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Eugenio Marcuzzi Passeggiando in India
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Passeggiando in India

Mar 16, 2016

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Passeggiando in India, l’ultima raccolta fotografica di Eugenio Marcuzzi, evidenzia la scelta da parte dell’autore di spostare l’attenzione fotografica dai paesaggi alle persone e rappresenta un’ evoluzione sempre tesa alla ricerca di emozioni, nel tentativo di catturare espressioni capaci di raccontare una storia attraverso uno sguardo.
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Eugenio Marcuzzi Passeggiando in India

Eugenio Marcuzzi

Passeggiando in India

euro 35,00

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c o l l a n a a r t e

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Dedicato a Tommaso e Mia

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Pass e g g i a n do i n I n d i aEu g e n i o Ma rcuzz i

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K e r a l ae R a j a s th a n

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Lo Spirito, senza muoversi, è piùveloce della mente; i sensi non

possono raggiungerlo: Egli è sempre aldi là di essi. Rimanendo immobile,

supera coloro che corrono.Lo spirito della vita porta i flussi

dell’azione verso l’oceanodel suo essere.

Si muove, e non si muove. E’ lontano,ed è vicino. E’ dentro di tutti,

ed è fuori di tutti.Chi vede tutti gli esseri nel suo

stesso Sé, ed il suo Sé in tutti gliesseri, perde ogni paura.

Isha Upanishad

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Sono irrequieto. Sono assetato di cose lontane. 

La mia anima esce anelando di toccare l’orlo 

dell’oscura lontananza. O Grande Aldilà, 

oh, l’acuto richiamo del tuo flauto! Dimentico, sempre dimentico, 

che non ho ali per volare. 

Sono impaziente e insonne, sono straniero in una terra straniera. Il tuo alito mi giunge sussurrando 

una impossibile speranza. Il mio cuore comprende il tuo linguaggio 

come fosse lo stesso ch’egli parla. O Lontano-da-cercare, 

oh, l’acuto richiamo del tuo flauto! Dimentico, sempre dimentico, che non conosco la strada, che non ho il cavallo alato. 

Non c’è nulla che desti il mio interesse, sono un vagabondo nel mio cuore. 

Nella nebbia assolata delle languide ore, quale visione grandiosa 

prende forma nell’azzurro del cielo! O Meta Lontanissima, 

oh, l’acuto richiamo del tuo flauto! Dimentico, sempre dimentico, 

che tutti i cancelli sono chiusi nella casa dove vivo solitario! 

Rabindranath Tagore

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Ahimé, perché costruirono la mia casa sulla strada che porta al mercato? Essi ormeggiano i loro battelli carichi presso i miei alberi. Essi vengono e vanno e passeggiano a loro piacere. lo siedo e li osservo; il mio tempo passa lentamente. Scacciarli non posso. E così passano i miei giorni. 

Notte e giorno i loro passi risuonano davanti alla mia porta. Invano grido: «lo non vi conosco». Alcuni d’essi son noti alle mie dita, alcuni alle mie narici, il sangue delle mie vene sembra conoscerli, e alcuni son noti ai miei sogni. Scacciarli non posso.  Li chiamo e dico: «Venga a casa mia chiunque vuole. Sì, venite». 

Al mattino la campana suona nel tempio. Essi vengono reggendo in mano i loro canestri. I loro piedi sono rosso-rosati. I loro volti sono illuminati dalla prima luce dell’alba. Scacciarli non posso. Li chiamo e dico: «Venite a cogliere fiori nel mio giardino. Venite». 

A mezzogiorno il gong risuona al cancello del palazzo. Non capisco perché lasciano il lavoro e gironzolano intorno alla mia siepe. I fiori nei loro capelli sono pallidi e appassiti; le note dei loro flauti son languide. Scacciarli non posso. Li chiamo e dico: L’ombra è fresca sotto i miei alberi. Amici, venite». 

A notte i grilli friniscono nei boschi. Chi viene lentamente e bussa gentilmente alla mia porta? Il viso intravvedo vagamente, nessuna parola viene pronunciata, il silenzio della notte è tutto intorno. Scacciare il mio muto ospite non posso. 

Osservo il suo volto nell’oscurità, e passano ore di sogno. Rabindranath Tagore

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Al mattino gettai la mia rete nel mare. Trassi dall’oscuro abisso cose di strano 

aspetto e di strana bellezza - alcune brillavano come un sorriso, alcune luccicavano come lacrime, 

e alcune erano rosee come le guance d’una sposa. Quando, alla fine del giorno, 

tornai a casa con il mio bottino, il mio amore sedeva nel giardino 

sfogliando oziosamente un fiore. Esitante deposi ai suoi piedi 

tutto quello che avevo pescato. 

Lei guardò distrattamente e disse: «Che strani oggetti sono questi? 

Non capisco a che possano servire». Chinai il capo, vergognoso, pensando: 

«Non ho lottato per conquistarli, non li ho comperati al mercato; 

non sono doni degni di lei». E per tutta la notte li gettai 

a uno a uno sulla strada. Al mattino vennero dei viaggiatori; 

li raccolsero e li portarono in paesi lontani. 

Rabindranath Tagore

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“M’abbandono fidente a quel Sé dondel’universo sboccia dispiegandosi conla separazione dell’oggetto privo dicoscienza dal soggetto cosciente, ilDanzatore nella sala delle assembleedel santuario dell’Esperienza”

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A lungo durerà il mio viaggio e lunga è la via da percorrere. 

Uscii sul mio carro ai primi albori del giorno, e proseguii il mio viaggio 

attraverso i deserti del mondo e lasciai la mia traccia 

su molte stelle e pianeti. 

Sono le vie più remote che portano più vicino a te stesso; 

è con lo studio più arduo che si ottiene la semplicità d’una melodia. 

Il viandante deve bussare a molte porte straniere 

per arrivare alla sua, e bisogna viaggiare 

per tutti i mondi esteriori per giungere infine al sacrario 

più segreto all’interno del cuore. 

I miei occhi vagarono lontano prima che li chiudessi dicendo: 

«Eccoti!» 

Il grido e la domanda: «Dove?» si sciolgono nelle lacrime 

di mille fiumi e inondano il mondo 

con la certezza: «lo sono!» Rabindranath Tagore

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Nella mia vita ho amato,cuore ed anima,

luci ed ombre della terra.Questo amore senza fine

ha fatto udire la voce della speranzanell’azzurro del cielo.E rimarrà nella felicità

e nel dolore più profondo,rimarrà in ogni gemma ed in ogni fiore,

nelle notti primaverili ed estive.Ho messo l’anello di nozze

alla mano del futuro.Rabindranath Tagore

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Non so come tu canti, mio signore! Sempre ti ascolto 

in silenzioso stupore. La luce della tua musica 

illumina il mondo. Il soffio della tua musica 

corre da cielo a cielo. L’onda sacra della tua musica 

irrompe tra gli ostacoli pietrosi e scorre impetuosa in avanti. 

Il cuore anela di unirsi al tuo canto, ma invano cerco una voce. 

Vorrei parlare, ma le mie parole non si fondono in canti 

e impotente grido. Hai fatto prigioniero il mio cuore 

nelle infinite reti della tua musica. 

Rabindranath Tagore

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“Una vecchia leggenda indù racconta chevi fu un tempo in cui tutti gli uominierano Dei. Essi però abusarono talmentedella loro divinità, che Brahma - signoredegli dei - decise di privarli del poteredivino e di nasconderlo in un posto dovefosse impossibile trovarlo. Il grandeproblema fu quello di trovare unnascondiglio... E fu così che Brahmadisse: “Ecco ciò che faremo delladivinità dell’uomo: la nasconderemo nelsuo io più profondo e segreto, perché èil solo posto dove non gli verrà mai inmente di cercarla”.A partire da quel tempo, conclude laleggenda, l’uomo ha compiuto il periplodella terra, ha esplorato, scalatomontagne, scavato la terra e si èimmerso nei mari alla ricerca diqualcosa che si trova dentro di lui.”

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Ogni Alba porta un nuovo giorno,lavando con la luce della speranzale macchie e la polvere dello spiritovuoto di ogni giorno passato.Vuoi celare te stesso!Il cuore non ubbidisce,diffonde luce dagli occhi.Nella vita non c’è speranzadi evitare il dolore:che tu possa trovare nell’animola forza per sopportarlo.Cieco, non sai che l’andare e il venirecamminano sulla stessa strada?Se sbarri la strada all’andataperdi la speranza del ritorno…Rabindranath Tagore

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“Questo è uno dei miei quello è un estraneo” cosí sonoi discorsi dei meschini: ma coloro che fanno grandi cosehanno la terra intera per famiglia.Detto Sanscrito

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O stolto, che cerchi di portare te stesso sulle tue spalle! Mendicante, che vieni a mendicare alla porta della tua casa! 

Deponi ogni fardello in queste mani che tutto sanno sopportare, non voltarti mai indietro a guardare il passato con rimpianto. 

Il desiderio subito spegne la fiamma d’ogni lampada che sfiora. E’ empio - non prendere doni dalle sue mani impure. Accetta soltanto quello ch’è offerto dall’amore.Rabindranath Tagore

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Un pugno d’arena potea nascondere il Tuo segno, quando io ne ignoravo il 

significato. Or che sono più savio, leggo il Tuo 

segno in quanto dianzi lo nascondeva. 

E’ dipinto sulle corolle dei fìori, è portato scintillante sulla spuma dell’onda, 

è inalzato in vetta alle colline. Distolta la faccia da Te, io scorgevo 

le lettere a rovescio: onde non potevo coglierne il senso. 

Rabindranath Tagore

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O sole che doni la luce, progeniedel Signore della creazione,veggente solitario dei cieli!Diffondi la tua luce e ritira iltuo splendore accecante,affinché possa vedere la tuaforma radiosa: quello Spiritolontano dentro di te è il mioSpirito interiore più profondo.Possa la vita andare verso la vitaimmortale, e il corpo andarenelle ceneri. OM O Anima mia,ricorda gli sforzi passati,ricorda! O anima mia, ricorda glisforzi passati, ricorda!Isha Upanishad

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Dove son già fatte le strade, iosmarrisco il cammino.

Nell’oceano immenso, nel cieloazzurro non è traccia di sentiero.

La vittoria è nascosta dalle ali degliuccelli, dal fulgor delle stelle,

dai fiori delle alterne stagioni. E iodomando al cuore,

se il suo sangue porti seco laconoscenza dell’invisibile via.

Rabindranath Tagore

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Il Tempo sprigiona gli esseri, il Tempo riassorbe gli (esseri)

sprigionati: tutti sono assoggettatial dominio del Tempo, né il Tempo

è assoggettato al dominio dichicchessia.

Esso, eterno, regge dall’interno tuttoquanto quest’(universo)

Lo si chiama Beato Prâna,l’onnisciente Purusottama.

I saggi han detto la mente superiorea tutti i sensi, l’Ahamkâra, poi,

alla mente ed il Mahat superioreall’Ahamkâra, superiore al Mahatl’Immanifesto, all’Immanifesto

il Sommo Purusa, al Purusa il Beato Prâna:

suo è tutto quest’universo.Îçvaragîtâ

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Smettila di cantare i tuoi inni, di recitare le tue orazioni! Chi adori in quest’angolo buio e solitario d’un tempio le cui porte sono tutte chiuse? Apri i tuoi occhi e guarda: non è qui il tuo Dio. 

E’ là dove l’aratore ara la dura terra, dove lo spaccapietre lavora alla strada. E’ con loro nel sole e nella pioggia, la sua veste è coperta di polvere. Levati il manto sacro e scendi con lui nella polvere. 

Liberazione? Dove credi di poter trovare liberazione? Il tuo stesso signore ha preso su di sé lietamente i legami della creazione - è legato a noi tutti per sempre. 

Lascia le tue meditazioni, abbandona l’incenso e i tuoi fiori! Che male c’è se le tue vesti diventano sporche e stracciate? Va incontro a lui, sta presso di lui nel lavoro e nel sudore della fronte.Rabindranath Tagore

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“Qual è il sentiero per cui nonsei attingibile, qual è la parola da cui

non sei pronunciato, qual è lameditazione con cui non sei meditato,

ovvero cos’è, cos’è ciò cheTu non sei, oh Signore?”

Bhattanârâyana, Stavacintâmani

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«Egli contiene tutte le opere,tutti i desideri, tutti i profumie tutti i gusti. Egli abbraccial’intero universo; egli è oltre laparola e oltre i desideri. Egli è ilmio ātman all’interno del miocuore, egli è Brahman.Andandomene di qui io mifonderò in lui. Colui che dicecosì invero non ha dubbi.Così parlò Śāndilya, cosìŚāndilya».(Chāndogya Upaniṣad III 14, 4; citato in R. Panikkar,I Veda. Mantramañjarī, Op. cit.; p. 984)

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«Chiunque adori una divinitàdiversa dall’Immensità, pensando“Essa è uno, io sono un altro”,

non sa. È come un capodi bestiame per gli dèi».

(da Bṛhadāraṇyaka Upaniṣad, I, 4, 10; citato in Alain Daniélou,Miti e dèi dell’India, traduzione di Verena Hefti, BUR, 2008)

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«L'Uno, senza gradazioni di colore, simanifesta - attraverso un disegnosegreto, multicolore, - effetto delsuo molteplice potere [śakti]. - Chel'Essere risplendente, in cui sidissolvono i mondi - e da cui ungiorno rinasceranno, - ci conceda laluce dell'intelligenza».(da Śvetāśvatara Upaniṣad, IV, 1; citato Alain Daniélou, Op. cit..)

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L’uccello prigioniero nella gabbia, l’uccello libero nella foresta: quando venne il tempo s’incontrarono, questo era il decreto del destino. L’uccello libero grida al compagno: «Amore mio, voliamo nel bosco!» L’uccello prigioniero gli sussurra: «Vieni, viviamo entrambi nella gabbia». Dice l’uccello libero.- « Tra sbarre, dove c’è spazio per stendere l’ali?» «Ahimé», grida l’uccello nella gabbia, «Non so dove appollaiarmi nel cielo». 

L’uccello libero grida:  «Amore mio, canta le canzoni delle foreste». L’uccello in gabbia dice: «Siedi al mio fianco, t’insegnerò il linguaggio dei sapienti». L’uccello libero grida: «No, oh no! I canti non si possono insegnare». L’uccello nella gabbia dice: «Ahimé, non conosco i canti delle foreste». 

Il loro amore è intenso e struggente, ma non possono mai volare assieme. Attraverso le sbarre della gabbia si guardano e si guardano, ma è vano il loro desiderio di conoscersi. Scuotono ansiosamente le ali e cantano: «Vieni vicino a me, amore mio!». L’uccello libero grida:  «E’ impossibile, temo le porte chiuse della gabbia». L’uccello in gabbia sussurra: «Ahimé, le mie ali sono morte e impotenti». Rabindranath Tagore

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© Guido Talarico Editore SrlEd i z ione Sk i l l Ed i t i on Ar teTel. +39 06 45427170 - Fax +39 06 99700312Via A. Vivaldi, 9 - 00199 Roma, [email protected] - www.skilledition.itRealizzazione editoriale: Raffaella StracqualursiProgetto grafico: Francesco Callegher

Finito di stampare nel mese di giugno 2012presso Web Color Srl - Oricola (AQ), Italia

Riferimenti bibliografici

R. Tagore, da “Poesie. Gitanjali-Il Giardiniere”, ©2007 Newton Compton editori srl, trad. di Girolamo Mancuso.pag. 15, 23, 29, 33, 53, 64, 78, 94.

R. Tagore, da “Ricolta Votiva”, “Sfulingo” ©1917 Editrice Rocco Carabba.pag. 43, 58, 67, 73.

M. Piantelli, da Îçvaragîtâ o “Poema del signore”, ©1980 Parma.pag. 75

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