grande sarada loro aggradita, poi che non puo dar di piu di quello che da chi datutto quello che puo, e se sono parco in dare per la poverta del-l’ingegno mio, non saro mai scarso in ricevere, e riconoscere conl’ampiezza dell’animo le gratie loro. [7] A’ quali augurando ogniprosperita bacio le mani.Di Montechiarugolo il XXIIX. di

Giugno M. D. C. V.

Delle SS.VV. Illustriss.

Servit. affettionatiss.

Pomponio Torelli, il PerdutoInnominato.

Tasso e forse G. B. Marino, ed ebbe come impresa uno scudo appeso a un lauro,mentre incerto e il motto: Formam extendere factis (da Virgilio) o Fortuna inscribet.Torelli, che vi tenne lezioni su Aristotele, ne fu eletto principe nel 1605. ~ censura:‘approvazione’. ~ ... RICOVERATI: su questo « disgraziato periodo » si vd. BARILLI,La tragedia « Vittoria », pp. 176-177: « Prima di tutto io penso che in quell’espres-sione ‘‘non permette che non escano’’ ci sia una negazione di troppo; in secondoluogo credo che gl’Innominati non pretendessero affatto che fossero dedicate lorotutte le opere dei consoci (come mostra l’Affo), ma soltanto che non uscissero ‘‘sottoaltro nome e censura’’; in altre parole volevano che la composizione da pubblicarsifosse prima letta e censurata dall’assemblea degli Accademici, e che poi nella stampa,sotto il titolo dell’opera e il nome dell’autore, apparisse che questi apparteneva allaloro Accademia ». ~ bramando ... donata: vd. BARILLI, La tragedia « Vittoria », p.177: « Cio, in un linguaggio povero, ma chiaro, vuol dire che l’A., non potendo farfigurare nel frontespizio che la tragedia fosse uscita dall’Accademia dei Ricoverati,come opera d’un Accademico (Ricoverato, s’intende), penso di donargliela, cioededicargliela ».

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345LA VITTORIA

PERSONE.

UBERTO Pallavicino.

ASDENTE Negromante.

FEDERICO Secondo Imperatore.

EZZELINO Da Romano.

CHORO D’Ambasciatori Siciliani.

UBERTO Pallavicino: « gran capo del partito ghibellino in Lombardia e inEmilia verso la meta del ’200. Fu attivo collaboratore di Federico II e dopo la mortedell’imperatore tento di crearsi una signoria personale giovandosi delle lotte tra cittae partiti. Nel 1260 fu fatto capitano generale e signore di Milano per cinque annimentre analoga autorita gli era stata gia riconosciuta in molte altre citta, tra cuiBrescia, Pavia, Alessandria. La riscossa guelfa del 1264-65 dopo la venuta di Carlod’Angio provoco il suo tramonto politico » (MANCA).

ASDENTE Negromante: « Benvenuto detto l’Asdente, collocato da Dante nellaquarta bolgia dell’ottavo cerchio [Inf. 20, 118-120: « ... vedi Asdente, | ch’avereinteso al cuoio e a lo spago | ora vorrebbe, ma tardi si pente »] tra maghi, astrologhie indovini, comincio la sua carriera profetica intorno al 1258. Fra Salimbene daParma nella sua Cronica [423 a-b: « purus et simplex ac timens Deum »] ne ammirala rettitudine, la bonta e la saggezza, e loda la poverta della sua vita » (MANCA). Ma,in contrasto con Salimbene, Dante nel Convivio lo chiama sprezzantemente « localzolaio da Parma », in lui censurando soprattutto l’attivita divinatoria, che mettevain discussione da un lato il « giudizio » divino sulla storia, dall’altro il libero arbitriodell’uomo.

FEDERICO Secondo Imperatore: Federico II di Svevia (1296-1337), figlio diEnrico VI e di Costanza d’Altavilla, riunifico l’Impero e raccolse intorno a se tutte leforze ghibelline italiane; fu anche letterato e poeta, e la sua corte siciliana fu uno deipiu grandi centri culturali del Duecento.

EZZELINO Da Romano: (1194-1259) temuto signore di Vicenza, Verona ePadova (ricordato in Inf. 12, 109-110), signoreggio per un trentennio la MarcaTrevigiana e, genero di Federico II poiche aveva sposato sua figlia naturale, fu suovicario in Padova nel 1236, e maggior sostegno del partito imperiale nell’Italiasettentrionale; ma vd. BARILLI, La tragedia « Vittoria », p. 187: « se e rimasto famosoper la sua ferocia, ci e presentato tuttavia dal T. come un leale e devoto amico del suosovrano, come un uomo per il quale il giusto e l’ingiusto consistevano nell’utile e neldanno dell’impero », nonche GUERCIO, La tragedia « Vittoria » di Pomponio Torelli,pp. 189-192 e note. Di Ezzelino da Romano (nella memoria dantesca e nel tratteggiodi Albertino Mussato che lo elesse efferato protagonista della sua Ecerinis) si ode lavoce nel primo dei due Cantos italiani, il LXXII, di Ezra Pound (« Io son quell’Ez-zelino che non crede | Che il mondo fu creato da un ebreo »).

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346 LA VITTORIA

PIETRO Dalle Vigne Consigliero di Federico.

SERGENTE Maggiore del Campo.

SECRETARIO D’Ezzelino.

NUNTIO Di Michele Scotto.

La Scena e tra’ colli nelle ruine di Luceria.

PIETRO Dalle Vigne Consigliero di Federico: Pier delle Vigne, giurista, rimatoree uomo politico capuano (1190 ca.-1249), fu una figura di spicco della corte paler-mitana di Federico II, di cui ebbe in mano l’amministrazione della giustizia e tutta lacorrispondenza finche, nel 1247, fu nominato protonotaro e logoteta del regno, duecariche che gli davano ogni potere; e il protagonista del tragico episodio del canto 13dell’Inferno dantesco, in cui appare tramutato in pruno nella selva dei suicidi (iviolenti del secondo girone, colpevoli di un atto di innaturale violenza contro sestessi).

Michele Scotto: per lo Scotto vd. nota al v. 1724.Luceria: « antichissima citta e colonia ligure distrutta dal terremoto, una volta

situata presso il fiume Enza, a poca distanza da Parma » (MANCA).

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347LA VITTORIA

UBERTO PALLAVICINO

Hor, che’l mio grande, e glorıoso Augusto,Forse per respirar dal grave pesoDe le cure, a l’essercito s’invola,E si ricovra tra solinghe rupiSotto l’alpe che cuopre i colli Etruschi, 5

Ove l’alte sue torri a terra sparseNon puo piu rimirar con gl’occhi asciuttiLuceria, et ove gia di marmi adorniCrescean loggie e teatri, hor nascer dumi,E sicure errar vede horride belve; 10

Qui, come suole il suo felice augello,Che tien fiso nel sol l’audace sguardo,Et a Giove l’irate armi ministra,Vago di preda tra le nubi alzarsi,Per scender poi con piu spedito volo, 15

E d’hostil sangue far vermiglia l’herba;Cosı ei da questi monti hor rimirandoVa’l ribellante piano, e’l gran desioDi vendetta temprando, la giust’iraCon providenza accoppia, e saggio, e forte. 20

Hor quasi Toro ruminando intornoA diversi consigli si rivolge,Hor la forza riprende; e qual Leone

1-3. Hor ... cure: Raimondo Soragna ricorda che: « l’imperatore era cadutoammalato », ed « entrato in convalescenza per rinvigorire le forze si diede a cacciare »(in Vittoria. La rivolta e l’assedio di Parma nel 1247, Parma, San Paolo, 1880, p. 39,cit. in BARILLI, La tragedia « Vittoria », p. 181).

4. si ricovra: nel senso di ‘recupera le forze’, come in BOCCACCIO, Dec. 2, 6.9. dumi: lat. ‘cespugli spinosi’, come in PETRARCA, Rvf 360, 47.11. felice augello: l’aquila, simbolo di Giove, anche in Il Polidoro 319 (« L’augel,

ch’a Giove i folgori ministra ») e Merope 1562. Con ‘‘Il Polidoro’’ s’intende d’ora inavanti l’ed. 1990.

19. giust’ira: « essendosi Parma ribellata nel 1245 dopo che il concilio di Lionedello stesso anno aveva scomunicato Federico II, questi la strinse d’assedio dalgiugno 1247 al febbraio del 1248 » (MANCA).

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348 LA VITTORIA

Che scuopre gregge errar tra verdi paschi,Con la coda si sferza, e i denti indura, 25

Tu ch’hai de l’arti piu secrete il vanto,E tempri sı con la facondia il senno,Che con tuo honore, e meraviglia altruiT’hai fatto in un istante accortamenteNe la gratia di Cesare l’entrata, 30

Hor che di quel drapel degnato sei,Che a lui fa solitaria corona,Scelto fra tanti, ch’hor l’invidia impiaga,E scaturir ne fa pungenti detti,So, ch’a vari colloquii, et in diverse 35

Consulte, hora chiamato, et hora a casoConvien che ti ritrovi, ove il Re nostroE consigli, e discorsi porra in campoDe lo stato presente, e del futuroOrdine, ch’a suo grado, a pro del regno 40

Si puo dar’a l’Italiche contrade,Che da le fauci de i tiranni iniquiSta per sottrar co’l suo potente braccio,E spesso andra il parer saggio de’ suoiPiu fedeli indagando, e spesso ancora 45

Scoprira lor, cio che di questi statiHor per dispor ne l’alta mente ordisca:Tu, ch’a gli amici tuoi mai non mancastiDi prest’aita, e di fedel consiglio,A me, che pur tra gl’altri essere il primo 50

Perche piu t’amo, con ragion pretendoMen dei del tuo favor mostrarti scarso;Anzi piu spero allargherai il frenoA l’ardente desio ch’hai di giovarmi,Quanto e maggior l’impresa a cui m’accingo, 55

E piu duro contrasto s’attraversa.

32. Che ... corona: il verso e ipometro.33. l’invidia impiaga: e motivo ricorrente (qui ancora al v. 137), su cui chiosa

opportunamente Barilli: « Nulla farebbe supporre l’imminenza d’un dramma, se[Uberto] non ci rivelasse che il campo della vera battaglia e nei cuori, dove l’invidianon riposa mai » (La tragedia « Vittoria », p. 183).

47. alta mente: il sintagma e dantesco (Par. 10, 112), anche in Il Polidoro 892.49. fedel consiglio: il sintagma e petrarchesco (Rvf 285, 4).

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349LA VITTORIA

Gia vediam nel pensier vinta, e distrutta,Parma; e l’avanzo suo, se pur s’involaAl ferro, al foco, fia in Vittoria chiuso.Quei fertili terreni, ove trıonfa 60

Cerere, cinta il crin di bionde spiche,Gli ameni colli, che vagheggia Bacco,E de l’amate frondi orna Minerva;I verdi prati, ove muggir d’armentiL’innumerabil’ torme, e che nutriro 65

Molte ale di cavalli a Marte irato,Tosto svelti di man de’ lor signoriCon la misura del valor partitiSaranno tra gli arditi Gibellini.Il bel paese, ch’al girar d’un occhio 70

Di qua su ci si scuopre, ch’ApenninoCo’l Po termina, e l’Enza, e l’humil SenoSeguira di Vittoria lo stendardo,Nel qual spirando Zefiro soaveHor le penne increspando, hor il diadema 75

Tremolar fa ne l’oro il sacro augello,Che con due teste i negri vanni spiega.Ma qual moderator scieglier convengaDi tutto questo tratto, sı feraceD’huomini pronti al martıal conflitto, 80

Morde del Signor nostro il petto alteroDegna cura; e sollecito, e solingo

57-59 Gia vediam ... Vittoria chiuso: « In attesa di conquistare e distruggerel’odiata Parma, Federico II aveva fatto costruire nei dintorni una spettacolare cittad’assedio che aveva battezzato col nome augurale di Vittoria. Si trattava di una cittavera e propria con strade, canali, mulini e dove l’imperatore aveva trasferito anchel’harem e il giardino zoologico personale » (MANCA).

67. svelti: ‘strappati’, come in TASSO, Gl 13, 5, 2 (« dal fero bosco mai ramo nonsvelse »).

70-73. Il bel paese ... Seno: « il Po a nord, gli Apennini a sud, il fiume Seno (Ceno)a ovest e l’Enza a est circoscrivono il territorio al cui centro sta Parma » (MANCA).

76-77. sacro augello ... spiega: « lo stemma della casa sveva era un’aquila bicipiteincoronata, con ali nere in campo giallo » (MANCA).

78. moderator: ‘capo, governatore’, come in BANDELLO, Novelle 2, 51 (« Fu ancomeravigliosamente celebrato il magno Lorenzo Medici, padre di Lione decimo,sommo pontefice, il quale fu moderatore e capo sapientissimo de la republica fio-rentina, e quella con tanta riputazione sempre resse »).

79. ferace: ‘fecondo’.81-82. Morde ... cura: l’espressione anche in Il Polidoro 221 (« Dentro mi rode

nova cura il petto ») e Merope 637 (« Cosı mi morde il cor continua cura »).

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350 LA VITTORIA

Sotto silentio pensier lungo cova.L’arida sete di regnar, ch’estintaEsser non puo per fonti, o fiumi, o mare, 85

Quelli piu affligge che, di nobil sangueUsciti, il sangue pareggiar co’l mertoE’l dominio allargar co’l valor proprioChe fu comprato co’l sudor de gl’avi.Quanti Catani, quanti Valvasori, 90

Quanti Principi son che, tutti ligiDi vari Imperatori, parteggiandoSeguon con noi l’Imperıali insegne?Questi tutti egualmente alzar le cornaVedrai contra quei popoli, onde furo 95

Tolti per l’altrui pregio, e posti in alto,E spirar scettri, e desıar su gl’elmi,Ch’apre il comando, far nascer corona.Dura conditıon fortuna indıceA chi brama tra noi salir in pregio, 100

S’acquistar ci convien quei per soggetti,Che tutti sono a dominar’intenti;Percio molti, che fur con noi congiunti,Quasi membra in un corpo, hor dissipatiCon l’hoste avversa unır gl’animi, e’l nome; 105

Perche la plebe Guelfa, al giogo avezza,Ove valor con cortesia s’annida,Ivi s’inchina, et abbagliata restaSe vibran l’haste, o se fiammeggia l’oro,

83. lungo: ‘a lungo, da tempo’.90. Catani: « forma derivata da capitanei. I Capitanei che presiedono a una pieve,

rappresentano come i valvassori e i prıncipi (vv. 90-1) un grado della gerarchiafeudale » (MANCA).

92. parteggiando: ‘sostenendo’, in senso politico e con indice negativo; e paroladantesca (Pur. 6, 124-126: « Che le citta tutte piene | son di tiranni, e un Marceldiventa | ogne villan che parteggiando viene »).

96. Tolti: ‘sollevati, innalzati’, in senso fig., come in BOCCACCIO, Dec. 10, 5 (« eragia stato Messer Gentile con somma lode tolto infino al cielo »).

98. Ch’apre il comando: ossia ‘che emette, emana, consegue’ come in TASSO, Gl19, 91, 1 (« Ella dal petto un gran sospiro apriva »).

99. indıce: ‘dichiara, bandisce’.104. dissipati: ‘sparse, separate’, gia in Galatea 1589-1590 (« E dissipate fra le

valli e i gioghi | Pasceran le lor membra avidi lupi »).107. valor con cortesia: la coppia, designante una realta ormai passata e perduta,

gia in DANTE, Inf. 16, 67 e Pur. 16, 116.

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351LA VITTORIA

E come intorno al Re volano l’api 110

Per lo strano, e diverso suo sembiante,Lunga schiera di popolo s’adunaIntorno a tal, ch’assai di se minoreSaria se gareggiar tra noi volesse.Io son disposto a versar sangue, et alma 115

Per magnanimo Re, per giusta causa;Ma non posso soffrir, che per disegnoD’un Consiglier, l’auttorita d’un empioCalchi ogni pregio, et offuscato siaDa pretesti di stato, e larghi doni, 120

S’io sparsi di virtu mai chiaro lampo.Sai, ch’Ezzelin per riportarn’il premioDe le nostre fatiche, e restar donnoDel gia vinto terren, co’l Signor nostroDel suo Pier de le Vigne ogn’arte adopra. 125

Quel, che si deve a la progenie mia,Che per spiegar di Cesare il vesilloScacciata fu dal popolar tumulto,E con danno adontata, e con periglio,Lascio in mano di gente oscura, e vile 130

Le spoglie altiere degli usati honori;Quello, ch’a me destina il commun gridoDe l’essercito nostro, che tra’ primiSempre mi vide a l’inimiche schiereEspor il petto, e dispregiar la morte; 135

Quello, che i saggi discorrendo vannoCh’a me negar non puo l’istessa invidia,Che nel vinto terren nato, e nodrito,

110. intorno al Re volano l’api: Manca rimanda a VIRGILIO, Georg. 4, 75-76 (« etcirca regem atque ipsa ad praetoria densae | miscentur ... »), ma vd. anche Il Polidoro949-950 (« Che quasi densa schiera d’api intorno | Al lor re susurrando ... »).

115. alma: ossia ‘vita’, come in Merope 796 (« Sin che privo di luce e d’almavuoto »).

118. D’un Consiglier ... empio: « allusione a Pier da le Vigne ed Ezzelino daRomano » (MANCA).

132. commun grido: variante del « publico grido » in PETRARCA, TP 12.135. Espor il petto: ‘rischiare la vita’, con forte incidenza visiva, come in TASSO,

Gl 11, 58, 8.138. terren nato, e nodrito: e conio petrarchesco (Rvf 128, 81-83: « Non e que-

sto’l terren ch’i’ toccai pria? | Non e questo il mio nido | ove nudrito fui sı dolce-mente? »), anche in Il Polidoro 1659-1660.

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352 LA VITTORIA

Oprato ho co’l consiglio, ho con la manoCon gli amici trattando, e con ribelli, 140

E mescendo con prieghi le minacce,Ch’al giusto giogo sopponesse il collo;Di man tenta rapirci un huomo estrano,Cui piu l’astutia assai, che’l senno adorna,La crudelta, piu che’l valor de l’armi. 145

Questa macchia non credo mai che spargaNe la mia casa il signor nostro Augusto;Ne men credere poss’io, ch’egli consenta,Che’l Lombardo splendor tal nebbia cuopra;Ch’ei, che poggio d’ogni virtute al colmo, 150

E tra’ Principi grati il pregio tiene,Lasci preda d’un barbaro tirannoPer cui di tante sue famiglie orbataPadova resta, e sconsolata piange;Noi veri, e bellicosi servi suoi, 155

D’ogn’humana credenza il segno passa.Che questo sol di gelido timoreColmar potria de’ suoi seguaci il petto,E con dubbio di pessimo governoA nove leghe avverse aprir’il varco: 160

Ma, o sia concorso di maligne stelle,O pur per altra causa occolta, pareChe del cor del mio Cesare le chiaviTenga Pier de le Vigne, e sı le volgeSoavemente, ch’a sue voglie il piega. 165

139. Oprato ... mano: ricorda ancora TASSO, Gl 1, 1, 3: « Molto egli opro co’lsenno e con la mano ».

142. sopponesse: ossia ‘sottoponessero, sottomettessero’.143. estrano: ‘straniero’.150. poggio: ‘salı’, come in DANTE, Par. 6, 115-117, PETRARCA, Rvf 25, 14

(« onde al vero valor conven ch’uom poggi ») e ARIOSTO, Of 20, 94, 1, gia anchein Merope 846 (« Il cielo, a l’alte stelle poggerei »).

152. barbaro tiranno: la coppia, « a qualificazione reciproca, con risultato com-plessivo molto ricco di qualita immaginative » (Fredi Chiappelli), gia in TASSO, Gl 7,83, 2.

153. orbata: ‘privata’, cfr. RUCELLAI, Oreste V, 299-301 (« Femina fu ch’il padre,’l Re de’ Colchi, | Tradı sı crudamente, orbando lui | Del suo figliuolo, e se del suofratello »); stesso senso e posizione in MANZONI, Adelchi coro dell’atto quarto, vv.92-93 (« orbate | Spose dal brando »); Manca ricorda « che in un solo mese Ezzelinofece uccidere diecimila padovani ».

157. gelido timore: cfr. Il Polidoro 1024 (« Sente per l’ossa un gelido timore »).165. Che ... piega: Manca rimanda, assai opportunamente, a DANTE, Inf. 13, 58-

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353LA VITTORIA

Costui ad Ezzelino gia molt’anniPer ampio prezzo la sua gratia vende,E per l’odio natıo, ch’a noi LombardiPorta, hor Tedeschi, et hor Sicoli estolle;E perche invan la virtu estinguer tenta, 170

Pur ci invola l’honor ch’a lei si deve.Contra costui giostrar di pari sdegnoA noi conviensi; che s’armo d’artigli,E di denti natura l’aspre ferePerche potesser vendicarsi il pasto, 175

Per la gloria ogn’ingegno, ogni sua forzaAccampar dee l’huom ch’a la gloria e nato.Se da noi storce l’animo d’AugustoContra ragion Pier da le Vigne armato,Starem noi neghittosi? onde nel fondo 180

Di tutte le miserie ei ne sommerga;O volgerem la punta, e’l taglio stessoD’interessi, e favori contra lui,Ch’egli ogn’hor contra noi sı male adopra?Rari son ne la corte, e pochi in campo, 185

A’ quai piaccia, ch’un sol la gratia usurpi,Che si devrebbe compartir tra molti;Ne cio nega Ezzelin, ne men gli piace,Ch’ei co’i Cherci l’accordo, e con gl’InsubriLodi presso il Re nostro, hor che comincia 190

61 (« Io son colui che tenni ambo le chiavi | del cor di Federigo, e che le volsi, |serrando e diserrando, sı soavi, | che dal secreto suo quasi ogn’uom tolsi »).

167. ampio: ‘alto, esteso’, come in DANTE, Pur. 26, 127.169. estolle: ‘innalza’ (lat.), come in ARIOSTO, Of 20, 63, 5-6 (« La fama del mio

sangue spiega i vanni | per tutto ’l mondo, e fin al ciel s’estolle »).175. vendicarsi: ‘rivendicare’.177. Accampar: ‘mettere innanzi’. ~ ... e nato: e « appello alla ineluttabile ‘na-

turalita’ dell’ambizione e del desiderio di gloria, nei piu valorosi e/o nobili di stirpe(...) e percio stesso spinto a ignorare ogni altro criterio, anche morale e di giustizia,che si frapponga al raggiungimento dei suoi scopi » (GUERCIO, La tragedia « Vitto-ria », pp. 218-219).

180. Starem noi neghittosi?: ricorda TASSO, Gl 4, 13, 1 (« Noi trarrem neghittosi igiorni e l’ore »).

181. sommerga: ‘seppellisca e condanni’.182. la punta, e’l taglio stesso: cfr. TASSO, Gl 12, 55, 8 (« ne scende taglio in van,

ne punta a voto »).189. Cherci: ossia ‘chierici, uomini di chiesa’ come in DANTE, Inf. 15, 106. ~

Insubri: « una popolazione celtica che fondo Milano e le altre citta dell’Italia setten-trionale; qui il termine indica i comuni lombardi ostili a Federico II » (MANCA).

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354 LA VITTORIA

De la vittoria a maturarsi il frutto.Quanto lo spinse in su fortuna cieca,Ove ne l’opre sue sol si compiace,Tanto in giu lo vedrem, festanti e lieti,Presso colui che la superbia ha in grembo 195

Folgoreggiando traboccar nel centro.Ma qui convien, che quel sublime ingegno,Di che il ciel ti doto tutto s’adopre;Ogni tua industria qui tutta s’accolga,E qui la sferza a sproni acuti aggiunga 200

E la patria, e la parte, e’l vero amico.ASDENTE

Uberto, tu dal cuoio, e da lo spagoGia mi levasti, e ricordarten’ dei;E dove prima a vile ufficio intesi,Per tua man fui ne le gran corti inserto, 205

Co’l testimonio poi del mio sapereColtivandomi, tal copia spandestiSopra me di tua somma largitate,Ch’io crebbi, e’l merto, e’l tuo favore alzommiOve alzato per me non sarei mai. 210

Io nacqui miserabile, e mendico,Sotto vil tetto di parenti oscuri;Per te al pregio, a l’honor per te rinacqui;Tu m’impennasti l’ali, onde il mio nomeSopra le teste del profano volgo, 215

Tra le boche dei Principi si spande.

192. fortuna cieca: « Pier de le Vigne, quantunque di umili origini, divenneprotonotaro, giudice, logoteta e vicere di Sicilia in brevissimo tempo » (MANCA).

195-196. Presso ... centro: ossia nell’inferno, colui si riferisce a Lucifero, secondola descrizione dantesca in Pur. 12, 25-27 (« Vedea colui che fu nobil creato | piuch’altra creatura, giu dal cielo | folgoreggiando scender, da l’un lato ») e « primosuperbo » e detto, inoltre, in Par. 19, 46.

202. dal cuoio, e da lo spago: vd. DANTE, Inf. 20, 118-120.205. inserto: ‘introdotto’.206. testimonio: nel senso di ‘prova’, come in DANTE, Inf. 18, 62.207. copia: ‘quantita’.208. largitate: ‘generosita’, come in Merope 803.209. ... alzommi: vd. l’inesorabile commento di BARILLI, La tragedia « Vittoria »,

p. 184: « Questi versi [205-209], per me, formano il piu perfetto modello che siconosca di poesia da calzolaio avente commercio col diavolo ».

210. per me: ‘da solo, senza alcun aiuto’.213. Per te: ‘grazie a te’.

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355LA VITTORIA

Cio che da questo mio terreno asciutto,Cui la tua gratia inonda, coglier possiSi deve a te; tu ne disponi, e godi;Io saro presto a sveller le radici 220

Di queste odiose vigne, e far sı spero,Che l’uva lor, che par dolce, e soaveSara al tuo Re piu che l’assentio amara;Parma, che sı da la tua antica stirpeDivisa par, pur tra gli stessi ceppi, 225

Ne l’istesse catene ritenuta,Gli Scacchi honorera vermigli e bianchi.Ma non gia co’l favor di questo nostroModerno Imperator, ch’ami, et ammiri,Cio t’avverra. Ben puo co’l volger d’anni 230

Bellicosa citta cangiar pensiero:Cede a la sofferenza ancor la forza;Conosciuto valor tardando vince.Indarno per Vittoria nel tuo pettoTenzonano il timore, e la speranza, 235

Ch’a piu pietoso essercito sortillaA lei propitia, al Re contraria sorte.Purgata da crudel nemica face

220. sveller le radici: cfr. Il Polidoro, 49 (« Svellerne dal profondo ogni radice »).221. odiose vigne: « preziosismo costruito sul cognome di Piero » (MANCA); svela

in Asdante l’idea di un mondo in cui il nome simpatizza con la cosa designata e/oallusa, dunque governabile.

223. Sara ... amara: l’espressione e petrarchesca (TM 2, 45: « parer la morteamara piu ch’assenzio »), anche in Il Polidoro 1396 e Galatea 1847.

227. Gli Scacchi ... bianchi: « lo stemma dei Pallavicino di Parma nella parteinferiore era costituito da scacchi bianchi e rossi; Asdente allude alla vittoria cheUberto riportera sui parmensi nel 1250, due anni dopo la disfatta di Vittoria, proprionel sito della citta distrutta » (MANCA).

229. Moderno Imperator: versione rivista (e controriformata) dei « moderni prın-cipi » di MACHIAVELLI, Discorsi 2, 18, con esempı in Tasso e poi Siri (« duca mo-derno »), ma si ricordi ancora TASSO, Il Forno overo della nobilta 187 (ed. Raimondi,vol. III p. 61: « Ne la casa de gli Atridi fra gli antichi merita d’esser chiamataperfettamente nobile, ne quella de gli Ottomani fra le moderne, se ben di grandezzad’imperio e di potenza e di splendore e di fama avanza tutte l’altre »).

233. Conosciuto ... vince: ‘anche il valore piu famoso e riconosciuto (percheesteriore) cede alle pressioni del tempo’; a contraggenio, si veda l’eroismo dimesso,ma piu vero perche interiore e fuori del tempo, di Goffredo, descritto « in umilseggio e in un vestire schietto », da TASSO, Gl 2, 60, 5-6 (« ma verace valor, benchenegletto, | e di se stesso a se fregio assai chiaro »); la sentenza di Torelli sembrarevocare VIRGILIO, Aen. 10, 284 (« Audaces fortuna iuvat »).

236. sortilla: ‘le ha assegnato’, e termine dantesco (Inf. 12, 75).238. nemica face: « Ezzelino da Romano » (MANCA).

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356 LA VITTORIA

Popolata sara da gente humıleCui grosso panno ammanta, e corda cinge 240

Imprigionata il pie scalzo nel legno.Questa, sprezzando cio che’l volgo brama,A quell’amore inalzera la mente,In cui solo s’acqueta human desio;E porgera suoi voti a quella Stella, 245

Che fe’ del vero sole il mondo adorno.Di fucina d’inganni, e prigion d’iraDiventera Vittoria un sacro tempioDi Quel, che’l cielo, e gli elementi tempra;E tu, avvolta la man ne l’aurea chioma 250

De la Citta, ch’hora ti volge il tergo,Voti, e incensi offrirai prostrato in terra.Ma perche non disperda un tanto benePier da le Vigne, che qual crudel’ombraDe le nostre fatiche il seme adhugge, 255

Spesso in tuo pro stancai lo ingegno, e l’arte.Svellerlo da la gratia del Re nostro,Ne la qual profondate ha le radici,Per me non basto, onde soccorso attesiDa la schiera de gl’angeli rubelli, 260

A la qual non ricorsi indarno mai.Questa, ch’a nuocer loco e tempo aspetta,E sa, quanto nel cor del nostro AugustoIl sospetto s’annidi, e in lui s’avanzi,

240. ammanta: ‘ricopre’, come in Merope 67.242. sprezzando ... brama: come per Il Polidoro 344 (« dispregiator di cio, che ’l

mondo brama »), ove Guercio rimanda a PETRARCA, Rvf 72, 68.247. Di ... d’ira: vd. PETRARCA, Rvf 138, 5.248-249. Diventera ... tempra: ma il vaticinio, « tutto profuso di devozione asce-

tica e spirito mistico, pieno di rispetto e ammirazione verso la virtu dei frati » stona« sulla bocca di un peraltro fedele alleato degli ‘‘angeli rubelli’’ [di cui fra poco, al v.260] » (GUERCIO, La tragedia « Vittoria » di Pomponio Torelli, p. 221).

255. adhugge: ‘nuoce’, come gia in DANTE, Pur. 20, 44, e PETRARCA, Rvf 56, 5,ma cfr. anche Galatea 526 e Il Polidoro 1349.

256. stancai: ‘impiegai’.257. Svellerlo: ‘strapparlo’; e termine assai ricorrente in Torelli (vd. nota al v.

220).259. Per me: ‘da solo’.264. il sospetto ... s’avanzi: le due designazioni verbali ben si adattano alla descri-

zione di un sentimento che precipita il soggetto cui si riferisce in un ambito emozio-nale e da dove percepisce la realta con timore e ostilita (e di cui poi ai vv. 355-356) neiconfronti del vissuto: una strategia che avra il suo compimento ai vv. 1263-1264.

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357LA VITTORIA

Che la parte maggior di quei tesori, 265

La qual per aggrandire la dignitateDel nome Gibellino da diversiE Principi, e Cittati in lui s’adduna,Come da varii, e rapidi torrentiGonfi di pioggie il suo tributo prende 270

Il Re de’ fiumi mentr’incontra il sole,Mal divisa tra gli huomini guerrieri,A quei si spande, che i secreti altruiVanno rimando e, quai sagaci caniOdorando, e latrando, seguon l’orme 275

Non sol dei grandi, ma de l’humil plebe.Tal, ch’un intiero essercito formarsiDi domestiche spie hor si potrebbe,Che in un mescendo la menzogna e’l veroVan satollando con mal sano cibo 280

De l’orecchie del Re l’avide brame,Se sı forte la destra, e saldo il coreAvessero, com’han pungente lingua,E di malignita colma la mente.Ad un di questi piu tra gl’altri scaltro, 285

Che qual ape i fior’ visita il matino,A i conviti s’avvolge, a l’assemblee,E dai detti gli altrui pensieri elice,Quando il sol del leon accendea l’ira,Ne la fals’onda, che Venetia implıca, 290

Sen venne un da me prima eletto spirto;E vestita di Cleto la persona,E le parole espresse, e finto il gesto,Che gia di nostra parte, e fido, e caro

268. s’adduna: ossia ‘si riuniscono’, come in DANTE, Inf. 3, 120.269-270. rapidi ... pioggie: l’immagine e biblica (Is 59, 19: « quasi fluvius violen-

tus quem spiritus Domini cogit »), su cui vd. DANTE, Par. 12, 99 (« quasi torrentech’alta vena prende »), TASSO, Gl 12, 47 (« Cresce piu che torrente a lunga piog-gia »), e ancora in Il Polidoro 964.

271. Il Re ... sole: « il Po mentre scorre verso Oriente » (MANCA).274. rimando: per ‘rimandando’ ossia ‘restituendo, inseguendo’ (Manca suggeri-

sce: « investigando »).287. s’avvolge: ‘gira intorno’, con forte inciso figurale che bene descrive un

movimento prudente e insieme tenace.286. elice: nel senso di ‘raccoglie’.290. fals’onda ... implıca: si tratta della laguna veneziana.

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358 LA VITTORIA

Secretario del vecchio Salinguerra 295

Preso in Ferrara, sı cangiato in GuelfoSi dimostro, che dal Polenta honoreCon util ne riporta, et e tra loroSpesse fiate ne i consigli ammesso.Ne i panni, e nel sembiante di costui, 300

Che fu in Ferrara al delator’amico,Trasformato lo spirito, a i gran colpiDi Diffidenza il duro scudo opposeDe la Necessita, ch’ogn’altra leggeSprezza, e de i patti rompe ogni legame. 305

Sotto questa sicuro, travedereGli fe’, che Cleto pur l’istessa fedeSempre servato avea candida, e illesa;Ma per salvar l’altrui salute, e sua,La ricopria sotto mentite insegne; 310

Che non avea l’invitto FedericoPersona trattenuta a cui calessePiu del suo grande imperio, e di cu’il pettoPer deprimer gl’antichi suoi ribelliMordesse ogn’hor piu vigilante cura. 315

E per meglio scoprir l’ardente zelo,Che per Cesare avea ne l’alma impresso,Spiego una carta di fallaci noteVergata, ove al tiranno di RavennaScrive il Legato Montelungo, ch’egli 320

Tosto in pace vedria l’Italia tutta,E d’essa posta parte Guelfa in cima,

295. Salinguerra: « ghibellino signore di Ferrara fino alla sconfitta inflittagli daGregorio da Montelungo e da Azzo VII d’Este nel 1240. Fatto prigioniero, fuportato a Venezia dove morı in carcere lo stesso anno » (MANCA).

297. Polenta: « e difficile capire chi possa essere questo membro della famigliaravennate perche Federico II, dopo aver sconfitto Ravenna nel 1240, relego in PugliaGeremia e Lamberto da Polenta. I Polenta rientrarono a Ravenna solo dopo il fallitoassedio a Parma nel 1248. Forse l’autore aveva in mente Guido Polenta, personaggiodantesco che visse in un periodo posteriore ai fatti qui rappresentati » (MANCA).

306. Sotto questa sicuro: ossia sotto lo scudo di Necessita.307-308. fede ... illesa: qui anche ai vv. 781-782, cfr. Il Polidoro 1128 (« Per me ti

prega che la fede illesa »).312. calesse: ‘importasse’.318. Spiego: ‘svolse, aprı’.322. parte Guelfa: « uso arcaico, senza articolo, tipico del linguaggio giuridico »

(MANCA).

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359LA VITTORIA

Poscia che quel, che volge Federico,Come co’l fren si volge alcun destriero,Promesso avea, che tosto co’l capestro 325

Lo legaria d’obbrobrıoso accordo,O con la morte toltolo di mezo,Lasciarebbe a la Chiesa afflitta, e stanca,Piu leggera a balzar la parte hostile.Quando l’accorto spirito s’avvide 330

Ch’a lo spıon correa per l’ossa il geloSoggiunse, ch’egli non potea lasciargliQuella lettera in man senza periglio,Che mostrarla in Collegio, e poi ridurlaIn mano al suo signore era sforzato, 335

Ma che Pier da le Vigne un’altra taleCreduto aveva in mano d’un creatoD’Ezzelino, che in corte d’AvignonePortar ne la doveva al SecretarioDi quel, che di Pietr’ha le chiavi, e’l manto, 340

Poi che cosı al Legato avea promesso,Benche in essa non fosse totalmente,Come in questa del Re la morte espressa,Ma sol, ch’a luno o a l’altro modo aveaDi conchiuder l’accordo certa speme. 345

Pur, ch’egli avea veduto chiaramenteCome quell’altra interpretar si debba.Non si ritenne, e divoro la stradaLa spia, ch’ad Ezzelino il tutto aperse;Spedı egli tosto dietro al suo creato 350

Persona in diligenza, ch’oltra l’alpeLo giunse e da Durenza indietro il volse.Aperta fu la lettera, e le noteStesse trovar, ch’al delator fur dette,E’l tutto riportato a Federico: 355

329. balzar: nel senso di ‘sbalzare, rovesciare’.331. correa ... gelo: qui anche al v. 2502, vd. VIRGILIO, Aen. 2, 120 (« gelidusque

per ima cucurrit | ossa tremor ») e TASSO, Gl 11, 76, 7 (« un tremor freddo e strinse ilsangue in gelo »).

335. sforzato: ‘obbligato’.337. creato: ‘servo’ (dallo sp. criado, ‘valletto’).348. ritenne: ‘trattenne’.352. Durenza: « fiume provenzale che delimita Valchiusa » (MANCA).

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360 LA VITTORIA

Ch’oppresso da timor, da dolor punto,D’ira dentro si rode, e sbuffa, e freme.Percio tra queste solitarie selveCon pochi s’e ridotto, e gl’altri fugge,E fuggirebbe volentier se stesso. 360

Questa machina il tuo fedele AsdenteHa per te posta in opra, ne il mio aiutoRichiesto avevi, o’l tuo pensier’aperto.Tu con quel tuo giudicio, che sı chiaroDa le fasce trahesti, e da la culla, 365

Pensa cio, ch’io per far mi sia spronatoDa sı giuste querele, e caldi prieghi.Ma scostianci di qua, che gia s’appressaCo’l tiranno Ezzelino il grande Augusto,E potrebbe scoprirci di lontano. 370

FEDERICO

Dunque non ha la Fede in terra albergo?Dove potra ella pur fermar il piede,Se dove preparar dovea la stanzaL’obligo altrui, la confidenza mia,La Fraude s’e co’l tradimento assisa? 375

Questo e il frutto, ch’un servo render devePoi ch’egli ha tocco con la testa il cielo,Tolto da l’humil terra al suo Signore?Et io moderator del sacro impero,Eletto per purgar di vitii il mondo, 380

Potro dissimular, potro soffrireChe ne la propria corte, nel mio grembo,Ne le viscere mie, contro’l mio coreSi prepari il velen, s’aguzzi il ferro?Qual pena inventar posso, che pareggi 385

Delitto tal? o qual piu duro scempioAlma trovar puo di mercede scarsa,Che castighi costui, gl’altri spaventi,

359. ridotto: ‘riunito, raccolto’.366. mi sia spronato: cfr. DANTE, Pur. 4, 49 (« Sı mi spronaron le parole sue »).373. la stanza: ‘dimora’.386. duro scempio: il sintagma e petrarchesco (Rvf 23, 10), usato anche in Il

Polidoro 467.

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361LA VITTORIA

Se di sceleratezza il fallo suo,E di rea fama il parricidio avanza? 390

Gia non fia che m’incolpi, perche vivoDa’ cavalli isquartar lo faccia, o pureSbranar da’ cani, o divorar da’ lupi,Che in lui ogni pieta divien spietata.Forse riprender pommi, perche in alto 395

Ponessi un huom d’ogni supplicio degno;Et io dentro mi rodo, e fuor n’addonto.Ma chi puo penetrar ne le caverneDel cor profondo? ove l’altrui malitiaSue fraudi fugge, e si dimostra in vista 400

D’ardente zelo, e riverenza piena?EZZELINO

Magnanimo Signor, mal si raffrenaL’ira da’ saggi, se per causa onesta,Et a favor della giustitia ferve;Quel nodo d’amicitia, che sı stretto 405

Con Pier da le Vigne mi congiunse,Tosto si ruppe, ch’io primier m’accorsi

390. avanza: ‘supera, precede’.394. Che ... spietata: cfr. Il Polidoro 2239, su cui Guercio: « il modello sembra

essere DANTE, Inf. 33, 150 (‘‘e cortesia fu lui esser villano’’) ». La sequenza iperbolicaqui invocata (squartare/sbranare/divorare) allude a una pratica di incorporazionenegativa che mira non tanto alla punizione del comportamento (obiettivo seconda-rio), quanto alla realizzazione inconfessabile della fantasia di poter in questo modoassimilare parte di una personalita ritenuta esagerata ossia « spietata » (e confermatonel gioco enunciativo celato al v. 395: « Forse riprender pommi », che sta per ‘am-monire’ ma anche ‘rinvigorire’).

397. n’addonto: ‘me ne sdegno’ ossia ‘mostro apertamente di recarne offesa’.398-399. caverne ... profondo: l’immagine, fortissima, che allude all’interiorita

come una tomba, risente forse di DANTE, Pur. 30, 14 (« surgeran presti ognun di suacaverna »).

400. fugge: nel senso ant. di ‘nasconde’; Battaglia segnala un felice ritorno deltermine in questa accezione in DE AMICIS, Cuore (ed. 1972, p. 39: « Anche la nonna,povera vecchia, si sente quella sera fuggire qualche anno d’addosso, e, malgrado imalanni abituali, esce anch’essa, appoggiata al braccio del nipote savio »). ~ in vista:‘in apparenza, all’aspetto’, gia in Galatea 1743.

401. riverenza: ‘rispetto’.402. raffrena: ‘contiene’.405. Quel nodo d’amicitia: l’espressione anche in Il Polidoro 227 (« Per quel

soave nodo d’amistade »); ove Guercio rimanda giustamente alla « celebrazionedell’Amicizia nel Trattato del debito del C. (c. 151r.): ‘‘Troppo gran cosa e il ritrovareun altro se stesso, con chi ogni suo secreto si conferisca, e le bisogne, e gli interessidel quale s’abbiano per propri [...] e di due un voler solo si faccia’’ ».

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362 LA VITTORIA

Ch’egli a te stesso, et a la parte ingratoD’ogni debito ufficio sciolto s’era;Indegno d’ogni honor, di morte reo, 410

E di morte atrocissima, et infameLo riputai; ogni suo error scopersi,Ogni sua colpa a te feci palese.Pur con l’occhio cerviero mirar deiCio che la dignita, cio che ricerca 415

L’util del tuo imperıal dıadema,Che qual maggior pianeta a noi sorgendoCon l’essempio dei fatti il mondo alluma.Quel mostro, cosı horrendo, e cosı grande,Che forse occhi piu volge, e lingue snoda 420

Che non accende humida notte stelle,Che in un momento con spedito voloLe piu stimate imprese, o buone, o ree,Riportar suol dal Troglodita al Mosco,E da l’Indo odorato al vecchio Mauro, 425

Fiso ha in te solo i lumi, e sol te fattoDei detti suoi bersaglio principale.Quanto estremo potere invidia desta,Quanto suol d’odio alcun tirarsi addosso,Che con valor la dignita sostiene, 430

Tutto in te solo hor ha congiunto il cielo;Chıunque teme la tua invitta destra,Ne contra l’armi tue ritrova schermo,Per lacerar il tuo sı chiaro nome,E per tarpar a la tua gloria i vanni, 435

De la maledicenza il dente aguzza;Questo retunder puoi se sı t’inalziCo’l modo de l’oprar, ch’ei non t’afferri,Ma percotendo l’aria con le zanne

414-416. Pur ... dıadema: « leitmotiv della tragedia della Ragion di Stato »(GUERCIO) per cui cfr. Il Polidoro 896 (« Sicuro son che l’util del tuo regno »).

414. occhio cerviero: il sintagma, qui anche al v. 946, e petrarchesco (Rvf 238, 2).418. il mondo alluma: e DANTE, Par. 20, 1.424-425. dal Troglodita ... Mauro: « i popoli che abitavano rispettivamente a sud-

est dell’Egitto, in Moscovia, in India e in Mauritania e quindi i posti piu lontani chel’invidia puo raggiungere con il suo potere » (MANCA).

437. retunder: ‘mitigare, indebolire’

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363LA VITTORIA

Consumi dentro se, con la sua rabbia. 440

Se tu citar ti lasci inanzi al tronoDel publico giudicio, che presumeTener a freno Imperatori, e Regi,E d’ogni human poter seder in cima;Se, quasi reo, d’ogni tuo fatto esporre 445

Altrui convienti e cause, e modi, e fine,Di gran Monarca diverrai vil servo,E tra quei duri ceppi de le leggiDistenuto prigione, obediraiA tal, che poco fa del fango uscito, 450

A prezzo grande poco senno vende.Da te nascon le leggi, e sottoporreAl giogo lor deve la plebe il collo,Non tu, che sciolto d’ogni legge sei;Sia la ragion, che nel tuo cor s’annida, 455

Quella, che il bene e’l male altrui dispensi;In te possa, e voler sol si risguardi;Ne sia sı ardito alcun, che ricercareNe le tue imprese giusta causa ardiscaChe non sia tosto dato a morte in preda, 460

Poi che vivendo la natura sprezzaCh’un sol, ponendo sol, nel mondo abbuia,Ch’ad un sol’obedir’il mondo deve.

440. Consumi ... rabbia: e calco dantesco (Inf. 7, 9). Sul passo si vd. BARILLI, Latragedia « Vittoria », p. 189: « Era da aspettarsi che Ezzelino parlasse cosı in questatragedia dove c’e un Federigo II senza volonta ».

447. Di: sta per ‘da’.449. Distenuto: ‘trattenuto’ come in BOTERO, Le relazioni universali.452-454. Da te ... sei: cfr. Il Polidoro 669-670 (« Non si prefige legge a chi co ’l

cenno | Puo rinovare, e tramutar le leggi »), « simile superba dichiarazione si ritrovasulle labbra di quasi tutti i ‘tiranni’ (o di fanatici sostenitori dell’assolutismo) delletragedie di Torelli » (GUERCIO).

457. In te ... risguardi: qui anche al v. 488: « formula cara alla tracotanza asso-lutista » (GUERCIO) in Il Polidoro 1256.

463. Ch’ad un ... deve: la sentenza anche in Merope 930-931 (« Ne da due lumi ilgiorno luce prende, | Ne due Re puo capire un regno solo »); qui ponendo sol sta per‘consentendo l’esistenza di un altro comando’. Sulla questione qui sollevata si vd.GUERCIO, La tragedia « Vittoria » di Pomponio Torelli, p. 194: « Il problema delladisapprovazione, da parte dei cittadini, del comportamento sovrano, era gia statorisolto, in termini al tutto simili, da celebri tiranni senecani e degni avi di questotremendo trevigiano, quali Atreo, Nerone, Eteocle; o da tiranni, tra i nostri cinque-centisti, quali i giraldiani Sulmone o (per quanto in toni assai piu rozzi ed ingenui,tartareschi e gaglioffi) Acharisto ».

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364 LA VITTORIA

Pier da le Vigne alzasti, hor lo deprimi,E questo, e quel, dal tuo voler depende; 465

Chi fia, ch’a te di cio chieda ragione,S’egli pero non e di ragion privo?E se tal e, l’humanita ricercaCh’ei casso sia dal numero de i vivi,Poi che l’huom vive sol per la ragione. 470

FEDERICO

E pur par che l’honor, che sı s’apprezza,Nel giudicio commun piantato sia,E lo coltivi il popolar’applauso,Et a l’aura del volgo alzi le veleLa gloria, e solchi l’Ocean tranquillo. 475

EZZELINO

Mal ne l’arena il pretıoso semeSignor mio spargi del purpureo honore;E, mi perdonerai: fors’anco peggioLa gloria attuffi tra l’instabili onde.Nel poter cio ch’huom vuol, salde radici 480

Pose l’honor, ivi fiammeggia, e cresce,Co’l comandar, co’l debellar ribelliLa gloria sopra il cielo alza la testa.Hor tu fa’ sı, che l’universo stimiChe, come per signoreggiar eletto, 485

E vendicar l’imperio da gl’oltraggi,Fosti da Dio ne l’alto Empireo Cielo,Cosı pari e la possa al tuo volere.E qual chiaro piropo splenderaiDi vero honor, di vera gloria adorno. 490

FEDERICO

Talhor’accorto medico procuraCon poco mel molto aloe coprendo

469. casso: ‘tolto’.483. La ... testa: cfr. Il Polidoro 2398 (« E lieta tra le stelle alza la testa »).488. Cosı ... volere: vedi sopra la nota al v. 457.489. chiaro piropo: varieta di granato alluminifero di color rosso fuoco, usato

come pietra preziosa.492. aloe: succo amaro ricavato dalle foglie di questa pianta, usato come medi-

cinale.

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365LA VITTORIA

Utile inganno a l’egro; e infermi sonoSpesso i popoli a noi da Dio commessi,E perch’a l’obedir non sian ritrosi, 495

Ch’e de l’imperio infermita mortale,O che, da disperato timor nata,Non spenga oltracotanza ogni rispettoDi riverenza, ch’al Signor si deve,Convien loro addolcir’ogni rigore, 500

Hor con varii pretesti di ragioneHor con l’util privato, hor co’l commune,Che i piu potenti alletta, e gl’altri affrena.

EZZELINO

Tu Signor, del regnare il nervo tronchi,Se dai sudditi tuoi parti il timore, 505

Ne fai giamai questo tuo Sacro ImperoSu pretesti fondato di ragione:Ma su la forza, e su’l valor de l’armi.E con quell’arti stesse ond’egli e natoE conservare, et aggrandir si deve. 510

Tema pur, tremi pure al tuo sol nome,Faccia dei cenni tuoi legge a se stessoOgni soggetto tuo, che tu sarai,Com’i tuoi primi, Imperator’Augusto;Ma se di lor parer punto ti cale, 515

Tosto che’l mostri loro, in un momentoSi stiman posti del governo a parte.E se dal primo grado de la scala,Che piu nel dominar s’appressa a Dio,Spinger ti lasci, gran periglio porti 520

Di traboccar contra tua voglia al fondo;L’altre vie, che i Filosofi otıosiSoglion stancar sovente tra le scuole,

493. egro: ‘malato’; tutto il passo risente di TASSO, Gl 1, 3, 5-8 (« Cosı a l’egrofanciul porgiamo aspersi | di soavi licor gli orli del vaso: | succhi amari ingannatointanto ei beve, | e da l’inganno suo vita riceve »).

498. oltracotanza: ‘arroganza, superbia’ (dal lat. ultra cogitatio; franc. antico:outrecuidance), come gia in DANTE, Inf. 9, 93.

503. alletta, e gl’altri affrena: cfr. MARINO, Adone 13, 133, 4 (« onde gli animialletta e gl’imprigiona »)

522-523. L’altre ... scuole: la sentenza anche in Il Polidoro 2350-2351.

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366 LA VITTORIA

Quasi vili tralascia, oscure, e basse,E quest’una vedrai alzarsi a volo. 525

FEDERICO

Non stimo gia, ch’a Imperator convengaSottoporsi a l’arbitrio dei soggetti;Ma pur talhor con simulato amoreSi suol huom franco incatenar per schiavo;Ne posso dispregiar quel dolce nodo, 530

Co’l qual spesso contrarie cose legaNatura, e tutti al suo fattor l’unisce.Spesso odio occolto, e confidenza fintaDelivraron gran Re da’ danni et onte;Ne bene un deto sol regger lo scettro, 535

Ne puo un sol mezo governar lo stato;Se ben molti ad un termine sen vannoI nostri corsi, tra lor gareggiandoDi toccar prima ogn’un di lor la metaDe la felicita, di quel che regge. 540

Pur meglio con molt’ancore si fermaSaldo naviglio, e con piu remi meglioSolca tranquillo mar legno spalmato.Per cio in quest’hermo, e solitario locoHo richiamati i Sicoli oratori, 545

Perch’essi insieme co’i seguaci loroVengan meco a goder de l’otio mio,Che scevro da le cure i loro affariPotro come desio meglio espedire,E con sembiante ancor assai piu grato 550

524-525. ... a volo: sulla stretta declinazione machiavellica del passo, come ricalcodi « uno dei precetti del Segretario fiorentino [cap. XVII del Principe] piu vulgata-mente demonizzati », si vd. GUERCIO, La tragedia « Vittoria » di Pomponio Torelli,pp. 196-7, ove giustamente rimanda, per la sentenza in chiusura, « con curiosacontaminazione e de- e ri- contestualizzazione, una frecciata della Laura petrarchescacontro i medesimi ‘‘philosophi’’ », in Rvf 262, 12-14 (« Vengan quanti philosophi furmai | a dir di cio: tutte lor vie fien basse; | et quest’una vedremo alzarsi a volo »).

527. soggetti: ‘sudditi’.534. Delivraron: ‘deliberarono, decisero’. ~ danni et onte: « dittologia tassiana (e

vd. Gl 16, 46) » (GUERCIO), anche in Il Polidoro 628 e 1640.535. deto: « dito; forma giustificata dal passaggio della i alla e chiusa; cfr. dedo

(Spagn.), deo (Veneziano) » (MANCA); in questa forma gia in Galatea 1829 e 2725.538. corsi: ‘affanni’; Manca commenta: « le nostre attivita socio-politiche ».543. spalmato: ‘proiettato, lanciato’ (con esito visivo di velocita), anche al v. 1033.548. scevro: ‘libero, privo’.

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367LA VITTORIA

Ho de l’usato le sue preci accolte,E di promesse carchi gli ho introdottiSpesso ne le consulte, e ne i discorsi,Ove sgravando de la nova somaDi dannose tollette il regno loro, 555

N’ho con agre rampogne Pier ripreso,E’n lor presenza di molt’altre colpeA lor spiacenti sı l’ho fatto reo,Ch’ogni stratio, ogni scempio, ch’io ne faccia,Sara con gioia hor in Trinacria inteso. 560

Mira come festanti, e come gonfiDa l’aura del favor vengono a stuolo.Ma partianci di qui, ch’io non vuo’ loroEsser de le mie orecchie hora cortese.

CHORO

Volge Febo l’aurato carro intorno, 565

E di tenebre sgombraQuest’e quell’hemispero;Cosı talhor l’ImperoSovra la luce ha l’ombra,Talhor l’humida notte cede al giorno; 570

Ma sı son sopra i loro piedi snelleL’Hore, che l’ale apriro

555. dannose tollette: ‘ruberie, rapine’ come in DANTE, Inf. 11, 36.556. agre rampogne: il sintagma e petrarchesco (Rvf 360, 76), anche in Il Polidoro

699 e Tancredi p. 50, v. 15.560. Trinacria: antico nome della Sicilia. ~ ... inteso: « perspicuamente machia-

vellico » appare a Guercio questo stratagemma, per il quale rimanda al cap. XIX deIl Principe (La tragedia « Vittoria » di Pomponio Torelli, pp. 224-225).

565-723. CHORO. La parte lirica del coro, che comprende i vv. 565-612, constadi quattro strofe con schema metrico: AbccbADeDEfgefHH; fa eccezione pero laseconda strofa, il cui decimo verso e irrelato: AbccbADeDFghghII. Il congedo e,regolarmente, xyxyZZ. Sulla sua presenza operativa si ricordino le parole di BARILLI,La tragedia « Vittoria », p. 191: « nella Vittoria il coro non e piu del tutto imperso-nale, e prende parte attiva nel dramma, diventando cosı come un personaggio, cherappresenta il tipo del cortigiano adulatore e parassita, che, spiando sul volto delsovrano i moti dell’animo, indovina se convenga atteggiare il viso a letizia o a tri-stezza, e dire di sı o di no ».

572-573. L’Hore ... ancelle: « le Ore, divinita minori della mitologia classica chefin dall’inizio dei tempi volarono seguendo il movimento del sole, sono rappresentatealate al seguito del carro di Apollo » (MANCA).

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368 LA VITTORIA

Al primo moto, e son del tempo ancelle,Ch’accoppiar luce et ombra in un sol giro,Onde per tal vicenda 575

Non e, chi incolpi il soleQuando la terra il benda,Ne men di lui si duole,Che riscaldando sopra il capo cresca;Che spera un, che s’attuffi, e l’altro ch’esca. 580

Lasso, ch’a le soggette sue contradeNostro maggior PianetaMal sua luce comparte;Troppo in remota parteL’altrui desire acqueta, 585

Troppo lunge da noi son le sue strade;Qui troppo scalda, sı che del bolloreFa, che’l fier Marte avampi,E trahe da l’alme un torbido vapore,Et a noi cela il suo benigno lampo; 590

Tal che di luce muteHor di Trinacria l’onde,Chiamando lor salute,Fan risonar le sponde,Non men, che chiami il figlio madre pia 595

Ch’invido Noto dal suo sen disvia.Forse bramar a un tuo fedel non lice,

E men conviensi a noi,O glorıoso Augusto,Come sei forte, e giusto, 600

Ch’i cavallieri tuoiSieno ristretti tra minor pendice;Ma pur perdona al natural desioChe, com’alma reggeBen’un sol corpo, sı vo stimand’io 605

Beato un regno sol, ch’un Re corregge;

595. madre pia: anche in Il Polidoro 435 (« Di pia madre conosco il dolceaffetto »), per Guercio da PETRARCA, Rvf 128, 85.

596. Noto: « vento del sud, potente e temuto, rappresentato anticamente sia infigura umana sia sotto forma di cavallo galoppante » (MANCA).

604-605. Che ... corpo: cfr. una bella variante in Il Polidoro 225 (« Questi duecorpi un’alma regge »).

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369LA VITTORIA

E se si sa ab esperto,Ch’e vile, e poca terraAl tuo infinito merto,Cio, che’l mar bagna, e serra, 610

Nascono novi mondi a la tua verga,Pur che in Trinacria l’alto trono s’erga.

Pur che di pieta armato il grave ciglioLa tua Trinacria miri,E nel suo dolce grembo 615

Pur che deponghi il nemboDe gl’alti tuoi desiri,Spieghi l’ali il tuo augello, opri l’artiglioContra le genti indomite, e rubelle,Vinca d’Africa il Drago 620

Che infetta co’l velen l’herbe novelle,Inondar faccia d’hostil sangue un lago,

Che noi lieti, e sicuri,Cinti di lauro il crine,O’l terren l’anno induri, 625

E sparga le pruıne,O desti i fiori, o pur la spica indori,Celebraremo i tuoi sublimi honori.

Sta mal tra l’onde horribili, e fallaciSenza nocchier la nave 630

Di ricche merci carca;Mal folti boschi varcaSemplice agnella, e paveLontana dal pastor fauci voraci;Mal tra le rupi sua diletta prole 635

Quell’augella abbandona,Che gl’occhi a pena nati affina al Sole,Per servir meglio a Giove, quando tuona,Perche serpendo l’angueVi giunge, e la rupe erta 640

Smalta di puro sangue.Ella da pugna incertaTorna vittrice, e trova i pegni suiFatti di predatori preda altrui.

607. ab esperto: ‘per diretta esperienza’; anche in Galatea 249 e 2226.

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370 LA VITTORIA

Giunga al bel carro aurato 645

Bianchi destrier’ Vittoria,E su’l terren domatoSpieghi pompe di gloriaStrascinando i captivi cittadini,Le man’ rivolte al tergo, e gl’occhi chini. 650

CHORO

Ma tacito e pensoso a noi venireParmi scorger lontan Pier da le Vigne;Non credo gia, che per l’usato fastoChiudendosi in se stesso altrui si tolga,Vago de’ suoi pensier’, d’ogn’altro schivo, 655

Che rabuffato dal suo re l’altrhieriLo vidi sı ch’io stesso n’adontai,E mi fei seco di gelata neve;Che me pieta, lui scoloro il timore;Ne percio men di riverenza pieni 660

Ver lui mostrar convienci; che com’EuroBenigno increspa, irato l’onda estolle,Cosı talhor par cortigian depresso,Che in un momento sopra ogn’altro poggia.Forse costui qual ripercossa palla 665

Cadendo sorgera con maggior forza.Ben puo contraria sorte attraversarsiAl potente voler d’invitto Heroe,Tal, ch’egli oltraggi quei ch’ha in maggior pregio;Ma torna tosto al natural suo corso 670

Il costume gia vinto, e s’avvalora,S’avvien, che virtu ferma lo sostenti,E in mente grata la memoria il mertoRavvivi, che in lei verdi ha le radici.

645-650. Giunga ... chini: « riferimento alla coreografia delle parate trionfali diRoma imperiale con l’imperatore che sfilava su un carro trainato da cavalli bianchi,preceduto dalle spoglie di guerra e dai nemici incatenati. E l’augurio che Vittoriapossa apportare il successo militare a Federico II » (MANCA).

664. poggia: ‘aumenta, risale’ (a scapito di un altro), come in PETRARCA, Rvf 48, 3.670-671. Ma ... vinto: la matrice della sentenza e petrarchesca (Rvf 7, 3-4), in uso

anche in Il Polidoro 146.

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371LA VITTORIA

Tal elce antica da nemica scure 675

Tosa di folti rami s’arricchisce,E dal ferro vigor novo riprende.Pur lessi ne la fronte al nostro AugustoUn severo rigor, ma che pareaDa pieta combattuto, e quasi vinto; 680

E’l mendicar, ch’egli facea le colpe,E colpe tali, che specchiarsi in esseL’innocenza veder spesso mi parve,Creder mi fa, ch’ei contra quel che sente,O per sfogar qualche dispetto acerbo, 685

O pur per interesse chiuso a noi,Cosı parlasse; ma gia Pier s’appressa,E n’ha scorti e, quasi un che si riscuoteDa sonno oppresso, si serena in volto.O de l’almo natio nostro terreno 690

Solo, e saldo riparo, e dolce honore,Che senza te piu che l’arsiccia LibiaPopulato saria da fieri mostri;Ma tu, novo Cillenio, e novo Alcide,Hora co’l suon del tuo chiaro sermone 695

Gli poni in fuga, hor co’l valor gl’atterri.Per te la patria nostra, il grand’AugustoCon destr’occhio rimira, e sopra leiPiovono gratie ogn’hor per le tue preci.E ricreata vien da l’aura amena 700

De i favori, che tu vai rinfrescando,Ond’ella cresce, e si fa bella, e chiara.Quasi terrena pianta, che nutrisceIn secreto giardin vezzosa Ninfa,Che da l’onde d’argento il latte beve, 705

E prendendo vigor da i caldi rai,Sparge la verde chioma a un picciol vento.

681. mendicar: « chiedere senza dignita » (MANCA).686. chiuso: ‘sconosciuto’.691. Solo ... honore: Manca rimanda a ORAZIO, Carm. I, 1, 2 (« o et praesidium et

dulce decus meum »).692. arsiccia Libia: gia in Galatea 2290 (« Che de l’arsiccia Libia l’aria oscura »),

ove Bianchi, in questo stesso volume, spiega: « che rende oscura l’aria della riarsaLibia ».

694. Cillenio ... Alcide: risp. Mercurio e Ercole.

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372 LA VITTORIA

Ma tu, nostro sostegno, e nostra luce,Non lasciar la pietosa alta tua impresa,Anzi raddoppia per servarla intatta, 710

Le forze del tuo ingegno al suo grand’huopo.Sai, che sotto potente, e giusto scettroFu lacerata da bramose zanne,Conculcata da pie d’horrido Verre.Hora non sol contr’essa arruota il dente 715

Vıolento cinghial, ma ingordi lupiLe fanno intorno guerra, et al suo dannoS’arma il serpe di tosco, il leon d’ira.Ella, com’al furor di Borea o d’AustroTrema debole pianta, il capo infermo 720

Piega hor a quest’hor a quell’altra parte.In te sol tien gl’occhi, al tuo sol nomeRespira, da te sol soccorso attende.

PIER DA LE VIGNE

S’io sempre al ben de la mia patria intesi,Sallo il Signor, dal cui acuto sguardo 725

Cosa alcuna non e, che si nasconda,Che d’alti cori ogni riposto specoCon suoi pungenti rai scalda, e penetra.A Lui, cui sono i miei pensieri aperti,S’io mai m’accinsi di Trinacria al danno, 730

O s’ogni mio pensier non accampaiPer sanar le sue piaghe, e’l grave pesoAlleggerir, ond’ella e oppressa, e vinta,Chiedo d’ogni mai colpa aspra vendetta.Ne tanto per mio honore il duol mi punge, 735

Di non commesso error, ch’altri mi carchi,Quanto m’affliggeria, che co’l mio essempioAlcun potesse d’impieta macchiarsi.

714. Verre: « propretore in Sicilia dal 73 al 70 a.C.; accusato di concussione,rapine, violenze, fu condannato in un processo famoso per il ruolo ivi assunto daCicerone, che nel 70 a.C. scrisse le sue famose orazioni contro Verre. La voce verre staper verro, porco e si presta quindi a un preziosismo in questo contesto » (MANCA).

719. Borea o d’Austro: risp. vento del nord e vento caldo che soffia da sud.725-728. Signor, ... penetra: il motivo dantesco dello sguardo divino (Par. 1, 2),

qui anche ai vv. 1879-1880, ricorre anche in Il Polidoro 452-453.730-734. S’io... vendetta: per tutta la tirata cfr. Il Polidoro 1479-83.

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373LA VITTORIA

Mentr’avro fibra in sangue, o sangue in vena,O queste membra sosterra lo spirto, 740

Mi troverete prodigo de l’alma,Non che de le fatiche, e del sudore,Che pur ne la Sicilia impermutaiQuesta caduca spoglia, e saro ancoraPresto a deporla sempre ov’ella il chieda. 745

CHORO

Non lenta pioggia sı l’herbette allegra,Quando Febo il celeste cane attizza,Che pien di rabbia le campagne fende,Com’al tuo ragionar soave, e pianoNostra speme gia secca si rinverde. 750

Ben di sı nobil figlio nobil madreSopra ogn’altro stimare, che di figlio,Ch’eri de le citta, padre sei fatto,Poscia che posta par ch’abbi in non caleFuor che la lor salute ogn’altra cura, 755

Ne pur del Re tuo proprio ti rimembra,Se lo interesse de la regia corteAvvenisse giamai che combattesseCon quel, ch’a la tua cara patria giova.

PIER DA LE VIGNE

Se l’esser nato altrove dato in sorte 760

Mi fosse, ad altro Principe soggetto,E non di quel, a cui con fede servo,Allor devrei tentar rompere il nodo

739. fibra: sta per ‘spirito, forza’.740. O ... spirto: vd. PETRARCA, Rvf 53, 1 (« Spirto gentil, che quelle membra

reggi »).743. Che ... impermutai: Manca riporta: « che pur a me die la Sicilia in presto »;

impermutai: sta per ‘presi, scambiai’, e allude a un sentimento della temporalita dellavita come transito e contingenza.

745. ella: ossia la Sicilia, e mostra in Pier delle Vigne un nazionalismo nativistache identifica il destino personale con quello della patria (e del suo re) quale massi-mo esempio di fedelta innata (secondo il modello platonico dell’anamnesi) allatradizione.

749. soave, e piano: dittologia gia in DANTE, Inf. 2, 56, e Il Polidoro 2757.750. Nostra ... rinverde: la metafora e dantesca (Pur. 3, 135), ma cfr. Il Polidoro

187-188 (« ... o pur se verde | qualche fioretto ancor di speme serba »), 1365-1366,2209 (« E rinverdir fai nostra secca speme ») e Tancredi 1173.

762. a cui con fede servo: ricorda le sue parole in DANTE, Inf. 13, 74-75 (« vi giuroche gia mai non ruppi fede | al mio segnor, che fu d’onor sı degno »).

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374 LA VITTORIA

Di servitu, se’l mio servir nocesseA quella patria, a cui me stesso debbo; 765

Ma poi ch’a l’alta Providenza piacque,Ch’a l’istesso Re fossi, e ligio e servo,Sicuro son di non offender luiIn qualunque pensier che’l cor aduni,Per la difesa del suo dolce nido; 770

Che laccio stretto d’obligo ci legaPari ambidue, benche non sia lo stesso:Lui come Re, cui fur le chiavi date,Come a padre, e tutor del bel paese;Me come figlio, che pietate ardente 775

Arma a lo scampo di diletta madre.CHORO

Ma s’a pro del suo Impero, util mercandoGravasse noi d’alcun soverchio peso,Dura necessita ti sforzerebbeA la patria pieta volgere il tergo, 780

O denigrar quella candida fedeChe verso il tuo Signor servasti illesa.

PIER DA LE VIGNE.Non puo con danno mai de’ suoi soggettiUtil cercar un Re prudente, e saggio,Non men che possa mai nocchiero accorto 785

Util cercando ad uno scoglio acutoRomper la nave sua carca di merci.

CHORO.Pur per fuggir le man’ rapaci, e ladre,

773-776. Lui ... madre: introdurre il discorso sulla relazione con il potere nelcontesto culturalmente circoscritto di una idea sociale quale la famiglia patrilineare,serve qui a rafforzare l’idea di stabilita gerarchica che domina e governa nell’ordinele relazioni fra i soggetti, da una parte confermando un’idea di sovranita direttamen-te ispirata dalla teologia politica paternalista e patriarcale nella relazione padre-figliomessa in campo da Pier delle Vigne; dall’altra, mostrandone anche un’inquietudineideologica che sembra presiedere la normalizzazione dei comportamenti interindi-viduali, quando dal potere considerati ambigui o non intellegibili.

779. Dura necessita: e figurazione presente anche in Il Polidoro 205.781-782. fede ... illesa: vd. sopra alla nota ai vv. 307-308.784. prudente, e saggio: la dittologia anche in Il Polidoro 623-624 (« Non avete tra

voi prudenti, e saggi | capi »).785. nocchiero accorto: la similitudine e petrarchesca (Rvf 235, 5), qui anche al v.

2146.786. scoglio acuto: cfr. Il Polidoro 1029 (« Quindi tra scogli acuti, e sirti infide »).

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375LA VITTORIA

E conservar di libertate il pregio,Sara lodato un naufrago nocchiero. 790

Ne con ragion sara biasmato, quandoCon miglior vento a piu sicuro portoDel frale viver suo volger la velaLo consegliasse un piu benigno lume,Lasciando il legno rotto a l’onde infide. 795

PIER DA LE VIGNE

Per lo scampo di Principe benigno,Per riparar lo stato, se tumultoDi guerre, o fame, o peste minacciasseFortuna inessorabile, e superba,Gravar non si puo popolo fedele, 800

Che volontariamente egli permetteAl Re, che fonda ogni sua facultate.Ma s’ei, d’oro famelico o assetatoDi novi beni, impoverisce altrui,Non e pari la sorte: che il nocchiero 805

Puo divenir ne la citta mercante,Ne le merci cangiar ville, e castella,E sua schiatta inestar nel nobil sangue;Ma tosto che di giusto il nome perde,Un Re, tiranneggiando acquista carco. 810

CHORO

Pur molti Re fur che, di corda cinti,O di larghe cuculle il corpo adorni,Cangiar con somma gloria il regio nome.

PIER DA LE VIGNE

Ma questi fur di carita sı accesiChe calpestato ogni terreno affetto, 815

Ersero i puri suoi pensieri al cielo.Or da sinistra parte scorger parmiVenir verso di noi il grande Augusto;Ben e, che l’attendiamo; forse vosco

803-805: Ma ... sorte: sulla notevole forzatura ideologica, in sede tragica, diqueste parole, cfr. BARILLI, La tragedia « Vittoria », p. 193: « La conclusione di Pierdella Vigna e giusta, ma irriverente verso la sacra maesta del suo sovrano. Unministro che sobilla il popolo contro il re non s’e ancora veduto e non si capisce ».

811-816. Pur ... cielo: « allusione ai re santi tipo Ludovico XI » (MANCA). ~cuculle: sono i cappucci di lana dei monaci.

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376 LA VITTORIA

Vedendomi aprira al pensier la via 820

Di risarcir di nostra patria il danno,E mentre, ch’egli a lei vive lontano,Eleggera rettor saggio e clemente,A cui dia in mano il fren de le contrade,Che, com’ei disse, vostre piaghe sani. 825

CHORO

Con gli occhi bassi, e le ginocchia inchine,Abbiamo forse a supplicarlo, ch’horaDi noi gli caglia, e che pietate il vinca?

PIER DA LE VIGNE

Non fate cio, perche rallenta il corsoTroppo punto destrier da sproni aguzzi; 830

Pur l’altrhier’ei benigno a voi mostrossi,V’arricchı di promesse, e di speranzeVi colmo sı, ch’assai fia ch’egli spessoVi rivegga: che taciti, e modestiLo sferzerete piu, che con la voce; 835

E gia seco veder potete al paroIl sergente maggior di tutta l’hoste;Ch’ei, che comanda a gli altri, a Marte hor serve,E’l pensier de la guerra il fura a voi.

CHORO

Qui dunque dove de’ potenti e il varco, 840

E dove spesso suol volgere il piedeL’invitto Imperator, se ne staremo,Mostrando a lui ne gl’occhi il nostro core,E ne la fronte ogni pensier dipinto.

FEDERICO

Mal’esseguı cio che da me fu imposto 845

Il general dei forti Cremonesi,Ch’egli dovea in Guastalla il lor carroccio

824. A cui ... contrade: vd. PETRARCA, Rvf 128, 17-18 (« Voi cui Fortuna a postoin mano il freno | de le belle contrade »), per Guercio: « E uno dei luoghi petrar-cheschi piu assiduamente rivisitati nelle tragedie del Torelli ».

826. ginocchia inchine: atteggiamento del Coro gia in Merope 421.834-835. taciti ... voce: ossia il comportamento/atteggiamento (dimensione visiva

e performativa) potra in questo caso piu delle parole (dimensione verbale).847. Guastalla: « piccola citta dell’Emilia che fu governata dai duchi Torelli,

antenati dell’autore, dal 1406 al 1539 » (MANCA).

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377LA VITTORIA

Fermar, e stringer sı Bressello intorno,Con le squadre valenti, ch’egli ha seco,Che non potesse dar alcun’ingresso 850

Nel passar Po a le nemiche genti,Ch’esse sarebber dissipate, e rotteDa la battaglia densa de’ Tedeschi,Che trovate l’avrebbe vinte, e stanche,Dal camin lungo, e dal timor oppressi? 855

Di numero, e di forza inferıori,Or tu va’ tosto, e fa’ munir’il passoDi Coenzo, e s’ardir avran d’uscire,Farai saper al collonello SuevoChe gli combatta sı, ch’un non ne scampi. 860

SERGENTE MAGGIORE

Obediro, ma vuo’ Signor, che sappiChe molti masnadieri da ColornoEntrati son ne la citta nimica,Pur questa notte; e quei, ch’a Val SerenaLasciasti, diersi al vino, al sonno in preda; 865

Io tardi il seppi, e con le squadre corsiCh’ebbi piu in pronto; ma trovai che in portoGiunti rideansi de le guardie nostre,Pur ne giunsi un, che con passi inegualiSeguia lo stormo; da lui presi lingua, 870

Seppi, che piu di mille erano entrati,E che per questa via, ch’al monte poggia,Ove meno si teme, e si provede,

848. Bressello: « corrisponde all’odierna Brescello, cittadina sul Po » (MANCA).852. dissipate, e rotte: in coppia anche in Il Polidoro 2812.855. oppressi: sulle vicende, anche per quanto raccontato piu oltre, si vd.

BARILLI, La tragedia « Vittoria », p. 194: « Il generale dei Cremonesi non ha saputoprendere Brescello, e rompere il ponte sul Po, per mezzo del quale i Parmigianimantengono comunicazione con Mantova. Da Colorno giungono continuamentealla citta ribelle forti manipoli di Mantovani, Milanesi e Ferraresi, i quali risve-gliano la speranza negli animi degli assediati e proteggono il trasporto delle vetto-vaglie ».

858. Coenzo: « piccola frazione in vicinanza di Parma » (MANCA).862. Colorno: « rocca di grande importanza strategica nel Medioevo » (MANCA).869. giunsi: ‘incontrai’. ~ passi ineguali: cfr. Il Polidoro 693 (« Al suo desio fa

ch’inegual sia il passo »), ove Guercio rimanda a DELLA CASA, Rime 47, 75 (« Eranoi pie men del desir mio pronti »).

870. presi lingua: ‘ascoltai parole’.

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378 LA VITTORIA

Mille de’ Rossi partigiani spintiInavedutamente s’eran dentro; 875

Che molta gente da Milan s’inviaGiu per lo fiume; e Mantoa in ColornoE Ferraresi ingrossano lo stuolo,Onde se tua presenza non provede,Tosto ne temo novo danno al campo. 880

FEDERICO

Vano e il timor, che da inesperta genteE poca, grande essercito, et invittoDi veterani unqua riceva oltraggio;Ben potra rincorar dentro gli ossessi,E prolungar per qualche tempo ch’essi 885

Sotto le croci co’ capestri al colloNon s’atterrino humıli a’ nostri piedi;Pur a’ passi opportuni ben rinforzaLe guardie, e spesso fa’ correr gualdaneVerso Colorno sı, che di spavento, 890

Di ruına, e di strage il tutto s’empia,Ne l’angolo, ove quasi in un cespuglioPicciol lepre, s’appiatta l’inimico.Io messo espresso hoggi a Cremona invio,Et un altro a Pavia pur ne destino, 895

Accio ch’a’ Milanesi, a’ PiacentiniIl navigar per Po interdetto sia.Tu al conte di Carintia ordineraiPer mia parte che ben provegga al colleChe la Baganza bagna e rode il Taro. 900

SERGENTE

Signor perdona, se’l desio, che sempreEbbi de la tua gloria, hor mi costringeDi por prima ch’i pie la lingua in opra;

874. Rossi: « una delle maggiori famiglie parmensi che costituı il nucleo di unforte partito guelfo nel comune di Parma » (MANCA).

877. Mantoa: ossia i mantovani.884. ossessi: ‘assediati’ (lat.); per l’uso Battaglia segnala TRISSINO, L’Italia libe-

rata da’ Goti 2, 165 (« Cosı ciascuna di coteste coppie | ara sovr’essa un ottimomolino, | che potra macinar tanto formento | quanto bisogni a la cittade ossessa »).

889. gualdane: ‘scorrerie, incursioni’.900. Baganza ... Taro: risp. « affluente di sinistra del fiume Parma », e « affluente

del Po nelle vicinanze di Parma » (MANCA).

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379LA VITTORIA

Io tosto me n’andro, ma poco inteso,Ne mi sara creduto, da chi molto 905

Se stesso stima, e piu gl’estrani sprezza.L’amor, ch’a te suo Principe ognun deve,La riverenza pari al sommo mertoPotente e sı, che nel vederti ogn’unoAd un solo tuo cenno il capo piega; 910

Ma tosto che l’assenza altrui ti cela,Come ne la tua mente ben dispostoL’ordine de l’essercito si regge,Cosı regola, o legge non v’appare;Non men, che quando il sol da noi si scosta 915

A le tenebre lascia il mondo in preda.FEDERICO

Va’ pur, che ben ti fia prestato fede,Et io stesso saro tosto con voi.

SERGENTE

Vado, e per giunger ove son gia giuntoCo’l pensier, mutero spesso cavalli; 920

Ma temo, e faccia Dio mio timor vano,Che’l tuo presto venir tardo non sia.

FEDERICO

Sempre trovai sollecito, e fedeleQuesto ministro, e ne la guerra esperto;Ma pur, quasi animal, ch’adombre, e incespe, 925

Il troppo amor inanzi gl’appresentaNove larve di danno, e di periglio,Tra le quali hor s’aggira, e par che sogni.

919-920. Vado ... pensier: cfr. Il Polidoro 1748-1750 (« Accio ch’io possa con lacarne, e l’ossa | Giunger tosto a l’armata, dov’io sono | Giunto gia co’l veloce miopensiero »).

922. Che’l ... sia: bella variante della sentenza di LUCANO, Fars. 1, 281 (« sem-per nocuit differre paratis ») gia in PETRARCA, Rvf 264, 35-36 (« che dubbioso e ’ltardar come tu sai, | e ’l cominciar non fia per tempo omai »), poi in Il Polidoro1843-4.

925. adombre: nel senso ‘che si spaventa davanti a un’ombra’.926-928. Il troppo amor ... sogni: sulla pessima lungimiranza politica qui di

Federico, chiosa BARILLI, La tragedia « Vittoria », p. 195: « E, mentre sotto Parmasi sta per combattere una terribile battaglia fatale all’impero, il suo rappresentante,lontano dall’esercito, perde il tempo, intavolando una vana disputa con Pier dellaVigna. Questo e il momento piu drammatico di questa poco drammatica tragedia ».

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380 LA VITTORIA

PIER DA LE VIGNE

Vero e il proverbio, o mio Signor benigno,Che il ben guardarsi rea ventura schiva; 930

Piu sicuro e il periglio in questa vita,Che non e il buon successo, e ne la guerraIl giudicio e fallace, e’l caso incerto.

FEDERICO

Pur questi son gli stessi, ch’io soventeCon le mie squadre in brutta fuga ho volti, 935

E l’essercito mio pur e il medesmoChe di lauro sı spesso il crin m’ha cinto.

PIER DA LE VIGNE

Non e lo stesso essercito, se’l duceNon e l’istesso, come son diversiI frutti ch’un sol’arbore produce 940

Per la varia virtu di novo inserta;E’l lauro verde, che la fronte adorna,Ne l’ingegno tuo proprio ha le radici.

FEDERICO

Se dunque tal ingegno a me dal cieloConcesso tal’essercito sortisce, 945

L’un con l’occhio cervier nel comandare,L’altro con l’armi pronto a l’esseguire,Perch’osi por la mia vittoria in dubbio?E perche a pro de l’hoste mia nemicaConsegli tu, mio servo e mio vassallo, 950

Ch’a’ trattati di pace io presti orecchie?Perche trapponi patti, e novi accordi,Per interromper di mia gloria il corso?

PIER DA LE VIGNE

Di scoprirti di gloria il vero segnoPensai Signor, ne al mio pensier gli eventi 955

Di tutte le tue guerre lunge andranno,Se vorrai por’in opra il tuo gran senno.Vincesti, e di Trıonfi, e di TrofeiCarco n’andasti in questa parte, e in quella,Ma se di tante tue vittorie il frutto 960

Altri chiedesse, altro mostrar non puoi

945. sortisce: ‘destina’.

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381LA VITTORIA

Che novi odii, e rancori, e guerre noveContra te suscitate, e nove leghe.Non tante teste ripar de l’hidraPote una gia divisa dal suo busto, 965

Quanti le tue vittorıose schiereT’armano contro venenosi mostri;E se de le battaglie, e degli assalti,Prese le mura, e debellata l’hoste,Pur fosse un’altra guerra un aspro fine, 970

E’l terren vinto possedessi in parte,Ne le fiere tempeste un qualche portoSi potrebbe adombrar nel mio pensiero;Ch’allhor, che tutti gli uomini, che in armeHanno alcun pregio soggiogati, e vinti 975

Co’l mento tocco avessero il terreno,Tu, deposto l’usbergo, riposareTi potessi su’l dorso, e teste loro.Ma caduto, e risorto il tuo nemico,E vinto, e ribellante in un momento, 980

E battuto lo veggo, e piu feroce;E se tu vincitor, ch’ancor le maniNon hai sı ben’avvolte ne le chiomeDe la fortuna, che stimar si possaCh’ella ti sia per esser sempre amica, 985

La provassi contraria; onde il valoreDa l’empia sorte superato fosse:Da quai fatiche, ohime, da quei perigliTi vedrei circondato? se da entrambiCon le vittorie sveller non ti puoi. 990

Ma sia tutt’il successo, che s’attendeIn man di Dio, ne altrui pensier vi giunga,O si guerreggi senza palma in vano.Quella gloria suprema, che si deveA un sublime Signor, come tu sei, 995

Quasi lubrica anguilla tra le mani

964-965. Non ... busto: « si allude alla seconda fatica d’Ercole che uccise l’idra,mostruoso serpente con molte teste che rispuntavano una volta tagliate, troncandol’unica testa che permetteva alle altre di ricrescere » (MANCA).

982-984. E se tu ... fortuna: cfr. Il Polidoro 919 (« Che la fortuna tien presa nelcrine »).

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382 LA VITTORIA

Mentre la prendi, e stringi, pur ti fugge.Perdonami mio Re, se la mia fedeScorta da liberta la lingua snoda;D’Imperator, che tutto’l mondo ammira 1000

Non sei tu fatto un capitan venale,Di chıunqu’e, che parteggiando cresca?Tu ch’hai de l’armi, e del governo il pregioLuce seconda del Suevo sangue,Hor quel tiranno, hor quel commun richiedi, 1005

Di quel che patteggiar fur teco arditi,Per disbramar sue poco honeste voglieContra i tuoi propri sudditi la destraTi fanno armar; per isfogar lor iraIncrudelir ti fan ne le tue membra. 1010

Pur di ragion sono a l’imperio i GuelfiSoggetti; e se non sono hor di tua parte,Non uccide la pecora smarritaIl buon pastor: ma la richiama, e cerca;Talhor la prende, e la riporta al gregge. 1015

Hor de’ tuoi piu fedeli ognun si sforzaDi farti sol di picciol parte donno;Il Sacro Impero tutto’l mondo abbraccia.Al verace Orıente, e pur fia meglioLo spavento de l’armi, che tu volga: 1020

Quella e tua propria impresa, a te conviensiQuel paese purgar da’ cani immondi,Ove de le terrene, e pure membraFu vestito da Vergine, chi unıo

999. Scorta: ‘protetta’ piu che ‘accompagnata’.1005-1006. Hor ... arditi: « chiedi ai tiranni e ai comuni, che vennero a patti con

te, di mantenere le loro promesse » (MANCA).1007. disbramar: ‘saziare’, verbo d’intensita gia in DANTE, Pur. 32, 2 (« a disbra-

marsi la decenne sete ») e anche in Il Polidoro 108 (in Merope 1209 nella forma« sbramar »).

1010. Incrudelir ... membra: cfr. Il Polidoro 328 e 1563.1014. Il buon pastor: « immagine ‘evangelica’ e vulgata che si ritrova anche, allo

stesso proposito, nella Monarchia dantesca; e che e diffusamente riproposta a mo-dello, ancora una volta, piu modernamente, dalla trattatistica controriformista delprincipe ideale » (GUERCIO, La tragedia « Vittoria » di Pomponio Torelli, p. 227). ~la richiama, e cerca: e PETRARCA, Rvf 6, 5, ma cfr. anche Il Polidoro 1341-1342 (« Sene l’ombre, o nei boschi alma travıa, | La richiama, e l’invia »).

1019-1020. Al verace ... volga: ossia, a combattere il « Saracin » del v. 1097.1023. terrene, e pure membra: cfr. Il Polidoro 382 da PETRARCA, Rvf 8, 2 e 23, 145.

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383LA VITTORIA

Due diverse nature in un supposto, 1025

E senza colpa, per le colpe altrui,Se stesso offerse a dispietata morte.Ma se lungo e il vıaggio al tempo cortoCh’hai ne la mente al vincere prescritto,Non hai vicino l’affricano lito, 1030

A Dio ribelle, a’ tuoi vassalli infido?Che con l’ali de’ remi, e con le veleFa volar sopra il mar legni spalmati;Onde quasi ape, che su’l fiore il meleCon fatica ha raccolto al proprio albergo 1035

Mentre ritorna co’l suo dolce pesoVien da vorace rondine intercetta.Sono i soggetti tuoi spogliati, e presi,A’ lor bisogni, a’ lor traffichi intenti.Ivi con honor vero, e gloria chiara 1040

Vincer si puote, ivi il guadagno e certoNe la perdita stessa del morire;Poi che con un sospir breve di morteMercar si puote sempiterna vita.Su ne l’Empireo ciel, per scorta e duce, 1045

Per riparo del popolo fedele,L’Imperator de gl’angeli t’ha eletto;Come cre’ che gli aggradi hor’il vedereE mendichi, e tapini i suoi Christiani

1027. Se stesso ... morte: e modulo ricorrente nel linguaggio tragico di Torelli (quiancora al v. 1801), come in Il Polidoro 311, 1476 e 2409 etc. Sul topico invito aliberare Gerusalemme, « ritornello che da tanto tempo il papa e i suoi partigianiandavano cantando su tutti i toni », chiosa mirabilmente BARILLI, La tragedia « Vit-toria », p. 197: « E ben sottile la distinzione tra le pecorelle smarrite, che il buonpastore deve ricondurre con bei modi all’ovile, e i cani immondi, che bisognasterminare senza pieta ».

1030-1031. Non hai ... infido?: « l’insistenza con cui il logoteta caldeggia, piu chela crociata in terrasanta, proprio l’azione contro l’Africa moresca, i ‘‘corsali’’ cheinfestano il Mediterraneo e perseguitano i ‘‘traffichi’’ degli operosi mercanti cristiani,puo intendersi, anche, quale ulteriore allusione d’attualita » (GUERCIO, La tragedia« Vittoria » di Pomponio Torelli, p. 229)

1037. intercetta: ‘impedita, fermata’, gia in Merope 64 (« Ogni fuga e intercetta,ogni difesa ») e Galatea 439.

1043. sospir breve di morte: cosı Guercio (ne Il Polidoro): « reminiscenza dalTriumphus Mortis 2, 51: ‘‘che altro ch’un sospir breve e la morte?’’; e luogo caro allavena religiosa ed ascetica fondamentale nella poesia torelliana » con conclusivo ri-mando al verso presente.

1045. scorta, e duce: la dittologia gia in Il Polidoro 1340.

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384 LA VITTORIA

Satollar l’avaritia dei soldati, 1050

O’l sangue lor per le tue mani sparto?Questi contra te furo i miei consigli,Valoroso Signore; accordi, e pattiTrattai, rivolsi ne la mente spesso,Perche fossero uniti in riverirti 1055

Tutti i credenti, e le tue forze conteFacessi a chi sua fede a Christo nega.E dagl’insulti, e da le fraudi hostiliL’un’e l’altra Sicilia sia sicura,Che percio in guardia a te da Dio fur date. 1060

FEDERICO

Troppo, homai troppo hai le mie orecchie stanche,E’l giro del parlar tuo tortuosoCon troppa indignitate ha il cor sofferto;Ben’accampasti ogni tuo astuto inganno,E t’armasti de i soliti sofismi 1065

Sol per espormi credulo, et inermeA gl’oltraggi de i fieri miei nemici,Di tue menzogne troppo indegno prezzo.Ma perche meglio a lo splendor del veroSi scoprano le tue mal dritte strade, 1070

E non sparghi di nebbie il chiaro giornoAl velenoso fiato del tuo dire,Con l’istessa ragione, ove fondastiLa machina del tuo perverso intento,Stabilito di ciance, e di novelle 1075

Brevemente risponderti hora intendo.Se sopra le mie spalle ha posto il peso

1056. conte: ‘note, conosciute’.1059. L’un’e l’altra Sicilia: « Federico II divise il regno di Sicilia in due regioni: la

Calabria e la Sicilia da una parte; Caserta, Benevento, Bari, Otranto e Basilicatadall’altra » (MANCA).

1063. indignitate: nel senso di ‘infamia’, anche in Galatea 911.1068. troppo indegno prezzo: « apposizione di oltraggi (v. 1067); affermazione

ironica: gli oltraggi fatti a me dai miei nemici per causa tua sono un prezzo indegnoper le tue menzogne, ti daro io ben altra ricompensa » (MANCA).

1069-1071. Ma ... giorno: cfr. Il Polidoro 637-638 (« ... o ch’uom mortale | Spargadi nebbia lor lucente raggio »), « qui siamo pero piu vicini al senso dantesco dellametafora, che identifica la nebbia come ‘‘errore’’ o ‘‘colpa’’ (vd. Pur. 28, 90 e 30, 3) »(GUERCIO).

1077. Se ... peso: cfr. Il Polidoro 664-5 (« Sopra gli omeri miei, che pur son forti |a sopportar de la giustizia il peso »).

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385LA VITTORIA

Del governo del popol suo ColuiAl cui sol cenno splende, e gira il cielo,Per corregger gl’erranti ancora ha dato 1080

La verga a la mia mano, al capo il senno.Onde senza partir dal camin dritto,Posso, e debbo constringere con l’armiQuei, che de l’obedir son posti al niego;Ne imputar mi si puo, ch’orbi di vita 1085

O sien de le sostanze loro in bando,Poi che se stessi separar’ardiroDal capo lor, per cui spiran le membra.Essi se stessi uccidono co’l ferroDe lo invitto mio esercito, ch’al ferro 1090

Fece la via l’oltracotanza loro.E se di fede, e riverenza sonoE poveri, e mendichi, ben conviensiChe lascin le ricchezze a quei soldatiChe per la maesta del Sacro Impero 1095

Son divenuti prodighi del sangue.Ch’io per domar il Saracin m’accinga,Non ho bisogno, no di sferza, o sproni:Che tu ben sai, se pur non hai smarritaCon la vergogna la memoria insieme, 1100

Quante lettere scritte, e quanti preghiHo sparso indarno a chi di Pietro ha il manto,Accio ch’egli i ribelli miei nel senoSuo non nutrisca, o contro i miei gl’accenda;Accio ch’io di sı indegne cure sciolto 1105

Por possa a l’Asia, et a l’Arabia il morso.Ma, ch’io sotto la fe di dubbia paceCredendo a te, cui’l mancamento e pregio,Mi furi a le vittorie, e lasci in predaI regni miei, l’auttorita, gli amici 1110

A chi brama levarmi questa spogliaE chiuder l’alma nel profondo abisso,

1079. Al cui ... cielo: vd. Il Polidoro 356 (« Quel, che co ’l cenno fa girar il Cielo »)su cui Guercio annota: « e perifrasi classica (cfr. per es. VIRGILIO, Aen. 4, 269) ».

1084. niego: ‘rifiuto’, ma vd. DANTE, Pur. 17, 60.1096. prodighi del sangue: vd. TASSO, Gl 9, 36, 5, anche in Il Polidoro 2335.1109. furi: ‘rubi, sottrai’.

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386 LA VITTORIA

Questo e consiglio tuo, tal merto chiedeIl grado ov’io t’ho posto, e quella spemeCh’ho mostrato tener ne la tua fede. 1115

Percio essaltato t’ho sopra i tuoi pari,E t’ho tra i grandi de l’imperio inserto,Perche, privo di scettro e di diadema,Da finti amici, e da le squadre more,Circondato mi vegga un novo Gano. 1120

PIER DA LE VIGNE

Tu sei Principe mio, a te dir leceContra me servo tuo cio, che t’aggrada;Ma non s’estende tanto il tuo potere,Che contra quel ch’e fatto il fatto ponga,O pur cio ch’e gia fatto annullar possa, 1125

Che tal contradittione non consenteNel suo poter quel che puo cio che vuole;Io per l’auttorita del gran tuo scettro,Per ben fermarti la corona in testa,Tante notti vegghiai, che non ho forse 1130

Tanti bianchi capelli in queste chiome;Speso ho molti pensieri, e molto inchiostro,E vergai molte carte; alsi, e sudai;E non men combattuto ho con quel senno,Che’l ciel m’infuse, e la mia industria accrebbe, 1135

Di quel, che con la lancia altri s’adopri.E forse il mio servir ne la bilanciaTrabbocchera, pur che la regga il giusto,A gl’usberghi, a gli scudi, a gl’elmi altrui;S’a la forza il valor di giusta causa 1140

Nel commune giudicio ogn’hor sovrasta,Et a la fama suole impennar l’ali.

1120. Gano: Gano di Maganza, personaggio della Chanson de Roland, col suotradimento (di cui diventa figura proverbiale) provoca la rotta di Roncisvalle e lamorte di Orlando.

1129. fermarti: ‘assicurarti’ come gia in Merope 712 (« Vengo a fermarmi lacorona in testa ») e Il Polidoro 128 (« E la corona puo fermarti in testa »).

1133. alsi: ‘agghiacciai’, da PETRARCA, Rvf 335, 7.1134-1136. E non men ... s’adopri: l’equiparazione di valore del lavoro di segretario

con quello delle armi e per Torelli, anche rivendicazione autobiografica (Guercio parladi « risentita autodifesa »); tutta la tirata amplifica ampiamente DANTE, Inf. 13, 62-63.

1137-1138. bilancia ... giusto: e metafora petrarchesca (Rvf 359, 42) assai diffusanel teatro torelliano, come in Galatea 1661 e 2060, Il Polidoro 2629, etc.

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387LA VITTORIA

Ma perche trappassai di lungo il segnoPer spengere ogni seme di ragioni,Ch’a te fruttar potrebbe infamia, hor vuole 1145

Il gran Monarca, ch’al soverchio sdegnoContra’l mio buon’oprar tu allarghi il freno.

FEDERICO

Et io, che contrastar con Dio non oso,Poi che del voler suo sei messaggiero,Comandero, che tra catene, e ceppi, 1150

Ne la rocca vicina di CanossaDegno hospite in prigion raccolto sii;Ivi sacrarti a l’ombra di MatildeDissegno, che nemica a’ miei grand’AviFu sempre sı, com’hor a me ti mostri. 1155

Voi rapite dinanzi a gl’occhi mieiUn cosı ingrato, e cosı infame mostro.

CHORO

Occhio di tutte l’Isole gradito

1146-1147. Il gran Monarca ... il freno: « ma poiche mi sono adoperato tanto epiu del dovuto per accrescer la tua fama, Iddio vuole che tu ricompensi la mia fedeltacon uno sdegno eccessivo (ironico) » (MANCA). A tale ironia risponde Federico nonmeno ironico (« Poi che del voler suo sei messaggiero »), a dimostrazione del fattoche il discorso si e ora spostato dal piano dinamico della rivendicazione politica alpiano piu immediato della rappresentazione (e del riconoscimento) dei ruoli.

1153. sacrarti: ‘consacrarti’. ~ Matilde: « Matilde di Canossa, la piu famosa se-guace del partito guelfo nelle lotte tra papato e impero dal 1076 al 1105. Nel 1077 ilcastello di Canossa fu il teatro di uno dei piu drammatici episodi di tale conflitto:l’umiliazione dell’imperatore Enrico IV davanti al papa Gregorio VII » (MANCA).

1154-1155. Dissegno ... mostri: dopo il ricorso a una dinamica ironica nel di-scorso per la riappropriazione dei ruoli e della gerarchia, in questa tragedia occorresottolineare tutta maschile, questo effetto di equiparazione negativa tra Pietro eMatilde risponde a una precisa logica dell’esclusione e risulta essere, anche, unosfregio di gender; gia Barilli ricordava: « L’amore vi e bandito, ne sono escluse ledonne e la vera forza motrice di tutto il dramma e l’invidia » (La tragedia « Vittoria »,p. 209), mentre Guercio sottolinea come il « sacrifico del tema amoroso » si accom-pagna a una « brusca riduzione e marginalizzazione della materia cavalleresca, segnidi una scrupolosa obbedienza ai dettami della censura ecclesiastica » (La tragedia« Vittoria » di Pomponio Torelli, pp. 241 e 244).

1158-1217. CHORO: il coro e composto di cinque strofe e congedo, con schemaABBAACCDdEE + xYyZZ.

1158. Occhio ... gradito: « la Sicilia; cfr. « Paeninsularum, Sirmio, insularumque,ocelle », Catullo XXXI 1 » (MANCA).

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388 LA VITTORIA

Dal cielo, e da Nettuno, o ch’egli inondeDentro da le colonne ambe le sponde, 1160

O’l terren tutto abbracci, e fugga il lito;Perche nel dolce tuo nido fiorito,Ove Cerere il crine s’incorona,E con Bacco PomonaVanno scherzando tra l’amene piagge, 1165

Lunge da sı selvaggeEt inhospite genti hor non mi tieni?Povero spregiator de i maggior’ beni.

Quai perle, quai rubini, e qual fin’oroAlma mediocrita contrastar’osa 1170

Co’l merto tuo, se nel tuo grembo ascosaSta la ricchezza di maggior tesoro?Tu sola, cinta d’immortale alloro,Calchi l’Invidia co’l potente piede;Te arricchiscon di prede 1175

Rivolte in fuga, le soverchie voglie;Da te sol si raccoglieDe la vita tranquilla il vero frutto:Chi da te si diparte vive in lutto.

Quanto meglio la vite colta bassa 1180

Fora presso il terren del mio buon Piero,Che mentre cinge l’arbore piu altiero,E serpendo tra i rami in alto passa,Le sue frali radici in poter lassaA l’ira ardente del rabbioso cane; 1185

Che le troppo lontaneSue virtuti assetato succhia, e beve,Ond’ella in tempo breveQuando salir piu su la cima prova,Squalida, secca, lacera si trova. 1190

Ben trapassasti il modo, o mio vicino,

1159-1161. o ch’egli ... lito: « tanto nei golfi (dove il mare sembra inondare lesponde) del Mediterraneo (dentro le colonne d’Ercole) quanto nelle penisole (dove ilmare sembra fuggire dalla costa e abbraccia la terra) » (MANCA).

1176. soverchie voglie: ‘eccessive passioni’, da PETRARCA, Rvf 268, 68, anche in IlPolidoro 1237 (« E lor palesa sue soverchie voglie »).

1185. l’ira ardente: « la canicola in senso letterale e l’invidia dei cortigiani in sensometaforico » (MANCA).

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389LA VITTORIA

Che non si dee co’l suo Signor garrire,E quando avvien, che in lui fervano l’ire,Allor quasi chi fugge un rio destino,Tener strette le labbia, e’l capo chino 1195

Deve un buon servo, et un fedel vasallo;Ch’aggiunge l’esca al falloChi contrasta co’l Principe adirato,Ne si puo in tale statoBen consigliar, ch’ogni fedel consiglio 1200

Squarcia di Diffidenza un fiero artiglio.Mugge fremendo Borea, e le superbe

Elci negli alti monti, e sbrana, e sterpe,E mentr’al sol di questa, e quella sterpe,Fa mostra, e de le cime oltraggio a l’herbe, 1205

Invan rinforza le sue posse acerbe,Invan ripiglia il volo, invan s’affanna,Per sveller l’humil canna,Che nel suo paludoso seggio cede,E dritta, e bella riede, 1210

E co’l soffrire, e co’l chinar la cima,De la forza riporta spoglia opima.

Dal verme rio sicuroDi conscıenza, ma del forte scudoDi sofferenza ignudo, 1215

Sicilia mia, hor Pietro le sue pompe,E le speranze tue nel mezo rompe.

UBERTO

Poi che nel piu profondo oscuro gorgoHor’attuffato e l’avversario nostro,

1192. suo: ‘proprio’. ~ garrire: ‘discutere, litigare’ come in PETRARCA, Rvf 233, 8.1195-1196. Tener ... vassallo: opportunamente rimanda a un consimile passo del

Trattato del debito del Cavalliero BARILLI, La tragedia « Vittoria », p. 198.1200-1201. Ben consigliar ... artiglio: per questo monito del Coro si vd. il riman-

do ad alcuni passi del Trattato del debito del Cavalliero di Torelli in GUERCIO, Latragedia « Vittoria » di Pomponio Torelli, p. 231-232 e nn.

1203. sterpe: ‘strappa, sradica’, come in PETRARCA, Rvf 318, 2.1204. sterpe: cfr. Galatea 23 (« Come squallida sterpe d’elce annosa »).1217. E ... rompe: cfr. Il Polidoro 1567.

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390 LA VITTORIA

Poner si deve ogni tuo studio in opra, 1220

Ch’egli a l’asciutto piu giunger non speri;E noi di nova tema non ingombri,Come ci ha co’l poter di doglia colmi:Ch’al mal voler giunta la possa, e l’ira,Con l’ardente desio di vendicarsi 1225

Lo renderia implacabile, et infenso,Machinator de la ruına nostra.

CHORO

Hora il suo dente arruotera lo SdegnoContra’l misero Pietro, hor s’inasprisceLa voglia contro lui de i piu potenti, 1230

Ch’addolcir solea prima il favor regio,E ricopria sotto un parlar cortese.

ASDENTE

Veggo la fera gia ferita in parte,Che campar non la puo fuga, ne bosco,Sı l’ho con l’arti mie ferita, e giunta; 1235

E tu sai ben, ch’uccello, ch’al suo cantoFa star de i maggior’ Re l’orecchie attente,Per rilasciarlo non si chiude in gabbia.

UBERTO

Egli e piu ch’una volpe vecchia astuto,E tutti i mali sa, tutte le vie 1240

Di volgere ove vuole il cor d’Augusto;E se punto de l’impeto rallentaDel furor vıolento che’l rapisce,Lo vedrai tosto ordir machine nove,Per fare schermo al precipitio estremo. 1245

Pero sarebbe da sommergerl’ horaChe’l mar piu ferve, e manca a lui la lena.

ASDENTE

Veggo l’Imperatore avvicinarsi:Forse fia meglio che, quasi falconi

1221. l’asciutto: ossia ‘salvezza’.1226. infenso: ‘ostile, dannoso’.1238. Per rilasciarlo ... gabbia: « non si chiude in gabbia per poi lasciarlo libero,

bensı per tenerlo prigioniero; allusione a Pier da le Vigne » (MANCA).1246. sommergerl’ hora: ossia ‘ucciderlo subito’.1249-1250. quasi falconi Pellegrini: stesso paragone in Il Polidoro 2648.

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391LA VITTORIA

Pellegrini, battiamo hora a vicenda 1250

L’aerone sı, ch’egli a terra cada.M’accingo ad assalirlo; tu fra tantoAndrai rotando intorno a queste selveFra te pensando ove ferir lo possi,Senza l’offesa del suo acuto becco, 1255

E vedrai s’a mio modo io lo investisco,Ch’appiattato tra queste dense fogliePotrai accortamente udire il tutto.

UBERTO

Lodo il consiglio, e pria ch’egli ci scopraMi celo a gl’occhi tuoi, da te mi parto; 1260

Pur staro teco con l’orecchie tese.

FEDERICO

Cauto n’andai sempre in fidarmi poco:Che ben so, che il sospetto e il piu fedeleCustode ch’aver possa alcun, ch’imperi;Ben ch’egli sia da mille guardie cinto, 1265

E pur fui ingannato, e pur delusoM’ha tal, che pria creduto avrei, che’l soleAllhor, che l’urna sua versa Orıone,A noi portasse i lunghi, e caldi giorni,Ch’ei fosse ad altro, ch’a servirmi intento. 1270

Fermato hor son di piu non creder mai:Poi che lieve e ingannar chi s’assicura.Ma qui veggo vicin venir Asdente,Che de le magich’arti e gran maestro;Da costui ho talhora penetrato 1275

Molti ascosi consigli, e molte trame,E del futuro spesso ha tocco il segno.Che fai tra queste selve Asdente mio?Hor che ti trovi in solitario locoHai forse ne l’aspetto de le stelle, 1280

Ch’esser suole il tuo libro sempre aperto,Letto cosa ch’al nostro stato importi?

1253. rotando: ‘girando’, con forte ingiunzione di movimento, per cui cfr. DAN-

TE, Inf. 16, 25 e TASSO, Gl 9, 70, 3.1277. ha tocco il segno: ‘ha raggiunto il senso’ ossia ‘ha ben vaticinato’.

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392 LA VITTORIA

O pur da messagger secreto e fidoChe in poco tempo molti regni varca,E de gl’animi altrui l’oscure grotte 1285

Sottilmente penetra, alcun riportoHai, onde possi darci alcun consiglio?

ASDENTE

Invitto Imperator, la tua saluteFonte e de la mia vita, e de l’altrui;Per questa ogn’opra, ogni mio studio spende; 1290

E quando in essa alcun periglio scorgo,Tutte l’altre mie cure a dietro lascio.Quando mi si presenta ben sicura,Allhor a l’alte tue vittorie intendo;Hor sı sono sollecito, e inquıeto, 1295

Ch’a pena respirar puo’l cor oppresso,Poi che saputo ho che gran rischio corri,Per l’insidie d’un intimo di corte.E bench’alquanto allegerito fosseNel mio petto il travaglio, quando intesi 1300

Che la colpa domestica scopertaA la pena facea non dubbia scorta,Pur un di quei messaggi, che provastiChe fa piu volte manifesto il vero,Con lo stimolo acuto ognhor mi sprona 1305

Ch’io t’ammonisca, e spesso ti protestiChe, perche tronche abbi le braccia al male,Non hai pero ancor svelta la radice.E che novo infortunio ti minaccia,Se non sei presto a proveder’accorto, 1310

Che ripullulera con maggior forzaQuel periglio, onde pensi hor esser sciolto.

1285. oscure grotte: ossia ‘i penetrali della coscienza’, ancora una cupa accezioneper designare l’interiorita (ma anche segnalazione emblematica del tipo di sapere dicui e portatore Asdente).

1286. riporto: ‘notizia, informazione’, come in Merope 1881 (« Ogni suo averti-mento, ogni riporto »).

1291-1292. E quando ... lascio: ma lo zelo servile di un sapere incapace dinegoziare con il potere la liberta della sua verita, non puo che prodursi in una linguache manca sempre il suo oggetto, a favore unicamente del soggetto che in essasoltanto si promuove.

1308. svelta: nel senso di ‘divelta’, come in Galatea 2402.

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393LA VITTORIA

Sı come suole un’intricata selvaNascer talhor da picciola gramigna,E poco loglio una gran messe infesta. 1315

Io ridico Signor, quel che m’e porto,E, come quei che sol di voce servoA i concetti di piu soprana mente,Non intendo talhor, cio ch’io mi dica.Tu con l’ingegno tuo, ch’ogn’altro avanza, 1320

Sarai dei detti interprete a te stesso,E proveder saprai di buon soccorso;Ch’io ripensando a cio che mi fu infuso,Et al modo, pur strano, e disusatoCo’l qual mi fu scoperto un tal concetto, 1325

D’insolito timor tutto m’ingombro.FEDERICO

Asdente, non m’e novo il grand’amoreChe tu mi porti, e so che questo soloD’insolito timor t’ingombra il petto;Tosto si trova medicina al male, 1330

La cui natura e nota a chi lo cura;Io conosco il malefico, e paleseM’e la cagione, ch’al mal far lo instıga;E tosto fia sbandito un tal periglio;Ma s’altro puoi saper, che noccia, o giovi 1335

Rompi ogn’indugio, e lo riporta a noi.ASDENTE

Non ha bisogno il corso mio di sproni,Che’l desio di servirti assai lo sferza;L’occasıon, tu ten’ ricorda, vola,Ne si racquista mai perduto tempo. 1340

FEDERICO.Va’, che’l tutto ho imparato a le mie spese,E tra le selve Uberto mi si scuopre,

1315. loglio: pianta della famiglia delle graminacee, qui come specie tossica, maallude alla parabola evangelica della zizzania (loglio) mescolata al grano (messe), chenel giorno del raccolto viene gettata nel fuoco (Matth. 13, 30: « et in tempore messisdicam messoribus: colligite primum zizania et alligate ea fasciculos ad conburendum;triticum autem congregate in horreum meum »), gia in DANTE, Par. 12, 119.

1316. porto: ‘riportato, riferito’.1326. D’insolito timor: vd. TASSO, Gl 6, 64, 3.

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394 LA VITTORIA

Co’l qual voglio partir certi pensieri.Cio ch’ottener non puote il ferro hostile,Ne l’astutie de’ miei nemici accorti, 1345

Uberto in procacciarne ontoso danno,Hor la fraude domestica tentava.

UBERTO

Se tu Signor sei sopra gli altri tutti,Qual meraviglia s’a te occorron cose,Che dal corso ordinario van lontane? 1350

Qual sia il laccio, ch’a te sia stato tesoNon so; ben posso indovinar la manoPer quelle novita, che in corte ho udite.E d’ogni ingratitudine do il vanto,Com’ha di sceleragine la palma, 1355

A chi fu posto d’ogni merto in cima,E tradir si penso sı buon Signore.Ma egli s’abbia di sue colpe il prezzo,E l’abbia tosto onde sgomenti ogn’altroChe sı nefando error non abhorrisca; 1360

Teco, Signor, di piacer doppio il pettoColmo voglio sfogare, e perch’illesoUscito sei da l’affamate fauci,E perche nel pensier risorger veggoTua fama de l’usato assai piu bella. 1365

FEDERICO

Che tu ti goda, che d’alcun periglioScampato io sia, lo credo, e l’aggradisco;Ma che percio mia fama crescer debbia,Non posso intender, che piu tosto temo,Ch’altri, che poco m’ami, non m’incolpi 1370

Che posto in alto abbia un di poco merto,E troppa fede data a un infedele.

UBERTO

Non puo saper se non Dio solo, quelloCh’altri dentro di se di far intende.

1343. partir: ‘condividere, scambiare’.1346. ontoso: ‘vergognoso’.1347. fraude domestica tentava: cfr. Il Polidoro 82-83 (« Ohime, che pareggiar la

fraude tenta, | la domestica fraude, l’ostil forza »).

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395LA VITTORIA

Ne puo persona, non d’ingegno nuda, 1375

Riprender chi de l’opra sua si vale;Costui fu da le tenebre a la luceDa te traslato, e sı chiara refulseA gl’occhi di ciascun sua falsa fede,Che, quasi oro che pieno ha di mondiglia 1380

Dal suo Mercurio deluso Alchimista,Nel mercato tra’ rustici si spende,Cosı sua integrita si trafficavaNel commune giudicio de la gente;Onde non e, chi in cio te accusar possa, 1385

Se non nega il perdono a se medesmo.Ma ben mi punge il cor dolor’intenso,Che dal credito grande del suo mertoEra l’illustre tua gloria ecclissata.Cio che tu di magnanimo, o di saggio 1390

Partorivi, o d’Heroıca fortezza,Parea, che pria da lui venisse il seme;Non eran l’opre tue tue proprie dette,Non creduto eri Imperator prudente,Ma essecutor de la prudenza altrui. 1395

De le vigilie tue, de le faticheLa gloria s’usurpo Pietro sedendo;Et, o sien congiurate in cio le stelle,O l’ignoranza a l’altrui vista abbagli,Da’ domestici tuoi, ne la tua corte, 1400

Pur’hoggi ho bevuto io con queste orecchieChe tu, s’empia fortuna s’attraversa,Sarai sforzato, trıonfante Augusto,Ricorer per consiglio a un prigioniero.

1378. traslato: ‘portato’, con forte inciso sul movimento luministico, e non spa-ziale, come in DANTE, Par. 14, 83.

1380. mondiglia: ‘rifiuti, scorie’; e termine dantesco (Inf. 30, 90).1386. Se ... medesmo: « se non accusa prima se stesso » (MANCA).1396-1397. Del le vigilie ... sedendo: secondo proprio quanto confessato da Pier

delle Vigne a Dante in Inf. 13, 62-63 (« fede portai al glorıoso offizio, | tanto ch’i’ neperde’ li sonni e’ polsi »).

1396. vigilie: sta per ‘notti insonni’.1401. ho bevuto: « ho ascoltato molto attentamente » (MANCA), ma l’inversione

della designazione sensoriale ben rappresenta l’orientamento mistificante nel discor-so di Uberto.

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396 LA VITTORIA

So, che da questi onde tai detti usciro, 1405

E reverito, e colto il tuo gran nome;Ma spinti fur dal rapido torrenteDel giudicio di Pier, che’l mondo inonda.Et or, quella giustitia, che in ciel regge,Permettera, ch’egli sia tosto spento, 1410

Perche vediamo scintillar rotandoTua vera gloria, et al suo chiaro lampoSparir la nebbia di sı fosco errore.

CHORO

Hor sı ch’a questi colpi io mi disperoChe l’innocenza piu resister possa, 1415

E per potente Re, per caro amicoDoppia pieta mi discolora il volto.

FEDERICO

Io lodo il zelo che per me t’incende,Ancor ch’io poco prezzi l’ombra vanaD’Honor, ch’a l’Honesta l’opre mie sacro; 1420

Anzi mi duol ch’abbagli altrui la vistaLarva fallace di mentito bene;Ma frettoloso a noi viene Ezzelino.

EZZELINO

Ben potra trıonfar sciolta la Guerra,Poi che la pace incatenata tiene; 1425

E tu Signor, poscia che triegue, e pattiHai rotto, e’l fautor loro hai posto in ceppi,A quelle lucent’armi hora ti rendi,

1412-1413. chiaro ... nebbia: cfr. Il Polidoro 368 (« O come il chiaro sol sgombrala nebbia »). ~ ... errore: giusto il commento in BARILLI, La tragedia « Vittoria », p.200: « Uberto e veramente dotato d’un’astuzia diabolica: non contento d’aver fattoperdere a Pier della Vigna la potenza e l’onore, vuol ch’egli perda anche la vita;percio, dopo averne fatto un traditore, ne fa un rivale di Federigo; il quale, gia pienodi sdegno, si sente ora trafitto dalla gelosia ».

1417. Doppia ... volto: il raddoppiamento della partecipazione emotiva del coro(la « Doppia pieta ») forse non immette soltanto una differenza sociale nei soggetticui e destinata, ne costituisce elemento intensivo del primo tentativo di trovare unavia di liberazione dal dolore (e di salvezza dell’« innocenza »), ma risulta essere ancheun vero e proprio atto inibitorio per reprimere, nell’economia psichica, e attraverso illinguaggio, la crudelta di cui il coro e (partecipe perche inerte) spettatore.

1419-1422. Ancor ... bene: a questo discorso di Federico, Guercio rimanda unconsimile di Polinestore in Il Polidoro 782-785.

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397LA VITTORIA

A’ quai gia fosti destinato in cielo.L’inimico ingrossando a se ci chiama, 1430

Et ogn’indugio e di periglio colmo,Che l’invıarsi omai non e per tempo.

FEDERICO

Gia dato ordine ho tale, che’l nemicoNon puo far cosa che di danno sia.

EZZELINO

Non e mai senza danno, che le membra 1435

Da lo spirito lor vivan lontane.Da te piglia l’essercito tuo invittoCome il corpo dal core, e polso e lena.

FEDERICO

Non son lontano no, che non si parteDa lor l’ordine dato, et io presente 1440

Mi trovo per virtu del mio comando.EZZELINO

Quando da lunge piu vengono i rai,Assai men noi la luce lor riscalda;E forse lo tuo star qui intepidisceL’ardor de l’obedire, e spesso il mezo 1445

Varia la qualita del buon comando,Come passando tra sulfuree grotteL’acqua varia il sapore, e’l color tinge.Ma non t’avvedi, che’l fermarsi sempreA chi camina, e tosto giunger brama, 1450

E dannoso, se ben non torna indietro?Tu pur t’hai la vittoria nel cor fissa,Non solo contra l’arrogante Insubre,E contra quel commune, che’l macignoDe’ suoi monti natii volse in fortezza 1455

Di cor, di mano Fiesole lasciando,Ma contra tutti i popoli, che’l drittoIn Italia negaro al seggio Augusto.

1429. A’ quai: « alle quali; plurale maschile usato invece del femminile, tipico deidialetti settentrionali gallo-italici » (MANCA).

1445. il mezo: ossia ‘il sottoposto’, per ‘colui che esegue i tuoi ordini’.1454-1456. quel commune ... lasciando: si tratta di Firenze, come gia in DANTE,

Inf. 15, 61-63 (« Ma quello ingrato popolo maligno | che discese di Fiesole ab antico, |e tiene ancor del monte e del macigno »).

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398 LA VITTORIA

Hor una sol citta, di molte menoPotente assai, e di minor grandezza, 1460

Piu con l’ostination, che co’l valoreCi trattien sı, che sola e fatta schermoDi tutti i tuoi nimici, ch’instaurandoQuesto lor picciolo argine, con l’opraDi poche squadre ben rimesse a tempo, 1465

Deludono il furor de la tua gente,Che devrebbe inondar l’Italia tutta.Ne veggo, ne ti chieggo alcun perdono:Che l’amor, ch’a te porto, et a la parte,Arma di liberta la lingua e’l petto; 1470

Che danno a gli avversari, o che profittoArrechi a’ tuoi lo star tra questi monti!Che se pur forza avra di trattenertiUna sol Parma, s’e ben cinta intorno,O cadra senz’aiuto de i consorti 1475

E partigiani suoi, o pur venendoPer soccorrerla squadre amiche, avrannoSı duro incontro da le lance nostreCh’andrai debilitando a poco a pocoI tuoi nemici sı, che per difesa 1480

De l’altrui mura vuoteran le proprie.Hora standoti tu tra questi colli,Se n’entrano a lor voglia, e massa talePotrebber far, che saria dura e graveA sostener, poco piu ch’ella cresca, 1485

E potrebber ancor porci in scompiglio.Perche non si suol sceglier la piu vile,Da chi manda in aiuto poca gentePer util proprio a’ suoi cari compagni;E molte squadre scelte sı, che in faccia 1490

D’uno essercito tale entrate sono,Unite insieme, e con popolo armato,Et armigero, e di speranza privoNon son da disprezzar, ma da temere.

1465. ben rimesse a tempo: ‘opportunamente inviate’.1467. Che ... tutta: vd. PETRARCA, Rvf 128, 30 (« per inondar i nostri dolci

campi! »).1493. armigero: ‘bellicoso’.

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399LA VITTORIA

Ond’io lodar non posso il sovrastare. 1495

FEDERICO

Talor agile, e destro saltatorePer varcar piu spedito indietro torna,Poi che del passo ha ben compreso il sito.Non e sempre nemica ogni dimora,Se cessando la man, la mente e in opra. 1500

Cio, ch’a la guerra d’esseguir s’e tolto,Ristorato sara co’l buon consiglio,Che de le squadre e piu ben per un cento.Talhor tacito siede un capitano,A gl’altri pare e lento, et otıoso, 1505

E dentr’a lui tenzonano i pareri,Sin che il retto giudicio dia la palmaA quel, che quasi provido architetto,Tra tutti gli altri le fatiche parte,Ch’egli egualmente al ben commune indrizza. 1510

Ne tanto vano e stato il dimorare,Poi che tra queste rive, e questi colliLa mia salute ha ritrovato il porto,Che ne l’oscuro pelago e profondoD’infedeltate fluttuando andava. 1515

E perche voi due chiari lumi seteA l’Italico suol di nostra parte,E ne la mia amistate il primo seggioPossedete egualmente, a voi si deveLa cura di trovar, come la fraude 1520

Meglio scoprir ne i complici si possa,Se con lusinghe, o con tormenti atroci;O pur s’e meglio, che’l delitto, e’l reoIn Flegetonte tosto si sommerga?

UBERTO

Se tutti quelli, che tra testi, e chiose 1525

1495. sovrastare: nel senso di ‘soprassedere’.1499. dimora: ossia ‘attesa’ (anche al v. 1511).1503. e piu ben un cento: ‘e cento volte assai meglio’.1509. parte: ‘divide, distribuisce’.1525-1531. Se ... guadagno: l’attacco finale per ottenerne, via argomentativa, la

morte, comprende lapauraper il potere giudiziario nellemani diPierdelle Vigne; Uber-to per i suoi fini rimprovera la dipendenza politica di Federico nei confronti del reo, ea noi disvela, anche, la possibile strumentalita di un « saper de l’huom civile » quandoincapace di mettere in questione ogni principio di sovranita come principio di potere.

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400 LA VITTORIA

Richiudono il saper de l’huom civile,E tra gl’innumerabili volumiLe toghe lor pavoneggiando vanno,Non fossero preposti a vari ufficiDa Pietro da le Vigne e da lui solo 1530

L’honor riconoscessero, e’l guadagno,Perche, tu a glorıose opere intento,Sempre quel ch’ei propone approvar suoli;Forse arrischiar potresti quel che saiPer scoprir maggior colpa in tal delitto, 1535

Ma talmente rivolgonsi i processi,E veggo sı da l’interesse vintiQuelli, a cui si potria tal peso imporre,Che la tua dignita minor periglioNon correria, di quel che tu pretenda 1540

Ch’abbia sin qui la tua salute corso:Perch’in Pietro salvar ogni lor forzaPotran costor, che risorgendo PietroL’arte loro ingrandiscono, e lor stessi,Poi che sommerso il lor maggior Pilota 1545

Veggon la nave rotta ad uno scoglio.E piu diro: che in tutta la tua parteNon e famoso in legge, che non facciaDe i detti, e de gli scritti suoi conserveSe tu forse non vuoi crederlo a’ Guelfi, 1550

Co’i quai convien che congiurato sia,Se s’e mostrato a tua pernicie intento.

CHORO

Hor chi potria salvar il mio buon Piero,Se’l nome sol di meritar gli amici,Lo spoglia sı di giudice, e di prova? 1555

1536. rivolgonsi: ‘si svolgono’.1541. Ch’abbia ... corso: anche in Il Polidoro 186-187 (« Vedi se tutta e corsa la

salute | De la progenie mia »).1549. conserve: ‘tesoro’ come in TASSO, Gl 17, 64, 2-3 (« a le parole sue d’alto

consiglio | fea de’ detti conserva »)1552. pernicie: ‘danno, morte’.1555. di giudice, e di prova: giustamente Guercio ricorda come « tutta questa

polemica, che occupa quasi un’intera scena dell’opera (fatto degno di menzione, aquesto livello, nel panorama tragico cinquecentesco), e mirata a far risaltare l’im-portanza del processo come strumento ineludibile di esercizio della giustizia » (Latragedia « Vittoria » di Pomponio Torelli, p. 217).

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401LA VITTORIA

EZZELINO

Breve e’l consiglio mio, mio forte Augusto:Se nel cospetto tuo costui si trovaColpevole, e convinto, non v’e d’uopoD’altro giudicio; che di trombe il suono,Lo strepito de l’armi, e de i tamburi, 1560

Al rauco foro fa l’orecchie sorde.Ne puo costui aver complice alcuno,Se non simile a lui, di cui temerePoco si possa, e che non tremi, e fugga,Tosto, che vegga lui di vita casso. 1565

E parmi indignita, che dubbio taleL’altiero animo tuo tenga sospeso:Fagli troncar la mano o sveller gli occhi,Indi poi chi lo interroghi si trovi,Sia che si vuol, pur ch’egli legger sappia, 1570

E del reo il detto intenda, e carte verghi;E torniamo a l’essercito, ch’assaiS’e intorno al tristo Pier di tempo speso:Ivi godremo a lo splendor de l’armi.

CHORO

Ben fece Astrea, che per fuggir tai mostri 1575

Ne la mente divina il capo ascose.FEDERICO

Doman, tosto che l’Alba al biondo ApolloCon la fronte di rose faccia scorta,Di tornar a l’essercito risolvo.

1558. convinto: ossia ‘(la cui colpevolezza e stata) dimostrata’,1561. Al rauco ... sorde: reminiscenza di DANTE, Inf. 17, 71 (« spesse fıate mi

’ntronan gli orecchi »), ma vd. anche Il Polidoro 2688-2689 (« Ma tosto un novostrepito gli orecchi | mi ferı d’urli, ... »).

1572-1574. E torniamo ... de l’armi: con questa tattica, che mira a escludere ognicorretta procedura giuridica, prevale in Ezzelino « l’estremismo assolutista e auto-cratico » e una « maniacalita guerresca » che Torelli, secondo Guercio, « anteponedecisamente alle straripanti ‘illustrazioni’ della leggendaria crudelta, della straordi-naria ‘gratuita’ ferocia del personaggio (o, in quella chiave, soprattutto, li concentra erisolve), in sensibile controtendenza rispetto alla ‘media’ cronachistica e letteraria »(La tragedia « Vittoria » di Pomponio Torelli, pp. 207-208)

1575. Astrea: « Astrea Virgo, simbolo della giustizia, abito la terra nell’eta del-l’oro e la lascio nell’eta del ferro cedendo all’iniquita umana (tai mostri v. 1575) eritornando ad esser attributo divino » (MANCA).

1577. biondo Apollo: l’epiteto, petrarchesco (TC 1, 154), e assai frequente inTorelli, come ad es. in Il Polidoro 21.

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402 LA VITTORIA

Tu comanda a le guardie, che qui intorno 1580

Hanno le stanze, che s’uniscan tostoPerch’al mio dipartir non trovi indugio.Di piu vorrei, che’l Secretario tuo,Ch’e fedele e discreto, mi mandassi,Per potermi valer de l’opra sua. 1585

EZZELINO

Presto verra, che in questa selva stessaPochi passi lontan mi sta attendendo,Et io faro esseguir l’ordine imposto.

FEDERICO

Non so, perch’Ezzelin vuol, che si facciaPrima di Pietro cosı duro scempio, 1590

Ch’egli sia interrogato del delitto?UBERTO

Non senza buon giudicio, al mio parere,Propose egli tal cosa: che sı grandeE il concetto ne gl’animi del mondo,Che ne la gratia tua il primo luoco 1595

Pietro possegga, ch’ancor che prigioneNessun sara d’interogarlo ardito;Et egli, che ritiene ancor del fastoDel tuo favor, sara a risponder lento.Ma per le piaghe, e per le membra mozze, 1600

Tosto vedrai in lui cader la speme,Et avvilito arrenderassi al vero,E’l giudice fia sgombro del timore.Ma ecco qua venir il SecretarioFuor de la selva, ch’Ezzelino invia. 1605

SECRETARIO

Potente Imperatore, a te mi mandaIl mio Signor; son qui, per ascoltare,Et esseguir cio che d’impor t’aggrada.

FEDERICO

Vanne tosto in Canossa, e per mia parteImponi al Castellan, ch’abbacinare 1610

1581. le stanze: ‘gli accampamenti’.1610. abbacinare: ‘accecare’.

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403LA VITTORIA

Faccia Pier da le Vigne mio prigione;E perch’egli ti creda, e’l tutto in opraSubito ponga, mostrerai l’anelloCh’hor dal dito cavato a te consegno;Indi conforme a cio che vedrai scritto 1615

In questa carta di mia propria mano,Piglia cura di bene interrogarlo,E notato il suo detto a me il riporta.Poscia vedrai ogn’altra sua scrittura,Che ne l’istessa Rocca egli si serba; 1620

Leggi tutte le lettere, e i discorsi,E di pace, e di guerra, e le memorie,E di tutte il sommario a parte a parteFarai, perche mi sia da te referto:Che de la fede tua ben mi prometto 1625

Ogni buon’opra, ogni fedel servigio.SECRETARIO

Cosı il mio buon voler secondi il cielo,Com’io porro ogni mia forza in campo,Perche l’opera mia da te si lodi.

CHORO

Mostro crudel, che sotto human sembiante, 1630

Ch’hora un colore d’honesta severa,Hor di gentile cortesia dipinge,Appanni sı’l veder del mondo errante,Che celi del dragon la forma vera,Che di negre rotelle il livor tinge: 1635

E la coda, che stringe,E fora, e taglia, e cio che incontra spezza,E’l busto horribil, ch’armi di veneno,

1618. notato: ‘trascritto’.1624. referto: ‘riferito, denunciato’.1627. Cosı ... cielo: per l’« espressione formulare » (GUERCIO) cfr. Il Polidoro 552

(« Secondi il ciel cosı pietosa impresa »).1630-1692. CHORO: il coro e costituito da cinque strofe e congedo, con schema

ABCABCcDEeDD + xYY.1630-1635. Mostro ... tinge: vd. la descr. in DANTE, Inf. 17, 14-5.

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404 LA VITTORIA

Inanzi a cui vien menoOgn’honesto piacere, ogni dolcezza, 1640

E cio, che nel mondo hoggi si prezza.Se ne l’Inferno ove Cocito stagna,

Ove Aletto di serpi annoda il crine,Ove Cerbero latra, hai la tua stanza,Chi da l’onde di Stige hor ti scompagna? 1645

Chi ti sforza a lasciar le tre meschineDe la regina, che per propria usanzaSbandisce ogni speranza?Chi ne la regia corte, inanzi a gli occhiDel proprio Imperatore hor ti conduce? 1650

Onde il privi di luce,E nel suo petto ogni tuo colpo scocchi,Tal che d’ira, e di tosco il cor trabocchi?

O pur da le querele, e dal lamento,Onde la regia corte ognhor risuona, 1655

E da l’aspetto suo fosti delusa?Ch’in essa ogni valor vedendo spento,E’l vitio riportar palma, e corona,E la porta a l’Industria, e Bonta chiusa,E tutto cio che s’usa 1660

E di modi scortesi, e voglie insane,E di tormenti ne la valle inferna,Fuor che la pena eterna,Vi t’annidasti quasi in proprie tane,E con le furie, e co’l trifauce cane. 1665

A la Maledicenza qui le braccia,Seco giocando, et a l’Invidia dai,E spesso a carolar l’Orgoglio invıti;Qui ti godi, che’l Dritto in terra giacciaE vadin sempre trıonfando i Guai, 1670

E sieno i giusti per ben far puniti,

1644. stanza: vd. nota al v. 373.1645. scompagna: ‘divide da loro’.1646. tre meschine: per le tre furie di Proserpina vd. ancora DANTE, Inf. 9, 43-44.1665. trifauce cane: Cerbero.1669. Qui ... giaccia: cfr. Il Polidoro 739 (« Quando sotto i tuoi piedi il Dritto

giaccia »); ma per la serie di personificazioni, attive dal v. 1666, vd. ancora Il Polidoro1370-1373 (« e l’Angoscia, e la Noia ognor s’avanza, | E l’aspro Pentimento secoscherza, | E co ’l Duol, che lo sferza, | Va la Desperazione ognor in danza »).

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405LA VITTORIA

E veder teco unitiIl torto Inganno, il Tradimento fiero,E co’l Periglio ogn’altra dura sorte,E Precipitio, e Morte, 1675

Ond’a Malignita scorgi il sentiero,E sol co’l fiato appuzzi l’hemispero.

Ne la corte di Cesare hor s’indonnaPer te il Demerto, e la Viltate oscura,E l’Ignoranza tiene il primo seggio; 1680

Piena di macchie getta via la gonna,Nuda, e sen fugge via la Fede pura,Et ogni mal sempre s’abbraccia al peggio;Per te sola m’aveggioGirsen’il Senno ognhor d’oltraggio carco, 1685

Fatto preda del Riso, e del Disprezzo,L’honor vendersi a prezzo,E farsi, e forse son nel mio dir parco,Da la Corte a l’Inferno aperto il varco.

Chi da sı crudo mostro 1690

Salvar mi puo se non mi dan ricetto,Modeste voglie sotto un humil tetto?

NUNTIO

Tra questo venerabile drapelloVi sara forse alcun, che dir mi sappiaDove si stanzi, o dove hora si trovi, 1695

Quel potente Ezzelino, che la genteChe dal Troiano Antenore la stirpeTrasse, e beve di Brenta le chiar’onde,Sin dov’ella nel mar d’Adria s’insala,Sotto l’austero suo scettro corregge? 1700

1676. scorgi: nel senso di ‘mostri, guidi, conduci’, come gia in Merope 52 eGalatea 563.

1678. s’indonna: ‘insignorisce, insuperbisce’, anche in Merope 904 e Galatea 685.1687. vendersi a prezzo: ossia ‘per denaro’; l’espressione e petrarchesca (Rvf 128,

62: « et venda l’alma a prezzo? ») e ricorre anche in Il Polidoro 282 (« Di venderti perprezzo a’ tuoi nemici »).

1695. si stanzi: ‘si accampa’.1696. la gente: ossia i padovani.

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406 LA VITTORIA

Che per suo mezo devo io presentarmiA i pie del gran Moderator del mondo,Per cose referir molto importanti.

CHORO

Quel Principe che cerchi, hora s’impiegaPer esseguir, cio che gli ha imposto Augusto, 1705

Che tornar a l’essercito disegnaDomani, tosto ch’a l’aurato carroI cavalli del sol giunga l’Aurora;Ma in questa valle suol tornar sovente,Ne la qual il suo Cesare si gode. 1710

Qui con noi se ti piace attender puoi,Ch’ogn’altro loco, ch’additar mi voglia,Indarno forse ti potria stancare,E potresti anco errar per questo bosco,Ch’a gl’accenti, al vestir tuo forestiero 1715

Esser mi sembri, e poco usato credo,Che sii di traversar questa contrada.

NUNTIO

Io qui gia mai non fui, che in mezo a l’alpeOnde l’Adige scende strepitoso,Nel bel contado di Tiralli nacqui; 1720

Piu su, tra le piu inhospiti montagne.In una grotta al sole stesso ascosaHabita quel Signor, che qua mi manda:Michel Scotto si nomina, e tra’ MaghiAl par d’Hespero splende il suo sapere. 1725

CHORO

Da grand’huom ne l’arti, al mio Re caroMandato sei, e voglia Dio, che giungaUtile a noi la tua ambasciata nova,Poi che’l ben nostro l’altrui senno inforsa.

1716. usato: ossia ‘pratico, abituato’.1724. Michel Scotto: « atrologo, alchimista, negromante, matematico. Rifiutato

un arcivescovado in Irlanda, preferı vivere presso Federico II come atrologo di corte;tradusse dall’arabo le opere di Avicenna e diversi libri di Aristotele » (MANCA, cherimanda poi a DANTE, Inf. 20, 115-117).

1725. Al ... sapere: lo stesso in Il Polidoro 1958.1729. inforsa: ‘mette in dubbio’, come in TASSO, Gl 4, 93, da DANTE (Par. 24,

87) e PETRARCA (Rvf 152, 4), ma gia in Galatea 309 (« Ch’ogni sua speme, ogni suostato inforsa »).

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407LA VITTORIA

Ma vedi qua da l’intricata selva 1730

Venir quel Ezzelin, che veder brami.NUNTIO

Signor mio, molti colli, e molto pianoHo misurato, vago d’obedireA Michele Scocese, che m’inviaSol, perch’io scaltri il grande Imperatore, 1735

Che da lusinghe invidıose spinto,Accelera la morte a fedel servo,La cui vita comprar devria co’l sangue.Egli mi comando, ch’a le piant’aliGiungessi per poter giunger a tempo. 1740

Ma una scorta ricciuta, di pel negro,Con gli occhi accesi, picciola di corpo,Ch’egli mi diede, perch’a l’inimicoMi potessi furar co’l suo consiglio,Poi che con lungo giro travıato 1745

M’ebbe, mi ricondusse al camin dritto,E inanzi gl’occhi subito mi sparve.Io conobbi l’inganno, et a lo stormoDe l’hostil squadra accorto laceraiLa lettera gettandola in un fosso. 1750

Indi fingendo di menzogne armatoM’aiutai sı, ch’uscii da le lor mani;E piu ch’io non vorrei tardi ridottoMi sono a te, e voglia Dio, ch’in vanoNon abbia divorato il camin lungo. 1755

EZZELINO

Qual e’l nome del servo, ch’a sı ingiustoSupplicio dal mio Cesare e dannato?

NUNTIO

Pier da le Vigne e nominato il servo,

1735. scaltri: ‘renda avveduto’, come in DANTE, Pur. 26, 3.1739-1740. ch’a ... Giungessi: ‘che mettessi le ali ai piedi’.1741-1742. Ma ... corpo: questa comparsa, figurazione perturbante del traditore

che non merita nemmeno l’agnizione in un nome, ricorda in parte la descrizione diBrunello in ARIOSTO, Of 3, 72, 1-6 (« La sua statura, accio tu lo conosca, | non e seipalmi; et ha il capo ricciuto; | le chiome ha nere, et ha la pelle fosca; | pallido il viso,oltre il dover barbuto; | gli occhi gonfiati e guardatura losca »).

1744. furar: ‘sottrarre’.1748. inganno: ordito, come sapremo poi al v. 2237, da Asdente.1755. divorato: ‘percorso a gran velocita’.

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408 LA VITTORIA

Che mi disse Michel, ch’a torto muore.EZZELINO

Michel Scotto conosco, e l’amo, e’l pregio, 1760

Ma, che tu sii suo Nuntio, e’l proprio dettoD’un amico sı caro a me riporti,Creder non posso, e riferir no’l voglio:Perche te non conosco, e’l testimonioDe la lettera sua non puo aiutarti. 1765

NUNTIO

Vedi cio che tu vuoi ch’io ti raccontiDi Michele, e darotti indicio taleChe tu conoscerai, ch’io son suo servo.

EZZELINO

Esser potria, che gia tu fossi stato,Ne fossi hor seco in servitu congiunto; 1770

E quando fossi ancor, non sempre al servoSi crede cio, che del Signor suo narra,Se’l detto e tal, che molto importi altrui,O dov’altri si possa trar guadagno.

NUNTIO

Perche, vuoi dunque tu, ch’io sia venuto 1775

Per cosı lunga, e perigliosa via?EZZELINO

Molte cagioni allontanar potutoT’hanno dal tuo Signor, se pur partitoHor sei da lui, che questo e ancor nascoso;E forse ancor da lui sei discacciato, 1780

E persuaso da l’altrui moneta,Per liberar hor Pietro di prigione,Et obligarti tanti amici suoi,Hai questa favolosa tela ordito:Che nel parlar tuo stesso ti scopristi, 1785

Che mastro sei di fabricar menzogne,Quando per le lor machine di manoTi liberasti di non so qual gente.

NUNTIO

Hor sono in tuo potere, e sottopongo

1783. obligarti: ‘propiziarti (la riconoscenza di)’.1784. favolosa tela: ossia ‘storia non vera’.

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409LA VITTORIA

Questa mia vita a quanti stratii mai 1790

Trovero inessorabili tortori,Se in un sol punto mi saro partitoDa quel, che da Michele mi fu imposto.

EZZELINO

Non e pari la perdita al guadagno,Che non puo ristorar la morte tua 1795

Il danno, ch’a l’imperio ne verrebbe,Se questa mercenaria tua novellaA lo scampo di Pietro aprisse il varco;Et altri gia per arricchir sua prole,Altri per liberarn’un caro amico, 1800

Se stesso offerse a volontaria morte.NUNTIO

Hor non hai tu di mie parole il pegno?Tengasi Pietro prigionier ristretto,E manda un tuo fidato al mio Signore;Et io senza periglio de l’Impero 1805

Son per pagar di mie menzogne il fio.EZZELINO

Vola l’occasıone, e’l tempo corre,E tal, ebbe la spada sopra’l capo,Ch’in breve tempo fu a l’imperio assunto.Molto danno il tardar apportar puote, 1810

Ne io son per propor al Signor mioCosa, ond’io possa dire: « no’l pensava ».

NUNTIO

Tu ch’hai molto valore, e poca fede,Odi, cio che predisse Michel Scotto,Quando da lui partimmi, dubbitando 1815

Che tu, vago di sparger l’altrui sangue,Non credessi a la lettera, ch’ei scrisseTosto dal Secretario proprio tuo,E da cio che vergato ha di sua manoLo sfortunato Pietro da le Vigne, 1820

1791. tortori: ‘carnefici’.1792. partito: ossia ‘discosto’.1797. mercenaria: ‘prezzolata’.1809. assunto: ‘innalzato’.

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410 LA VITTORIA

Quando ogn’altro rimedio sara scarso,T’accorgerai ch’al tuo maggior amicoIncauto procurasti oltraggio e danno:Che con quell’occhio, onde previde primaLa sua prigion, scoperse ancor la morte; 1825

Ne resto di mandarmi, perche al giustoDevea render suo dritto, e’l tuo monarcaDal pentimento piu sferzato sia.

EZZELINO

Or sia che puo; tu trova meglior guadoA l’orecchie di Cesare, ch’io intorno 1830

A queste selve il Secretario aspetto.

CHORO

Cosı con larga man ti ricompensiQuella pieta ch’ha per suo seggio il cielo,E’l mondo basso con destr’occhio mira.Non lasciar la magnanima tua impresa 1835

Poi che sollevar puoi persona oppressa,Ch’hora l’Invidia ria di morte sfida;Et io, per quel bel raggio, che la luceRiconosce dal sommo Sol, ti giuroCh’udito ho tra’ potenti tesser laccio, 1840

Onde resti legato l’innocente:E lo potrei scoprir, ma l’interesseDe la publica causa ch’io qui tratto,Circonda a la mia lingua un nodo stretto,E le parole mie nel cor respinge. 1845

Tu ch’hai a ben parlar la lingua sciolta,E pretender vi puoi l’imperio altrui,Consola noi, che ne l’altrui periglioDi gelata paura scoloriti,

1826. resto di: ‘si trattenne dal’.1829. guado: ‘via’.1835. Non ... impresa: cit. letterale da PETRARCA, Rvf 7, 14.1837. di morte sfida: sintagma petrarchesco (Rvf 360, 71), presente anche in Il

Polidoro 526.1838-1839. per quel ... giuro: e formula usata anche in Il Polidoro 230-231.1842. scoprir: ‘denunciare pubblicamente’.1849. gelata paura: il sintagma e petrarchesco (Rvf 182, 2), ma vd. anche la bella

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411LA VITTORIA

Dubbitiam, che l’incendio del vicino 1850

Nostra innocenza in cenere non volga.NUNTIO

Dal dotto mio Signor gia sono instruttoDi quei, che congiurato han contra Pietro.So ch’Asdente rivolge questo sasso,E da Uberto riceve inganno Augusto, 1855

Al qual vuo’ dire in semplici parole,Liberamente cio, che mi fu imposto,Ma non so, chi mi possa a lui introdurre.

CHORO

Ciascheduno introdur a lui ti puote,Pur che tu dica, che la cosa importa 1860

De la qual ti convien discorrer seco,E ch’a lui t’ha invıato Michel Scotto;Ch’egli avido d’intender cose nove,E molto piu di quelle, che coperteSono a l’altrui notitia, ogni dimora 1865

Rompera per poter teco parlare.Ma convien che t’affretti, ch’ogni indugioPietro seco portarsene potrebbe.Questo piccol sentier fia la tua scorta,Per esso caminando scoprirai 1870

In poco d’hora ove la reggia sia,Che, perche il tetto angusto assai diformeSia dal suo albergator, pur circondatoDa siepe di soldati, e d’alabarde,Mostra, ch’un grande chiud’in picciol seno. 1875

NUNTIO

E per esso m’invio; ne per difettoPotra Pietro perir di mie parole,Se per difetto altrui son giunto tardi.

CHORO.Hor ti secondi quel, che gl’altrui fatti

variante in Il Polidoro 486 (« Di gelato timor mi stringe il petto ») e ancora in Merope276 (« Troppo gelata tema ingombra l’alma »).

1854. rivolge: ‘scaglia, lancia’, in senso fig.1868. seco portarsene: ‘su di se subirne le conseguenze’.1879-1880. quel, ... disparte: vd. nota ai vv. 727-728.

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412 LA VITTORIA

Vede, e i detti ode, standosi in disparte. 1880

SECRETARIO

Pur sono usi a veder scempi crudeli,Quest’occhi miei, pur son l’orecchie avezzeD’udir fatti essecrabili, e nefandi,Ne il volto scolorommi, o’l cor mi punseGiamai pieta, che fosse a questa eguale. 1885

Forse il fedel servir, ch’empia mercedeTrovo nel suo Signor piu de l’usato,Commosse me, che servo, e fido sono?O pur il gran periglio, a cui s’esponeChıunque e, che da Principe sia posto 1890

A parte de’ secreti, il cor m’ingombraD’insolito stupor, di pieta nova?O’l gran favore, che solleva in altoIl merto sı di valoroso spirto,Che qual secco vapor ne l’aere acceso 1895

Chiara stella rasembra, che in ciel vole,Per farlo poi con misera cadutaChiudere in fosche tenebre d’horrore,Mi fa per tema palpitare il petto?O tutti insieme il precipitio aperto 1900

Mostrandomi d’un huom, che in gratia saleDel suo Signor, cui ne il valor suo proprio,Ne l’innocenza, ne’l giudicio buono,Ch’ha di lui fatto il mondo, punto vale,Fammi arricciar le chiome, et hanno forza 1905

Di trar dal cor le lagrime su gli occhi?CHORO

Ohime, che’l Secretario d’EzzelinoQua su compare, et e turbato in vista,E piange, e compatisce al mio buon Piero;Che farem dunque noi, se di lui cale 1910

A questi Antropofaghi, e Lestrigoni?

1908. turbato in vista: e espressione petrarchesca (Rvf 23, 81), presente anche inIl Polidoro 195.

1911. Lestrigoni: « popolo leggendario che abitava sulla costa siciliana primadell’arrivo dei Siculi; nell’Odissea sono rappresentati antropofaghi e infatti divoranoalcuni compagni d’Ulisse » (MANCA, ove rimanda a ARIOSTO, Of 36, 10, 7-8).

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413LA VITTORIA

Io ardo di desio pur di sapereCio ch’e successo e interrogar non l’oso:Che ne i fatti de i Principi le labbraStrette tener si denno, e piu sicuro 1915

Talhor anco e il mostrar l’orecchie chiuse;Ma veggo, ch’Ezzelin dal bosco spunta,Forse tra loro discorrendo andrassiTutto cio che di Pietro intender bramo.

EZZELINO

Servisti pur tu Cesare di quello, 1920

Ch’egli a te di commetter si compiaque?SECRETARIO

Io servii lui, che cio tu m’imponesti,E pur servendo disservii lui stesso,E contra il tuo servizio incauto andai.

EZZELINO

Io non posso accoppiar questi tuoi detti: 1925

E come lui servesti, et offendesti?Che’l mio servitio al suo comando cede,E servi me, pur ch’ei servito resti?

SECRETARIO

Ben parlasti Signor, ch’io mal mio grado,Pur lui servendo, e l’uno e l’altro offesi. 1930

EZZELINO

Lascia queste tue ciance, e fammi contoCome cio sia, che pur contrario e’l detto.

SECRETARIO

Perch’obedendo pur al suo comandoLo privai di ministro accorto, e saggio,E te fatto orbo ho d’un leale amico. 1935

EZZELINO

Gia mi si fa veridico il parlare

1914-1915. Che ... denno: la sentenza anche in Il Polidoro 2310 (« E de le labbrastia la porta stretta »).

1924. servizio: ‘utile, interesse’.1925. accoppiar: ossia ‘mettere assieme, comprendere’.1926. servesti: Manca corregge « servisti ».1932. ... detto: sulla struttura psichica di questa dilazione cfr. GUERCIO, La

tragedia « Vittoria » di Pomponio Torelli, p. 188: « la rivelazione della verita avviene,in prima istanza, in forma involuta, di indovinello ‘edipico’, che muove, ugualmente,l’interlocutore a chiedere, stizzito, un racconto piu chiaro ».

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414 LA VITTORIA

De lo Scocese: hor tu mi narra il tutto.SECRETARIO

Poscia che l’alto Imperator m’impose,Che, prima, del veder privato fossePier da le Vigne, e poi lo costringessi 1940

A risponder sopra certi capi,Ch’egli di propria man mi diede scritti;Indi, dato di piglio a le scritture,Ne formassi un sommario, onde potesseVeder in poco tempo ogni sua colpa. 1945

Da me, dal Castellano di CanossaIl tutto fu per ordine esseguito.Pietro si mostro intrepido, e costante,Ne curo l’uso perdere de gl’occhi,Dicendo, ch’homai poco gl’avanzava, 1950

La cui vista per prender fosse in grado;Ma dentro se, mal grado altrui, poteaDi molti, e bei spettacoli godere:Che tale specchio inanzi gli poneaLa conscıenza, e da sı chiara fede 1955

Illuminato, ch’ogni pena lieveRender potrebbe ogni supplicio vano;Ne fiammeggian cosı nel ciel serenoLe stelle, se’l terreno il gelo indura,Come ne l’alma lampeggiar vedea 1960

Le vere essenze, e forme de le cose,Che co’l contagio di materia impuraSi rendono a’ nostr’occhi oscure, e brutte.Ma quando udı di traditor colparsi,

1941. capi: ‘argomenti, questioni’.1951. la cui ... grado: ‘la cui vista fosse in grado di godere’.1964. colparsi: ‘essere accusato’; il tradimento e qui vissuto da Pier delle Vigne

come la violazione di quel sentimento di ordine dell’universo che presiede e orga-nizza il suo mondo: una mancanza giuridica cui si aggiunge il sentimento della fine diun intero mondo morale e a cui sapra soltanto reagire con il furore e la pazzia.Significativo, su questo, un passo del Debito, pp. 30r-v: « il fondamento della fedee la Verita, ne altro e la Verita, che la proportione, e partecipatione dell’essere, di chetutto’l mondo e adorno, e chiunque con menzogna la guasta altro non fa, checorrompere l’ordine dell’universo; [...] ma quello e vero mancamento, che si fa alPrincipe, che tradimento si chiama, il qual concerne fallo nella vita, o nello stato suo;e leva totalmente l’honore, non solamente a chi lo commette; ma alla famiglia, cioe a’discendenti suoi ».

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415LA VITTORIA

Disperato dolor sı lo traffisse, 1965

Ch’al pianto, a le querele in preda diessi:« Io dunque, disse, reo di tradimentoIo saro? Io che per alzar al cieloDel mio Signor la gloria, e’l sangue, e l’almaPosto ho in non cale? e pregiai poco il peso 1970

De le chiavi, e del manto, onde s’adorna,E sempre s’arma il successor di Pietro?Non puo l’istessa Falsita imputarmiDelitto cosı grave, e cosı brutto;Vengan quanti carnefici fur mai, 1975

Mi scarni, e spolpi ogni tormento rio,Che quasi oro finissimo al martello,O quasi gemma al foco trovarammiDi tanta sceleragine innocente.Si leggano i miei scritti: chi vuol venga. 1980

Non e sı fier nemico, ch’io recusiPer testimonio, o giudice; pur ch’ioOda l’offesa, e mie ragioni accampi.Dunqu’io, che co’l pensier mai non erraiVerso il mio Re, son senza accusatore, 1985

Senza giudicio, ohime, senza delittoNe l’honor lacerato, e fatto infame? »Indi, qual forsennato, o da furoreNovo sospinto pien di rabbia il petto,

1985-1987. Son ... infame?: e scena del disinganno, emozionalmente violento epremessa della follia, perche l’essere sottratto a una giusta pocedura giudiziaria facomprendere a Pier delle Vigne l’inutilita di ogni ordine di giustizia quando il potereper mero calcolo lo disattende, e forse la vanita di ogni razionale opposizione al-l’irrazionalita delle sue decisioni.

1988-1989. qual ... sospinto: vd. BOCCACCIO, Comento p. 137: « avvenne ungiorno che egli [scil. Pier delle Vigne] in tanto furor s’accese, che disidero di morire;[...] esso, sospinto da furioso impeto, messosi il capo innanzi a guida d’un montone,con quel corso che piu pote, corse a ferire il capo nel muro della chiesa », nonche,per il senso allegorico, p. 156: « chi se medesimo uccide appare assai manifestamenteaver cacciato da se e perduto ogni ordine di ragione e di sana volonta, [e] non pareche animale razional si possa chiamare ».

1989-1992. Novo ... errore: la follia di Pier delle Vigne equivale al tipo classicodella giustizia frustrata (secondo il modello dell’Aiace sofocleo) e dell’amore deluso oingannato che conduce a morte immeritata, di norma nel Cinquecento pertinentealla scena tragica dell’eroico femminile (Didone, Cleopatra, Antigone e Fedra tra lealtre), e qui piu vicina alla follia suicida di Ofelia, (« Divided from herself and her fairjudgement »,) sorpresa anch’essa dal dolore e oppressa nella lingua da un poterecorrotto alle fondamenta, nel quasi coevo Hamlet shakespeariano (di cui si ricordi

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416 LA VITTORIA

E di schiuma la bocca biancheggiante 1990

Impetuoso sorse, e brancolandoGıa per la stanza con incerto errore.Corsi per ritenerlo, e non sı tostoRipreso l’ebbi, ch’ei con nova scossaDa lo spirto aiutato, che fervea, 1995

Con insolita forza mi respinse,Tal, ch’andai a cader lunge da lui;Ne pria risorsi, ch’ei trovato un uscio,Ch’uscia sopra un verron senza riparoO di legno, o di ferro, o marmo liscio, 2000

E ne la stanza introduceva il giorno,Non so se per sua voglia o sorte rea,Precipito pur da la cima al fondoDi cosı eccelsa inespugnabil rocca.Corsero al grido mio, quando cadei, 2005

Le guardie dentro, ma il soccorso vano

almeno lo stesso disperato disinganno in IV, V, 42-43: « Lord, we know what we are,but know not what we may be »); anche qui, da Torelli, alla follia viene demandato ilcompito di esprime la tragedia in corso, ossia l’oscurarsi della relazione tra apparenzaed essenza, e alla morte (suicidio) la scissione tra privato e pubblico, e tra anima ecorpo, cosı come esemplificato nel paragone seguente con lo specchio infranto (vv.2008-2012).

1994. scossa: ‘movimento, sussulto’.1996. Con ... respinse: perche solo l’insolito coraggio della disperazione puo

liberare un inedito volgare (« nuova forza ») capace di opporsi, in modo radicale,alla tirannia del consueto.

1999. senza riparo: su questo ‘probabile’ accorgimento di Torelli per la salvezzacristiana dell’anima di Pier delle Vigne, si vd. BARILLI, La tragedia « Vittoria », p.201: « perche, se ci fosse stato il parapetto, lo sventurato non sarebbe potuto caderesenza scavalcarlo, e non avrebbe potuto scavalcarlo senza dimostrare chiaramentel’intenzione di uccidersi ».

2002. Non ... rea: questo « beneficio del dubbio » per Guercio e « un quid dicontroriformistica ipocrisia », « che appartiene al solo Torelli », e « innova rispetto atutta la tradizione » (La tragedia « Vittoria » di Pomponio Torelli, p. 234). Verosimile,certo, e assai ben ribadito: tuttavia, la scena della follia e della morte violenta sem-brano essere soluzioni di inveramento del fantasma della sovranita, attraverso pro-prio due azioni di disubbidienza radicale, irriducibili al diritto e all’economia dellaredenzione: azioni capaci di mostrare tutta la debolezza, la vulnerabilita della forza diogni potere sovrano quando dissociato dalla sua genealogica incondizionalita.

2003-2004. Precipito ... rocca: la fonte di questa scena probabilmente non si devealla Cronica di Salimbene ma, piu verosimilmente, secondo Guercio, alla « tradizionedi commento fiorita in margine al capolavoro dantesco » (La tragedia « Vittoria » diPomponio Torelli, p. 233 e n.), come ad esempio in quello di Cristoforo LANDINO,Comedia p. 97v: « Alcuni dicono che s’uccise essendo incarcerato. Altri che essendoin Capua nel suo palazzo, passando lo ’mperadore si gitto dalle finestre ».

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417LA VITTORIA

Fu, ch’egli gia percosso avea il terrenoFranto, quasi uno specchio di cristalloVede di mano di donzella incautaCader Dama leggiadra, mentre intenta 2010

Per corregger si sta l’errante crine,E turba per dolore il bel sembiante.Poi che la via d’interrogar piu PietroEi con la morte vıolenta chiuse,Tosto tutto a veder le sue scritture 2015

Mi diedi, ne lasciai lettera intattaNe da gl’occhi miei polizza, ne verso.Ne di congiura, o di trattato alcunoOrma potei trovare, o scorger ombra;Molti discorsi ritrovai di pace, 2020

Che tutti a la grandezza de l’ImperoParean mirar, a l’estirpar le partiChe la misera Italia han lacerata,Tal che abbracciato dal vicario fosseDi Christo Augusto con l’istesso amore, 2025

Co’l qual pietoso padre abbracciar suole

2008. Franto: ‘rotto’, anche in Merope 1767; ma si vd. anche BOCCACCIO, Co-mento p. 138: « in questo ferı di tanta forza, che la testa gli si spezzo, e sparseglisi ilcerebro, uscito del luogo suo; e quivi cadde morto ».

2008-2012. quasi ... sembiante: il paragone (tematicamente amoroso nell’intro-durre in scena una « Dama leggiadra », la differenza sessuale ma con finalita dimeditazione personale) allude a un’avvenuta rottura simbolica, attraverso questooggetto di confine che e lo specchio, e nella coscienza di Pier delle Vigne la cuifunzione di specchio e gia stata esplicitata (supra ai vv. 1952-1957), della trasparenzadel mondo e dell’ordine delle cose, e all’impossibilita di collocare i valori nel lorogiusto ordine. Vale la pena di ricordare, di sfuggita, il tema del teatro come specchiodella natura nelle indicazioni di recitazione di Amleto agli attori per la scena meta-teatrale in Hamlet III, I, 24 (« the purpose of playing [...] was and is to hold, as’twere, the mirror up to nature »).

2014. morte vıolenta: apparentemente in opposizione a ‘naturale’, dunque senzarisolvere la sua possibile specie accidentale; ma in una prospettiva di memoriadantesca, invece, in riferimento ai violenti del secondo girone infernale colpevolidi un atto di innaturale violenza contro se stessi, sembra indirettamente rafforzarel’ipotesi del ‘suicidio’, su cui si vd. almeno BOCCACCIO, Comento p. 138: « Per laquale disperazione l’autore, sı come contro a se medesmo violento, il dimostra inquesto cerchio esser dannato ».

2017. polizza: ‘lettera, biglietto’.2019. Orma: ossia ‘macchia’.2026-2027. pietoso padre ... figlio: per questa immagine di riverenza che il figlio

deve all’autorita del padre, Guercio rimanda a DANTE, Monarchia 3, 15, 18 (Latragedia « Vittoria », p. 228).

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418 LA VITTORIA

L’amato primogenito suo figlio;E ch’egli, ad amplıar la fede intento,Si volgesse a snidar d’Affrica il Moro,E i corsali sbandir da le marine, 2030

Et a piantar su la superba arenaDel Nilo il segno di nostra salute.Molti partiti sopra cio proposti,Hora d’unire un general conciglio,Hora d’elegger arbitri, et a loro 2035

Dare a troncar ogni contesa indegna.Veder si ponno, ch’io gli ho qui descritti.E quel che meno a cose nove intentoScorger me’l fece, fu, che in piu d’un locoDe i commentari suoi privati lessi, 2040

Ch’egli di ritirarsi ne l’amenoGrembo de la sua patria risolvea;E la cagion di cio, che molte insidieTese da’ piu potenti diffidavaDi poter superar co’l suo sapere, 2045

Fra’ quali Asdente, e Uberto numerai:L’un perch’ei sempre a’ fatucchieri avversoMostrato s’era, e discopria soventeA l’invitto suo Cesar, che’l predireDi persona ignorante, e di rea fama 2050

Dettato era dal Re de le bugie.Che con l’ombra del ver talhor alletta,Per far precipitar, chi piu gli crede.L’altro, perche sempre t’avea propostoPer general vicario, ch’a gl’Insubri 2055

Indomiti ponesse un duro morso.Ad una ad una le ragion’ descritte

2030. corsali: ‘corsari’ (grafia del lat. med.).2038-2439. E quel ...: da questo verso fino al 2439, resta un frammento auto-

grafo, corrispondente alle pp. 79-94 della stampa, su cui si vd. qui la Nota al testo eche d’ora in poi verra indicato con la sigla VAr.

2042. Grembo: in VAr « Seno », sottolineato.2046. Fra’ ... numerai: in VAr « Fra quali numerai Uberto e Asdente ».2048. discopria sovente: in VAr « discoperto havea », sottolineati.2049. A l’invitto suo Cesar: in VAr « Ad Augusto piu volte », sottolineati.2056. ponesse un duro morso: anche in Il Polidoro 2174 (« Porre di servitude il

duro morso »).

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419LA VITTORIA

Vidi, perch’a la tua potente mano,E non a Uberto, il grande ImperatoreHor Vittoria commettere dovesse, 2060

Che da l’altrui ruine il capo estolle;Percio doleasi, ch’ei l’invidia, e l’iraProvocato s’avea de i piu graditiAl Re, mentr’egli al Re servir procura:Qual Cecia, che qualhor soffiando spinge 2065

Le nubi piu, piu se le tira addosso.EZZELINO

Al segno de le note tue conoscoCio, che adombrommi di Michele il messo.E duolmi, ch’ei giungesse cosı tardi,E non prestassi a sue parole fede; 2070

Tu, il tutto hor hor a Cesare riporta,Ne d’Asdente, o d’Uberto cosa alcunaFa’, che per te si taccia, ch’aiutatoSarai dal messaggier di Michel Scotto,Onde percossi da diversi colpi 2075

In uno stesso tempo Asdente, e UbertoForz’e, che si riversin su’l terreno;Et io porro in opra ogni mio senno,Che sia a’ caduti il rilevarsi tolto.E fia ricompensata, s’io non erro, 2080

Co’l guadagno la perdita ch’ho fatto,Che’l vero nutrimento, che da il frutto,Che da l’arbor si trahe de l’amistade,E ch’egli ci sostenti, e forza accrescaContra chıunque opprimere ci tenti, 2085

E bramar la caduta de l’amicoSi de’, pur ch’ei cadendo seco tiri

2060. Hor ... dovesse: in VAr « Hor Vittoria commetter si dovesse ».2064. mentr’ ... procura: in VAr « mentr’al suo Re servir procura ».2065. Cecia: « vento di nord-est, famoso per le sue tempeste » (MANCA).2066. Le nubi ... addosso: in VAr « Piu nubi, e dense piu si tira adosso ».2068. Cio che ... messo: in VAr « Cio che m’adombro’l messo di Michele ».2069-2070. E duolmi ... fede: cfr. BARILLI, La tragedia « Vittoria », p. 202: « fi-

nalmente quest’uomo di marmo si lascia sfuggire un accento di pieta e di rammari-co ». ~ tardi: in VAr « tardo ».

2079. il rilevarsi tolto: ossia, ‘impossibile la salvezza’.

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420 LA VITTORIA

Nel precipitio stesso l’inimico,E l’uno, e l’altro una ruina involva.

CHORO

Chi mi da forza al corso? o l’ali impenna 2090

Per ch’io da questi loschiE sordi ingegni o fugga, o mi sollevi?Cui l’ira in rabbia accesa, e’l gran desioDel dominar sı appanna ogni vedere,Che in fragil vetro volto hanno il diamante 2095

Le leggi di natura.Non han l’Ercinia, o la famosa Ardenna,

O d’Erimanto i boschiSı aspri dumi; o sı gelate nevi,Se spira, Borea, indura, ove pur io 2100

Non m’acquetassi, da selvagge fereMentre m’arretro; ch’han solo il sembianteD’humana creatura.

Ne di sulfuree fiamme rivolge EnnaGlobi sı ardenti, e foschi, 2105

Che non sembrasser bianche falde, e lieviCh’aggira il verno meno algente, e rio,Presso il fervor de le minacce altiere,

2089. ruina: in VAr « rovina ». ~ involva: ‘coinvolga’; irresistibile la chiosa, aquesa chiusa, di BARILLI, La tragedia « Vittoria », p. 193: « Strano ottimista! Mentreun altro sciuperebbe il tempo e gli occhi a piangere, egli, anche da cosı grandesventura, sa inferire un vantaggio ».

2090-2140. CHORO: tutte e sei le strofe del coro sono collegate tra loro dallestesse rime, secondo lo schema metrico: AbCDEFg, con congedo Fg. La settima, dinove versi, ripete negli ultimi due: Fg.

2091. loschi: ‘ciechi, strabici’, come gia in Galatea 52 e 2513.2092. o fugga, o mi sollevi: in VAr « o mi sollevi o fugga », barrato.2093. accesa: in VAr « volta », barrato e sovrascritto.2095. volto hanno: in VAr « volsero », sottolineato.2097. l’Ercina: « catena di monti boscosi a est del Reno e a nord del Danubio, la

conoscenza della quale nel mondo latino e circonfusa di mistero e incertezza »(MANCA). ~ Ardenna: « corrisponde alle Ardennes in Francia » (MANCA).

2098. Erimanto: « catena montuosa ripida e di difficile accesso situata a nord delPeloponneso. Il coro intende dire che i boschi di queste localita pur cosı aspre eselvagge potrebbero offrire un porto di pace lontano dal mondo delle ‘‘fere uma-ne’’ » (MANCA).

2106. Che ... lievi: in VAr « Ch’aggira il verno quando il freddo rio », barrato.

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421LA VITTORIA

Che fiato tetro accoglie, e manda avanteMessaggio, la Paura. 2110

Quanti in carte spiego mai dotta pennaPiu perigliosi toschi,Onde di Libitina il sen s’aggrevi,Ritira, e volge qual torbido rio,Che dal mar nasca, e in lui torni a cadere. 2115

La corte, dietro a cui persone tanteTrovaro aspra pastura.

Chi caduto e, chi di morir accenna,Chi teme, che l’attoschiQuesto, e quel serpe, e faccia i giorni brevi; 2120

Ne mira alcun, sı regna il cieco oblio,Ove per lo suo scampo erga il volere,Ne torna indietro, o pur ferma le piantePer schivar sua sciagura.

Se tardi, o mente mia, altri s’insenna, 2125

Bramo, che te’l conoschiE da tenaci cure homai ti levi;Respira, e’l giogo scuoti, che’l cor mioPreme sotto promesse lusinghiere,Scaltriti Pietro tuo, ch’al mondo errante 2130

Invida Maga fura.Veder parmi Sant’Elmo su l’antenna,

E che’l mar men s’infoschi,E l’orgoglioso vento piu s’allevi;Sospira, e’l tuo Signor cortese, e pio 2135

Alma ringratia humıl del suo piacere;

2111-2117. Quanti ... pastura: in VAr « Chi caduto e chi di morire accenna | Chiteme che l’attoschi | Questo e quel mostro e faccia i giorni brevi | Ne mira alcun sıregna il ceco oblıo | Ove per lo suo scampo erga’l volere | Ne torna indietro o purferma le piante | Per schivar sua sciagura. », tutto barrato.

2113. Libitina: « divinita romana della sepoltura » (MANCA).2119. che l’attoschi: ‘d’essere avvelenato’.2122. erga il volere: « sollevi la propria volonta (per porsi in salvo) » (MANCA).2125. o mente mia: in VAr « homai la mia mente epur », barrato e sovrascritto. ~

s’insenna: ‘rinsavisce’.2126. che te’l conoschi: ‘che tu lo sappia’.2127. E ... levi: « e ti sollevi dalle cure terrene cosı pertinaci » (MANCA).2130. Scaltriti: in VAr « Scorgati », sottolineato.2133. s’infoschi: ‘si oscuri, si annerisca’.2134. orgoglioso: in VAr « minaccioso », sottolineato.2136. humil del suo piacere: in VAr « Humil alma ringratia e del », sottolineato.

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422 LA VITTORIA

Mentre mi spetro, fatti accorta amante,Sbandita ogn’altra cura.

Hor da te impetro, oh Sol di luci sante,Lume a la notte oscura. 2140

UBERTO

Mentr’in porto credea tranquillo, e lietoVeder sommerso altrui da l’onde avare,Da turbine improviso son sospintoTra fallaci onde, e perigliosi scogli,Che mi fan dubbitar spesso del fine. 2145

Tu ch’accorto nocchier su l’alta poppaSedesti un tempo, et in un tempo fostiStella a la nave, et al temon pilota,Giudica per qual vento al nostro scampoSia spedita la via, certo il ricetto; 2150

Ch’io rimedio trovar per noi non posso,S’una improvisa, e subita partitaA la fuga veloce non ci crede.Gia so dal paggio, ch’ad Augusto serve,Ne giamai l’abbandona, o che in piaceri, 2155

O che in negotii egli si trovi involto,E comprato da me con molto prezzo,Fedelmente rivela ogni secreto,Che de la prigionia d’ambidue noi,E de la morte piu consigli fansi 2160

Tra Ezzelin scelerato, e Federico;E che l’Imperator d’ira si struggePer la morte di Pietro da le Vigne;

2137. spetro: ‘intenerisco’. ~ fatti accorta amante: in VAr « suo divent’ », sotto-lineato.

2139. luci sante: vd. DANTE, Par. 7, 141 (« lo raggio e ’l moto de le luci sante »).2142. avare: nel senso di ‘avide’.2146. accorto nocchier: vd. sopra la nota al v. 785.2149. per qual vento: ‘per quale via, in quale modo’.2153. crede: sta per ‘affida’.2159. ambidue: in VAr « ambodue ».2160. consigli: ossia ‘ipotesi’.2162. d’ira: in VAr « si scorna », sottolineato.

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423LA VITTORIA

E schernito, e tradito esser da noiSpesso si chiama, e ne sospira, e freme. 2165

E ch’Ezzelin sempre nov’esca al foco,Nove cause a lo sdegno va giungendo.S’io pur fossi nel campo, minor temaM’ingombreria per tal periglio il petto,Che molte squadre unir potrei d’amici, 2170

E rendermi sicuro da ogni oltraggio,O quando pur dal numero il valoreOppresso fosse, transfuga ricettoPotrei sperar ne l’odıose muraDe la citta nemica; o circondato 2175

Da bellicosa gente m’aprireiCo’l ferro acuto a’ Cremonesi il passo,E con essi robusti, e fidi amici,Timido no, ma sperarei tremendoSembrar a quei, ch’hora ci fan temere. 2180

Ma circondato son da Saraceni,Gente infedele, che con crudi scempiS’ha comperato di Nocera i campi,Che quasi stima piu che’l proprio Augusto,E qual novo Maoma Ezzelin cole; 2185

Onde se con mutar habiti, e modiNon gli inganniamo, rotta ogni speranzaAl viver nostro, al nostro scampo veggo.

ASDENTE

Hor si vedra, s’un cavallier robustoChe di sangue, e valor molt’altri avanza, 2190

2167. Nove ... giungendo: in VAr « Vien aggiungendo e nove cause a l’ira ».2177. a’ Cremonesi: in VAr « di Cremona », sottolineato.2178. e fidi amici: in VAr « e fidi unito ».2183. S’ha ... campi: « allusione a Lucera di Puglia dove nel 1239 Federico II

relego gli Arabi del regno di Sicilia dopo la loro ribellione » (MANCA).2184. ’l proprio Augusto: in VAr « dopo Augusto », barrato, e « sol dopo »,

barrato e sovrascritto.2185. cole: ‘onora, venera’ (lat.), come in PETRARCA, Rvf 31, 11 (« che per te

consecrato honoro et colo ») e TF 2, 67.2186. habiti: in VAr « habito ».2187. rotta: in VAr « rotto ».2188. Al viver ... veggo: in VAr « Mi veggo di poter campar di loro », sottolinea-

to, e « al viver », barrato e sovrascritto.2189. cavallier: in VAr « Cavaglier ».

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424 LA VITTORIA

Potra avanzar un debil calzolaio.UBERTO

Forse sei tu per dar di mano a l’arteOnde sei sopra ogn’altro avuto in stima,E co’l suo aiuto di salvarci intendi?

ASDENTE

Poco profitto trar da l’arte mia 2195

Si potra, Uberto, se pur rei chiamatiSiamo in giudicio al tribunal Cesareo;E pero altronde procacciar l’aiutoSi deve al nostro scampo, se pur scampoAlcun per noi hor si potra trovare. 2200

UBERTO

Tu dunque di carnefici sii spoglia,Ch’io tra l’haste, e le spade de’ soldatiPer mille fori pria, nel sangue involta,Vuo’ mandar l’alma mia del corpo in bando,Ch’altri d’aver de l’armi sue privato, 2205

E posto in ceppi Uberto, si dia vanto.ASDENTE

Cessi in te l’ira, che’l periglio cessa;Non andra alcun di tua prigione altiero,Ne’l proprio Imperator ci puo dar noia.

UBERTO

Come non puo? se d’ira, e di veneno 2210

Gonfio d’autorita, da squadre cinto,Si move contra noi inermi, e soli?Se’l fuggir non ci val, chi potra aitarci?

ASDENTE

Tu per gl’occhi infiammati il furor spiri,E gia precipitoso a l’armi corri, 2215

Ne scorgi alcun nimico? a noi e toltaOgni fuga dal Principe potente,E son gia presi tutti intorno i passi.Ne por dei dubbio alcuno ne la salute,

2198. E pero altronde: in VAr « Percio d’altronde ».2201. spoglia: in VAr « preda », sottolineato.2204. Vuo’: in VAr « Vo ».2210. veneno: in VAr « disdegno ».2211. da: in VAr « di ».

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425LA VITTORIA

Che cio predice a te’l tuo amico Asdente. 2220

UBERTO

Gia l’estremo periglio a noi minacciaLa sorte avversa, e par che tu te’l rida,E’l Re disprezzi, e con la morte scherzi;Hor chi potra salvarci, s’a noi toltaE gia la fuga? e ogni contrasto e vano? 2225

ASDENTE

Ci salvera il nemico: quello stesso,Al qual ricorrer tu volevi indarno.

UBERTO

Se ricorrer non posso a l’inimicoCome posso sperar da lui salute?

ASDENTE

Molti rimedi usciro a l’improviso 2230

Ch’huom non sa chi gli trovi, o chi gli mandi,Ne mai d’alcun premeditati furo;Credi a me, che siam salvi, e tu’l vedrai.Gia seppi, che lo Scoto un messaggieroA Cesare mandava, per salvare 2235

Pietro, e scoprir le nostre ordite trame:La scorta fu da me sı ben delusa,Che’l messo senza lettere qua giunse,E non trovo a’ suoi detti alcuna fede,Onde Pietro resto di vita casso. 2240

Com’egli da Ezzelin suo grande amicoA dispietata morte fu condotto,Cosı a te resa fia da’ tuoi nimiciLa vita, che ti stimi aver perduta.Ma scostianci, che gia veggo apparire 2245

2222. avversa: in VAr « adversa ».2223. E’l ... scherzi: da PETRARCA, Rvf 128, 67 (« ch’alzando il dito colla morte

scherza »), anche in Il Polidoro 1585, Galatea 1599.2226. salvera: in VAr « salvara ».2229. sperar da lui salute?: in VAr « da lui sperar salute? ».2230. rimedi: in VAr « remedi ».2231. gli ... gli: in VAr « gli trovi o chi li mandi » (Manca opta per la lezione in

« li » e la estende a tutta l’edizione).2238. qua: in VAr « qui ».2239. a’ suoi detti: in VAr « al messaggio », sottolineato.2242. A ... condotto: in VAr « Condotto fu a dispietata morte ».

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426 LA VITTORIA

Quelli, che noi due sfidano di morte.Appiattanci qua dietro, e tu vedrai,Quest’Aquile guerriere, e sı predaciTosto cangiarsi in timide colombe.

CHORO

Non credo d’ingannarmi, che costui, 2250

Da lo spirito bugiardo sia condottoHor a pagar de le sue colpe il fio,E, quasi cieco, il cieco Uberto meniPerche trabocchi nell’istessa fossa.Onde Pier da le Vigne in breve tempo 2255

Da lor riscotera senz’alcun piatoCio che si deve al suo innocente sangue,Sı intricato lo veggo, e sı confusoNei detti, e nei concetti, ch’io non scorgoO filo, o via, che lo conduca fuori 2260

Del laberinto pien d’errori enormi.E gia Cesare vien, turbato il ciglio,Che con lo sguardo chino ricercandoPar che vada per terra la vendetta.

FEDERICO

Io dunque sol d’honore, e gloria vago, 2265

Prodigo del mio sangue, e de la vitaArsi, alsi, ogni disagio, ogni periglioProntamente soffersi, incontrai lieto,Perche d’ingratitudine tassatoPer l’altrui fraude fosse il mio gran nome? 2270

Questo nome, di Cesare infamato

2246. due: in VAr « doi ».2247. Appiattanci: Manca corregge « appiattianci »; sta per ‘nascondiamoci’.2248-2249. Quest’Aquile ... colombe: vd. ORAZIO, Carm. IV, 4, 31-32 (« neque

imbellum feroces | progenerant aquilae columbam »), gia in Il Polidoro 1965-1966.2248. Quest’Aquile guerriere: in VAr « Queste aquile guerriere ».2250. costui: Asdente.2254. trabocchi: ‘cada, precipiti’, come in ARIOSTO, Of 29, 42, 7.2256. Da lor ... piato: in VAr « Senza piato da lor riscuoter possa », sottolineato.

~ piato: ‘processo’.2267. Arsi, alsi: la coppia gia in Galatea 861 (« Tremai, quasi fanciullo, et arsi et

alsi? ») da PETRARCA, Rvf 335, 7 (« L’alma ch’arse per lei sı spesso et alse »).2269. tassato: in VAr « infamato »; sta per ‘tacciato’.2271. infamato: in VAr « notato ».

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427LA VITTORIA

Sara di cruda abbominevol morteD’un, ch’a l’imperio fu servo fedele?Alzar piu gl’occhi, o pur mirar il soleCome potro? d’ingiuste macchie asperso? 2275

Questo pregio a lo scettro, al dıademaPer me s’aggiungera? potro arrossireAl vibrar de la Spada, se conversaL’ho nel sangue innocente? o come il PomoGradir potro? se con peggior essempio 2280

Ho dato a tutti i vitii in preda il mondo?Come tal sceleragine espıarePer me potrassi? con quai crudi scempiPotro purgar questo crudele eccesso?Di grand’Imperator fatto vil servo 2285

De l’altrui iniquita, de l’ira altruiMinistro incauto, essecutor indegno.

EZZELINO

Giusto duol certo hor ti sospinge a l’ira,Signor invitto, ma i piu grandi sempreSono a’ casi piu grandi sottoposti, 2290

Ne medıocrita ricever ponnoL’auguste imprese d’un invitto Heroe;Cio che macchia d’infamia in un privatoSaria, in Imperatore e un picciol neo;E talhor lo interesse de lo Stato 2295

Fa’l vitio lampeggiar com’una stella;Che delira quel savio, che divideLa virtu dal profitto di chi regge.Fu dannosa a l’imperio, e poco giustaLa morte, ch’incontro Pier da le Vigne, 2300

Ma non puo pero alcun chiamarti ingiusto,Poi che per quel ch’apparve, e ch’al tuo regno

2278. Spada: quale strumento di giustizia.2279. O come il Pomo: in VAr « poco accorto », barrato e sovrascritto: « o com’il

pomo »; sta per ‘scettro’.2286. de l’ira: in VAr « de l’ire ».2292. L’auguste ... Heroe: in VAr « L’imprese regie d’un sublime Augusto ».2293. un: in VAr « huom ».2294. Saria: in VAr « Sara ».2298. virtu: in VAr « vertu ».2302. tuo regno: in VAr « Impero », sottolineato.

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428 LA VITTORIA

Poteva alhor di commodo portare,Giustamente fu preso egli, e punito.Ne eccesso stimero, ch’un huomo pera, 2305

Pur che’l comandi, se co’l cenno soloMolte migliaia ne puoi far perire,E quel che prendi in grado sempre lece.Ma se pur per Uberto, e per AsdenteQuesta morte si de’ stimar eccesso, 2310

Fa’ ch’ambidue sieno di luce privi,E cosı, s’io non erro, fia d’un soloPer la morte di due, l’eccesso tolto.

FEDERICO

Gia son le guardie sı disposte intornoChe scampar non potran, se non han l’ali; 2315

E dovendosi unir in un drapelloDoman le guardie mie, tosto ch’aggiorni,Vorran con essi accompagnarmi al campoEt Uberto, et Asdente: al capitanoDegli infedeli ordine darassi 2320

Che gli faccia prigioni, e li conducaE ne la rocca, e ne l’istessa stanzaOnde Pietro pres’ha l’infausto salto.

EZZELINO

Signor, tu sai, quanto sia Uberto in pregioDi nobiltate, e di valor ne l’armi; 2325

Non posso consigliarti, ch’un tal huomo,Con un seguito tal ne la tua parte,Sia da te a cieco carcere dannato:

2305. stimero: in VAr « stimaro ».2308. E ... lece: in VAr « E quel che lice a te quel stimo lece », sottolineato. Per

Ezzelino la morte ingiusta di Pier delle Vigne e un supplemento alla assoluta giustiziadi tutte le azioni di chi governa. Per Torelli, dunque, il supplemento mentre concorrea dissimulare una mancanza del potere, ne mostra tutta la sua ‘originaria’ insuffi-cienza. Per Guercio, oltre alla evidente ripresa di termini tradizionali del machiavel-lismo, « colpisce l’ennesima frecciata nel teorema del Da Romano, contro il ‘savio’,l’intellettuale, che sembra eletto a suo principale avversario ideologico, e che invoca,follemente, una Virtu ed un Giusto assoluti e indipendenti dall’utile politico » (Latragedia « Vittoria » di Pomponio Torelli, p. 199).

2310. eccesso: ossia ‘inutile’.2311. Fa’ ... privi: in VAr « Fa ch’ambidoi siano di luce estinti ».2315. han l’ali: in VAr « han ali ».2317. ch’aggiorni: in VAr « ch’aggiorna ».2320. Degli infedeli ... darassi: in VAr « Daro ordine secreto d’infedeli ».

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429LA VITTORIA

Che da diversi venti sollevata,Quasi tranquillo mar da instabil’ onde 2330

Saria tosto la parte Gibellina,Che devota si mostra del tuo impero;E i Cremonesi arditi, e i Lodigiani,Che per servirti gareggiar di fede,Con pretesti importuni e con minacce 2335

Tosto ricercaranti il duca loro,E se gliel’ neghi, che dar lor no’l puoi,Che tal falcon levar non dei di muda,Con la speranza di poter sforzartiUniran l’armi, e’l cor co’ tuoi rubelli, 2340

E quando pur, per tua benigna sorteDa la vergogna in lor sia spenta l’ira,Sorgera l’odio, estinguira l’ardoreE torneranno tepidi a servirti;Ond’ogni picciol causa, ogni sospetto 2345

Gli svella dal tuo scettro, al qual intornoVanno, quasi nove hedere serpendo.Quanto fia meglio, che’l tuo capitano,Che sopra i Saraceni hor ha l’imperoLo sprezzi di parole, o gl’urti addosso 2350

Discortese il destriero, ond’ei superboE dagli sproni punto de l’honoreNon potra tolerar’ingiuria tale,Tal che da’ Saraceni a brano a branoSara egli tosto lacero diviso, 2355

2329. diversi: in VAr « discordi ».2336. duca: in VAr « duce ».2338. levar ... muda: « ‘non devi togliere dal carcere’; muda e il periodo in cui i

falconi cambiano le penne e di solito coincide con la loro cattivita » (MANCA).2342. spenta: in VAr barrato, con la variante (non accolta nella stampa) « vinta ».2343-2344. Sorgera ... servirti: ossai « quello che, tra i molti, il solito Machiavelli

raccomandava, con tanto calore, di fuggire ad ogni costo » nel « Principe cap. 19 »,come ricorda Guercio (La tragedia « Vittoria » di Pomponio Torelli, p. 199).

2345. Ond’ogni picciol causa: in VAr « Tal ch’ogni occasione » (con « Tal » sot-tolineato).

2346. svella: in VAr sovrascritto a « potra » barrato; Manca corregge « li svelle ».~ al qual intorno: in VAr « intorno ’l quale », sottolineato.

2351. ond’ei superbo: in VAr « che da gli sproni ».2352. E ... honore: in VAr « D’honor punto et indomito e superbo ».2354. Tal che: in VAr « Onde », sottolineato.

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430 LA VITTORIA

E cosı a’ suoi sara tronca la spemeDi poter rihaverlo; e di sua morteNon fia nel volgo, chi t’incolpi; e s’altriPoco accorto parlasse, avrai rimedioNei Partigiani, che scusarti ponno, 2360

Oltra quel che da il tempo, s’altri d’essoSi sa servir, pur che si schivi il primoImpeto, quando l’ira un popol sferza.

FEDERICO

E come rimarra candida, e illesaLa fama mia? se sı punito Uberto 2365

Non riman, che m’offese, e mi deluse?Che per la sceleragine commessaScorger non posso chiaramente in luiGir di pari la pena co’l peccato?

EZZELINO

Non percio rimarra impunito Uberto, 2370

Il qual forato, e con le membra mozze,Tosto dimostrerassi, come mertaSeminator di scandali, e di risse.E la tua fama allhor piu bella, e chiaraFiammeggiar si vedra, quando sicure 2375

Piu fien le tue contrade, e strette in manoDe lo stato le redini terrai:Che ne le scole ben puo disputarsiDel giusto, e de l’honesto tra dapochiE fabricar chimere di costanza, 2380

Che in ostinatıon cangera tostoLa prattica del mondo, e co’l suo CatoQuesti del suo proposito tenaciCondannera a l’ultima ruina.

2363. quando l’ira un popol sferza: in VAr « di un popolo adirato », sottolineato.2368. non posso: in VAr « si possa ».2372. Tosto ... merta: in VAr « Tosto sara sı come d’esser merta ».2377. De ... terrai: in VAr « Le redini terrai de lo tuo stato », sottolineato.2379. dapochi: ‘disonesti, inetti’; in VAr « otiosi », sottolineato.2382. Cato: « con i loro sproloqui; allusione ironica a Catone il Censore, famoso

per il suo stile rettorico, ricco di effetti artistici e animato da una calda passione edall’altezza morale dei suoi concetti » (MANCA).

2383. del suo: in VAr sovrascritto a due termini illeggibili e barrati.2384. Condannera: in VAr « Condannara ». ~ ruina: in VAr « rovina ».

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431LA VITTORIA

FEDERICO

Di cio a parlar teco mi riserbo 2385

Poi che la notte avra suoi lumi accesi,Che di qua frettoloso venir veggoIl sergente maggior de le mie squadre,E turbato, e ferito parmi in vista.

SERGENTE

Pur caduta la gloria in uno istante 2390

Scorgo del mio gran Cesare, e schernitiDa’ popoli da noi stimati imbelliTutti i trofei, tutti i trıonfi nostri;Quei, che sbuffando, et inalzando il colloCon la chioma parean toccar le stelle, 2395

E sin nel quinto giro sfidar Marte,Vedi, avvolte le man’ dietro le spalle,Per fuggir morte altrui farsi soggetti.I piu feroci vidi, e’l credo apena,Percuotere co’l mento il terren duro, 2400

Fatto per loro sangue, e molle, e lordo;E vidi seminato il suol d’usberghi,E per fuggir abbandonar le targhe,L’insegne in terra, e la vittoria vinta.Oh speranze caduche, oh forze frali, 2405

Oh mia forte ventura, ove mi meni?Infausto nuntio d’infelice strage?Come inanzi al mio Augusto comparirePotro? come potro sciogliere in voceGli amari miei sospiri, che raccolti 2410

Han ne gli spirti miei aspri concetti?FEDERICO

Veggo costui rigar l’armi di sangue,E piu percosse ha nel suo volto scritte,E disperatıon ne i detti spira.Che fia? forse costringere ha voluto 2415

Altri al comando suo troppo ritroso,

2391. scherniti: in VAr « divisi ».2397. Vedi: Manca corregge: « Vidi ».2403. le targhe: ‘gli scudi’.2414. E ... spira: in VAr « E nel suo parlar par disperato », sottolineato.

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432 LA VITTORIA

E riportato n’avra oltraggio e danno;O pur voler discorde de i piu grandiHa le mie squadre a civil guerra indotte,Onde ferito sia costui rimaso? 2420

Chiamianlo homai, ch’io pur d’intender bramo,Cio ch’egli porta, e cio che seco parla.

EZZELINO

Ove ne vai Sergente? hor non rimiriL’Imperator? tu l’hai pur qui presente;Perche ferito sei? non parli? e vedi 2425

Augusto mio, che da’ tuoi detti pende?SERGENTE

A le fauci attaccata ho sı la voce,Ch’esprimer non puo il duol, che l’alma preme.Veggo l’Imperator, ma senza squadreMi par d’Imperator scorger un’ombra, 2430

Ne posso riveder con gl’occhi asciuttiQuel, ch’io gia vidi trıonfante e invitto,Hor del forte suo essercito spogliato.

EZZELINO

Ei stesso si spoglio de le sue genti,Co’l suo partir, ma tosto ritornato 2435

Si vestira d’Imperatore il manto.SERGENTE

Ohime, che’l manto suo lasciai pur dianziSquarciato sı, che rivestirsen maiImpossibile stimo, ond’io mi struggo.

FEDERICO

Parla Sergente homai, ne dubbio alcuno 2440

T’ingombri l’alma, ch’io per gli tuoi dettiMi turbi, sı com’io ti veggo afflitto,Che ben puo contra me l’empia Fortuna

2418. de i piu grandi: in VAr sovrascritto a « le mie squadre », barrato.2421. d’intender: in VAr « intender ».2424. l’hai pur qui presente: in VAr « c’hai pur inanzi a gl’occhi ».2427. A le fauci: ‘in gola’.2429-2430. Veggo ... un’ombra: il potere spogliato dei suoi apparati (« squadre »)

e dunque mera apparenza (« un’ombra »).2435. ritornato: in VAr « ritornando » (lezione accolta da Manca).2440-2441. ne dubbio ... l’alma: e formula petrarchesca (Rvf, 10, 12 etc.), anche

in Il Polidoro 157.

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433LA VITTORIA

Tutti scoccar i suoi pungenti strali,Che non penetrera pur un sol colpo 2445

Lo spirto invitto a le terrene lutte.Di’ cio, che d’infortunio han le mie gentiSofferto, o se pur e del tutto corsaLa fama del mio essercito fiorito.

SERGENTE

Siammi, Cesare, l’ossa testimoni 2450

Di quei forti guerrier’, che lo stendardoDifendendo de l’aquila cangiaroCon morte acerba glorıoso nome,Ch’io per restar tra lor, per non venireMessaggio a te di sı funesta impresa, 2455

Spesse volte nel mezo de’ nimiciMi son messo irritando con la spadaIl furor de le lor armi rabbiose;Non piacque, a chi co’l cenno il ciel governa,Ch’io trovassi la morte, che fuggendo 2460

Molti miseramente hanno incontrata.Restai franto, e ferito, e prigionieroMi ritolsi a gli incauti miei nimici,Per proveder, che tu non fossi preso.Tosto, che ritornai con tristo augurio 2465

Per obedirti al campo, lo trovaiTutto in arme, che fuor di Parma uscireNon per badaluccare, o correr campo,Ma con schiere ordinate molta genteSi vedea per due porte: a l’una il nome 2470

Diede il pidocchio, a l’altra i bei palagiChe presso v’hanno quei di San Michele;Da’ miei scudieri fui d’armi lucentiSubito cinto, et indi a rivedereCorsi le squadre, ch’a Vittoria il tergo 2475

Gia dato aveano, e di valor armateStavan per azzuffarsi co’l nimico;Giunto a la fronte, su le mura vidi

2448. corsa: ‘trascorsa, finita’.2468. Non ... campo: « non per fare una scaramuccia o delle esercitazioni mili-

tari » (MANCA).2470-2471. a l’una ... pidocchio: Porta Pidocchiosa.

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434 LA VITTORIA

Un’imagine d’huomo assai maggioreDel commun uso, e se lasciata l’arte 2480

Gia non avesse di formar gigantiNatura, io crederei, ch’un di lor fosse;Questa in pontifical habito sacroBenedisse la gente a noi nimica,E con suono orgoglioso: « Combattete, 2485

Disse, oh intrepidi miei guerrieri eletti.Tosto di lauro cingerete il crine,Lunge sia ogni timor, ch’Hilario e vosco ».Indi nudata la sinistra manoDel pastoral, con l’altra lo riprese, 2490

Et horribile in vista, e minaccioso,Accenno di percuoterci tre volte,Chiamandoci scismatici, et ingiusti.Attonito a tal spettro, e l’uno e l’altroEssercito per poco spatio stette; 2495

Ma cader vidi tosto quel vigore,Che spiravano pria le nostre squadre:Le lance, che le punte a l’inimicoMostravan prima, si guardaro indietro;Io stesso, ch’a la morte dedicato 2500

Avea queste mie membra per servirti,Sentei correr per l’ossa un freddo gelo.Di novo ardor, di valor novo pieneLe Parmigiane squadre si mostraro,E’l general Visdomini i cavalli 2505

Sant’Hilario iterando inanzi spinse,

2488. ch’Hilario e vosco: « si tratta di Sant’Ilario, vescovo di Poitiers, santoprotettore di Parma, il quale non intervenne in questa battaglia. In realta il vescovometropolitano Obizzone Sanvitale marcio quel giorno con i Parmensi. E stato sug-gerito che la fantasia popolare abbia creato una leggenda sostituendo il nome delsanto a quello di Obizzone o del legato pontificio Gregorio Montelungo » (MANCA).Guercio, non a torto, parla di « un energico primo piano », e di « insegne clericalisfolgoranti sul caos della mischia, a decidere le sorti della battaglia » poiche la« battaglia di Vittoria si risolve, soprattutto, in una vicenda di simboli » (La tragedia« Vittoria » di Pomponio Torelli, pp. 236-237).

2502. Sentei: Manca corregge: « Sentii ». ~ Sentei: vd. sopra la nota al v. 331.2505. general Visdomini: « Filippo Visdomini fu uno dei maggiori responsabili

della vittoria di Parma sulle truppe imperiali » (MANCA).2506. Sant’Hilario iterando: « mentre sant’Ilario rinnovava l’esortazione agli al-

leati guelfi e la maledizione ai nemici ghibellini » (MANCA).

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435LA VITTORIA

Nel punto stesso co’l soccorso urtocciL’Estense, e s’attaccaron co’ TedeschiStrette insieme le fila de i pedoni;Agghiacciate, e torpenti quelle destre 2510

Alhor vidi io, che da’ ribelli tuoiGia riportar vittorıose palme.Da dense nubi folgori sospinteParevan sopra noi l’aspre quadrella,Quando scoccavan le balestre hostili; 2515

Sembrar ne le tue schiere leon’ fieri,Cui tra gli armenti avida fame caccia,I Guelfi, che per mezo le battaglieRapiva tra lungh’haste, e corti ferri,Un fervente desio di vendicarsi. 2520

Ne horribilmente sı gonfio di pioggiaUrta co’l corno rapido torrente,E le liete raccolte, e i verdi boschi,E le capanne in un confonde, e volge,E dove verdeggiavano l’herbette, 2525

Lascia di ghiara biancheggiante il suolo,Come e cimieri e ricche sopraveste,E l’arme inargentate, e i fregi d’oroIn un momento una ruina involse:In brutta fuga il signoril sembiante 2530

Del campo tuo coperse horrida strage.

2508. Estense: « Azzo VII d’Este, vincitore di Salinguerra a Ferrara nel 1240,diede inizio all’influenza della sua famiglia sul comune ferrarese. Quel giorno storicofu uno dei capi delle truppe guelfe che distrussero Vittoria » (MANCA). ~ co’: lastampa: « con ».

2510. torpenti quelle destre: ‘inerti’, come in DANTE, Par. 29, 19 (« Ne primaquasi torpente si giacque »), ma cfr. anche Il Polidoro 1007 (« Al maggior uopo poi ladestra torpe? »).

2512. ... palme: la scena riuscı imponente a Benedetto Croce: « non e senzagrandiosita la descrizione della battaglia di Parma e della rotta delle schiere imperialiper l’apparizione di sant’Ilario, in abito pontificale, che incuora i suoi e incutesmarrimento nei nemici » (Poesia popolare e poesia d’arte, Bari, Laterza, 1933, p.336).

2522. corno: ‘corrente’, come in PETRARCA, Rvf 180, 12, in riferimento allerappresentazioni mitologiche delle divinita fluviali fornite di corna taurine, per cuicfr. VIRGILIO, Georg. 4, 37137-2 (« et gemina auratus taurino cornua vultu | Erida-nus »).

2527. sopraveste: « cotte d’armi, vesti che si mettono sopra le armature »(MANCA).

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436 LA VITTORIA

Pochi, che intorno a lo stendardo unitiPur cercavam con ostinata provaDa le mani sottrarlo de i nimici,O morti, o presi fummo, e’l Regio Augello 2535

Cadde a terra tarpato i negri vanni.Io da Rinaldo, di cui fui prigioneCombattendo su’l fiume de la Brenta,Preso di novo, e conosciuto fui;Cortese ei mi raccolse, e mi promise 2540

Di liberarmi, e dar cavalli, et armi,Pur che di Federico Imperatore,O d’Ezzelino gli mostrassi l’orme.Dissi, che l’uno e l’altro erano assenti,Ma s’ei credesse a me, farei imboscare 2545

In parte le sue genti, ch’ambedueDarıan quasi due merli entro la ragna;Allor fasciar mi fece le feriteDa un suo barbiere, e presentar da un paggioUn feroce corsier sopra’l qual giunsi, 2550

Tanto lungi di qua, quanto teso arcoDa balestra avventar lo stral potria,Ch’ivi sotto mi cadde in un momento,E ve’l lasciai dal troppo corso estinto.Mentr’ei le genti a depredar intenti 2555

Con sollecito studio insieme aduna,Io mi volsi a Vittoria, e su la torreVidi una Donna piu che’l sol lucente,Avvolta in drappo piu che neve bianco,Svellerne la bandiera, e lacerare 2560

L’augel, che in campo d’or due teste spiega;E tosto de’ nimici, e mura, e torriVidi ripiene, e date in preda al focoQuanti dentro vi fur palagi, e case.

2543. l’orme: ossia il luogo del loro rifugio.2545. imboscare: ‘nascondere nel bosco’.2561. L’augel ... spiega: Guercio, che vi riconosce « un linguaggio abituale nella

trattatistica cattolica », ricorda un passo dal Trattato della Religione, e Virtuti chedeve aver il Principe Christiano (Brescia, Compagnia Bresciana, 1599, ed. or. 1595) diP. de RIBADENEYRA (I, XXXV): « la Croce di Christo sopravanza et eccede l’Aquileimperiali » (La tragedia « Vittoria » di Pomponio Torelli, p. 237).

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437LA VITTORIA

Io rispinsi le lagrime, ch’a gl’occhi 2565

Ratte correan, per isfogar il core.E ridente a Rinaldo mi mostrai,Che vicino di qui presso sei migliaTra le selve m’attende, ove s’inalzaSopra l’Enza una riva emula a i colli. 2570

Io lo lasciai, che ricondurti al campoPer lo stesso camino gli promisiDa ogni pensier di rotta assai lontano;Con mentir, che per gara tra i TedeschiE gli Italici nata, ond’io ferito 2575

Era rimaso, correa rischio grandeL’essercito de l’ultima ruina,Se con la tua presenza non frenaviIl furor, che sen gıa libero, e sciolto.Dissi, ch’inanzi notte io mi credeva, 2580

Che tu con Ezzelino, et altri pochiTen varcheresti per la selva al campo.Hor tu a lo scampo tuo, Signor mio, intendi,Ch’io per seguirti son, sin che lo spirtoRegger potra queste mie stanche membra. 2585

FEDERICO

Dolgomi de la sorte de l’Impero,E cangerei la mia con quelle spoglie,Che lasciar l’alme valorose, e forti,Per rivestirsi di purpureo honore.Di me stesso non ho onde mi doglia, 2590

E giustamente son da gl’inimiciVinto, e beffato; poi ch’a morte offersi,Troppo credulo e incauto, un grand’amico.Et hor di quel, che disse, mi sovieneMichel Scoto partendo, e pur allhora 2595

Fu da me preso in gioco, ch’io soggetto

2566. Ratte ... core: si noti la precisione della descrizione (le lacrime comereazione secondaria all’emozione primaria provata dal corpo); cfr. Merope 12-13(« Ma pur col pianto, anzi ch’a morte io venga, | Sfogar mi giova il mio gravemartire »).

2573. rotta: ‘sconfitta’.2574. gara: ‘rivalita’.2585. Regger ... membra: verso identico in Il Polidoro 262 (vd. anche i rimandi

alla nota dell’ed. Guercio 1990, p. 73).

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438 LA VITTORIA

Era al danno del piu picciolo, e vileAnimal, che da l’huomo a schivo s’abbia:Allhor vols’egli denotar la porta,Ond’io ricevut’ho sı grand’oltraggio. 2600

EZZELINO

Vincere, et esser vinto e quella ruotaChe sempre gira ne la guerra Marte;Ne con ragion stimar vinto ti dei,Poi che fosti lontano dal conflitto,E poca gloria a l’inimico porta, 2605

Un essercito rotto senza Duce;Che talhor si puo oppor’a molte schiereUn sol, che faccia ben combatter molti.Ma sia che puo: servar si deve il capo,Che si potran poi ristaurar le membra. 2610

Montiam tosto a cavallo, e quella viaSuperiam che conduce in val di Magra,Ivi da quel Marchese che fu sempreE devoto, e fedele a la corona,Et egualmente e liberale, e forte, 2615

E sostegno, e conforto trovar puoi;Ne molto lunge avrai Genoa amica,E’ Luchesi vicini, e i bellicosiPisani, onde potrai tosto d’aiutoSovenuto di genti, e di denari 2620

Rinovar le gia mal perdute squadre.E qual serpe deposto il vecchio manto

2599. denotar: ‘chiamare’ (ossia Porta Pidocchiosa, cui si e alluso gia sopra ai vv.2470-1).

2611-2616. Montiam ... trovar puoi: non cosı storicamente, pero, come riferisceBARILLI, La tragedia « Vittoria » (1961), p. 180: « se in quel memorabile 18 febbraiodel 1248, in cui l’impero ricevette una cosı fiera percossa, Federigo e il suo seguito sifossero davvero trovati ad oriente della citta nemica, mentre l’esercito aveva glialloggiamenti in Vittoria, che ne era situata ad occidente, essi avrebbero corso ilgravissimo pericolo d’esser tagliati fuori e fatti prigionieri dai Guelfi, che si trova-vano in mezzo. Il Torelli stesso si accorse di questo pericolo, e nell’ultima scena,invece di dire che l’Imperatore si ritiro a Borgo S. Donnino e di la a Cremona, comenarra la storia, lo fa scappare, attraverso gli Appennini, in Lunigiana, presso ilmarchese Malaspina ».

2613. Marchese: « si tratta di Corrado Malaspina, l’‘antico’, capostipite dei Ma-laspina di Mulazzo o dello Spino Secco, il nonno di Corrado del c. VIII del Purga-torio » (MANCA).

2620. Sovenuto: ‘aiutato, soccorso’.

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439LA VITTORIA

Cinto d’aurate, e verdeggianti scaglie,Vibrar tre lingue, e minacciar di morte.Tu Sergente, porrai a’ passi stretti 2625

Guardie di Saraceni, onde sicuraAl tuo Signor la ritirata rendi.

FEDERICO

Cedasi a la fortuna, e ne gl’avversiSuccessi riserviam l’animo saldo,E riservianci a piu benigna sorte. 2630

ASDENTE

Quel denso, oscuro nembo, che dal senoLampi scuotendo, e piu d’un grave tuono,Grandine minacciava a’ nostri campi,Dal vıolento fiato d’AquiloneSpinto, e sparito e si discuopre il cielo 2635

Piu che mai fosse a noi chiaro e sereno.UBERTO

Stupisco, e d’atre cure il cor m’ingombraPeso molesto, ch’io tra gli nimiciPur mi veggo anco involto, et insolentiPer la vittoria temo anco trovargli, 2640

Tal che, fuggendo Scilla, urto in Cariddi.ASDENTE

Questa lor tracotanza a te commetteIl governo di quelle amene piagge,Ch’irrigano Baganza, e l’Enza e Taro;Che fastidito il popolo de’ Guelfi, 2645

Scuotera tosto il lor superbo giogoEt in tua mano riporra lo scettro.Ritrar accortamente hor ti convieneTra’ Cremonesi tuoi, e le castellaMunir del lor presidio, ivi aspettando 2650

La sorte, che t’e gia dal ciel prefissa:Che in Cremona vedrai tosto venireNon minaccioso gia Cesare Augusto,

2642-2647. Questa ... scettro: « La predizione di Asdente corrisponde alla rivin-cita di Uberto contro Parma nel 1250 » (MANCA).

2642. commette: ‘affida’.2645. fastidito: ossia ‘infastidito’.

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440 LA VITTORIA

Ma supplicante, e verso noi benigno.E voi, che qua da le Trinacrie sponde 2655

Ballestro la Fortuna, trovereteIl vostro Re seder pensoso a l’ombraDi secca Spina; ivi cortese, e pioRivolgerassi a le domande vostre,Indi vi spedira, che fredda tema 2660

De la vostra Sicilia non l’assolveChe per la morte di Pier da le VigneCon questo novo moto ella non crolli.

CHORO

Cio che nel mondo e piu sublime, volveChi move il ciel co’l ciglio, 2665

Come vento qua giu l’arida polve.Cangia, cangia consiglioAlma; che la tua via non e sicura,Se poni ogni tua spene,In acquistar un bene 2670

Di cui l’acquisto fa nascer paura.Ergi il desire a Dio, in Dio t’interna,Ove sommo e il piacer, la gloria eterna.

IL FINE.

2656. Ballestro: ‘scaglio, scaravento’.2658. secca Spina: vd. sopra alla nota ai vv. 2613-2615.2664-2673. CHORO: madrigale con schema AbAbCddCEE.2665. Chi ... ciglio: anche in Il Polidoro 726, ove Guercio rimanda opportuna-

mente a ORAZIO, Carm. III, 1, 6-8 e PETRARCA, Rvf 363, 12-13 e Tr. Æt. 55.2672. t’interna: ‘addentrati, diventa tutt’uno’, ma vd. anche Galatea 581 (« Tal

mal spesso s’inaspra, e piu s’interna »).

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441NOTA AL TESTO

Nota al testo

Della Vittoria esiste una sola edizione a stampa, quella del 1603, che To-relli, nell’anno della pubblicazione ancora vivo e risiedente nel suo ducatodi Montechiarugolo, probabilmente sorveglio direttamente. Utilizzo pero ilframmento manoscritto autografo che ci e rimasto per emendare il testo inun caso solo, dove la lezione a stampa e scorretta; in sede di commentoindico invece le varianti del codice rispetto alla stampa.

V

FrontespizioLA | VITTORIA | TRAGEDIA | DI POMPONIO | TORELLI, |

Conte di Montechiarugolo | Nell’Academia de’ Sig. INNOMINATI di Parma| il PERDVTO. | CON PRIVILEGIO. || [marca editoriale] || In Parma, nellaStamperia di Erasmo Viotti. | MDCV | Con licenza de’ Superiori

DescrizioneStampa in 4o; [vi]+103 pp.; carattere corsivo ad eccezione della dedica;

capolettera istoriato all’inizio del Prologo. Lettera dedicatoria ai « SignoriAccademici Ricoverati di Padoa ».

Colophon:IN PARMA, Per Erasmo Viotti. | MDCV.

Esemplare utilizzatoParma, Biblioteca Nazionale Palatina, con segnatura PAL 9408.

VAr

EsemplareParma, Archivio di Stato, Fondo Torelli, busta 21, serie V (Manoscritti

letterari di Pomponio Torelli. Tragedie), fascicolo 4.

DescrizioneFascicolo manoscritto cartaceo, autografo, di 8 cc., vergate su entrambi

i lati; la parte mancante corrisponde ai vv. 2038-2439 (ossia alle pp. 79-94della stampa); non vi sono indicazioni sulla datazione.

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442 LA VITTORIA

Correzioni

391. che] chi417. sorgendo] soggendo532. tutti] tutte552. gli] li611. Nascono] Nascano716. Vıolento] Violente855. Oppressi] Oppresse1290. spende] spendo1331. lo] la1372. troppa] troppo1533. quel] quei1534. potresti] potressi1543. Potran] Porran1652. suo] tuo1656. suo] tuo1765. lettera] leteera1881. usi] uso1966. diessi] di essi1999. verron] veron2173. VAr transfuga] trasfuga2318. Vorran] Verran2340. co’] con2513. sospinte] sospinti2644. Enza] Lenza

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456 IL POLIDORO

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OPERE DI POMPONIO TORELLI

Volume I.Poesie con il Trattato della poesia lirica

Rinaldo Rinaldi, La ricerca del Perduto. Pomponio Torellialla conquista di uno stile

Rime, a cura di Nicola Catelli

Scherzi, a cura di Andrea Torre

Rime extravaganti, a cura di Nicola Catelli

Carminum libri sex, scelta antologica e traduzionea cura di Alessandro Bianchi

Trattato della poesia lirica, a cura di Gianluca Genovese

Volume II.Teatro

Vincenzo Guercio, Dalla Merope al Polidoro: sulla storiadel tragico torelliano

Merope, a cura di Vincenzo Guercio

Tancredi, a cura di Vincenzo Guercio

Galatea, a cura di Alessandro Bianchi

Vittoria, a cura di Stefano Tomassini

Polidoro, a cura di Vincenzo Guercio

Volume III.Prose

(uscita prevista nel 2010)

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Fotocomposizione Editype s.r.l.Agrate Brianza (Milano)

Finito di stamparenel mese di ottobre 2009

per conto della Ugo Guanda S.p.A.da Reggiani S.p.A.

Brezzo di Bedero (VA)Printed in Italy

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