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PENDAGLIO A BULLE SFERICHE D’ARGENTO DALL’AREA CENOMANE Nicola Bianca Fábry (1) Riassunto. Le sfere in lamina d’argento decorate a sbalzo provenienti dalla necropoli cenomane di Povegliano-Ortaia e dall’abitato di Monte Loffa (provincia di Verona) documentano una forma nuova e molto particolare di pendagli nonché una versione recente dello stile plastico dell’arte lateniana (ultimi decenni del II sec. a.C.). Le 9 monete romane deposte nel corredo della tomba 37, cui appartiene il pendaglio completo, si datano tra il 211 e il 120 a.C. il quale diventa terminus post quem per la chiusura della tomba. Elementi comuni si hanno con le perle in lamina d’oro del « tesoro » di Szárazd-Regöly, in Ungheria e con le iconografie di alcune monete celtiche. Il confronto più prossimo è quello delle teste umane dei dischi-falera di Manerbio in provincia di Brescia e delle corna degli arieti presenti sulle appliques ricurve del medesimo complesso, da riferire verosimilmente a un contesto cultuale (santuario di una divinità celtica romanizzata in Minerva ?). I pendagli a bulle d’argento qui presentati arricchiscono il panorama della parure cenomane e integrano l’espressione artistica e simbolica lateniane che finora era illustrata dalle scoperte di Manerbio. Résumé. Les pendeloques sphériques en tôle d’argent décorées au repoussé, provenant de la nécropole cénomane de Povegliano- Ortaia et de l’habitat de Monte Loffa, dans le Véronais, témoignent des réalisations les plus récentes du style plastique de l’art laténien (dernières décennies du II e s. av. J.-C.). Les neuf monnaies romaines du mobilier de la tombe 37 de Povegliano-Ortaia, à laquelle appartient la pendeloque la plus complète, sont datées entre 211 et 120 av. J.-C., terminus post quem pour la fermeture de la tombe. Ces pendeloques ont des éléments en commun avec les perles en tôle d’or du « trésor » de Szárazd-Regöly, en Hongrie, et avec les iconographies de quelques monnaies celtiques. Toutefois, l’élément de comparaison le plus proche est offert par les têtes humaines des disques-phalères de Manerbio et par les cornes de béliers qui décorent les appliques courbes du même ensemble, découvert en 1927 dans la province de Brescia, dans un contexte probablement cultuel (sanctuaire d’une divinité celtique romanisée en Minerve ?). Les pendeloques sphériques en argent enrichissent le panorama de la parure des Cénomans et intègrent l’expression artistique et la symbolique laténiennes qui, jusqu’à présent, étaient illustrées par les découvertes de Manerbio. (1) Docteur en archéologie - [email protected] 1. PREMESSA In località Ortaia-Madonna dell’Uva Secca presso Povegliano Veronese (Verona), le indagini archeologiche programmate, svolte tra il 2007 e il 2009 (Vitali et alii, c.s.), hanno portato in luce 174 tombe quasi esclusiva- mente di tipo lateniano e gallo-romano che fanno parte di una più vasta necropoli celtica, romana e longobarda, a più nuclei, la cui esplorazione è iniziata nel 1992 e 1993 1 . 1. La necropoli di Povegliano - Ortaia, in loc. Madonna dell’Uva Secca, è stata oggetto di due distinti programmi di scavo, entrambi diretti dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto : il primo, attuato nel 1992 e 1993, ha portato in luce 315 tombe che P. Hudson, ha riconosciuto di facies lateniana, gallo-romana e romana e 112 di età longobarda (Hudson, 1996) ; il secondo, attuato nel triennio 2007-2009, immediatamente a nord-ovest degli scavi precedenti, ne ha messe in luce 174, quasi esclusivamente di tipo lateniano e gallo-romano. La campagna 2007-2009 è stata frutto di una collaborazione in convenzione tra la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto, l’Università di Bologna e l’Università ELTE di Budapest. Il numero elevato di tombe di età gallica e gallo- romana – superiore alle 400 unità – indica l’importanza di questo settore della bassa pianura veronese, privilegiato da un popolamento di lunga durata e piuttosto consistente. La necropoli è bi-rituale, con un numero molto elevato di tombe infantili, di regola inumati, e tombe di adulti in gran parte incinerati. Agli incinerati è quasi sempre associato un numero variabile di armi di ferro, che mancano quasi del tutto nelle inumazioni. A livello di strutture tombali si riconoscono fosse o buche semplici destinate a contenere i resti del morto e qualche elemento di corredo, generalmente di dimensioni piccole o ordinarie, e fosse di grandi dimensioni con cas- sone ligneo, che in due casi, a livello del piano di campa- gna, erano delimitate da un fossato anulare e che probabilmente erano coperte da un tumulo. Sono queste fosse più importanti (e ancora visibili al suolo) che furono in parte saccheggiate nell’antichità. Les Celtes et le Nord de l'Italie (Premier et Second Âges du fer). Actes du XXXVI e colloque international de l'A.F.E.A.F. (Vérone, 17-20 mai 2012). 495 p. 495-502 (36 e supplément à la R.A.E.) © S.A.E. et A.F.E.A.F., 2014
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PENDAGLIO A BULLE SFERICHE D’ARGENTO DALL’AREA CENOMANE

Jan 28, 2023

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PENDAGLIO A BULLE SFERICHE D’ARGENTO DALL’AREA CENOMANE

Nicola Bianca Fábry (1)

Riassunto. Le sfere in lamina d’argento decorate a sbalzo provenienti dalla necropoli cenomane di Povegliano-Ortaia e dall’abitato di Monte Loffa (provincia di Verona) documentano una forma nuova e molto particolare di pendagli nonché una versione recente dello stile plastico dell’arte lateniana (ultimi decenni del II sec. a.C.). Le 9 monete romane deposte nel corredo della tomba 37, cui appartiene il pendaglio completo, si datano tra il 211 e il 120 a.C. il quale diventa terminus post quem per la chiusura della tomba. Elementi comuni si hanno con le perle in lamina d’oro del « tesoro » di Szárazd-Regöly, in Ungheria e con le iconografie di alcune monete celtiche. Il confronto più prossimo è quello delle teste umane dei dischi-falera di Manerbio in provincia di Brescia e delle corna degli arieti presenti sulle appliques ricurve del medesimo complesso, da riferire verosimilmente a un contesto cultuale (santuario di una divinità celtica romanizzata in Minerva ?). I pendagli a bulle d’argento qui presentati arricchiscono il panorama della parure cenomane e integrano l’espressione artistica e simbolica lateniane che finora era illustrata dalle scoperte di Manerbio.

Résumé. Les pendeloques sphériques en tôle d’argent décorées au repoussé, provenant de la nécropole cénomane de Povegliano-Ortaia et de l’habitat de Monte Loffa, dans le Véronais, témoignent des réalisations les plus récentes du style plastique de l’art laténien (dernières décennies du II e s. av. J.-C.). Les neuf monnaies romaines du mobilier de la tombe 37 de Povegliano-Ortaia, à laquelle appartient la pendeloque la plus complète, sont datées entre 211 et 120 av. J.-C., terminus post quem pour la fermeture de la tombe. Ces pendeloques ont des éléments en commun avec les perles en tôle d’or du « trésor » de Szárazd-Regöly, en Hongrie, et avec les iconographies de quelques monnaies celtiques. Toutefois, l’élément de comparaison le plus proche est offert par les têtes humaines des disques-phalères de Manerbio et par les cornes de béliers qui décorent les appliques courbes du même ensemble, découvert en 1927 dans la province de Brescia, dans un contexte probablement cultuel (sanctuaire d’une divinité celtique romanisée en Minerve ?).Les pendeloques sphériques en argent enrichissent le panorama de la parure des Cénomans et intègrent l’expression artistique et la symbolique laténiennes qui, jusqu’à présent, étaient illustrées par les découvertes de Manerbio.

(1) Docteur en archéologie - [email protected]

1. Premessa

In località Ortaia-Madonna dell’Uva Secca presso Povegliano Veronese (Verona), le indagini archeologiche programmate, svolte tra il 2007 e il 2009 (Vitali et alii, c.s.), hanno portato in luce 174 tombe quasi esclusiva-mente di tipo lateniano e gallo-romano che fanno parte di una più vasta necropoli celtica, romana e longobarda, a più nuclei, la cui esplorazione è iniziata nel 1992 e 19931.

1. La necropoli di Povegliano - Ortaia, in loc. Madonna dell’Uva Secca, è stata oggetto di due distinti programmi di scavo, entrambi diretti dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto : il primo, attuato nel 1992 e 1993, ha portato in luce 315 tombe che P. Hudson, ha riconosciuto di facies lateniana, gallo-romana e romana e 112 di età longobarda (Hudson, 1996) ; il secondo, attuato nel triennio 2007-2009, immediatamente a nord-ovest degli scavi precedenti, ne ha messe in luce 174, quasi esclusivamente di tipo lateniano e gallo-romano. La campagna 2007-2009 è stata frutto di una collaborazione in convenzione tra la Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto, l’Università di Bologna e l’Università ELTE di Budapest.

Il numero elevato di tombe di età gallica e gallo-romana – superiore alle 400 unità – indica l’importanza di questo settore della bassa pianura veronese, privilegiato da un popolamento di lunga durata e piuttosto consistente. La necropoli è bi-rituale, con un numero molto elevato di tombe infantili, di regola inumati, e tombe di adulti in gran parte incinerati. Agli incinerati è quasi sempre associato un numero variabile di armi di ferro, che mancano quasi del tutto nelle inumazioni.

A livello di strutture tombali si riconoscono fosse o buche semplici destinate a contenere i resti del morto e qualche elemento di corredo, generalmente di dimensioni piccole o ordinarie, e fosse di grandi dimensioni con cas-sone ligneo, che in due casi, a livello del piano di campa-gna, erano delimitate da un fossato anulare e che probabilmente erano coperte da un tumulo. Sono queste fosse più importanti (e ancora visibili al suolo) che furono in parte saccheggiate nell’antichità.

Les Celtes et le Nord de l'Italie (Premier et Second Âges du fer). Actes du XXXVIe colloque international de l'A.F.E.A.F. (Vérone, 17-20 mai 2012). 495p. 495-502 (36e supplément à la R.A.E.) © S.A.E. et A.F.E.A.F., 2014

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Nicola Bianca FáBry

496 Les Celtes et le Nord de l'Italie (Premier et Second Âges du fer). Actes du XXXVIe colloque international de l'A.F.E.A.F. (Vérone, 17-20 mai 2012)p. 495-502 (36e supplément à la R.A.E.) © S.A.E. et A.F.E.A.F., 2014

Nella temporanea assenza delle determinazioni di sesso da parte degli antropologi, se teniamo conto dei cor-redi che contengono elementi di parure ipoteticamente femminili (come la tomba 20, a incinerazione), sembra che le tombe femminili siano poco attestate.

Gli studi specialistici che si occupano delle diverse classi di materiali deposte nelle tombe come offerta fune-raria o come marcatori di status sono in corso.

Gli elementi di parure sono costituiti in gran parte da fibule, molte delle quali di tipo lateniano, si hanno anche anelli digitali, braccialetti od elementi di collana.

Due oggetti si segnalano per la loro eccezionalità, facenti parte di due corredi, uno dei quali ancora intatto e nella collocazione originaria sul fondo della fossa (T. 37) e l’altro in giacitura secondaria nel terreno di riempimento della tomba saccheggiata (T. 219) : si tratta di un penda-glio d’argento a bulle sferiche e di una bulla isolata con decorazione plastica ottenuta a sbalzo (fig. 1 a, b).

1.1. La tomba n° 37 della necropoli di Povegliano-Ortaia (fig. 2)

La fossa è rettangolare coi lati di 360 x 160 cm. e l’asse maggiore diretto da nord a sud. Numerose tracce di legno carbonizzato indicano la presenza di un coperchio, che verso il centro della fossa è sprofondato di una qua-rantina di cm. entro lo spazio vuoto del cassone sottos-tante, che era largo 80/90 cm e lungo 300 cm.

Nel lato sud, ad una quota più alta rispetto al fondo della fossa dove è deposto il resto del corredo, si trova un gruppo di vasi d’impasto in frammenti : alcuni piattelli, altri vasi intermedi, una coppa, un boccale, un coperchio, alcune olle apertesi in senso verticale intercalate da nume-rosi bicchieri-balsamario. In questo contesto di vasi si trovano alcuni frammenti di bronzo di forma indefinita e due fibule di tipo lateniano la seconda delle quali coperta da un piattello.

Fig. 1. Pendagli d’argento a bulla : a, Povegliano Veronese-Ortaia, T. 37 ; b, Povegliano Veronese-Ortaia, T. 209 ; c, Monte Loffa.

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Pendaglio a bulle sferiche d’argento dall’area cenomane

Les Celtes et le Nord de l'Italie (Premier et Second Âges du fer). Actes du XXXVIe colloque international de l'A.F.E.A.F. (Vérone, 17-20 mai 2012). 497p. 495-502 (36e supplément à la R.A.E.) © S.A.E. et A.F.E.A.F., 2014

Sempre nel lato sud, a contatto col fondo della fossa, tra la parete ovest e quella est, si hanno concentrazioni di ossa umane incinerate accompagnate da alcune monete sparse : un asse di bronzo, tre dramme padane e un fram-mento di bronzo sono associati al gruppo più occidentale, il più consistente, accanto al quale, in direzione sud, si trova un’ascia di ferro orizzontale. Le altre ossa sparse e carboni deposti al centro della fossa in direzione del lato orientale, sono accompagnate da un asse in bronzo unito dalla corrosione a una dramma padana, alcuni frammenti di ferro, probabilmente di fibula, un anello digitale d’ar-gento piegato a sella su cui è appoggiata la staffa di una fibula d’argento con elementi di corallo. L’ardiglione di quest’ultima attraversa l’occhiello del pendaglio a bulle sferiche con decorazione sbalzata, oggetto di questa pre-sentazione (fig. 3).

Alla stessa profondità, immediatamente a nord dalla concentrazione di ossa e monete, presso la parete ovest si tova un complesso di vasi e di utensili di metallo, legati in gran parte al consumo del vino : una situla di bronzo ancora in piedi, con manico verticale contenente un mes-tolo di bronzo sul quale è stato deposto un colino di bronzo con decorazione floreale e geometrica, una padella di bronzo in posizione quasi verticale e un attingitoio di bronzo. Entro uno strato di carboni poco distante è stata deposta una cesoia di ferro, verticale con le lame in basso.

A questo spazio sono associati alcuni vasi in ceramica : un piattello deformato da una eccessiva temperatura, tre bic-chieri-balsamario affiancati da due anellini di bronzo, tre ciotole di ceramica e un bicchiere.

Un altro gruppo di materiali è collocato più a nord, dove sembra occupare una zona rettangolare, bene defi-nita dal punto di vista spaziale : un rettangolo, probabil-mente un tavolino di legno che non ha lasciato tracce. All’estremità est vi è la parte superiore di uno spiedo di ferro spezzato che continua anche più a nord sull’ultimo gruppo di materiali. Vi sono quindi una ciotola conte-nente ossa di maiale (Méniel infra), un’olletta e una pis-side accanto ad abbondanti resti di maiale. Un coltello di ferro è collocato orizzontalmente, di traverso e al di là di questo vi è una ciotola capovolta assieme ad altri resti faunistici.

L’ultimo gruppo a nord è caratterizzato dalla enorme quantità di vasellame ceramico, in particolare brocche con beccuccio, due olle, ciotole cui si sovrappongono o si mes-colano vasi di piccole dimensioni, bicchieri ed ollette-balsamario.

Presso l’estremità della parete nord-ovest, a una quota maggiore rispetto al gruppo dei vasi di ceramica appena elencati, sopra uno strato ghiaioso, è deposto un gruppo di materiali metallici con segni visibili di un passaggio sul rogo : si tratta di uno spiedo di ferro più volte incurvato,

Fig. 2. Pianta della T. 37 di Povegliano Veronese-Ortaia : A, livello superiore di scavo ; B, livello del corredo.

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498 Les Celtes et le Nord de l'Italie (Premier et Second Âges du fer). Actes du XXXVIe colloque international de l'A.F.E.A.F. (Vérone, 17-20 mai 2012)p. 495-502 (36e supplément à la R.A.E.) © S.A.E. et A.F.E.A.F., 2014

accanto ad esso un manico di ferro di situla, il cui corpo di lamina di bronzo è deformato e schiacciato, un umbone di scudo di ferro di tipo Mokronog (Gustin, 1991, p. 58), in parte deformato, due anelli di ferro e, all’estremità del cumulo, un rasoio di ferro e una roncola di ferro verticale con la punta verso l’alto. Sopra questo strato di materiali fu deposta la lama di spada di ferro, inguainata nel proprio fodero, l’una e l’altro volontariamente incurvati in almeno due punti. Sopra la spada si trovano un coltello fortemente incurvato su se stesso, un grande frammento di lamina di situla di bronzo con una parte dell’attacco del manico in ferro, una fibula di ferro a molla bilaterale con l’ago aperto. Una cuspide di lancia di ferro intenzionalmente incurvata parte dalla base del fodero, si appoggia sopra quest’ultimo ed è coperta dal frammento di corpo di situla. All’estremità del fodero, a una decina di cm di distanza si trovano una seconda fibula di ferro di tipo La Tène, alcuni frammenti del corpo della situla e uno degli attacchi di ferro di quest’ultima.

Dalla tomba sono stati recuperati più di mille fram-menti di ossa umane incinerate i quali indicano che, come avviene nelle altre tombe a grande fossa del nostro sepol-creto, anche nella T. 37 si tratta di una deposizione plu-rima, in questo caso appartenente ad un uomo adulto e un infante tra uno e sette anni2.

1.2. La tomba n° 219 della necropoli di Povegliano-Ortaia

Col n° 219 (A e B) sono indicate due tombe a grande fossa contigue l’una all’altra, separate da uno spessore di terreno di 20-30 cm e saccheggiate congiuntamente nella parte superiore e individualmente nella parte più profonda, dove si trovavano i rispettivi corredi.

2. Desidero ringraziare Éva Tankó per le cortesi anticipazioni, riguardo lo studio antropologico degli incinerati della necropoli di Povegliano-Ortaia.

Fig. 3. Il pendaglio a bulle infilato sull’ardiglione della fibula di cui staffa poggia sull’anello digitale piegato a sella (Povegliano Veronese-Ortaia T. 37). (foto Szabó D.).

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Pendaglio a bulle sferiche d’argento dall’area cenomane

Les Celtes et le Nord de l'Italie (Premier et Second Âges du fer). Actes du XXXVIe colloque international de l'A.F.E.A.F. (Vérone, 17-20 mai 2012). 499p. 495-502 (36e supplément à la R.A.E.) © S.A.E. et A.F.E.A.F., 2014

Tra i materiali di corredo buttati entro le due fosse mes-colati al terreno di riempimento, si nota che molti frammenti ceramici trovati sul fondo di una fossa attaccano con quelli dell’altra. Impossibile dunque risalire a corredi distinti.

Nella fossa 219 A sono stati recuperati i frammenti di scheletro non in connessione anatomica coi resti di un cranio infantile. Presso il cranio, che presenta una chiazza verde da ossidazione da rame (o argento con componente -Cu) si è trovata una bulla d’argento con decorazione plastica (n° 17). La bulla presenta su tutta la superficie una colorazione verde (come capita spesso anche per le dramme padane d’argento di Povegliano). E’ dunque molto probabile che già in antico questa sia stata a contatto col cranio. Considerando che al momento dello scavo i due pezzi stavano a molti cm di dis-tanza, è evidente che il contatto reciproco fu antico, antece-dente il saccheggio ed il successivo riempimento della tomba.

Tra i materiali di corredo si è recuperata anche una fusaiola di pietra calcarea (11) che tuttavia non posiamo ricollegare a nessuna delle deposizioni relative alle t. 219A-B. In queste due sepolture sconvolte si segnalano la varietà dei resti faunistici : maiale, bue, cucciolo di cane e volatili (Méniel infra).

a. Il pendaglio della T. 37 è formato da più elementi :• una perla composta da due calotte emisferiche di lamina

sbalzata d’argento contrapposte, - una coppia di bulle sfe-riche ugualmente di lamina sbalzata, di diametro maggiore rispetto alla perla superiore

• un filo d’argento ritorto che unisce il tutto, attraversando la perla ed agganciando le due bulle (fig. 1a ; 3).La perla che occupa la parte superiore, per mezzo di un foro passante, è fissata nel segmento di filo che si trova tra l’occhiello e il punto di diramazione del filo stesso, mentre le due bulle sono appese alle estremità dei due bracci, negli occhielli minori. La distanza tra i due occhielli è tale da consentire alle due bulle di pendere verticalmente, sfiorandosi appena.

b. La bulla isolata che proviene dalla tomba n° 219 (fig. 1b) non è correlabile ad altri elementi di parure, salvo forse il fr. di fibula d’argento recuperata nella stessa fossa. Dal momento che tutto il corredo fu manomesso e in gran parte asportato, è evidente che l’altra bulla e il resto del penda-glio sono scomparsi in seguito alla devastazione.La bulla originariamente sferica e di lamina d’argento sbalzata è composta da due calotte emisferiche collegate tra loro da una linguetta di raccordo liscia ; una delle due calotte presenta una deformazione da schiacciamento che ha causato la divaricazione delle due valve.

c. Alle bulle sinora elencate se ne deve aggiungere una terza della medesima forma, tipologia e materiale, proveniente da un abitato d’altura del Veronese : Monte Loffa, un inse-diamento nei Lessini, a Est dal Lago di Garda, circa 45 km a nord di Povegliano Veronese (fig. 1 c) (Salzani, 1981, p. 120, fig. in basso n° 8). Questo abitato, imponente, molto

bene esplorato, ebbe una lunga occupazione, dal V sec. a.C. fino all’età romana (Salzani, 1984, p. 799, 806-808). Tra i materiali recuperati viene sottolineata « la massiccia pre-senza di elementi celtici : fibule di schema medio e tardo La Tène, dramme d’argento di tipo padano d’imitazione massaliota, perle e frammenti di bracciali in pasta vitrea » (Salzani, 1984, p. 807-808). L’abitato di Monte Loffa pre-senta i segni di una distruzione violenta nel corso del I sec. a.C., che viene messa in relazione con l’intervento romano dopo la fondazione di Verona (Salzani, 1984, ibidem).

Dal punto di vista strutturale le tre bulle di Povegliano e quella dell’abitato di Monte Loffa sono identiche tra loro : si tratta di due calotte emisferiche collegate da un breve rac-cordo che piegandosi crea un occhiello, porta alla collima-zione delle basi delle calotte e dà luogo, in tal modo, alla bulla sferica.

Nel punto di giuntura tra i due emisferi, lungo l’orlo ripiegato a L che presenta un bordo ritagliato a zigzag, non sono stati rilevati né segni di saldatura né presenza di mate-riali resinosi, che avrebbero favorito all’aderenza delle due superfici a contatto3.

Per quanto riguarda i motivi decorativi plastici ottenuti a sbalzo, le quattro bulle sono accomunate dalla presenza di due elementi segmentati a semicerchio e con le estremità arricciate e contrapposte che, nel caso delle tombe 37 e 219 di Povegliano-Ortaia, incorniciano una S sinuosa, mentre nel caso di Monte Loffa fanno da cornice a un occhio.

Si deve sottolineare che la resa dell’occhio per mezzo di un bordo perlato nella bulla di Monte Loffa richiama gli occhi delle facce sbalzate delle falere di Manerbio (fig. 4), le quali, a loro volta, vengono ricollegate alle monete norico-pannoniche (Gorini, 2001 ; Gorini, 2007).

Questo rapporto tra la bulla di Monte Loffa e le falere di Manerbio non è irrilevante, dal momento che, come si vedrà più avanti, altri elementi confermano i legami con la prestigiosa bardatura per cavalli di Manerbio.

3. Il restauro e le analisi al microscopio sono stati effettuati da Renaud Bernadet.

Fig. 4. Le falere di Manerbio.

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Per rimanere ancora nell’ambito della numismatica, gli elementi segmentati arricciati e il movimento delle linee sinuose intorno all’occhio centrale della bulla di Monte Loffa, ricordano dal punto di vista stilistico, motivi analoghi che ricorrono su monete galliche, in particolare dell’area tra la Senna e la Loira, datate tra la fine del II e la metà del I sec. a. C (Delestrée, Tache, 2004, pl. IX, ad esempio Serie 314, 317, pl. X, serie 332) (fig. 5 a).

Per tornare all’area cenomane e in particolare al com-plesso di argenti sbalzati di Manerbio, delle cui condizioni di ritrovamento non si sa purtroppo nulla (Albizzati, 1933), il gruppo di quattro lamine di forma allungata e leggermente ricurva4, con funzione finora indeterminabile, si dimostra un elemento di confronto per le bulle, assai utile sia per il contenuto iconografico sia per le caratteristiche e i dettagli della lavorazione.

Componenti comuni al pendaglio della T. 37 sono i motivi a S e le teste umane, queste ultime presenti in due ordini contrapposti sulle calotte che formano la perla ; va inoltre sottolineata l’analogia tra la resa a segmenti delle corna dell’ariete sulle lamine di Manerbio e quella del semi-cerchio con terminazioni arricciate sulle bulle (fig. 6).

Gli elementi allungati a segmenti posti a separare le teste schematiche della perla e raffiguranti con ogni probabilità delle trecce, rinviano alle teste con elmo delle lamine allun-gate di Manerbio, anche se, in quest’ultimo caso, sembra più plausibile pensare che si tratti di elementi decorativi dell’elmo piuttosto che di una capigliatura umana.

La raffigurazione dell’acconciatura con due trecce late-rali, si riscontra tuttavia anche nelle rappresentazioni dei busti di divinità femminili del calderone d’argento di Gundestrup (fine del II secolo a.C.) oltre che, nello stesso arco di tempo, ma anche successivamente (fine del II -prima metà del I secolo a.C.) su alcune monete galliche attribuite agli Ambiani (Delestrée, Tache, 2002, Pl. XVIII, DT 402, 405) e ai Remi (Gruel, Popovitch, 2007, p. 224, n° 123.1., datate al LT D2) (fig. 5 b). Rispetto ai busti del calderone di Gundestrup dove la divisione dei capelli è resa a nastri, sulle monete le trecce sono rese a segmenti, allo stesso modo delle lamine di Manerbio e alla perla del pendaglio a bulle, della tomba 37 di Povegliano.

E’ tuttavia fuori di dubbio che la perla a teste umane stilizzate del pendaglio della T. 37, anche per la disposizione a cerchio delle teste sopra un supporto dello stesso tipo, trova un confronto molto stretto nelle perle di lamina d’oro prove-nienti dal tesoro di Szárazd-Regöly in Ungheria, datate attual-mente al II sec. a.C. (Szabó, 1999, part. P. Cat. n° 76) (fig. 7b).

4. Elementi ricurvi di lamina d’argento, frammentari, desinenti in testa d’ariete schematizzata, sormontata da una faccia baffuta con elmo o copricapo (lunga capigliatura ?) e un torquis sul collo alla base del mento ; nel campo, tra la testa dell’ariete e il torquis, due elementi a V ; nelle parti conservate le tre facce sono accompagnate esternamente da due motivi verticali a S, uno per lato.

Fig. 6. a, Pendaglio d’argento a bulle da Povegliano Veronese-Ortaia T. 37 (foto Bernadet R.) ;

b, Lamine d’argento da Manerbio (Brescia).

Fig. 5. a, Monete galliche attribuite agli Osismi ; b, alcune monete galliche con raffigurazione di teste con trecce.

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Pendaglio a bulle sferiche d’argento dall’area cenomane

Les Celtes et le Nord de l'Italie (Premier et Second Âges du fer). Actes du XXXVIe colloque international de l'A.F.E.A.F. (Vérone, 17-20 mai 2012). 501p. 495-502 (36e supplément à la R.A.E.) © S.A.E. et A.F.E.A.F., 2014

Nei due casi di Povegliano e di Szárazd-Regöly la perla è formata da due calotte emisferiche di lamina sbalzata, che presentano come decorazione quattro teste umane disposte intorno al foro passante, sia nella calotta superiore sia in quella inferiore e contrapposte tra loro.

La differenza con le perle auree scoperte in Ungheria rimane tuttavia rilevante, sia per la resa meno schematica delle facce, sia, soprattutto, per l’integrazione della decora-zione a sbalzo con elementi a filigrana e granulazione. E’ comunque indubitabile che lo schema di riferimento o l’idea di base sono, in entrambi i casi, i medesimi.

La disposizione delle facce umane a cerchio, si riscontra sulle celebri falere d’argento di Manerbio5 sulle quali di recente ha riportato l’attenzione anche Daniele Vitali (Vitali, 2011, p. 441), il quale, basandosi sulle nuove scoperte di Enemonzo in Friuli6 e sui nuovi dati del Veronese, da un lato ha proposto una datazione delle falere stesse alla fine del II secolo a.C. e dall’altro tenendo conto dell’ampia diffusione

5. 14 falere : 2 grandi (Ø 19 cm) decorate a sbalzo con al centro un ombelico con triscele sbalzato e sul perimetro una serie di teste con baffi rivolte al centro e 12 più piccole (Ø da 10 a 12 cm) con ombelico centrale liscio e teste sbalzate analoghe a quelle grandi (Albizzati, 1933).6. Per la revisione cronologica delle monete del tipo "Frontalgesicht", vedi Gorini, 2004.

nell’area cenomane degli oggetti di parure, di status (fino alle monete) in argento, e di alcune caratteristiche dei pen-dagli presentati in questa sede, ha formulato l’ipotesi che l’atelier delle falere di Manerbio possa essere localizzato proprio tra i Cenomani (Vitali, 2011, p. 441 sq.).

Il pendaglio d’argento a bulle, proveniente dalla T. 37 che contiene un corredo databile alla fine del II secolo a.C., permette dunque un più preciso inquadramento cronologico di questo tipo di parure per ora esclusivo dell’area ceno-mane, toglie dall’isolamento nel quale era stato collocato il complesso di falere di Manerbio, consente di formulare nuove proposte ed ipotesi di lavoro sull’artigianato delle parures lateniane in argento, le cui radici affondano anche nel mondo dei Veneti antichi7, ed apre nuove piste sulla for-tuna dell’argento come materia prima per fabbricare monete od oggetti di abbigliamento.

7. Si veda ad esempio la presenza di bulle in corredi dal V secolo a.C. in poi : Este, Villa Benvenuti, Tomba110/1879-80 di fine del V-prima metà del IV secolo a.C. con 12 elementi di collana a bulla sferica in bronzo, MNA IG 5507, (Capuis, Chieco Bianchi, 2006, p. 224-229, 417-419, tavv. 112-115). Oppure la moda di raggruppare tra loro elementi diversi di parure, agganciandoli negli aghi di fibule come nella stessa tomba, fibula n° 3, armilla n° 6 o ancora Este, Villa Benvenuti, Tomba 117/1879-80 fibula, gancio di cintura, anelli con copiglia, armilla da 3 a 8, MNA IG 5636 (Capuis, Chieco Bianchi, 2006, p. 253-255, 422-423, tavv. 132-135, prima metà del IV secolo a.C.).

Fig. 7. a, Dettaglio della perla a facce umane della bulla di Povegliano Veronese-Ortaia T. 37 ; b, perla aurea dal tesoro di Szárazd Regöly (Szabó, 1999, part. P. Cat. n° 76).

Page 8: PENDAGLIO A BULLE SFERICHE D’ARGENTO DALL’AREA CENOMANE

Nicola Bianca FáBry

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BIBLIOGRAFIA

ADDENDUM : Una bulla di lamina d’argento decorata a sbalzo, dello stesso tipo di quelle presentate in questo arti colo, stata scoperta nel 2013 a Marano di Valpolicella (provincia di Verona) all’interno di un rogo votivo sottostante un tempio romano. L’oggetto in corso di pubblicazione da parte di L. Salzani.