POLITECNICO DI MILANO Facoltà di ingegneria industriale e dell’informazione Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Gestionale ANALISI TRAMITE SIMULAZIONE DEL SISTEMA KANBAN IN UNA SUPPLY CHAIN MULTIPRODOTTO Relatore: Prof. Alberto Portioli Staudacher Tesi di Laurea di: Monti Luca Matr. n. 820664 Pedraglio Paolo Matr. n. 820618 Anno Accademico 2015-2016
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POLITECNICO DI MILANO
Facoltà di ingegneria industriale e dell’informazione
Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria Gestionale
2000 Extended kanban Control System (EKCS) 3(PP, DC,LI)
2000
Simultaneous Extended kanban Control System
(SEKCS)
3(PP, DC,LI)
2000
Independent Extended kanban Control System
(IEKCS)
3(PP, DC,LI)
2001 Adaptive kanban 3(PP, DC,LI)
2003 Reconfigurable kanban System (RKS) 3(PP, DC,US)
2003 Inventory Based System
3(DC, LI,US)
1988 Fake Pull Control System (FPCS) 0
1991 Hybrid Push/Pull 2(PP, LI)
1997 Bar-Coding kanban 1(LI)
1998 CPM kanban System 1(PP)
1999 MRP/ sfx-Shop Floor Extension 1(LI)
2000 Virtual kanban (VK) 2(LI, US)
2001 Customized Type 5 2(DC, LI)
2001 Customized Type 10 2(DC, LI)
2002 Gated Max WIP 1(LI)
Tabella 1:Classificazione dei sistemi Kanban (Adatt. da Muris L., Moacir G. 2010)
Gli autori classificano le varianti identificate anche secondo altri criteri come vantaggi,
svantaggi e differenze operative rispetto al sistema kanban tradizionale, che in questo
contesto non riportiamo.
È invece utile fare una breve panoramica sui vari adattamenti individuati da Muris e
Moacir. Gli autori identificano quali sono le varianti che seguono più fedelmente il
sistema originale, descritte brevemente di seguito:
Adaptive kanban, proposto da Tardif e Maaseidvaag (2001) è stato sviluppato come
lieve alternativa al sistema originale in ambienti con domanda instabile; questo sistema
determina quando e come i segnali dovrebbero essere rilasciati in funzione del livello di
scorte e degli ordini in arrivo.
Auto-adaptive kanban, proposto da Chaudhury e Whinston (1990), ha una struttura
simile al sistema kanban tradizionale ma è auto-aggiustabile in base alle condizioni dei
prodotti e della domanda, grazie a tecnologie come il Computer Aided Manufacturing
(CAM) e il Computer Integrated Manufac turing (CIM).
Concurrent ordering system è stato sviluppato da Izumi e Takahashi (1993); la sua
peculiarità è che il rilascio degli ordini di produzione e movimentazione in ogni stadio
avviene simultaneamente una volta che è stata soddisfatta la domanda finale con le
scorte di prodotto finito. In questo modo si evitano interruzioni di trasferimento ordini
in caso di mancanza di scorte tra gli stadi.
Decentralized Reactive kanban (DRK), sviluppato da Takahashi and Nakamura (1999),
punta a controllare le scorte di ogni stadio indipendentemente, con lo scopo di
abbassare il livello di wip e il tempo necessario a completare un ordine.
Dynamically adjusting kanban, proposto da Rees et al. (1987), adotta un adattamento
dinamico nel numero di segnali, fattore importante in ambienti poco stabili.
E-kanban sostituisce sempicemente il segnale fisico con uno elettronico, utile
soprattutto quando il flusso produttivo da controllare e coordinare comprende più
organizzazioni.
Extended kanban Control System (EKCS), proposto da Dallery e Liberopoulos (2000),
cerca di bilanciare basso livello di wip e reattività, dividendo la domanda di prodotti finiti
in tutti gli stadi e trasferendola immediatamente ai rispettivi processi.
Flexible kanban System (FKS), sviluppato da Gupta e Al-Turki (1997), usa un algoritmo
per manipulare dinamicamente i numeri di segnali per compensare il bloccaggio dovuto
a incertezza di domanda e di tempo di processo.
Generalized kanban Control System (GKCS) è stato proposto da Buzacott (1989) e
Zipkin (1989). La differenza maggiore è che i segnali e gli ordini sono gestiti
separatamente.
Generic kanban System (GKS) creato nel 1994 da Chang e Yih (1994a) per utilizzare
isstemi JIT in ambienti produttivi non-ripetitivi. I segnali sono appunto generici, non
riferiti a un particolare componente.
Inventory based system, proposto da Takahashi (2003), è un’alternativa per ambienti
instabili in cui il livello di scorte è monitorato per individuare fluttuazioni e quindi
cambiare il numero di segnali.
Job-shop kanban adatta il sistema kanban a un contesto job-shop (bassi volumi e alta
varietà): i segnali non sono associati a un prodotto ma a un’operazione che può essere
svolta con diverse macchine.
Minimal blocking, proposto da So and Pinault (1988), punta a stimare una quantità
massima di buffer per compensare le variazioni di tempo di processo, i fermi macchina e
le fluttuazioni della domanda per garantire un adeguato livello di servizio
Modified concurrent ordering system, è stato sviluppato in 1996 da Takahashi,
Nakamura and Ohashi. Rispetto al concurrent ordering system esplicato
precedentemente, i rilasci degli ordini non dipendono dalla scorte presenti allo stadio
finale, ma solo dalla domanda finale.
Modified kanban System (MKS) divide le operations in gruppi e crea un limite di wip per
ognuno di essi grazie all’uso di segnali.
Periodic Pull System (PPS) è stato sviluppato come modello teorico da Kim (1985) e,
nonostante il nome, ha delle caratteristiche di un sistema push. Inoltre propone l’uso di
sistemi computerizzati per ridurre il tempo di processamento dell’informazione.
Push–Pull Approach (PPA), proposto da Huang e Kusiak (1998), è il risultato dello sforzo
di inserire il sistema kanban in sistemi produttivi molto diversi. Può avere configurazioni
molto diverse e risulta efficace in ambienti complessi e variabili.
Reconfigurable kanban System (RKS), sviluppato da Mohanty et al. (2003), punta ad
abbassare il livello di scorte aumentando la reattività, riconfigurando il numero totale di
kanban in base alla differenza tra la domanda e il ritmo produttivo per ogni item.
Regenerative Pull Control System (RPCS), proposta da Seidmann (1988), è un
sistema automatizzato che controlla il livello di wip in un’ambiente produttivo a celle.
Simultaneous Extended kanban Control System (SEKCS) e Independent Extended
kanban Control System (IEKCS), sviluppati da Chaouiya et al. (2000), sono una
generalizzazione del sistema EKCS. La differenza tra i due sta nell’istante in cui le parti
sono trasferite all’assemblaggio: nel primo il trasferimento avviene quando l’operazione
può iniziare, nel secondo ogni qual volta il segnale è disponibile.
Le varianti che, a parere di Muris e Moacir, non seguono la logica del sistema kanban
originale sono velocemente riportate di seguito:
Bar-coding kanban è stato proposto da Landry et al. (1997). Questo sistema utilizza
contemporaneamente il sistema MRP (material requirement planning) e cartellini basati
sulla tecnologiabarcode. L’unica caratteristica mantenuta rispetto al sistema kanban è il
livello limitato di WIP durante ogni periodo.
CPM kanban System, presentato da Abdul-Nour et al. (1998), è un approccio volto a
implementare il JIT in piccole organizzazioni produttive. CPM sta per Critical Path
Method, il sistema kanban è usato tra lo stadio produttivo e l’assemblaggio finale.
Customized Type 5 and Customized Type 10 systems sono un importante contributo di
Gaury, Kleijnen, and Pierreva (Gaury et al.,2001) volto a customizzare i sistemi pull
attraverso un metodo che riprende alcune delle caratteristiche dei sistemi kanban.
Fake Pull Control System (FPCS) è un sistema kanban che permette l’adozione della
logica push quando le classiche condizioni per l’utilizzo dei kanban non sono
appropriate.
Gated MaxWIP è una variazione del sistema kanban che blocca il flusso di materiali una
volta che il WIP raggiunge un certo livello. Tutti gli stadi sono gestiti push a parte il primo
(Gate) che lavorando in ottica pull può bloccare l’entrata di materiale nel sistema
produttivo.
Hybrid push/pull è stato sviluppato da Hodgson and Wang (1991a, b). Questo sistema
è basato sull’integrazione di strategie pull e push.
MRP/sfx-Shop Floor Extension, proposto da Nagendra and Das (1999), integra il
sistema kanban per l’esecuzione nello shop floor e il sistema MRP per la pianificazione
delle attività.
Virtual kanban (VK) è un adattameno proposto da Takeda et al. (2000) che può essere
applicato a un sistema multi-stage con prodotti molto personalizzati. La caratteristica
peculiare è il trasferimento di segnali nei processi a monte che rappresentano il collo di
bottiglia del processo. Quando avviene un fermo macchina o mancanza di materiali,
nessun segnale viene inviato.
Tra i 32 adattamenti analizzati, il 72% segue la logica del sistema originale, di cui solo il
26% è stato implementato in un reale sistema produttivo mentre la rimanente parte è
stata sviluppata tramite modelli matematici e simulazioni; le varianti che non seguono la
logica originale sono in minor numero, ma di questi una percentuale maggiore ha
implicazioni pratiche: questo significa che mantenere fedelmente le caratteristiche del
sistema kanban in sistemi complessi è molto difficoltoso.
I sistemi PPS, RPCS, job-shop kanban, MKS, auto-adaptive kanban, MRP/sfx, and VK sono
quelli che hanno dimostrato essere maggiormente efficaci negli maggior parte degli
attuali ambienti competitivi, caratterizzati da domanda instabile, variabilità dei tempi di
processo, complesso flusso di materiali e grande varietà di prodotti.
3.4.2 Numero e dimensionamento dei kanban
I ricercatori hanno svolto numerosi studi con l’obiettivo di valutare le performance
dell’impresa o della supply chain in seguito all’introduzione del sistema kanban, in
relazione a diversi fattori influenti o in comparazione con altre metodologie di controllo
e pianificazione.
La maggior parte degli studi sono relativi al numero di kanban da utilizzare. Molti autori
concordano con la formula proposta da Toyota:
dove è il numero di kanban, è la domanda media giornaliera, è il
tempo di attesa, è il tempo di processo per contenitore, è il fattore di sicurezza e
è la dimensione del contenitore.
Altri invece hanno sviluppato modelli matematici e di simulazione con lo scopo di
individuare il numero e il dimensionamento ottimali dei kanban o l’impatto di una loro
variazione sulle performance del sistema.
Berkley (Berkley,1996) ha sviluppato un modello di simulazione per identificare il
numero minimo di kanban in un sistema che lavora a due cartellini: il valore ottimo è in
funzione del trade-off tra il costo di movimentazione del materiale e il beneficio della
riduzione del WIP.
Yavuz e Satir (Yavuz, Satir,1995) hanno dimostrato che, al diminuire del
dimensionamento dei kanban (cioè il numero di pezzi per contenitore) le performance
migliorano in termini di livello di scorte e di tempo di attraversamento ma peggiorano in
termini di fill rate (percentuale di domanda soddisfatta).
Ohno et al. (Ohno, Nakashima, Kojima,1995) hanno mostrato il valore di kanban che
permettono diraggiungere il costo medio più basso bilanciando i costi di ordine e i
backlogg.
Wang e Sarker (Wang , Sarker,2004) hanno creato, per una supply chain multi-stadio, un
modello di programmazione non lineare mista-intera, la cui funzione obiettivo è la
somma dei costi di materie prime, work in process e prodotti finiti, e le cui variabili
decisionali sono il numero di kanban, la loro dimensione e la quantità prodotta in un
periodo. La soluzione è ottenuta attraverso l’algoritmo Branch and Bound (B&B).
Rabbani et al. (Rabbani, Layegh, Ebrahim,2008) riprendono il modello creato da Wang e
Sarker e lo risolvono grazie a un algoritmo euristico, l’algoritmo memetico, che ha il
vantaggio di impiegare molto meno tempo computazionale rispetto al B&B garantendo
una soluzione molto vicina a quella ottima.
Chan (Chan,1999) ha effettuato uno studio di simulazione per valutare l’impatto del
dimensionamento dei kanban, cioè il numero di pezzi nel contenitore a cui è associato
un kanban, in tre diverse situazioni: sistema pull mono-prodotto, sistema ibrido mono-
prodotto e sistema ibrido multi prodotto. Nel sistema ibrido la domanda allo stadio
finale attiva la produzione di quello iniziale, ma da questo punto il flusso di materiali è
gestito in ottica push. Le misure di performance analizzate sono il manufacturing lead
time (tempo intercorrente tra l’ordine del cliente e il suo completamento), il fill rate
(percentuale di domanda soddisfatta) e l’in-process inventory (numero totale di WIP).
Per quanto riguarda la situazione pull mono-prodotto, l’autore scopre che all’aumentare
della dimensione dei kanban, il fill rate diminuisce (il tempo di processo aumenta nel
produrre un lotto più grande e quindi è più probabile che non venga completato),
aumenta l’inventory (un lotto più grande porta ad avere più WIP nel sistema) ed
aumenta di conseguenza il lead time.
Nella situazione ibrida mono-prodotto si ottengono andamenti uguali al caso pull, anche
se le performance sono peggiori.
Nell’ultimo caso entrano in gioco i tempi di set-up; all’aumentare della dimensione dei
kanban il fill rate aumenta con un andamento a saturazione (all’aumentare del lotto il
tempo di set-up diventa sempre meno influente e aumenta il tempo attivo di
produzione), l’inventory aumenta e il lead time diminuisce (meno tempo è sprecato per
effetture set-up).
Da queste considerazioni si può individuare, via simulazione, il dimensionamento
ottimale dei kanban.
Hou e Hu (Hou,Hu,2010) identificano il numero e la dimensione ottimali di kanban in un
sistema JIT. Gli autori partono del presupposto che il numero di kanban, cioè il livello di
WIP, e la dimensione degli stessi, cioè il numero di pezzi per contenitore, sono due
parametri che influenzano fortemente le performance del sistema. Inoltre, essendoci un
trade-off tra i due (all’aumentare del primo diminuisce il secondo), essi vanno
identificati simultaneamente.
Innanzitutto gli autori trovano, tramite simulazione, la relazione lineare tra il numero (k)
e la dimensione dei kanban (B) e due misure di performance: il throughput rate (TR) ,
cioè il rapporto tra i pezzi finiti e il tempo totale di produzione, e il work in process
(WIP).
Ognuna di queste due misure è quindi in funzione di k e B.
La soluzione identificata è quella di utilizzare un algoritmo genetico multi-obiettivo
(MOGA) in quanto quello proposto è un problema multi-obiettivo in cui il TR va
massimizzato e il WIP minimizzato.
I “cromosomi” iniziali dell’algoritmo sono creati generando casualmente valori di k e B,
che producono a loro volta diversi valori di performance TR e WIP. Sulle soluzioni che
danno risultati migliori (in particolare sfruttando l’equazione di Pareto per trovare le
soluzioni non-dominate) vengono effettuate operazioni di “mutazione” e “cross-over”,
modificando i valori iniziali di k e B e generando “cromosomi” figli ancora più
performanti. Iterando l’algoritmo per un numero di volte sufficiente si trovano i valori di
k e B ottimali.
3.4.3 Approcci alternativi di PPC
il sistema kanban è solo uno dei tanti approcci di controllo e pianificazione della
produzione (PPC) esistenti. Le principali funzioni di un sistema PPC includono la
pianificazione della richiesta di materiali, la gestione della domanda, la pianificazione
della capacità e l’identificazione della sequenza produttiva. Gli obiettivi di questi sistemi
sono la riduzione del WIP, la minimizzazione del throughput time (tempo di
attraversamento), l’aumento di flessibilità e reattività ai cambiamenti nella domanda e
l’accorciamento dei tempi di consegna.
Molti studi sono stati effettuati per valutare le performance del sistema comparando i
diversi approcci di PPC, i principali dei quali sono descritti di seguito:
Material requirement planning (MRP). I sistemi MRP e la loro evoluzione MRP 2
(manufacturing resource planning) sono approcci opposti al sistema kanban in quanto
lavorano in ottica push e non pull. La pianificazione della produzione è effettuata
tramite previsioni di domanda e la conseguente esplosione della BOL (bill of materials),
con lo scopo di diminuire le scorte e migliorare il livello di servizio per il cliente. Tuttavia
il sistema MRP non è esente da forti problematiche: i piani di produzione non sono
sempre fattibili; la forzata ipotesi di lead times fissi porta alla produzione anticipata di
molti prodotti, con conseguente creazione di WIP; errori nella previsione della domanda
rende molto inefficiente il sistema.
Il metodo kanban, d’altro canto, ha dimostrato di portare notevoli benefici ma non è
applicabile in situazioni di forte instabilità della domanda, alta varietà di prodotti e
gamma particolarmente customizzata: in questi casi comporta aumento di WIP e
inefficienze generali.
Krishnamurthy et al.( Krishnamurthy, Suri, Vernon,2004) hanno dimostrato la
superiorità del metodo MRP rispetto al kanban in un sistema multi-stadio e multi-
prodotto sotto alcune condizioni di product mix;
Theory of constraints (TOC). La teoria dei vincoli è stata proposta da Eliyau Goldratt nei
suoi famosi libri “The goal”, “The theory of constraints” e “Critical Chain”. Si tratta
essenzialmente di una filosofia e di un insieme di tecniche che partono dal presupposto
che in qualsiasi sistema/organizzazione esistono pochi fattori significanti che ostacolano
il raggiungimento dell’obiettivo, cioè dei vincoli. Sui vincoli va posta particolare
attenzione.
Nel mondo della produzione il vincolo molto spesso è costituito da un macchinario che
rappresenta il collo di bottiglia del sistema. Le performance del sistema complessivo
dipendono dalle performance del collo di bottiglia, così come la resistenza di una catena
è dettata dalla resistenza dell’anello più debole. Il focus va quindi posto sull’anello
debole perché migliorare gli anelli forti non porta alcun vantaggio al sistema, anzi lo
deteriora: accrescere la produttività di una macchina che non rappresenta un vincolo
non migliora il sistema.
La teoria dei vincoli propone 5 punti:
1. Identificare il vincolo del sistema;
2. Decidere come sfruttare il vincolo: fare in modo che il vincolo sia sempre
occupato, minimizzare i tempi di attesa per il vincolo, eliminare gli sprechi,
assicurarsi che il vincolo lavori sempre sulle massime priorità;
3. Subordinare tutte le decisioni al vincolo: la fase a monte deve lavorare per
garantirgli sempre lavoro creando un piccolo buffer in ingresso ma senza
aumentare troppo il WIP , quella a valle non deve sprecare nulla di ciò che il
vincolo produce, le due fasi non devono lavorare troppo velocemente o troppo
lentamente, ma al ritmo del vincolo;
4. “Elevare” il vincolo: migliorare il vincolo, ad esempio accrescendone la capacità
produttiva
5. Ripetere il procedimento: se il vincolo è stato eliminato, trovarne un altro, in un
ottica di miglioramento continuo.
La tecnica di PPC utilizzata dalla TOC in ambito produttivo è chiamata drum-buffer-rope,
dove il drum è il vincolo in quanto decide il ritmo del sistema, il buffer è il corretto livello
di WIP in entrata al vincolo per saturarne la capacità e i ropes sono le corde a monte e a
valle del vincolo che decidono rispettivamente quando ordinare le materie prime e
quando far lavorare il vincolo per soddisfare la richiesta di mercato.
La TOC è vista da molti studiosi come complementare alla lean production e
particolarmente applicabile in sistemi produttivi job-shop;
Constant work in process (CONWIP). Il CONWIP è essenzialmente una forma
generalizzata del sistema kanban in quanto si basa sul rilascio di segnali per autorizzare
la produzione. Ma mentre nel sistema kanban ogni cartellino è associato a una specifica
parte, nel CONWIP è associato a un qualunque job da lavorare, di quantità fissata. I
cartellini vengono associati a un job specifico all’inizio della linea; quando il lotto esce
dal sistema, il relativo cartellino viene staccato e successivamente associato al job più
urgente presente in una coda di backlog. In pratica il rilascio del cartellino assicura che la
capacità del sistema è disponibile. A questo punto il lotto viene gestito in ottica push
fino al termine della linea. La gestione della sequenza di backlog è responsabilità del
processo di pianificazione della produzione, non è automatizzata come nel sistema
kanban.
Il numero di cartellini identifica il massimo livello di WIP nel sistema, in ottica di
bilanciamento del flusso e riduzione dei lead times.
Spearman et al. (Spearman, Woodruff, Hopp,1990) asseriscono che il CONWIP offre
prestazioni migliori rispetto al sistema kanban, in quanto è applicabile a un maggior
numero di ambienti produttivi: nel caso in cui la gamma sia molto alta, il sistema kanban
necessita di cartellini specifici per ogni parte, con conseguente aumento del WIP; in
impianti con tempi di set-up ingenti, il sistema kanban non può funzionare, mentre il
CONWIP gestisce i set-up tramite la pianificazione della sequenza di backlog; infine il
CONWIP garantisce un throughput maggiore perché satura maggiormente il collo di
bottiglia del sistema.
Anche Pettersen (Pettersen, Segerstedt,2008) dimostrano tramite simulazione un
miglioramento di performance rispetto al sistema kanban, in termini di livello di WIP e di
throughput rate, ma individuano anche la difficoltà di settare i parametri per il sistema
CONWIP.
Takahashi et al. (Takahashi, Myreshka, Hirotani,2005) effettuano una comparazione tra
kanban e due sistemi CONWIP (quello originale e quello sincronizzato) mostrando la
generale superiorità del CONWIP, dipendente tuttavia dalle caratteristiche della supply
chain;
Paired-cell overlapping loops of cards with authorization (POLCA). Questo sistema di
controllo è stato creato per sopperire alle già citate difficoltà del sistema di kanban
nell’essere applicabile in contesti non ripetitivi e caratterizzati da alta variabilità.
Esso regola il rilascio degli ordini nel floor shop e il loro progesso produttivo all’interno
di sistemi manufatturieri a cella. Gli obiettivi del POLCA sono accelerare il trasferimento
dei job tra le celle e bilanciare il flusso produttivo per evitare congestione e migliorare il
tempo di attraversamento del sistema. Il progresso degli ordini nel sistema è autorizzato
da segnali visuali, essenzialmente cartellini (chiamati anch’essi POLCA) che non sono
associati a un prodotto (come i kanban) o a un job (come il CONWIP) ma al percorso di
ogni ordine all’interno del sistema.
Ad esempio se un prodotto deve visitare le celle A,B e C, per essere ammesso nella
prima cella deve avere attaccato un POLCA relativo al percorso tra le celle A e B,
garantendo così che la capacità è disponibile; se il cartellino non è disponibile, il
prodotto rimane in attesa in coda. Una volta completata l’operazione nella cella A, per
entrare nella cella B deve essere disponibile il POLCA relativo al percorso B e C.
Le appropriate decisioni di routing, di rilascio, del numero di cartellini e di loops sono
fondamentali per rendere l’approccio POLCA efficace.
3.5 Lean supply chain
3.5.1 LSCM framework
L’impatto benefico dell’introduzione della filosofia lean ha indotto le organizzazioni ad
applicare tali tecniche e metodologie al di fuori dei propri confini, coinvolgendo tutta la
supply chain.
Secondo Anand e Kodali (Anand,Kodali,2008) l’adattamento dei principi lean dal
manufacturing al supply chain management non è un processo semplice: i processi
manifatturieri si focalizzano sul flusso di materiali più che di informazioni (elemento
chiave nel SCM) ed è più semplice individuare ed eliminare gli sprechi materiali rispetto
a quelli informativi; in una singola organizzazione i processi sono controllati dai
dipendenti e dal top management dell’impresa stessa, mentre in una supply chain è
necessaria l’attenzione e il commitment di tutti i partner.
Jasti e Kodali (Jasti, Kodali,2015) hanno effettuato una literature review su 30
framework riguardanti il lean supply chain management (LSCM). Una volta compreso
che ogni framework esistente fosse focalizzato su un particolare caso di studio e quindi
che nessuno fosse generalizzabile, gli autori hanno deciso di colmare il gap creando un
nuovo framework ,tramite un team di professionisti, consulenti e accademici, che
racchiudesse gli elementi più citati in letteratura, fosse completo e descrivesse la
metodologia di applicazione dei principi.
Il framework da loro proposto è costituito da 87 elementi racchiusi in 8 pilastri, riportati
nella tabella sottostente (Tabella 3). Il framework concettuale è proposto in Figura 6.
PILASTRI ELEMENTI
Information Technology Management
Use of EDI to communicate between departments Centralised database for documentation Enterprise resource planning system Information technology employed at customer base Effective and transparency information flow throughout supply chain Use of bar coding and scanner in logistics systems Electronic commerce Modelling analysis and simulation tools Computer-aided decision-making supporting systems
Supplier Management Strategic supplier development Supplier evaluation and certification Long-term supplier partnership Supplier involvement in design Supplier feedback Supplier proximity Single source and reliable suppliers or few suppliers Cost-based negotiation with suppliers
Manage suppliers with commodity teams Joint decisions towards cost savings
Elimination of waste Standard products and processes Standard containers Focused factory production Design for manufacturing Flexible manufacturing cells or U-shape manufacturing cells Visual control Single minute exchange of die Andon 5S Point of use tool system Seven wastes throughout supply chain
JIT production JIT deliveries throughout supply chain Single piece flow Pull production Kanban Production levelling and scheduling Synchronised operational flow Plant layout Point of usage storage system Pacemaker Small lot size
Customer relationship management
Specification of value in terms customer point view Post sales service to customer Customer involvement in design Continuous evaluation of customers feedback Customer enrichment Concurrent engineering Group Technology Delivery performance improvement Takt time Quality function deployment Failure mode and effect analysis
Logistics management Time windows delivery requirements or tight time windows Effective logistics network design Consultants as logistics managers Consignment inventory or vendor managed inventory Advance material requirement planning and scheduling structure Use of third party logistics for transportation system Milk run or circuit delivery Master the demand forecasting process Postponement A, B, C material handling Elimination of buffer stocks
Top management commitment
Create vision and objective to lean supply chain Employee training and education in LSCM Organisation structure and associated relationships Cross-enterprise collaborative relationships and trust Joint planning of processes and products with suppliers Resources allocation Develop learning culture specific organisation
Holistic strategy for integrating system or organisational policy deployment Employee empowerment Stable and long-term employment Leadership development
Continuous Improvement Multi-skilled workforce Built in quality system Value stream mapping through supply chain New product development Statistical process control Quality improvement teams or quality circles Cross functional teams within the organisation Use of flat hierarchy Value engineering
Tabella 2: Pilastri del LSCM framework e relativi elementi (Jasti, Kodali,2015)
Figura 6: Framework concettuale (Jasti, Kodali,2015)
3.5.2 Strategie di supply chain
Le supply chain evidenziano diverse modalità di gestione, in funzione non solo delle
prestazioni chiave su cui le imprese intendono costruire un vantaggio competitivo, ma
anche delle caratteristiche del mercato in cui operano. Le strategie di configurazione e
gestione della supply chain si riferiscono proprio a quest’ultima dimensione ed è
soprattutto in tale contesto che si fa riferimento al concetto di lean supply chain.
Secondo il modello di Fisher (Fisher,1997) il punto di partenza per scegliere la giusta
strategia di supply chain è la natura della domanda. In base alla natura della domanda è
possibile classificare i prodotti in due categorie: i prodotti funzionali, che soddisfano
esigenze di base che non mutano nel tempo, hanno un ciclo di vita relativamente lungo
(tipicamente maggiore di 2 anni), sono realizzati in alti volumi e bassa varietà, la
domanda è stabile e prevedibile; prodotti innovativi, che hanno un ciclo di vita breve
(tipicamente da 3 a 12 mesi), hanno un maggior rischio di obsolescenza, la domanda è
variabile e imprevedibile, presentano un margine di contribuzione ma anche un costo di
mantenimento a scorta elevati.
I primi, per i quali è relativamente facile pianificare la produzione, si sposano bene con
una supply chain efficiente (lean supply chain), il cui scopo principale è la riduzione dei
costi fisici del sistema a partire dalla minimizzazione delle scorte. Per i secondi invece la
configurazione migliore è quella di una supply chain reattiva (responsive supply chain)
che ha l’obiettivo di aumentare l’efficacia più che l’efficienza, abbassando i lead time ed
evitando gli stok-out.
Lee (Lee,2002) approfondisce le riflessioni di Fisher e, accanto alle caratteristiche della
domanda, prende in considerazione l’incertezza anche sul fronte del sistema di
fornitura.
Egli identifica da un lato processi di fornitura stabili caratterizzati da maturità del
sistema produttivo e della tecnologia su cui esso si basa, un parco di potenziali fornitori
tendenzialmente ampio e non molto problematico, con contratti solitamente a lungo
termine. È raro che si presentino interruzioni di fornitura o vincoli di capacità in quanto i
fornitori sono generalmente affidabili.
Dall’altro lato ci sono i processi di fornitura in evoluzione, dove il processo produttivo e
la tecnologia sono in fase di sviluppo, l’affidabilità è bassa, il numero di potenziali
fornitori è basso. Sono frequenti problemi di interruzione di fornitura, vincoli di capacità
e imprevisti.
Combinando queste due dimensioni, Lee identifica quattro scenari con le corrispondenti
strategie di supply chain, riportate nella tabella.
Lean supply chain. La domanda è prevedibile e la fornitura stabile; le imprese cercano
di eliminare tutte le attività non a valore aggiunto, soprattutto minimizzando le scorte
lungo la filiera, centralizzano la pianificazione e automatizzano gli scambi informativi
con fornitori e clienti;
Responsive supply chain. La domanda è variabile ma la fornitura stabile; diventa
fondamentale la riduzione dei lead time per rispondere prontamente alle esigenze del
cliente;
Risk hedging supply chain.la domanda è prevedibile ma la fornitura è problematica;
l’attenzione si rivolge alla gestione dei rischi, che possono essere strutturali (vincoli di
capacità, problemi di qualità) o anomali ( area geografica a rischio terrorismo o
cataclismi) ai quali si risponde tramite scorte di sicurezza e fornitori di riserva;
Agile supply chain. Sia domanda che fornitura sono instabili; è necessario combinare
diversi approcci anche a costo di modificare continuamente la propria supply chain.
Recentemente, stante l’attuale ambiente competitivo, caratterizzato da forte instabilità
e volatilità, l’attenzione dei ricercatori è rivolta non solo al paradigma lean, ma anche e
soprattutto al concetto di agile supply chain. La tendenza in letteratura è quella di
integrare questi due concetti per ottenere i vantaggi dell’una e dell’altra configurazione:
è così nato il termine leagility.
Bassa variabilità di domanda (prodotti
standard)
Alta variabilità di domanda (prodotti
innovativi)
Alta stabilità di
processo
Lean supply chain Responsive supply chain
Bassa stabilità di
processo
Risk hedging supply chain Agile supply chain
Tabella 3: Modello di Hau Lee (2002)
Secondo Naylor et al. (Naylor,Naim,Berry,1999) gestire una lean supply chain significa
sviluppare un flusso di valore per eliminare tutti gli sprechi, incluso il tempo, e garantire
una schedulazione livellata; creare una agile supply chain invece significa utilizzare la
conoscenza del mercato e l’organizzazione “virtuale” per sfruttare profittabili
opportunità in un mercato volatile.
Per gli autori la scelta delle due strategie è in funzione di due dimensioni: la varietà di
prodotti richiesta e la varietà in produzione. La configurazione lean è applicata
efficacemente nel caso di bassa variabilità.
Infatti analizzando i requisiti più importanti per l’una e l’altra soluzione, emerge che la
differenza più importante sta nella necessità per la lean di avere una domanda livellata e
per l’agility di essere robusta alle variazioni dell’ambiente.
Considerando il punto di disaccoppiamento come ciò che separa la parte di supply chain
gestita tramite pianificazione e schedulazione (a monte) e quella direttamente legata
alle richieste del cliente (a valle), la configurazione leagile consiste nell’utilizzare la
strategia lean a monte del punto di disaccoppiamento e la strategia agile a valle.
4. La simulazione
Con il termine simulazione si intende la riproduzione del comportamento di un sistema
attraverso l’uso di un modello. Essa gioca un ruolo molto importante soprattutto nel
progettare un sistema stocastico e nel definirne le procedure operative: il
funzionamento di un sistema è “simulato” utilizzando distribuzioni di probabilità per
generare casualmente eventi del sistema, dal quale si ottengono osservazioni statistiche
sulle prestazioni dello stesso. Naturalmente affinché ciò possa essere realizzato è
necessario costruire un
modello di simulazione, che permetta di descrivere le operazioni di un sistema e come
esse devono essere simulate. Gli aspetti rilevanti che fanno della simulazione uno
strumento largamente utilizzato sono legati al fatto che essa permette di:
• rappresentare sistemi reali anche complessi tenendo conto anche delle sorgenti
di incertezza;
• riprodurre il comportamento di un sistema in riferimento a situazioni che non
sono sperimentabili direttamente.
D’altra parte deve essere sempre tenuto sempre ben presente il fatto che
• la simulazione fornisce indicazioni sul comportamento del sistema, ma non
“risposte” esatte;
• l’analisi dell’output di una simulazione potrebbe essere complessa e potrebbe
essere difficile individuare quale può essere la configurazione migliore;
• l’implementazione di un modello di simulazione potrebbe essere laboriosa ed
inoltre potrebbero essere necessari elevati tempi di calcolo per effettuare una
simulazione significativa.
Gli elementi che costituiscono un modello di simulazione sono i seguenti:
• Variabili di stato: un sistema è descritto in ogni istante di tempo da un insieme di
variabili che prendono il nome di variabili di stato. Quindi, ad esempio, in
riferimento ad un sistema a coda, è una variabile di stato il numero degli utenti
presenti nel sistema in un certo istante di tempo. Esistono sistemi discreti in cui
le variabili cambiano istantaneamente in corrispondenza di precisi istanti di
tempo e sistemi continui in cui le variabili variano con continuità rispetto al
tempo.
• Eventi: si definisce evento un qualsiasi accadimento istantaneo che fa cambiare il
valore di almeno una delle variabili di stato. L’arrivo di un utente ad un sistema a
coda è un evento, così come il completamento di un servizio. Esistono eventi
esterni al sistema (eventi esogeni) ed eventi interni (eventi endogeni). Ad
esempio, l’inizio del servizio ad un utente che è in coda in un sistema `e un
evento endogeno, perché interno al sistema; l’arrivo di un utente ad un sistema
a coda è un evento esogeno.
• Entità e attributi: le entità sono singoli elementi del sistema che devono essere
definiti. Un esempio di entità è un utente presso un sistema a coda, oppure può
essere un servente. Nel primo caso l’entità fluisce all’interno del sistema e si
parla di entità dinamica, nel secondo caso si parla di entità statica. Le entità
possono essere caratterizzate da attributi che forniscono un valore a un dato
assegnato all’entità stessa. Ad esempio, in un sistema a coda, un attributo di
un’entità utente potrebbe essere il suo tempo di arrivo al sistema, mentre il
servente `e caratterizzato dall’attributo “status” che può assumere valore di
“libero” o “occupato”.
• Risorse: le risorse sono elementi del sistema che forniscono un servizio alle
entità. Un’entità può richiedere una o più risorse e se questa non `e disponibile
l’entità dovrà mettersi, ad esempio, in una coda in attesa che si renda
disponibile, oppure intraprendere un’altra azione. Se invece la risorsa è
disponibile, essa viene “catturata” dall’entità, “trattenuta” per il tempo
necessario e poi “rilasciata”.
• Attività e ritardi: un’attività è un’operazione la cui durata `e nota a priori all’inizio
dell’esecuzione dell’attività stessa. Tale durata può essere una costante, un
valore aleatorio generato da una distribuzione di probabilità, oppure data in
input o calcolata in base ad altri eventi che accadono nel sistema. Un esempio `e
dato dal tempo di servizio in un sistema a coda. Un ritardo `e un periodo di
tempo di durata indefinita che `e determinata dalle condizioni stesse del sistema.
Il tempo che un’entità trascorre presso una coda prima che si liberi una risorsa
della quale necessita è un ritardo.
Esistono diverse tipologie di simulazioni:
• Simulazioni fisiche: fanno riferimento alle simulazioni nelle quali oggetti reali
sono simulati tramite modelli in scala su cui effettuare i test richiesti. Un
esempio sono i modelli di auto/aerei/ponti/strutture per verificarne la resistenza
aerodinamica;
• Simulazioni interattive: sono un particolare tipo di simulazioni fisiche in cui è
incluso l’operatore umano, ad esempio un simulatore di volo, ma anche
simulazioni di role playing;
• Simulazioni computer based: sono una modellazione di situazioni su un
computer al fine di studiare come funziona il sistema e fare analisi sul come esso
risponde a variazioni di alcuni parametri.
A loro volta le simulazioni computer based possono essere classificate secondo tre
categorie:
• Statico – Dinamico: un modello statico rappresenta un sistema in un determinato
istante di tempo o, in generale, un sistema in cui la variabile temporale non ha
influenza. Un modello dinamico permette di rappresentare un sistema nella sua
evoluzione nel tempo;
• Deterministico – Stocastico: è definito deterministico un modello di
simulazione che non contiene nessun “elemento probabilistico”. In questo tipo
di modello, assegnati i valori degli input, l’output è univocamente determinato. I
modelli di simulazione in cui i valori degli input o le probabilità di accadimento
degli eventi non sono univocamente determinati, ma sono variabili secondo
distribuzioni statistiche, sono definiti stocastici;
• Continuo – Discreto: nei modelli di simulazione di tipo continuo viene
rappresentata l’evoluzione di sistemi in cui la variazione di stato avviene con
continuità rispetto alla variabile tempo. Un esempio di questa casistica è il
passaggio di un corpo da una temperatura calda ad una temperatura fredda. Nei
modelli discreti viene rappresentata l’evoluzione di sistemi in cui la variazione di
stato si suppone avvenga istantaneamente in particolari istanti di tempo. Un
esempio di questa casistica è l'apertura/chiusura di un interruttore in un circuito
elettrico.
Un' altra importante classificazione inerente alle simulazioni è la scelta
dell'avanzamento del tempo. In particolare si può distinguere tra:
• Intervalli fissi (unit‐time) : Si incrementa il clock di una quantità fissa ∆ e si
esamina il sistema per determinare gli eventi che devono aver luogo per i quali si
effettuano le necessarie trasformazioni. Questa tipologia tratta tutti gli eventi
con tempo di occorrenza t Є [t1, t1 + ∆]. Un problema caratteristico di questa
modellazione è la scelta dell’incremento ∆. In questa categoria eventi con
diversi tempi di occorrenza possono essere trattati come eventi simultanei.
• Per eventi (event‐driven): si incrementa il clock fino al tempo di occorrenza del
prossimo (primo) evento. In questo modo si hanno incrementi irregolari; gli
eventi sono simultanei solo se hanno lo stesso tempo di occorrenza. Si evitano
tempi di inattività;
• Discrete‐event simulation (DES): questa categoria di modelli di simulazione è
caratterizzata da modelli che “simulano” la vita del sistema reale in termini
“discreti”, simulando la vita delle sue entità “dinamiche” e “statiche” ed i loro
cambiamenti di stato nel tempo, con avanzamento ad eventi (next event time
advance). Il sistema è rappresentato come una sequenza cronologica di eventi.
Le variabili di stato cambiano solo in corrispondenza di eventi discreti,
determinati a loro volta da attività e ritardi.
Uno studio basato sulla simulazione comprende 8 fasi:
1. Analisi del problema: consiste nel comprendere il problema cercando di capire
quali sono gli scopi dello studio e di identificare quali sono le componenti
essenziali e quali sono le misure di prestazione che interessano.;
2. Formulazione del modello di simulazione: nel caso di sistemi stocastici, per
formulare un modello di simulazione è necessario conoscere le distribuzioni di
probabilità delle quantità di interesse.
Infatti, per generare vari scenari rappresentativi di come un sistema funziona, è
essenziale che una simulazione generi osservazioni casuali da queste
distribuzioni. Ad esempio, nei sistemi a coda è necessaria la distribuzione dei
tempi di inter-arrivo e i tempi di servizio; nella gestione delle scorte `e necessaria
la distribuzione della richiesta dei prodotti e la distribuzione del tempo tra un
ordine e il ricevimento della merce; nella gestione dei sistemi di produzione con
macchine che occasionalmente possono guastarsi, sarà necessario conoscere la
distribuzione del tempo che trascorre tra due guasti e la distribuzione dei tempi
di riparazione. Generalmente è possibile solo stimare queste distribuzioni
derivandole, ad esempio, dall’osservazione di sistemi simili già esistenti. Se
dall’analisi dei dati si vede che la forma di questa distribuzione approssima una
distribuzione tipo standard, si può utilizzare la distribuzione teorica standard
effettuando un test statistico per verificare se i dati possono essere rappresentati
bene mediante quella distribuzione di probabilità. Se non esistono sistemi simili
dai quali ottenere dati osservabili si deve far ricorso ad altre fonti di
informazioni: specifiche delle macchine, manuali di istruzioni delle stesse, studi
sperimentali, etc. La costruzione di un modello di simulazione `e un
procedimento complesso. In particolare, facendo riferimento alla simulazione ad
eventi discreti, la costruzione di un modello prevede le seguenti fasi:
Definizione delle variabili di stato;
Identificazione dei valori che possono essere assunti dalle variabili di
stato;
Identificazione dei possibili eventi che fanno cambiare lo stato del
sistema;
Realizzazione di una misura del tempo simulato, “simulation clock”, che
registra lo scorrimento del tempo simulato;
Realizzazione di un metodo per generare casualmente gli eventi;
Identificazione delle transizioni di stato generate dagli eventi;
3. Analisi del modello di simulazione: nella fase di analisi del modello deve essere
verificata l’accuratezza del modello realizzato con diverse modalità. Di solito ciò
viene fatto attraverso un’analisi concettuale del modello che può essere
effettuata insieme agli esperti del settore applicativo in modo da evidenziare
eventuali errori e/o omissioni;
4. Scelta del software e costruzione di un programma: dopo aver costruito il
modello, esso deve essere tradotto in un programma. A tale scopo è possibile
utilizzare diversi strumenti:
Linguaggi “general purpose”: linguaggi come C++, FORTRAN, etc. erano
molto utilizzati alla nascita della simulazione ma richiedono molto tempo
di programmazione e quindi si preferisce, in genere, utilizzare linguaggi
specifici per la simulazione;
Linguaggi di simulazione generali: forniscono molte caratteristiche
necessarie per realizzare un modello di simulazione riducendo cos`ı il
tempo di realizzazione; esempi sono MODSIM, GPSS, SIMSCRIPT, etc.
Anche se meno flessibili dei linguaggi “general purpose” sono il modo più
naturale per realizzare un modello di simulazione;
Simulatori: sono packages per la simulazione orientati alle applicazioni.
Esistono numerosi pacchetti software di tipo interattivo per la
simulazione come ARENA, WITNESS, EXTEND, MICRO SAINT. Alcuni sono
abbastanza generali anche se dedicati a specifici tipi di sistemi come
impianti industriali, sistemi di comunicazione, altri invece sono molto
specifici come, ad esempio, nel caso di simulatori di centrali nucleari o di
simulatori della fisiologia cardiovascolare. I simulatori permettono di
costruire un programma di simulazione utilizzando menù grafici senza
bisogno di programmare. Sono abbastanza facili da imparare ma un
inconveniente che molti di essi hanno è di essere limitati a modellare quei
sistemi previsti dalle loro caratteristiche standard. In ogni caso alcuni
simulatori prevedono la possibilità di incorporare routines scritte in un
linguaggio general purpose per trattare elementi non standard. Spesso
hanno anche capacità di animazione per mostrare la simulazione in
azione e questo permette di illustrare facilmente la simulazione anche a
persone non esperte;
Fogli elettronici (spreadsheets): quando si hanno problemi di piccole
dimensioni si possono anche utilizzare fogli elettronici, come ad esempio
Excel, per avere un’idea del funzionamento di un sistema;
5. Validazione del modello di simulazione: nella fase successiva è necessario
verificare se il modello che è stato realizzato fornisce risultati validi per il sistema
in esame. Più in particolare si deve verificare se le misure di prestazione del
sistema reale sono bene approssimate dalle misure generate dal modello di
simulazione;
6. Progettazione della simulazione: prima di passare all’esecuzione della
simulazione è necessario decidere come condurre la simulazione. Spesso una
simulazione `e un processo che evolve durante la sua realizzazione e dove i
risultati iniziali aiutano a condurre la simulazione verso configurazioni più
complesse. Ci sono inoltre problematiche di tipo statistico:
La determinazione della lunghezza del transitorio del sistema prima di
raggiungere condizioni di stazionarietà, momento dal quale si inizia a
raccogliere dati se si vogliono misure di prestazione del sistema a regime;
la determinazione della lunghezza della simulazione (durata) dopo che il
sistema ha raggiunto l’equilibrio. Infatti, si deve sempre tener presente
che la simulazione non produce valori esatti delle misure di prestazione di
un sistema in quanto ogni singola simulazione può essere vista come un
“esperimento statistico” che genera osservazioni statistiche sulle
prestazioni del sistema. Queste osservazioni sono poi utilizzate per
produrre stime delle misure di prestazione e naturalmente aumentando
la durata della simulazione può aumentare la precisione di queste stime;
7. Esecuzione della simulazione e analisi dei risultati: l’output della simulazione
fornisce stime statistiche delle misure di prestazione di un sistema. Un punto
fondamentale `e che ogni misura sia accompagnata dall’“intervallo di
confidenza” all’interno del quale essa può variare. Questi risultati potrebbero
evidenziare subito una configurazione del sistema migliore delle altre, ma più
spesso verranno identificate più di una configurazione candidata ad essere la
migliore. In questo caso potrebbero essere necessarie ulteriori indagini per
confrontare queste configurazioni;
8. Presentazione delle conclusioni: in conclusione, `e necessario redigere una
relazione ed una presentazione che riassuma lo studio effettuato, come `e stato
condotto e includendo la documentazione necessaria.
La simulazione `e uno strumento molto flessibile: può essere utilizzata per studiare la
maggior parte dei sistemi esistenti. Sono elencate di seguito tra cui le principali
categorie di applicazione:
• Analisi di sistemi naturali (es. meteorologia);
• Analisi meccanica, calcolo e verifica di sforzi, dinamica, etc;
• Modellazione, progettazione e analisi di sistemi produttivi;
• Dimensionamento e valutazione di sistemi di trasporto;
• Training (es. simulatori di volo);
• Valutazione di dispositivi militari;
• Progettazione di sistemi di telecomunicazione;
• Progettazione e organizzazione di servizi (ospedali, banche, ecc.);
• Progettazione e definizione delle procedure operative di un sistema di servizio;
• Gestione di sistemi di scorte;
• Progetto e definizione delle procedure operative di sistemi di produzione;
• Progetto e funzionamento del sistemi di distribuzione;
• Analisi dei rischi finanziari;
• Gestione dei progetti.
Le imprese si trovano oggi ad affrontare un ambiente fortemente competitivo,
complesso e in costante mutamento, nel quale il successo non dipende solamente dalle
proprie risorse e capacità, ma anche e soprattutto dalla coordinazione e collaborazione
con clienti e fornitori: adottare una strategia di supply chain management (SCM)
significa integrare più nodi della catena, condividere informazioni e perseguire obiettivi
comuni. Dal punto di vista dell’IT (Information Technology) esistono molte soluzioni per
superare gli ostacoli fisici, informativi e organizzativi che possono minare allo sforzo di
coordinazione. I sistemi APS (Advanced Planning System) hanno lo scopo di creare una
piattaforma comune di SCM che supporti la catena per tutto il ciclo di vita del prodotto,
dal forecast iniziale allo scheduling e infine alla distribuzione, grazie all’utilizzo di metodi
quantitativi come la programmazione lineare mista-intera e gli algoritmi genetici.
Tuttavia, tra questi metodi, la soluzione più utile per supportare la gestione delle
moderne e complesse supply chain è la simulazione, grazie soprattutto alla sua capacità
di analizzare diversi scenari “what-if” con diverse variabili operative, in modo da
valutare in anticipo la fattibilità, robustezza e ottimalità di una strategia, in tempi brevi e
con costi ridotti.
Le difficoltà nell’evitare conflitti tra interessi locali e globali e nel trovare la volontà tra i
partner di condividere informazioni preziose, hanno determinato un cambiamento nel
tradizionale paradigma della simulazione: da una modalità di simulazione locale, in cui
un solo modello totalmente integrato viene eseguito su un solo computer, a una
modalità parallela e distribuita, in cui diversi modelli, ognuno rappresentativo di un
nodo della supply chain, vengono eseguiti parallelamente su computer sparsi
geograficamente e co-partecipano alla simulazione globale. Quest’ultimo paradigma ha i
vantaggi di ridurre il tempo necessario alla simulazione, di riprodurre un sistema
distribuito geograficamente, di integrare diversi modelli già esistenti, linguaggi e tools e
di aumentare l’affidabilità in caso di guasto di un processore.
Al di là del paradigma utilizzato, le simulazioni nel campo del supply chain management
possono avere obiettivi di design (design di una rete logistica o di un nodo produttivo, o
collocamento geografico di un sito produttivo) o di supporto a decisioni strategiche
(valutazione di diverse alternative, come soluzioni collaborative planning and
forecasting o soluzioni di outsourcing) e possono riguardare diversi processi, come la
pianificazione della domanda e delle vendite, la pianificazione delle scorte, la
pianificazione della distribuzione e del traporto, la pianificazione della produzione e lo
scheduling.
4.1 Modellazione di una SC tramite il software Arena
La modellazione di una supply chain richiede la possibilità di utilizzare dei parametri
globali quali il tempo di processamento per ogni stadio della SC e per ogni prodotto,
tempi di set-up, tempi di apertura degli impianti, informazioni sulla gestione dei
materiali e dei trasporti, ma anche caratteristiche tecniche della simulazione quali
lunghezza dell'eventuale warm-up period, numero di repliche per ogni simulazione,
lunghezza di ogni replica del processo di simulazione. Questi requisiti servono come
linee guida per la selezione di un appropriato strumento di modellazione. Considerando
la flessibilità di modellazione, la velocità di esecuzione e i bassi costi di
programmazione, questi sono alcuni dei vantaggi dei linguaggi generici di codifica;
tuttavia il loro uso è limitato nella modellazione a causa della difficile applicazione
a specifici casi di simulazione. Inoltre, molti dei pacchetti software generici disponibili
per la simulazione consentono la modellazione di soli processi di business semplici e
poco articolati, limitando in tal modo la loro applicabilità (Law e Kelton, 2003). Sulla
base di queste considerazioni, è stato selezionato come piattaforma di modellazione il
software Arena.
Arena è un software di simulazione a eventi discreti svuluppato da System Modeling e
acquistato da Rockwell Automation nel 2000. È un potente e flessibile strumento che
permette di creare modelli di simulazione animati che possono in modo accurato
replicare virtualmente qualsiasi sistema.
Tramite il software Arena è possibile:
Modellare i processi per definire, documentare e comunicare;
Simulare le prestazioni future del sistema per capire relazioni complesse e
individuare le opportunità di miglioramento;
Visualizzare le proprie operazioni con animazione grafica dinamica;
Analizzare come il sistema si esibirà nella sua configurazione "as-is" e in molte
altre possibili alternative "to-be";
Le dinamiche del sistema di simulazione vengono rappresentate mediante la
disposizione in sequenza di blocchi opportuni.
Arena utilizza un proprio linguaggio incorporato chiamato SIMAN (Simulation Modeling
Analysis); grazie a questo non è necessario scrivere le righe di codice perché l’intero
processo di creazione del modello di simulazione è grafico, visivo e integrato. In questo
modo Arena permette di usufruire di vantaggi come un linguaggio ad hoc e costrutti
specifici per particolari sistemi. Si deve comunque far fronte ad una conoscenza
specifica e a possibili tempi di realizzazione e debugging prolungati.
Il linguaggio Arena si basa su alcuni elementi base:
- ENTITA’: oggetti che fluiscono attraverso il sistema, ad esempio clienti, pezzi, parti,
lotti, veicoli, ecc. oppure informazioni, elementi logici, ecc;
- CODE: aree di attesa dove il movimento delle entità è temporaneamente sospeso;
- RISORSE: componenti del sistema che devono essere allocate alle entità, ad esempio
macchine, operatori, robot, centralini, ecc;
- ATTRIBUTI:rappresentano dei valori associati alle singole entità, come il tipo di
lavorazione, il tempo di arrivo, ecc;
- VARIABILI: rappresentano valori che descrivono lo stato del sistema o del processo,
come il numero di macchine disponibili, il numero di setup, ecc;
La flessibilità di Modellazione in Arena è garanitita e supportata anche dalla presenza
all'interno del main program di Visual Basic for Application (VBA). Questo modulo
permette di codificare logiche complesse non riscontrabili nei moduli standard di
Arena. I processi di supply chain come l'evasione degli ordini dai nodi, i flussi di
materiali, il replenishment degli inventory, la produzione e il processo di assemblaggio
vengono
raffigurati in Arena generando delle entità. I parametri associati a queste entità, i
processi e le risorse come ad esempio i tempi di lavorazione e le politiche di gestione
della produzione (come MTO, ATO), i costi della SC, ecc, vengono assegnati attraverso
fogli Excel. Modificando i parametri della SC nel foglio di calcolo, possono essere
facilmente generati diversi scenari all'interno della piattaforma di simulazione.
5. Tesi e domande di ricerca
L’obiettivo della tesi è analizzare e studiare il comportamento di una supply chain
multi-prodotto al variare delle politiche che governano la pianificazione e il controllo
della produzione. In particolare si vogliono analizzare i benefici dell’introduzione del
sistema kanban nella gestione logistica e produttiva della filiera.
Le domande a cui questo elaborato vuole dare risposta sono:
1. L’introduzione della logica lean in una supply chain multi-prodotto genera
benefici rispetto alla logica basata sul lotto economico (EOQ) e a quella basata
sulla condivisione di informazioni (visibility), in termini di costo della supply
chain relativo a scorte e trasporti? Sotto quali condizioni?
2. Quale impatto hanno su tali risultati l’aumento della variabilità della domanda,
la riduzione dei lotti nel sistema kanban e la modifica della logica con la quale
sono gestiti i trasporti?
3. Con riferimento a una supply chain mono-prodotto, qual è il beneficio relativo
dell’introduzione della logica lean rispetto rispetto alla logica basata sul lotto
economico (EOQ) e a quella basata sulla condivisione di informazioni (visibility),
in termini di livello medio di scorte della supply chain?
4. Quale impatto hanno su tali risultati l’aumento della variabilità della domanda
e la riduzione dei lotti nel sistema kanban?
5. Quali aspetti relativi a un modello di supply chain multi-prodotto non possono
essere colti in un modello di supply chain mono-prodotto?
6. Metodo di ricerca
Per rispondere ai quesiti sopracitati è stata effettuata una ricerca tramite simulazione.
Attraverso l’utilizzo del software di simulazione Arena è stato costruito un modello che
rispecchiasse una supply chain multi-prodotto. La base del modello è stata fornita da
uno studio precedente che considerava una supply chain mono-prodotto operante sotto
le medesime logiche produttive, effettuato da Carbò (Carbò, 2015). Le ipotesi alla base
del modello presentato in questo elaborato, così come in quello di Carbò, sono le stesse
presenti nei lavori di Staudacher e Bush (Staudacher, Bush, 2014) e di Franzosi e Rossini
(Franzosi, Rossini,2014).
Il modello proposto in questo elaborato presenta tre varianti; in particolare vengono
studiate le performance di una supply chain multi-prodotto simulando tre diverse
politiche di pianificazione e controllo della produzione:
La tradizionale politica a lotto economico (EOQ)
La politica visibility basata sulla condivisione di informazioni
Il sistema kanban tipico della lean production
Sono state lanciate campagne di simulazione per ogni variante di interesse, settando
diversi parametri tra cui il coefficiente di variazione della domanda, la dimensione dei
lotti nella politica kanban e la logica dei trasporti nelle varianti visibility e lotto
economico. Per ogni variante del modello si è ricercata la run che rispettasse le
condizioni dei livelli di servizio utili alla raccolta dei dati, tramite il settaggio e la modifica
di parametri leva, cioè i livelli di reorder point per le varianti EOQ e visibility e il numero
sistemico di kanban per l’altra variante (capitolo successivo).
Per gli scopi di ricerca dell’elaborato sono state effettuate alcune campagne di
simulazione anche per il modello mono-prodotto originale, in quanto non erano
disponibili tutti i dati necessari a un esaustivo confronto tra i modelli mono-prodotto e
multi-prodotto.
7. Modello di ricerca
7.1 Il modello multi-prodotto
Il modello considerato replica una supply chain composta da tre stadi: partendo da
monte si possono individuare quattro primary manufacturer (PM), un secondary
manufacturer (SM) e un distribution center (D), cioè lo stadio più a valle che si
interfaccia direttamente con il mercato (Figura 7).
La gamma di prodotti gestita dalla supply chain comprende 24 diverse tipologie di
merce, suddivisibili in 4 famiglie (ognuna delle quali è costituita da 6 tipi di prodotti).
Ogni item ha la propria connotazione già al primo stadio della filiera.
Ciascun primary manufacturer è responsabile della fornitura di una sola famiglia di
prodotti. I PM non sono però completamenti dedicati a questa catena di fornitura: solo
il 65% del loro tempo disponibile viene utilizzato per rifornire la supply chain in
considerazione.
Il SM invece è completamente dedicato alla fabbricazione dei 24 prodotti della gamma.
Il centro di distribuzione è lo stadio più a valle che riceve direttamente la domanda del
mercato finale.
Ogni stadio della supply chain ad eccezione del distribution center ha una coppia di
buffer, un input buffer che tiene a stock i pezzi ricevuti da monte e un output buffer che
immagazzina i prodotti usciti dal processo produttivo. L’inbut buffer dei PM sono
supposti di capacità infinita. Il centro distributivo ha un solo buffer in ingresso, tramite il
quale soddisfa la domanda del mercato, la quale ha una media giornaliera pari a 16
unità per ogni prodotto.
Figura 7: Struttura della supply chain
I tempi di lavorazione sono uguali per tutti e 24 i prodotti, mentre i tempi di set-up
differiscono da un prodotto all’altro ma sono indipendenti dalla sequenza (quindi
produrre i pezzi 1, 2 e 3 nella sequenza 1-2-3 o nella sequenza 3-1-2 non influisce sul
tempo totale di set-up necessario).
Questo vale sia per i PM che per il SM, ma i tempi necessari per il set-up e per la
produzione di un prodotto sono diversi per i due nodi della filiera. Sia i PM che i SM
hanno una saturazione media del proprio processo di produzione pari a 80%, distribuito
in 70% di tempo di lavorazione e in 10% di tempo di set-up.
I prodotti vengono trasferiti da un nodo all’altro della filiera tramite automezzi di
capacità limitata, pari a 450 pezzi per il tratto secondary manufacturer – distribution
center, e pari a 150 pezzi per il tratto primary manufacturer – secondary manufacturer,
in cui ogni automezzo è relativo al proprio PM. Esistono due tipologie di trasporti, la
tipologia full truck load (FTL) per cui il camion parte una volta saturato completamente,
e la tipologia less than truck load (LTL) in cui il camion parte anche se non saturo. A tal
proposito vengono considerate nel modello due diverse modalità di trasporto:
Modalità “aggregata”: a fine giornata vengono eseguiti solo trasporti FTL a meno
che durante l’intera giornata in considerazione non sia stato assemblato neanche
un camion saturo, in tal caso il camion non saturo è autorizzato a partire. Nel
caso in cui sia stato assemblato almeno un trasporto saturo durante il giorno, i
prodotti in eccesso che non raggiungono la quantità necessaria per riempire un
altro camion, vengono aggregati a quelli del giorno successivo;
Modalità “non aggregata”: a fine giornata tutti i prodotti in attesa di essere
trasportati sono inviati a valle indipendentemente dal loro numero. Gli
automezzi partono sempre a fine giornata e impiegano 2 giorni per raggiungere
la destinazione a valle (arrivano all’inizio del giorno successivo all’indomani della
partenza).
7.2 Varianti del modello
7.2.1 Il lotto economico (EOQ)
Nella variante del modello in cui la filiera è gestita tramite la logica del lotto economico,
il reparto di lavorazione è vincolato alla produzione in lotti di una grandezza prefissata,
che non varia nel corso della simulazione.
La gestione delle scorte tramite la logica del lotto economico o Economic Order Quantity
(EOQ) si contraddistingue per una quantità ordinata fissa e per un intervallo di
emissione dell’ordine variabile.
Secondo questa politica, il generico stadio i della supply chain o del processo produttivo
emette un ordine di una quantità fissa allo stadio i-1, non secondo una cadenza
temporale prefissata, ma ogni volta che il livello di scorte dello stadio i scende al di sotto
di una soglia, chiamata Reorder Point (ROP).
Gli obiettivi tradizionali di una logica EOQ sono:
Identificazione del lotto di riordino al fine di minimizzare i costi connessi con la
gestione delle scorte: tali costi sono la somma del costo di mantenimento a
scorta, di acquisto e di ordinazione in un contesto di approvvigionamento
esterno, mentre sono la somma del costo di mantenimento a scorta, del costo
variabile di produzione e dei set-up in un contesto di produzione interna;
Individuazione del livello delle giacenze sotto il quale viene autorizzato
l’approvvigionamento.
La logica EOQ è inserita nel modello multi-prodotto nel seguente modo: l’ordine di
approvvigionamento da parte di un generico buffer i viene inviato al buffer a monte i-1
solo quando l’inventory position del buffer i scende al di sotto di un certo ROP.
L’inventory position di un generico buffer, ad esempio di quello del distributor, è
calcolato nel seguente modo:
Dove
- è l’inventory position del distributor al tempo per il prodotto
- è il livello di scorte a magazzino del distributor al tempo per il prodotto
- sono i backlog del distributor al tempo per il prodotto
- sono gli ordini inviati dal distributor allo stadio a monte al tempo per il
prodotto
Il check viene effettuato ogni 10 minuti e per tutti i prodotti la cui giacenza è inferiore al
livello, a partire dal più critico, viene inviato un ordine di approvvigionamento al buffer a
monte.
Sia i livelli di ROP che le dimensioni del lotto economico di acquisto sono differenti per i
diversi buffer della supply chain. In particolare per l’input buffer del distributor (IB-D) il
lotto economico è pari a 54 unità, per l’output buffer del secondary manufacturer (OB-
SM) è pari a 91 unità, per l’input buffer del secondary (IB-SM) è pari a 131 unità e per
l’output buffer del primary manufacturer (OB-PM) è pari a 195 unità. Si ricordi che
l’input buffer del primary (IB-PM) è supposto di capacità infinita. Questi valori non
cambiano mai durante la campagna di simulazione del modello EOQ. Il valore delle
soglie dei ROP sono invece i parametri leva che vengono modificati durante le
simulazioni per ottenere i diversi livelli di servizio necessari alla raccolta dei dati.
7.2.2 Il modello visibility
La variante del modello che utilizza la logica visibility presuppone la condivisione di
informazioni tra i nodi che compongono la supply chain, in particolare riguardanti i
livello di inventory nei diversi buffer. Avere visibilità sul livello di inventory dei buffer a
valle consente di ritardare la produzione, facendola partire “al più tardi”, con la
conseguenza di abbassare i livelli di scorte nel sistema garantendo comunque un alto
livello di servizio.
All’interno del modello, la trasmissione degli ordini di approvvigionamento tra l’input
buffer del distributor e l’outbut buffer del secondary manufacturer e quella tra l’inbut
buffer del secondary e l’output buffer del primary manufacturer segue la medesima
logica della variante EOQ, basandosi semplicemente sulla comparazione tra il livello di
scorte degli input buffer e la soglia fissata per il ROP. La logica visibility viene invece
implementata nella trasmissione degli ordini di produzione tra l’input buffer e l’output
buffer dei due nodi produttivi, il secondary manufacturer e il primary manufacturer. In
questo caso il check viene effettuato ogni dieci minuti e solamente se il processo di
produzione dello stadio considerato è libero. Prendendo ad esempio lo stadio del SM,
innanzitutto vengono identificati i prodotti critici, cioè quelli la cui inventory position
nell’output buffer è minore del rispettivo ROP. Dopodiché si valuta la disponibilità di
questi prodotti nel buffer a valle, in questo caso nell’input buffer del distributor: in
particolare per ogni prodotto si calcola il numero di giorni che mancano al prossimo
ordine da parte del distributor, attraverso la seguente formula:
dove indica lo stadio della supply chain, essenzialmente l’input buffer del distributor o
l’input buffer del secondary manufacturer, e è l’indice del prodotto critico.
Tra questi prodotti viene selezionato quello per cui è maggiore il numero di giorni a
disposizione per la produzione e tale valore viene confrontato con il tempo necessario
per produrre tutti i lotti dei prodotti critici, moltiplicato per un determinato coefficiente:
se il tempo a disposizione prima dell’ordine del prodotto meno critico è inferiore a
quello necessario alla produzione, significa che è essenziale cominciare a produrre e
quindi viene inviato l’ordine relativo al prodotto più critico al reparto di produzione.
Se invece tale valore è minore del tempo necessario, il prodotto in questione non viene
più considerato, si seleziona il successivo prodotto meno critico e il processo viene
iterato. Se per nessun prodotto critico il tempo disponibile è minore di quello
necessario, non viene inviato nessun ordine al reparto di produzione fino al prossimo
check.
Le diverse dimensioni dei lotti nei vari stadi non variano mai durante la simulazione ed
ha lo stesso valore della variante EOQ; anche in questo caso ciò che viene modificato
durante la simulazione è il livello dei ROP.
La logica alla base di questo meccanismo di visibility è la stessa proposta da Datta e
Christopher (Datta, Christopher,2011) che studiano attraverso simulazione una supply
chain multi-prodotto con lo scopo di identificare la configurazione di information
sharing più efficace per ridurre l’incertezza della filiera.Nella prima configurazione
proposta dagli autori il central planner della supply chain compara, per ogni prodotto, i
giorni disponibili per la produzione con quelli necessari, basandosi sul livello di inventory
del central warehouse e sulla previsione della domanda: in base a questo risultato il
planner decide se anticipare o posticipare la produzione. L’idea di Datta e Christopher è
stata quindi adattata e applicata al contesto in esame.
7.2.3 Il modello kanban
Nella variante kanban la produzione segue una logica pull, quindi viene “tirata” da valle:
la produzione e il trasferimento dei prodotti sono autorizzati solo nel momento in cui
viene registrato un consumo a valle.
Il trigger del processo è determinato proprio dalla presenza dei kanban.
A ogni prodotto è associato, già dall’inserimento delle scorte iniziali nel sisitema, un
kanban, cioè un cartellino identificativo: esistono due tipologie di kanban, quello di
movimentazione (withdrawal kanban, WK) e quello di produzione (production kanban,
PK). La situazione di partenza è che negli input buffer (IB) della supply chain a ogni
prodotto è associato un WK, mentre negli outbut buffer (OB) a ogni prodotto è associato
un PK. Il funzionamento della logica kanban, considerando i primi due stadi della filiera a
partire da valle, è il seguente:
Quando l’IB del distributor soddisfa la richiesta del mercato finale per un
prodotto, stacca il WK ad esso associato e lo pone in una tabelliera, che presenta
24 colonne (una per prodotto);
Ogni 10 minuti viene effettuato un check sulla tabelliera del distributor e
vengono selezionati i prodotti per i quali il numero di kanban sulla tabelliera
supera una soglia. Nel caso dei WK la soglia è pari a 0, quindi tutti i prodotti con
almeno un kanban sulla tabelliera vengono selezionati. A questo punto viene
trasmesso l’ordine a monte per il ripristino dei prodotti selezionati, in ordine di
criticità, cioè a partire dal prodotto con l’inventory position più bassa;
I WK staccati dalla tabelliera del distributor vengono così inviati all’OB del
secondary manufacturer, che preleva i pezzi richiesti, stacca i PK ad essi associati
e attacca i WK ricevuti, per poi spedire i prodotti con i rispettivi WK al distributor.
I PK del secondary manufacturer vengono a loro volta posti in una tabelliera
analoga ;
Ogni 10 minuti, e se il processo di produzione è libero, viene effettuato il check
sulla tabelliera dell’OB del secondary e vengono selezionati i prodotti per i quali
il numero di kanban supera una determinata soglia (pari al lotto di produzione
del rispettivo buffer nella variante EOQ). A questo punto viene trasmesso
l’ordine di produzione per il prodotto più critico;
I PK staccati dalla tabelliera vengono così inviati all’IB del secondary, che produce
i prodotti necessari all’OB, stacca da essi i rispettivi WK e attacca i PK ricevuti, per
poi inviare i prodotti con i rispettivi PK all’OB del secondary. I WK del secondary
manufacturer vengono a loro volta posti sulla rispettiva tabelliera;
Il processo viene poi iterato a monte, coinvolgendo il primary manufacturer.
Il numero totale di kanban per un generico buffer, ad esempio per quello del distributor,
si può calcolare come:
(1)
Dove
- è il numero totale di kanban del distributor al tempo
- è il numero di kanban presenti sulla tabelliera del distributor al tempo
- è il numero di kanban presenti a magazzino del distributor al tempo
- è il numero di kanban in viaggio tra secondary manufacturer e distributor al
tempo
- è il numero di kanban relativo ai backlog di produzione del secondary
manufacturer al tempo
L’inventory position del distributor, in funzione dei kanban, si può scrivere come:
(2)
Dove
- è l’inventory position del distributor al tempo per il prodotto
- è il numero di kanban relativo ai backlog del distributor al tempo
Unendo le equazioni (1) e (2) si ottiene:
È importante sottolineare la differenza di gestione tra i WK, per cui non esiste una soglia
da superare per autorizzare il replenishment, e i PK, per cui la produzione viene avviata
solo se il numero di kanban è superiore a una determinata soglia.
Nel momento in cui un prodotto ha bisogno di essere rispristinato/prodotto, tutti i i
kanban del prodotto in questione presenti nella tabelliera vengono inviati a monte: non
esiste quindi una politica di lottizzazione nella variante kanban.
7.3 Il modello mono-prodotto di riferimento
Il modello multi-prodotto è stato creato sulla base di quello mono-prodotto. Per
individuare correttamente le cause delle possibili differenze di prestazioni tra i due
modelli, dovute all’applicazione delle tre logiche di gestione della produzione (kanban,
visibility ed EOQ), sono stati effettuati meno cambiamenti possibili nel passaggio da un
modello all’altro: un confronto tra due modelli molto diversi sarebbe stato infatti poco
significativo.
Il tempo di produzione del modello multi-prodotto è stato fissato in modo tale da
mantenere invariata la saturazione del processo rispetto al caso mono-prodotto. Per
quanto riguarda il tempo di set-up, nel modello mono-prodotto aveva un valore esiguo e
perciò non poteva essere replicato nel multi-prodotto: si è quindi deciso di impostare il
tempo di set-up in modo tale che la media di esso sui 24 prodotti fosse uguale al valore
nel caso mono-prodotto. Nel capitolo successivo, precisamente nel paragrafo in cui
viene studiato il confronto tra i due modelli, la tematica relativa ai set-up sarà ripresa e
approfondita.
La dimensione dei lotti nei vari buffer della filiera multi-prodotto sono stati calcolati
mantenendo la stessa copertura del caso mono-prodotto, cioè lo stesso rapporto tra
dimensione del lotto e domanda media.
La dimensione del lotto nel caso mono-prodotto è stata calcolata tramite la classica
formula:
Dove
= costo di emissione di un ordine (in questo caso caso è proporzionale al tempo speso
per eseguire un setup)
= valore economico del prodotto
= tasso annuo di mantenimento a scorta
= domanda media annua
Nel modello multi-prodotto sono stati inseriti quattro primary manufacturer, ognuno dei
quali responsabile del 25% della gamma di prodotti, al posto di uno solo responsabile di
tutta la produzione nel caso mono-prodotto: di conseguenza la capacità degli automezzi
incaricati di trasportare i prodotti dai rispettivi primary al secondary è stata fissata a 150
unità ciascuno, al posto della capacità di 450 unità nel caso mono-prodotto.
Nel modello multi-prodotto esiste una logica di priorità per gli ordini di
approvvigionamento, basata sulla criticità dei prodotti, cioè sul livello di inventory nei
buffer, logica che ovviamente non può esistere nel modello originale in quanto gestisce
un solo item.
La differenza più grande riguarda il meccanismo con cui è implementata la logica della
variante visibility: la trasmissione degli ordini tra IB del distributor e OB del secondary e
tra IB del secondary e OB del primary è gestita tramite la logica EOQ, così come nel
modello multi-prodotto, mentre negli altri due tratti la logica implementata è diversa
rispetto a quella descritta per il modello multi-prodotto.
Il funzionamento, trasposto nel caso multi-prodotto, è il seguente: considerando il
tratto tra IB e OB del secondary (quello tra IB e OB del primary ha un funzionamento
analogo), il processo consiste in due step. Innanzitutto, per il prodotto che ha l’inventory
position più bassa nell’OB del secondary manufacturer, si valuta se il livello della
giacenza è minore del ROP dell’OB del secondary, dopodiché, per tale prodotto, si valuta
se l’inventory position nell’IB del distributor è inferiore a una determinata soglia, pari al
ROP del distributor a cui è sommata una costante. Se entrambe queste condizioni sono
soddisfatte la produzione viene avviata, altrimenti viene posticipata, appunto perché l’IB
del distributor non ne ha necessità urgente.
Considerando che l’IB del distributior può al massimo avere un inventory position pari a
+ , il valore della costante da sommare al per creare la soglia della
visibility deve essere compreso tra 0 e il : se fosse superiore la condizione sarebbe
sempre rispettata e il modello si comporterebbe sempre come nella variante EOQ.
Questo meccanismo funziona bene nel caso mono-prodotto ma non è applicabile nel
caso multi-prodotto: ogni prodotto viene valutato indipendentemente dagli altri e
questo porta a posticipare la produzione di tutti i prodotti che non rispettano le due
condizioni sopra enunciate, fino al punto in cui, una volta trasmesso l’ordine di
produzione, il tempo a disposizione può risultare troppo esiguo per soddisfare la
richiesta. Di conseguenza, per mantenere un livello di servizio adeguato, si necessita di
molte scorte e quindi di valori di soglie molto elevate. In definitiva la visibility applicata
in questo modo in una supply chain multi-prodotto non porta nessun beneficio, anzi solo
inefficienze, perciò è stata implementata la logica descritta precedentemente, che
valuta in maniera simultanea e dinamica i diversi prodotti.
Un’altra importante differenza di modellazione riguarda la variabilità della domanda.
La domanda giornaliera ha in entrambi i casi una distribuzione normale, di media 384
unità nel modello mono-prodotto e di media 16 per ognuno dei 24 prodotti nel modello
multi-prodotto. In entrambi i modelli vengono considerati tre diversi coefficienti di
variazione (CV), cioè il rapporto tra deviazione standard e media, pari a 0.8, 0.6 e 0.4. La
differenza sta nel fatto che nel caso multi-prodotto il CV non è calcolato sulla domanda
aggregata ma sulla domanda del singolo prodotto. Ovviamente in questo modo la
variabilità totale è più bassa nel caso multi-prodotto rispetto al caso mono-prodotto,
perché una variabilità in positivo di un prodotto viene compensata dalla variabilità in
negativo di un altro.
In formule:
dove è la deviazione standard del prodotto .
Nel caso di CV=0.8, il modello mono-prodotto ha una deviazione standard pari a 307.2,
mentre il modello multi-prodotto ha una deviazione standard per singolo prodotto pari
a 12.8 e una deviazione standard totale totale pari a 62.7, quindi decisamente inferiore,
nonostante la media totale sia pari a 384 per entrambi i modelli.
Tuttavia per ottenere la stessa variabilità del mono-prodotto, ogni prodotto del modello
multi avrebbe dovuto avere una deviazione standard pari appunto a 62.7, a cui
corrisponde un CV pari a 3.9. Un valore di coefficiente di variazione così alto per singolo
prodotto è stato considerato eccessivo. Inoltre sarebbe risultato impossibile costruire
una distribuzione di probabilità normale “troncata” (in quando vanno considerati solo i
valori positivi di domanda) di media 16 e deviazione standard 62.7.
7.4 Descrizione dell’esperimento
Le simulazioni sono state effettuate sia per il modello multi-prodotto , sia per quello
mono-prodotto nei casi in cui non erano disponibili tutti i dati necessari per un corretto
confronto.
Per ogni variante del modello sono state eseguite 10 simulazioni, per dare rilevanza
statistica ai risultati ottenuti. Le repliche del sistema sono determinate da input di
domanda differenti: attraverso fogli di calcolo di “Microsoft Excel” sono stati costruiti 10
profili di domanda secondo una distribuzione normale “troncata” di media µ e
deviazione standard (Grafico 1).
Uno dei parametri che è stato fatto variare nel corso della campagna di simulazione è
stato proprio il coefficiente di variazione della domanda CV (rapporto tra e µ): in
particolare sono stati considerati tre diversi CV, pari a 0.8, 0.6 e 0.4.
Grafico 1: Distribuzione normale (µ=16; σ=12.8) di un generico prodotto nel caso CV=0.8
Ogni run di simulazione ha un periodo di osservazione che copre 2000 giorni lavorativi di
8 ore ciascuno. Per ovviare all’utilizzo di dati influenzati dal transitorio iniziale, l’inizio
della raccolta dei risultati è stata fissata dopo il cinquantunesimo giorno di simulazione.
I dati rilevanti estratti da una run di simulazione sono il livello di servizio, il livello delle
scorte e il numero di trasporti FTL e LTL.
Il livello di servizio per una tipologia di prodotto viene calcolato come il rapporto tra il
numero di giorni in cui si registra uno stock-out del prodotto e la lunghezza del periodo
di misurazione. Il “livello di servizio di una run”, o livello di servizio della supply chain, è
la media dei livelli di servizio raggiunto nei quattro buffer di riferimento: input buffer del
distributor, output e input buffer del secondary manufacturer, e output buffer del
primary manufacturer (si è scelto di non considerare l’input buffer in quanto supposto di
capacità infinita); a sua volta il livello di servizio di un buffer è la media dei livelli di
servizio di tutte le 24 classi di prodotto. Il parametro è vincolante perché è il parametro
obiettivo nell’esecuzione delle run.
Nel presente elaborato una run è stata considerata utile alla raccolta dei dati se il suo
valore era compreso tra 92% e 99% e se tutti i buffer all’interno della run riportavano un
valore del livello di servizio non inferiore all’87%.
Come già anticipato, le 3 varianti del modello sono la logica EOQ, la logica visibility e
quella kanban. Per quest’ultima sono state eseguite simulazioni riducendo il tempo di
set-up e conseguentemente il numero di kanban nel sistema e la dimensione dei lotti,
parametro rilevante in quanto influisce direttamente sul livello delle soglie utilizzate nel
processo decisionale relativo degli ordini di produzione.
Per il modello kanban i diversi livelli di servizio della supply chain sono stati identificati
modificando il numero di kanban nel sistema, mentre per i modelli EOQ e visibility
modificando i livelli delle soglie dei ROP nei diversi buffer: in dettaglio aumentando i
livelli di ROP e il numero di kanban rispettivamente per le varianti di studio, i livelli di
inventory del sistema salgono, e con essi il livello di servizio.
Un altro parametro che è stato modificato durante la campagna di simulazione è
relativo alla logica dei trasporti: in particolare le varianti visibility e EOQ sono state
studiate utilizzando sia la logica di “aggregazione” che quella di “non aggregazione”
descritte precedentemente.
I benefici derivanti dall’applicazione di una determinata politica di gestione della
produzione (kanban, visibility, EOQ) dipendono dai valori relativi ai costi di
mantenimento a scorta e ai costi di trasporto.
Il costo di mantenimento a scorta è calcolato come:
Dove
è il costo annuo mantenimento a scorta
è il tasso annuo di mantenimento a scorta che considera i costi di stoccaggio e di
obsolescenza della merce in rapporto al valore della stessa.
Il costo logistico viene invece calcolato attraverso due diverse modalità:
Nel primo caso il costo di trasporto viene calcolato in funzione del costo unitario
per pezzo trasportato. L’idea alla base è che i pezzi trasportati in LTL comportino
un aggravio economico rispetto ai pezzi trasportati in FTL. Essenzialmente il
punto di vista è di un’impresa che ha esternalizzato il servizio di trasporto e ha
un contratto nella forma “pay per use” con un provider logistico che viene
pagato con una tariffa “full truck load” per i pezzi che saturano il vettore di
trasporto e una tariffa più dispendiosa “less than truck load” applicata agli item
per le spedizioni che non saturano il mezzo di trasporto.
Nel secondo caso il costo di trasporto è calcolato in base al numero di viaggi,
indipendentemente dal fatto che siano FTL o LTL.
8. Descrizione dei risulati
Nel seguito della trattazione i valori relativi alla variante del modello che utilizza il
sistema kanban verranno indicati con i nomi di Lean 1, Lean 0.8, Lean 0.6, Lean 0.4 e
Lean 0.2: questi termini significano, rispettivamente, una riduzione del lotto pari a 0%,
20%, 40%, 60% e 80%. Come già anticipato, la riduzione del lotto comporta
l’abbassamento della soglia, relativa al numero di kanban presenti sulla tabelliera,
necessaria per l’avvio della produzione. Simultaneamente vengono ridotti i tempi di set-
up e il numero di kanban del sistema.
Con i nomi EOQ e VIS verranno indicati i valori relativi alle varianti che utilizzano
rispettivamente il lotto economico e la visibility. I dati relativi ai due modelli analizzati,
quello multi-prodotto e quello mono-prodotto, saranno indicati per semplicità con multi
e mono.
Le due diverse politiche di trasporto, “aggregato” e “non aggregato”, saranno indicate
con AGG e NON AGG. Infine con CV 0.8, CV 0.6 e CV 0.4 si intenderanno i diversi
coefficienti di variazione della domanda e con LS il livello di servizio.
8.1 Il modello multi-prodotto
8.1.1 I livelli di inventory
Come si può notare nel Grafico 2, i livelli medi di inventory sono crescenti con
l’aumentare del livello di servizio: ovviamente per soddisfare meglio la domanda si
necessita di un livello maggiore di scorte nel sistema. Le diverse varianti del modello
presentano lo stesso andamento per tutti i valori di CV, perciò in questo grafico e in
quelli successivi, relativi ai confronti tra le diverse politiche, verranno analizzati solo i
risultati relativi al coefficiente di variazione pari a 0.8.
Nel grafico si nota che EOQ presenta il livello di scorte maggiori, seguito da VIS e dalle
varianti lean, per le quali ogni riduzione di lotto comporta benefici maggiori. In Tabella 4
è mostrata, per i diversi livelli di servizio, la riduzione percentuale di inventory dovuta
alla diminuzione della grandezza dei lotti nella politica lean: per ogni range di LS si
ottengono benefici crescenti.
Grafico 2: Andamento delle scorte al variare del livello di servizio
LS Lean1-lean0.8
Lean1-lean0.6
Lean1-lean0.4
Lean1-lean0.2
0,92-->0,94 15,8% 33,3% 34,3% 44,7%
0,94-->0,96 14,7% 29,7% 33,2% 44,2%
0,96-->0,98 17,7% 28,1% 34,0% 48,1%
0,98-->1 18,0% 28,7% 36,7% 46,9%
Tabella 4: Beneficio percentuale della riduzione dei lotti in termini di scorte
Per quanto riguarda il livello di inventory, nei Grafici 3 e 4 viene analizzato il beneficio
dell’applicazione della logica lean rispetto a EOQ, rispettivamente in termini assoluti e in
termini percentuali, al variare del livello di servizio. Nei Grafici 5 e 6 viene effettuato lo
stesso tipo di confronto tra Lean e VIS.
0
2000
4000
6000
8000
10000
12000
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 0,98-->1
Inventory
EOQ
VIS
Lean_1
Lean_0,8
Lean_0,6
Lean_0,4
Lean_0,2
Grafico 3: Beneficio della logica lean rispetto a EOQ in termini assoluti
Grafico 4: Beneficio della logica lean rispetto a EOQ in termini percentuali
0
1000
2000
3000
4000
5000
6000
7000
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 0,98-->1
Beneficio lean vs EOQ (assoluto)
lean1
lean 0.8
lean 0.6
lean 0.4
lean 0.2
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 0,98-->1
Beneficio lean vs EOQ (percentuale)
lean1
lean 0.8
lean 0.6
lean 0.4
lean 0.2
Grafico 5: Beneficio della logica lean rispetto a VIS in termini assoluti
Grafico 6: Beneficio della logica lean rispetto a VIS in termini percentuali
Sia nel confronto tra lean e EOQ, sia in quello tra lean e VIS, emergono tre
considerazioni:
Il beneficio in termini assoluti dell’applicazione del sistema lean cresce
all’aumentare del livello di servizio. Questo significa che l’aumento di scorte nella
lean è minore rispetto all’aumento di scorte per VIS e EOQ;
Il beneficio percentuale dell’applicazione del sistema lean decresce
all’aumentare del livello di servizio. Questo significa che la differenza di scorte
0
1000
2000
3000
4000
5000
6000
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 0,98-->1
Beneficio lean vs VIS (assoluto)
lean1
lean 0.8
lean 0.6
lean 0.4
lean 0.2
0%
10%
20%
30%
40%
50%
60%
70%
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 0,98-->1
Beneficio lean vs VIS (percentuale)
lean1
lean 0.8
lean 0.6
lean 0.4
lean 0.2
tra lean e VIS/EOQ aumenta ma meno che proporzionalmente rispetto
all’aumento assoluto di scorte per VIS/EOQ;
Il beneficio è crescente con la riduzione del lotto nel sistema lean.
Nel Grafico 8 è mostrato l’andamento delle scorte della politica lean, considerando la
media delle diverse varianti, all’aumentare del livello di servizio, per i tre diversi
coefficienti di variazione della domanda. Nel Grafico 9 viene effettuata la stessa analisi
con la politica EOQ.
Quello che si nota è che all’aumentare del livello di servizio, nella politica lean le curve
aumentano considerevolmente la propria pendenza e la distanza tra di loro, mentre
nella politica EOQ le curve mantengono in modo più costante la pendenza e la distanza
tra di loro.
Questo significa che per livelli di servizi alti, un aumento del CV nella politica lean ha un
effetto decisamente rilevante.
Grafico 8: Andamento delle scorte nella politica lean per i diversi CV al variare del LS
0
1000
2000
3000
4000
5000
6000
7000
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 ,98-->1
Scorte lean per i diversi CV al variare di LS
Lean CV 0.8
Lean CV 0.6
Lean CV 0.4
Grafico 9: Andamento delle scorte nella politica EOQ per i diversi CV al variare del LS
Nei Grafici 10 e 11 è mostrato l’andamento del livello di inventory delle varianti del
modello all’aumentare del CV, da un valore pari a 0.4 a un valore pari a 0.8. Il primo
grafico considera la media dei valori di scorte per bassi livelli di servizio (da 0.92% a
0.96%), il secondo per livelli alti (da 0.96% a 0.99%).
All’aumentare della variabilità della domanda, in tutte le politiche si riscontra un
prevedibile aumento di scorte, per entrambi i range di LS: per sopperire a un incremento
di variabilità della domanda bisogna necessariamente mantenere più prodotti a stock
per raggiungere lo stesso livello di servizio.
0
2000
4000
6000
8000
10000
12000
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 ,98-->1
Scorte EOQ per i diversi CV al variare di LS
EOQ CV 0.8
EOQ CV 0.6
EOQ CV 0.4
Grafico 10: Livelli di inventory al variare del coefficiente di variazione per bassi LS
Grafico 11: Livelli di inventory al variare del coefficiente di variazione per alti LS
Sempre riguardo i livelli di scorte, nei Grafici 12 e 13 e nei Grafici 14 e 15 viene
analizzato il beneficio assoluto e percentuale dell’applicazione della logica lean rispetto
2000,000
3000,000
4000,000
5000,000
6000,000
7000,000
8000,000
0,4 0,6 0,8
Inventory al variare del CV (0.92-->0.96 SL)
EOQ
VIS
lean1
lean0.8
lean0.6
lean0.4
lean0.2
2000,000
3000,000
4000,000
5000,000
6000,000
7000,000
8000,000
9000,000
10000,000
0,4 0,6 0,8
Inventory al variare del CV (0.96-->0.99 SL)
EOQ
VIS
lean1
lean0.8
lean0.6
lean0.4
lean0.2
a EOQ, rispettivamente per valori bassi di livello di servizio (da 0.92% a 0.96%) e per
valori alti (da 0.96% a 0.99%), all’aumentare del CV. Per sintesi viene riportato solo il
confronto tra Lean e EOQ, in quanto quello tra Lean e VIS segue lo stesso andamento.
Grafico 12: Beneficio della logica lean rispetto a EOQ in termini assoluti al variare di CV per bassi LS
Grafico 13: Beneficio della logica lean rispetto a EOQ in termini percentuali al variare di CV per bassi LS
2000,000
2500,000
3000,000
3500,000
4000,000
4500,000
5000,000
0,4 0,6 0,8
Beneficio lean vs EOQ (assoluto) al variare del CV (0.92-->0.96 SL)
lean 0.2
lean 0.4
lean 0.6
lean 0.8
lean 1
30,0%
35,0%
40,0%
45,0%
50,0%
55,0%
60,0%
65,0%
70,0%
0,4 0,6 0,8
Beneficio lean vs EOQ (percentuale) al variare del CV (0.92-->0.96 SL)
lean 0.2
lean 0.4
lean 0.6
lean 0.8
lean 1
Grafico 14: Beneficio della logica lean rispetto a EOQ in termini assoluti al variare di CV per alti LS
Grafico 15: Beneficio della logica lean rispetto a EOQ in termini percentuali al variare di CV per alti LS
All’aumentare del CV, in termini percentuali il beneficio della logica lean su EOQ è
decrescente per entrambi i range di livelli di servizio, mentre in termini assoluti si nota
che per bassi livelli di servizio (da 0.96% a 0.99%) il beneficio è crescente e per alti livelli
0,000
1000,000
2000,000
3000,000
4000,000
5000,000
6000,000
7000,000
1 2 3
Beneficio lean vs EOQ (assoluto) al variare del CV (0.96-->0.99 SL)
lean 0.2
lean 0.4
lean 0.6
lean 0.8
lean 1
0,0%
10,0%
20,0%
30,0%
40,0%
50,0%
60,0%
70,0%
1 2 3
Beneficio lean vs EOQ (percentuale) al variare del CV (0.96-->0.99 SL)
lean 0.2
lean 0.4
lean 0.6
lean 0.8
lean 1
di servizio (da 0.96% a 0.99%) il beneficio è decrescente. Questo è dovuto all’andamento
delle scorte, per livelli alti di servizio, della politica lean all’aumentare del CV descritto
precedentemente.
8.1.2 I trasporti
Per quanto riguarda i trasporti, vengono considerate per EOQ e VIS due diverse logiche,
quella “aggregata” e quella “non “aggregata”. Come già spiegato, nella prima modalità
vengono eseguiti alla fine del giorno solo trasporti full truck load (FTL), a meno che,
durante la giornata, non si sia riuscito a saturare neanche un autoveicolo: in tal caso
viene eseguito un tasporto less than truck load (LTL). Nella seconda modalità a fine
giornata tutti i pezzi vengono trasportati, indipendentemente dal livello di saturazione
del veicolo. Tutte le varianti lean usano una modalità di trasporto non aggregato,
mentre per EOQ e VIS sono state simulate entrambe le modalità. È importante
sottolineare che per le varianti EOQ AGG e VIS AGG la giacenza media è pressoché
identifica rispetto a EOQ e VIS, per questo nell’analisi dei valori di inventory sono state
tralasciate.
Vengono studiati sia i trasporti che partono dai primary manufacturer (PM), per i quali
gli autoveicoli hanno capacità pari a 150 unità, sia quelli che partono dal secondary
manufacturer (SM), per i quali gli autoveicoli hanno capacità pari a 450 unità.
Nei Grafici 16, 17, 18, 19 e 20 viene riportato il numero di trasporti medio per ogni
variante del modello e per ogni tipologia di trasporto al variare del LS. I valori sono
relativi solo al coefficiente di variazione pari a 0.8, in quanto per gli altri CV l’andamento
è il medesimo.
Grafico 16: Numero di trasporti totali al variare del livello di servizio
Grafico 17: Numero di trasporti totali tra SM e Distributor al variare del livello di servizio
7900
8400
8900
9400
9900
10400
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 0,98-->1
Trasporti totali
eoq
vis
lean1
lean08
lean06
lean04
lean 02
eoq AGG
vis AGG
1800
1900
2000
2100
2200
2300
2400
2500
2600
2700
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 0,98-->1
Trasporti totali SM
eoq
vis
lean1
lean08
lean06
lean04
lean 02
eoq AGG
vis AGG
Grafico 18: Numero di trasporti totali tra PM e SM al variare del livello di servizio
Grafico 19: Numero di trasporti totali Full Track Load al variare del LS
5800
6300
6800
7300
7800
8300
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 0,98-->1
Trasporti totali PM
eoq
vis
lean1
lean08
lean06
lean04
lean 02
eoq AGG
vis AGG
0
500
1000
1500
2000
2500
3000
3500
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 0,98-->1
FTL totali
eoq
vis
lean1
lean08
lean06
lean04
lean 02
eoq AGG
vis AGG
Grafico 20: Numero di trasporti totali Less Than Track Load al variare del LS
Nelle tabelle 5, 6, 7 e 8 è riportato il valore della saturazione al variare del LS, per i
trasporti LTL tra primary manufacturer e secondary manufacturer e tra secondary e
distributor, per tutte levarianti del modello.
LS EOQ VIS EOQ AGG VIS AGG
0,92-->0,94
60,07% 59,14% 65,4% 64,4%
0,94-->0,96
66,04% 66,32% 69,2% 68,9%
0,96-->0,98
72,13% 72,75% 72,6% 73,2%
0,98-->1
77,11% 77,87% 76,0% 72,5%
Tabella 5: Valori di saturazione dei veicoli trasportati in LTL tra PM e SM al variare del livello di servizio (EOQ,VIS)
0
1000
2000
3000
4000
5000
6000
7000
8000
9000
10000
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 0,98-->1
LTL totali
eoq
vis
lean1
lean08
lean06
lean04
lean 02
eoq AGG
vis AGG
LS LEAN 1 LEAN 0.8 LEAN 0.6 LEAN 0.4 LEAN 0.2
0,92-->0,94
55,64% 61,14% 58,5% 59,9% 61,6%
0,94-->0,96
56,56% 62,37% 58,2% 59,1% 61,4%
0,96-->0,98
57,10% 65,03% 57,9% 59,3% 61,3%
0,98-->1
58,93% 65,12% 60,0% 60,9% 60,9%
Tabella 6: Valori di saturazione dei veicoli trasportati in LTL tra SM e D al variare del livello di servizio (LEAN)
LS EOQ VIS EOQ AGG VIS AGG
0,92-->0,94
61,8% 60,4% 78,4% 78,0%
0,94-->0,96
61,7% 60,4% 78,0% 77,8%
0,96-->0,98
61,0% 59,3% 77,7% 78,7%
0,98-->1
59,0% 58,8% 76,3% 79,2%
Tabella 7: Valori di saturazione dei veicoli trasportati in LTL tra SM e D al variare del livello di servizio (EOQ,VIS)
LS LEAN 1 LEAN 0.8 LEAN 0.6 LEAN 0.4 LEAN 0.2
0,92-->0,94
83,0% 82,9% 82,8% 82,7% 83,0%
0,94-->0,96
82,7% 82,7% 82,6% 82,6% 82,6%
0,96-->0,98
82,5% 82,5% 82,3% 82,4% 82,2%
0,98-->1
82,2% 82,2% 82,2% 82,0% 82,1%
Tabella 8: Valori di saturazione dei veicoli trasportati in LTL tra PM e SM al variare del livello di servizio (LEAN)
Nel Grafico 21 viene mostrato il beneficio, in termini di numero di trasporti, della
politica EOQ con trasporto aggregato rispetto alla politica lean, al variare del livello di
servizio. È stato scelto come benchmark la variante EOQ AGG perché, rispetto a EOQ
senza logica di aggregazione, riporta performance migliori. Il confronto tra lean e VIS
AGG è riportato solo in Appendice perché presenta lo stesso andamento e valori
pressoché uguali.
Grafico 21: Beneficio in termini di numero di trasporti di EOQ AGG rispetto a lean al variare del LS
Dai grafici e dalle tabelle sopra riportate, oltre che dai grafici relativi ai trasporti FTL e
LTL nei diversi tratti della filiera (riportati solo in Appendice per motivi di sintesi) si
giunge alle seguenti conclusioni:
All’aumentare del livello di servizio il numero di trasporti totali decresce per
tutte le varianti del modello. Ciò è dovuto al fatto che un livello di servizio più
alto comporta necessariamente un minor numero di backlog: se un generico
buffer di output riesce a soddisfare la domanda in una giornata, non dovrà
inviare successivamente con un altro trasporto i pezzi che non aveva disponibili
al momento;
0
500
1000
1500
2000
2500
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 ,98-->1
Beneficio EOQ AGG vs lean
lean 02
lean 04
lean 06
lean 08
lean 1
All’aumentare del livello di servizio la diminuzione di trasporti per le varianti lean
è minore rispetto alla riduzione di trasporti per EOQ e VIS e soprattutto rispetto
a EOQ AGG e VIS AGG. Il sistema kanban della logica lean comporta comunque
una maggiore frequenza di ordini e conseguentemente di trasporti rispetto alle
altre varianti;
All’aumentare del livello di servizio la riduzione del lotto nelle varianti lean
comporta un minor decremento del numero di trasporti. Ad esempio la variante
lean 0.2, lavorando su piccoli lotti e frequenti ordini, performa peggio rispetto
alla variante lean 1.
All’aumentare del livello di servizio nella politica lean diminuiscono i trasporti LTL
e aumentano i trasporti FTL. Nel tratto tra secondary e distributor i trasporti
totali rimangono sempre pari a 2000, in quanto ogni giorno avviene un trasporto
(e non più di uno grazie alla modalità di aggregazione nei trasporti), quindi
l’aumento di trasporti FTL è compensato dalla diminuzione di trasporti LTL:
essenzialmente grazie alla riduzione dei backlog alcuni trasporti LTL si
trasformano in FTL. Nel tratto tra primary e secondary invece la riduzione di
trasporti LTL è maggiore rispetto all’aumento di quelli FTL. In questo tratto i
trasporti non avvengono tutti i giorni, sia perché i primary sono 4 e gestiscono
solo 6 items a testa, sia perché generalmente per ogni prodotto vengono
consegnati lotti più grandi, quindi gli ordini ai primary arrivano meno
frequentemente. In tale situazione una diminuzione di backlog impatta
fortemente, comportando un decremento maggiore di trasporti rispetto al caso
precedente.
All’aumentare del livello di servizio nelle politiche EOQ AGG e VIS AGG si
riscontra un andamento uguale alla variante Lean nel tratto tra secondary e
distributor, dovuto alla politica di aggregazione che porta a effettuare un viaggio
al giorno;
La variante lean 1 rispetto a quella lean 0.2 presenta un maggior numero di
trasporti FTL e un minor numero di trasporti LTL nel tratto tra primary e
secondary: questo è dovuto alla diversa dimensione del lotto di produzione: ad
esempio nel caso lean 0.2 il secondary, producendo lotti più piccoli (non più pari
a 54 unità ma pari a 18 unità), invia ordini più piccoli e frequenti al primary,
aumentando il numero di trasporti LTL, mentre nel caso lean 1, che lavora con
lotti maggiori, il veicolo viene saturato più facilmente. Nel tratto tra secondary e
distributor invece non si riscontrano differenze in quanto in tal caso la
dimensione del lotto non impatta: l’output buffer del secondary essenzialmente
vede direttamente la domanda finale del mercato;
All’aumentare del livello di servizio, le politiche EOQ AGG, VIS AGG, EOQ e VIS
mostrano un aumento della saturazione dei trasporti LTL nel tratto tra primary e
secondary manufacturer. In queste varianti del modello l’ordine che il seconday
invia a monte è pari a 130 unità, quindi al diminuire dei backlog la saturazione
dei veicoli aumenta, mentre per le varianti lean la dimensione dell’ordine è
variabile ma comunque minore. In tutte le altre casistiche il valore della
saturazione non mostra trend significativi;
Le varianti del modello che utilizzano trasporti aggregati, EOQ e VIS, hanno un
valore di saturazione nel tratto tra primary e secondary decisamente inferiore
rispetto alle altre varianti (60% rispetto a 80%): la politica di non aggregazione
porta infatti a effettuare molti trasporti insaturi.
Nei Grafici 22 e 23 è mostrato il beneficio in termini di numero di trasporti della politica
EOQ AGG rispetto a Lean, all’aumentare del CV, rispettivamente per valori bassi (da
0.92% a 0.96%) e per valori alti (da 0.96% a 0.99%) di livello di servizio.
Grafico 22: Beneficio di EOQ con trasporto aggregato rispetto a lean al variare del CV per bassi LS
Grafico 23: Beneficio di EOQ con trasporto aggregato rispetto a lean al variare del CV per bassi LS
Il beneficio di EOQ AGG rispetto a lean è decrescente. Questo andamento significa che
all’aumentare del CV, per qualsiasi livello di servizio, nella politica lean l’aumento di
trasporti è minore rispetto all’aumento di trasporti per la variante EOQ AGG. Il motivo
risiede nel fatto che anche per CV bassi nella politica lean i trasporti avvengono
praticamente tutti i giorni, mentre per EOQ aggregato questo non accade: perciò
0
500
1000
1500
2000
0,4 0,6 0,8
Beneficio EOQ AGG vs lean al variare del CV (0.92-->0.96 SL)
lean1
lean08
lean06
lean04
lean 02
0
500
1000
1500
2000
2500
0,4 0,6 0,8
Beneficio EOQ AGG vs lean al variare del CV (0.96-->0.99 SL)
lean1
lean08
lean06
lean04
lean 02
l’aumento di variabilità impatta maggiormente su EOQ rispetto a lean in termini di
numero di viaggi.
8.1.3 Il costo totale
Per ogni variante del modello, viene calcolato il costo medio annuale che deve sostenere
la supply chain. Tale costo è composto da due addendi, quello relativo alle scorte e
quello relativo ai trasporti.
Come già accennato, il costo di mantenimento a scorta è calcolato come:
Il valore della giacenza media per ogni variante è il risultato delle simulazioni, mentre il
valore unitario, cioè il costo della merce, è fissato pari a 100€ e il TAMS è pari a 20%.
Il costo relativo ai trasporti, come già accennato, viene calcolato in due modi diversi.
Nel primo caso il costo è funzione del costo unitario dei pezzi, più precisamente:
Il costo logistico rappresenta una percentuale del valore unitario della merce relativa al
costo del trasporto e assume un valore variabile in tale analisi. Il numero di pezzi
all’anno ,calcolato in base alla domanda media giornaliera e al numero di giorni
lavorativi, vale 84480 unità.
Il costo unitario per pezzo è il parametro che cambia per ogni variante del modello.
L’ipotesi alla base è che i pezzi trasportati in LTL costino il 30% in più rispetto a quelli
trasportati in FTL. Perciò per ogni range di livello di servizio e per ogni variante del
modello viene identificato un valore del costo per pezzo tramite la seguente formula:
Nel secondo caso il costo del trasporto è funzione del numero di trasporti:
Il coefficiente di trasporto è il parametro che cambia per i diversi range di livello di
servizio e per ogni variante del modello, e viene calcolato come rapporto tra il numero
di viaggi
reale e il numero di viaggi ideale (parametro fisso calcolato in base alle capacità dei
veicoli, alla domanda media e al numero di giorni simulati in una run ).
Il Grafico 24 riporta l’andamento del costo totale della supply chain per ogni variante del
modello al variare del LS, con il parametro relativo al costo logistico fissato al 2%, per la
politica di trasporto basata sul costo per pezzo. Tali valori e quelli compresi nei
successivi grafici fanno riferimento al caso in cui il coefficiente di variazione della
domanda sia pari a 0.8, in quanto gli andamenti per gli altri CV sono gli stessi e perciò
riportati solo in Appendice. Come si evince dal grafico, all’aumentare del livello di
servizio il costo totale è crescente. Siccome il numero di trasporti e di conseguenza il
costo del trasporto è decrescente, tale andamento è dettato dall’aumento delle scorte e
di conseguenza del relativo costo. È importante ricordare che questo andamento deriva
dal valore di costo logistico (2%) e di tasso annuo di mantenimento a scorta (20%),
valori che risultano tuttavia decisamente realistici.
Grafico 24: Andamento del costo totale all’aumentare del livello di servizio
250000
270000
290000
310000
330000
350000
370000
390000
410000
430000
0,92-->0,94 0,94-->0,96 0,96-->0,98 ,98-->1
Costo totale
EOQ
VIS
EOQ AGG
VIS AGG
Lean_1_0
Lean_0,8_0
Lean_0,6_0
Lean_0,4_0
Lean_0,2_0
In questa analisi i valori relativi alla politica lean vengono confrontati con quelli relativi a
EOQ AGG, che risulta essere più performante rispetto a EOQ, in quanto mantiene lo
stesso livello di scote ma presenta un numero di trasporti inferiore. In Grafico 25 è
mostrato il beneficio assoluto in termini di costo delle politiche lean rispetto a EOQ AGG,
sempre con i parametri di costo logistico e TAMS fissati a 2% e 20%: tale beneficio risulta
essere
crescente all’aumentare del livello di servizio, quindi per questi parametri i benefici in
termini di scorte della lean sono sempre più rilevanti rispetto ai benefici in termin di
viaggi per EOQ AGG. Tale andamento è maggiore per le varianti lean con diminuzione
dei lotti.
Grafico 25: Beneficio di lean rispetto a EOQ AGG al variare del livello di servizio
0
20000
40000
60000
80000
100000
120000
Beneficio lean vs EOQ AGG
Lean_1_0
Lean_0,8_0
Lean_0,6_0
Lean_0,4_0
Lean_0,2_0
L’analisi sui costi totali viene viene effettuata facendo variare un parametro ρ pari al
rapporto tra costo logistico e TAMS. Come si evince dalla Tabella 9, in realtà il TAMS
viene
lasciato invariato, quindi è solo il costo logistico a modificare il rapporto ρ.
TAMS Costo log
ρ TAMS Costo log
ρ
20 0,5 0,025 20 8,5 0,425
20 1 0,05 20 9 0,45
20 1,5 0,075 20 9,5 0,475
20 2 0,1 20 10 0,5
20 2,5 0,125 20 10,5 0,525
20 3 0,15 20 11 0,55
20 3,5 0,175 20 11,5 0,575
20 4 0,2 20 12 0,6
20 4,5 0,225 20 12,5 0,625
20 5 0,25 20 13 0,65
20 5,5 0,275 20 13,5 0,675
20 6 0,3 20 14 0,7
20 6,5 0,325 20 14,5 0,725
20 7 0,35 20 15 0,75
20 7,5 0,375 20 15,5 0,775
20 8 0,4 20 16 0,8
Tabella 9: Valori del rapporto ρ al variare del costo logistico
In Grafico 26 è mostrato il risparmio percentuale delle politiche lean rispetto a EOQ AGG
al variare del rapporto ρ. I valori sono calcolati tramite la media per tutti i livelli di
servizi. All’aumentare del rapporto il beneficio è decrescente, fino al punto in cui la
politica EOQ AGG risulta più conveniente: ovviamente aumentando sempre di più il
costo logistico, gli aggravi della politica lean in termini di trasporto non sono più
compensati dai benefici relativi al minor costo delle scorte. Nel Grafico 27 sono riportati,
all’aumentare del livello di servizio, i valori di ρ per cui il risparmio delle varianti lean
rispetto a EOQ AGG è nullo: le curve di break-even risultano crescenti.
Grafico 26: Beneficio percentuale di lean rispetto a EOQ AGG al variare di ρ (politica di costo dei
trasporti in funzione del costo unitario dei pezzi)
Grafico 27: Curve di break-even del beneficio tra lean e EOQ AGG al variare del livello di servizio
Per quanto riguarda la seconda modalità di calcolo del costo del trasporto, tutti gli
andamenti visti nel caso del costo in funzione dei pezzi sono confermati. È utile però
mostrare il risparmio di lean rispetto a EOQ AGG per questa seconda modalità di calcolo.
Nel Grafico 28 si vede che i valori per cui si annulla il beneficio della politica lean sono
inferiori rispetto al caso precedente: questo è dovuto al fatto che, siccome il focus è sul
numero di viaggi e non più sui pezzi trasportati, il costo logistico impatta maggiormente
sulla politica lean rispetto a prima.
-10%
0%
10%
20%
30%
40%
50%
0,04 0,16 0,28 0,40 0,52 0,64 0,76
Savi
ngs
ρ
Savings lean Vs EOQ AGG (1)
Lean_20%
Lean_40%
Lean_60%
Lean_80%
Lean_100%
-
0,20
0,40
0,60
0,80
1,00
1,20
1,40
92% 93% 94% 95% 96% 97% 98%
ρ
Service level
Curve di break-even lean vs EOQ AGG
Lean_100%
Lean_60%
Grafico 28: Beneficio percentuale di lean rispetto a EOQ AGG al variare di ρ (politica di costo logistico in
funzione del numero di trasporti)
Per quanto riguarda il confronto tra i costi totali nei diversi scenari di variabilità della
domanda, i Grafici 29 e 30 mostrano il beneficio assoluto (quello percentuale ha il
medesimo andamento) dela politica lean rispetto a EOQ AGG al variare del CV,
rispettivamente per valori bassi (da 0.92% a 0.96%) e alti (da 0.96% a 0.99%) di livello di
servizio. Tali grafici sono relativi alla politica di costo del trasporto basata sul costo per
pezzo.
Nei Grafici 31 e 32 viene effettuato il medesimo confronto, ma nel caso di costo del
trasporto calcolato in base al numero di viaggi.
In entrambe le modalità di calcolo, all’aumentare del CV il beneficio della politica lean
risulta crescente per bassi valori di livello di servizio. All’aumentare del livello di servizio
invece l’andamento è diverso: nel primo caso il beneficio mediamente decresce, nel
secondo caso invece rimane crescente. Questa differenza è dovuta al fatto che nel
primo caso il costo di trasporto è in base ai pezzi trasportati, e come si è già visto, la
politica lean all’aumentare del CV per livelli di servizi alti aumenta le proprie scorte in
modo più che proporzionale. Nel secondo caso, siccome il costo di trasporto è relativo al
numero di viaggi, questa peculiarità della logica lean impatta molto meno.
-20%
-10%
0%
10%
20%
30%
40%
50%
0,025 0,1 0,175 0,25 0,325 0,4 0,475
Savi
ngs
µ
Savings Lean Vs EOQ (2)
Lean_100%
Lean_60%
Lean_20%
LEAN_80%
LEAN_40%
Grafico 29: Beneficio assoluto in termini di costo di lean rispetto a EOQ AGG al variare del CV per bassi
livelli di LS (politica di costo dei trasporti in funzione del costo unitario dei pezzi)
Grafico 30: Beneficio assoluto in termini di costo di lean rispetto a EOQ AGG al variare del CV per alti
livelli di LS (politica di costo dei trasporti in funzione del costo unitario dei pezzi)
0
10000
20000
30000
40000
50000
60000
70000
80000
0.4 0.6 0.8
Beneficio lean vs EOQ AGG (0.92-->0.96 SL)(1)
Lean_1_0
Lean_0,8_0
Lean_0,6_0
Lean_0,4_0
Lean_0,2_0
0,00
20000,00
40000,00
60000,00
80000,00
100000,00
120000,00
0.4 0.6 0.8
Beneficio lean vs EOQ AGG (0.96-->0.9 SL) (1)
Lean_1_0
Lean_0,8_0
Lean_0,6_0
Lean_0,4_0
Lean_0,2_0
Grafico 31: Beneficio assoluto in termini di costo di lean rispetto a EOQ AGG al variare del CV per bassi
livelli di LS politica di costo logistico in funzione del numero di trasporti)
Grafico 32: Beneficio assoluto in termini di costo di lean rispetto a EOQ AGG al variare del CV per alti
livelli di LS (politica di costo logistico in funzione del numero di trasporti)
0
10000
20000
30000
40000
50000
60000
0.4 0.6 0.8
Beneficio lean vs EOQ AGG (0.92-->0.96 SL)(2)
Lean_1_0
Lean_0,8_0
Lean_0,6_0
Lean_0,4_0
Lean_0,2_0
0
10000
20000
30000
40000
50000
60000
70000
0.4 0.6 0.8
Beneficio lean vs EOQ AGG (0.96-->0.99 SL)(2)
Lean_1_0
Lean_0,8_0
Lean_0,6_0
Lean_0,4_0
Lean_0,2_0
8.2 Confronto tra i modelli mono-prodotto e multi-prodotto
Il confronto tra i valori ottenuti dalle simulazioni dei due diversi modelli verrà effettuto
solo in termini di inventory del sistema in quanto i trasporti non risultano comparabili,
sia nel tratto tra PM e SM, sia nel tratto tra SM e D. Per quanto riguarda il primo, un
confronto sarebbe impossibile data la compresenza di quattro fornitori nel modello
multi-prodotto contro uno solo nel modello mono-prodotto, il che comporta un
inevitabile incremento di trasporti. Il numero di trasporti nel caso multi non è tuttavia
pari semplicemente a 4 volte quello del mono, poichè ogni fornitore gestisce solo una
parte della gamma e quindi gli ordini possono variare tra un fornitore e l’altro; inoltre la
somma della capacità dei veicoli nel caso multi è superiore rispetto alla capacità del
veicolo nel caso mono, in quanto è necessario avere dello spazio di “scorta” per
sopperire ad eventuali backlog (altro elemento che rende difficile la comparazione).
Per quanto riguarda il tratto tra SM e D la motivazione del mancato confronto risiede nel
numero assoluto dei trasporti: siccome i trasporti comprendono tutti i prodotti
indifferentemente, nel caso multi-prodotto la variabilità della domanda impatta
pochissimo: il numero di trasporti rimane sempre pari a 2000 (con bassissime
fluttuazioni), pari a un trasporto al giorno. Tale stabilità non sussiste in un contesto
mono-prodotto, in cui la variabilità della domanda impatta maggiormente perchè non
compensata dagli altri prodotti. La Tabella 10 è esemplificativa in tal senso.