Giornata Tondelli, Correggio, Palazzo dei Principi, 13 dicembre 2014. Intervento di Olga Campofreda: Le opere di Pier Vittorio Tondelli tra letteratura e testimonianza, appunti su Pao Pao 1 PIER VITTORIO TONDELLI TRA LETTURA E TESTIMONIANZA UNA LETTURA CRITICA DI PAO PAO di Olga Campofreda 1. Stato dell’arte e nuovi approcci critici L’anno prossimo cadranno i primi venticinque anni dalla scomparsa di Pier Vittorio Tondelli e questa ricorrenza può senza dubbio considerarsi uno degli stimoli principali alla mia riflessione. Un venticinquennio sembra una distanza interessante per tornare a osservare criticamente l’opera di un autore contemporaneo che ha subito tentativi di catalogazione e giudizio a partire dall’immediato debutto. Questo lavoro parte dunque da una mappatura sullo stato dell’arte relativo all’opera di Tondelli e da uno sguardo d’insieme, raffreddato e più consapevole rispetto al contesto nel quale l’autore correggese è venuto a emergere nel corso degli anni. Uno strano paradosso ruota intorno alla fortuna critica di questo autore. Nel periodo immediatamente successivo alla sua morte, per tutti gli anni Novanta fino ai primi anni Zero le pubblicazioni che hanno fornito un’interpretazione del lavoro tondelliano si sono susseguite a cadenza piuttosto regolare confondendosi spesso con scritture di testimonianza e altre che potrebbero essere definite di “devozione”. Pur avendo scritto solo per un decennio –gli anni Ottanta- Tondelli ha fatto irruzione nel panorama letterario ed editoriale italiano con una potenza notevole e ha lasciato un segno su molti giovani scrittori che non di rado qualcuno ha azzardato ad ascrivere a una vera e propria scuola. Al momento della morte Pier Vittorio Tondelli è un autore di un best-seller, Rimini (1985) e di un importante successo internazionale, Camere Separate (1989), oltre che punto di riferimento culturale per le nuove generazioni di lettori di magazine come Rockstar e Linus. Non c’è dunque da stupirsi della grande nebulosa di scritture esplose all’indomani della sua scomparsa.
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Giornata Tondelli, Correggio, Palazzo dei Principi, 13 dicembre 2014.
Intervento di Olga Campofreda: Le opere di Pier Vittorio Tondelli tra letteratura e
testimonianza, appunti su Pao Pao
1
PIER VITTORIO TONDELLI TRA LETTURA E TESTIMONIANZA
UNA LETTURA CRITICA DI PAO PAO
di Olga Campofreda
1. Stato dell’arte e nuovi approcci critici
L’anno prossimo cadranno i primi venticinque anni dalla scomparsa di Pier Vittorio
Tondelli e questa ricorrenza può senza dubbio considerarsi uno degli stimoli principali alla
mia riflessione. Un venticinquennio sembra una distanza interessante per tornare a osservare
criticamente l’opera di un autore contemporaneo che ha subito tentativi di catalogazione e
giudizio a partire dall’immediato debutto.
Questo lavoro parte dunque da una mappatura sullo stato dell’arte relativo all’opera di
Tondelli e da uno sguardo d’insieme, raffreddato e più consapevole rispetto al contesto nel
quale l’autore correggese è venuto a emergere nel corso degli anni.
Uno strano paradosso ruota intorno alla fortuna critica di questo autore. Nel periodo
immediatamente successivo alla sua morte, per tutti gli anni Novanta fino ai primi anni Zero
le pubblicazioni che hanno fornito un’interpretazione del lavoro tondelliano si sono susseguite
a cadenza piuttosto regolare confondendosi spesso con scritture di testimonianza e altre che
potrebbero essere definite di “devozione”. Pur avendo scritto solo per un decennio –gli anni
Ottanta- Tondelli ha fatto irruzione nel panorama letterario ed editoriale italiano con una
potenza notevole e ha lasciato un segno su molti giovani scrittori che non di rado qualcuno ha
azzardato ad ascrivere a una vera e propria scuola. Al momento della morte Pier Vittorio
Tondelli è un autore di un best-seller, Rimini (1985) e di un importante successo
internazionale, Camere Separate (1989), oltre che punto di riferimento culturale per le nuove
generazioni di lettori di magazine come Rockstar e Linus. Non c’è dunque da stupirsi della
grande nebulosa di scritture esplose all’indomani della sua scomparsa.
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Le scritture di testimonianza hanno talvolta valore critico, ma sono sempre piuttosto
vicine alla forma dell’ omaggio nei confronti di un autore sentito ancora troppo presente per
essere a tutti gli effetti analizzato. A questa categoria appartengono gli interventi raccolti nel
1992 dal numero speciale che la rivista Panta ha dedicato a uno dei suoi fondatori. Si
esprimono su Pier Vittorio Tondelli amici, colleghi, critici e giornalisti differentemente legati
all’autore, concentrando per la maggior parte il proprio commento sull’autore stesso e il suo
ruolo, piuttosto che sull’opera tondelliana lasciata da poco orfana di padre. Lo stesso si può
dire di Tondelli tour, secondo numero monografico dedicato dalla rivista nel decennale della
morte dello scrittore. Già a partire dal titolo è chiaro l’intento dei curatori: in entrambi i casi si
tratta di uno sguardo corale su diversi aspetti della persona e della sua opera volte a restituire
un ritratto attraverso una serie di pennellate veloci, una visita ma non un soggiorno, un tour,
appunto. Si può attribuire valore di tributo-testimonianza, piuttosto che un intento
propriamente critico, anche a due relativamente recenti scritture di Andrea Demarchi, Tondelli
all’Orvietnam (2004) e Pier Vittorio Tondelli, un ritratto a memoria (2007). Anche in questo
caso i titoli dei testi sono decisamente trasparenti e denotano un interesse più affettivo,
umano, che scientificamente volto all’analisi della letteratura tondelliana. Nel caso del primo
testo, in particolare, il lavoro svolto dal curatore è stato totalmente anti-letterario, dal
momento che a partire dal romanzo Pao Pao l’intento è stato quello di raccogliere
testimonianze reali di quanto trasposto da Tondelli stesso in forma narrativa.
Una particolare forma di scrittura-testimonianza è Pier e la Generazione (2005), una
riflessione che a differenza delle altre non cerca di rievocare un rapporto personale con
Tondelli o un suo particolare ritratto privato; l’operazione di Enrico Palandri sfrutta piuttosto
il passato, la distanza, per ripensare a un’epoca e a una generazione, la propria, quella di
Tondelli e degli scrittori che tra la fine degli anni Settanta e i primi Ottanta si sono presentati
con le loro prime prove letterarie. Non si tratta dunque di riportare al presente il ricordo dello
scrittore correggese, ma di ricollocarlo adeguatamente nel suo passato con uno sguardo più
oggettivo e una maggiore distanza dal contesto originario.
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Un’ulteriore categoria è quella prettamente critica. In questo caso si possono individuare due
tendenze. La prima si propone di analizzare cronologicamente l’evoluzione della narrativa
tondelliana, e a questo gruppo appartengono il lavoro di Roberto Carnero, Lo spazio
emozionale (1998), e Pier Vittorio Tondelli (2003) di Enrico Minardi. La seconda tendenza
critica è quella di attraversare l’opera tondelliana attraverso temi ben distinti, considerati
particolarmente rappresentativi. Il viaggio, la provincia, il ritorno, l’abbandono, la moda e
l’interesse per le culture giovanili: da Altri Libertini al Weekend Postmoderno questi temi
sono isolati e messi in relazione con le fonti che li hanno ispirati (la narrativa americana, in
particolare quella dei beat e Jack Kerouac, la new wave inglese degli Smiths, ecc.). A tale
categoria possono ascriversi testi come Verso casa. Viaggio nella narrativa di Pier Vittorio
Tondelli (1999) di Elena Buia, Atlante delle derive (2002) di Giulio Iacoli e i due testi di
Antonio Spadaro Attraversare l’attesa (1999) e Lontano dentro se stessi (2002) incentrati sul
tema della fede e della religione nelle opere e nella vita dell’autore. Il libro di Elisabetta
Mondello, In principio fu Tondelli (2007) si può collocare in questo gruppo di opere critiche
orientate tematicamente in quanto concentra la propria analisi sulla contaminazione del
linguaggio mediatico in letteratura, un atteggiamento che –come vedremo più avanti- a partire
da Tondelli si sarebbe poi riversato nell’esperienza dei giovani Cannibali.
Nello stilare una panoramica sullo stato dell’arte riguardo la critica tondelliana, è
opportuno infine considerare anche la serie di ricerche portate avanti nell’ambito degli studi di
genere e pubblicati su riviste di settore. A tale proposito si è scelto di descrivere più avanti il
lavoro di Derek Dunkan (An art of body in resistance, Italica, 1999) incentrato sul tema del
corpo; quello di Jennifer Burns, sulla ricezione estera del romanzo Camere Separate quale
primo romanzo italiano sull’AIDS (Code-Breaking: the demands of interpretation in the work
of Pier Vittorio Tondelli, The Italianist, 2000); Leo’s passion: suffering and homosexual body
in Camere Separate, (Italian Studies, 2007) di Eugenio Bolongaro; La séduction o du
sentiment de l’abandon (Cahiers d’etudes italiennes, 2006) di Flaviano Pisanelli.
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Da questo quadro generale si ricava il ritratto di uno scrittore che ancora non riesce a essere
letto al di là del decennio che ha fatto da sfondo alle sue opere. Certamente l’attività
giornalistica e lo sguardo particolare sulla fauna giovanile della provincia italiana -e poi
europea- hanno contribuito a rafforzare il legame dell’autore col proprio tempo, eppure
proprio questo legame a lungo andare si trasforma in una rete che impedisce una lettura più
profonda dell’opera tondelliana. Quello nel quale stiamo per inoltrarci è un discorso sullo
sguardo.
Prima di entrare nel dettaglio è necessario chiarire il nostro punto di vista sulla differenza che
sussiste tra un’opera di testimonianza e un’opera di letteratura, prendendo in considerazione
due parametri fondamentali: l’universalità (o il potenziale universale) dell’opera in questione
e la consapevolezza –in essa- dello strumento scrittura, il mezzo principale attraverso cui
l’opera prende forma. Se il primo parametro è di tipo contenutistico, il secondo appartiene alla
categoria estetica.
Un’opera di testimonianza ha più a che fare con la storiografia o con il giornalismo. Si
potrebbe continuare a dire per esempio che alcune opere di Tondelli, come i brani raccolti in
un Weekend Postmoderno, per il fatto che offrano ampie panoramiche e approfondimenti
culturali su personaggi, luoghi, forme d’arte degli anni Ottanta, possano essere ascritti alla
categoria del giornalismo; lo stesso vale per alcuni testi propriamente narrativi: Altri Libertini,
Pao Pao, Camere separate, rispettivamente uno spaccato narrativo sulla condizione giovanile
reduce dagli anni Settanta, la vita in caserma nel periodo del servizio di leva e una storia
d’amore omosessuale. Le scritture appena citate hanno certamente dal punto di vista
contenutistico un forte legame con la categoria della testimonianza, eppure, come si diceva,
non va tralasciato il valore di universalità che gioca parte fondamentale nell’ambito di queste
stesse opere e concede loro l’ingresso nel mondo della letteratura.
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Scardinate dalla contingenza dell’attualità, le opere letterarie dialogano attraverso il tempo. È
un concetto espresso con grande chiarezza da T.S. Eliot nel saggio del 1921, Tradition and
individual talent:
We dwell with satisfaction upon the poet’s difference from his predecessors, especially his
immediate predecessors; we endeavour to find something that can be isolated in order to be
enjoyed. Whereas if we approach a poet without this prejudice we shall often find that not
only the best, but the most individual parts of his work may be those in which the dead poets,
his ancestors, assert their immortality most vigorously.
Eliot sostiene che troppo spesso la critica contemporanea accoglie positivamente un’opera
basandosi sul concetto di originalità della stessa. Quello che però innalza la scrittura al livello
di opera letteraria è la capacità dell’opera in questione, capacità intesa proprio nel senso
letterale del termine, ovvero quanto quest’opera sia in grado di contenere gli echi delle opere
letterarie precedenti. Non si tratta di pastiche postmoderno, ma di un dialogo tra opere
letterarie appartenenti a tempi diversi, che tuttavia comunicano attraverso il linguaggio
universale proprio della letteratura.
In questo contesto sussiste lo sviluppo di un particolare senso della storia, per l’appunto una
visione universale di essa:
the historical sense compels a man to write not merely with his own generation in his bones,
but with a feeling that the whole of the literature of Europe from Homer and within it the
whole of the literature of his own country has a simultaneous existence and composes a
simultaneous order.
La letteratura di tutti i tempi e di tutti i Paesi ha una vita propria e simultanea rispetto al
succedersi degli eventi.
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2. PAO PAO (1982) - Prove tecniche per una lettura universale
Uscito nel 1982, Pao Pao è il secondo romanzo di Pier Vittorio Tondelli uscito a soli
due anni di distanza dal debutto che con Altri Libertini aveva trasformato l’autore in un caso
letterario. Tutte le opere di Tondelli, nel momento in cui vengono recensite, il più delle volte
non riescono a essere lette indipendentemente dai dettagli autobiografici dell’autore o da un
giudizio su ciò che la persona Pier Vittorio Tondelli ha rappresentato nel panorama culturale
italiano degli anni Ottanta. Difficile dunque approcciarsi ai suoi libri senza pregiudizi di sorta,
con uno sguardo anzi totalmente limpido e libero da condizionamenti. Nel delineare i principi
un metodo critico volto a ricercare il letterario rispetto al valore cronachistico-testimoniale,
Pao Pao sembra un buon punto di partenza: non è certamente l’opera più conosciuta e
discussa dell’autore e soprattutto la forte componente autobiografica che la caratterizza rende
a maggior ragione necessaria un’individuazione degli elementi di letterarietà presenti in essa.
Perché e in che modo quest’opera riesce ad entrare nel dialogo letterario con i suoi precursori?
Nel 1982, immediatamente dopo la pubblicazione, l’accoglienza che la critica riserva al
romanzo non si mostra particolarmente positiva. Come ricorda E. Minardi “nel suo
complesso, la critica sottolinea i toni mélo e sentimentali a cui la scrittura tondelliana
volentieri si piega in questo libretto […] ma non vengono neppure meno le consuete notazioni
sociologiche, linguistiche, ovvero relative ai debiti contratti da Tondelli con Arbasino o con
una certa letteratura Anglo-americana […]”1. Lo stesso Minardi individua “un’ispirazione
diaristica alla base del romanzo”2 dal momento che nasce come cronaca dell’anno 1980-81
trascorso tra Orvieto e Roma dall’autore richiamato per il servizio di leva militare. Il romanzo
era stato anticipato da alcuni interventi pubblicati su «Il Resto del Carlino» tra il 15 febbraio