Top Banner
SENTIRE A SCOLTARE DIGITAL MAGAZINE SETTEMBRE N. 47 P ARENTHETICAL GIRLS DAVID EUGENE EDWARDS ALVA NOTO SOUL JAZZ RECORDS NEW YEAR ARMATRADING
66

Parenthetical girls - SentireAscoltare

Feb 24, 2023

Download

Documents

Khang Minh
Welcome message from author
This document is posted to help you gain knowledge. Please leave a comment to let me know what you think about it! Share it to your friends and learn new things together.
Transcript
Page 1: Parenthetical girls - SentireAscoltare

SENTIREASCOLTAREdIgITAL mAgAzINE SETTEmbRE N. 47

Parenthet ical g irls

david eugene edwards

alva noto

soul jazz records

new year

armatrading

Page 2: Parenthetical girls - SentireAscoltare

SA 3

4 NEwS 6 TuRN ON 16 TuNE IN

24 dROp OuT

42 RECENSIONI

106 wE ARE dEmO108 REARvIEw mIRROR

120 CuLT mOvIE

122 LA SERA dELLA pRImA

126 I COSIddETTI CONTEmpORANEI Direttore

Edoardo Bridda

CoorDinAmentoTeresa Greco

ConSulenti AllA reDAzioneDaniele Follero

Stefano Solventi

StAffGaspare Caliri

Nicolas CampagnariAntonello Comunale

Antonio Puglia

HAnno CollAborAtoGianni Avella, Paolo Bassotti, Davide Brace, Marco

Braggion, Filippo Bordignon, Marco Canepari, Manfredi Lamartina, Gabriele Maruti, Stefano Pifferi, Andrea

Provinciali, Costanza Salvi, Vincenzo Santarcangelo, Giancarlo Turra, Fabrizio Zampighi, Giuseppe Zucco

GuiDA SpirituAleAdriano Trauber (1966-2004)

GrAfiCANicolas Campagnari

in CopertinA Parenthetical Girls

SentireAscoltare online music magazineRegistrazione Trib.BO N° 7590 del 28/10/05

Editore Edoardo BriddaDirettore responsabile Antonello Comunale

Provider NGI S.p.A.Copyright © 2008 Edoardo Bridda. Tutti i diritti riservati.La riproduzione

totale o parziale, in qualsiasi forma, su qualsiasi supporto e con qualsiasi mezzo, è proibita senza autorizzazione scritta di SentireAscoltare

Silver ray, New year, alva Noto

PareNthetical girlS, david eugeNe edwardS

Soul Jazz, NoiSe rock italiaNo

JoaN armatradiNg

il cavaliere oScuro, fuNNy gameS

haNNS eiSler

abe vigoda, keviN drumm, david byrNe & briaN eNo

redacted

Page 3: Parenthetical girls - SentireAscoltare

NE

wS

SA 5

Journey to the West è i l debut a lbum del proget to Monkey, dietro al quale s i cela i l team dei Gori l laz . I l d isco, prodot to da Damon Albarn, esce i l 23 set tembre su XL con musicis t i europei e c inesi ed è basato sul l ’opera Monkey Journey to the West , che Jamie Hewlet t e Albarn hanno svi luppato con i l regis ta Chen Shi-Zheng…

Nuova usci ta per i Lambchop di Kurt Wa-gner e compagni: Ohio esce i l prossimo 10 ot tobre su City Slang/V2, concepi to a Nash-vi l le , Tennessee, con la produzione di Mark Nevers e Roger Moutenot…

A dis tanza di due anni da Return To Cookie Mountain, tornano i Tv On The Radio con i l loro terzo disco, Dear Science, pubbl icato i l 19 set tembre su 4AD/Self…

In ot tobre vedrà la luce un EP per i Piano Magic dal t i tolo Dark Horse, in usci ta su

Make Mine Music , così come i l proget to so-l is ta di Glen Johnson, Text i le Ranch (The Rest , I Leave I t To The Poor)…

Il nuovo dei Bloc Party Int imacy, è s ta to pubbl icato in digi ta le i l 21 agosto e uscirà in CD su V2 a par t i re dal prossimo 27 ot to-bre…

Come già annunciato un paio di mesi fa , I Mogwai pubbl icano un EP, Batcat , i l 12 set-tembre su Wall Of Sound, preludio al nuo-vo album The Hawk Is Howling, che verrà presentato nel l ’ambito di 3 concert i special i che i l gruppo di Glasgow terrà in Inghi l terra i l prossimo ot tobre. L’EP ha 3 pezzi di cui solo l ’omonimo sarà sul l ’a lbum, e vede la par tecipazione di Rocky Erickson in un al-t ro (Devi l Rides)…

Dopo quasi 30 anni (da My Life In The Bush Of Ghosts del l ’81) David Byrne e Brian Eno di nuovo insieme, per un album dal t i tolo Everything That Happens Wil l Happen To-day, autoprodot to e usci to sul web (ht tp: / /everythingthathappens.com/) dal 18 agosto, in s t reaming, in acquis to digi ta le e in CD. Musica quasi interamente di Eno e l i r iche di Byrne. In set tembre l ’ex-Talking Heads in-comincia un tour, in cui suonerà musica dal nuovo disco e dal le precedent i col labora-zioni del duo (More Songs About Bui ldings And Food, Fear Of Music , Remain In Light , My Life)…

Disavventura capi ta ta una set t imana fa a Bradford Cox dei Deerhnter (e Atlas Sound): uploadando qualcosa sul suo blog (ht tp: / /deerhunter theband.blogspot .com) non s i

accorge di aver messo su anche nel la s tes-sa car te l la la vers ione non master izzata del nuovo disco Atlas Sound (Logos) e un inte-ro disco nuovo dei Deerhunter (Weird Era Continued) concepi to per andare in coppia con Microcast le , come “bonus segreto”. Tut to mater ia le che sost iene di non sapere di avere! I l Nostro se ne accorge e cancel la tut to , seguono prese in giro dei fan sul blog. Dopo di che incomincia a cancel lare tut te le vers ioni che spuntano sui var i rapidshare e mediaf i re . Poi s i scusa per la reazione avu-ta…

Tornat i a lugl io con l ’a lbum Beaut i ful Fu-ture , gl i scozzesi Pr imal Scream faranno un’unica data i ta l iana i l 26 set tembre a Mi-lano al l ’Alcatraz…

I Notwist di nuovo in I ta l ia , dopo aver suo-nato lo scorso lugl io , per 4 concert i : a l Bronson di Ravenna ( i l 28 set tembre) , a l Circolo degl i Art is t i d i Roma ( i l 29) , a l Vi-per di Firenze ( i l 30) e a l MusicDrome di Milano ( l ’1 ot tobre)…

La terza edizione di NEXTECH FESTIVAL, l ’appuntamento dedicato al la scena inter-nazionale del la nuova musica elet t ronica e del le ar t i d igi ta l i , s i svolgerà a Firenze dal 18 al 20 set tembre al la Stazione Leopolda. I l programma di questa edizione prevede la par tecipazione di Jeff Mil ls , Crookers , Jo-kim, Poni Hoax, Cassy, Chicks On Speed, John Tejada & Arian Levis te , Monolake, Radiq, Andrea Esu, Mass Prod e molt i a l t r i .

Inol t re instal lazioni audio e video, proiezio-ni , incontr i con gl i ar t is t i ospi t i , in una se-quenza ininterrot ta di event i , dal pomerig-gio a not te inol t ra ta . Per info e programma det tagl ia to consul tare i l s i to uff ic ia le www.nextechfest ival .com.. .

The City Wakes – A Tribute To Syd Barret t (dal 22 ot tobre al 1 novembre 2008) è i l pr imo t r ibuto uff ic ia le (organizzato dal l ’ in-glese The City Wakes) a l la vi ta e a l l ’opera di Syd Barret t , scomparso nel lugl io 2006, con una ser ie di event i mult idiscipl inar i , che inizieranno con una pr ima a Cambridge, sua ci t tà natale . Verranno presentate nuove interpretazioni del le su pr incipal i canzoni . Diret ta dal mu-sicis ta e composi tore Simon Gunton, la pro-duzione prevede la presentazione di video creat i per l ’occasione e giochi di luci à la Pink Floyd di Peter Wynne Wil lson, i l l ight designer or iginale del gruppo. La ser ie di concert i culminerà in un Gala performance concerto che s i terrà presso la Trini ty Col le-ge Chapel di Cambridge. Seguiranno esposi-zioni dei dipint i di Syd, workshop musical i , v is i te guidate a l la c i t tà e incontr i le t terar i . Per info e programma: www.theci tywakes.org.uk. . .

Page 4: Parenthetical girls - SentireAscoltare

Tu

RN

ON

SA 7

Dusk + BlackDown

silver ray

I Si lver Ray sono un t r io di Melbourne ca-peggiato dal chi tarr is ta Cam Butler, presso-ché ignot i dal le nostre par t i malgrado con Homes For Everyone (vedi in recensioni) raggiungano i l t raguardo del quarto album. Pubbl icato in patr ia lo scorso anno, ha ot te-nuto abbastanza successo e buoni r iscontr i da guadagnarsi la dis t r ibuzione internazio-nale . E’ una buona not iz ia , non tanto per la bontà del disco – da par suo apprezza-bi le – quanto per la sua capaci tà di scuote-re e avvincere nonostante bat ta s t rade non nuove anzi abbastanza desuete . Con la s icu-mera di chi va dr i t to per la propria s t rada, i t re austral iani imbast iscono dieci episo-di s t rumental i a l l ’ insegna di un folk rock melodrammatico e vis ionario, s infonie an-t imoderne per bat ter ia , tas t iere e chi tarra e le t t r ica che guardano al l ’ar t -prog dei se-vent ies a t t raverso una lente di cel luloide Cave -Ell is . A dir la tut ta , ascol tar l i provoca un leggero fast idio, quasi che t ra una vibra-zione carezzevole e una sferzata sanguigna giocassero una par t i ta volutamente s ter i le , innescata incendiando narcis ismo e osses-s ioni , quel tanto che basta per spacciars i come una soundtrack t ransi tor ia per gui t t i senza alcuna pretesa di “progressione” so-nora. Allo s tesso tempo però avvert i quel lavorio pregiato sot tocoperta , tes t imoniato dai numerosi ascol t i che, lungi dal cedere al l ’usura, r ivelano anzi una t rama accura-

ta , fa t ta di pochi ma pregnant i e lementi ( la chi tarra i r requieta , i l p iano in purezza e preparato, i l polyis ix , gl i archi , l ’uso “mi-rato” del le percussioni . . . ) . Dietro tut to c iò a leggia chiaro un senso di “raccol to”, r ivol-to senza preclusioni a un quarantennio di pop-folk e propaggini ar ty: dai Popol Vuh a i Maril lon p iù potabi l i , dal Ry Cooder p iù e tereo ai Dirty Three p iù arrembant i , ipo-t izzando s ipar i smerigl ia t i d i vis ioni Brian Eno e nostalgie suadent i Air g iusto un at-t imo pr ima di r igurgi tare redenzioni post-rock à la 90 Day Men . In a l t re parole , Mr. But ler ass ieme ai f idi Bret t Pol iness (bat te-r ia) e Jul i tha Ryan ( tas t iere) , c i offrono su un raggio d’argento (così chiamano i l fascio di luce che va dal proiet tore a l lo schermo cinematograf ico) le scenograf ie perfet te per inscenarvi moderne s t ra tegie di “fuga”. Al-t re t tant i leni t ivi di quest’epoca che ancora, sonicamente par lando, vive la convalescen-za segui ta a l lo scompigl io del post-rock. I l quale da par suo imponeva di medi tare sul le vicende occorse al rock nei lustr i poster io-r i la matur i tà , disar t icolando e r iar t icolan-do kraut , prog, ar t -wave, e lectro-ambient , fusion e pers ino glam. Tut t i e lementi che guarda caso possiamo intercet tare nel sound del t r io austral iano, come scorie che torna-no a nuova vi ta . Come una marea che r ico-mincia a sal i re . s t e f a n o s o l v e n t i

La coppia di produt tor i londinesi Dan Fram-pton e Martin Clark (quest i i ver i nomi die-t ro cui s i nascondono Dusk e Blackdown), dopo una ser ie di 12’’ sul la loro Keysound, r ischia con i l formato lungo. I l ‘sol i to disco di dubstep’? No, sono due le novi tà pr in-cipal i . La pr ima: la s t reet s i innesta nel la not te , s i r impingua la cassa del bass con le a tmosfere urban dei sobborghi del la Ci ty, i l f ie ld recording sparato nel r i tmo. La secon-da: i l suono non è più ambient da cameret ta , non è solo bianco, non è la raff inata produ-zione wasp; questa vol ta confina di brut to con le note bhangra paki del mel t in’ musi-cale di M.I .A. e di Missi l l . Streets tep di suggest ioni che vivono nel paesaggio dark coniato dal padrino Burial , ma che raccontano la real tà suburbana da un al t ro punto di ascol to/regis t razione. Un neoreal ismo bri tannico mescolato con le so-nori tà del l ’ex Commonweal th: musica post-coloniale per orecchie cresciute a pane e mash up. La convergenza verso una mesco-lanza inf ini ta di idee e di r i tmi , pr ima o poi ce la aspet tavamo anche nel mondo dubstep. Dopo l ’ambient tendente a l chi l l out , arr i -vano le bordate e tniche. I l r ischio (se c’è) è che quest i s iano t rucchi per sfrut tare la macchina commerciale del lo s tep senza por-

s i i l problema del la coerenza o del la dura-ta . Come abbiamo assis t i to a l decl ino de-gl i Asian Dub Foundat ion nel l ’hard combat rock o del Talvin Singh nel la musica da club 90, anche qui s i corre i l r ischio che la pro-posta duri t roppo poco e che da un’idea di novi tà s i passi subi to a l la polvere . L’elemento che potrebbe far da col lante e da forza duratura è la voce di Farrah , nuo-vo angelo del focolare del r i tmo. I suoi hi-ghl ights sono i mel ismi arabeggiant i , g l i acut i improvvis i innestat i nel le a tmosfere sognant i da Mil le e una not te e una sensua-l i tà sussurrata che r ichiama le ment i br is to-l iane del pr imo col le t t ivo Massive Attack. Se là era in fondo i l verbo Kingston (f i l -t ra to su inf ini t i layers) a dare la direzione, qui sono le poesie indiane e le percussioni or iental i a cambiare per qualche momento i l paesaggio sonoro. Punjabi , Bal i , Hindi e Bol lywood sono la nuova via? A ben vedere in questo 2008 s i direbbe proprio di s ì , ma l ’a t t imo può al lun-garsi indefini tamente?. Aspet t iamo i l pros-s imo viaggio, sognando danzatr ic i bal inesi offuscate dai fumi del l ’ incenso. Chi l l -s tep: carpe diem. M a r c o B r a g g i o n

Page 5: Parenthetical girls - SentireAscoltare

Tu

RN

ON

SA 9

zero

Vi r icordate bene la fe l ice ed esal tante la s tagione del post rock, (non) l ingua franca comprensibi le a ogni la t i tudine per la quale bastavano temerar ie tà e vogl ia di sovvert i -re le regole? Oltre a l discreto gruzzolo di gruppi nostrani , anche i cugini d’ol t ra lpe s i misero in mostra con band di tut to r ispet-to come Ulan Bator, Hel iogabale e Bästard. Cambiata res idenza e pel le i pr imi e spar i t i dal le scene i secondi , rechiamo con piacere la not iz ia che gl i ul t imi sono vivi e veget i . Cambiata l ’ intestazione in Zëro e conserva-t i s ia i l ta lento che la f issazione per le “um-laut” , i l quar te t to - composto da Franck Lau-r ino, François Cui l leron, Eric Aldéa e Ivan Chiossone: gl i ul t imi due impegnat i anche nei Narcophony - s i è r ipresentato al la f ine del lo scorso lugl io con Joke Box, lp pub-bl icato dal la prest igiosa et ichet ta di Nan-cy Ici d’Ail leurs . Un decennio è t rascorso dal l ’ul t ima loro missiva Radiant , Dischar-ged, Crossed Off , giunta in coda al divenire adul to del post , a l suo cr is ta l l izzars i in for-me consol idate che lasciavano spazio agl i accademismi del le nuove - meno ta lentuose, lo s i dica - generazioni . Un at t imo pr ima che i l d is tacco emotivo divenisse f r igidi tà , che i l genere s i raggomitolasse su sé s tesso e f inisse in un vicolo cieco, la band france-se sal tò dal t reno. Sul quale r isale ora , col

dovuto dis tacco e la capaci tà di ragionare su quel la fondamentale mutazione di prospet t i -ve sonore. C’è voluto del tempo per superare la cr is i con sereni tà , facendo i cont i con i l progres-s ive senza spaccars i le ossa: cosa che accade anche qui ma in punta d’ i ronia , spargendo brandel l i d’umanesimo sopra un non-genere che l ’emotivi tà in musica la dava per supe-rata . Qui per tanto i l senso ul t imo di r ipesca-re i Devo di Automotown/Space Gir l Blues per puntual izzarne la radice beefhear t iana e krauta , a l t rove sot tol ineata col meet ing t ra Can e Kraf twerk Luna Park; di far funziona-re quei cosmicismi ammiccant i che in pochi ammettono essere un’inf luenza (Crosby And Garfunkel) ; di er igere pal izzate imponent i ma f less ibi l i sul l ’esempio glor ioso dei This Heat (Big Screen/Flat People) o del l ’asse Louisvi l le /Chicago (Go Stereo) .Che la r iscr i t tura inf ini ta di l inguaggi s ia l ’unica car ta r imasta a un rock sempre più “musica globale” è fa t to assodato: occorre però conoscere la s tor ia , saperla maneggia-re come Joke Box mostra di fare . La qual cosa non ha, ovviamente, nul la a che vedere col credersi patet icamente ancora nel 1974 o essers i fermati coi Pink Floyd a Pompei . Eh, la vecchia scuola…g i a n c a r l o t u r r a

È la nuova scoperta di Hans-Peter Lin-dstrøm. Giornal is ta musicale e art is ta i l lu-minato, Dominique Leone s ta al pop come pochi oggigiorno.Collane come Late Night Tale e t s imil ia sono davvero s impat iche, dacché svelando i l background del compilatore soddisfano anche i l voyeurismo del l ’ascol ta tore . In que-ste operazioni nomi not i e non, prevedibi l i e impossibi l i s f i lano sot tobraccio. Alla regola non sfugge i l volume intestato al lo svedese Hans-Peter Lindstrøm: l ’amico Todd Terje , i l geniale Sly & the Family Stone, la Carly Simon di Why, lo svedese in persona al le prese col c lass ico di Vangel is Let I t Hap-pen. Tut t i insieme appassionatamente.Inol-t re , nel caso del l ’uomo di Stavanger la sud-det ta compilazione apre anche una f inestra sul l ’universo Strømland Records, la nuova et ichet ta ideata da quest i e Joakim Hau-gland del la Small town Supersound, s iccome due t racce sul le diciannove present i sono assegnate agl i unici ar t is t i , ad oggi , del la label .Una è To You di Alf Emil Eik, svedese anch’egl i e t i tolare di un disco, Joy & Bre-ath of Eterni ty del 1979, di c lasse progres-s iva. Merce d’al t r i tempi . Verrà r is tampato e ne r ipar leremo a tempo debi to . L’al t ra è Conversat ional di Dominique Leone, texano t rapiantato a Los Angeles . Uomo pop tut to-tondo. Con quel piano elet t r ico e archi in contrappunto, la voce di chi canta rapi to , Conversat ional è di un pop meravigl ioso. I

nostalgici dei Beat les apprezzeranno. Per chi la volesse ascol tare c’è anche la pos-s ibi l i tà del Dominique Leone Ep pubbl ica-to dal la Feedel i ty nel 2007. Quat t ro t racce che spiegano tut to o quasi del personaggio: Clairevoyage - A Medley Performed By The 16th Rebels Of Mung apre nel segno del la space-disco. Ci col labora anche Lindstrøm (s i sente) e quel fa lset to f inale su corpo groovey-housey non può che r icordare Syl-vester James. Claire e Duyen chiudono i l poker: a l la cassa dr i t ta , ora , s i f rammette pol icromia arty che da Todd Rundgren ar-r iva agl i Xtc. Brian Wilson, Debussy, Andy Partr idge, Randy Newman, Glenn Gould, ABBA, Miles Davis , Olivier Messiaen le inf luenze dichiarate . I l suo eroe è Chris t ian Vander dei Magma. Noi aggiungiamo anche Boredoms e anzi tut to Todd Rundgren che nel debut to gr i ffa to Strømland verrà fuori in modo eloquente .Un giornal is ta-musico (è col laboratore di Pi tchforkmedia) , es te t ica-mente s imile ad un Murcof meno int imista e dal sorr iso bonario che s i candida a nome da tenere d’occhio.Lasciatevi abbagl iare dai suoi color i (vedasi la cover-ar t in perfet to s t i le pop ideata dal musicis ta /graf ico Kim Hiorthøy) e t rascinare del la sua musica.Una metodica fol le lo ass is te . Assecondia-molo seguendone i l consigl io , c ioè “ad oc-chi chiusi”, dato che “a vol te conviene”. g i a n n i a v e l l a

DoMinique leone

Page 6: Parenthetical girls - SentireAscoltare

Tu

RN

ON

SA 11

C’era da aspet tarselo: Lindstrøm pesca i l jo l ly. Solo lui poteva. Da lui lo s i at tende-va.Where You Go I Go Too splende da far pau-ra. La cosmic-disco al lo s tato del l ’arte .

Pensate , mentre vi scr iviamo Hans-Peter Lindstrøm è già a l lavoro per un disco, i l secondo col f ido Prins Thomas, pronto per f ine 2008 inizio 2009.C’ha pure una nuova et ichet ta che s i af-f ianca al l ’avviata Feedel i ty Recordings, la Strømland, condivisa con Joakim Haugland di fama Small town Supersound e rea di un personaggio come Dominique Leone nonché prossima al la r is tampa di Joy & Breath of Eterni ty (1979) del prog hero norvegese Alf Emil Eik.Alle sue spal le , i l t rentacinquenne Lin-dstrøm, vanta una ser ie di remix per conto di , t ra i tant i , Chicken Lips , The Kil lers , Franz Ferdinand, Lcd Soundsystem e un la-voro, I t ’s A Feedel i ty Affair del 2006, conte-nente i s ingol i incis i t ra i l 2003 e i l 2006. I Feel Space, 12” arr ivato a vendere 17 000 di copie nel l ’edizione in vini le e fondamen-tale ogget to per i l Dj del nuovo mil lennio, cosi come i l debut to del 2005 f i rmato Lin-dstrøm & Prins Thomas lo hanno imposto, a l la par i del col lega e di a l t re s te l le come Fuj iya & Miyagi , quale esempio e mentore del la space-disco.Ne par lammo lo scorso inverno del la space disco, sot tol ineandone tangenze con lo spa-ce-rock anglosassone/ teutonico e re la t ive evoluzioni e lectro. Quel l ’ar t icolo fu chio-

sato da un benaugurante “vi terremo aggior-nat i” . Beh, a quanto pare l ’auspicio è andato ol t re ogni aspet ta t iva. You Go I Go Too è in pra-t ica i l debut to del norvegese di Stavanger, ma in teor ia , se includiamo I t ’s A Feedel i ty Affair, consider iamolo al la s t regua di un se-condo ful l le ight .La copert ina del promozionale fotografa un Hans-Peter sorr idente di quei sorr is i invi-diabi l i . Dentatura nivea come solo i norve-gesi - le pubbl ic i tà insegnano - e memoria s tor ica che corre a l 1977, anno di Lust For Life con in copert ina un Iggy Pop non da meno. Fateci caso: entrambi fe l ic i , entram-bi a l secondo disco. L’iguana sol is ta è Lust For Life . Lindstrøm sol is ta è Where You Go I Go Too.E Where You Go I Go Too è la space-disco che s i guarda al lo specchio. Si r i f le t te nel la s i lhouet te e s i adocchia le spal le . Sa di es-sere l ’ is tantanea di un momento i r r ipet ibi le e non repl icabi le .Tre t racce sol ide come macigni e accecan-t i a l modo di divine supernova. Epicentro la t i t le- t rack, mezz’ora di vis ioni cosmiche echeggiant i progressive e beat balear ic per-vase dal campione - s t ranamente non dichia-rato nel la press-sheet – di un subl ime Cer-rone. Grand Ideas e Long Way Home sono gregarie di lusso, ol t remodo essenzial i .Dice l ’autore: “Consigl io l ’ascol to in cuf f ia , magari se s i v iaggia in treno o in aereo”Ascol ta te lo come vi pare , diciamo noi , ma ascol ta te lo . g i a n n i a v e l l a

Hans Peter linDstrøM

The Long Way CosmiC

Page 7: Parenthetical girls - SentireAscoltare

Tu

RN

ON

SA 13

“Due to time coordination problems he [Carsten Nicolai, ndr] would like to ask you to handle it l ike this: after you send us some written questions via email he would record his aswers with a mp3 recording and send it back to you.. .”. Così rispondeva l’assi-stente dell’artista e musicista elettronico Car-sten Nicolai alla nostra richiesta di scambiare quattro chiacchiere a proposito di Unitxt , al-bum di recente licenziato da Raster-Noton. E così proprio per parlare di un album che, tra le altre cose, riflette sullo statuto della parola nel contesto della odierna civiltà tecnocrati-ca, i concetti hanno dovuto sottoporsi ad una metamorfosi che ricorda molto da vicino il modus operandi del Nicolai sound-producer. Nata pensiero, la parola diveniva testo scritto per poi presto farsi dato numerico: un file di testo da spedire all’artista via rete. Articola-ta dalla voce di Carsten, ritornava parola per ricomprimersi dato, un file mp3, da rispedire al mittente. Non male come inizio, se ancora dobbiamo prestar fede all’adagio secondo il quale il mezzo è il messaggio.Anche nel caso di Unitxt è con i suoni più astratti ed impersonali che Alva Noto ottiene i risultati migliori. Che si tratti delle geome-trie ritmiche della prima metà dell’album o dei flussi di sterile informazione audio della seconda, la cifra diviene geroglifo dal preci-so e sicuro rilevo plastico, geroglifo oscuro eppure evidente, così evidente da non neces-sitare alcuna chiave interpretativa. «Si astrae sempre a partire da qualcosa che esiste in natura, per arrivare a qualcos’altro che, in-vece, non ha nulla a che fare con la realtà. Se è vero che l’arte dovrebbe perseguire gli obiettivi di espandere gli orizzonti rispet-

to al già noto e di generare fonti di energia che la vita quotidiana altrimenti non offre..bè, prima o poi dovrà per forza imbattersi nel linguaggio dell’astrazione. Quello della matematica è un linguaggio di cui ci si può servire, ma questo non significa che si debba necessariamente passare attraverso di essa. L’arte può essere astrazione anche senza ma-tematica». C’è l’astratto da un lato e la realtà dall’altro, l’arte o la vita di tutti i giorni, la pura forma o la materia bruta, i l centro inur-bato o la landa desolata, nella visione ma-nichea - e un po’ semplicistica - di Carsten. Nessuno spazio per un terzo paesaggio alla Gilles Clément, nome che pure, paesaggista «ma solo di formazione» («sinceramente, no-nostante gli studi fatti , mi risulta piuttosto difficile immaginarmi come un architetto del paesaggio di professione»), Nicolai deve co-noscere bene. Ancora una volta la precisione chirurgica del lavoro apportato sulla base ritmica, la cura assoluta, quasi maniacale, sulla resa di suoni asettici e pulitissimi, non concedono chance all’ascoltatore. Prendere o lasciare, questa è roba per puristi del suono, con buona pace di chi ancora una volta si lamenterà del fat-to che qui, dell’essere umano che ha lavora-to di testa e di mani, non rimane parvenza: «Bisognerebbe smetterla, tanto in arte quan-to in politica, con il culto della personalità. L’impersonalità è semplicemente un bisogno assoluto per noi artisti , una sorta di reazio-ne all’eccesso di personalizzazione che ci ha circondato per decenni».E’ sulla strada dell’astrazione in arte che i percorsi di Carsten e del poet-sound Anne-James Chaton , ospite alla voce in Unitxt , si sono incrociati: «Quando ho iniziato a pen-sare all’intelaiatura ritmica di Unitxt non avrei mai immaginato di inserire degli inserti spoken word al suo interno» . L’incontro con Chaton, avvenuto due o tre anni fa, è stato da questo punto di vista decisivo: «Molte cose hanno fatto sì che ci avvicinassimo: simili strategie di lavoro, un comune interesse per l’astrazione, una certa ripulsa per il nar-rativo, lo stesso modo di vedere-il e stare-al mondo. Abbiamo iniziato a lavorare su alcu-ne tracce che sono rimaste nel cassetto per molto tempo: poi ho realizzato che la parola come puro suono, astratta dal proprio signi-

ficato, poteva diventare un elemento ritmico tra gli altri e in più mi sembrava che come resa finale tutto funzionasse alla meraviglia. Anne-James costruisce i suoi poemi anti-nar-rativi seguendo proprio una logica simile: astrazione dal significato, parola come rit-mo, costruzione di architetture sonore» . Sarà che i monologhi di Chaton ci hanno ri-cordato la loquela magniloquente di un Blixa Bargeld o gli sproloqui di Genesis P-Orrid-ge; sarà per l’audacia di certe frequenze (si ascoltino u_06 e u_07), ma da queste parti non è tardata a balenare in mente l’ombra lunga dell’industrial storico – probabilmen-te via Kesto dei cugini Pansonic , quadruplo album che effettivamente chiariva qualcosa circa la questione di un debito contratto da una generazione di musicisti elettronici, ma mai espressamente esplicitato:«Nessuno me lo aveva fatto notare finora e, anche se mi risulta un po’ difficile pensare ad un album prodotto nel 2008 che suoni come uno uscito nel…chessò, 1984, sono davvero contento del paragone. In effetti le mie primissime inci-sioni erano molto influenzate dall’industrial storico, soprattutto dagli Einsturzende Neu-bauten. Sono sempre stato un fan di Blixa e da un po’ di tempo a questa parte siamo an-che ottimi amici. Stiamo lavorando insieme ad un disco che vedrà la luce l’anno prossi-mo: è uno dei progetti che, insieme alla rea-lizzazione del volume due della serie Xerrox e alla collaborazione con il compositore Mi-cheal Nyman, mi terrà impegnato da qui ad un anno come Alva Noto».Per quanto riguarda l’arte visuale, Carsten sta lavorando a due grosse installazioni che vedranno la luce rispettivamente a New York nell’aprile del 2009 e a Mosca nell’autunno dello stesso anno. «Anche nel caso dell’arte visuale, mi sembra di percepire un bisogno d’astrazione. Sono contento del fatto che an-che tu, parlando del mio lavoro artistico ab-bia finito per fare, come capita alla gran par-te dei critici, i nomi dei rappresentati storici dell’arte cinetica, optical o programmata de-gli anni ’60 e ’70. E’ come se una stessa sen-sibilità estetica ci legasse idealmente pur a distanza di decenni, come se una stesso, inal-terato bisogno di reagire al predominio del figurativo e del narrativo si sia reincarnato in una generazione di nuovi giovani artisti».

Domande elaborate su documento di tes to grazie ad un programma di v ideo scri t tura. Risposte r ispedi te v iva voce grazie ad un regis tratore mp3. La paro-la che nasce pensiero, s i reinventa dato, r idiventa parola. Abbiamo intervis ta-to Carsten Nicolai in occasione del la recente usci ta Unitxt . Ci ha parlato di astrazione, opt ical art , industr ial music…

alva notowhen abstraction makes noise

Page 8: Parenthetical girls - SentireAscoltare

Tu

RN

ON

SA 15

Basta appena giungere a 2’06’’ di Folios , la canzone che apre l ’ul t imo omonimo album dei New Year, per r iconoscere in f i l igrana quel l ’ inimitabi le tocco raff inato dei f ra te l -l i Matt e Bubba Kadane : una s t ruggente , e lusiva melodia che s i dispiega in punta di piedi su un crescendo chi tarr is t ico emanan-do soffusi r iverber i color pastel lo . Proprio come nel la maggior par te del le loro canzo-ni , quel le scr i t te nei Novanta sot to la s igla Bedhead e successivamente come New Year, questa pecul iar i tà è possibi le intravederla sol tanto in controluce, come se i l loro fare ar t is t ico fosse percorso da una t imidezza innata da renderlo completamente una que-st ione int ima, pr ivata . Occorre una sensi-bi l i tà par t icolare per accedere a quel loro mondo fat to di nenie dolci e sommesse in bi l ico t ra cantaurato, post-rock e s low-core. Forse è proprio per questo che i Bedhead , con t re a lbum (What Fun Life Was , Behea-

ded e Transact ion De Novo ) pubbl icat i dal-la Trance Syndicate t ra i l 1994 e 1998, sono s ta t i paradossalmente una del le band più seminal i del decennio scorso ma anche una del le più sot tovalutate . Bast i pensare a l le mir iadi di gruppi che ancora oggi s i r i fan-no al loro compassato e dolciss imo sound – ideale incrocio fra Velvet Underground , Slint , Red House Painters e Codeine con una non t rascurabi le componente cantauto-rale – , come s i evince anche da quel l ’ insol i -to t r ibuto r ivol togl i da Adem nel suo ul t imo album di cover Takes (Domino, 2008) , e a l fa t to di come invece i l loro nome sia quasi completamente dimenticato dal la cr i t ica . Marginal i tà che non ha abbandonato nean-che i l nuovo proget to che i Nostr i misero in piedi non appena terminata l ’esper ienza Bedhead . I New Year, compost i dai due fra-te l l i e da Chris Brokaw , Mike Donofrio e Peter Schmidt , infat t i non s i sono mai di-

scostat i t roppo da quel l ’approccio musicale del gruppo predecessore. Questo i l pensiero al r iguardo di Matt Kadane , contat ta to in occasione del l ’usci ta di The New Year (nel-la sez. recensioni) : “Penso ci s ia qualco-sa da dire c irca i l fa t to che la marginal i tà contr ibuisca a preservare l ’autent ic i tà , ma se noi fossimo s tat i meno marginal i avrem-mo potuto fare più faci lmente tour e s tare in s tudio molto più a lungo, e queste sono le cose che vogl iamo davvero fare“. Come dargl i tor to , ma è anche vero che la loro au-tent ic i tà e la loro coerenza hanno f ini to per contagiare la scena musicale indipendente f ino ad oggi : “È lusinghiero essere l ’ in-f luenza di qualcun al tro. Può anche essere frustrante esser trascurat i quando invece troppa at tenzione viene data proprio a co-loro che noi possiamo aver inf luenzato. Ma la sensazione di sent irs i lusingat i supera la frustrazione”. Ecco così che con due album al le spal le – Newness Ends (2001) , nel qua-le ancora for te è i l legame con i Bedhead, e The End Is Near (2004) , che s i dis t ingue per una r icercatezza sonora più raff inata – i New Year sono giunt i oggi a l loro terzo al-bum int i tolato con la s tessa s igla del la band. Alla domanda circa i l perché del l ’omonimia e del la mancata “ t r i logia del la f ine” (“end” compariva sempre nei pr imi due) , Matt c i r isponde così : “Non siamo riusci t i a pensa-re a un t i tolo interessante che contenesse la parola ‘ f ine’ , anche se c i abbiamo fat to qualche pensiero se solo per motivi di con-t inui tà . Ma al la f ine abbiamo pensato che queste canzoni ruotando intorno a temati-che più disparate avrebbero dovuto s tare sot to un t i tolo non più speci f ico r ispet to al nome del la band”. E t i tolo non poteva es-sere più azzeccato. Proprio questa e teroge-nei tà di fondo, non solo dal punto di vis ta del le l i r iche ma anche da quel lo musicale , è c iò che più colpisce al l ’ascol to e che fa pensare a quest’album come la summa più al ta dei f ra te l l i Kadane . Al suo interno ci sono r ichiami al passato s ia prossimo (mol-te del le canzoni ruotano intorno al piano che fu la vera novi tà di The End Is Near ) che remoto (canzoni come X Off Days , The Door Opens e The Idea Of You con un in-cedere t ipicamente indie-rock r iportano con la mente a l la pr ima metà dei Novanta) , che

perfezionat i t ramite una maturi tà s t i l is t ica lampante raggiungono r isul ta t i eccel lent i , come s i evince in Folios , nel s ingolo Com-pany I Can Get e nel la s t ruggente cant i lena di Seven Days And Seven Nights . A suggel lo di tut to c iò arr iva puntuale la seguente af-fermazione di Matt : “Non abbiamo mai pre-vent ivato di fare un album tranqui l lo , rumo-roso o anche variegato. Qualsiasi coerenza tematica è in gran parte involontaria”. Tut-to c iò a s ignif icare come i l loro modus ope-randi s ia oramai consol idato e perfezionato. “Ho di f f icol tà a individuare le font i di ispi-razione per queste canzoni , i l personale e i l pol i t ico o i l sociale sono sempre col legat i”. Ciò che s i respira , invece, è una velata ca-r ica nostalgica: “Forse c’è un grado in cui essa emerge circa certe decis ioni sbagl ia-te: nel r impianto di r isul tat i non real izzat i e nel desiderio di poter tornare indietro”. Anche per quel che r iguarda l ’approccio con le nuove tecnologie i l Nostro non sembra avere un brut to rapporto: “Ho avuto una mi-gl iore percezione di c iò che s igni f icano i cambiamenti tecnologici dopo che abbiamo vis to crescere questo album dal l ’ iniz io al la f ine. Proprio ora sono cautamente ot t imista circa la democrat izzazione del la musica che Internet incoraggia in parte”. Dopo i l tour americano che l i ha vis t i accompagnat i da i Bottomless Pit , una band di Chicago di cui Matt ce ne par la un gran bene, i New Year passeranno s icuramente in I ta l ia a f ine novembre per un’unica data a Bologna, ma come ci spiega i l Nostro: “ I l piano è quel lo di cercare di tornare nel la tarda primavera o in es tate prossime”. Un’occasione in più per non perdere dal vivo una del le band più pure e genuine del panorama indipendente . Ma, ne s iamo cer t i , per cogl iere queste scie soffusamente luminose occorre abi tuars i a scrutare in controluce, a l t r iment i niente se-greto. Anche perché i Nostr i non sembra-no cer to cambiare s t rada: “Non penso che noi potremmo davvero suonare al tro t ipo di musica r ispet to a c iò che facciamo. Se qualcuno venisse e c i chiedesse di provare a scrivere una hi t io non saprei proprio da dove cominciare”. Niente male come garan-zia futura .a n D r e a P r o v i n c i a l i

Un’autent ic i tà art is t ica tanto originale quanto marginale . Un musicare t imidi bozzet t i s low-core, in bi l ico tra arpeggi , s f iorare di tast i e sof fer te cant i lene crepuscolari , che, nascon-dendo la propria essenza in f i l igrana, presuppone un solo modo per cogl ier la .

tHe new yearin contro luce

Page 9: Parenthetical girls - SentireAscoltare

Tu

NE

IN

SA 17

I l cari l lon si schiude.

Prov iamo con un g ioco ba rocco d i me ta fo -re . I l pas so p iù lungo de l l a gamba d i A l i ce che s i r i t rova a l d i l à d i uno specch io d ’ac -qua , den t ro una bo l l a d i b rodo d i g iugg io le p repa ra to a r ego la d ’a r t e mus ica l e .E o ra , come s i f aceva ne l Se icen to (o me-g l io , come fa lo s tud ioso d i ogg i con g l i s c r i t t i d i a l lo ra ) , ap r i amo lo sc r igno de i r imand i t r a me ta fo r i zzan te e me ta fo r i zza to e ce rch iamo d i cap i r e che s t a succedendo – cosa è successo , con che successo – a i Parenthe t i ca l Gir l s .La s to r i a i n i z i a ne l 2002 , a Eve re t t , Wa-sh ing ton , quando i due amic i f r a t e rn i Zac Penn ing ton e Je remy Cooper dec idono d i da re una s f e rza t a a l p rop r io amore pe r i l p r imo Br i an Eno pos t -Roxy Mus ic , pe r Ph i l Spec to r, pe r i p r imord i de l ca t a lo -go Rough Trade . P ropr io da un b rano d i Eno , i n combo con Rober t F r ipp , p rov iene i l nome de l l a b reve e spe r i enza p re -Pa ren -the t i ca l G i r l s , Swast ika Gir l s . “Assoc ia to a no i que l nome c redo dovesse r ip rodur re i l r appor to che aveva con l a compos iz ione d i F r ipp & Eno – un nome ca r i co e d i fo r t e impa t to pe r una mus ica t an to innocua” , c i sp i ega Zac . D i f a t to Je remy l a sc i a sub i -to , e l ’un ico p rodo t to che e sce so t to pe r Swas t ika Gi r l s è uno s t r ano EP na ta l i z io au top rodo t to – success ivamen te r ip rodo t to in p iù sa l se anche a nome PG - , da l t i t o lo Chr i s tmas Wi th Swas t ika Gi r l s . Le a tmos fe re sono d i un pop t r a sogna to , morb ido , un poco inqu ie t an te ; d i s ign i f i -ca t ivo , r i spe t to a l l a v i cenda che v i s t i a -mo raccon tando , c ’ è l a s t rumen taz ione , che sa rà conse rva ta , con agg iun te , f i no a l penu l t imo d i sco de i Pa ren the t i ca l ; c i sono syn th , ch i t a r r e e ff e t t a t e , voc i s ib i l an t i , e “un g lockensp ie l , na tu ra lmen te” .La pe r sona l i t à d i Penn ig ton s t a c re scendo come i l suo in t r ecc io d i amic iz i e e d i co l -l aboraz ion i . La l i ne -up de i Pa ren the t i ca l G i r l s , na t i u f -f i c i a lmen te da l ì a un anno , pesca d i vo l t a i n vo l t a da Por t l and e da Sea t t l e – l e due c i t t à su cu i p iù s i a r t i co le rà l a s to r i a de i PG, l a p r ima pe r l a r e s idenza e ff e t t i va , l a s econda pe r l a p ro f i cu i t à deg l i s cambi mu-s i ca l i . Le f ea tu r ing co lgono f r e sche ene r-

g i e d i Cas io tone For The Pa in fu l ly Alone , e sop ra t tu t to da i Dead Sc ience , band sopra l e r ighe d i Sea t t l e da cu i p rov iene Jhe rek B i schoff , f i gu ra cen t r a l e p iù che co l l a t e -r a l e , come vedremo.I l r i su l t a to de l l a messa a r eg ime de l l a r e t e d i Zac è l ’ e so rd io ve ro e p ropr io de i Pa -ren the t i ca l G i r l s , ( ( (GRRRLS) ) ) ( 2004 , 6 .7 ) , u sc i to so lo in v in i l e pe r l ’ e t i che t -t a de l nos t ro , l a S l ende r Means Soc ie ty. I due l a t i de l l ’ a lbum, “O” e “X” , con ten -gono l e s t e s se se t t e t r acce ; l e d i f f e renz ia l a p roduz ione e i l mi s sagg io , pe r “O” ad ope ra d i Jhe rek B i schoff – che p rodur rà tu t t i i d i sch i de i PG - , pe r “X” n ien te d i meno che d i J amie S tewar t . In i z i a da qu i l ’ a ff i l i az ione de i Pa ren the t i ca l ag l i X iu Xiu ; ma , s e è ve ro che l ’ e s t e t i ca po r t l an -dese de l g ruppo d i Kni fe P lay pe rmea i l r imando t r a i syn th , g l i ammenn ico l i e i l g lockensp ie l u sa t i , s e è ve ro che l e pose d i Penn ing ton d imos t r ano un sen to re a r ty s i -mi l e a que l lo d i S t ewar t , c iò che p iù con ta è l ’ emerge re d i me lod ie che sa ranno da l ì t i p i che de i G i r l s (Here ’s To Forge t t ing ) , e sop ra t tu t to l a voce d i Zac , che in i z i a ad a s sumere que l l a s t a tu ra me lò , un po ’ deca -den te , bohemién , d i r ebbe ro i p iù…Xiu Xiu e Dead Sc ience , d i cevamo, sono s t a t i due po l i d i a t t r az ione pe r i Pa ren the -t i ca l G i r l s ; ma dopo i l p r imo a lbum l ’ in -f luenza sa rà sempre in fe r io re , B i schoff p i ano p i ano d iven te rà un membro a tu t t i g l i e f f e t t i de l l a band d i Penn ing ton ( f ino a quando l a s epa raz ione de i ben i s a rà sanc i t a da uno sp l i t PG/DS, a l l ’ i n i z io de l 2007) , e l e due ma t r i c i r imar ranno p iù a l i ve l -lo umano che mus ica l e . “Facc iamo t ip i d i mus ica d i s t in t i , t r acc i amo d ip in t i che s i muovono da p rospe t t i ve e i n f luenze d ive r-se . Mi en tus i a smano i r i su l t a t i d i en t r ambe ques t e band , ma c redo che i nos t r i ob ie t -t i v i s i ano fondamen ta lmen te d i f f e ren t i ” – ch iosa i l l eade r de i PG.Nel le i l lus t raz ioni de l la coper t ina d i ( ( (GR-RRLS)) ) , po i , d i segnate da Kathryn Rathke , lo Zac in fumet to indossa s ia b iancher ia maschi le che femmini le , p readolescente come un cas to androgino; i l suo pro tago-n ismo anglosassone c i in t roduce in ques to modo a un conce t to che d iventerà una de l le ch iav i c r i t i che pr inc ipa l i de l d i sco succes-

ParentHetical girls

colPo Di teatro

Dai campanel l ini e dai synth xiuxiu-eschi a una piccola orchestra chiusa in una bol la di sapone. Dall’ambigui tà quasi-scenograf ica

al la nuova – splendente , coraggiosa, forse pericolosa – fase dei Parenthet ical Girls . Un colpo di teatro.

Testo: Gaspare Calir i

Page 10: Parenthetical girls - SentireAscoltare

Tu

NE

IN

SA 19

s ivo; è l ’ambigui tà , sessua le ne l la super f i -c ie , mus ica le in senso p iù l imina le .

Si chiude la bolla.

I Pa ren the t i ca l G i r l s sono ancora , sos t an -z i a lmen te , i l g ruppo d i Zac Penn ing ton anche in Safe As Houses (S l ende r Means Soc ie ty, 2006 , Acua re l a , 2007 , 7 .4 ) . La sua p re senza scen ica è s t ruggen te e i ron i -ca in s i eme , de i suo i ammiccamen t i s i nu -t rono l e pa ro le – d i cu i è au to re – e t u t t i g l i a r r ang iamen t i . Eppure i suo i compl i c i , spec ie da l v ivo , non sono f igu re d i s econ-do p i ano . C’è Rachae l J ensen , a l v io l ino come a i syn th , c ’ è Mat t Ca r l son , mus ic i s t a d i fo rmaz ione c l a s s i ca , ed Eddy Cr i ch ton – o l t r e a l combo Jhe rek B i schoff -Sam Mi-ckens de i Dead Sc ience , ancora una vo l t a , pe r i l l avo ro in s tud io .Love Connec t ion , p t I I , i l p r imo b rano , ne è man i fe s to . L’o rd ine d i appa r i z ione non è casua le , e c i p re sen ta , pe r l ’ appun to , uno x i lo fono , anz i tu t to , e po i un syn th – o l t r e a l l ’ugo la penn ing ton iana - che da me lo -d ico d iven ta , a f i ne canzone , un d i s tu rbo incon t ro l l a to ; pe r po i f a re da base , quas i o rgan i s t i ca , ne l b rano success ivo , I Was the Dancer . R i spe t to a l l a s emioscur i t à on i r i ca d i ( ( (GRRRLS) ) ) , a t r a t t i c i f a s t r inge re p i a -cevo lmen te g l i occh i una so la r i t à come ve la t a , s tona ta , quas i non comple t a ; nu l l a , vo lu t amen te , è compiu to in ques to d i sco ; i l p ro t agon i smo d i Zac non è ma i pompo-so , a r r iva a un passo da l l imi t e ma non va rca l a sog l i a ; quando lo s t a pe r f a re s i i ndebo l i sce , t o rna f r ag i l e .Sono i l i ve che seguono Safe As Houses a d imos t r a re i l mi rab i l e b i l i co en t ro cu i s i muovono l e ragazze paren te t i che . Penn ing-ton , fo r t e de l l e sue canzon i quas i - s t rug -gen t i , consegna a l pubb l i co una t ea t r a l i t à magne t i ca , che sp i cca con t r apponendos i a l l a ve r sa t i l i t à neo -an t i - roman t i ca de l l a J ensen , s cen icamen te impass ib i l e , t ea t r a l -men te f r ig ida come una bambola d i ce ra . La ve r s ione da l v ivo d i One Fa ther, Ano-ther è ancora p iù l en ta , ne l l a sua p r ima pa r t e ; Zac s i sd ra i a , g ioca con un pe r so -nagg io immagina r io che f a pas sa re t r a l e

d i t a ; quando ques to g l i s cappa , e l a can -zone vo lge a l f i na l e – o r ig ina r i amen te una son tuosa ch iusa band i s t i ca – i l f r a s tuono de i syn th e de l l e d i s to r s ion i copre l a s ce -na , come neve ne ra in una pa l l a d i ve t ro ag i t a t a .Ed è ne l l ’orches t raz ione d i t a l i con t r a s t i che s i i n t r avede una penna , anz i un co r re t -to re d i bozze , ovve ro Mat t Ca r l son . Non è p iù un sempl i ce accompagna to re , l a sua impor t anza s i f a s t r ada r iducendo l a ge -ra rch ia de i l i ve l l i t r a Penn ing ton e i l r e s to de l l a band . I l suo pens i e ro ib r ido co l to /popo la re en t r a anche ne l l e pa ro le d i Zac , quando d ice che i PG sono “ in t e re s sa t i a l l e fo rme popo la r i che ha p rodo t to in Amer ica i l ven te s imo seco lo – da l pop an te -gue r ra f ino a i com-pos i to r i deg l i ann i ’60 , come I rv ing Ber l in , Bur t Bacha rach , J ack Ni t z sche , Van Dyke Pa rks” . E l e sue capac i t à d i o rgan izza re

una comples s i t à po l i s t rumen ta l e s i i n s i -nuano ne l l a ve r s ione e s t e sa d i Keyho les And Cur ta ins – g i à p re sen te , i n una p r i -ma bozza , i n Safe As Houses – pe r come compare , come seconda t r acc i a , ne l l ’EP Addendum , de l 2007 – i l qua le de l r e s to in i z i a con l a pun ta p iù a l t a de l l a commi-s t ione o rches t r a - rumore ne l r epe r to r io pa -ren te t i co , The Frag i l e C lass .L’ambigu i t à mass ima de l p ro t agon i s t a Pen-n ing ton è sanc i t a ancora una vo l t a da l l e immagin i d i co r redo ; l a cope r t ina d i Safe As Houses l o vedeva anda re a l e t to con se s t e s so , nonché abbracc ia r s i t ene ramen te . Da qua lche mese a ques t a pa r t e , i nvece , è una fo to a p reva le re ne l l ’ i conogra f i a de l l a band – f ino a e s se re in t rodo t t a come in t e -s t az ione de l l o ro MySpace , o l t r e che ne l r e t ro de l l a cope r t ina de l l a nuova usc i t a d i -scogra f i ca . L’ immagine r i t r ae un g ruppo , e non p iù un

s ingo lo ; i qua t t ro mus ic i s t i che ogg i sono i PG sono r i t r a t t i i n mimes i a l l a l ocand ina d i Janghwa, Hongryeon , i n I t a l i a i n t i t o -l a to Two s i s t e r s , f i lm s t r ap iac iu to ag l i ad -de t t i de l co reano Kim J i -woon .E qu i a r r iv i amo a Entang lement s , t e r zo a lbum de l l e r agazze . Ma , fo r se , i l p r imo fa t to da un g ruppo coeso d i pe r sone .“Entang lement s è i l p r imo d i sco che ab -b iamo reg i s t r a to come una band ve ra e p ropr i a , c ioè che r ende con to de l l e nos t r e d i f f e renze . Non è e sa t t amen te un avan-zamen to o rgan ico , ma abb iamo de l ibe ra -t amen te dec i so d i f a re un d i sco d ive r so , dag l i a l t r i che avevamo fa t to come da l l a magg io r pa r t e de l l e cose che s i s en tono in g i ro . Non sono de l t u t to conv in to che sa rà r appresen ta t ivo d i c iò che c i r i s e rva i l fu -tu ro” – d i ce Zac – “eppure s i amo conv in t i d i vo le r p rova re ogn i vo l t a una cosa d i -ve r sa” .I l r i su l t a to è che , s e p r ima i Pa ren the t i ca l G i r l s me t t evano un p i ede so lo den t ro l a bo l l a t ea t r a l e d i un mondo a pa r t e r i spe t to a l l ’ i nd ie od ie rno , o ra c i sono en t r a t i de l t u t to . I l gus to pe r l a pe r tu rbaz ione de l r i -go re o rches t r a l e è abbandona to ; con e s so l a p reponderanza de i campane l l in i e de l -l e c i an f rusag l i e de l foco la re s t ewar t - i ano . L’ in i z io de i PG e ra s t a to come t i r a re fuo r i da una va l ige t t a un ca r i l l on , con a l l ’ i n -t e rno un ’o rches t r a d i nan i . Entang lement s por t a a l l e e s t r eme conseguenze l ’ en t r a t a i n que l mondo me ló . L’ i ron ia che s i na -scondeva ne l l ’ ambigu i t à d i Penn ing ton d i -ven ta i l d i s t acco de l lo spe t t aco lo .Una vo l t a pe r t u t t e? “è d i f f i c i l e da d i r e , o ra come o ra . S t i amo g ià sc r ivendo nuo-vo ma te r i a l e . Se tu t to va come p ian i f i ca to , comunque , f a remo i l nos t ro capo lavoro , un dopp io v in i l e . è tu t to que l lo che posso p rende rmi l a l i be r t à d i d i r e , a l momento” . Da l d i den t ro de l l ’un ive r so d i Entang le -ment s , r i cco d i me ta fo re che c i po r t ano fuo r i da l l e ovv ie t à de l nos t ro t empo .

Page 11: Parenthetical girls - SentireAscoltare

Tu

NE

IN

SA 21

PREACHER’S BLUES.David Eugene Edwards è un f i lo , metal l ico e bat tuto dal vento. I l f i lo che connet te noi poveri mortal i a l Dio che ogni cosa vede e a qualcuna s i rammenta di provvedere, ma pure quel lo che al laccia a l male di vivere e a l peccato. Quando ne canta , Edwards fa tut t ’uno di Ian Curtis e John Fogerty , Jef-frey Lee Pierce e A. P. Carter , teso e s t r i -dente come una s l ide rugginosa. Gli r iesce faci le per la s incer i tà es t rema, evidente s in dal vol to - sot t ra t to a una fotograf ia del la grande depressione - e perché non sale su un piedis ta l lo a evangel izzare , perché t ra tut te le domande lui una r isposta la t rova nel l ’Al-t iss imo e per l ’anima che is t i l la in quel che fa gl i credi . Perché è americano e in quel paese la Pa-rola è Sacra . Lo capisci ancor megl io dal vivo, quando catal izza l ’a t tenzione per la sola f igura - def inizione coniata da Mat-thew Fritch d i Magnet : non ve n’è una più calzante - da “versione pentecostale del Da-vid Carradine di Kung Fu”. Non bastasse la musica che propone da t re lustr i , cuore nero divulgatore di un southern gothic coi den-t i affondat i nel blues , panacea e or igine di ogni male . David Eugene è i l f i lo che r ispe-disce al la fonte , a l la t radizione r igenerata in sé s tessa e salvata dal la morte grazie a i temi eterni che affronta . Come i l nostro es-sere pietre che rotolano senza sosta , nel l ’ in-cer tezza di cosa ci a t tende.

DARK WAS THE DAY.La spiegazione di ta le agra e ruvida bel lez-za s ta probabi lmente in due fat t i : un dato biograf ico che racconta David Eugene ni-pote di un predicatore Nazareno che soleva condurlo ai funeral i , forgiando in lui i l b i l i -co esis tenziale t ra accet tazione del la morte e brama vi ta le ; poi la formazione musicale avvenuta in gioventù, soppesata t ra count-ry e punk, (heavy) rock e gospel . Sempre e comunque sul la bi lancia dondola l ’ indi-viduo e da ciò t rae forza, cercando un equi-l ibr io che nel la vi ta s i può solo inseguire e non ci spet ta . E’ roba dest inata a “dopo la vi ta” , quel la , per chi c i crede e i l Nostro è t ra quest i . I l suo approccio al la c lass ic i -tà sonora del suo paese non può essere che iconoclasta , nondimeno pr iva di forzature ,

edif icato su sot t intesi sonori e autor i tà te-s tuale ed esecut iva. Da ragazzo s i appassio-na al la bat ter ia e ascol ta Joy Divis ion e En-stürzende Neubauten : logico che quando i l folk lo investe come un carro in corsa verso i l West , nel le mani res ta i l concet to percus-s ivo appl icato a chi tarra e banjo, imparate sul la scorta di Leadbel ly , Woody Guthrie , Hank Wil l iams . Al lorquando Denver e i l Colorado cominciano ad andare s t re t t i , va a Boston con i punkers Rest less Middle Class: è i l 1984 e non lasciano t racce. Ne consegue un r i torno a casa passando per Los Ange-les , quando oramai s iamo giunt i a l 1992 e la svol ta dietro l ’angolo. Qui i pochi fa t t i e non c’è a l t ro che esul i dai dischi , più che mai pezzi di vi ta sua e nostra , e dai con-cer t i dove Edwards incarna quel che canta e non s i l imita a raff igurar lo . Dubitate voi del la vis ione di Hyeronimous Bosch , se ve la sent i te . Rinvenut i sodal i di valore e f iducia nel bat-ter is ta Jean-Yves Tola e nel bassis ta Keven Sol l , arr iva un contrat to dal la prest igiosa A&M: i l promettente mini omonimo (A&M, 1995; 7,0 ) ant ic ipa di un anno l ’esordio l i scagl ia nel l ’ol impo. Per chi ebbe orecchie a t tente , Sackcloth ‘N’ Ashes (A&M, 1995; 8,0 ) confermò - passaggio di consegne rap-presentato dal cameo di Gordon Gano in-cluso - che una nuova onda nasceva sot to l ’a l ternat ive country, r ispet to a questo viep-più catramosa e impastata di polvere e bru-ma. La f isarmonica ossessiva che sost iene Ameri-can Wheeze , la chi tarra Creedence che apre lo scatenato hi l lbi l ly Red Neck Reel , i l west r iverberato in I Seen What I Saw e Horse Head , le cadenze di Black Soul Choir por ta-vano in dote un senso del passato giammai cal l igraf ico; non suonavano accademiche o r ipul i te (Harm’s Way è davvero new wave fat ta country) , non bramavano né la Bibl io-teca del Congresso né Nashvi l le , no. Erano semmai tut te e t redici diret te verso i nostr i recessi nascost i che ancora abi tano dopo in-numerevol i ascol t i , come la perfezione che da subi to r ivelarono. Pascal Humbert , che imbracciò i l basso agl i inizi , fa r i torno nel 1997 in vece di Sol l per una l ine-up al lar-gata a quartet to col chi tarr is ta Jeffrey Paul Norlander . Reclutato John Parish a l la re-

DaviD eugene eDwarDsreleasing My religion

Da quindici anni David Eugene Edwards va inf i lando un tomo dietro l ’al tro di quel lo che s i prof i la come un romanzo americano

classico. Più Hawthorne che Melvi l le , magari , con sopra ogni cosa la Bibbia, perché la Parola è per costui una e una sol tanto.

Quel la del Signore Dio suo, perché non ne avrà al tr i al l ’ infuori di Lui lungo l ’e terna fat ica di v ivere.

Testo: Giancarlo Turra

Page 12: Parenthetical girls - SentireAscoltare

Tu

NE

IN

SA 23

g ia , Low Es ta te (A&M , 1998 ; 7 ,5 ) r ep l i -ca in modo conv incen te t r ami t e i l poke r invasa to e devas t an te de l l a t i t l e t r ack , d i un ’ immane Br ims tone Rock , d i For Hea-ven’s Sake e Sac Of Re l ig ion . Due ann i e un cambio d i s cude r i a dopo , Secre t Sou th (Razor & Tie , 1998 ; 7 ,3 ) agg iunge un t r io d ’a rch i , l a l i t u rg i a de l p i anofo r t e e Ste -phen Tay lor a l l a s e i co rde . Appro fond i sce e non ind ica a l t r e v i e ( come po t r ebbe , de l r e s to? ) , ma l a v i t a l i t à d i S t raw Foo t , Clog-ger e de l t r ad i t i ona l Wayfar ing S t ranger non s i l evano da l l a men te . F ra t t an to Dav id ha da to v i t a a l p roge t to Woven Hand e una ce r t a i ndec i s ione scompig l i a l e ca r t e , da l momento che Hoarse ( 2001 , G l i t t e rhouse ; 7 ,5 ) è s c in t i l l an t e l i ve che ch iude i l ce r-ch io a co lp i d ’acce t t a e cove r d i Foge r-ty, Joy Div i s ion e Gun Club (ques t ’ anno l ’ e t i che t t a t edesca ne ha pubb l i ca to un a l -t ro , buono ma che nu l l a agg iunge : Live In 2001 ; 7 ,0 ) . Spe t t a a l l ’ ecce l l en te Folk lore ( 2002 , J e t -

se t ; 7 ,8 ) s candag l i a re a fondo i l pas sa to e confe rmare l a s t a tu ra d i “au to re c l a s s i -co” de l Nos t ro , che mos t r a d i ave r i ng lo -ba to l a concez ione son icamen te spa r t ana d i Woven Hand ( t a s t i l on tan i e sg rana re d i v io lonce l lo a ff i ancano l a consue ta s t ru -men taz ione ) . I l r appor to co l pas sa to in -con t r a l ’ ep i tome suprema in se i appass io -na te r i l e t tu re d i “ t r ad i t i ona l s” amer i can i ( l e t t e r a lmen te ind ic ib i l e S innerman ) , eu -rope i ( l ’unghe rese Out law Song ; i l va l ze r conc lus ivo La Robe A Paraso l ) e d i Tuva (Horse Head F idd le : man t r i ca ) . I l r e s to lo f anno o r ig ina l i a l l ’ a l t ezza de l l ’Hank Wi l -l i ams d i Alone And Forsaken e de l l a Car-ter Fami ly d i S ing le Gi r l , qu i a ff ron ta t i da v inc i to re . Spe t t a a Olden (2003 , J e t Se t ; 6 ,8 ) r i o rd ina re i ca s se t t i , e s t r aendone una sporca dozz ina d i demo ined i t i e ve r s ion i a l t e rna t ive de l g i à no to , s ancendo in t a l modo l a f ine de i 16 Cava l l i Vapore . Che s i a r r e s t ano dopo ave r c rea to un un ive r so merav ig l io so ancorché poco r a s s i cu ran te

pe r ch i v i s i adden t r a . I l s eg re to g i ace l ì , ma lo av re t e o rama i a ff e r r a to . COLD WAS THE GROUND. Poco p r ima che l a co r sa de i 16 Horsepower f in i sca , come de t to Edwards concep i sce i l p roge t to Woven Hand , g rondan te r e l ig io -s i t à ancor p iù che in pas sa to ( i l nome s i r i f à a l l e “man i g iun te” in p regh ie ra…) pur non d i scos t andos i o l t r emodo da l l a v i a ma-es t r a . Gospe l e fo lk , s a lvezza e pe rd iz ione fungono ancora da sp ina do r sa l e : cambia l a moda l i t à de l l ’o ff e r t a , o ra p iù in t imi s t a , come a so t to l inea re l a na tu ra d i “pa raven-to” so l i s t i co dove l ’uomo d i Denver l avora da so lo a casa sua , p iù t a rd i ch iamando a sé l a vecch ia conoscenza S teve Tay lo r. Un p r imo d i sco omonimo ( 2002 , G l i t t e rhou-se , 7 ,2 ) r i ve l a ambien t i r acco l t i e med i -t a t i i n ch iave pe r l o p iù acus t i ca , che de l rock r acco lgono i l r e sp i ro da songwr i t e r d i Nick Cave . Spog l io , pe rò , e nond imeno so l ido come una casa d i campagna , i n som-ma , l e t r av i d i l egno a p r ima v i s t a ugua l i e i nvece ognuna d ive r sa : a t t acco appa la -ch iano e s f a r s i ce l t i co (Arrow Head ) o fu -ne rea fo rmos i t à (The Good Hand ) f a poca d i f f e renza . R ibad i sce l ’ i sp i r az ione e l a vo -lon tà a d ive r s i f i ca rne us i e cos tumi Blush Mus ic ( 2003 , G l i t t e rhouse ; 6 ,8 ) , concep i t a pe r accompagnare l a t roupe d i danza be lga Ul t ima Vez t r ami t e s t rumen ta l i e r i e l abo-raz ion i d i pezz i de l l ’ e so rd io : sp i cca una Ain’t No Sunsh ine , abusa ta cove r che muta in un qua r to d ’o ra d i gospe l - fo lk no t tu rno . E ’ un Edwards consc io de l l a fo rza de l can -t au to ra to e de l l e p ropr i e capac i t à que l lo che in Cons ider The B i rds ( 2004 , Sounds Fami ly re ; 7 ,3 ) r accon ta s to r i e con p ig l io a l so l i t o c r ip t i co e t enebroso . Da l l ’ inc i -p i t Sparrow s co r rono qua ran ta minu t i d i t e r ap ia congregaz iona le , ana l i s i de l l a no -s t r a pochezza che - l ung i da l f a r s i f a t a l i -smo - r i f l e t t e acco ra t a su l l ’ e s i s t enza . Con voce t r emolan te po iché a l cospe t to de l Crea to re , mar i t a t a a suon i f an ta sma t i c i e so l i t a r i e d i s sonanze . Aff r e sco che Mosa ic (G l i t t e rhouse , 2006 ; 7 ,0 ) po r t a avan t i con p iù monaca le sen t i r e , concedendo l a c l a s -s i ca Swed i sh Purse e l a f ebbre d i Whis t -l i ng Gi r l e Dir ty B lue . S lo ta Prow - Fu l l Armour i nd ica da pa r suo che lo s t i l e non

s i “ l imi t a” a v i agg ia re a l t e rmine d i una no t t e de l l ’ an ima , bens ì ce rca una c red ib i l e evo luz ione ne l l a con t inu i t à . Lo confe rma , t o rnando a i p iù s t i l i s t i ca -men te mov imen ta t i i n i z i e i n s i eme san -cendone i l d i s t acco , i l f r e sco d i s t ampa Ten S tones ( c f r. spaz io r ecens ion i ) , che so rp rende con un nuovo cap i to lo d i ques to “g rande romanzo amer i cano” . Ver i f i che re -mo ne l t empo l a po r t a t a de l l a svo l t a , a s -saporando un’e l e t t r i c i t à che spadronegg ia come ma i e l a p s i chede l i a r imessa a nuovo idea ta da Shiva Bur lesque e p r imi Echo & The Bunnymen . Rad ic i s t a tun i t ens i im-pas t a t e d i a lgo re b r i t ann ico sono soven te l ’o rd ine de l g io rno , f r ecce che cen t r ano i l be r sag l io p iù vo l t e pun tando un Wes t d i men te e ma te r i a , i l b lues e l a ch ie sa , l ’ogg i e i l doman i . S i can tano demoni che appa r t engono a ch iunque , anche a ch i d i so luz ion i e r i spos t e non vuo l s en t i r e pa r-l a re . Una poss ib i l e apoca l i s se desc r i t t a da l p red ica to re che non e s i t a a s cende re t r a i f ede l i e mesco la r s i a l l a conf ra t e rn i t a e a l l e sue quo t id i ane t r ibo laz ion i . I l l uogo , va da sé , è una ch ie sa poco appa r i scen te e ancor meno i l l umina ta , onde non d i s to -g l i e re da l l ’ au toana l i s i . D i re s t i che fo r se , a Sa lem, Dav id Eugene c ’e ra : s i s a rebbe t enu to in d i spa r t e a o s se rva re e po i s c r i -ve re que l che i suo i occh i t e s t imon ia rono . Va le a d i r e i l nasce re e sv i luppa r s i d i una naz ione che è me ta fo ra de l l ’uomo. Lo ha f a t to s ino ra e con t inue rà , un necessa r io sus su l to in t e r io re dopo l ’ a l t ro . E cos ì s i a .

Page 13: Parenthetical girls - SentireAscoltare

dR

Op

Ou

T

SA 25

nuovi grani del vecchio rosar io del Dolore

Nuovo? Noise? Italiano?A chi segue l ’evolvers i del la “scena i ta l ia-na” – def inizione odiosa, ma plausibi le e non r inviabi le – non sarà sfuggi to una ser ie di usci te concentrate a caval lo t ra 2007 e 2008 che hanno come carat ter is t ica t rasver-sale quel la di r inverdire i fas t i del noise-rock anni ’90. Cadendo nel la t rappola più ant ica del lo scr ivere di musica – quel la de-gl i s teccat i e del le c lass i f icazioni – verreb-be da chiedersi se es is te un nuovo noise-rock i ta l iano. O meglio, se es is te una ser ie di gruppi geograf icamente nat i e cresciut i nel la penisola che s ta r iproponendo in for-ma nuova e personale quel sound che tante orecchie devastò nei ’90. La r isposta è ov-viamente s ì , anche se a l la luce del le prove prodot te c’è uno scar to innegabi le : quel lo che esce dagl i ampli del noise-rock al l ’ i ta-l iana non è un suono pedissequo o r iverente , quanto piut tosto un qualcosa di nuovo, pla-smato e modif icato a piacimento at t raverso le proprie propensioni ar t is t iche, i l proprio background, i propri ascol t i e , perché no?, i propri incubi personal i .Pr ima di procede-re ol t re , però, bisogna puntual izzare e met-tere palet t i . In segui to , tentare , abbozzare, suggerire def inizioni e del imitare i l raggio d’azione. Inf ine conoscere , non solo at t ra-verso le musiche ma anche mediante le pa-

role , i protagonis t i di quel la che def iniamo come r inasci ta .

definizione (approssimativa) dell’indefinibile: noise-rock.Noise. Da vocabolar io , rumore. Bel la def i -nizione per un genere musicale , apparente-mente. In real tà nul la più di un conteni tore in cui r iporre indis t intamente e agevolmen-te le convuls ioni industr ia l i d i EN e Throb-bing Gris t le , gl i s lanci del la no-wave new-yorchese, gl i es t remismi japan di Merzbow, e giù giù f ino ai debosciat i dei giorni no-str i Lightning Bolt , Wolf Eyes, e compa-gnia bel la . I l suff isso in questo caso aiuta e molto. Restr inge i l campo, del imitandolo al l ’ambito rock, seppur deforme. Strumen-tazione classica insomma, incentrata sul la sacra t r iade chi tarra/basso/bat ter ia , ma de-cl inata a l rumore. La bat ter ia diviene perciò un tuono improvviso, capace di sommovi-menti intest ini ; i l basso un caterpi l lar tanto mobile quanto pesante , ruvido e e lefant ia-co; la chi tarra contemporaneamente uno s t i -le t to che provoca spasmi e dolor i e un muro che sferza piegando l ’ascol ta tore a i propri , sudici voler i . Cosa questa che in questo ar-t icolo tornerà spesso.

Testo: Stefano Pi f fer i

PUTIFERIO

LUCERTOLAS

DEAD ELEPHANT

HELL DEMONIO

Page 14: Parenthetical girls - SentireAscoltare

dR

Op

Ou

T

SA 27

delimitazione del campo d’azione.Prima di debordare ol t re , però, è necessa-r io met tere dei palet t i ; in pr imis , geograf i -c i . Ci occuperemo solo di c iò che proviene dal la penisola: e t ichet te , gruppi , local i . Di tut to di più quando a par lare è i l verbo del noise-rock, mai tanto vivo come in questo squarcio di nuovo mil lennio. Non di pedis-seque imitazioni s i s ta par lando, né tanto meno di vi l i ed ossequiosi revival . Quan-to piut tosto di una (neanche tanto) la tente tendenza sot totraccia che non è mai morta , dopo i l calo di a t tenzione verso cer te musi-che. Era i l f inire del mil lennio scorso. Dopo i fas t i (ehm) del grunge e le a t tenzioni verso le chi tarre sporche e i suoni micidial i , le mire del pubbl ico s i spostarono verso qual-cosa di più accomodante . E più comodo da conoscere e catalogare.Ma i l cuore marcio di quel suono metropol i tano e sconcio, disa-dorno e sporco ha cont inuato a bat tere f ino a r iproporsi in veste deforme grazie a l la in-s tancabi le passione di chi quel la musica la suona e di chi la produce.Ne abbiamo elet t i 4 a rappresentanza di un panorama t r icolo-re mai tanto at t ivo sul versante del le chi-tarre che sanguinano. Ma la scel ta sarebbe potuta t ranqui l lamente cadere su molt i a l t r i .

I veterani Three Second Kiss sul versante math-post o I l Teatro Degl i Orror i , in ten-t i a decl inare a l verbo i ta l ico i l marasma del l ’eredi tà One Dimensional Man. O anco-ra sugl i spasmi basso/bat ter ia di G.I . Joe, sul sudore zozzo e grasso di Fuck Vegas e Torquemada, sul blues-core di Satantango. O ancora sul le Marche che furono di Sedia e che sono di Butcher Mind Collapse, Lle-roy, del col le t t ivo Marinaio Gaio, dei poet i -c i Dadamatto. O di e t ichet te spaccat impani come quel le che Mirko Spino (Wallace) e Stefano Paternoster (RobotRadio) portano avant i da tempo; o quel le più giovani e non per questo meno agguerr i te , come Donna-Bavosa o l ’ul t ima arr ivata Afr icanTape. O di local i come i l Sinis ter Noise di Roma, sempre at tento a tener fede al proprio nome. O di mil le a l t r i ancora ai qual i chiediamo venia per la dimenticanza ma che r inforzano l ’ idea del fermento in a t to sul versante del rumore chi tarr is t ico del la penisola .I quat t ro nomi che abbiamo scel to come rap-presentant i del la neue welle rumorosa sono qui , in r igoroso ordine alfabet ico. Nomi for t i , crudi , diret t i . Tanto quanto le musi-che che producono. Signori e s ignore, a voi Dead Elephant , Hel l Demonio, Lucertulas , Put i fer io .

Dead elephant1.

Put i fer io2.

lucertulas3.

Hel l Demonio4.

i l teatro Degl i orror i5 .

three second kiss6.

Dadamatto 7 .

aucan8.

Butcher Mind col lapse9.

g. i . Joe 10.

nervous kid 11.

l leroy12.

venezia13.

But god created women 14.

forget about Mario15.

ghatanothoa16.

duE ANNI dI NOISE-ROCK ITALIANO

Dead Elephant.I pr imi . In t re . Semi esordient i . Da Cuneo. Unici rappresentant i non venet i del lot to e forse i p iù deviat i . Malat i e pervers i? Psi-copat ic i e per icolosi? No, nul la di tut to questo. Tre normali t rentenni che tor turano volumi, evocando incubi lynchiani mentre s i di le t tano a far sanguinare orecchie e s t ro-picciare f ranget te a l la moda nel fes t ival più cool d’I ta l ia . In Lowest Shared Descent , coproduzione RobotRadio/DonnaBavosa, r iprendono i l f i lo del discorso noise-core dei mid-ninet ies di la tandone i confini , a l -lungandolo come fosse mater ia plasmabile , instabi le e f lut tuante , f ino a apr i re voragi-ni di malef ica ambient dis turbante più degl i assal t i sonici .

Metal l ica senza essere metal ; rumorosa sen-za essere (solo) noise; aggressiva ben ol-t re l ’hc, la musica del l ’e lefante morto è una corsa al l ’ impazzata giù per tut t i i g i roni del l ’ inferno dantesco con r i torno al punto di par tenza. L’inferno, ovviamente.

Hell Demonio.Col nuovo Discography g l i HD hanno avuto l ’onore di celebrare l ’usci ta n . 100 di Walla-ce. Traguardo meri ta t iss imo per Mirko Spi-no e , a l la luce del la scarsa mezzora di furo-re a t le t ico dei veronesi , migl ior scel ta non poteva esserci . Un concentrato noise-rock essenziale e asciut to , i l loro; fa t to pr inci-palmente di chi tarre e di r i tmat iss imo rock al l ’essenza. Magari più canonico r ispet to a i

compagni di merende di questa indagine, ma pur sempre suonato dai demoni degl i infer i . Assatanato. Invasato. Spir i ta to . Hel l Demo-nio è e t tol i t r i d i sudore e sforzo muscolare , ugole inf iammate e suoni compressi , inca-s t r i r i tmici e fur ibondi breaks s t rumental i in un blob che centr i fuga tut to i l noise a s te l -les t r isce a noi tanto caro. Ma non una copia s ter i le , né un omaggio r ispet toso ai nomi di r i fer imento, quanto un sent i re comune, una aff ini tà e le t t iva.

Lucertulas .Ovvero, come perdere (un pezzo del) i l nome e non i l v iz io . Quel lo del la potenza nuda e cruda cara ad un al t ro re t t i le (coincidenza o omaggio t rasversale?) , quel lo anfetamico gest i to nei ’90 da Tom Hazelmyer.Di loro i t re da Vit tor io Veneto ci met tono car ica iconoclast ica , rabbia espressionis ta e lodevole dono per la s intesi che s i manifesta in un muro sonoro incompromissorio e bru-ta le che colpisce in faccia senza perders i in ghir igori e svolazzi a l la moda. Mid-tempo da cacofonia industr ia le e la tente blues l io-f i l izzato sono ascisse e ordinate di un suono che non disprezza sper imental ismi in sot t ra-zione, quando s i sfalda in vuot i cosmici da apnea immediata . Tragol De Rova rappre-senta la tes ta di ponte t ra i l nord-est pro-

dut t ivo ed al ienante e l ’America scalcinata e sfat ta dei vicol i newyorchesi . Così lontani eppur così vicini .

Putiferio.Per ul t imi i p iù giovani . Almeno cronologi-camente con questo moniker, dato che al le spal le c i sono esperienze important i del sot-tobosco i ta l ico al guado t ra hc e noise (Lo-dio, Kelvin, Antisgammo, One Dimensional Man) e a l l ’or izzonte un presente (ehm) ra-dioso. Ate Ate Ate è un put i fer io sonico che pesca da at tacchi straight in your face come d’ordinanza, ma al larga lo spet t ro del le pos-s ibi l i tà soniche in un frul la to indigesto e amaro. Sfaccet ta t i , a l lergici a forma canzo-ne e or todossia s t rumentale; con macchine, t romba, sax e quant’al t ro ad unire le forze con una s t rumentazione classica portata a l suo punto di rot tura . I padovani grondano sarcasmo macabro e lucidi tà di intent i dis-sacrator i , r isul tando noise come volumi, ma apocal i t t ic i per impat to e prospet t ive. L’al-bum spacca le t teralmente: i t impani di chi ascol ta quando debordano in crudezze; ma anche i confini “classici” del genere quando schizzano brandel l i sanguinolent i di musi-che in ogni dove, come in una kris tal lnacht mai tanto at tesa e benvenuta .

Elefanti, demoni, bestie, cacofonie.

Page 15: Parenthetical girls - SentireAscoltare

dR

Op

Ou

T

SA 29

Con le ovvie differenze st i l ist iche suonate tutt i qualcosa riconducibi le al noise-rock. Vi r iconoscete in questa (non)definizio-ne?(DE) C’è un bel po’ di noise in Lowest Sha-red Descent ma non s iamo stat i inf luenzat i solo da quel lo . Non s iamo una band pret ta-mente noise ma di musica estrema. Credo che questo s i capisca bene ascol tando i l no-st ro disco.(L) Chris : non credo di r iconoscere c iò che facciamo in nessun t ipo di def inizione sbr i -gat iva o categoria , non ho mai apprezzato le e t ichet te , ho sempre pensato che ciò che facciamo sia un qualcosa di par t icolare an-che e soprat tut to perché noi per pr imi cer-chiamo di non adoperare s t rut ture canoniche o forme già sent i te .(P) Mirco: Come (non) def inizione come potremmo (non) r iconoscerci! Comunque s i , d i re i che da l ’ impronta , poi l ’ idea vera se la fa c iascuno ascol tando.(HD) Oddio. Le et ichet ta ture s t i l is t iche sono s ta te cose che, personalmente, c i sono sempre s ta te s t re t te e per di più le vediamo pure come abbastanza r idut t ive, soprat tut to come in questo caso quando appunto la def i -nizione non def inisce niente o nel migl iore dei casi poco. Noi s iamo un gruppo che pro-pone musica rock. Gli HD sono un gruppo pret tamente rock con inf luenze pret tamente noise .

Cos’è per voi i l noise? Solo suonare al massimo del volume oppure una sorta di f i losofia di vita?(DE) Riusciamo a dare un senso al termine noise solamente se gl i a t t r ibuiamo un’at t i -tudine più che un genere musicale . In questa categoria c i sono musiche completamente diverse anche se credo che ci s iano deno-minator i comuni in esse , come ad esempio suonare al massimo volume possibi le , esse-re propensi a l la dissonanza e avere un ap-

proccio piut tosto ruvido nei suoni .(L) Noise per noi s ignif ica rumore, lo per-cepiamo ogni giorno come contorno del le nostre vi te . . . macchine, fabbriche, persone ecc. . . dovunque.(P) Mirco: Noise è un vocabolo, un’et ichet-ta , se poi a iuta a ident i f icare quel lo che esce dal la nostra musica ci s ta bene. Può at-t rarci come approccio musicale , ma di cer to non è una f i losofia di vi ta . Piut tosto i l punk ha inf luenzato e carat ter izzato i l mio modo di pormi in musica, i l t i rar fuori qualcosa di mio fregandomene del le opinioni e del le convenzioni , i l do i t yoursel f , le dis t r ibu-zioni , le fanzine, mi r i fer isco più ad un ap-proccio che ad un preciso genere musicale , infat t i tu t to c iò ha poco a che vedere con tant i gruppi punk rock di oggi .Giul io: credo s ia possibi le che qualcuno pensi che i l noise possa essere una f i losofia di vi ta…sinceramente non credo ci s ia nien-te di f i losofico, se non i l fa t to che personal-mente penso s ia la naturale ed intel l igen-te t rasformazione di un cer to t ipo di Punk; quel lo che eventualmente sento è una sor ta di sent i re e performare in totale l iber tà in-f ischiandosene del le regole di mercato o del non-mercato indipendente . Noise vuol dire rumore, che molt i percepiscono come una def inizione dispregiat iva del suono, e a l t r i come l ’unica ver i tà sonora che s i avvicina a Dio, a l Caos. In real tà , suonare noise , o rumore, vuol dire semplicemente fare quel cazzo che t i passa per la tes ta , senza dover s tare a t tento a feedbacks o rumori di fondo, quel le sono cose che non hanno importan-za, mentre la musica che esce dal rumore è lo scopo. Ah dimenticavo: per molt i è una del le tante mode…ma “non t i curar di loro e guarda e passa”…(HD) Sappiamo che nel nostro at teggiamen-to c’è questa predisposizione a suonare a volumi al t i e che al l ’ interno di questa ba-nale azione ci sono mil le differenze e sfac-

cet ta ture , sostanzial i differenze di approc-cio ed espressione. Suonare ad al to volume vuol dire molte cose, come l ’avere cer te di-namiche, a l t ra cosa poi e chi s i approccia a questo senza cognizione di causa.Noi se suoniamo al massimo del volu-me non s t iamo bene. Abbiamo sicura-mente bisogno dei volumi giust i , poi cercare di capir lo per chi s ta dal l ’a l -t ra par te è s icuramente un al t ro discorso. Crediamo sia necessar io che la gente capi-sca un minimo quel lo che suoniamo, in tut t i i sensi .

Molti hanno indagato e r i f lettuto a lungo (penso al Simon Reynolds di Bl issed Out) sul la seduzione del rumore. Esiste per voi questa seduzione?(DE) L’idea di c iò che consider iamo rumo-re è una cosa assolutamente sogget t iva. Per noi es is te una seduzione verso mater ia l i so-nori che comportano un cer to impegno per essere decifrat i . Come ascol ta tor i è l ì che abbiamo trovato i nostr i dischi prefer i t i .

Anche i l punk e pr ima ancora i l r ’n’r erano considerat i rumore, poi tut te e due le musi-che hanno lasciato un segno indelebi le nel la s tor ia del la nostra società .(L) Sicuramente!! es is te per noi la seduzio-ne di un qualcosa che r iempie le orecchie e l ’ambiente intorno a te , un qualcosa che t i avvolge, che t i rapisce la mente e soprat-tut to i l corpo: le vibrazioni che sent i nel lo s tomaco di f ronte a l le f requenze basse…(P) Mirco: Sinceramente non mi sono mai soffermato a r i f le t tere sul la cosa, anche se non nego i l nostro coinvolgimento nei confront i di musiche “rumorose” s ia come ascol ta tor i che come musicis t i . Penso che i l rumore come dissonanza, come elemento discont inuo in un contesto armonico, abbia contr ibui to a l cambiamento del la musica e del modo di ascol tar la . Sicuramente era ru-moroso Captain Beefheart , o lo era la new thing in ambito jazz, lo erano i pr imi feed-back di chi tarra , e molto al t ro che poi nel tempo è s ta to più o meno acquis i to e diger i to dal sent i re comune. Det to questo non è che ci interessa fare gl i intel le t tual i del rumore e scomodare qualche i l luminato del la musi-ca concreta o chicchessia per dare spessore cul turale a quel lo che facciamo, credo s ia più una quest ione di s tomaco.Giul io: Probabi le…una del le cose che mi ha sempre incantato nei dischi e nei l ive sono i feedbacks. Ti ipnot izzano e rendono tut-to più crudo e reale , più vivo. Hendrix lo sapeva bene, così come s tar del pop come Brian May…secondo me i feedbacks sedu-cono, non c’è dubbio…se ben fat t i e incana-lat i in una soluzione armonica eff icace, in-cantano i l pubbl ico…per esperienza ne sono s icuro…come i l f lauto con i cobra, anzi di più, perché l ì è i l movimento del musici-s ta e non i l suono…forse non tut t i i rumori sono realmente seducent i , ma una s icurezza ce l ’ho: i l suono è un qualcosa che interagi-sce con l ’organismo, in modo profondo, per cui di s icuro s i può sedurre con i l rumore, però direi che lo devi volere , devi volere conquis tare , comunicare , espr imere, amare o odiare…non è casuale…se lo è , non lo è per tut t i . .(HD) Più che una seduzione verso i l rumore t roviamo una cer ta aff ini tà ad un modo di approcciars i e vivere la musica. Decisamen-

IntervistaDopo averne cantato le lodi , abbiamo sent i to la necessi tà di scambiare due parole in s imul-tanea coi 4 e le t t i . Per conoscerne i l mondo un po’ più a fondo, ma anche per tentare di ca-pire cosa s ignif ichi oggi , anno domini 2008, la parola noise a t t raverso i l pensiero di a lcuni dei più f ier i rappresentant i del rock peninsulare . Ci hanno mater ia lmente r isposto Enrico, chi tarra/voce di Dead Elephant ; Chris t ian, chi tarra di Lucertulas; Mirko e Giul io , chi tarra e bat ter ia di Put i fer io e gl i Hel l Demonio tut t i .

Putiferio

Page 16: Parenthetical girls - SentireAscoltare

dR

Op

Ou

T

SA 31

te contrar io a l t rend deludente che da un tot di anni a questa par te ha coinvol to anche “scene” o s i tuazioni che s i erano dedicate ad un cer to modo di f ruire la musica, del messaggio che potesse portare .Conosciamo i l Simon Reynolds di “Post-punk” e da quel lo che s i può percepire dal-le sue pagine è che f ino al 1984 c’è s ta to un modo di “fare” musica s icuramente come lo intendiamo noi , s icuramente anche negl i anni a seguire questo t ipo di a t teggiamento verso la musica lo s i è potuto percepire , e

for tunatamente la nostra generazione ha po-tuto vivere a lcuni di quest i momenti . è in-dubbio che nel giro di due o t re anni le cose s i s iano drast icamente t rasformate: non po-tremmo ad esempio affermare con cer tezza quanto det to pr ima anche a proposi to di chi s i inser isce oggi in questo ambiente .

Demoni, caos, inferi , morte ma anche ele-fanti e lucertole come sinonimi di ferinità e ist intual i tà . Nei vostri nomi è già possi-bi le leggere le vostre musiche. Siete d’ac-

cordo?(DE) Assolutamente s i .(L) Certamente in c iò che facciamo c’è mol-to di is t int ivo e a vol te quasi best ia le e sel-vaggio ma non mi sento di associar lo a l la scel ta del nome che è venuta molto pr ima e a prescindere dal le scel te s t i l is t iche. Di-ciamo che i l nome è usci to in maniera quasi casuale , c i piaceva e l ’abbiamo tenuto (con qualche modif ica nel tempo)(P) Mirco: Beh s icuramente è più faci le la r isposta per noi che per i Lucertulas!

Giul io: Mmm…non saprei…ferini tà è s i -nonimo di crudel tà , best ia l i tà…non credo che nessuno di quest i gruppi vogl ia essere “crudele”o “best ia le”…diciamo che i nostr i nomi r ispecchiano parecchio quel lo che c’è nel la musica, nel le a tmosfere che abbiamo intenzione di espr imere…ci s ta tut ta . Però occhio, perché nei prossimi dischi i l nome potrebbe rappresentare l ’esat to opposto…quindi direi che in f in dei cont i un nome è un nome…si cerca sempre di inventars i qualco-sa di s t rano e indimenticabi le . L’unica cosa che t i d ico è che “put i fer io” non l ’abbiamo scel to noi . E che è in i ta l iano, perché pr ima o poi mi auguro che s ia l ’ i ta l iano la l ingua in cui verranno cantat i i pezzi .(HD) Sinceramente è la pr ima vol ta che pen-siamo a questo t ipo di s imbologia così spin-ta t ra quest i gruppi . Per quanto ci r iguarda Hel l Demonio è un nome ignorante come un caprone, col to come un f iore , pretenzioso perché i nostr i nipot i arr iveranno. Nessuna par t icolare propensione verso i l voler usare questo nome più di a l t r i , penso s i not i anche dai nostr i t i tol i dei pezzi che parole assur-de accostate ass ieme abbiano comunque un s ignif icato.

A differenza di noisers e brutt ist i d’ult ima generazione (da Wolf Eyes in giù) in cui è evidente la tendenza al nichi l ismo, nel le vostre musiche lo sf inimento non è def i -nit ivo, bensì mezzo per qualcosa di altro. Cosa volete provocare nel l ’ascoltatore?(DE) Senso di smarr imento, i r ruenza, ten-s ione , r ipetute sensazioni di vuoto al lo s to-maco.(L) Semplicemente del le emozioni vive! i nostr i concert i spesso sono cost i tui t i da un’unica sui te ( tut t i i pezzi sono col legat i t ra loro da intermezzi rumoris t ic i o ambient) c i è sempre piaciuta l ’ idea del concerto-viaggio at t raverso i l quale l ’ascol ta tore s i perde, s i infast idisce, s i muove. . . (P) Mirco: Già provocare l ’ascol ta tore sa-rebbe qualcosa, sul cosa provocare non sa-prei , credo che quanto abbiamo t i ra to fuori s ia nato in maniera abbastanza spontanea dal nostro incontro, 4 persone con approccio s i -mile ma con tes te e sensibi l i tà diverse . Cosa questo provochi nel l ’ascol ta tore mi incurio-s isce ora , ma non è cosa che abbiamo preso

Hell DeMonio

Page 17: Parenthetical girls - SentireAscoltare

dR

Op

Ou

T

SA 33

in considerazione a pr ior i .Giul io: Ti posso dire che noi s iamo un po-polo di ar t is t i e di poet i…abbiamo un animo romantico e sognatore…non s iamo freddi e calcolator i come gl i anglosassoni . Perso-nalmente, non mi piace ascol tare i gruppi noise di ul t ima generazione…a un concer-to dei Lightning Bolt t i sembra di essere in una bat tagl ia , in guerra…non mi sento per niente rappresentato come odio i l rumore rosa gratui to o le jam senza un f ine di musi-cis t i incredibi lmente bravi…amo la poesia , e la comunicazione…amiamo l’esprimersi per provocare un emozione reale , umana…

anche negat iva o malinconica…cerchiamo di s tabi l i re un contat to con l ’anima del lo spet ta tore . Ricordo un concerto di Neurosis nel 1998, in cui la gente s i sent iva male per quel lo che i l gruppo gl i s tava t i rando fuori da dentro. Ecco direi che questo è un ot t imo r isul ta to: far t i espiare in via emotiva, tut-te le tue paure o fel ic i tà…“una musica può fare” dice Max Gazzè, noto nichi l is ta pop del l ’epoca moderna.(HD) Gli HD sono un gruppo che rende parecchio nei l ive. I l nostro modo di fare musica è molto diret to , quindi quel lo che succede nei l ive è prat icamente l ’es t rema

s intesi viscerale di quel lo che sono gl i HD. Quel lo che sent i o che puoi percepire nel disco è sostanzialmente quel lo che t i t rovi davant i a l palco, noi pensiamo che questo aspet to s ia importante , spesso vedendo pa-recchi concert i ormai tante vol te t i posso assicurare che non è più così . I l nostro modo del comporre ed eseguire è s icuramente dif-ferente da band come Wolf Eyes, che co-munque apprezziamo. Punt iamo a diver t i re e diver t i rc i e a t rovare un contat to con i l pubbl ico, è una cosa essenziale .

Avvertite una rinascita di interesse verso i l noise-rock? o è un puro caso che alcu-ne del le cose più interessanti in ambito chitarrist ico prodotte in Ital ia s iano, pre-senti esclusi , Teatro degl i Orrori e Three Second Kiss?(DE) Sinceramente non credo di rendermi conto di quel lo che accade in questo senso. Sto notando un crescente interesse verso di noi e questo ci fa davvero molto piacere . Comunque io a l l ’e lenco che hai fa t to ag-giungerei a lmeno anche gl i Uzeda. (HD) Forse, per contrappasso al la disastro-sa s i tuazione in cui ver te l ’ambiente mu-sicale i ta l iano, avvert iamo di cer to la pre-senza di gruppi val idiss imi . (Molt i esempi anche da noi in veneto, terra di spregevol i iniziat ive ma che in questo campo invece se la cava egregiamente) . Gli esempi che hai fa t to hanno gravi ta to in questo ambiente da molt i anni pr ima di noi , passando per diver-s i nomi, sapendo dare ancora oggi un cer to valore ad un par t icolare modo di suonare. Noi non sappiamo se i l nostro punto di vis ta s ia perfet tamente coerente con quel lo che accadeva ad esempio anche solo 10 anni fa .Ma cer to è che alcuni gruppi i ta l iani di ec-cel lente l ivel lo musicale hanno saputo per-cepire e r iproporre una proposta che ha de-cisamente at tecchi to nel la nostra penisola , dando luogo a quel lo che puoi t rovare nel panorama sot terraneo i ta l iano di oggi . Un approccio generale a l la musica che in pas-sato, è s ta ta una cosa più che normale nel la grandi c i t tà anche estere , e che tut to som-mato s i è r iproposto anche nel nostro am-biente . Tut tavia , quel lo che va veramente oggi in I ta l ia invece è l ’ indie , da intendere nel

la to più repel lente del termine. La parola che inaugura questa nuova moda è qualcosa molto più aff ine al termine “paninaro” che a quel lo di “ indipendente”. Curioso come quals ias i nuovo gruppo che esce oggi s ia in-die (che f ine hanno fat to gl i a l t r i . . .chiamia-moli “generi”?) . Le canzoncine pop sono “indiepop”, i l rock è “ indie” e così via . In I ta l ia , abbiamo alcuni esempi di una morbo-si tà quasi epocale: con uno scar to di a lme-no 10 anni c i giungono proposte r i tardate e provincial i . Proposte che tut tavia hanno for tuna, grazie ad una tempèrie musicale che porta con sé un nuovo t ipo di pubbl i -co, carat ter izzato da uno scel lerato mix di supponenza e ingenui tà . Appropriandosi di termini e s i tuazioni che ben al t ro s ignif ica-to veicolavano anche solo 5 anni or sono, l ’ indie i ta l iano è oggi una festa , un po’ ado-lescenziale , in cui vengono esibi te le nuove meravigl ie di un diy comicamente ser ia le . (L) Credo che l ’ interesse verso questo ge-nere di musica s ia sempre r imasto al to a par t i re da quando sui palchi c’erano Uzeda, SixMinuteWarMadness , ecc, anche se men-tre quest i in I ta l ia sono comunque r imast i per un sacco di tempo chiusi a l l ’ interno del panorama underground quel l i c i ta t i da te s tanno r iscuotendo un ampio successo an-che nei confront i di persone non abi tuate ad un cer to genere di suoni , s icuramente tante persone s tanno scoprendo questo t ipo di musica grazie a quest i gruppi che hanno t rovato forse la giusta mediazione t ra suoni potent i e formule accat t ivant i e più appet i -bi l i .(P) Giul io: guarda, non c’è nessuna r inasci-ta . TSK suonano dal 96, I l Teatro degl i Or-ror i sono una naturale prosecuzione di One Dimensional Man, che i l noise lo hanno ini-ziato a fare nel 96 pure loro…insomma, non è mai morto l ’ interesse, semmai molt i gio-vani lo s tanno scoprendo, però vorrei fare i l punto su questa quest ione del noise: non è una f i losofia di vi ta , non è una moda, non è niente…le et ichet te appl icate a l la musica servivano al le grandi catene di dis t r ibuzione per catalogare i dischi negl i scaffal i…cioè, noi s i suona musica, rumorosa o meno, ma s i cerca di fare del le canzoni . Non c’è vo-lontà di seguire un quals ivogl ia movimento o moda del momento. Siamo così e basta;

lucertolas

Page 18: Parenthetical girls - SentireAscoltare

dR

Op

Ou

T

SA 35

sempre s ta ta…). I l muoversi di musiche in possesso di un robusto perché che ne giust i -f ichi l ’es is tenza a prescindere che s i t ra t t i d i nuova onda, acid house, jazz antagonis ta oppure soul d’annata . A quest i s ignori e s ignore poco importa , intent i come sono a svelare le moltepl ic i connessioni che s i dipanano e r iverberano sul presente . Non l i r ingrazieremo mai ab-bastanza per questo, e per le meravigl iose usci te discograf iche che centrano senza ec-cezione i l bersagl io , annotate con compe-tenza e impreziosi te da eccezional i apparat i iconograf ic i . Sin dai pr imi giorni , chiara-mente:

“La Soul Jazz Records part ì nel 1988 come bancone che trat tava vini le di seconda mano al mercato di Camden Town. Poi , sempre a Camden, aprimmo un negozio che nel 1991 s ì trasferì a Soho, proprio nel centro di Londra. Fu al lora che Stuart Baker, i l pa-drone del la Soul Jazz , avviò l ’e t ichet ta . I dischi usat i che vendevamo al l ’epoca era-no material i soul , jazz , funk, musica Lat ina e “rare grooves”, ma s tavano cominciando a diventare sempre più di f f ic i l i da trovare; pensammo al lora che, se avessimo pubbl i -cato coi regolari dir i t t i a lcuni dei brani che tut t i volevano, la gente l i avrebbe senz’al tro acquis tat i , ed ecco come è part i to tut to .”

Perciò, se come sosteneva Lukàcs è compito del genio mettere ordine t ra le cose, qui s i r inviene quanto regala a Soul Jazz i l valore aggiunto per e levar la sopra i mil lanta nomi dedi t i a l le r is tampe. La coscienza ferma che i l passato è s ì un immenso serbatoio, ma che per poter lo ut i l izzare corret tamente è a l t re-s ì necessar ia una robusta vis ione d’ insieme. Stuar t Baker e soci col presente t raff icano infat t i spesso e volent ier i , pescano nel le t rame degl i inf ini t i “sounds of now” (come si s t r i l lava negl i ot t imist ic i Sessanta) ogni t raccia e scoria del le s tesse t radizioni del le qual i , paral le lamente, c i met tono al corren-te . Più queste scie sono diff ic i l i da ident i f ica-re , più intenso è i l loro lavoro. L’indagine r iassunt iva e proposi t iva condot ta dal la la-bel br i tannica sul corpo di fenomeni come gr ime e dubstep, o valor izzando band con-

Andando in cerca di un qualche “denomi-natore comune” che carat ter izzi quest’epo-ca affol la ta e disorganica (facciamo uno più for te di a l t r i , magari…), c i s i può t ranqui l -lamente aff idare a l gioco del la sovrapposi-zione di l inguaggi e s t i l i t ra loro difformi. E’ sot to i nostr i occhi pressoché ovunque, questo teatro del la giustapposizione, nondi-meno è pronto a degenerare in mescolanza disordinata se pr ivo di f i lo condut tore . In a l t re parole , quando s tendi pont i t ra terr i tor i lontani , la sf ida vera non è tanto edif icar l i , quanto piut tosto avere gente capace di viag-giare e spostars i sopra di ess i ; aff inché suc-ceda, nondimeno, servono le mappe e la car-tograf ia . Serve chi , fuor di metafora , unisca t ra loro ambit i sonori ; serve, ad esempio, un’et ichet ta r icca di passione come la lon-dinese Soul Jazz, intenta a indagare i l cuo-re r ivelator io di musiche poco note tut tavia inf luent iss ime, portateci in dote da dischi che non s i l imitano al mero col lezionismo - ar idamente snob e f reudianamente r i tent ivo - per spingere le radici nel qui e ora . Una logica sot tesa a l di là dei gust i e del le c las-s i f icazioni , per la quale abbiamo suggeri to a Pete Rei l ly , da noi raggiunto per qualche domanda, un umile “mult icul tural and for-got ten groundbreaking music” di nostro co-nio. A conferma del le tes i qui esposte , sem-bra gradire:

“Sì , la tua def iniz ione mi piace. Lo s i può tranqui l lamente af fermare, per quanto non lo andiamo cercando apposta: i l punto di partenza deve sempre essere l ’ascol to di qualcosa che esal t i dal punto di v is ta so-noro e che in segui to c i fa venire vogl ia di raccogl iere maggiori informazioni c irca la cul tura e la s toria legate al la musica.”

Ecco perché negl i uff ic i di Broadwick Stre-et è obbl igator io , spaziare t ra scuole , luo-ghi e decenni senza scivolare nel dispers i -vo e nel l ’enciclopedico, ta lvol ta susci tando insensate cr i t iche sul la mancanza di uni tà . Nulla di più falso: i l problema è semmai compiere lo sforzo di vederlo, questo sen-so del l ’ insieme, giacché sono vene VIVE ad essere indagate , del t ipo che conduce verso un unico pulsare (anche quel lo di Londra, se intesa come i l coacervo di cul ture che è

SOUL JAZZ RECORDS

stile senza tempo

Da che i l d igi tale prese i l sopravvento, di e t ichet te che s i occupano di r is tampe ne abbiamo conosciute a decine, ma poche o nessuna con la passione e la capaci tà di v ivere i l proprio tempo del l ’ ingle-se Soul Jazz . Dopo alcune r i f less ioni , abbiamo discusso con Pete Rei l ly in cerca di conferme o di sment i te , onde t irare le f i la di un discorso tanto sol ido quanto più è mult i forme. Testo: Giancarlo Turra

Page 19: Parenthetical girls - SentireAscoltare

dR

Op

Ou

T

SA 37

temporanee come Tet ine e Sand, par la assai chiaro. E sono a ta l punto bravi ed espert i nel loro mest iere , da inst i l lare la cer tezza che lo scopo pr incipale di r is tampare dischi passat i s ia esat tamente portare sul proscenio cose a loro tempo non valutate nel la giusta maniera . Sperando che, nel f ra t tempo, funzionino da esempio per le generazioni più giova-ni , come se i l presente fosse - lo è , che vi credete?- nutr i to dal passato in un circolo inf ini to benefico e r igeneratore . L’esempio più evidente quel lo del le ESG, dapprima r i -spolverate e , una vol ta inser i te da cr i t ica e pubbl ico nel la corret ta prospet t iva s tor ica - condot te in sala di regis t razione:

“La nostra passione è indir izzare la gen-te su musiche nuove: qui in Inghi l terra - quantunque credo che ciò accada in tante al tre nazioni - al la radio e al la te levis ione s i ascol tano solo le band di pop e rock che le major tentano di r i f i larci . Quel che pro-viamo a fare è rendere la gente consapevole di quanta al tra grande musica ci s ia là fuo-ri che non r iceve suf f ic iente esposiz ione da parte di media e mainstream, ma che una vol ta ascol tata sappia senz’al tro conquis ta-re .“ Eccolo, a l lora , i l s ignif icato che s i racconta “modus operandi”: come al l ’epoca del boom del l ’acid jazz (guarda un po’ , coevo ai pr i -mi passi del l ’e t ichet ta…) e a l lorché i l kraut rock fu tol to una vol ta per tut te dal l ’arma-dio e nessuno lo confuse più col progressi-ve. Un processo retroat t ivo che, nel lo speci-f ico, scatenò la nasci ta del la Talkin’ Loud e i l prol i ferare di gruppi post rock; un cal-derone s t imolante dove ispirat i e ispirator i f inirono per confondersi come - fa t t i g l i in-dispensabi l i d is t inguo s tor ic i - s ta accaden-do tut t ’ora:

“Credo che le cose funzionino davvero così . Per esempio, at tualmente c i sono in giro parecchie formazioni bri tanniche (e non solo… N.d.A.) che suonano assai inf luenza-te - qualcuno dice anche troppo -) dal la new wave dei tardi anni ’70-primi ’80. Alcune di queste c i hanno r ivelato quanto importan-t i s iano s tat i per loro i nostr i album del le

ESG e le raccol te New York Noise e UK Post Punk.”

Accade insomma che nuovi gruppi crescono s t imolat i dal le r is tampe e l ’ interesse verso costoro pungol i a sua vol ta l ’approfondi-mento verso le font i or iginar ie . Assai pro-babi le , per t racciare un ul ter iore paral le lo , che mai avremmo r iscoperto Vashti Bunyan se non ci s i fosse messo di mezzo i l reuc-cio del neo (?) folk Banhart . E ai dischi e lencat i dal l ’amico Peter e a quel l i inser i t i nel l ’apposi to box qui di segui to ( fa t icosis-s imamente s t i la to per quanto s i è dovuto la-sciar fuori : s ia te saggi e indagate da sol i…), aggiungeremmo per i l valore “formativo” di cui sopra l ’ot t imo (per quanto l ievemente sorpassato dal mare di pubbl icazioni suc-cedutogl i ) In The Beginning There Was Rhythm che congiunge in magica armonia i l dopo punk e la cul tura del la “danza intel-l igente”. Senza ovviamente dimenticare la magis t ra le introduzione al commovente Ar-thur Russel l (The World Of Arthur Russel ) , i l v igoroso The Sound Of Konk , re t rospet t i -va dedicata a l l ’omonima band newyorchese e i l capi ta le To Each… dei beniamini man-cuniani A Certain Ratio : peccato solo che la Soul Jazz s ia s ta ta recentemente prece-duta dal la Domino per i Liquid Liquid , a l -t r iment i i l poker d’assi avrebbe s t racciato i l tavolo. Al di là del valore ar t is t ico, mai meno che buono e sovente ot t imo, tut to c iò indica un’ennesima vol ta come Soul Jazz s i muova, come nel panorama contemporaneo predichi e razzol i a l t re t tanto bene. Come, inf ine, s ia i l f rut to di una vis ione del mon-do “ol t re i l post-moderno” che una semplice azienda governata da logiche di prof i t to . La pubbl icazione del l ibro New York Noise , la divis ione interna in sot toet ichet te (margina-l i , ma tant’è: Universal Sound , Microso-lutions , Satel l i te , Yoruba completano co-munque i l quadro) e l ’a t t ivi tà radiofonica rappresentano un model lo prat ico con pochi egual i . I l negozio gemello Sounds Of The Universe è ul ter iormente indir izzato ver-so i l mondo del le sonori tà black e i Nostr i a l les t iscono un programma radiofonico dal nome ident ico su Resonance Fm (ascol ta-bi le anche in re te , pur senza opportuni tà di podcast : un’ora ogni martedì a par t i re dal-

le 16.30, orar io cont inentale) che funge da cassa di r isonanza e pungola l ’ interesse, a l -largandolo anche verso generi che l ’e t ichet-ta non t ra t ta (ancora?) . Un ul t imo piacevole dubbio resta da chiar i re con la col labora-zione del l ’affabi le Rei l ly: ovvero quale s ia i l s ignif icato del gesto controcorrente di immettere sul mercato s tampe in vini le in piccole t i ra ture nel l ’epoca del la mater ia l iz-zazione del la musica, o megl io del l ’ogget to che s i incar ica(va) di r iprodurla . Se, in a l t re parole , vi s ia dietro qualche messaggio, una dichiarazione d’ intent i o s i t ra t t i semplice-mente di un regalo a col lezionis t i loro fede-l i negl i anni :

“Un regalo per tut t i…Sai , di certo non s i r i -cava molto denaro dal lo s tampare ediz ioni l imitate in v ini le; c iò nonostante da queste part i s iamo ovviamente dei tal i “vinyl fans” che quel lo è i l formato che acquis t iamo più spesso noi s tess i . Perciò è naturale che ci venga vogl ia di pubbl icare cose tanto su vini le quanto su cd. Preferiamo i l v ini le , c i è sempre parso qualcosa di speciale: inol tre mi è giunta voce che alcuni dischi in v ini-

le da noi pubbl icat i e non più in catalogo s iano vendut i a c i fre fol l i su Ebay. Dunque direi che s iano anche un regalo ai col lez io-nis t i !”

Per non dire che i l v ini le res t i tut tora i l modo migl iore per ascol tare musica, quel-lo più caldo e vicino al l ’ascol ta tore anche dal punto di vis ta meramente tecnico. Non occorre piantars i di f ronte a l la l ibrer ia s t ra-colma per r ichiamarcelo al la mente , né sfo-gl iare per la centesima vol ta le pagine di un Nick Hornby . Dal la ragione sociale , così cremosa e avvolgente per come dice tut to e nul la a l lo s tesso tempo, le porte lasciate aper te sono una e mil le , aff inché i dischi ne escano, prendano la via del le nostre case e in esse s i introducano. Perché entr ino nel le nostre vi te e da l ì raccont ino, esal t ino, com-muovano. Quasi come quando avevi sedici anni e ogni pezzo di plast ica nera con un buco nel mezzo - conquis ta to sudando set-te camicie set te - s i r ivelava un rut i lare di sensazioni indimenticabi l i . Quasi , ma per i tempi che corrono è i l massimo. Oppure, qualcosa che gl i somigl ia tant iss imo.

Page 20: Parenthetical girls - SentireAscoltare

aa. vv. – Big aPPle raPPin’: tHe early Days of HiP-HoP culture in nyc 1979-1982Per sapere come i l “game” iniziò s i può far peggio che r ivolgers i a questa compilat ion. Quando ancora i l rap era f rut to del l ’es tem-poraneo e solo di rado s i f issava su disco, quando prese le mosse dal Bronx nei tar-di ’70, quando era tut ta una jam giorno e not te in parchi e vie , quando era tut t ’uno con graff i t i e breakdance. A r icordarcelo contr ibuiscono un l ibret to di sessanta pagi-ne colmo di foto, dichiarazioni e mater ia le iconograf ico or iginale , ma soprat tut to due dischet t i con Spoonie Gee , General Echo , Cold Crush Brothers e al t r i meno famosi , ma non per questo meno valent i .

aa. vv. – can you Jack? cHicago anD exPeriMental House 1985-95Vi r icordate la pr ima vol ta che Phuture v i fuse i l cervel lo col martel lare di Acid Trax? Non c’eravate ancora? Peggio per voi , a l lo-ra , se - dopo aver errato come umani - per-severate diabol icamente non mettendovi in casa un doppio cd che racconta come me-gl io non s i potrebbe l ’evoluzione del suono house e acid di Chicago. Ci sono gl i “or i -ginators” Marshall Jefferson , DJ Pierre e Lil’ Louis (non con French Kiss , però!) e re la t ivi discepol i successivi , p ie t re mil iar i e mater ia le più sper imentale , le note di co-per t ina di Tim Lawrence e f ior di intervis te con i diret t i in teressat i .

aa. vv. – Diy: tHe rise of tHe inDePenDent Music inDustry after Punk Sorta di auto-omaggio alla natura “davvero” indie di Soul Jazz, Do It Yourself documenta gli anni succedutisi al punk, che videro l’auto-poduzione acquistare forza e venire allo sco-perto, inseguire all’insegna della libertà più assoluta sonorità peculiari e stimolanti che ponevano basi di futuro: i Buzzcocks di Bore-dom , le Kleenex di Ain’t You e gli Swell Maps di Let’s Build A Car costituiscono odierno les-sico di cui tutto il globo è al corrente; stessa cosa fanno, approdando per interposta perso-na in classifica, quei Glaxo Babies , Scritti Politti e Thomas Leer qui contenuti.

aa. vv. – new orleans funk: tHe original sounD of funk 1960-75Quando usi l’aggettivo “definitivo”, del mul-ticulturale e unico suono di New Orleans vuoi in realtà solo stuzzicare l’interesse verso un pozzo senza fondo. Primo volume cui si è re-plicato di recente, non si fa mancare nulla in termini di rappresentatività e, gia che c’è, infila qualche succosa chicca per far felici intenditori e cultori del raro dotato di peso artistico. Da Lee Dorsey a Eddie Bo , passan-do per Professor Longhair , Huey “Piano” Smith e Allen Toussaint si plana dritti alla sintesi Dr. John e al grasso, modernissimo funk strumentale dei Meters .

aa. vv. – new tHing: DeeP Jazz in tHe usaPer quanto l’ impresa di condensare la “New Thing” in un solo disco sia impossibi le , que-sto prezioso dischetto traccia con successo un percorso comune di un fenomeno che ab-bracciava costume, poli t ica, società e anima di un popolo. Svolta del jazz così inaudita da dirsi nuova dal nome, fece del la compre-senza tra s t i l i una bandiera sventolata s ino ai primi anni Ottanta. A segno la soluzione qui adottata: mettere nomi di ampio dominio (Alice Coltrane , Art Ensemble Of Chica-go , Sun Ra , Archie Shepp) vicino ad al tr i che tut to sono fuorché emuli , infine e far assaporare un’epoca con le splendide foto-grafie di Val Wilmer .

aa. vv. – nu yorica roots! tHe rise of latin Music in new york in tHe 1960s Per chi è convinto che il “sabor latino” in musi-ca sia solo colore e macchietta, il terzo capitolo della serie Nu Yorica Roots! giova come nem-meno una caduta sulla via per Damasco. Stor-dente sarabanda e caleidoscopio in cui ci sono tutti quelli che contano, questo, si chiamino Tito Puente (con Oye Como Va’, addirittura…) o Joe Cuba, traffichino con l’afro-cubana originale come Machito e Mongo Santamaria, sperimen-tino lasciando di stucco nelle figure di Eddie Palmieri o Ray Barreto. E’ sempre il meticciato a spadroneggiare tra latinità, funk, R&B e jazz, e cinquantamila acquirenti sparsi per il mondo non possono sbagliarsi.

QUELLA STILOSA DOZZINA DI RACCOLTE

Page 21: Parenthetical girls - SentireAscoltare

aa. vv. – ruMBle in tHe JungleBugiardo ma non t roppo i l t i tolo che s i r i -fer isce al la f rut tuosa s tagione che, a t torno al la metà dei ’90, incrociò la jungle con i l ragga. Da molt i considerata breve momento di passaggio, f inì per r ivelars i a l contrar io i l volano di massimo svi luppo del la pr ima, dopo i l quale c i sarebbe s ta ta una morte dentro vicol i c iechi di r ipet i t ivi tà . Si mo-strano del la jungle le più ant iche radici , che ci portano dr i t t i a l la dancehal l br i tannica del decennio precedente , a i sound system londinesi Saxon e Unity e a l lavoro colà svol to dai Ragga Twins . Impossibi le res is-tere a Ninjaman , Barrington Levy , Cutty Ranks , Shut Up And Dance e perché mai dovremmo.

aa. vv. – soul gosPelIn un colpo solo ecco accorpat i due pi la-s t r i del la musica black e non solo: gospel e soul . I l Padre e i l Figl io a l cospet to del lo Spir i to Santo; re l igiosi tà nuda e carnale da convincere i l p iù scet t ico e incarogni to f ra gl i a te i . Certo, le cose sono più complicate di così e di mezzo ci sono le migrazioni , le sofferenze, le a t tese dei ner i d’America, ma questo lo potete leggere in ogni l ibro di s tor ia o t ra t ta to di sociologia . Meglio ascol-tar lo e mandarlo sot to pel le , pr ima, perché dal pulpi to off ic iano Irma Thomas , Bobby Bland , Aretha Franklin , Odetta , Staple Singers .

aa. vv. – stePPa’s DeligHt: DuBsteP Present to futureCome i l t i tolo lascia faci lmente intuire , qui è raccontata la s tor ia - breve ma in cont inuo svi luppo - del dubstep, sensazione sbucata fuori dal la Londra meridionale a infet tare i l mondo approfi t tando del nuovo secolo e dei nuovi mezzi di comunicazione e produzione. Intel l igentemente assemblata , sfoggia nomi classici ed emergent i , così da s tor ic izzare parzialmente i l fenomeno e contemporanea-mente t racciare una mappa di ipotet ic i svi-luppi . Allo s tesso tempo, l ’e t ichet ta t iene un piede saldo nel l ’a t tual i tà con le valanghe di 7” pubbl icate ogni mese…

aa. vv. – stuDio one ruDe Boy Ludica e r i lassata , questa compilat ion è puro dis t i l la to di godimento giamaicano col pretesto tematico del “rude boy”. Un viag-gio da piegare le ginocchia e r infrancare i l cuore, dai prodromi del le sf ide dancehal l t ra Sir Coxsone Dodd e Duke Reid lungo epoche e s t i l i (ska, rocksteady, DJ, roots-reggae e dub) del suono in levare , per lo svi luppo del quale lo Studio One cost i tuisce tassel lo imprescindibi le . A r iprova, sf i lano pesi massimi come Wailers e John Holt ac-canto ai meno not i Mr. Foundation e Dud-ley Sibbley . La festa è qui , ed è grande.

aa. vv. – troPicalia: a Brazilian revolution in sounD Fu un’autent ica e salutare r ivoluzione, i l t ro-pical ismo. Par t i ta da quel l i che s i reputava-no i confini remoti del l ’ impero musicale , ha f ini to per propagarsi in esso come un bene-f ico virus . Tropicál ia ne accorpa gl i ar t is t i musical i chiave a uso e consumo dei neofi t i , che confessiamo di invidiare un poco. Vor-remmo infat t i avere ancora orecchie vergini e godere come fosse i l pr imo giorno di Os Mutantes e Gilberto Gil , d i Caetano Velo-so e Tom Zé , d i Gal Costa e Jorge Ben . La bramosia di saperne di più sarà s t re t tamente consequenziale , perché del Genio non se ne ha mai abbastanza.

aa. vv. – tHe gallery: tHe story of tHe legenDary new york Disco 1972-77A fianco degl i a l t re t tanto mit ic i Loft e Pa-radise Garage, i l Gal lery gest i to dal paisà Nicky Siano fu i l c lub più importante del la scena disco “underground” di New York. DJ egl i s tesso, Nicky funse da “trai t d’union” t ra i t re local i e oggi ancora lo r icordano per come r iempisse la pis ta ed esal tasse gl i as tant i a poco più di vent’anni d’età (più avant i s i mise a far la , la musica, con Arthur Russel l nei Dinosaur L ) . Ispirò personaggi come Frankie Knuckles e Larry Levan a met ters i dietro i l g i radischi e far muovere i l poster iore con intel l igenza, schifando i l banale e i l t r i to . Poi c i fu la droga e i l r ipu-l i rs i , ma i l seme era get ta to .

Page 22: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

CE

NS

ION

I

SA 43

RECENSIONI

S E T T E m b R E

ø – oleva (säHkö recorDings, luglio 2008) genere: eLeCTroniCa

Per la s tanza dove s i sper imenta su r i tmi e durate avant i a destra , in quel la a s inis t ra s i fa r icerca su toni e f requenze. Sembra dav-vero possedere le sembianze di un vecchio s tudio di fonologia , i l proget to sol is ta del Pan Sonic Mika Vainio a nome Ø. Lo con-ferma Oleva , a lbum r igidamente bisecato in momenti ambient-rumoris t i - quasi un omag-gio ai maestr i del l ’e le t t ronica del le or igini - e più o meno dinamiche eserci tazioni su bassi , beats e cadenze – non mancano gl i omaggi , espl ic i t i s in dal t i tolo, a i Kraftwerk e a cer ta es te t ica da elet t ronica teutonica. Non mancano momenti di a l t iss ima qual i tà - l ’ambient dark scuola Touch Records di Unien Holvi t e Frekvenssi , la sorprendente cover del la pinkfloydiana Set The Control To The Heart Of The Sun , i tecnicismi sul le f requenze di U-Bahn , la techno incat t ivi ta di Vastus e Loihdi t tu , g l i études Mojave e Tasanko - pur nel l ’ impressione general izza-ta che Ø cont inui a fungere da palestra del suono - un saggio di bravura tecnica, sul la quale nessuno ha mai nutr i to a lcun dubbio - per le avventure del duo di Vainio. (6.5/10 )v i n c e n z o s a n t a r c a n g e l o

31 knots – worrieD well (Polyvinyl, agosto 2008)genere: arT-maTh-pop

Falset t i a l la Mars Volta non invadent i , in-terplay basso/bat ter ia degno dei migl ior i Pol ice , echi lontani di Cure pr ima manie-ra . E ancora impuri tà indie-rock e teatral i tà spicciola , svisate noise e gusto melodico, abiss i di mutevole int imismo e scorr ibande ubriache. Tut to , spesso e volent ier i , a l l ’ in-terno del lo s tesso pezzo.è un universo espanso e in cont inua espan-sione quel lo dei t re 31 Knots , veterani del cul to sot terraneo che, nonostante i l buon passato sul la lunga e media dis tanza, non r i -escono ad uscire dal l ’apprezzamento di una r is t re t ta cerchia di aficionados . Ed è un peccato, vis to che i l percorso di personal izzazione del suono or iginar iamen-te math intrapreso dal t r io or iginar io di Port land, giunge ormai a compimento. Per Worried Well vale i l d iscorso fat to l ’anno

scorso per The Days And Nights… dal no-stro Padal ino ma rappresenta un passo ul-ter iore per compat tezza e matur i tà . La bat-ter ia di Jay Pel l icci sost iene i l suono del la chi tarra di Jon Haege e del basso di Jay Wi-nebrenner con vigore e eclet t ismo, passando con nonchalance da fur ibonde casse dr i t te a tempi dispar i semi- jazzat i . Le corde dei due restant i membri disegnano t rame che r iman-dano a molto al t ro (math, noise , pop, rock) senza mai r isul tare s ta t ic i , ma anzi giocano a r impiat t ino con elet t ronica povera e acu-st icher ie var ie . Ma a non esser mai perso di vis ta è i l senso del pop, ar ty ovviamente, ma sempre pop: catchy ed accat t ivante , mai omogeneo né monotono, quasi sempre per-sonale se non addir i t tura or iginale .Ne esce così un gran bel disco che, specie nel la par te f inale (Upping The Mandate ne è esempio perfet to) , s i fa ar ioso paradig-ma degl i intent i del t r io: coniugare canzoni pop-oriented e r icerca dei e sui suoni . Con la speranza neanche tanto celata che qualcu-no più dei sol i t i , not i i 31 Knots . (7.0/10 )s t e f a n o P i f f e r i

2652 – aerial (Multiverse / tectonic, giugno 2008) genere: TeCh-sTep Ecco i pr imi f igl i del dubstep che cedono. Oberat i dal la pletora di usci te di quest’anno –comunque decisamente superiore ad ogni aspet ta t iva- , ass is t iamo a un involuzione del genere che da qui in poi raramente sfocerà a prove resis tent i contro i l tempo. Lo s t i le dei piccol i grandi maestr i (Burial o Benga che s iano) è diff ic i le da costruire in poco tempo e la gavet ta manca ai nuovi f igl i del suono del la Londra underground. Questo disco sul la lunga dis tanza per i l produt tore olandese 2652 ( i l codice posta-le di Dave Huismans ) non è da but tare , anzi le t racce corrono via veloci , s i tuandosi nel l ’asse tech-step che guarda da una par te agl i organici di Pinch (che ha dato l ’ idea di giocare la car ta LP al nostro e compare mascherato nel la minimaliss ima Redux ) o a l le connessioni da club del già c i ta to Ben-ga (Channel Two , Techno Dread ) . Ci sono poi a lcuni accenni a l dub classico (una hi t su tut te è Moog Dub ) e a l la ambient proto-ber l inese dei maghi Hard Wax (The Times ) .

I l punto è che ormai l ’anima è già s ta ta bel-la che venduta a l diavolo e qui s i viaggia pedissequamente sui binar i del la tecnologia per costruire gadget da inser i re in qualche compilat ion pai l le t ta ta . Ormai superf luo. Ciò non s ignif ica che i l genere abbia per-so completamente l ’anima, ma forse s iamo al l ’ inizio di un grande bivio. Da una par te gl i emuli e dal l ’a l t ra i coraggiosi . 2652 s ta per ora dal la pr ima.(5.5/10 )M a r c o B r a g g i o n

aa. vv. – Black stars – gHana’s HiPlife generation (outHere recorDs, luglio 2008) genere: highLife nu-hop

Dopo le s tupende compilat ion su Vampisoul questa seconda metà di 2008 s i affaccia nuo-vamente al l ’Afr ica . Un al t ro tassel lo arr iva a infarcire le roots , i l cul to del r i tmo che s i fa sempre più black. Ghana: i l pr imo s ta-to afr icano a guadagnare l ’ indipendenza dal colonial ismo, inf luenzato dal le idee r ivolu-zionarie del giamaicano Marcus Garvey . La s te l la nera che br i l la ancora sul la bandiera r icorda quel legame con la r ivoluzione e con i l r i tmo. Non c’è che dire che qui s i respira ar ia di f reschezza: cose che s i sent ivano nei pr imi anni 80, quando i l rap s i respirava di-ret tamente dal la s t rada, quando la genuini tà non serviva sbandierar la . La scoperta di un mondo nascosto fa sempre piacere , e come le Sublime Frequencies c i (hanno) fa( t to) scoprire i l pop del l ’es t remo oriente , Georg Milz sul l ’e t ichet ta Outhere di Monaco cer-ca i l d is t i l la to del la movida ghanese. Nomi a noi sconosciut i , ma che in patr ia hanno venduto e cont inuano a spopolare: V.I.P. , Tic Tac , Ofori Amponsah e molt i a l t r i r i -portano viva la lezione di Alpha Blondy e del Marley anni 80. I l r isul ta to è un miscu-gl io che prende i l nome di highl i fe : reggae, rap, post-swing e quel lo che ul t imamente abbiamo chiamato mash-up. Le contamina-zioni abbandonano i l la to banghra e tornano improvvisamente nel l ’ancestral i tà del r i tmo più nero che mai , una cosa che s i era sent i ta anche nel le esagerazioni mist iche di Osun-lade . Questa compilat ion ci fa conoscere la punta del l ’ iceberg di una scena sommersa che dà i l f i lo da torcere a i campioni da pr i -ma pagina, vedi a l la voce M.I.A. . Durante

z a C k h i L L

a b e v i g o d a

Page 23: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

CE

NS

ION

I

SA 45

dal l ’es i to niente affat to scontato: se f ini-sce in pareggio la placida vis ionarietà che i Jul ie’s Haircut r icavano dagl i Orb d i A Huge Ever Growing. . . nel confronto con la squi l lante iper la t iner ia deser t i f icata che i Numero 6 imbast iscono sul la ineffabi le Too much of Heaven degl i Eiffel 65 , la suadente The Rhythm Of The Night f i rmata Corona e ravvivata Ex-Otago s t raccia tut to i l res to , e nul la possono né i pur gradevol i casca-mi wave dei Canadians su Playground Love degl i Air né l ’agra e lectro-house che i Car-niful l Trio r iservano a Da Funk dei (anco-ra loro) Daft Punk.I l difet to pr incipale di questa intr igante compilat ion s ta nel fa t to che i quarantenni e dintorni iniziano a sen-t i rs i uff ic ia lmente vecchi , comunque t roppo per provare nostalgie targate ninet ies . Sigh. (6.9 /10 )s t e f a n o s o l v e n t i

anatHeMa – HinDsigHt (kscoPe, 2008)genere: sofT dark semi-aCusTiCo

I l percorso musicale degl i Anathema, band che ha segnato in maniera indelebi le i l ge-nere doom gothic , insieme a My Dying Bri-de e Paradise Lost , è emblematico del le evoluzioni che i l metal più oscuro ha su-bi to in quasi due decadi di es is tenza. Oltre a i numerosi cambi di formazione, la band di Liverpool , dai pr imi tour con i Cannibal Corpse ha vis to passare tanta , t roppa acqua sot to i pont i s ia dal punto di vis ta s t i l is t ico che di cambi di l ine-up. Un cammino, che progressivamente s i è lasciato dietro tut t i g l i e lementi del doom e del metal per prose-guire in direzione di un sound decisamente più sof t . Le atmosfere s i sono fat te meno pesant i , le melodie più orecchiabi l i , cam-biando totalmente punt i di r i fer imento. Se qualcuno fosse andato in le targo dopo Sere-nades e s i fosse r isvegl ia to dieci anni dopo, potrebbe pensare perf ino, date le differenze abissal i t ra i due album, ad un clamoroso caso di omonimia. E invece no, gl i Anathe-ma sono ancora loro, anche se oggi sembra-no più f igl i del pop d’autore di Nick Cave che del doom metal . Niente di scandaloso se non fosse che questa svol ta ha contr ibui to a far sprofondare la band nel l ’angosciante anonimato di MTV. Né carne né pesce, in poche parole . Forse i c inque anni di s i len-

l ’es ta te servire con molto ghiaccio, c’è i l r ischio che s i sciolga t roppo presto. Essen-ziale per i prossimi par ty. Afro is def ini te ly back. (7.1/10 )M a r c o B r a g g i o n

aa. vv. – DuBsteP allstars vol. 06 (MixeD By aPPleBliM) (teMPa, giugno 2008) genere: dubsTep

Si accumulano pesantemente Greatest Hits per l ’es ta te . Manovra commerciale per i l gotha del genere su Tempa? I l dubstep s i s tabi l izza su un l ivel lo a l to di selezioni e gl i ar t is t i sono del le macchine da s ingo-lo: nuova direzione ‘bel la senz’anima’? I l debut to del br is tol iano d’adozione Laurie Osborne aka Applebl im, personaggio di cul-to del l ’e t ichet ta Skul l Disco, c i fa sent i re la crema dubstep contemporanea. Puntando sul perfezionismo di 2652 (qui -a differen-za del l ’a lbum- r ivalutato sul la breve durata dei s ignol i ) , sul le oscuri tà di Martyn , sul-lo splendido at tacco che affonda le radici

sul dub senza s tep, e sui r icordi ‘ardkore di Skream si va sul s icuro. E non potreb-be essere a l t r iment i per l ’Et ichet ta con la E maiuscola . Da avere? Sicuramente per i ne-of i t i s i può andare a scatola chiusa, mentre per i dubsteppers di lunga data solo un bel r ipassino est ivo. Attendiamo l’ inverno per la darkness . Centrare la nuova Night (s in-golo cul to del guerr iero Benga ) non è da tut t i , ma qui c i s t iamo avvicinando di brut to a l la l imatura perfet ta . Un affare per produt-tor i . Tempa, la prossima vol ta devi s tupir-ci , come solo tu sai( /sapevi?) fare . Per ora pompiamo i l basso e a t tendiamo col sorr iso sot to i baff i , sperando che non s ia l ’ inizio di una ser ie di usci te usa e get ta . (6.5/10 )M a r c o B r a g g i o n

aavv - la valigetta Presenta - Post reMixes vol 1 (DiscHi Della valigetta, luglio 2008)genere: Wave pop

Uno pseudo psicodramma futur is ta in t re

a t t i chiosat i dal “giovane scr i t tore” Marco Mancassola , i l cui torpido reading incorni-cia ot to r i le t ture di hi t o quasi del la dance più o meno intel l igente da par te di a l t re t -tante real tà indipendent i del rock i ta l iano. A par te la “nonna” Mexican Radio dei Wall Of Woodoo , che i Mojomatics es t raggono dal reverendo scaffale del 1983 spolveran-dola con frenesia s t radaiola , dominano gl i anni novanta col loro def inire e r idef inire i confini t ra commerciale spinto e danza-bi l i tà ingegneris t ica , t ra easy l is tening to-ta l i tar io e r igurgi t i sevent ies . Non poteva mancare ovviamente la Around The World dei Daft Punk , anche se i Tre Allegri Ra-gazzi Mort i le r iservano un meno ovvio t ra t -tamento a base di s tol ido spleen, mentre i car i Per turbazione aspergono di f lemma e la t iner ie f lessuose la gradevole The Beat Goes On (pezzo di The All Seeing I che a suo tempo s t regò anche l ’ impagabi le Howe Gelb. . . ) . I l f l i r t t ra tamarro e del icatessen concede al t r i duel l i ipodermici interessant i ,

aBe vigoDa – skeleton (PPM, agosto 2008)genere: TropiCaL-punk

Un caleidoscopio pop ad al ta gradazione…un prisma r i f rangente mil ioni di color i….piccole schegge impazzi te e colorat iss ime che s t rar ipano in ogni direzione. Skeleton terzo album dopo un paio di re leases semi-carbonare segna i l r i torno dei quat t ro Abe Vigoda e del loro s t rar ipante t ropical-punk. Imberbi , ispanici , provenient i dal l ’ immensa per i fe-r ia losangel ica e f requentator i ass idui del lo Smell ; già questa poche coordinate dovrebbero far r izzare le orecchie a chi ama immergersi nel l ’underground più out del la solare Cal i fornia . Ma vai con le descr iz ioni , che con quest i 4 squi l ibrat i c’è da diver t i rs i . Sorta di Animal Col lec-t ive meets Arcade Fire meets tex-mex meets a t t i tudine punk o come ha scr i t to qualche anonimo onl ine sort of No Wavey sort of Pop oriented sort of twis ted punked 4 (?!) . Questo è Skeleton in essenza, ma anche molto di più. Come se quel mix di cul ture che s i respira nei sobborghi di megalopol i americane – quegl i s tess i dove lo spangl ish è l ingua dominante e tacos e burr i tos l ’unico fast-food possibi le – s i fosse impadroni to del sot tobosco punk. E al lora l ’a t t i tudine è quel la del do-i t -yourself che più americano non s i può. Prendere quat t ro amici , r inchiudersi in cant ina e suonare ciò che (non) s i è capaci di suonare. Ma far lo con un at teggia-mento giocoso e aper to , contaminando wave e punk, r icercatezze ar ty e noise con calypso e inf luenze t ropical i , tex-mex e rumba, punk angolare da retrobot tega Gravi ty con immaginario messicano a go-go.Per ora cont inuano a condividere palchi in local i bui e puzzolent i degl i States con gruppi magari s t i l is t icamente divers i ma s imil i per incl inazione. Poi , se i l d io del pop fuori dal le regole ascol tasse le nostre suppl iche potrebbero davvero in-f iammare le char ts di mezzo mondo. (8.0/10 )s t e f a n o P i f f e r i

hIghLIghT

Page 24: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

CE

NS

ION

I

SA 47

zio dal l ’usci ta di A Natural Disaster sono la conferma di una cr is i di ident i tà , o forse sono solo s ta t i una pausa di r i f less ione. Sta di fa t to che i fedel iss imi del la band inglese, nonostante l ’annuncio di un’imminente nuo-va pubbl icazione, dovranno at tendere anco-ra un po’ pr ima di gustars i Horizons . Per indorare la pi l lola del l ’ interminabi le a t te-sa , ecco l ’ immancabi le raccol ta . Hindsight prova a fare un r iassunto del la s tor ia degl i Anathema at t raverso nuove vers ioni semi-acust iche del più o meno recente passato. A dire la ver i tà non s i t ra t ta nemmeno di un brut to disco, impreziosi to dal sensual iss i -mo violoncel lo di Dave Wesl ing (Liverpool Phi larmonic Orchestra) e da arrangiamenti che spesso e volent ier i mescolano insieme dark e soul ( Inner Si lence , A Natural Di-saster ) , ma che non r iescono quasi mai ad evi tare la t rappola del pop general is ta e del le banal i tà “ambiental i” . Inner Si lence, Fragile Dreams , Are You There? , Angel ica , s i t ingono di suoni acust ic i , con chi tarre , pianoforte e violoncel lo in pr imo piano a disegnare canzoni languide e mal inconiche. Tut to qui . Se questa è la premessa al nuovo album e l ’unico inedi to (Unchained ) ne è l ’ant ic ipazione, beh… tanto vale non sco-modarsi . (5.5/10 )D a n i e l e f o l l e r o

aucan – aucan (africantaPe - ruMinance, 2008) genere: posT posT-roCk, noise

Micro-frammenti che s i scontrano, assumo-no forme innovat ive, danno vi ta a spaccat i s t rumental i nervosi , ipnot ic i , profondamen-te s t rut turat i . Un po’ come i l vini le r i t ra t to in copert ina, f rantumato in mil le pezzi , so-speso a mezz’ar ia , cat turato nel la sua inca-paci tà di assumere una forma propria ma nel contempo inaspet ta tamente s tabi le . I l post-rock e i l noise diventano una scusa, i l prez-zo da pagare per avere le mani l ibere dai legacci di genere, mentre c i s i diver te ad ac-cumulare s t ra t i , a far dialogare dis tors ioni e bat ter ia , a f rantumare confini e ambit i di competenza in una girandola di s t i l i che vive di controtempi e corr ispondenze. E’ una bot-ta terr i f icante questo esordio dei bresciani Aucan, uno di quei dischi che t i s i p iantano nel cervel lo da subi to e senza indecis ioni .

Meri to di un’original i tà pragmatica che sa far convivere nel la giusta maniera i l suo-

no del le tas t iere con le geometr ie più ruvide, i l cal-colo mil l imetr i -co con l ’ is t into, soluzioni es te-t iche di pregio con progressioni ragionate . I l tu t -to nel l ’ot t ica di

un suono che non r imane sui suoi passi per più di due minut i a brano e sot t intende un lavoro di r i f ini tura da perfezionis t i . A fare compagnia in questa avventura a Francesco D’Abbraccio, Dario Dassenno e Giovanni Fer l inga ci sono anche Nicola Cat tabiani – basso in Tesla – e Giul io Favero de I l Teatro Degl i Orror i – basso in Iena - , per un disco che segnala ad addet t i a i lavori e non una real tà musicale da tenere decisamente sot to s t re t ta osservazione. (7.2/10 )f a B r i z i o z a M P i g H i

noa BaBayof – froM a winDow to a wall (language of stone, 2008) genere: foLk

Recentemente adot ta ta dal la Language Of Stone di Greg Weeks , l ’ israel iana Noa Ba-bayof probabi lmente non farà par lare di sé più del dovuto. Un disco d’esordio, From A Window To A Wall , che r ipropone la r icet ta del revival folk più convenzionale . C’è da dire che i l genere è ormai divenuto un por-to f ranco per chi è bravino ma non eccel le e inizia a s tancare i fedel iss imi , mentre i cur iosi sono già a l t rove (vedi le escursioni avant di Fursaxa o gl i incroci or iente-occi-dente del l ’ul t ima Hespvall con Masaki Ba-toh ) . E questo non è un invi to ad adeguarsi a l le mode, bensì un monito a chi decide di dedicars i a l folk a tavol ino, met tendo i l ma-qui l lage (gl i immancabi l i v iol ini e mandol i -ni) a pezzi dal la debole scr i t tura . Non basta omaggiare (?) gl i archi di Chelsea Gir l in A Song For Me per detonare i l movimen-to di un disco. Ci s i aggira su un sent iero bat tuto a più r iprese nel giro Espers & co. , ma mancano i l re t roterra col to e quel piz-zico di genial i tà che sono di Fern Knight (che pure qui ha aggiunto par t i d i violoncel-

lo e contrabbasso) e s iamo lontani dal l ’ar-cana semplici tà di una Sharron Kraus . La Babayof r imane r ipiegata su di sé là dove dovrebbe essere vis ionaria e (s i ) annoia là dove dovrebbe toccare le corde del l ’ int imi-smo. La produzione di Weeks e le e legant i col laborazioni (ol t re a l la già c i ta ta Wienk, c’è Jesse Sparhawk a l l ’arpa e a l mandol ino e Jessica Weeks del le Woodwose a l f lauto) lo rendono comunque un disco che s i lascia ascol tare . Per quel tocco di personal i tà in più s i r imanda al futuro. (6.0/10 )f r a n c e s c a M a r o n g i u

BansHee, tHe – your nice HaBits (suitesiDe / auDiogloBe, 5 setteMBre 2008) genere: neW-Wave, posT-punk

Tra i l garage ruspante di scuola Hives e i r ichiami a cer to post-punk à la Franz Fer-dinand o Kaiser Chiefs che cost i tuivano le colonne portant i dei Banshee del disco d’esordio – Publ ic Talks (Sui tes ide, 2006) - , hanno avuto decisamente la megl io i secon-di . O almeno questo ci pare di poter conclu-dere ascol tando Your Nice Habi ts , secondo episodio discograf ico del la band genovese. Meri to forse del la produzione navigata di Luke Smith – al lavoro anche con To My Boy, Theoret ical Gir l e Shi t Disco - o magari na-turale evoluzione di un suono che a cer t i t raguardi s t i l is t ic i ha sem-pre aspirato, pur non r ientrando-vi per quest ioni anagraf iche. Del res to quest i Ban-shee non sono passat i inosser-vat i in cer t i am-bient i , soprat tut to in Inghi l terra , se è vero che NME si è occupato di loro in occasione del la pubbl icazione del pr imo disco, BBC Radio 1 l i ha chiamati a suonare nei suoi s tudi e Fading Ways s i è preoccupata di far-l i uscire ol t reconfine. Un t ra t tamento di fa-vore – meri ta to – che verrà presumibi lmen-te r ipetuto anche in questa occasione, dal momento che Your Nice Habi ts sposa ancor più del predecessore cer te sonori tà tanto in

voga t ra i k ids d’ol t remanica. A cominciare da un bat tere in levare s t i le dancefloor pra-t icamente onnipresente , passando per qual-che colpet to di synth sparso qua e la (Kicks Up, Face) , f ino ad arr ivare ad una ser ie impressionante di r i ff da mandare a memo-ria ar t icolat i quanto i r res is t ibi l i (su tut te , Cut Me Clear, 3rd e l ’omaggio ai Devo di Electr ic) . Trentacinque minut i di anfetami-na puriss ima che, senza annoiare , t rovano i l modo di raff inare i suoni r ispet to a l passato e a l tempo s tesso r imanere fedel i a se s tess i . Certo l ’ambito di r i fer imento è quel lo che è e da l ì non ci s i sposta , ma averne di band i ta l iane capaci di sol le t icare i l palato ormai consunto di quei vecchi marpioni dei gior-nal is t i inglesi . (7.0/10 )f a B r i z i o z a M P i g H i

Bevel - PHoenician terrane (contraPHonic, setteMBre 2008)genere: avanT foLk

Terzo album per Bevel , moniker dietro al quale s i cela i l proget to sol is ta del chi tarr i -s ta e cantante Via Nuon da Chicago, già a l a lvoro coi Manishevitz e cogl i ormai es t in-t i Drunk . S’ int i tola Phoenician Terrane , è i l pr imo t i tolo per l ’e t ichet ta Contraphonic dopo ben più vis ibi le mil i tanza Jagjaguvar, ed è uno di quei dischi schivi ma prezio-s i , che s i r imuginano addosso le possibi l i -tà del folk rock se mandato in avanscoperta nei terr i tor i conquis ta t i a suo tempo dal le guarnigioni post . Canzoni come corr ispon-dent i dal campo di bat tagl ia a raccontare la desolazione lasciata dal passaggio del f ron-te , ma anche i germogli di nuove cose che nascono e r inascono. Voglia di r iaggiustare le coordinate , par tendo da una condizione più int ima e accorta t ipo i l Jim O’Rourke minimale ( in Balustrada , nel la conclusiva Quiet Resort I I ) , c iondolando in brumose t raverse come uno Steve Wynn in acido (A Forest Ends ) , schermendosi come un John Parish g i tano (The Purchase ) , paludandosi di suadente sol ipsismo John Cale (nel f r i -nire d’archi del la carezzevole Low Income Glade o del la mesta Since the World ) , e in-f ine lanciando razzi sfr igolant i Brian Eno (nel la s tupenda Coronat ion Day , nel l ’a t to-ni ta In Sol i tude ) . Pianoforte , e le t t roniche, chi tarre , viol ini , ance, legni , vibrafoni , per-

Page 25: Parenthetical girls - SentireAscoltare

DaviD Byrne & Brian eno – everytHing tHat HaPPens will HaPPen toDay (everytHingtHatHaPPens.coM, setteMBre 2008) genere: pop

Negli ul t imi mesi David Byrne s i è dato da fare . Come al sol i to . Si è dedicato pr incipalmente a quel le a t t ivi tà col la teral i che un tempo portarono i l Time a dedicargl i la copert ina quale “uomo del Rinascimento” del rock. Ha suonato un palazzo di Manhat tan, ha pubbl icato una raccol ta di f in-t i inni mormoni , ha disegnato parcheggi per bici e ha prestato la voce a un automa chiamato Jul io . Si è però anche r icordato di essere un cantante pop, r iuscendo nel prodigio di t rasformare un brano dei Fiery Furnaces , Ex Guru , in qualcosa di a l tamente diger ibi le , e par tecipando al la gustosa Toe Jam (datemi ret ta , r intracciate i l v ideo!) del proget to Brighton Port Authority , ideato dal l ’amico Fatboy Sl im . Sappiamo che Byrne è prat ica-mente infal l ibi le quando s i t ra t ta di dispensare piccol i tocchi del la sua abi l i ta nel formato canzone, bast i pensare a successi passat i come Lazy con gl i X-Press 2 , o a l Cole Porter country di Don’t Fence Me In r ivis to in chiave batucada. Resta però i l fa t to che l ’ul t imo album di canzoni , i l poco convincente Grown Backwards , r isalente ormai a l 2004, s ia s ta to forse i l momento peggiore di una carr iera a l t r iment i impeccabi le . Malgrado qual-che lampo (Empire , Glass, Concrete And Stone ) Grown Backwards era un disco f iacco, spesso noioso, appesant i to da archi che non t rovavano, come accadeva invece in Look Into The Eyebal l , i l b i lanciamento necessar io nel le percussioni . Per non par lare del le due imbarazzant i sor t i te nel la l i r ica . Abbastanza da farci domandare se Byrne non fosse per caso ormai dest inato a un futuro da br i l lante special guest , incapace però di sostenere ruol i da protagonis ta . Lo spunto per una nuova grande prova d’ar t is ta gl i è s ta to offer to da Brian Eno. Durante un incontro r isalente a un paio d’anni fa , in occasione del la r is tampa di My Life In The Bush Of Ghosts , Eno ha proposto a Byrne di t rovare parole e melodie vocal i per una ser ie di brani s t rumental i che aveva messo da par te nel corso degl i anni . Brani def ini t i da Eno come electronic gospel . Un cerchio che s i chiude, vis to che erano s ta t i i Talking Heads t rent’anni fa a iniziare Eno ai piacer i del la musica del le chiese dei ner i di New York (non possiamo dimenticare la geniale sorpresa che fu la cover di Take Me To The River del reverendo Al Green , inclusa in More Songs About Buildings And Food , pr ima produzione di Eno per i l quar te t to) . Dal punto di vis ta musicale in Everything That Happens Wil l Happen Today , i l r isul ta to di due anni di corr ispondenze te lematiche t ra i due, non t roviamo solo i preannunciat i , e comunque fondamental i , sapori gospel . Non potevamo del res to aspet tarci un compit ino esegui to con di l igenza, vis to che s ia Eno che Byrne da anni s i diver tono a seguire i b inar i solo nel caso ci s ia un deragl iamento incluso nel bigl ie t to del t reno. Le due quiete t racce d’apertura sono più che al t ro country, placido e mist ico, due colpi a l cuore che confermano immediatamente la forma smagliante , come autore e come performer, di David Byrne. I l tema del disco è messo al t re t tanto in chiaro: c i t roviamo di f ronte a un album sul la speranza e sul la miser icordia . In Home canta di “connessione con ogni anima vivente/compassione per le cose che non conoscerò mai”. Nel la splendida The River , proprio in mezzo al l ’a lbum, addir i t tura cadrà “in ginocchio/per ogni essere umano”. è la più spudorata affermazione di una tematica che Byrne s i porta dietro da sempre. Per quanto spesso s ia s ta to tentato di s tudiare gl i esser i umani come un entomologo s tudia gl i inset t i , non ha mai potuto evi tare una profonda empat ia , un inevi tabi le r iconoscers i . è s ta to così per lui già dal pr imo album, quel lo nel quale sapeva vest i re a l la perfezione i panni del lo Psycho Kil ler : Don’t Worry About The Government , malgrado le r isate che accolgono i l suo f inale nel l ive The Name Of This Band Is Talking Heads , non era solo sat i r ica , ma anche commovente , i l r i t ra t to di un ci t tadino devoto al le leggi , che s i f ida del governo e che vuole una casa accogl iente per r icevere i suoi car i , perché “gl i amici sono important i” . Byrne è s ta to i l maestro di orrore e paranoia , la voce del l ’a l ienazione, è s ta to i l Marziano a New York, l ’antropologo metropol i tano. Ma ha sempre amato i suoi mostr i , ha sempre saputo di essere uno di loro. Per questo è sempre s ta to tanto piacevole seguir lo . Con gl i anni ha aff inato la sua consapevolezza e i l suo messaggio s i è fa t to tanto più f iducioso quanto più le cose sembrano essere sul punto di precipi tare . In My Big Nurse pers ino la f ine del mondo pare offr i rs i come un mondo di possibi l i tà . I l terzo brano cambia radicalmente l ’a tmosfera del l ’a lbum. Sappiamo che da Eno non ci dobbiamo aspet tare solo t rovate che r idef iniscono i confini del rock. L’ha fat to , con i Roxy Music , con i Talking Heads, con la scena No Wave, con Bowie , con Cale . Ma gran par te del suo curr iculum da produt tore , soprat tut to negl i ul t imi anni , lo vede al f ianco di ar t is t i p iù prevedibi l i che lo vanno a cercare con la speranza di apparire a l l ’avanguardia (U2 , James , Paul Simon , Coldplay ) . Proprio quando le pr ime due canzoni c i hanno portato a pensare che Eno s i s ia compostamente messo al servizio del nuovo Byrne in vers ione “Mr. Nice Guy”, I Feel My Stuf f in iz ia con un piano al la Aladdin Sane che subi to vira verso i l Brasi le (nei credi ts viene def ini to inhuman piano ) , per poi avvi tars i a t torno a sei minut i di fol l ie , la chi tarra del icata di Phil Manzanera e quel la furente di Leo Abrahams , f ino a un cl imax dove l ’affermazione del la propria individual i tà (“Ho cambiato la mia sor te /sono tornato per essere più for te”) assume connotat i prepotent i e inquietant i . Byrne non aveva usato una s t rut tura tanto complessa, uni ta a un arrangiamento tanto denso, dai tempi di David Enryb , nel quale lo accompagnava un al t ro impavido esploratore , Arto Lindsay . Grazie a l la t i t le track , r i -torna immediatamente la pace, in tut t i i sensi : è un inno da chiesa la ica , col disastro (“Ho vis to l ’auto dei miei vicini esplodere”) accostato al bisogno di r iscoprirs i umani (“Oh fratel lo mio, ancora mi domando se s ta i bene”) . La morale è nel t i tolo, e s i potrebbe quasi scommettere che dietro ci s ia una ci tazione consapevole del l ’ insegnamento di Lao-tze che afferma: “Ciò che è , è i l passato di c iò che sarà”. Con Life Is Long i r rompe i l pop, sempre t into di gospel , ed è ul ter iormente amplif icato i l senso di celebrazione del la gioia del la vi ta e l ’accet tazione del dolore: “Sono perduto/ma non ho paura”. Anche la s tor ia non deve spaventare . Asser isce in The River : “Le cose s tanno per cambiare/come cantò Sam Cooke nel 1963”. Quarantacinque anni fa . E ancora “stanno” per cambiare . Quando cambieranno? Non importa , cambieranno. Seguono l ’eff icace Strange Overtones , pezzo (con la par tecipazione di Robert Wyatt e del f idato percussionis ta Mauro Refosco ) usato per lanciare l ’a lbum, e la t raccia più debole del proget to , Wanted For Li fe , che ha i l sapore di cer t i brani f i l ler del la seconda par te del la s tor ia dei Talking Heads. Dopo i l gospel più incontaminato del l ’a lbum, One Fine Day , arr iva Poor Boy , t raccia gemella di I Feel My Stuf f per complessi tà e f renesia , funk esot ico sul lo s t i le di Naked , spinta dal le tas t iere di Eno che mimano i f ia t i . I l f inale è di nuovo quieto. Più di quanto possiate immaginare. L’ul t imo album di Eno coi Talking Heads, Remain In Light , del 1980, s i era chiuso col piombo fuso di The Overload . The Lighthouse è i l suo esat to contrar io . Dal sovraccar ico al la leggerezza. Come costruire una casa fat ta di acqua, o di car ta . “E la sera che er igemmo i l te t to/nel la luce del t ramonto/cantammo tut ta la not te /e non avevamo bisogno di prove/e potevo vedere la luna”. (8.0/10 )P a o l o B a s s o t t i

hIghLIghT

Page 26: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

CE

NS

ION

I

SA 51

cussioni : ecco gl i ingredient i di cotante far-raginose mirabi l ie . Ripeto: è un disco pre-zioso. Che fat icherà a guadagnarsi r iscontr i proprio come ha fat icato a t rovare dis t r ibu-zione. Per cui , s ta te accort i . (7.0 /10 )s t e f a n o s o l v e n t i

Blakes, tHe – tHe Blakes (ligHt in tHe attic, setteMBre 2008) genere: indie-garage

Ci sono giornate nelle quali scrivere recen-sioni di dischi assomigliamolo a una catena di montaggio. Pila di cd sul tavolo, ascolti su ascolti, pestar di tasti sul computer, voto asse-gnato e avanti il prossimo. Si tira avanti così per pomeriggi interi, per giornate. Roba che stroncherebbe chiunque e non è comunque col-pa degli artisti: i quali, però, ci mettono del loro se non sono baciati dal colpo d’ala che li solleva dalla piattezza e dall’inefficace buona volontà. E’ quanto accade ascoltando i fratelli Snow e Garnet Keim, girovago duo stabilitosi un bel dì a Seattle e là raggiunto dal batteri-sta Bob Husak. Esordiscono su cd sciorinan-do poco più di mezz’ora - dopo un 7” e un e.p. di canonico riscaldamento - nella quale non vi è traccia alcuna degli Hank Williams e Brian Wilson citati come influenze. Sareb-be troppo facile, come se un qualsiasi giovane attaccante del Giulianova si sentisse ispirato da Shevchenko e ciò bastasse a farne un asso. Non basta: occorre del talento, cui di norma sopperisci buttando sul tavolo mestiere e verve e nondimeno anche in quel caso ti occorrono idee chiare. Gli Snow, per quanto maneggino grinta e vigore, non sanno invece ancora cosa faranno da grandi: degli Strokes alle prese con tagli di fondi e di personale, i White Stripes impastati di grunge e sixties, altri ligi Neu! wavers. Cosa non disprezzabile se scrivessero con bella calligrafia, ma poiché avrete di già sbirciato il voto, vi apparirà chiaro che l’in-decisione di cui sopra è fatale. A chi tocca? (5.5/10)g i a n c a r l o t u r r a

Brooklyn acaDeMy - BoreD of eDucation (golD Dust MeDia / auDiogloBe, 2 setteMBre 2008) genere: hip-hop A volte tutto sta nell’accontentarsi, nel non pretendere troppo. Nel far finta di nulla e

chiudere un occhio se gente in giro da quasi un decennio approda, dopo la regolare trafila di singoli e mixtape, all’album d’esordio già zavorrata dal manierismo. Nulla di indecoro-so se visto nell’ottica globale della scena hip-hop, intendiamoci, giacché istantanee metro-politane minimaliste come We Don’t Play e This Is Brooklyn scorrono minacciose come si deve, anche troppo: Pumpkinhead , Mr. Me-taphor e Block McCloud sanno il fatto loro, vantano un folto seguito e il disco esibisce ospiti di un peso come Jean Grae e Killah Priest (nella cosa migliore del lotto, una ci-nematica, trafitta d’archi Splash). Il proble-ma, allora, non è tanto di forma - sul più me-diocre e prevedibile resto, la sinuosa Tear It Down si allontana dallo stereotipo, Black Out fa latini gli House Of Pain , Suicide poggia su notevole orecchiabilità - quanto di sostanza. In quel legarsi a un immaginario malavitoso e confrontazionale oramai trito, roba che dopo i successi al botteghino non ha più credibilità come all’epoca di Ice-T o dei primi N.W.A. Quanto là era cronaca nuda e cruda, qui vi-ceversa è messinscena; tanto per non uscire troppo dal seminato, sarebbe come mettersi dietro la macchina con Mario Merola nei pan-ni di Scarface . Forse i ragazzi facevano me-glio a non stufarsi dell’educazione e restare un po’ più svegli in classe. (6.2/10 )g i a n c a r l o t u r r a

calexico - carrieD to Dust (toucH anD go, 9 setteMBre 2008)genere: foLk roCk

Ho dedicato a questo disco un bel po’ di ascol t i , parecchi in più dei canonici c inque “da recensione”. Più che al t ro perché s i è r ivelato ot t ima soundtrack per un paio di l i -br i di Cormac McCarthy che andavo leggen-do giusto in quest i giorni . Adesso che devo scr iverne, però, confesso di avere qualche diff icol tà . Innanzi tut to perché mi spinge al la quest ione fatale: per quale motivo ho molto amato (e amo) i Calexico? Forse per la leg-gerezza e la tes tardaggine con cui tentava-no di te le t rasportare la t radizione folk-rock nel raggio d’azione del pop contemporaneo, accogl iendone quindi le per turbazioni , la mischia degl i s t i l i , quel vago insopprimibi-le dis incanto. Però restando con entrambi i p iedi dentro la t radizione, così da non di-

s t inguere le inquietudini ant iche da quel le contemporanee, mentre olograf ie mariachi t i spiegano perché i fantasmi del la f ront iera non moriranno mai . Det to che nel preceden-te Garden Ruin (Touch And Go, 2006) i due ex-Giant Sand sembravano vi t t ime del t ipi-co r i lassamento di chi ha raggiunto la piena def inizione del la propria poet ica (e un cer to meri ta to successo) , i l qui presente Carried To Dust celebra a l megl io i l t raguardo del sesto opus, c ioè s i met te a l servizio di un concept con la dis invol tura di chi non ha più nul la da dimostrare né a chi ascol ta né tanto meno a se s tess i . A r imet terci è l ’ intensi-

tà , che se ta lora - nel l ’ iniziale Vic-tor Jara’s Hands , nel la s t rumentale El Gati l lo - cede i l passo ad un manier ismo f in t roppo accomo-dante , a l t rove s i consuma nel se-gno di una s t r i -sciante mollezza,

t ra canzoni-car tol ine da un mondo sospeso spedi te da un immaginario ex-scr i t tore hol-lywoodiano, protagonis ta del plot che unif i -ca la scalet ta . Alla f ine l ’effet to è più che adeguato, dal-la bruma sciropposa del s ingolo Two Si lver Trees a l la soff ice asciut tezza di Slowness (ospi te la brava Pieta Brown), da una Frac-tured Air che scomoda i pr imi Dire Straits a l valzer a cuore pieno di The News About Wil l iam , da una Inspiraciòn che profuma di tacos e tor t i l las (scr i t ta dal t rombet t is ta Ja-cob Valenzuela , che pure la canta ass ieme ad Amparo Sanchez degl i Amparanoia ) ad una House Of Valparaiso che sdrucciola incanto imbronciato (ai cor i Sam Beam degl i Iron & Wine ) . Tut t i episodi sorret t i da un’ele-ganza piut tosto formale sot to cui nondime-no bat te un cuore, o a lmeno la dose minima che è leci to a t tendersi dal la band di Tucson. Niente male insomma, però t i res ta i l r im-pianto di quel che Burns e Convert ino sono in grado di . Come del res to puoi sbirciare in Bend To The Road (ectoplasmi deser t ic i di s l ide, t romba e vibrafono) , in Man Made Lake ( immaginatevi i l caro Gram Parsons

e lo Young d i On The Beach s t rapazzat i da Cat Power ) e in quel la Content ion City che regala un congedo cinematico e jazzy pre-vio i l p iccolo aiuto di Mr. Douglas McCom-bs. Per i Calexico, se volete , s i t ra t ta di una splendida normalizzazione. (6.8 /10 )s t e f a n o s o l v e n t i

centro-Matic / soutH san gaBriel – Dual Hawks (Misra, giugno 2008) genere: indie roCk

U n d e u s e x m a c h i n a , d u e g r u p p i e s t e s s i c o m p o n e n t i : q u e s t a l a s i n t e s i m a s s i m a d i D u a l H a w k s , c u r i o s a q u a n t o r i u s c i t a p u b -b l i c a z i o n e d i s c o g r a f i c a c o - f i r m a t a C e n -t r o - M a t i c e S o u t h S a n G a b r i e l . I l t e x a n o Wi l l J o h n s o n è l a m e n t e c h e s i c e l a d i e t r o s i f f a t t o p r o g e t t o . S e l a p r i m a b a n d è q u e l -l a u f f i c i a l e , l a s e c o n d a n e r a p p r e s e n t a u n p i ù i n t i m o s i d e p r o j e c t . M a t u t t o q u e s t o è v e r o s o l t a n t o d a u n p u r o p u n t o d i v i s t a t e -o r i c o , p e r c h é i n p r a t i c a i c o m p o n e n t i d e l l e d u e c r e a t u r e s o n o g l i s t e s s i . C e n t r o - M a t i c e S o u t h S a n G a b r i e l n o n r a p p r e s e n t a n o a l t r o c h e d u e a p p r o c c i d i v e r s i a l l a m u -s i c a d i J o h n s o n : i l p r i m o m o l t o p i ù r o c k , i l s e c o n d o p i ù q u i e t o e r i f l e s s i v o . D u a l H a w k s , i n u n t o t a l e d i v e n t i t r é c a n z o n i e c o n u n b o o k l e t d i t r e n t a p a g i n e a c o l o r i , n e è s u m m a i m p e c c a b i l e . I l p r i m o d i s c o e m a n a a t m o s f e r e s o l a r i , p o l v e r o s e e d e -s e r t i c h e s u l l a s c i a d i Wi l c o , S p r i n g s t e e n e Ry a n A d a m s : q u i n d i u n a p r o p o s t a r o c k q u a s i c l a s s i c a , s p o r c a t a q u a e l à d a r u -v i d e z z e e o p a c i t à t i p i c a m e n t e i n d i e r o c k ( T h e R a t P a t ro l D n d D j s , Q u a l i t y S t r a n -g e e Tw e n t y - F o u r s i c u r a m e n t e i m i g l i o r i b r a n i d e l l o t t o ) . M a è c o n i S o u t h S a n G a -b r i e l c h e s i r a g g i u n g o n o a p i c i e m o z i o n a l i i m p r e v i s t i . L e l o r o d o d i c i c a n z o n i s i m u o v o n o s o f -f u s e s u u n o s l o w c o r e m o l t o v i c i n o a g l i S p a r k l e h o r s e p i ù i n t i m i s t i . A t m o s f e r e n o t t u r n e e m o r b i d e , r e s e a n c o r p i ù s t r u g -g e n t i d a l c a l d o i n c e d e r e v o c a l e d e l N o -s t r o , c o m p o n g o n o q u e s t o s e c o n d o d i s c o . C o s ì , l a b e l l i s s i m a b a l l a d K e p t O n T h e S l y s e m b r a u s c i t a d i r e t t a m e n t e d a l l a m i g l i o r e p e n n a d e i B ro k e n S o c i a l S c e n e p e r a r r a n -g i a m e n t i e m e l o d i e . E p o i a n c o r a l e d i l a -t a z i o n i s o n o r e d i W h e n T h e A n g e l s Wi l l P u t O u t T h e i r L i g h t s e T h e A rc A n d T h e

Page 27: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

CE

NS

ION

I

SA 53

C u s p , i l r a f f i n a t o f o l k d i M y G o o d b y e s e l e s o s p e n s i o n i m a l i n c o n i c h e d i F ro m T h i s I Wi l l Aw a k e f a n n o q u a s i g r i d a r e a l c a p o -l a v o r o t a n t o e r a i n a s p e t t a t a q u e s t a p r o -f o n d i t à a r t i s t i c a d i J o h n s o n . C h e a s s e m b l a t a a l l a s u a p a r t e p i ù c o n o -s c i u t a e r o c k d à v i t a a u n a d u a l i t à c h e s i s p e r a n o n s i e s a u r i s c a m a i . N o n s i s b a -g l i a : 6 . 5 a l p r i m o d i s c o , 7 . 5 a l s e c o n d o , l a m e d i a f a ( 7 . 0 / 1 0 )a n D r e a P r o v i n c i a l i

anDrea cHiMenti - cHiMentiDanza silenDa (s anteria/s offici D is cHi , a uDiogloBe - 20 g iugno 2008)g e n e r e : C a n T a u T o r a T o W a v e

Casomai Andrea Chiment i fosse una lacuna da co lmare , ques to Chiment idanzaSi lenda a r r iva a l l ’uopo. Un cd con sed ic i pezz i che r ipercor rono a volo d’ucce l lo la car r ie ra de l can tau tore emi l iano dagl i esord i a r t -wave co i Moda (cor revano i ruggent i e ight ies )

f ino a Vieta to Morire de l 2004, ad oggi i l t i to lo p iù recente de l la d i scograf ia so l i s ta non ché que l lo con p iù rappresentan t i in sca le t ta (ben se i t i to l i ) . Non s i t ra t ta cer-to d i un compendio esaus t ivo , suff ic ien te però ad appurare cer to t ravagl ia to languore in ne t to an t ic ipo su i Suede ( l e a r rembant i Se foss i e America de l per iodo Moda) , cos ì come i l l i r i smo tormenta to e ins id iosamen-te nos ta lg ico non lontano da l la ca l l ig raf ia Benvegnù ( l ’e legante abbandono d i Prima

de l la cenere , l a brumosa Amami , l a narco-s i vagamente Cohen di Si d i rada la neb-b ia ) , l e sugges t ion i e tnofo lk r iconducib i l i a l coevo De André (Tra i p ioppi ) nonché i l ch ia ro impr in t ing David Sylv ian (con cu i due t ta ne l la s tupenda Ti ho aspe t ta to ) , in -segnando en passent due o t re cose a l caro Morgan in mer i to a l l ’a r te de l melò canzo-ne t t i s t ico ( l ’epos s t ruggente d i Da Ul t imi cor i per la Terra Promessa , l a pa lp i taz io-ne psych d i Tra la terra e i l c ie lo , una I l g ioco che tornerebbe bene a i fan de i Ne-gramaro per esp iare qua lche pecca tucc io) . Se poi c i s i ch iedesse perché un au tore e in te rpre te d i t a l fa t ta debba r imanere con-f ina to a i margin i de l g ran baccanale rock senza neanche t roppe speranze d i cava lcare la spuma, bas t i asco l ta re Carta d i r i so e La cat t iva amante : sono en t rambe mol to be l le con la lo ro r icerca tezza ins id iosa , però è come se prendessero le mosse da un’ idea-l izzaz ione eccess iva , quas i sca tur i ssero da uno scar to a r t i f ic ioso t ra la rea l tà e la per-cez ione che Chiment i ha d i essa . Ques t ione d i poe t ica forse , qu indi non ques t ionabi le , ma tan t ’è : i l p roblema è quanto se i d i spo-s to a fa r t i t rasc inare , a c rederc i . Nel DVD a l lega to i pezz i de l reper tor io so l i s ta fanno da soundt rack ad in te ressant i v ideo rea l iz -za t i da Fernando Maraghin i e Mar ia Er ica Pac i leo , avent i per ogget to s t ran ian t i core-ograf ie de l la f rancese Compagnia d i danza S i lenda sugl i on i r ic i l andscapes de l la de-ser t ica quot id ian i tà . Ben p iù d i un’appen-d ice . (7.0 /10 )s t e f a n o s o l v e n t i

constantines – kensington HeigHts (arts & crafts / v2, 29 aPrile 2008) genere: indie-roCk

Vi r icordate quando s i poteva par lare sere-namente di rock “indie” senza provare ca-pogir i , s icur i che la cosa avesse un senso, per quanto ampio e onnicomprensivo? Ecco un’al t ra del le cose che la sovrapproduzione e la morte del le e t ichet te discograf iche at-tual i s i s tanno portando via , r i f i landoci in cambio un sommo appiat t imento sommo che ci sommergerà. Parrebbero quasi far la f igu-ra dei nostalgici di quel l ’epoca, i canadesi Constant ines , giunt i ormai a l considerevole t raguardo del quarto disco, giacché non c’è

kevin DruMM – iMPerial Distortion (HosPital ProDuctions, setteMBre 2008) genere: drone musiC

Era diff ic i le a t tendersi da Kevin Drumm quel lo che poi è arr ivato con questo suo ul t imo disco. Con un t i tolo come “Distors ione Imperiale” e un’et ichet ta come la Hospi ta l Product ions, che per la cronaca è la label di Dominick “Prurient” Farnow, ma soprat tut to con dischi come Sheer Hel l ish Miasma e i l Gaunt le t con Daniel Menche in curr iculum, uno tut to s i sarebbe aspet ta-to , t ranne che questo mammuth minimalis ta in forma di kolossal avantgarde. La sorpresa, per quel l i p iù a t tent i , era s ta ta parzialmente rovinata , qualche mese or sono, da Snow, casset t ina in poche copie l icenziata dal la Hospi ta l , che già mostrava i l musicis ta a l le prese con toni e droni , in vers ione minimal accademica. Una preghier ina in due tempi dedicata a l la neve e ispi-rata a l sacro pantheon di r i fer imento: Phi l Niblock, Tony Conrad, El ian Radigue. . . Snow viene poi r ipresa anche qui nei suoi due movimenti e messa ad ovat tare i l passaggio t ra i l pr imo e i l secondo disco, perché di doppio album si t ra t ta . Questa vers ione minimale di Drumm però, non ha nul la a che fare con la musica del le sfere celest i . Non c’è nessuna musica eterna da evocare, nessun s indacato del sogno, niente del genere. I sei monumental i droni del disco non corteggiano i l c lass ico or izzonte di r i fer imento. Parafrasando uno dei t i tol i e la f rase di Chris t ine Chubbuck r iportata nel l ’ar twork, la drone music by Kevin Drumm chiede (ed ot t iene) “più sangue e budel la” . Calato, infat t i , in una dimensione al lucinata e a l lucinator ia pressoché costante , Imperial Distor t ion mostra a suo modo s imil i tudini con alcuni nuovi sper imentator i black metal , gente che converte le leghe metal l iche più s inis t re e minacciose del la scena black, in sfocat i paesaggi ambiental i . In a l t re parole Kevin Drumm si dimostra più vicino a gente come Procer Veneficus e Nordvargr, che non a La Monte Young. I s inis t r i r intocchi del l ’ iniziale Guil la in-Barre t ra l ’a l t ro non nascon-dono cer to un gusto per la scenograf ia orror i f ica s t i le pr imo Lustmord. E cosi per tut to i l d isco. Tut te le note sostenute vengono ovat ta te e r iverberate , t rasformate in dronante tappezzeria del l ’ incubo. Notevol iss imo in questo senso i l lavoro di revis ione per le due Snow con un uso t r idimensionale e realmente abissale dei toni . E ascol tando questa musica assume un connotato diverso anche la foto del l ’ar twork di una s tanza male i l luminata . Una marea di dischi . Un poster dei Deicide appeso al la parete (s i scorge anche la copert ina del loro capolavoro Legion) con un s intet izzatore valvolare adagiato per terra e la f rase che Chris t ine Chubbuck, reporter te levis iva di Channel 40 negl i anni ’70, disse pochi is tant i pr ima di spa-rars i a l la tempia in diret ta te levis iva: “In keeping with Channel 40’s pol icy of br inging you the la tes t in blood and guts , and in l iving color, you are going to see another f i rs t : an at tempted suicide”. I l suicidio ar t is t icamente non necessar iamen-te paga. Commercialmente quasi sempre. Ma non è questo i l caso. Quel la di Drumm è semplicemente una del le migl ior i colonne sonore che possiate ascol tare per sonorizzare la prossima apocal isse . (8.0/10 ) a n t o n e l l o c o M u n a l e

hIghLIghT

Page 28: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

CE

NS

ION

I

SA 55

un momento in quest i abbondant i t re quart i d’ora in cui s i possa fare a meno di sot tol ine-are le somigl ianze con questo o quel gruppo. Dagl i assal t i melodici e le confessioni lace-rant i di Jawbox e Jawbreaker ( r ispet t iva-mente Hard Feel ings e Mill ion Star Hotel ) emergono sovente i tardi Replacements ( I Wil l Not Sing A Hateful Song , Time Can Be Overcome ) e s i lambiscono i Buffalo Tom (Our Age ) cercandone la fusione; a fondo corsa ci s i redime raccogl iendo qualche fo-gl io get ta to da Jedd Tweedy in un momento di dis t razione (New King , medi ta t iva e “ro-ots”; i p ieni e vuot i in crescendo di Life Or Death ) . La qual cosa sarebbe in sé assolvi-bi le se la pompa di arrangiamenti gonfiat i non f inisse per tarpare le a l i a l mater ia le in luogo di valor izzar lo , come accadeva negl i anni ’80, quando cer to underground cercava di porgersi più radiofonico perdendo ident i -tà e credibi l i tà . La differenza, oggigiorno, è che in tant i par tono da subi to con quel l ’ in-tenzione, res tando - se pr ivi del la capaci tà di fare la differenza - t ra incudine e martel-lo . Non resterebbe che calare i l colpo, ma perché sporcars i le mani? (6.2/10 )g i a n c a r l o t u r r a

cool kiDs, tHe – tHe Bake sale (xl / self, 3 giugno 2008) genere: hip-hop

Giunto anche per l ’hip-hop i l tempo di r i -scoprire le proprie radici e già ce ne s iamo det t i p iù che soddisfat t i . E’ solo così che i l genere può scampare al la t rappola di da-narosi s tereot ipi in cui è scaduto da tem-po: aff idandosi a chi non s i nasconde die-t ro un’at t i tudine passat is ta , a chi prefer isce al la comodità i l robusto r iappropriars i di l inguaggi s tor ic izzat i . Tale parrebbe essere i l caso dei Cool Kids, coppia proveniente da ci t tà che sono autent ic i s imboli evolu-t ivi del la “black” e chissà che non c’entr i qualcosa: Antoine “Mikey Rocks” Reed è infat t i or iginar io dei sobborghi di Chicago, laddove i l compare Evan “Chuck Ingl ish” Ingersol l ha avuto i propri natal i nel la su-burbia detroi t iana. Mettete in ogni caso da par te quals ias i aspet ta t iva su inf lussi house e techno e sost i tui te l i prontamente con un imbambolato snocciolar di r ime dopate (mai cal l igraf ico, però: nessuno accenno di s t i -

le “sudis ta” o calchi Cypress Hil l in Black Mags ) , omaggi sent i t i a l la vecchia scuola (What Up Man e What I t Is odorano di De La Soul pr ivi di hippismo e fregola campionato-r ia) e abbondant i dosi del cyber-funk algido

e minimale archi-te t ta to da Anti-pop Consortium ( fenomenale a ta l proposi to la con-clusiva Jingl ing ) . Suggest ioni che direst i impossi-bi l i a fondersi e viceversa convi-vono t ra loro bi-

lanciate con appassionata per iz ia , poiché nel l ’hip-hop tut to è t radizione e cul tura a prescindere dal l ’e tà : numeri rarefat t i eppu-re s t r ident i come One Two e Mikey Rocks inducono al l ’applauso, laddove un ipnot ico tormentone come 88 e la fenomenale orec-chiabi l i tà e lectro Bassment Party conferma-no l ’assoluta bontà del la s t rada intrapresa, lontana anni luce tanto dal la s tagnante me-diocr i tà quanto dal la r icerca di faci l i con-sensi . Dopo questo secondo e corposo e .p . a t tendiamo ora i Ragazzi Fighi a l t raguardo del l ’a lbum, confidando che ne r ibadisca la di già ragguardevole caratura . (7.0/10 )g i a n c a r l o t u r r a

DanDy warHols, tHe - eartH to tHe DanDy warHols (Beat tHe worlD recorDs, 19 agosto 2008)genere: psyCh Wave

Ci eravamo lasciat i con un lavoro che per amor di eufemismo potremmo definire “ov-viabi le” , quel Odditorium Or Warlord Of Mars che ha sanci to t ra le a l t re cose un bel divorzio dal la Capi tol . Ed ecco perché i l quar te t to di Port land debut ta per la Beat The World, concedendosi per l ’occasione una bel la curet ta r icost i tuente . Già, in que-sto Earth to The Dandy Warhols c’è più so-s tanza e meno vel le i tà cazzone, a par t i re dal concept che avvolge le t redici canzoni , sor ta di paradigmatica real tà paral le la che dal suo circolo referenziale chiuso - l ’ul t ima nota del l ’ul t ima t raccia s i lega al la pr ima del la opening t rack, suggerendo repeat senza so-luzione di cont inui tà - gioca i l suo gioco sul

f i lo di a l lusioni scanzonate e del i r i acidi . I Dandy sono bravi a impastare genio e in-tensi tà ass ieme al dis tacco necessar io a mantenere vivo i l senso di coolness , reci-tando la par te degl i osservator i intangibi-l i malgrado osservare s ignif ichi comunque metterci i l d i to . O, se prefer i te , di gol iar-dici automi del glam-pop, programmati per bi lanciare br io , impudenza, self-control e una competenza in mater ia più che ragguar-devole , come r ichiedono quest i tempi di “onniscienza l ight” .Tut to c iò def inisce i l prof i lo ass ieme com-plesso e accomodante di una band giovane però ormai adul ta , consapevole di sé r i -guardo al come, a l quanto e a l poi . Un po’ come accadde ai Blur nel loro ul t imo buon Think Tank . E’ quindi quest ione di padro-nanza ed estro, di mest iere e fol l ia , di fur-bizia e scel leratezza. Un crepi tare vort ico-so che osa apri re le danze vampir izzando I Feel Love come farebbero i cuginastr i dei Primal Scream o i n ipot ini degl i U2 anni novanta (The World The People Together ) , proseguendo a spasmi meccanici funk e industr ia l -wave, folk-psych e kraut-noise , cyber-surf e tex-mex, e lectro-soul e punk-pop. Ogni ingrediente s ia i l benvenuto nel polpet tone inebriante post-web 2.0.L’avant può essere solo pop, e viceversa, con tut to quel che s ta nel mezzo. Ed eccol i quindi i r r iducibi lmente ruff iani come quando And Then I Dreamt Of Yes s i met te a s temperare in salsa Crash Test Dummies cer te sgan-gheratezze Flaming Lips e Sparklehorse .

Addir i t tura sfac-ciat i come quan-do rapinano lo s tacchet to di The Magnif icent Se-ven t ra gl i spasmi cocainici Inxs d i Welcome To The Third World . Pure disarmanti , come in quel la Love Song che scior ina

cremosa ipnosi j ingle- jangle benedet ta dagl i ospi t i Mark Knopfler e Mike Campbell . La sarabanda prevede al t re portate f redde ma piccant i come una Mission Control con-di ta a Stranglers , una Mis Amigos che l iof i -

l izza Beach Boys e Los Lobos , una Valerie Yum dove Jon Spencer get ta nel lo scompi-gl io una congrega Incredible String Band o inf ine quel la Musee D’Nougat che spiega mesmerico mantra per un quarto d’ora di ra-diale del iquio spacey. Una parata di espedi-ent i? Massì . Da manuale . (7.1 /10 )s t e f a n o s o l v e n t i

Dargen D’aMico – Di vizi Di forMa virtù (talking cat / universal, giugno 2008) genere: eLeCTro iTaLo hip-pop L’hip-hop i ta l ico ogni tanto ci r iserva sor-prese che t rapassano i l mainstream e ci mostrano la natura f ragi le di un problema der ivato diret tamente dal 77 punk: cosa è str ic t ly commercial? L’ogget to CD è sul lo scaffale per essere venduto, e basta? O ha ancora qualcosa da dirci? I l doppio di Dar-gen D’Amico arr iva diret tamente dal l ’un-derground e senza problemi passa dal la s t ra-da al la major. L’usci ta sul la lunghiss ima dis tanza (qua-si non ci s iamo abi tuat i a lavori di questa lunghezza, noi i ta l iani) che cosa ci dice dopo le sparate di Fabri Fibra? C’è ancora una possibi le ‘ver i tà’ o è tut to un falso? Su questo confine t ra gioco di parole e s tor ia vera , t ra wit e narrazione post-neoreal is ta s i s i tua la carrel la ta di ‘quadri da un’espo-sizione milanese’ del l ’ex featurer dei Club Dogo . I l contral tare rap a Golia e Melchior-re c i presenta r icordi e lectrofunky anni 80 (Al meccano, Pubbl ic i tà ) , pezzi in l inea con la scuola di produt tor i i ta lo remix che cam-peggiano nei credi ts del pr imo disco: Croo-kers , Two Fingerz , Frankie Gaudesi (Tike restoran ) , la nuova Limonare che è La ba-nana frul lata , cadute di s t i le per bambocci post-gangsta da suburbio milanese (Sul car-ro, Moderata cris i , Prima che ) e poi qual-che gioiel lo da br ivido (Di viz i di v ir tù for-ma , I l rap per me ) . Quasi due ore di a l t i e bassi che potrebbero essere s ta t i r iassunt i in una top hi t di più faci le ascol to . Dargen è la r ivelazione in f ier i per la canzone d’auto-re i ta l iana. Una s tar che racconta l ’ovvio e l ’acredine disgustosa del quot idiano di pe-r i fer ia , un aedo di quest i tempi marci . Uno che non può scar tare l ’ imperfezione, perché nei r i f iut i s iamo ancora sommersi . (6.5/10 )M a r c o B r a g g i o n

Page 29: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

CE

NS

ION

I

SA 57

DeerHunter – Microcastle (kranky/4aD, 11 agosto 2008) genere: shoegaze pop, bradford Cox

Microcast le chiude def ini t ivamente (?) la par t i ta aper ta nel 2005 da Turn I t Up Fag-got e prosegui ta nel più recente Crypto-grams (2007) . Quel r imanere in bi l ico t ra wave d’ impat to e sonori tà Kranky oriented , che era la chiave del fascino ta lvol ta impe-netrabi le del quartet to di Atlanta , è ora solo un pal l ido r icordo. La diatr iba s’è r isol ta a tut to vantaggio del la faci le f ruibi l i tà e i no-

s t r i s i sono sbi lanciat i in area pop shoegaze. Agli esper imenti ambiental i e a l la cacofo-nia hanno prefer i to la forma canzone, met-tendo da par te tut te le incer tezze che erano s ta te di Cryptograms ( regis t ra to due vol te e del quale non erano mai s ta t i del tut to con-vint i ) . I l r ischio è che r imangano ingabbiat i nel compromesso a favore di una potenziale popolar i tà che non è cer to dietro l ’angolo, nemmeno ora che la caccia a l tesoro è f ini-ta . E nonostante Microcast le s ia un disco più organico dei precedent i e (ovviamente)

la quant i tà dei pezzi “che girano” s ia l ievi-ta ta ver t iginosamente, forse i l sacr i f ic io di una Kranky sul l ’ a l tare del la 4AD (che in real tà cura l ’ usci ta del disco solo in Euro-pa) è s ta to det ta to più dal la smania di faci l i scorciatoie che non da una naturale evolu-zione creat iva. Per i l res to , i l d isco scende giù che è un piacere e non è nemmeno poco, per un genere che in quasi ogni a l t ra sal-sa (bast i pensare a l la cosiddet ta new wave del lo shoegaze) era a l la canna del gas ancor pr ima del la r iesumazione. E quindi , a par t i -

re dal la nostalgia del l ’ Intro , che scivola nei pastel l i acidi e ammiccant i di Agoraphobia (cantata in via eccezionale dal chi tarr is ta Locket t Pundt) , f ino ad arr ivare a l s ingolo Never Stops , che sancisce l ’avvenuta me-tamorfosi pop, Microcast le met te a segno una manciata di hi t per palat i orfani dei bei tempi andat i . Per chi s i aspet tava i l d isco del la matur i tà (quel la vera) è invece tempo di fars i piacere o di odiare i Ride edulcorat i (Lit t le Kids ) , le b-s ides degl i ul t imi Slowdi-ve (Green Jacket ) e i l sa l iscendi t ra e terea poesia e megalomania del la t i t le t rack. Re-gis t ra to in una set t imana da Nicolas Vernhes (già a l l ’opera su Cryptograms e , t ra gl i a l -t r i , in s tudio con Fiery Furnaces , Animal Collect ive e Oneida ) , Microcast le è dedi-cato (parole di Bradford Cox) al la cul tura e a l l ’archi te t tura di Mariet ta , r idente c i t ta-dina del la Georgia . Da segnalare i l cameo vocale di Cole Alexander dei Black Lips in Saved By Old Times . I sogni bruciano ma le f iamme sono dipinte . (7.0/10 )f r a n c e s c a M a r o n g i u

riccarDo Dillon wanke – caves (seDiMental recorDs, Maggio 2008) genere: experimenTaL

Da un la to c’è i l Portogal lo dei var i David Maranha, Manuel Mota, Rafael Toral , la Li-sbona che Riccardo Dil lon Wanke abi ta da anni , i l lavoro concertato di c lub, e t ichet-te , musicis t i , organizzator i , persone: quel la che un tempo s i amava def inire una scena. Dal l ’a l t ro , c iò che, ad oggi , e non ci s i tac-ci ancora una vol ta di miope campani l ismo, può ben def inirs i una sensibi l i tà tut ta i ta l ia-na, che accomuna una generazione di ar t is t i che segue con or iginal i tà la s t rada maestra t racciata , è ormai più di un decennio, da intel l igenze al la Ie las i – anche per questo lavoro produt tore i l luminato – e Sciajno. In mezzo c’è Riccardo Dil lon Wanke, c las-se 1977, una famigl ia che deve avere nel proprio dna i l gene del la musicabuona - suo consanguineo i l g iovane diret tore d’orche-stra Ti to Ceccherini , o l t re a quel Francesco Dil lon di cui abbiamo recentemente par la-to . Lo s tudio del pianoforte , del l ’armonia, del la composizione. Poi la passione per i l jazz, la scoperta di un nuovo s t rumento, i l sassofono: uno dei pochi mezzi (ass ieme

zacH Hill – astrlogical stratis (iPecac, 12 agosto 2008)genere: posT-90Non ce l ’aspet tavamo un disco così dal la Ipecac. Non per sf iducia nel la label di Pat ton, ma per l ’ ident i tà precisa che s i è accaparrata , fa t ta di eredi tà noise novanta del l ’ul t ima ora . E invece Astrological Strai ts d i Zach Hil l è qualcosa di profondamente diverso. E s ì che nel la impres-s ionante l is ta dei nomi dei credi ts del disco compare gente come Chino Moreno dei Deftones, e soprat tut to Les Claypool a l basso; che Hil l era i l bat ter is ta (e co-fondatore) degl i Hella ( rappresentat i qui anche da Carson McWhirter e Josh Hil l ) , dal lo s t i le bat ter is t ico torrenziale quasi inconfondibi le ; cosa che nel l ’ul t ima t raccia (nonché t i t le- t rack) s i t raduce in un combo Hil l -Claypool da supersayan di terzo l ivel lo , che è tut to nel loro curr iculum. Se però r ipar t iamo dal l ’ inizio del disco ci accorgiamo che nei confront i del lo scorso decennio non c’è deferenza, anzi che questo album è decisamente dei duemila . Si sentono i Battles , in una loro vers ione molto malata e pirotecnica, in Iambic Strays ; e c’è anche una sor ta di techno virulenta , fa t ta di un s is tema di s incopi “suonate” non t roppo lontane dal la digi ta l hardcore, come una vers ione s intet ica dei Big Black (pensate a l la Plast ic Complexion d i Atomizer ) , e specialmente ci sono le rasoiate techno-mutant-wave di Von Lmo . è a quest’ul t imo, più che a un Reznor, che vogl iamo r i fer i re quei combat t iment i spazial i (Toll Road , peral t ro dis turbata dai car toon di Dan Deacon ) da cyberpunk pieno di anfetamine che sono abbondantemente sal i te in tes ta e s tanno per scende-re . La sbornia musicale di Zach Hil l comunica infat t i la f ine del lo sbal lo e le t t ro- t rash, ancora pieno di energia s intet ica ma in fase di spegnimento mentale; c i mostra un cervel lo obnubi la to dal la sua s tessa veloci tà di pensiero – a par t i re da quel la sua bat ter ia che non f inisce mai di cavalcare tempi velociss imi (Street People ) secondo una scuola (ecco i l perché del “quasi” di cui sopra) famil iare a Kevin Shea. E via con le metafore . Se i pel lerossa avessero i dent i d’amianto, mor-derebbero come Uhruru . Oppure, a l t ra f igura del l ’eccesso def ini t ivo, Astrological Strai ts c i sembra un baraccone che s ta per chiudere ma che per fare le ul t ime acrobazie r ischia l ’ernia a l disco – come se tut to s t ia per crol lare per aver preteso t roppo dal la s t rut tura archi te t tonica dei brani . Va in questa direzione l ’hard rock di Dark Art , p iena di col l is ioni s te l lar i da Man Or Astro Man . Ma i l p ia t to for te sono le miscele che dei duemila hanno la disinvol tura col ta , come i l melange Don Caballero-Si lver Apples che fa la base del la schizzat iss ima Keep Calm And Carry On , su cui Hil l r iesce a costruire una canzone t radizionale , con tanto di r i tornel lo . Zach s i aff ianca così a i Bat t les , come va a braccet to l ’eppì dei Pivot , ad al imentare quel gruzzolo di band che ci hanno fat to esal tare e par lare del gioco intel l igente post-novanta . Hil l può pers ino velocizzare i Royal Trux (Unseen Forces ) - e vedete che i l d iscorso sul l ’a l terazione neurale funzionava? E bravo Pat ton: l ’hai annaff ia to bene i l g iardino del la tua et ichet ta . Di acqua-più.(7.5/10 )g a s P a r e c a l i r i

hIghLIghT

Page 30: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

CE

NS

ION

I

SA 59

al le chi tarre , e le t t r ica ed acust ica , e ad una manciata di f ie ld recordings) di cui Ric-cardo abbisogna per assemblare un esordio sorprendente , pronto già da due anni , solo adesso l icenziato in 500 copie dal la lungi-mirante Sedimental . La tecnica composi t i -va di Dil lon Wanke è sparuta , essenziale: spesso semplice mappa geograf ica per un terreno greggio di natura improvvisat iva. Oltre a l la cura per la resa del suono nel lo spazio ( l ’ambient) , o l t re a l lavoro cer tosino su t imbro e colore ( la c lass ica contempora-nea) , c’è la s t ra tegia narrat iva del la re i te-razione, i l loop come elemento pr imario, la differenza e la r ipet iz ione ( i l minimalismo), i l montaggio del le scene, che dice di una sensibi l i tà non comune ( l ’e le t t roacust ica) . Un viaggio affascinante t ra spazi assolut i e deser t i ( lo scostante paesaggio sonoro ca-ves , quel lo c laustrofobico old man ) , sugge-st ivi miraggi folk ( i l raga jes t , la chi tarra avantfolk di join ) , sol i loqui di anime al l i -mite del l ’udibi le ( i lavori sugl i armonici di e ) . (7.5/10 )v i n c e n z o s a n t a r c a n g e l o

Dr. Dog – fate (Park tHe van, setteMBre 2008)genere: pop roCk

Forse per i l modo in cui Toby Leaman sa arro-chire la voce r ipetendo un t rucco da maestro di Paul McCartney (ascol ta te Hang On ) , o forse per la presenza di brani capaci di con-servare un’anima pop malgrado una s t rut tu-ra complessa, i l nuovo album dei Dr. Dog fa spesso venire in mente la musica dei Wings : Macca senza l ’ambizione e i l peso di essere uno dei Beatles , ma con la vogl ia di s tupire con pezzi come Let ‘Em In . Naturalmente i l gruppo di Fi ladelf ia mostra numerose al t re inf luenze, su tut te quel le del la Band – pale-se in 100 Years - e dei Byrds , nel le armonie vocal i e nel la capaci tà di andare a pescare in ogni angolo del la t radizione americana. I l r isul ta to di tant i padri i l lustr i è un sol ido album ( i l quinto, senza contare un paio di EP), fa t to di musica leggera a la Crowded House , con al legata l icenza di incupirs i . I Dr. Dog s i giocano le loro car te migl ior i per real izzare una sor ta di ambizioso concept sul dest ino e sul modo di affrontar lo . Alcune canzoni sono, per s tessa ammissione del la

band, ant i te t iche: lo s tesso personaggio che in Army Of Ancient assume un ruolo total-mente passivo di f ronte a l la sfor tuna, in The Ark s i dà da fare per cercare una soluzio-ne, r iuscendo a t rovare un senso al proprio fal l imento. è ident ico anche i l dest inata-

r io di un at tacco come The Rabbi t , The Rat And The Reindeer e di una canzone d’amore come From . Per tut to i l d isco s i ha la sensazione che i l gruppo s t ia a t t raversando un per iodo par t i -

colarmente fel ice in termini di creat ivi tà ; peccato che, malgrado la scr i t tura sempre buona, manchino canzoni di grande impat-to , capaci di rendere i l d isco indispensabi le . The Old Days , del iz iosa per l ’ intreccio di banjo e chi tarre , c i s i avvicina, ma fa r i f le t -tere i l fa t to che nel l ’a lbum non ci s ia niente così eff icace come la recente cover che i Dr. Dog hanno fat to di Heart I t Races degl i Architecture In Helsinki . (6.9/10 )P a o l o B a s s o t t i

Dusk + BlackDown – Margins Music (keysounD recorDings, agosto 2008) genere: expaT-sTreeTsTep

Se l ’eurof i l ia del dubstep ci fa pensare a un’involuzione imminente , in quest i mesi caldi sono moltepl ic i le usci te che segna-lano nuova creat ivi tà e smentiscono in par-te i l presunto decl ino del ‘genere’ def ini t i -vo del la Londra post-00. I l t i tolo di questa compilat ion ci introduce al la visuale del /dal margine, l ’angolazione per i fer ica del mondo anglofono. La tes t imonianza che ci propon-gono i due produt tor i è un concept basato su un viaggio al lucinante nei dintorni di Lon-dra, che esce dal tes to-disco e r icorda l ’ap-porto destabi l izzante dei narrator i indiani , pakis tani o non engl ish nat ive speakers sul-la le t teratura contemporanea inglese/occi-dentale ( t ra i molt iss imi Jumpa Lahiri e Vikram Seth , tanto per fare due nomi) . La s imil i tudine con la narrat iva non è un metro di le t tura boghese s legato dal l ’am-bi to musicale , anzi sono proprio Dusk e

Blackdown (al secolo Dan Frampton e Martin Clark ) che propongono questa con-nessione col tes to , vedi le note di copert ina e vedi una narrat ivi tà spinta negl i inser t t ra una canzone e l ’a l t ra e nel l ’ idea del con-cept . Insomma i l dubstep viene mescolato con i l bhangra paki /hindi /bal i , con atmosfe-re c ino/medioriental i e usato per narrare le commist ioni del la società di per i fer ia me-tropol i tana (mist iche in Kuri Pataka , t r ibal i in Rol l ing Raj Deep , post-minimal in dis/East ) . L’emergere del la c i t tà nascosta e di comunità che al calar del sole r i t rovano una social i tà da Zone Tempraneamente Autonome, come se lo spir i to del tempo venisse contaminato da vampir i che par lano l ingue e dialet t i sco-nosciut i , che entrano a far par te del l ’es te-t ica WASP: Limehouse, East London, Gre-en Street , Croydon e Wembley. Nomi che vengono mit izzat i e che vanno a costruire una s t rut tura di suono giovane, forse ancora incontaminato, che s i inser isce in una sce-na intessuta di Europa e di post-rave. Come i Clash o la Mano Negra avevano at t into idee da Kingston e da l idi inconsuet i per in-taccare i l suono s tant ìo del rock, anche qui s i scopre che lo sprawl può essere descr i t -to solo vivendo su piani divers i . Expat-dub sul la s t rada del successo.(6.6/10 )M a r c o B r a g g i o n

elePHant 9 – DoDovooDoo (rune graMMofon / gooDfellas, setteMBre 2008) genere: Jazz-roCk

Supergruppo made in Norvegia . Asset to a t re con tas t iere (Ståle Stor løkken dei Su-persi lent) , basso (Nikolai Ei ler tsen dei The

Nat ional Bank) e bat ter ia (Tor-s te in Lofthus dei Shining) . Un po-wer- t r io che suo-na come si deve. Musica retrò che pesca dai ’70 del Miles Davis e le t -t r ico e dal nerbo-ruto rock di Deep

Purple e Vani l la Fudge. L’at tacco di Dodo-voodoo è dis t i l la to Purple Mark II con aci-

do hammond e drumming cagnesco. Manca solo Ian Gil lan. I Cover The Mountain Top r imarca ancora s imil i metodiche ma i l ca-novaccio, vuoi anche per l ’ inconfondibi le tocco Supersi lent di Stor løkken, comincia a di la tars i in terre jazz-rock. Skink è una jam fur ibonda; Hymne quasi rammenta i Procol Harum. I l bel lo è nel f inale: Misdirect ion e Doctor Honoris Causa , una funkadel ica l ’a l -t ra jazz-rockis ta . La pr ima à la Headhunters (Herbie Hancock docet) la seconda davis ia-na come Pharaoh’s Dance. Stavol ta manca solo la t romba di Miles . Si termina con Di-rect ions , espl ic i ta a l lusione al le “Direct ions In Music” di…inut i le dir lo! Che i Mars Vol-ta prendano nota . Siamo nel nuovo secolo, ma non di te lo agl i Elephant9. (7.0/10 )g i a n n i a v e l l a

Helena esPvall & Masaki BatoH - self-titleD (Drag city, 22 luglio 2008)genere: foLk psyCh

Lei c i met te una pergamena magica e a l -lampanata , lui c i scr ive sopra con al lure vis ionaria scostante . Venendo ai det tagl i , la svedese Helena Espval l è la violoncel-l is ta e cantante degl i s ta tuni tensi Espers , mentre Masaki Batoh è chi tarr is ta e voca-l is t nei giapponesi Ghost . Le loro s t rade s i sono incrociate nel 2006, s i sono annusat i , hanno misurato i punt i di contat to , s i sono piaciut i . Assieme fanno un duo amalgamato con quel tanto d’ improbabi l i tà e forse anche d’ incompatibi l i tà che assicura la giusta dose di feel ing e f r iz ioni . Ed ecco quindi i l f rut to del la mischia di spore l isergiche da un’al-t ra dimensione: un incantevole e a t ra t t i in-quietante diver t icolo psych-folk, innestato su vetust i t radi t ional (quat t ro svedesi e uno f inlandese) , un anonimo medievale (Bici-nium ) , una del iz iosa ninna nanna moderna (composta dal la svedese Margi t Holmberg) e un ant ico blues di Son House ( la tesa De-ath Let ter ) . Quanto agl i or iginal i , t ra t tas i di t re l ibere improvvisazioni e di una t raccia per così dire “canonica” ( la t repida Zeranium ) che Batoh aveva composto per Damon & Nao-mi , da loro però mai ut i l izzata . A dir la tut ta l ’ impressione è che s iamo ancora ai prel i -minari , in un laborator io a lchemico dove azzardare vecchi intrugl i per inalarne sem-

Page 31: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

CE

NS

ION

I

SA 61

mai gl i eff luvi , scoprendol i inebriant i , me-smerici , ins idiosi , ma anche un po’ f ini a se s tess i ovvero aggrappat i ad una prevedibi le quanto fr iabi le solenni tà ( le f iabesche Jag Vet En Dej l ig Rosa e Kristal len Den Fina ) . I l megl io capi ta nel la del icatezza aerea del dialogo free t ra cel lo e chi tarra in Beneath Halo , sor ta di Fahey e tereo, e nel le der ive psych à la Ultimate Spinach del la già c i ta ta Death Let ter . Quanto al res to , t ra c incischi passat is t i a metà s t rada t ra Pentangle e west coast (Uti Vår Hage ) e tediose quanto interminabi-l i avanscoperte ambient (una Kyklopes che sdi l inquisce narcosi Penguin Café Orche-stra ) , sol le t ica un moderato interesse che solo a t ra t t i varca la sogl ia del l ’ i r r inuncia-bi le . (6.3 /10 )s t e f a n o s o l v e n t i

Helena esPvall & Masaki BatoH - self titleD (Drag city, 22 luglio 2008)genere: neo-TradionaL foLk, neo-psiChedeLia

Violoncel l is ta negl i Espers , Helena Espvall è una presenza costante a l l ’ interno del la scena psych-folk di Phi l ly (ha col laborato, t ra gl i a l t r i , con Fursaxa , Meg Baird , Shar-ron Kraus e The Valerie Project ) ed è ap-parsa recentemente in The Garden Of For-king Paths , compilat ion sper imentale per sol i cordofoni a cura di James Blackshaw . Ad un fest ival negl i Usa le viene presentato Masaki Batoh , voce, chi tarra e mente dei nipponici Ghost , da tempo mil i tant i su Drag City. Helena gl i spedirà un demo con del le r ivis i tazioni di t radional folk svedesi che hanno segnato la sua infanzia ( la Espvall è nata e cresciuta a nord del la penisola scandi-nava) e i due regis t reranno le sessioni del l ’ a lbum a Tokyo in poco più di quat t ro giorni . I l r isul ta to è un diamante grezzo solo per metà ( l ’ improvvisazione di dodici minut i di Kyklopes ) , d i cui l ’a l t ra è cost i tui ta dal l ’ imponente personal i tà del violoncel lo e dai piccol i magma acust ic i di Batoh ( i due ut-l izzano un’ inf ini tà di s t rumenti : chi tarra a sei e dodici corde, banjo, arpa, ghironda, c imbal i t ibetani , contrabbasso e molt i a l -t r i ) in cui gl i intars i armonici conducono l ’ ascol ta tore a Oriente (Kristal len Den Fina ) per r iportar lo a Occidente ( l ’ esoter ica Uti Var Hage ) a t t raverso la Via Del la Seta f ino

al Mar Bal t ico. Non mancano intermezzi di pura neo-psichedel ia (Beneath Halo ) o momenti sol i loquial i di Batoh (Zeranium , scr i t ta a suo tempo per Damon & Naomi e la cover di Death Let ter , c lass ico blues di Son House ) . Ma i l r isul ta to è eccelso quan-do entrambi giocano in casa, la Hespvall sul la fa lsa r iga del duo Sharron Kraus /Gil-l ian Chadwick e Batoh nel creare un effet-to di s t raniante famil iar i tà s imile a quel lo che gl i spet tacol i del lo shimpa, più di un secolo fa’ , dovevano generare in coloro che non conoscevano i l Kabuki . I l c l imax cul-mina nel la già c i ta ta improvvisazione del l ’ ul t ima t raccia , dove vengono toccate , con s incera e leganza, tut te le corde del l ’ animo

umano, come le famose maschere di Hanako immortalate da Auguste Rodin. (7.5/10 )f r a n c e s c a M a r o n g i u

everest - gHost notes (vaPor recorDs / aDa/cinraM logistics, 11 luglio 2008)genere: foLk roCk

Quintet to dal l ’area losangel ina al debut to , gl i Everest incarnano al megl io la disarman-te s i tuazione del folk rock oggidì , genere che più gira a t torno al le sol i te cose e più sembra non avere f ini to di dire c iò che ha da dire . Una t radizione che s i autoal imenta di passato mast icando brandel l i d i futuro, una progressione s t r isciante a l t r iment i det-ta a l t -country, se la cosa non vi sembra una

forzatura . Venendo al disco in quest ione, sgrana canzoni dal la cremosa inquietudine (Angry Storm ) e dal l ’amarognola a l legr ia (Reoloader ) , concedendosi a l t res ì cavalca-te acidule ( I See I t In Your Eyes ) e incant i indolenzi t i (Taking On The Future ) , con la consapevolezza e la dis invol tura di chi c’è nato in mezzo e forse anche per. Va da sé che i l programma potrà sembrarvi una parata di sapori not i , carosel lo di f ra-granze Pavement e Wilco , Ryan Adams e My Morning Jacket , Lou Barlow e Ell iott Smith , Radar Bros e Jayhawks , f ino a sf io-rare paterni tà più o meno ovvie come i l Neil Young dei sevent ies , i l Beck oppiaceo di Sea Changes e pers ino i l p iù f rugale Paul

one little Plane – until (track, 1 luglio 2008) genere: CanTauTroniCa Sia lodato i l buon Momus , quantunque non proponga un disco al l ’a l tezza del suo ta lento da oramai t roppe s tagioni . Sua nei tardi anni ’80 l ’ intuizione di accostare la cal l igraf ia di Leonard Cohen a sonori tà di s tampo elet t ronico, aggiornando in ta l modo la forma del la canzone d’au-tore preservandone lo spir i to . A lui s i deve di conseguenza in non piccola misura i l prol i ferare di songwri ters armadi di chi tarra e computer, quale più e quale meno con un piede saldo nel la t radizione e l ’a l t ro lanciato verso la prossima porta da aprire . Una fol ta schiera a l la quale s i aggiunge da oggi anche Kathryn Bint , americana del Midwest che ha t ras locato in Inghi l terra per t rovare un contrat to discograf ico e l ’adeguato supporto di Kieran Hebdan . La cui mano è faci le cogl iere nel la cura per gl i arrangiamenti , benché vada precisato quanto essa s ia sapiente-mente discreta , capace di tener conto del l ’or igine acust icamente folk del le composizioni . Non snatura , Mr. Fourtet , semmai integra e in ta l modo concorre a consegnare una del le più azzec-cate interazioni t ra passato e presente appl icate a l la forma canzone di questa pr ima metà d’anno. Tra sot t intesi , p iccole inquietudini e un universo poet ico intessuto di t rasognata quot idiani tà , One Li t t le Plane sembra difat t i chiar i re t raguardi e vocazione già nel l ’uno-due d’apertura di Rise e Nobody Out There , dove la moderni tà i r rompe fel icemente in un’Albione bucol ica e mister ica , salvo volgere più avant i lo sguardo al la psichedel ia inzuppata di raga or ientale Take Me Home . Pen-serest i a l lora di aver t rovato la chiave del rebus, tut tavia eccot i nel pieno di piacevol i sorprese: i l s ingolo Sunshine Kid e l ’a l legra Lotus Flower spediscono Solex e le Breeders in gi ta di piacere , laddove Make Of Me e la del icata , s t ruggente The Snai ls Are Out Tonight provengono da terr i tor i folk, puri e degni di Joni Mitchel l , a dispet to di un t imbro vocale teso a far cosa sola del le asper i tà di Krist in Hersh e del la mal iz ia di una giovane Rickie Lee Jones . Dato i l prof luvio di nomi e referenze, sarebbe a ogni buon conto errato r i tenere Unti l un esercizio di s t i le senza sostanza: a t i rare le f i la concorro-no una mano composi t iva br i l lante e la ferma volontà di fondere le diverse anime (che Hanne Hukkelberg abbia t rovato una ser ia antagonis ta?) . E’ c iò che accade negl i episodi di gran lunga più persuasivi di un lot to che non conosce cal i : una t i t le- t rack dal morbido, s inuoso incedere in punta di scampanel l i i ; Long Time Ago l iquida camminata nel la terra dei sogni . Her future looks br ight . (7.5/10 )g i a n c a r l o t u r r a

hIghLIghT

Page 32: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

CE

NS

ION

I

SA 63

Simon (ascol ta tevi Trees ) . Non dico che questo Ghost Notes v i cambierà la vi ta , del res to non credo r ientr i nel le sue intenzioni , che sono semmai di accompagnarvi morbi-damente lungo la s t rada, quals ias i essa s ia . I l mio consigl io è : lasciategl ie lo fare , a lme-no per un po’ . (6.6 /10 )s t e f a n o s o l v e n t i

five Dollar Priest – self titleD (Bang! /gooDfellas, 8 luglio 2008)genere: garage/noWave

Ci sono dischi che seguono con determina-zione uno scopo. A vol te , esso è una com-binazione t ra due s t i l i , due per iodi s tor ic i , due scene, che nel l ’operazione del l ’avvici-namento lasciano scoprire somigl ianze, di-vergenze, contraddizioni , sovrapposizioni .Immaginate ora di combinare i l garage più sporco col suono del la No New York, ol t re che del la “s to-r ica” New York tut ta . I l se l f t i t led dei Five Dollar Priest è questo. I l loro bigl ie t to da vis i ta con cui vi s t r ingono la mano e s i presen-tano è Fingered , un’esal tante jam “bi l ly” t ra i Con-torsions e Jon Spencer Blues Explosion . D’al t ronde un esame biograf ico del la band suggerisce già parecchio. Alla bat ter ia dei “cinque” compare Bob Bert dei Pussy Ga-lore , a l basso George Porf i r is dei Heroine Sheiks , mentre a l la voce c’è Ron Ward degl i infuocat i Speedball Baby (che qui sembra-no divampare di nuovo nel la pr ima t raccia Unti t led ) ; l ’es t razione, dunque, è tut ta new-yorkese, ma c’è di più, quasi a permetter-ci di chiudere i l cerchio, t ra gl i ospi t i del disco compaiono nientedimeno che James Chance a l sassofono, Jon Spencer a l there-min (spassoso i l loro duet to in Cunty Lou!! ) e Matt Verta Ray a l la chi tarra s l ide.Tut to secondo copione, insomma. Accade però ta lvol ta cer t i scopi sembrano ta lmen-te faci l i da prevedere e perseguire che poi s i r imane delusi . Per icolo sventato. In Five Dollar Priest si dà voce (spesso ur la) a l le

radici violente (e un poco disperate) del grezzume rock, del bi tume scuro pesto. In Bobby Chen ci sono gl i Stooges p iù ner i con un pizzico di r i tmica mutante . Gli accordi del la successiva Ghost Of Bob Ross sono f i -gl i tanto di Chance quanto di Arto Lindsay . Ci fa anche un po’ piacere sent i re anche un po’ degl i Zu nel la seconda Unti t led , pr ima che s i cavalchi i l Contors ions-pensiero; ma più di tut to c i fa aggrada i l fa t to che questo s impat ico proget to-r impatr ia ta non r imane esplosivo solo sul la car ta , ma detona nel le orecchie , for te e white-noiser. (7.3/10 )g a s P a r e c a l i r i

frencH cowBoy, tHe & lisa li-lunD-sHare Horses (Havalina recorDs)genere: Wave foLk

Altro che fugace reincarnazione dei Li t t le Rabbi ts : quest i cowboy francesi fanno sul ser io , cavalcano l ’acchi to con la f regola di chi ha covato per un pezzo l ’ ispirazione e f inalmente t rova i modi e le forme adat te a l la bisogna. Nel qui presente caso, arruo-lando la gent i le Lisa Li-Lund – svedese a dispet to del nome, sorel l ina dei t re Herman Dune – con la quale cospirano un folk wave t repido e insidioset to , roba t ipo gl i Yo La Tengo s t ra t tonat i Lali Puna e increspat i Calexico (vedi su tut te l ’ incalzante e setosa Asian Brides ) , azzeccando un impasto leg-gero e coinvolgente ass ieme, capace d’ in-t ra t tenere con sudente languore ( l ’ incedere minimal psych di Deserted Whale ) come di sbr igl iare sanguigna le redini ( la cavalcata euromex di End Of the Story ) o carezzare c inematica (una Stormy Weather che chia-ma in causa i l romanticismo dei migl ior i U2 anni novanta) , per poi r i leggere con asciut ta nonchalance i Depeche Mode d i Lit t le 15 .La sensual i tà differ i ta da suicide gir l reden-ta di Lisa s i spalma sul sound come miele nero (ascol ta tevela nel la sordida dolcezza di Room N°5 ) , ma i meri t i d i Pel legr ini e compagni non vanno cer to messi in secon-do piano (sent i tevi con quale dis invol tura calano la car ta Grandaddy in Timeless Me-lody ) , e a l la f ine se i l d isco convince è per la coesione t ra le par t i in gioco: scr i t tura arguta e appassionata , interpretazioni agi l i , un mix di coerenza ed eclet t ismo r ispet to ad un immaginario sempre e comunque barra

portante , col quale probabi lmente dovremo fare i cont i con sempre maggiore intensi tà , d’ora in poi . (7.2 /10 ) s t e f a n o s o l v e n t i

fuJiya & Miyagi – ligHtBulBs (full tiMe HoBBy recorDs, setteMBre 2008) genere: krauT-danCe

Come diciamo al t rove su queste pagine, la space-disco, a l la luce del l ’ul t imo i r idescen-te , inarr ivabi le Lindstrom, è a l suo snodo. Nel f i lone, Fuj iya & Miyagi rappresentano i l versante f r iendly, meno house e più legato al la forma canzone. Pop insomma. Escono a pochi giorni l ’uno dal l ’a l t ro con r ispet t ivi dischi , lo svedese e i l f into duo, e nessuna del le par t i in causa conosce i l nuovo ope-rato al t rui ; cosicché, mentre Where You Go I Go To amplif ica e censisce le volontà del suo autore (house e progressive rock in un unico corpo) par imenti fa Lightbulbs per Steve Lewis , David Best , Matt Hainsby e i l nuovo arr ivato Lee Adams. Le sol i te l inee guida, t ravasare c ioè kraut-rock in conte-s t i dancey e decisamente orecchiabi l i , oggi ancor più gravide di spessore con l ’ inaugu-rale Knickerbocker , in questo caso, a gio-care nel ruolo che fu di Ankle Injur ies la vol ta precedente , ovvero a r idosso dei Neu! . Ovviamente non è f ini ta qui , poiché anche Hundreds & Thousands e One Trick Pony r i -piegano dal le par t i d i Hal logal lo . Forse c’è meno Can del sol i to (anche se la t i t le- t rack pare esegui ta da Damo Suzuki) , ma di con-tro sf idiamo chiunque a non cant icchiare (e bal lare , e sal te l lare) i refrain di Pickpocket e Pterodactyls senza pensare a l nu-soul di Pharrel l Wil l iams. Si r innova l ’ innato ap-peal funk nel le energiche Sore Thumb , Rook To Queen’s Pawn Six e Pussyfoot ing ; e dopo cotanto groove, rafforzato da Uh che sban-cherà i parquet dancey di mezzo globo, c i s i gode la meri ta ta pausa nel la bal lad (con un mellotron palesemente King Crimson) Goo-sebumps . In sostanza, Lightbulbs è più furbo e meno space del precedente . Forse anche un tant ino infer iore (c i manca una Photocopier, giusto per…) ma è pur sempre l ’a l t ra faccia del la space-disco, ossia quel la dal r i tornel lo faci le e del la gioia eff imera. L’importante è appartenere a l la s tessa medagl ia . (7.0/10 )g i a n n i a v e l l a

giant sanD - Provisions (yeP roc, 3 setteMBre 2008)genere: foLk roCk

Come già faceva capire i l sorprendente prede-cessore Is Al l Over The Map (Thri l l Jockey, 2004) , i l g igante di sabbia s i è spostato ma non sfaldato, poggia su basi imponderabi l -mente t ransat lant iche (un piedone in Arizo-na e l ’a l t ro in Danimarca) e soprat tut to può contare sul la f rugal i tà sdruci ta , tanto più malferma quanto più sol ida del caro Howe Gelb. Che in questo ProVISIONS ( t i tolo dai molt i r isvol t i , su cui r i f le t tere un po’) ve-s te le proprie creature coi vest i t i buoni del “quasi-mainstream” come non accadeva dai tempi di Chore of Enchantment (Thri l l Jo-ckey, 2000) , a l punto che sembra di vederlo uscire dal lo sgabuzzino dei r impiant i di Re-turn to San Pedro (Ow Om, novembre 2007) per accomodarsi nel salot to con vis ta sul le t repidazioni di f ront iera , senza venir meno al t ipico, s tor to , inguaribi le dis incanto.I l segreto di questa formula sempre uguale a se s tessa eppure mai pr iva di senso e mo-t ivazioni , s ta - credo - nel la f iducia tanto più inf less ibi le quanto più apparentemente fragi le e fugace nel le potenzial i tà evocat ive del folk rock, cui Howe si aggrappa quasi fosse la sua int ima (e per icolante) torre di guardia sul le vicende del mondo. Ciò che lo fa sembrare i l custode di un tesoro pre-ziosiss imo ed eff imero, i l cui valore coin-cide col pigl io toccante e svagato da cugi-net to f reak di Lou Reed (sent i te l ’aspr igno s t ruggimento di Spiral e Out there , oppure lo sdrucciolare sonico di Worlds End State Park ) , la cui onnivora e indecifrabi le post-moderni tà precorre i recent i languori tex-mex targat i Lanegan/Campbell (non a caso c’è Isobel nel l ’ inquietudine sciropposa di Stranded Pearl ) , mantenendolo al t res ì debi-tamente a margine del la f in t roppo potabi le mulat t iera intrapresa dagl i ex-sodal i Cale-xico (nel le pure carezzevol i brume di Pitch & Sway , con l ’ incalzante Without A Word - a i cor i Neko Case - o t ra gl i s tacchet t i a lcol ic i di Can Do - ospi te i l pupi l lo M. Ward ) .E’ uomo generoso Gelb, prodigo di sorpre-se semplici ma genuine, capace di farcire l ’ impasto deser t ico con la mister iosa natu-ralezza di swing, blues , rumba, vaudevi l le e imprendibi le psichedel ia . Così come di

Page 33: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

CE

NS

ION

I

SA 65

recuperare una palpi tante The Desperate Kingdom Of Love dal l ’a lbum più controver-so di Pj Harvey , sviscerandone da par suo la cupa magia: ma gl i unici a sorprendersi davvero saranno quel l i che non conoscono abbastanza i l cantastor ie di Tucson. A co-storo vada la mia più accorata invidia , per c iò che ancora potranno scoprire e godere. (7.2 /10 )s t e f a n o s o l v e n t i

girl talk – feeD tHe aniMals (illegal art, 23 setteMBre 2008) genere: mash-up pop Prima c’era i l d j -mix, poi è arr ivato i l ba-s tard-pop dei 2 Many Dj’s (e di tant i pr ima e dopo di loro) ora è arr ivato i l momento di andare ol t re a questo fenomeno di mi-

scelazione, di r imescolamento del la nostra cul tura “mordi e fuggi” . Sostanzialmente i tempi moderni vivono sul la veloci tà e sul la necessi tà di fare più cose al lo s tesso tempo; la possibi l i tà quindi di condensare in brani da 4 minut i un qualcosa come 40 e più cam-pioni di canzoni più o meno da radio FM, anni’80 t rash, a l ternat ive anni ’90, brani da banda per matr imoni , eccetera , è s icu-ramente segno dei tempi che viviamo. Che questo processo poi possa nascondere una grande passione musicale a 360 gradi e una grande consapevolezza del fa t to che tut to può essere “mischiato” con tut to , diventa una consapevolezza patr imonio di tut t i . Noi ascol ta tor i in pr imis . I l deus ex machina del proget to è Gir l Talk aka Gregg Gil l is , un dj tut tofare di Pi t tsburgh venuto al la r ibal ta

con questo suo procedere già dal 2006 con i l celeberr imo Night Ripper . I l col lante che regge fra loro i var i campioni di canzoni più disparat i è una sol ida base hip hop con sva-r ia t i vocal is t di turno che hanno i l compito di contenere quel lo che al t r iment i sarebbe un prodot to f in t roppo frammentato. La car-ta vincente è infat t i l ’assoluta coesione fra i var i brani del disco, cosa che diventa s tu-pefacente notando come non ci s ia assolu-tamente problema a mixare un errebi anni ’60 con un post punk anni ’80 e poi sent i rc i un campione di Avri l Lavigne subi to dopo e non uscirne disgustat i . Nel l ’America che conta , quel la dove i par ty sono organizzat i da gente che la sa molto lunga, s i dice che gl i show di Gir l Talk s iano dei ver i propri event i a base adrenal inica in grado di unire

persone di cul tura e gust i separat i . Insomma una revis ione del la cul tura rave anni ’90 è racchiusa ora in questa piccola per la che ha più importanza dal punto di vis ta sociologi-co che non da quel lo pret tamente musicale . Volendo poi s i può pure giocare a cogl iere la c i tazione in quel brano piut tosto che in un al t ro o semplicemente scorrere la pagina wikipedia del l ’ar t is ta e notare chi c i è già impazzi to sopra per arr ivare ad una possibi-le scalet ta dei sampling. Evi tando l ’onere di c i tare un pezzo su al t r i , i l che francamente togl ierebbe senso al l ’operazione (dato che più di ogni a l t ro caso questo è un disco che necessi ta ascol t i complet i ) , r ibadisco che questo album è la prova eclatante che i no-st r i tempi sono fat t i d i r imast icamenti con-t inui e di innamoramenti is tantanei e brevi . Diver tente , musicalmente s t imolante , ol t re che ot t imo par ty cd est ivo, Feed The Ani-mals non è semplicemente un disco ma un segnale del la cul tura pop. (7.0/10 )a l e s s a n D r o g r a s s i

gonga – ii: transMigration (invaDa/gooDfellas, setteMBre 2008)genere: sToner-doom

A scorrere i r ingraziamenti a l l ’ interno del booklet di II: Transmigrat ion c i s i f igura la costel lazione di quest i 4 inglesi : Melvins , Electr ic Wizard, High On Fire , Earth e com-pagnia pesante sono gl i as t r i p iù (ehm) lu-cent i del l ’ inf ini to cosmo musicale nel quale s i muovono i Gonga. Un quartet to s tandard, composto da George Elgie (chi tarra) , Tho-mas Elgie (bat ter ia) , Peter Theobalds (bas-so) e Matt Wil l iams (voce) e proveniente non dal le lande del sud o dai boschi degl i States ma dal la perf ida Albione ( la pacif i -ca Bris tol , nel lo specif ico) . Cosa questa che per un cer to t ipo di suono s ignif ica Black Sabbath, ma anche Tool , che ovviamente inglesi non sono, ma rappresentano indub-biamente l ’a la più br i t ish del suono post-metal l ico, nonché uno dei nomi più intel l i -gibi l i d ie t ro la col t re densa e fumosa dei 9 pezzi del l ’a lbum. A far compagnia a l quartet to di Maynard, c i sono – più padri putat ivi che ver i e propri idol i da omaggiare – l ’accoppiata Kyuss/QOTSA per l ’amore per le di la tazioni in chiave s toner del blues dei pr imordi , e gl i

ParentHetical girls – entangleMents (toMlaB, 9 setteMBre 2008)genere: indie-opera

I l t rapezis ta esegue i l suo numero come parte del lo spet tacolo, ma nel lo s tesso tempo r ischia di cadere. Entanglements dei Parenthetical Girls è un disco che entra con coraggio nel mondo del l ’operet ta , del la composizione orchestrale , del la musica classica . Che guarda da lontano l ’ in-die da cui proviene, biograf icamente, e che però ha un senso compiuto, forse , solo nei confront i di , in opposizione a quel la sor ta di indie quasi-xiuxiuana e t rasognata che ha lasciato dietro di sé . Zac Pennington inchioda nel pentagramma del le melodie che sembrano uscire da un al t ro tempo, e r iesce a far lo con una lucidi tà t ravest i ta da levi tà che ne previene la spocchia , l ’arro-ganza, o la brut ta f igura. Matt Carlson, for te del la sua formazione classica , dipinge at torno a quegl i andir ivieni di note un’orchestrazione classica – o a vol te bandis t ica (Unmentionables ) , in un caso nutr i ta pers ino di un clavicembalo (Young Eucharis ts ) - che neanche per un at t imo r i -sul ta grossolana. Tut to fa par te del mondo nuovo che i Parenthet ical Gir ls s i sono costrui t i , e da cui sono s ta t i immediatamente – e per icolosamente, va det to – assorbi t i . E se questo disco può t ranqui l lamente candidars i come uno degl i a lbum del l ’anno è perché ci r ivela , di quel mondo, una naturalezza disarmante, come se i PG avessero fat to questo da sempre. I l p igl io dei dolci f ia t i - peral t ro quasi percussivi , nel t rot to che sostengono - di A Song For El l ie Greenwich non ha sbavature , cresce con la voce di Zac, fa una pausa, res t i tuisce una narrazione pul i ta , operis t ica , in una parola - la parola - teatrale . E questa è ancora musica popolare , senza dubbio. Conduce l ’ascol ta tore nel l ’ immedesimazio-ne con la complessi tà degl i umori (Abandoning , Windmil ls Of Your Minds ) dei personaggi che t rovano posto nel le canzoni . Qualcosa manca, r ispet to a Safe As Houses . Non c’è più i l t remolio nel la voce di Zac, che s i concede al l ’esclusivo com-pi to di eseguire la sua par te nel la commedia; non c’è più quel la ambigui tà (nei tes t i , nel contrasto t ra sfr igol i i dei synth e glockenspiel) che nel disco passato facevano annusare profumi sensual i . Un’operazione senza dubbio sopra le r ighe, cer to . Ma per eseguir la sono s ta te cal ibrate quel le inf ini tes imal i r inunce che garant iscono l ’equi l ibr io , in a l to , sot to i l tendone, davant i a l pubbl ico, pagante , che applaude. (7.5/10 )g a s P a r e c a l i r i

hIghLIghT

Page 34: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

CE

NS

ION

I

SA 67

Alice in Chains per le a tmosfere vocal i me-lodicamente paranoiche. Fratel l i d i sangue di Crippled Black Phoenix (ovvero Mogwai + Electr ic Wizard) e pubbl icat i dal la Invada di Geoff Barrow dei Port ishead, i quat t ro sfoderano un comeback di tut to r ispet to per suoni , produzione e r isul ta t i specialmen-te come quando r iescono (SandStorm ) ad evadere da quel la che è la pecca maggiore del l ’a lbum: non smarcars i mai , c ioè, da un ci tazionismo evidente e referente . I l passo è , forse , ancora incer to , ma la via è t racciata . (6.5/10 )s t e f a n o P i f f e r i

gotye – like Drawing BlooD (lucky nuMBer, 19 agosto 2008)genere: pop aduLTo

Like Drawing Blood d i Gotye , r is tampa di un cd usci to nel 2006 per la Creat ive Vibes, par te bene; dopo la breve intro che dà i l t i -tolo al disco ci svegl ia subi to un funk bian-co che sfocia in una specie di dr i l l da sa-lot to buono, val ido accompagnatore di una melodia vocale e terea e un po’ languida. Ma è un’impressione che presto scompare, la-sciando i l posto a un easy l is tening adul to e sof is t icato (già da Hearts A Mess ) , iperpro-dot to e f igl io dei suoi tant i padri a t tempat i , da David Sylvian a Peter Gabriel , a l l ’ul t imo St ing. Eppure ci avvisano le note di coper-t ina che questo disco è s ta to creato da Wal-ly De Backer ( la persona dietro al moniker Gotye) in var ie camere da le t to a t torno a Melbourne. In Like Drawing Blood non emerge però la dimensione home-made – né tantomeno i l d iy – che potrebbe veicolare questo mes-saggio, ma l ’occhio sornione e ammiccante di queste canzoni da s tanza da le t to , quel le di case con piccole cucine, piccol i soggior-ni , e un impianto hi-f i nel la bed-room, ap-punto, per addormentars i con la musica e le più consone at t ivi tà var ie ed eventual i . è da accennare nel lo spazio di un tappeto scen-di le t to i l tango di Coming Back , o i l soul post-motown di Learnal i lgivinanlovin . è da ascol tare nel bagno di servizio l ì d i f ianco, a l mat t ino, l ’ r ’n’b di Thanks For Your Time . Purtroppo tanto “adul t ismo” sembra un poco s tonare se appl icato al dub d’antan; quando i l basso profondo s i ac-

compagna dal le melodie e teree di cui sopra (Puzzle With A Piece Missing ) , s i r ischia di dare la vera buona not te ; fa megl io Seven Hours With A Backseat Driver , p iù i ronica del la t raccia precedente , quindi essenzial-mente in grado di andare ol t re l ’accusa di essere un soff io di destrezza e nul la più. Ce la fa , come tut to i l d isco, per un soff io , per un pelo. (6.5/10 )g a s P a r e c a l i r i

griDlink – aMBer gray (HyDra HeaD / gooDfellas, 17 giugno 2008) genere: grind revivaL

Probabi lmente dietro l ’esordio degl i Ha-yaino Daisuki s i nascondeva la r inasci ta

del gr ind s tor i -co anni novanta , e a prendere i l c lamoroso abba-gl io s iamo stat i noi , piut tosto che la Hydra Head. La s tessa Hydra Head che dà al le s tampe l ’esor-dio dei Gridlink ,

nuova creatura di Jon Cheng, leader e fon-datore di uno degl i act indimenticat i del la s tagione d’oro del gr ind e del lo screamo – i Discordance Axis – e voce anche in Ha-yaino Daisuki . Oltre a f rontman, chi tarr is ta (Takafumi Matsubara dei Mortal ized ) ed et ichet ta i due gruppi condividono una pas-s ione viscerale per la cul tura giapponese e per la le t teratura sci- f i nonché, ovviamente, una cer ta , intransigente , a t t i tudine musica-le . Anche Amber Gray è un fur ioso – e f re t -toloso: nemmeno dodici minut i per undici t racce – tour de force di veloci tà e violen-za. Lontani da cadute di s t i le ki tsch che r iscon-travamo in Hyaino Daisuki , i GridLink ese-guono un gr ind iper- tecnico guidato dal la chi tarra di Matsubara, da ur la high-pi tched e bat ter ia indiavolata , per brani che in un minuto o poco più s i premurano di compen-diare in maniera assai precisa i bel lo e i l brut to – le f is ime e i t ic nervosi - di un ge-nere che forse avevamo dato t roppo presto per spacciato.(6.8/10 )v i n c e n z o s a n t a r c a n g e l o

steve gunn – sunDowner (Digitalis, setteMBre 2008) genere: foLk

Avevamo fat to la conoscenza di Steve Gunn nel col le t t ivo GHQ , ins ieme a Marcia Bas-set e Pete Nolan. In quel la formazione la mano di Gunn sal ta sempre al l ’orecchio per-ché car ica ogni composizione, anche quel la più s labbrata e sper imentale , di un’arcano e rust ico/acust ico l i r ismo, fosse anche solo per una par te di chi tarra abbozzata e lascia-ta a mezz’ar ia . Sundowner è i l suo disco d’esordio dopo un ep omonimo pubbl ica-to l ’anno scorso in pochiss ime copie e r i -s tampato quest’anno da Abandon Ship pro-pr io sul la scia di questo debut to . Diciamo pure che Gunn è l ’ul t imo lonesome gui tar man che s i presenta con un album di r i t ra t t i acust ic i r iempito con i sol i t i r icordi . Nel la sua musica s i notano le impronte dis t int ive del c lass ico Takoma sound. Nel suo sangue scorrono le s tesse t radizioni di John Fahey e Sandy Bull . Eppure c’è qualcosa che lo differenzia da tut t i g l i a l t r i s t r impel la tor i contemporanei del la sei corde, che al le s tes-se t radizioni s i ispirano. Gli unici che mi sembrano assimilabi l i a l suo s t i le sono Il -yas Ahmed e Rick Tomlison (Voice of the Seven Woods) , forse per l ’umore d’or ien-te che s i ammanta sul le scale e gl i arpeggi e per un non narcis is t ico uso del la tecnica, ma Steve r iesce a suonare ancora personale e dis t into. Non ha paura di usare la voce e i r isul ta t i migl ior i l i raggiunge proprio quan-do canta le sue tenui e leggermente inquiete bal lads da crooner. For the horse, Etc . , Mo-ney Train Blues e la cover di John Martyn che chiude i l d isco, Over The Hil l , sono in-fat t i g l i episodi più convincent i . Una voce calda e a l tempo s tesso lunare e una capaci-ta di scenograf ia s t rumentale non da poco. Steve è l ’uomo giusto da ascol tare mentre c i s i abbandona su una zat tera a l la der iva in un f iume nel profondo sud degl i States , con la luna al ta in c ie lo e gl i animali not turni che t i osservano dal bosco. (7.5/10 ) a n t o n e l l o c o M u n a l e

Hacker, tHe – x (Pias / self, setteMBre 2008) genere: Live TeChno minimaL 10 anni di a t t ivi tà per Michel Amato . E la

recensione potrebbe pure f inire qui . Perché di minimal s i par la , quando c’è di mezzo i l DJ di Grenoble . I l doppio cofanet to cont iene un CD mixato per l ’occasione e un DVD che spara un l ive senza piat t i , tu t to interamen-te suonato , un documentar io con intervis te a DJ Hell , Miss Kitt in , Oxia e a l t r i pezzi cul to: la consacrazione di un personaggio che ha t rasformato la techno di Detroi t (con le inf luenze del migl ior Jeff Mil ls ) , abbas-sando la bat tuta e inserendo nostalgl ia 80 a palate s ia dal lo s tudio teor ico (Kraftwerk ovviamente) che dal l ’e lectro-pop da palco (Depeche Mode , Duran Duran e molt i a l -t r i ) . I l ragazzo che arr iva dal la cameret ta underground al c lub facendo esplodere i l cul to Kit t in , annunciandosi come padrino del f rench touch ancor pr ima che potessimo immaginare cosa sarebbe poi /oggi succes-so con Ed Banger, Just ice e compagnia bel-la . Un precursore, una macchina da s ingol i , che in questa raccol ta r isal ta per la proposta compatta , quasi d’antan, ma che ha in sé idee che spaccano per la coerenza e lo s t i le . Non solo la col laborazione con la gat ta , ma an-che i remix e le serate con Kiko, Alexander Robotnik e David Caretta. 10 anni passano in f re t ta . Molt i s i crogiolano al l ’apice del successo. Qualcuno invece ha una missione: The Hacker uno dei pochi santoni con molte cose da dire . Può piacere o meno, ma s iamo (piacevolmente per chi scr ive) ‘costret t i ’ a met ter lo nel gotha del panorama musicale e le t t ronico. Lunga vi ta , Michel . (7.2/10 )M a r c o B r a g g i o n

Harvey Milk – life...tHe Best gaMe in town (HyDra HeaD / gooDfellas, setteMBre 2008) genere: sLudge doom meTaL

Un poster degl i Iron Maiden (s i è proprio l ’Eddie di Kil lers ) è appeso malamente ad una parete . Questa la copert ina del nuovo disco degl i Harvey Milk, da intendersi a l lo s tesso tempo s ia come commento i ronico s ia come omaggio r ispet toso verso i l proprio genere di r i fer imento: l ’heavy metal . Un approccio che assume connotat i ben precis i con un disco come questo a segnare un po’ i l r i torno del la sfor tunata band di Athens in pompa magna ( l ’e t ichet ta nuova è di quel le blasonate per questo genere di suoni : Hydra

Page 35: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

CE

NS

ION

I

SA 69

Head) e l ’ennesimo cambio di pel le con i l r iusci t iss imo innesto in formazione di Joe Preston di Melvins e Thrones . Death Goes To The Winner apre subi to i l d isco al la loro maniera lavorando alcuni t imidi accenni blues in un t r i tacarne doom dagl i eviden-t i r i f less i sabbathiani . Alt rove i l d iscorso assume connotat i più diret tamente s ludge (Decades , Skul l Sock and Rope Shoes ) con alcune r iusci t iss ime incursioni in terr i tor i più hardcore (After Al l I ’ve Done For You, This Is How You Repay Me? , We Destroy the Family , Barnburner ) . L’arcigna chi tarra di Preston ha gioco faci le nel dare i l g iusto pigl io acido a molt i degl i imbuti doom dei brani ed è i l vero segno del cambiamento o del l ’evoluzione cont inua di questa band. Non f i la tut to l iscio però. Lasciano un po’ perplessi gl i e lementi più classici e pro-gressivi che appesant iscono non di poco i l d isco. Si vedano i brani più confusi e incer t i

come Roses o la f inale Goodbye Blues che s i t rascina s tanca per t roppo tempo. Rispet-to a l precedente Special Whishes g l i Har-vey Milk sono tornat i a graff iare e hanno fat to un bel passo in avant i , ma c’è ancora da lavorare non poco per tornare a i fas t i dei pr imi due dischi . (6.7/10 ) a n t o n e l l o c o M u n a l e

i Heart lung – interoceans (astHMatic kitty, setteMBre 2008)genere: drone-Jazz-noise

Come conci l iare i l “qui ed ora” del l ’ im-provvisazione l ibera e i l fascino del r ipen-samento, del la medi tazione a-poster ior i , ins i to , in musica, nel la post produzione? I l chi tarr is ta cal i forniano Chris Schlarb e i l bat ter is ta Tom Steck un’idea ce l ’hanno e i l proget to I Heart Lung ne è la r iprova. Un col le t t ivo messo in piei già quat t ro anni fa , ma che solo ora , dopo quasi quat t ro anni di

a t t ivi tà l ive, arr iva al la sua pr ima produ-zione discograf ica . Interoceans è i l f rut to di anni di sper imentazione improvvisat iva, durante i qual i i due musicis t i hanno mes-so in campo idee musical i che sono s ta te successivamente elaborate in s tudio, appro-dando ad un album che è i l r i f lesso chiaro e fedele del lavoro che ne ha accompagna-to la creazione. L’interesse per i l jazz nel le sue forme più l ibere e la propensione per a tmosfere vicine al la drone music , t rovano qui una s intesi or iginale e avvincente , me-scolando feedback rumoris t i , s t rumenti acu-st ic i (c lar inet to , percussioni , t romba, basso acust ico) e tnici ( i l s i tar di Nels Cl ine) ed elet t ronici (pedal s teel gui tar, chi tarra e le t -t r ica e f ie ld recordings) . Le soluzioni sono moltepl ic i e var ie : tappet i di suoni tenut i sui qual i gl i a l t r i s t rumenti improvvisano, dialogando t ra loro o s t ra t i f icandosi in in-tervent i successivi ( Interoceans I ) ; r i tmi

percussivi dal sapore indiano che fanno da sfondo agl i arpeggi di una chi tarra acust ica e sfumano in una scia e le t t ronica ( Intero-ceans IV ) ; f igure s t rumental i es temporanee che emergono con le loro carat ter is t iche immaginif iche da regis t razioni ambiental i o intermezzi t rombet t is t ic i davis iani ( Intero-ceans II ) che sembrano la vers ione drone di Bitches Brew . Un disco in cui perders i sen-za la necessi tà di r i t rovarsi , esplorando tut t i i paesaggi nei qual i è data la possibi l i tà di immergersi . La vers ione più dolce del noise che s i s ia mai ascol ta ta . (7.2/10 )D a n i e l e f o l l e r o

inina gaP - tHe enD of reD (autoMat, luglio 2008)genere: eLeCTro/pop/roCk

Secondo lavoro lungo per questo quintet to austr iaco, undici t racce al l ’ insegna del con-sueto pop-rock elet t ronico azzardando però s t rut ture più complesse, dai vaghi re t rogu-st i prog proiet ta t i nel ventre generoso del la wave, un po’ l ’onda lunga Fripp & Sylvian oppure se prefer i te l ’Hammill p iù potabi-le . Resta però un approccio sostanzialmente catchy i l loro, voci setose, tas t iere pastel lo , chi tarre aspr igne e r i tmiche dinoccolate , in-somma snocciolano una weltanschaaung del “s i può uscire vivi dagl i anni ot tanta” che pr ima t i avvince con morbidezza poi r ivela intr igant i s t ra t i f icazioni , per la cui def ini-zione i pezzi tendono a di la tars i spesso e volent ier i ben ol t re i canonici c inque minu-t i . In questo The End Of The Red - t i to lo scevro di connotazioni pol i t iche, c i tengono a sot tol ineare - lo fanno al megl io , ovve-ro spacciando synth-funk come caramell ine colorate (Mill ion $ B.L. ) , c iondolando t ra soff ic i languori e spasmi nervosi (Summer ) , d is impegnandosi t ra brume t rafelate come nipot ini brackbeat di Moroder (Hahee II ) , f r iz ionando melodie a l lampanate Eno con l ’arguzia dei più cinguet tant i Sugarcu-bes (The 80´s & A Sal t lakeswim ) , f inendo a rot ta di col lo nel l ’apprensione volat i le di Paris che è anche i l p iù credibi le pon-te get ta to lungo i l programma tra nostalgie e ight ies (una pozione radioat t iva Kim Wil-de , M.A.R.R.S. e Depeche Mode ) e re t ro-futur ismi warpiani . I di fet t i sono quel l i g ià not i : un approccio f is iologicamente blando

DaviD vanDervelDe – waiting for tHe sunrise (secretly canaDian, setteMBre 2008)genere: roCk’n’roLL

Nei r ingraziamenti del suo mini a lbum di debut to , The Moonstat ion House Band , del 2007, Da-vid Vandervelde scr iveva candidamente: “ ispirato dai c lass ic i del rock”. Più che ispirato pareva addir i t tura c lonato, per la precis ione dal glor ioso s tampo di Marc Bolan , a l quale assomigl iava perfet tamente nel le due t racce migl ior i , Jacket e Nothing No . In questo nuovo lavoro i r i fer iment i cambiano, seppure s i r imane coi piedi ben saldi negl i anni ’70. Troviamo infat t i i l g iovane musicis ta di Chicago al le prese non con i l g lam, ma con i l sof t rock e la scr i t tura dei cantautor i west coast di quegl i anni (un po’ come ha di recente fa t to Jason Collett ) . L’epoca è r icostrui ta in ogni det tagl io , pers ino nel la copert ina, che r icrea l ’a tmosfera domest ica di cer te cover di Carole King . Stavol ta Vandervelde non fa tut to da solo, lasciando suonare qualcosa anche ai Lickedy Splitz , la band che lo ha accompagnato in tour nel l ’ul t imo anno. Scordatevi comunque un suono l ive, Wait ing For The Sunrise è un disco orgogl iosamente “di s tudio”, dominato dal la personal i tà del suo autore/produt tore .I l la to A (Vandervelde sarebbe l ie to di sapere che pensiamo al suo cd come se fosse un 33 gir i ) è solare , accogl iente , con t iepidi mid-tempo prodot t i con cura maniacale . La scr i t tura è buona (ot t ima in I Wil l Be Fine e Hit The Road ) ed è un pia-cere perders i nei det tagl i , specialmente nel le sovrapposizioni del le voci , nei r iverber i , del icatezze degne di cer te prove dei 10CC . Nel la to B esce al lo scoperto l ’ambizione che s i faceva s t rada anche in fondo al precedente lavoro, e t roviamo brani più oscuri , che culminano nel la lunga coda s t rumentale di Lyin’in Bed . Viene da pensare che Vandevelde s i espr ima al megl io soprat tut to come produt tore: i l pr imo punto di r i fer imento che balza al la mente è i l Lindsey Buckingham d i Tusk , con la sua capaci tà di far coesis tere una moltepl ic i tà di s t rumenti e voci different i , mantenendo però i suoni pul i t i e dis t int i , e lasciando sempre soccombere i l rumore al la melodia . (7.4/10 )P a o l o B a s s o t t i

hIghLIghT

Page 36: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

CE

NS

ION

I

SA 71

anche quando le t rame sembrano reclama-re più mistero (Ess ) e cat t iver ia (Fairtrade , The World ) , ovvero la faci l i tà di cer te melo-die viene r ibadi ta da interpretazioni piut to-s to convenzional i e non bastano espedient i & preziosismi di arrangiamento a redimerle (vedi i l caso di Elephant o del la pur lan-guida Tree ) . Un gioco f in t roppo scoperto e innocuo quindi , che però sa carezzare con acume. Così è , se vi pare . (6.6 /10 )s t e f a n o s o l v e n t i

Jaguar love – take Me to tHe sea (MataDor, 19 agosto 2008)genere: arT-punk

Due terzi dei disciol t i Blood Brothers e un terzo dei Pret ty Gir ls Make Graves fanno i l terzet to Jaguar Love. Nel lo specif ico la voce, Johnny Whitney, e la chi tarra , Cody Votolato, dei pr imi e la bat ter ia , Jay Clark, dei secondi . Art-punk in the vein dei gruppi or iginar i , nul la di più. Anzi a dir la tut ta un senso quasi di fas t idiosa r iproposizione di un suono estremo, ur la to , spigoloso com’era quel lo dei Blood Brothers a t tento però a l i -mare i fas t idi , g l i ur t i , le asper i tà . Quanto quel l i erano fur iosi e sregolat i , quest i sono ammiccant i e pul i t i . Non è che puntano t rop-po al le copert ine? Chissà , di cer to c’è che giocando coi nomi i f ra te l l i non r isorgono dal le tombe perciò f i le under : fotocopie di se s tess i . (5.0/10 )s t e f a n o P i f f e r i

DaMien JuraDo - caugHt in tHe trees (secretly canaDian, 9 setteMBre 2008)genere: foLk roCk

E sono nove t i tol i per i l buon Damien Jurado, i l quar to per Secret ly Canadian questo Cau-ght In The Trees . Disco che va al sodo con passione e dis invol tura , lasciando intendere un’ispirazione che sf ida l ’usura degl i anni (ne sono passat i undici dal l ’esordio sol is ta) , in vir tù di una tes tardaggine ammirevole di f ronte a l la quale tocca arrendersi e accet tare di buon grado l ’opera s t ruggente di questo inguaribi le discepolo di r iconoscibi l iss imi padri , opportunamente lasciat i macerare in una poet ica subdolamente psych, i l languidi-ta di r icercatezze cameris t iche e suggest ioni neo-ghot ic grazie soprat tut to a l contr ibuto del la violoncel l is ta e vocal is t Jenna Con-

rad, che assieme a Eric Fisher (chi tarra e tas t iere) cost i tuisce i l Damien Jurado Trio. Resta insomma quel senso di der ivazione incarni ta , per cui di ogni pezzo puoi indica-re senza indugio l ’ascendente , a l ternandol i non saprei se a mo’ di blando depis taggio o per una s t ra tegia emotiva ben pre-cisa . Fat to s ta che Sheets sembra i Counting Crows l iof i l izzat i da Songs: Ohia , Gil-l ian Was A Horse r i lascia gravi tà e sbr igl ia tezza lun-go la diret t r ice Willard Grant Conspiracy -Wilco , Best Dress procede tor-va e solenne come un Oldham v i taminizzato da afror i deser t ic i , Trials palpi ta in obl iquo t ra apprensioni Ell iott Smith e Low , ecce-tera . Però, ecco, c i sono f ior di pezzi come Go First (bal la ta folk-pop pressoché perfet-ta , la canzone che t ’ immagini scr iverebbe-ro Jason Molina e Mark Linkous dopo una serata t rascorsa a medi tare sul le occasioni perdute) , Everything Trying ( la dolcezza e l ’abbandono che sono mancat i a l Vedder d i Into The Wild ) e soprat tut to Last Rights , una del le migl ior i ( re) incarnazioni El l iot t Smith mai udi te (dolcemente innervata Nick Drake ) . E’ grazie a quest i episodi che la lama affonda di quel mezzo cent imetro in più che non dà scampo. E’ grazie a l la mi-sura accorata del l ’ insieme che questo disco f inisce dr i t to t ra le cose preziose regalateci dal l ’anno in corso. (7.3 /10 ) s t e f a n o s o l v e n t i

king Darves – tHe sun sPlits for…tHe BlinD swiMMer (De stJil, setteMBre 2008)genere: foLk

PuMice – quo (soft aBuse, luglio 2008)genere: noise-foLk Lo-fi

Un Michael Gira più bar i tonale e meno apocal i t t ico, questo barbuto ragazzet to del midwest che s i cela dietro i l moniker King Darves. Uno che al pr imo (ben dis t r ibui to) disco in sol i tudine neanche-tanto-rumorosa

s i permette i l lusso di essere e levato da sua fr ikket t i tudine Jul ian Cope al rango di “bar-do astrale” . The Sun Spl i ts For… in real tà non è che s ia molto rumoroso, tanto meno astrale . è un disco di puro folk, s t rani to e deviante quanto s i vuole , con punte di indo-lenza piut tosto accentuate , ma sempre e solo di folk s i t ra t ta . Chi tarra e voce profonda, in def ini t iva, che s i propongono come al ter ego di f reakerie folk or iented al la Wooden Wand o Woods nel loro procedere sommessamente verso la t rance. Di cer to c’è che i l d i t t ico iniziale (Oh I’ve Come A Ragin’ Sun /All in My Sleep ) è di quel l i memorabi l i : a tmosfe-ra greve, voce cavernosa, inf lussi or iental i , t r ibal ismi marzial i ; ma anche che i l d isco non è tut to sul la s tessa l inea. (6.5/10 )Di tut t ’a l t ra pasta i l r i torno a s t re t to giro di posta di Stefan Nevi l le a .k .a . Pumice. Quo infat t i segue a ruota l ’acclamato Pebbles , usci to poco tempo addietro sempre su Soft Abuse e non fa che confermare appieno le dot i di questo sol i tar io chi tarr is ta uso a mi-schiare (non in par t i ugual i ) umori psych, fumi lo-f i e grezzume noise . Sarà i l fascino oscuro ed esot ico del la Nuova Zelanda più out mista a l la weirdness a l l imite del l ’ iso-lazionismo del t iz io , ma le s t rut ture anoma-le del le sue folker ie assor t i te (World With Worms prende in prest i to una f isarmonica) , le progressioni monche e l ’ incedere claudican-te (Fort è una ipotesi di garage-folk ubria-co) , la melanconia psychedel ica di base…sarà i l crooning insol i to (Pebbles s f iora ter-r i tor i Sic Alps) o lo s t r impel l io sfasato da f ingerpicking in disarmo (Sick Bay Duvet ) ; sarà la recrudescenza wave paranoico con-densata in Whole Hoof e Heavy Punter o gl i spars i inser t i ora noise , ora folk, ora t ipica-mente al la Pumice… insomma, sarà quel che sarà ma Quo è un disco che rende l ’ idea del percorso di “normalizzazione” intrapreso da Nevi l le e che, det to fuori dai dent i , s ta t ran-qui l lamente una spanna sopra molte usci te s imil i . (7.0/10 )s t e f a n o P i f f e r i

seun kuti anD egyPt 80 – Many tHings (tout ou tarD / gooDfellas, agosto 2008) genere: afro-beaT

Siamo cer t i che da lassù Fela Kuti , a lme-no musicalmente, non ha di che lamentars i .

L’afro-beat gode di ot t ima salute e di un me-r i ta to r ispolvero: le compilat ion sul genere s t rabordano, i s incer i epigoni non mancano e le prol i lo onorano. Seun Kuti , par iment i i l f ra te l lo Femi, r iprende i l d iscorso del co-tanto padre. Dest ini s imil i (e madri diverse) quel l i dei due Anikulapo, legat i s ì dal nobi le pedigree come nel la mil i tanza negl i Egypt 80, ma mentre i l maggiore , Femi, ha poi pre-fer i to i Posi t ive Force, i l g iovane Seun ha deciso di r ipar t i re proprio da l ì , dal l ’ul t ima band capi tanata dal padre. Dunque Egypt 80 al completo, con tanto di mamma Moturayo ai cor i . Da par te sua, Seun spiega sudore, groove e proclami (“Problemi del l ’Afr ica , t roppi per par larne, t roppi per essere r isol-t i , ma io devo par larne, devo sconfiggerl i” ,

canta in African Problems ) a l la par i del geni to-re , augurandoci nessuna r i tors io-ne f is ica . Ha una voce spessa, f ia-to a iosa (suo an-che i l sax al to) e l ’ intesa col grup-po è totale , qua-si commovente .

Fire Dance , e logio al la femmini l i tà afr ica-na, come t i tolo suggerisce è una ver t iginosa danza rovente; Mosquito Song tocca i l de-l icato problema del la malar ia , Na Oil inve-ce quel lo dei t raff ic i petrol i fer i in Nigeria; Many Things se la prende col governo afr i -cano. Tut te r ivendicano r ispet to . Inut i le di lun-garsi musicalmente, vis to che par l iamo del r i tmo che, secondo Brian Eno, insieme al motorik dei Neu! e i l funk di James Brown è i l p iù importante dei ‘70. Sul la schiena del vent ic inquenne Seun domina un ta tuaggio: Fela Lives . è vero. (8.0/10 ) g i a n n i a v e l l a

la stanza – strani ruMori (autoProDotto, 2008)genere: noise-roCk aLL’iTaLiana

Avevate nostalgia dei vecchi Marlene Kuntz? Vi manca i l buon vecchio noise rock di una decina di anni fa , Massimo Volume e compagnia cantante? Niente paura, c’è an-

Page 37: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

CE

NS

ION

I

SA 73

cora qualcuno che prova a mantenere al ta la bandiera di un passato che, a dire la ver i tà , e considerando i l panorama musicale nostra-no, è sempre più remoto che prossimo. Ci provano. E qualche vol ta c i r iescono pure, i t re bolognesi che quat t ro anni fa hanno dato vi ta a La Stanza. Dal le note biograf iche apprendiamo che s i t ra t ta del loro secondo album, se s i eccet tua la “psichopera” rock Servi Del Globo , e che i loro esordi sono molto legat i a local i s tor ic i del capoluogo bolognese come i l Covo. I loro r i fer iment i non lasciano spazio a dubbi , è i l r isul ta to che lascia un po’ a desiderare . Lunga vi ta a l l ’autoproduzione, di cui giustamente i l t r io va molto f iero, ma spesso ciò non basta a garant i re un’autonomia dagl i s tereot ipi che Giorgio Nesci , Fabio Mario Bernardino e Michele Piazzi non dimostrano di avere . Strani Rumori è un album adrenal inico, ur-la to , uno sfogo tut to improntato su un sound noise-rock un po’ naif e , come s i diceva, ab-bastanza prevedibi le nei suoi r i ff da “muro del suono” e una voce che prova a tut t i i cost i ad assomigl iare a quel la di Crist iano Godano . La s t rut tura esplosiva dei pezzi , uni ta a te-s t i pseudo-esis tenzial is t i e ad un cantato che esprime la sensibi l i tà di un eroinoma-ne, r ipropone quasi sempre lo s tesso sche-ma, fa t ta eccezione per i quasi dieci minut i di Pazzo, annaff ia ta da spruzzat ine di psi-chedel ia noise . Saranno anche s t rani quest i rumori , ma non fanno cer to sal tare dal la se-dia . (5.2/10 )D a n i e l e f o l l e r o

lau nau – nukkuu (fonal / locust, luglio 2008) genere: free foLk

Non potrebbe esserci un contrasto più net-to , che t ra le temperature torr ide di questa es ta te duemilaot to e i congelat i costrut t i folk di Lau Nau e del suo secondo disco. Al secolo Laura Naukkarinen, Lau Nau è una del le femme fatale del la scena forest folk made in Finlandia , quel la che ha r ichiama-to più vis ibi l i tà insieme ad Islaja e che ha lasciato t racce di se in un numero notevole di formazioni del luogo (Kii la , Päivänsäde, the Anaksimandros, Avarus) guadagnando-si un cer to credi to con i l d isco d’esordio

di t re anni or sono, Kuutarha . Lanciato da un video esemplif icat ivo al massimo per i l brano Painovoimaa, Valoa , d i re t to da Sami Sänpäkki lä , del la Fonal Records, Nukkuu cont inua l i dove i l predecessore s i interrom-peva cont inuando in modo ancora più aperto ed evidente , ad elaborare un canone quanto mai personale , di folk nordico. Lau Nau gioca con la neve e gl i inverni come una creatura del la t radizione, un po’ fa ta ta fa i ry dei boschi , un po’ s t rega del le nevi . Carat ter izzato da una s t rumentazione

naive e spar tana, dove gl i arpeg-gi improvvisat i sembrano sempre sul punto di cr i -s ta l l izzars i per sempre, Nukkuu (che in f innico s i -gnif ica “sonno”) è in prat ica una raccol ta di ninna nanne int ime per

bai te e focolar i , su cui hanno cer tamente in-f lui to s ia l ’essers i t rasfer i ta a vivere nel la provincia rurale s ia i l fa t to di aver avuto un f igl io . La maggioranza del le composizio-ni sembra infat t i che s ia nata nei momenti in cui i l p iccolo dormiva e Laura sot tovoce abbozzava t imide nenie e bisbigl iant i melo-die . Da ciò s i comprende la quieta e int ima ar ia che s i respira t ra quest i brani , nel la maggio-ranza dei casi arcani girotondi come Ruusu-suu o Maapahkinapuu . Sempre sul punto di essere sopraffat t i dal la mal inconia come nel la nenia a due passi dal pianto di Rubiini lasia o da un inquieto t imo-re di madre verso l ’ ignoto come nel l ’umo-re opprimente del gel ido nord, nel le sem-bianze quasi onomatopeiche del la spet t ra le Jouhet . Con questo lavoro Lau Nau compie un po’ i l percorso inverso di Is la ja , che nel suo ul t imo lavoro aveva vest i to panni di donna vagheggiando la c i t tà . Lau Nau, di contro, dal la metropol i tana Hels inki s i spinge anco-ra più dentro al la foresta , a l selvaggio, con un neppure tanto vago senso di herzoghiana der iva nel le terr i del nord. (7.5/10 ) a n t o n e l l o c o M u n a l e

DoMinique leone – self titleD (strøMlanD, luglio 2008) genere: pop

Artwork pop e la musica pure. Dominique Leone e i l pop. Dominique Leone è pop. Con quel cognome che fa tanto paisà , i l No-stro, che al contrar io vanta or igini texane, ha l ’onere di inaugurare i l catalogo del la nuova label di Hans-Peter Lindstrom e Joa-kim Haugland (già capoccia del la Small town Supersound) , la Strømland, pubbl icando un past iche ar ty s t rabi l iante .Un nome che circola , per i p iù dis t ra t t i , dal 2007 al lorché la sua Conversat ional com-pare nel LateNightTales f i rmato Lindstrom insieme, t ra i tant i , a Sly & The Family Sto-ne e Gina X Performance. C’era anche Todd

Rundgren nel la t rackl is t . Uno scherzo del dest ino, dal mo-mento che Le-one personif ica i l Rundgren più agi ta to come nes-suno oggigiorno - Arial Pink ad esempio può s ta-re a l suo posto -

f i l t rando, come capi tava nel sempreverde A Wizard, A True Star, più generi in un solo calderone. I l fu Nazz r ivive in quel la voce (Goodbye è e loquente) adagiata su basi po-l icrome (Claire , S im e la magnet ica Blis t : se non fossimo sicuri di noi s tess i , g iurerem-mo che t ra t tas i proprio di Rundgren) e pa-lesemente Beach Boys-iane (Left , The Other Lef t sembra la Do I t Again di 20/20 suonata a 45 gir i ) , e anche quando la mater ia , i l pop tout court , s i d isgrega in f ra t tagl ie prog ol-t remodo caot iche, The Return , non può che venir in mente la Todd Rundgren’s Utopia band. Ha ta lento nel l ’addolcire i modi ( la c i ta ta e del icata bal lad Conversat ional ) , ma non-dimeno ama martor iar l i ( i l noisy à la Bore-doms di Kaine ) o denigrar l i manco fosse un nuovo Jason Forrest (Tension , Nous Tombons Dans El le ) . Poi però scior ina una Duyen che manda a memoria gl i Xtc di Skylarking - c ioè quel l i prodot t i proprio da Rundgren - e i l cerchio s i chiude.

I l nuovo pop ha t rovato una vera s te l la . (8.0/10 )g i a n n i a v e l l a

lexie Mountain Boys, tHe – tHe lexie Mountain Boys’ sacreD vacation (carPark, setteMBre 2008)genere: improvvisazioni a CappeLLa

Nelle loro performance, le cinque ragazze di Baltimora che compongono le Lexie Mountain Boys si presentano con delle barbe finte e delle scritte sul corpo, dedicandosi a atti in-sensati quali sfilare in processione con le se-die sulla testa, erigere piramidi umane o di-pingere arcobaleni coi capelli. Evidentemente continua a esistere un pubblico entusiastica-mente pagante per questo tipo di provocazio-ne all’ingrosso, che personalmente trovo più noioso della fila alla posta. Lexie Macchi e le altre hanno ora deciso di realizzare un in-tero album che possa rappresentare l’aspetto sonoro delle loro esibizioni. Sacred Vacation è fatto di quaranta interminabili minuti, nei quali le Lexie improvvisano, rigorosamente senza nessuno strumento di accompagnamen-to, una serie di urla, versi d’animali, vocine e vocioni, battendo le mani e i piedi in li-bertà. Al meglio – se un meglio esiste in un tale disastro – pare di ascoltare delle bambine ubriache che giocano a saltare la corda. Su Internet c’è chi parla di avanguardia, di Dada, di musica ispirata e eccitante. Il rumore delle Lexie non è niente di tutto ciò, è solo una pre-sa in giro saccente e arrogante. Non si tratta nemmeno di gridare che il re è nudo, stavolta a stare con le chiappe al vento è il buffone di corte, nessuno dovrebbe imbarazzarsi nel farlo notare. Qualcuno le accosta agli Animal Collective . Il paragone è possibile se pensia-mo alle finalità (stupire e stordire con cre-ando un mondo infantile e ossessivo), ma è assolutamente improponibile se ci riferiamo a tutto il resto. Qualche anno fa presi parte a un concerto del gruppo di Avey Tare e Panda Bear: fu stupefacente, un’ora di rumore pre-potente e ispirato capace di dare vita un uni-verso di suoni allo stesso tempo accogliente e soffocante. Gli Animal Collective sono degli artisti di talento. Le Lexie musicalmente non sono niente, e il loro album, insultante, insop-portabile, non vale proprio niente. (0,3/10)P a o l o B a s s o t t i

Page 38: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

CE

NS

ION

I

SA 75

linDstrøM – wHere you go i go to (sMalltown suPersounD- feeDelity / faMily affair, 19 agosto 2008) genere: spaCe-disCo

La space-disco al suo snodo. D’ora in avan-t i s i par lerà di un pr ima e dopo Where You Go I Go To. Un classico, i l d isco manifesto che racchiude un intero genere. La r isposta a chi vi chiederà, oggi o domani , cosa s i intende per space-disco nel terzo mil lennio. Lindstrøm, chi a l t r i sennò. Lui l ’uomo, egl i l ’ar tef ice . Se la r ide sul la cover promozio-nale del lavoro, sapendo d’averla combinata grossa. è maestosa. Opera monstre non solo per lo s ta tus che la vest i rà ma anche per la s tazza, la mole spessa e c i rcoscr i t ta in t re t racce par i , in apparenza, ad un Ep ma nel la sostanza t ra t tas i di vero ful l le ight . La t i t le-t rack apre. Avanza in assolvenza, i r radiando l ’a tmosfera con un crescendo paragonabi le agl i is tant i che dividono l ’a lba dal sorgere di un sole es t ivo. Allusioni quartomondiste (Jon Hassel l ) incontrano t r ibal i pulsazio-ni kraute ( i l Klaus Schulze di Blackdance) e non s iamo che al l ’ inizio. Appena varcat i

i se i pr imi di durata e la bat ter ia disegna un quadrato uptempo tocca, s ignori miei , abbandonarsi a l l ’eden. Nei res tant i vent i -quat t ro pare di sent i re un orchestra cosmi-ca: percussioni , basso, chi tarra , synth. Un cl imax perpetuo rasente i l p iù nobi le del ki tsch, arr icchi to dal campione di Superna-ture (Cerrone) che s ta a l gioco ma non fa i l g ioco e da un andir ivieni emozionale dove l ’appeal balear ic abbraccia f reakerie prog-gy al tezza Gong.Non avesse fat to a l t ro , i l t rentacinquenne di Stavanger, gl i bastereb-be la sola Where You Go I Go To a segna-lar lo t ra i producer essenzial i del nuovo se-colo, ma i l p layer segnala a l t re due t racce. Grand Ideas sembra sospesa a mezz’ar ia , con quel groove post-Ashra. Ha i l compito di t raghet tare . The Long Way Home , posata su di un enfat ica chi tarra , bivacca in un pe-cul iare l imbo t ra Manuel Göttsching e cer ta ambient-house di pr imi ’90. L’ideale epi lo-go. C’è tut to: c l imax, s tas i e controcl imax. Cos’al t ro chiedere? Siamo spet ta tor i di una nuova era , ra l legr iamocene. (8.0/10 )g i a n n i a v e l l a

Maluco – rigHt tiMe (karaoke kalk / wiDe, 16 setteMBre 2008)genere: dub eno-iano

è diff ic i le lavorare espl ic i tamente su una cer ta maniera di curare la produzione, su cer t i s t ra t i d i ambient d’antan, senza fare i cont i con cer te f igure ingombrant i . In par-t icolare una, che fu uno s tudente bizzarro, suonava i synth con una grande band nei pr imi Set tanta e appena fat to un al t ro di-sco con David Byrne. I l t r io Bri to-Bucci-Loderbauer, c ioè i Maluco , sembrano avere nei confront i del rapporto t ra lavoro pro-dut t ivo e composi t ivo più di un elemento di accordo con Brian Eno . Ma non è solo una quest ione estet ica; è l ’autore di Am-bient One ad avercelo insegnato. è una sen-sazione che cresce con al t i e bassi in tut to i l d isco, quel la sensazione che poi monta e fa sent i re un sorr idere dietro i baff i del dis tacco – pr ima di tut to dal l ’eroismo del musicis ta ; una impressione che però par te da zero – senza creare grosse aspet ta t ive - nel dub ambientale di Doped , in real tà un po’ manier is ta e acerbo nel suo prendersi un

po’ sul ser io . Pazienza, dato che Right Time passa subi to a l le melodie proprio al la Eno di Before And After Science (Dreamer ) e s i concede al l ’ i ronia sof is t icata di Evandro , che permette a i Pink Floyd p iù Gilmourosi di Atom Heart Mother d i fare una s ies ta , ancora una vol ta , su una base dub. è forse i l genere dal basso profondo per eccel lenza la chiave anche di questo disco; è la perdi ta di banal i tà con cui a esso i Maluco s i r i fe-r iscono (Right Time ) la car t ina al tornasole del la cresci ta , palpabi le in sole ot to t racce, del t r io . I l culmine è quando l ’ascol ta tore s i r i t rova sul le proprie labbra lo s tesso sorr iso a cui s i accennava, nel momento in cui a l la f ine del l ’a lbum egl i r iconosce una cover di The River , indovinate di chi? – di Brian Eno, naturalmente, nel l ’occorrenza precisa in abbinamento a John Cale – a l t ra f igura che avrebbe da annuire a r iguardo. Da una tecnica del corpo a una s imilare , facciamo su e giù con la tes ta pure noi , quanto meno per seguire i l passo lento di Sam . Con le labbra che quasi scoprono i dent i , sot to i baff i . (6.7/10 )g a s P a r e c a l i r i

Mercury rev - snowflake MiDnigHt (v2, 29 setteMBre 2008)genere: eLeCTro psyCh

Non sono propriamente una band prol i f ica , i Mercury Rev: appena set te a lbum in sedi-ci anni di carr iera . Stupisce quindi che Do-nahue e soci se ne escano con due lavori nuovi in contemporanea. Ma at tenzione che sot to c’è i l t rucco. Infat t i , se i l qui presente Snowflake Midnight sarà commercial izzato secondo i canal i consuet i , l ’a l t ro - Stran-ge Attractor - verrà reso disponibi le in f ree download a par t i re dal medesimo giorno di usci ta . In a t tesa di valutare la ( inevi tabi-le) complementar i tà t ra le due opere - che in a l t r i tempi magari sarebbero s ta te una - regis t r iamo le interessant i novi tà che ci propone la scalet ta del cd - per così dire - “f is ico”. Tenetevi for te : s i t ra t ta di una svol ta spet tacolare che s i prende car ico del reper tor io passato proiet tandolo in un oggi sfolgorante , carosel lo di favol is t iche vis io-ni proiet ta te sul l ’agra cor t ina fumogena da un cineoperatore robot . In un cer to senso, la soundtrack di Hel lo Blackbird (V2, 17 ot to-

volcano! – PaPerwork (leaf, 7 setteMBre 2008)genere: free-roCk

è un bot to i l r i torno del t r io americano. Sempre mater ia cangiantemente dopo-rock come al l ’epoca di Beautiful Seizure ma for temente più a fuoco. Come se i due anni passat i fossero servi t i a focal izzare l ’a t tenzione su una mater ia sfuggente e in divenire o a far maturare quel le intuizioni che potevano sembrare f igl ie di uno s ta to di pura incoscienza giovani le . Undici pezzi assai ar t icolat i e sper icolat i , come da previs ione. Come alchimist i del post rock Aaron With, Mark Cartwright e Sam Scranton sono ancora capaci di mischiare – in dosi , a noi poveri mortal i , ignote – rock, indie-pop, noise , inser t i d i e le t t ronica, improvvisazione con-trol la ta e quant’al t ro con un gusto par t icolare per la teatral i tà ( la voce di With su tut to) e una tangibi le predi lezione per le s t rut ture aper te e cerebral i . è musica da cervel lo , quel la dei vol-cano! Ma non autoindulgente o compiaciuta . Tanto meno cervel lot ica . è musica che possiede sempre la sferzante spinta muscolare del rock come dimostra la bat ter ia massiccia di Scranton; ma anche i l contor to appeal del la r icerca intesa come fusione/elaborazione del noto in chiave nuova (gl i interplay s t rumental i , le r i f razioni umoral i , i t ravasi s t i l is t ic i effet tuat i con imbarazzante nonchalance) . Tut to come nel l ’esordio? Apparentemente s ì . Ma la sensazio-ne di fondo è quel la di una piena coscienza del l ’agire . Del bi lanciare suoni ed umori , inquietudini e naturale is t into al la sper imentazione. Di fare r icerca in un ambito in cui spesso ci s i cul la sul già det to e già sent i to senza dimenticare che i l rock è anche tentare di far crol lare impalcature vecchie . (8.0/10 )s t e f a n o P i f f e r i

hIghLIghT

Page 39: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

CE

NS

ION

I

SA 77

bre 2006) c i ant ic ipava questo r i torno al la dimensione f i lmica, puramente immagina-t iva e meno narrat iva, che carat ter izzò gl i a lbori mercuriani esondando nei pr imi s t ra-tosfer ic i lavori , non a caso incis i su pel l ico-la 35mm. In al t re parole , Snowflake sembra l ’a lbum perduto t ra Yerself Is Steam e Boces , recuperato al la luce del la ben nota f regola ul t rapop e r ivi ta l izzato in un bagno elet t ro-l i t ico hi- tech che è i l vero e proprio scar to s t i l is t ico con la precedente produzione. A meno che non s i vogl ia prendere in consi-derazione la discograf ia del la band “paral-le la” Flaming Lips - anel lo di congiunzione Mr. Dave Fridmann, presente come al sol i -to in veste di coprodut tore - a l cui Yoshimi Batt les The Pink Robot r imandano le s t ra t i f icazioni vetrose e i bat-t i t i s intet ic i che s t rut turano que-ste nove t racce. Emblematica in ta l senso Butter-f ly’s Wings , che nel la fa tamor-gana psychopop futur is ta t rova anche i l modo di spandere un r i ffe t t ino di tas t iera sul punto di c i tare la soundtrack di X-Fi les . Altrove t ’ imbat t i in un del i r io di apparizioni Depeche Mode impastate con del i r i beat les iani (Runaway Raindrop ) , s t ravis ioni sventagl ia te su feb-bri l i t rame breakbeat (Dream Of A Young Girl As A Flower ) , epifanie olograf iche a base di coret t i Sigur Ròs e motorik Kraf-twerk (Senses On Fire ) , acidi tà affranta come dei Notwist sventrat i da spasmi freak (Faraway For Cars ) . Imponent i e impetuosi , r iescono a far col lassare un passato beach-boysiano, f loydiano e addir i t tura cr imso-niano in un ipotet ico presente ( le s tupende Snowflake In A Hot World e People Are So Unpredictable ) , come un r i f lusso post-psy-ch sul la spuma tossica del suono-macchina, quest’ul t imo essendo l ’unico codice in gra-do di rappresentare organicamente una real-tà invasa anzi pervasa ad ogni l ivel lo - nar-rat ivo, mitologico, spir i tuale , morale - dal le neodinamiche del la tecnologia . Capi ta così che i l p ianto di un bambino t rasf iguri nel le

sembianze di una esot ica tas t ier ina Brian Eno , mentre l ’aff la to orchestrale e i lucci-chi i del la s l ide covano sot to la s iderale pat i -na cyber: accade nel la conclusiva A Squirrel And I (Holding On. . .And Then Let t ing Go) , che s i spegne lasciandoci con un vago senso di incompiutezza, cui chiederemo immediata compensazione al l ’addivenente Strange At-t ractor. Intanto, abbiamo di che ral legrarci : i Mercury Rev sono tornat i piacevolmente, romanticamente, i r res is t ibi lmente progres-s iv i . (7.6 /10 )s t e f a n o s o l v e n t i

MigHty DiaMonDs – inna De yarD (MakasounD / faMily affair, ottoBre 2008) genere: rooTs-reggae

Prosegue con dei beni nomi l ’operazione del l ’e t ichet ta t ransalpina Makasound Inna De Yard . A beneficio di smemorat i e dis t ra t -t i , r icordiamo che s i t ra t ta di una sor ta di “unplugged” in r i lassato s t i le giamaicano, i l cui intento è r icondurre questa musica al le proprie ant iche or igini , spogl iando-la non solo del l ’e le t t r ic i tà ma soprat tut to del l ’e le t t ronica che ha impazzato nel l ’ul t i -mo decennio e più. Dopo anni di “dance-hal l” , sessismo e glor i f icazione del la ma-lavi ta pare c i s ia vogl ia , sul l ’ isola , di un r i torno al le radici e a i valor i che unif icaro-no. Non possiamo che gioirne e applaudire . Signif icat ivo dunque che, dopo aver chia-mato in causa Junior Marvin , Earl Chin-na Smith e Linval Thompson , nel giardino dietro casa s iano ora protagonis t i i Mighty Diamonds, t r io vocale come tant i s i ispirò a f ine anni Sessanta a i gruppi soul america-ni - Country Living , successone del le c las-s i f iche local i , apparteneva agl i Styl ist ics - per adat tarne tecnica e s t i le a l la bat tuta in levare , a brani robustamente melodici che mettevano sul piat to argomentazioni social i e pol i t iche senza scadere nel lo s loganismo. “Siamo tut t i cresciut i a Trenchtown. Erava-mo l ì la not te , suonando chi tarre e cantan-do. Così c i s iamo resi conto di portare la nostra musica verso un pubbl ico.” dichiara Lloyd Ferguson , che s i dichiara coi compa-gni Fitzroy Simpson e Donald Shaw anco-ra in possesso di buona forma nonostante i decenni . Le r ispet t ive ugole s i incrociano e

r incorrono su un f i t to tappeto percussivo in perfet to s t i le “nyabinghi” , ipnot iche in Bo-dyguard , t r ibal i nel la schierata Poor Marcus Garvey , v ibrant i e innodiche nel l ’ int imo di 4.000 Years , suadent i per la dondolante I Need A Roof , adeguatamente elegiache con Have Mercy . Questo i l per imetro entro cui s i muove l ’universo sonoro qui compendia-to , dunque i l neofi ta vi s i accost i sereno, giacché i l desider io di approfondire sarà consequenziale: L’esperto, a l contrar io , s i ra l legrerà nel r iscoprire i Diamanti affat to copert i di polvere . (6.8 /10 )g i a n c a r l o t u r r a

MilosH – iii (!k7 / kizMaiaz, 26 agosto 2008)genere: eLeTTroniCa-r’n’b

I l discorso è sempre lo s tesso; c’è chi par le-rà del sof is t icato romanticismo di I I I , terzo album di Milosh, c i tando la raff inatezza e i l tocco ta lentuoso di una elet t ronica che ac-compagna pensier i piacevol i , che quantome-no r i lassa , no?; e c’è chi vedrà i l tu t to come susseguirs i di “momenti sbadigl io”, come fra l ’a l t ro noi di SA si diceva anche del-le precedent i due prove del canadese. I I I di fa t to è completamente annegato (o cul la to , a seconda) nel lento e acquoso r ’n’b elet t ro-nico di cui l ’autore s i è fa t to già da un po’ portavoce. In a lcuni casi (Gent le Samui) la del icatezza, sposata a l la voce pul i ta e ul-t ramelodica di Mike, fa chiudere gl i occhi solo per sognare – magari quel la s tessa iso-la di Koh Samui, in Tai landia , dove s i dice che questo disco s ia s ta to regis t ra to nel la sua interezza. E, sapendolo, ta le r i fer imento geograf ico costante è forse la cosa migl iore del disco, perché r imane in tes ta – magari durante un’estate senza vacanze vere - , s i fa immagine costante ed esot ica , con quel sole e quel mare che solo ci s i immagina; r iscal-da come un pensiero può fare l ’e le t t ronica model lo Telefon Tel Aviv che Milosh ci pro-pone. A questo proposi to , non dimentichia-moci che i l mixing del l ’a lbum è s ta to curato proprio da Josh Eust is dei TTA.Rimangono comunque i due pesi e le due mi-sure . O meglio, una f igura da Gestal theorie che a seconda di come la s i guarda, dr i t ta o capovol ta , appare bel la o brut ta . Senza pre-tendere di sapere da che par te s ta i l verso

giusto, soprat tut to senza essere t roppo ma-nichei , noi propendiamo per un giudizio non t roppo esal ta to; non vogl iamo dire annoiato (con Hold My Breath l ’ascol to s i r isvegl ia un poco) , ma quasi . (5 .5/10)g a s P a r e c a l i r i

Minox & lyDia luncH – u turn (suite inc./auDiogloBe, setteMBre 2008) genere: posT Wave Non più dar la per improbabi le una col labo-razione t ra i toscani Minox e Lydia Lunch. Per molt i motivi , non ul t imo i l mondo sem-pre più piccolo e un naturale r iconoscers i “a pel le” t ra chi s i possiede come spina dorsale la sper imentazione sonora non s legata dal-la canzone. Per tanto, se qualcuno vi era nel Belpaese di adat to a incontrare la newyor-chese, erano senza dubbio quest i miscono-sciut i e poco for tunat i Tuxedomoon d is loca-t i sul le r ive del l ’Arno. Una mezz’ora densa di spunt i , questa , che recupera un poker di brani precedentemente edi t i in t i ra tura l imi-ta ta aggiungendovi due bonus: impossibi le la scel ta t ra le vers ioni di U Turn , arazzo mi-s ter ioso d’elet t ronica e reci ta t ivi umbrat i l i proposto da angolazioni impalpabi l i , p iega-to dentro der ive cameris t iche e inf ine con-cesso a s larghi dub. Bel la anche Subdevi l , in cui Lydia s i integra senza s t rafare a uno sfondo in bi l ico t ra Rachel’s e colonna so-nora vir tuale “noir”; meno convincente ,Arp 2001 , volo di cosmici tà krauta appesant i to dal declamare del la Lunch per un’idea vice-versa repl icata più fel icemente nel l ’a lgida pagina degna di Blade Runner Cobalt . Un pezzo d’I ta l ia che in ogni caso r ischia , e per questo ci piace. (6.8/10 )g i a n c a r l o t u r r a

Mogwai – tHe Hawk is Hawling (MataDor, 22 setteMBre 2008) genere: mogWai

Non sai mai cosa aspet tar t i , da un nuovo la-voro degl i scozzesi Mogwai . La copert ina, ad esempio, su qual i tonal i tà di colore in-dugerà s tavol ta? I t i tol i t radiranno quel l ’a t -teggiamento da cazzoni br i t ish che l i con-traddis t ingue s in dagl i esordi? Si avrà cura di c i tare più o meno velatamente i Black Sabbath? E i l merchandise? Non vorrai mica una magliet ta con quel tes tone d’aqui-

Page 40: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

CE

NS

ION

I

SA 79

la… C’è del la faci le i ronia , ma c’è anche del vero, nel la nostra affermazione d’aper-tura . Assodato ormai che i l suono Mogwai è un marchio di fabbrica – un monoli te inscal-f ibi le né, tantomeno, sogget to a mutamento – divenuto l ’affaire Mogwai una quest ione di s ta to , l ’a la-cre verve cr i t ica di es t imator i e s tampa special iz-zata – gl i a l t r i , v ivaddio, vivran-no bene ugual-mente – non può che eserci tars i a l ivel lo micro-scopico. Riguar-do The Hawk Is Hawling , ad esempio, s i potrebbe, t ra l ’a l t ro , afferma-re: 1) che con un brano epico come I ’m Jim Morrison, I ’m Dead , e con quei suoni l ì - a proposi to: pianoforte ed elet t ronica confer-mati pr imat tor i - , i Mogwai possono aspi-rare a divenire una vol ta per tut te i degni eredi dei Godspeed You! Black Emperor , o l t re che dei Mogwai s tess i ; 2) che forse , ma questo è solo un parere t ra i tant i , i Mog-wai hanno f ini to una vol ta per tut te di sper i -mentare con la voce e hanno r ipreso invece a scr ivere composizioni mediamente piuto-s to lunghe; 3) che i l metal viene ci ta to solo di s t r iscio (Batcave ) , e che, forse , sarebbe bene che i Mogwai la f inissero una vol ta per tut te di c i tare i l metal perché per ogni brano metal che scr ivono nascono dieci band post-metal-post-hardcore-post-mogwai; 4) che, lo s i affermi a chiare le t tere una vol ta per tut te , la scr i t tura dei Mogwai ha raggiunto un l ivel lo qual i ta t ivo al t iss imo (e l ’appeal marcatamente pop spesso preponderante va-lenza ambientale dei brani è un al t ro fa t to degno di nota) ; una scr i t tura che tanto più s i fa inimitabi le quanto più diviene s imi-le a sé s tessa , su sé s tessa accar tocciandosi (se lo met tano in tes ta , le band post-metal-post-hardcore-post-mogwai)…Si potrebbe cont inuare al l ’ inf ini to , e in questo senso è proprio vero che non sai mai cosa aspet tar t i da un nuovo lavoro degl i scozzesi Mogwai . Che un giornal is ta a cui s i domandi che ge-nere di musica facciano i Mogwai s ia im-

possibi l i ta to a r ispondere diversamente che “mogwai”. Forse s ta qua i l senso di ogni nuova usci ta degl i scozzesi . (6.8/10 )v i n c e n z o s a n t a r c a n g e l o

nico MuHly – MotHertongue (BeDrooM coMMunity, 2008)genere: ConTemporanea Ha solo vent isei anni Nico Muhly, ma già la carr iera di un composi tore affermato. Figl io del nuovo mil lennio, Muhly ha s tudiato al la Jui l lard School con John Corigl iano (pre-mio Pul i tzer come composi tore) , già lavora-to con musicis t i del cal ibro di Phil ip Glass e , come arrangiatore , vanta col laborazioni con nomi piut tosto not i nel l ’ambito del la popular music , t ra i qual i vale la pena di c i -tare a lmeno: Will Oldham , Antony Hegar-ty e Bonnie “Prince” Bil ly ( in The Let t ing Go ) . Questo suo s tare cont inuamente in bi-l ico t ra ambito popular e composizione spe-r imentale c i r icorda molto un suo coetaneo, Dave Longstreth , noto ai più come Dirty Projectors . Così come per Longstreth, le scel te composi t ive di Muhly at t ingono ad una mir iade s i soluzioni che includono, sen-za alcun t imore reverenziale , la pol i fonia seicentesca, l ’orchestra c lass ica e le tecni-che di campionamento. E quanto più radi-cal i s i mostrano queste combinazioni , tanto più interessant i s i fanno i suoi lavori . E vi-ceversa, ovviamente: dove non c’è or igina-l i tà c’è imitazione. Mothertongue, secondo album in s tudio del Muhly “composi tore” r ispecchia le due facce del la medagl ia . Da una par te un at teggiamento sfrontato verso la s tor ia del la musica, dal l ’a l t ra i l r ischio di cadere nel puro e semplice r i facimento. Le t re composizioni che cost i tuiscono l ’a l -bum sono tut te costrui te sul l ’uso del la voce e la sua interazione con gl i s t rumenti . Di queste , l ’ iniziale Tit le Track è , in qualche modo i l manifesto concet tuale: un col la-ge di voci che reci tano indir izzi e numeri di te lefono presi diret tamente dal l ’agenda del l ’autore , sovrapponendosi . I l r ichiamo al minimalismo di Glass e a cer te tecni-che composi t ive di Laurie Anderson , è f in t roppo evidente , rendendo un ot t imo lavoro abbastanza superf luo r ispet to a l le sue am-bizioni . Molto meglio gl i a l t r i due brani . I l tagl io s t ranamente neoclassico che Muhly

confer isce al le par t i ture di Wonders e The Only Tune r isul ta di gran lunga più interes-sante: entrambi s i presentano come esercizi s t i l is t ic i giocat i t ra passato e presente . Nel pr imo caso i l Rinascimento inglese di Byrd e Taverner , evocato da sprazzi di pol i fonia e dal suono del c lavicembalo, incontra e s i scontra con la voce del la cantante is landese Helgi Hrafn Jònsson (che in questo caso suona anche i l t rombone) , con sample e pen-nel la te orchestral i . Le t re par t i d i The Only Tune , invece, hanno come sfondo la folk song americana. Alla voce, i l banjo e la chi-tarra di Sam Amiddon sono aggiunt i arran-giamenti orchestral i che ancora una vol ta dimostrano l ’abi l i tà di Muhly in questo ruo-lo. Abil i tà che non r isul ta ancora adeguata-mente compensata da capaci tà composi t ive ta lvol ta acerbe e in fase di sper imentazione. Ha tut ta la nostra f iducia . Tempo ne ha: i l ragazzo ha una vi ta davant i ! (7.2/10 ) D a n i e l e f o l l e r o

new year, tHe – tHe new year (toucH anD go, 8 setteMBre 2008) genere: sLoW-Core

C’erano una vol ta i Bedhead . Poi c i sono s ta t i i New Year. Oggi c i sono ancora i New Year. E le cose non è che s iano cambiate così tanto nel corso degl i anni . Sfumature. Det-tagl i . Piccolezze. Qualcosa s i è perso, qual-cosa è maturato. Ma f in quando i due fratel -l i Kadane , i l nucleo essenziale di entrambe

la band, non s i separeranno, i l mood del le loro produzioni sarà sempre quel lo: t imidamente dol-ce, mal inconico, s t ruggente , inten-so. Questo omo-nimo terzo album f i rmato New Year è da considerar-

s i come s intesi perfet ta di quanto fat to dai f ra te l l i in quest ione dal 1994, anno di usci-ta del l ’esordio bedheadiano, ad oggi . C’è l ’urgenza comunicat iva t ipica di cer to rock indipendente dei Novanta (Sebadoh , Slint e Codeine ) emanata da canzoni come X Off Days e The Door Opens , nel le qual i i nostr i

sembrano cavalcare i l loro più remoto pas-sato. Ci sono le più recent i par t i ture di piano a rendere l ’a tmosfera pacatamente più leg-gera (MMV e Body And Soul ) . E poi brani come Company I Can Get e Seven Days And Seven Nights ad ammaliarci con le loro ca-rat ter is t iche, contagiose nenie ( in s t i le Lou Reed ) che mai smetteranno di cul lare i no-st r i sogni . E ancora bal lad soffuse come My Neighbor-hood o rumorosamente soffer te come The Idea Of You . Ma i l tu t to amalgamato e con-fezionato con una cura e maestr ia uniche, ad indicare la raff inata matur i tà raggiunta dai New Year. Una sensibi l i tà ar t is t ica esclusi-va che prende forma nel brano più r iusci to del l ’a lbum, l ’apr ipis ta Folios : con una lunga sospesa introduzione s t rumentale s i dispie-ga dolcemente in soffusi intrecci e arpeggi chi tarr is t ic i per t rasformarsi in una del icata bal lad crepuscolare , int ima ol t remodo. The New Year : un album raro di quest i tempi , nel quale c i r i fugeremo spesso e volent ier i in cerca di consolazione. (7.5/10 )a n D r e a P r o v i n c i a l i

alva noto – unitxt (raster-noton, 22 luglio 2008) genere: eLeTTroniCa asTraTTa

Un album lacerato da una cesura net ta , Uni-txt , e dal la gestazione lunga e f rammentata ( le t racce sono s ta te regis t ra te in var ie ses-s ioni t ra i l 2006 e i l 2007, durante i l tour giapponese del la Raster-Noton) . Nel le pr i -me dieci t racce, i l lavoro sul la tess i tura e sul r i tmo, inteso come scansione d’accent i e gest ione di durate , lungo una diret t iva che lo lega idealmente al l ’EP del 2004 Trans-spray (Raster-Noton, 2004) e al remix com-missionatogl i da Björk nel 2007 per Inno-cence (brano t ra t to da Volta ) . E ancora: la r i f less ione sul le problematiche - quanto meno in musica elet t ronica - dia-di dato/parola , suono/senso, sot to forma di componimenti nonsense reci ta t i dal f rance-se salmodiante del ‘poet sound’ Anne-James Chaton. Credi s iano poemi: è la le t tura me-t icolosa di tut t i i numeri e le c i f re che af-fol lano car te di credi to , tessere e documenti prelevat i dal portafogl io di Carsten Nicolai (u_07 ) ; o lo spel l ing interminabi le del nu-

Page 41: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

CE

NS

ION

I

SA 81

mero i r razionale che esprime la sezione au-rea (u_08-1 ) .Nel le res tant i sedici t racce, la seconda metà del l ’a lbum, l ’as t razione s iderale: dat i con-vert i t i in f lussi informativi audio formato aiff , t ramite sof tware come Excel , Word e Powerpoint . Fasci di f requenze ad impat to narrat ivo zero, come se un rumoris ta a l la Merzbow decidesse di sot toporre ad opera-zione di defrag i l suo cacofonico, intermina-bi le f lusso di coscienza. Tanto che, dovessi-mo at tenerci ad una consuetudine inveterata del lo s tesso ar t is ta , f iniremmo per a t t r ibuire la pr ima par te del l ’a lbum ad Alva Noto ( i l Carsten Nicolai produt tore di musica ) , e la seconda semplicemente a Noto - i l f requen-tatore di per icolosi inters t iz i res idui t ra suono e rumore. Alla s infonia per macchi-ne del la ser ie Xerrox s i prefer isce l ’ impat to comunicat ivo nul lo del l ’ informazione inte-sa come dato alfanumerico. Un passo ul te-r iore nel processo di as t razione che conduce idealmente agl i es t remi di Disc . (7.0/10 )v i n c e n z o s a n t a r c a n g e l o

conor oBerst – conor oBerst (Merge/wicHita/cooP Music setteMBre 2008)genere: ameriCana

Non avendo i l sol i to Mike Mogis a l suo f ianco, Conor Oberst non s i è sent i to di con-siderare questo lavoro come un album dei Bright Eyes . Per la pr ima vol ta ha invece deciso di usare i l proprio nome, occasione buona per provare a cominciare una nuova s tor ia . Per anni Oberst è s ta to tanto prol i f ico da far sembrare Ryan Adams laconico come Scot t Walker (mmm, s to esagerando) , conceden-dosi dis t razioni e divagazioni . Ora i l ragazzo ha ventot to anni , e real izza al momento giusto i l d isco del la matur i tà ar t is t ica . In dieci t racce (più due abbozzi) regis t ra te in Messico con la Mystic Valley Band , i l padrone di casa t ra t ta con classe e famil iar i tà tut t i i generi del cantautorato americano, cambiando scenograf ie con s icu-ro eclet t ismo degno di Neil Young . Sa ran-nicchiars i nel l ’ int imità del la compagnia di una sola chi tarra , a t rovare più forza per le sue parole sempre br i l lant i , forza suff ic ien-te a rendere credibi le la sol i ta voce sempre sul f i lo del pianto. Ma non ha problemi an-

che con r i tmi più sostenut i , con la legge-rezza in s t i le Travel ing Wilburys d i Sau-sal i to e Get-Well Cards (puro Tom Petty ) , con le dis tors ioni indie del f inale di Souled Out!!! Conor Oberst è un album che par la di fughe e di inquietudini . “Non c’è niente che la s t rada non possa curare”, r ibadisce in Moab . Si scappa, sempre, perché s tar fermi è più diff ic i le dopo avere scoperto che la bot t igl ia non cont iene nemmeno una soluzione. Sor-

prendente è la matur i tà con la quale , proprio in mezzo al l ’a lbum, inser isce un coraggioso viaggio nel la malat t ia . In Danny Callahan , commovente f ino a essere quasi insostenibi-le , par la di un bambino che s i spegne per un cancro al midol lo spinale: “Sua madre gl i ha dato un bacio d’addio dicendogl i : ‘Torna qui , dove vai da solo?’” . Con un sorprendente r ibal tamento di pro-spet t iva passa immediatamente al lo scher-zoso rockabi l ly di I Don’t Want To Die (In

The Hospi tal) , nel la quale Oberst vuole fug-gire dal l ’ospedale nel quale “non t i lasciano fumare/o ubriacar t i / t i fanno solo guardare le soap opera”. Sono lampi di scint i l lante ta lento come que-sto che fanno capire quanto questo disco debba rappresentare una svol ta per i l suo autore , una spinta verso l ’a l to . Da adesso in poi niente più capricci , ora s i s iede a tavola coi grandi . (7. ,5/10 )P a o l o B a s s o t t i

winDy weBer – i Hate PeoPle (Blue flea, setteMBre 2008) genere: drone soundsCape

Windy Weber è la metà femmini le del duo Windy & Carl e questo è i l suo pr imo disco sol is ta . Ad inizio anno, aveva cercato inut i lmente di far lo uscire per la Kranky non r iuscendoci . Pare che i s ignori del l ’e t ichet ta chicagoana non volessero sent i rne par lare perché per loro i l mater ia le di I Hate People era t roppo dark, in una maniera “che sarebbe s tata maggiormente apprezzata da fan di Nurse With Wound o robe del genere”. La nostra Windy s i sarebbe così r isol ta a far lo usci-re per due et ichet te molto più piccole come Blue Flea e Kenedik r iuscendo comunque a piazzare un nuovo disco di Windy & Carl che infat t i uscirà per Kranky i l mese prossimo. L’aneddoto ci introduce al le carat ter is t iche di questo disco così par t icolare megl io di mil le anal is i più o meno cr i t iche. Ci dice innanzi tut to che la recente ondata di dischi Kranky sempre più “commerciabi-l i” (Deerhunter, To Kil l a Pet ty Borgouis ie , Benoi t Pioulard, Bird Show) ha evidentemente un r isvol to di market ing ben preciso per l ’e t ichet ta emblema del post rock che quest’anno compie 15 anni . Dal l ’a l t ro scopriamo che Windy Weber, ancora nel 2008, con o senza Carl Hultgren, è capace di e laborare musi-che di una creat ivi tà sconcertante . I Hate People è un disco che lascia senza f ia to per tut ta una ser ie di motivi . Innanzi-tut to per la sua copert ina, che mostra una giovaniss ima Windy vers ione goth, nel la foto del passaporto r isalente a l 1987, lontaniss ima anni luce dal la s impat ica s ignora sorr idente che generalmente campeggia nel le foto promozional i del gruppo madre. Altro motivo per inabissars i in questo disco è i l suo concept e i l suo t i tolo. Concepi to evidentemente in un per iodo un po’ nero, I Hate People ha a che fare , per usare le parole del la s tessa musicis ta , con “an is land…..a place to be away from the rest of the world, a place where no one can hurt or betray us . This record is about that is land .” Parole che sem-brano i l manifesto per una nuova estet ica isolazionis ta . Diviso in due t racce, Sirens e Destroyed , questo è un disco che fa del lo s t raniamento e del la perdi ta di or izzont i , la sua ragion d’essere . Un’isola sol i tar ia dove perders i per r i t rovarsi senza appigl i in un gorgo nero. La prassi è la s tessa del gruppo s tor ico, ma inl ividi ta e incat t ivi ta come non mai . Sirens poggia nel la pr ima par te su un lavoro di chi tarra r iverberata e un tappeto di droni d’organo che s i incupisce via via che i minut i procedono. Destroyed è ancora più horror. Suddivisa idealmente in t re par t i . Nel la pr ima ci sono un respiro ansioso, un opprimente incastro di om t ibetani , una nenia macabra per echi di drones perdut i nel l ’e tere come fantasmi e la parola “De-stroyed” pronunciata , cantata , par la ta in un rantolo circolare inf ini to . Nel secondo un affanno noise- industr ia le opprime tut to come in una pressa metal l ica . Nel la terza i l c langore rumoris ta s i disciogl ie come neve al sole e non r imangono che t racce sot topel le di umori e suoni perdut i . I l d isco esis te in doppia vers ione. Quel la descr i t ta qui è quel la del cd l icenziato dal la Blue Flea. La vers ione in vini le di Kenedik ha un mix e una durata totalmente divers i . La costante è l ’opprimente nero che muove la vis ione musicale sol is ta di Windy Weber come un fondale senza segni , color i , v is ioni . (8.0/10 ) a n t o n e l l o c o M u n a l e

hIghLIghT

Page 42: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

CE

NS

ION

I

SA 83

okkervil river – tHe stanD ins (JagJaguwar, setteMBre 2008)genere: roCk/singer-songWriTer

A un anno di dis tanza da The Stage Names arr iva la seconda par te di un proget to or igi-nar iamente pensato come un doppio album. Al centro del le r i f less ioni di Wil l Shelf pare imporsi def ini t ivamente un tema che da sempre gl i è caro: i re t roscena e i pa-radossi del lo show businnes e del la musica leggera. La sua abi l i tà con i tes t i è come al sol i to s t raordinar ia . “Cantate con dolcezza e dichiarate in f re t ta , le parole che lui ha calcolato per far t i cantare in coro (con lo s tereo acceso, mentre sei in calzoncini sul prato) vengono completamente fat te proprie da una coppia che ha appena consumato i l pr imo amore al l ’a lba”. è l ’ ipotesi di Pop Lie : se i l cantante mente , chi s i innamorerà del la canzone e la canterà con lui , sarà a l t re t tanto bugiardo? A chi s i può credere? In Singer Son-gwri ter c’è un f iume di veleno, degno del Dy-lan p iù spietato, dest inato a chis-sà quale ipocri ta cantautore di buona famigl ia e dai consu-mi impeccabi l i (Kinks , Poe e Chanel) : “Tu hai buon gusto. Che spreco che tu non abbia nient’al t ro”. Con questo disco gl i Okkervi l River salutano Jonathan Meiburg , che la-scia la band per dedicars i a tempo pieno agl i Shearwater . Echi del l ’evento r isuonano nel brano d’apertura , Lost Coast l ines , un duet-to t ra i l leader e l ’amico par tente , un pez-zo sul le diff icol tà e i l senso di smarr imento del la vi ta in tour. Starry Stairs è , ins ieme al la copert ina, i l col legamento più palese con l ’a lbum precedente , in quanto come Sa-vannah Smiles par la di Shannon Wisley, la pornostar morta suicida dopo essere r imasta sf igurata (“Hanno chiesto i l sangue. Di cosa pensino s ia fa t ta questa donna?”) . In chiu-sura di The Stand Ins incontr iamo un’al t ra s te l la caduta , l ’aspirante divo del glam Jo-briath , immortalato in un momento di as-surda speranza pr ima del l ’ inevi tabi le f ine,

in Bruce Wayne Cambell Interviewed On The Roof Of The Chelsea Hotel , 1979 . L’osses-s ione di Shelf con la cul tura pop è benvenu-ta in quanto gl i dà la chiave per esplorare a l megl io i sent iment i e le debolezze umane. Pers ino un brano int i tolato Call ing And Not Cal l ing My Ex è dominato dal la presenza dei media: “In Tv sembri uguale a quando er i mia […] Fal l i vol tare a guardart i , man-dal i a l tappeto, spezza i loro cuori” . A l i -vel lo di tes t i c’è dunque abbastanza per fare di The Stand Ins uno dei dischi del l ’anno, ma, musicalmente, dietro agl i arrangia-menti sempre perfet t i , t roviamo purtroppo segni di s tanchezza, soluzioni r ipet i t ive, come se ta lvol ta le canzoni cedessero sot-to i l peso del le parole . Occorrono davvero molt i ascol t i per r iuscire a fars i entrare i brani sot to la pel le , ed è diff ic i le apprezza-re pienamente l ’a lbum senza tenere sempre i l booklet sot tomano. Ma la s icurezza con la quale s i muovono gl i Okkervi l River lascia pensare che per i l prossimo futuro hanno già pront i nuovi scenari per le proprie canzoni tanto ambiziose quanto generose. (7.4/10 )P a o l o B a s s o t t i

oxforD collaPse – Bits (suB PoP, 8 agosto 2008) genere: indieroCk

Con Bits , g l i s ta tuni tensi Oxford Collap-se r iescono f inalmente a t rovare se s tess i . Niente di r ivoluzionario, ma s icuramente qualcosa di molto più scorrevole e s ince-ro r ispet to a l loro esordio. Infat t i , se nel 2005 con Remember The Night Part ies i Nostr i res tavano impanat i anonimamente in una formula a metà t ra post-hardcore e quel “nuovo” rock al la Franz Ferdinand che im-perava un po’ ovunque, con questo nuovo album r iescono a far emergere tut t i i loro buoni intent i . Sdoganandosi completamen-te dal le mode odierne, gl i Oxford Collapse r ievocano i l passato, ovvero quel lo auten-t icamente underground a caval lo del 1990. E, seppur der ivat ivamente, lo fanno più che bene. Minutemen , Husker Du , Dinosaur Jr , Sebadoh , addir i t tura i Jawbreaker e i Gaunt , ma anche i Pavement : c i sono qua-si tut t i . Melodie e r i tmiche frenet icamente sbalestrate , farci te ora con ruvide dis tors io-ni , ora con vivaci passaggi acust ic i . Diff i -

c i le oggigiorno r isul tare così onestamente “indie”. Questo è c iò che sono, e noi gradia-mo l’onestà . (6.5/10 )a n D r e a P r o v i n c i a l i

Pennelli Di verMeer – la PriMavera Dei sorDi (la canzonetta / self, 2008)genere: prog roCk parTenopeo

A un anno di dis tanza dal loro esordio di-scograf ico ( l ’ep Tramedannata , pubbl icato da La Canzonet ta l ’anno scorso, ma già edi-to precedentemente) , r i tornano i napoletani Pennel l i d i Vermeer. I l passaggio del tempo s i fa sent i re in una svar ia ta ser ie di aspet t i : p iù consapevolezza del le proprie capaci tà musical i , una composizione più matura , col-laborazioni di tut to r ispet to (Lino Vairet t i degl i Osanna , Sergio Magliet ta dei Bisca e l ’ex Polina Ercole Longobardi) , una sfron-tatezza ancora più accentuata e , per for tuna, la voce di Pasquale Sorrent ino che s i smarca da Capossela per rendersi indipendente da-gl i scomodi (e ant ipat ic i ) confront i . Rispet to a l precedente lavoro in s tudio, La Primave-ra Dei Sordi sembra maggiormente or ientato verso la canzone d’autore i ta l iana di qua-l i tà , i l cui r i fer imento pr incipale , manco a dir lo , è Fabrizio De Andrè . I l progressive s i t inge di cantautorato, in s t i le P.F.M. , spa-ziando t ra bal la te introspet t ive, teatral i tà cabaret t is t iche (Autogest ione ) , r ivis i tazioni folk al la Bisca (Tre Cadaveri Nel Casset-to ) , raff inate bal la te (Cinque Minut i…Una Notte , Nel Giardino Di Belzebù ) , dediche un po’ ostentate (L’Urlo , scr i t ta in omag-gio al pi t tore norvegese Edvard Munch ) , lo ska (Manifesto cm 70 x 100 ) ed echi di rock inconfondibi lmente sevent ies (Luce , Incuboinuncubo , Carogna ) che r iconduco-no, se qualcuno s i fosse perso qualche pas-saggio, a l la fonte ispirat iva pr imaria: quel prog rock di marca par tenopea che par tendo da Balletto Di Bronzo e Osanna , conduce f ino al l ’Alan Sorrenti di Aria . Sorrent ino e compagni s i misurano costantemente con i l passato e i l presente del rock più complesso, dimostrando di possedere suff ic iente ta len-to per camminare da sol i , senza i l r ischio di cadere negl i s tereot ipi s t i l is t ic i a cui inevi-tabi lmente sono sot toposte cer te operazioni . La musica incontra i l teatro, i l gesto e i l gu-s to per i l paradosso, in un surreale var ie tà

fa t to di impegno e i ronia . (7.3/10 )D a n i e l e f o l l e r o

PoPulous witH sHort stories – Drawn in Basic (Morr / wiDe, 5 setteMBre 2008) genere: indie(pop)TroniCa

Dopo essers i evidenziato come uno dei mi-gl ior i i ta l iani , se non addir i t tura i l migl iore , in ambito elet t ronico o indietronico, o come al t ro s i vogl ia chiamare, i l sa lent ino Andrea Mangia aka Populous r iesce con la sua ter-za fat ica a raggiungere vet te pop impensa-bi l i , facendo regis t rare un r i levante sal to di qual i tà . Già nei suoi pr imi due album, sep-pur diversamente, era ben manifesta la sua notevole capaci tà di scr i t tura . Ma se in ess i essa era piegata episodicamente al la mer-cè di gl i tch, IDM, hip hop destrut turato e a tut to c iò che andava a comporre la compo-nente s t rumentale , oggi con Drawn In Ba-sic Populous inverte la tendenza. Le sedici t racce contenute r ivelano che è la melodia a imperare sovrana, tut to i l res to deve asse-condarla taci tamente. Così t ra der ive shoe-gaze, del icatezze pop e sospensioni ambient l ’anima del disco s i concret izza nel l ’e terea e mal inconica voce di Short Stories , ovvero Micheal McGuire reclutato per l ’occasione, dando vi ta a bozzet t i crepuscolar i , in t imi e sognant i nel la loro fugace brevi tà (diff ic i l -mente vengono raggiunt i i t re minut i ) . Non è per niente azzardato affermare che in questo album Mangia è r iusci to a fondere insieme Boards Of Canada , Smashing Pumpkins e My Bloody Valentine con un fare del tut to s intet icamente pop. I l r i fer imento al le s in-gole canzoni sarebbe sconveniente , quando diff ic i lmente s i regis t rano cadute di tono. Qui non s i fa indietronica di maniera , sem-bra invece che i brani s iano s ta t i cat turat i in volo, nel la loro aleator ia essenza di passag-gio. Proprio come i sogni . (7.0/10 )a n D r e a P r o v i n c i a l i

PriMal screaM, Beautiful future (B-unique, 21 luglio 2008)genere: eLeCTro roCk

Mantenere la produzione al l ivel lo di lavo-r i come Screamadel ica e XTRMNTR deve essere affat to diff ic i le , ma i l punto è che Gil lespie e soci sembrano fot tersene al le-gramente. Così spendono t i tol i scrutando le

Page 43: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

CE

NS

ION

I

SA 85

potenzial i tà e lectro-noise , scavando con se-raf ica impudenza at torno al le proprie radici funk e rock’n’rol l , oppure - come nel caso del qui presente Beaut i ful Future - adagian-dosi dal le par t i d i una pop wave ammiccante e turgida, quanto di più potabi le s i s ia udi to nei nove album f in qui l icenziat i dai Pr imal Scream. Quel che penso di questo disco è un po’ quel che penso di loro: una reci ta rock più faceta che ser ia , una baracconata che cova germi rabbiosi , v i ta l is t ic i e anarcoidi ma al contempo sa di non poter evi tare le s ta-zioni del del iz ioso calvar io-shobiz . Quindi tanto vale sal i re sul palco e indossare tut t i i costumi del caso, s iano pure cer te glammerie sboro-ne degne dei peg-gior i Aerosmith - Zombie Man - o la cassa in quat t ro più didascal ica sul la faccia del la terra (Uptown ) , roba da camale-ont i prost i tut i ma lucidamente velenosi e mal igni a l punto giu-s to , un po’ come fece a suo tempo Lou Reed col controverso The Bel ls . Prendete Beauti-ful Summer , sor ta di s tol ida ipnosi Depeche Mode , prat icamente una s t rofa r ipetuta con oppiacea ossessione: mentre t i sent i piace-volmente raggirato, o per megl io dire preso per i l culo, avvert i che cova una ghignante i r requietezza, che qualcosa da qualche par te s i dibat te per l iberars i dal le piacevol i ca-tene. Non so se s ia giusto at t ivare questa chiave di le t tura anche per l ’ incalzante c ia l -t roneria di Can’t Go Back , per quel la sor ta di miraggio Wire che è Suicide Bomb , per una Necro Hex Blues che - ospi te Josh Hom-me al la chi tarra - t r i tura mist icanza Black Rebel Motorcycle Club e Bloc Party , e s ia pure per quel la I Love to Hurt - canta-ta ass ieme a Lovefoxx dei Cansei De Ser Sexy - votata a l l ’e lectroclash più sordido, comunque vi confesso che mi ci t rovo bene. L’eccezione del caso è rappresentata dal la cover di Over & Over dei Fleetwood Mac in duet to con Linda Thompson, a l l ’ insegna di un languore soff ice con quel pizzico di sber leffo che la voce di Gil lespie non r iesce

ad evi tare . Da cui ovviamente la regola esce confermata. Quanto a voi , mi pare di avervi avvisato a suff ic ienza. (6.1 /10 )s t e f a n o s o l v e n t i

Mary Halvorson & weasel walter – oPulence (ugexPloDe, agosto 2008)genere: impro duo

Puttin’ on tHe ritz – Bangin’ your way into tHe future (Hot cuP, agosto 2008)genere: punk CabareT

Pezzi di People che s i isolano e procreano. Che Shea fosse iperat t ivo al l imite del la pa-tologia s i sapeva bene, ma che lo fosse la sua metà nei People non lo immaginavamo. E invece eccol i qui , ognuno per conto suo, intraprendere s t rade a dir poco divergent i . Pr ima le s ignore, ovviamente. Mary Halvor-son dimostra di avere un debole per funam-bol i schizoidi vis to che s i accoppia con un al t ro fur ibondo del la bat ter ia (e di mil le a l t r i s t rumenti) per un album di improvvisazione neanche tanto radicale . Opulence – prodot to dal l ’e t ichet ta di casa ugExplode e regis t ra to l ive al The Stone di John Zorn – è esat ta-mente ciò che ci s i può aspet tare: 8 t racce di improvvisazione te lepat ica t ra la chi tarra del la Halvorson e la bat ter ia di Walter.La pr ima procede con andamento claudi-cante t ra s inghiozzi e sbuff i mentre l ’uo-mo tut tofare dimostra eclet t ismo e energia as usual senza però perders i in marasmi di suono autoindulgente come spesso è capi ta-to agl i ul t imi Lut tenbachers . I l suono è ov-viamente rarefat to , ma mantiene in nuce un sentore (quasi)rock che ce lo fa prefer i re ad al t re proposte s imil i . (7.0/10 )Le sorprese però arr ivano dal la metà fol le del duo. Kevin Shea s i unisce a BJ Rubin per un combo def ini to dal Vil lage Voice come “best Punk Comedy Cabaret Act” . E come dargl i tor to: la bat ter ia acrobat ica del nostro prefer i to e la voce da cabaret t is ta fol le di Rubin, accompagnat i dal la t romba di Peter Evans, dal sax di Jon Irabagon e dal basso del padrone di casa Hot Cup Moppa El l iot t , met tono in scena un circo da avanspet tacolo ubriaco e c laudicante per i l dopo-bomba. Ma non nel senso apocal i t t ico del termine, ben-sì in quel lo del vuoto decostrui to dal fa l l -out a tomico. Riscr ivere c ioè la cul tura pop

degl i ul t imi 50 anni con interpretazioni più o meno fedel i di c lass ic i del jazz, rock, pop ma deviandone i l senso. Capovolgendone i l senso. Facendone degl i i r res is t ibi l i pezzi da cabaret mutante , gioioso e a l t iccio. Sempre sul punto di crol lare a terra come nel la r i -presa di The Rainbow Connect ion cantata nel Muppet Show dal la rana Kermit .Qualche esempio? Ascol ta tevi la Girl From Ipanema resa in maniera totalmente ubriaca (con tanto di assolo di f ia t i nel mezzo) o lo scherzo Gee, Off icer Krupke da West Side Story. O ancora la Let’s Fal l In Love così not turna e roca che solo Tom Waits c i sa-rebbe r iusci to; o ancora That’s Amore, My Funny Valent ine, Fly Me To The Moon…Un disco che è , s i sarà capi to , un gioco, un calembour degl i umori più sfat t i dei protago-nis t i e che però se ascol ta to a l mat t ino met-te gradevolmente di buonumore. (7.0/10 )s t e f a n o P i f f e r i

rafter – sweaty Magic (astHMatic kitty / wiDe, 9 setteMBre 2008)genere: sChizoeLeCTro

I l nuovo capi tolo del le s t ramberie di Rafter Roberts , Sewaty Magic , capi ta a ot to mesi appena dal precedente Sex Death Casset te . I l produt tore di San Diego s i l imita ora a sole set te t racce, ma non per questo la quant i tà di cose che compaiono in questo CD appare frenata , anzi ; sul la durata più breve, nonché sul la forma abbreviata dei pezzi , Roberts crediamo dia i l suo meglio.A Rafter poi dif-f ic i lmente s i tarpano le a l i ; la sua estrover-s ione arr iva a toccare tanto Prince (Magic ) quanto i sol i t i Guided By Voices (Noise ) , tu t to con un gusto per i l proprio mest iere che di laga in ogni angolo – o, sarebbe me-gl io dire , f rammento produt t ivo – di Sweaty Magic . Per apr i re le danze di un dj set un po’ moscio non s i es i terebbe al lora a suona-re Sassy , colpo da maestro per l ’equi l ibr io che dimostra t ra s incopi e percussivi tà in bat tere , t ra voci disco-soul e breakbeat del-le s tesse . è l ’anima sexy del la musica nera , virata in una vers ione fanciul lesca, cui sem-bra puntare Rafter nel suo nuovo lavoro. I l nostro s i concede anche, a l di là degl i effet-t i p iù appagant i a l pr imo ascol to , un pizzi-co di ardi t ismo armonico e composi t ivo in Sweat , che del res to è (quasi) metà del nome

del disco, e un po’ di s ta tuto bisogna pur r iconoscergl ie lo . Dietro l ’angolo c’è sem-pre i l manier ismo o un eccesso che lascia i l tempo che t rova (entrambi sf iorat i in Salt ) ; Ma ancora una vol ta , come sempre, forse , l ’autore del la musica per pol l i complet i ( t i -tolo scimmiot ta to del suo secondo disco) l i conosce, quei suoi pol l i . E sa come al lunga-re una s t rut tura per inser i re un piccolo, poco

impegnat ivo, col-po di teatro (an-cora in Salt come nel contrabbasso e nei piat t i del la f inale Heat , pan-tera rosa al la sua maniera) . E tut to passa via l iscio, c i s i r i t rova un po’ più sorr ident i e confusi , un po’

più schizofrenici potremmo dire , ma diver-t i t i e pront i ad ascol tare qualcosa d’al t ro , magari di più r i lassante . (6.8/10 )g a s P a r e c a l i r i

rain against tHe sky - stars of us iDea (forears / faMily affair 2008) genere: roCk

Lirismo e t rame al lentate , a l ternanza t ra s i -lenzi raff inat i e crescendo el l i t t ic i per una voce – quel la di Renata De Luca – un po’ Alanis Morr iset te , un po’ El isa , un po’ Cri-s t ina Scabbia dei Lacuna Coil . Che in s in-tes i vuol dire dolcezza e intensi tà a l tempo s tesso, su un tappeto di arpeggi quasi new wave s tudiat i per seguire i l f lusso emoti-vo in modo equi l ibrato e senza sbavature . Sembra tut to perfet to in questo esordio dei napoletani Rain Against The Sky, i suoni seguono l ’avvicendarsi degl i ambient i in maniera l ineare e le dot i vocal i del la f ront-woman non vengono messe in discussione neppure per un secondo. Eppure c’è come un senso di “pat inato” che emerge in modo inaspet ta to dal la musica col sommarsi degl i ascol t i , l ’assenza di un momento veramente memorabi le e di un’obl iqui tà di fondo che avrebbe giovato al proget to in termini di personal i tà , t rasformandolo da buon disco qual’è – nel la media dei dischi buoni – in un momento creat ivo davvero sorprendente .

Page 44: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

CE

NS

ION

I

SA 87

Siamo solo al pr imo s tep, comunque, tempo per aff inars i ce n’è . (6 .4/10)f a B r i z i o z a M P i g H i

rein - occiDente (JaMenDo/reDs, giugno 2008)genere: foLk roCk

Che i Rein fossero una band par t icolare ce ne accorgemmo già in occasione del mini a lbum di debut to Est! (Redscoop, febbra-io 2006) . Certo, oggi come al lora viene la tentazione di far la breve e archiviar l i nel lo scaffale del la patchanka e dintorni . Non che loro s i t i r ino indietro, anzi accet tano in toto l ’ imprint ing Mano Negra - quel la mischia di is tanze folk disparate e combat t ive – sal-vo poi aggiungere a mo’ di post i l la : “d’auto-re”. Non s i legga in c iò supponen-za, semmai i l r i -fer imento preciso a quel la s tagione in cui la canzo-ne i ta l iana t rovò l infa e sostan-za nel l ’opera dei cosiddet t i ( fami-gerat i ) cantau-tor i , con un’at-tenzione par t icolare - anche geograf ica se volete - a l la fucina del folk s tudio romano). Tempi che l ’ impegno in musica aveva ben poco d’ozioso, anzi era sostanza che t i rava a fars i forma. Ecco, i l nostro quintet to capi-tol ino cont inua a pensar la più o meno così . Non a caso s i aff idano di nuovo al la f i loso-f ia del Creat ive Commons, quadrupl icando la proposta per un doppio album acquis tabi-le a prezzo equo (10 euro) che poi è possi-bi le master izzare e diffondere l iberamente. I l tu t to senza venir meno al la qual i tà del la proposta , che può contare su orchestrazioni argute e generose (sono ol t re vent i i musi-cis t i chiamati a contr ibuirvi , t ra archi , ot to-ni , chi tarre , organi , f isarmoniche, tas t iere e voci) , condi te da quel tanto d’ imprevedibi-l i tà che scombussola le temute consuetudini del combat folk. Trabocchet to quest’ul t imo in cui ogni tanto s’ inciampa (vedi lo s tant io odore Modena City Ramblers ne I l ponte di Mostar e Canzone del l ’ Ir landa occiden-tale ) , ma di norma subl ima come un’at t i tu-

dine di fondo, spesso per turbata da puls ioni modernis te ( found sounds, reverse psiche-del ic i , tas t ier ine glauche) e nobi l i ta ta da autorevol i r imandi , innanzi tut to a l vate De Gregori ( la s tupenda tensione di 150 Sprint Veloce , la del icata Quattro e mezza , l ’epica I l ventesimo giorno ) . C’è modo di pensare anche al Fossati dei bei tempi ( I l Deserto di Piero ) , a l l ’ impeto melodico di Guccini (Di-scorsi a vapore ) e ovviamente a De André ( in quel la sor ta di mutazione di Rimini in-carnata dal la l ivida - e non potrebbe essere a l t r iment i vis to i l tema - Genova ) . Con un senso di l iber tà che get ta agi l i sguardi ol t re le r is t re t tezze soniche, chiamando in causa seppure di s t raforo cer t i Wilco in Set tembre (#3) o dei Calexico balcanizzat i in I tram di Roma . Al la f ine, quest i vent i pezzi più uno (ok, c’è pure una ghost t rack) t i fanno fare un viaggio più che credibi le . (6.7 /10 )s t e f a n o s o l v e n t i

Max ricHter – 24 PostcarDs in full colour (fat cat, 25 agosto 2008) genere: ambienT, CoLTa, suonerie

24 Postcards In Full Colour è un esperi -mento che Richter proporrà dal vivo a bre-ve: s i t ra t ta di una ser ie di instal lazioni in cui i l pubbl ico presente , che avrà preceden-temente scar icato sul proprio cel lulare le car tol ine-mp3 (che non sono al t ro che suo-nerie , in barba a chi le credeva esclusivo appannaggio di speculator i dal gusto i r r i -mediabi lmente t rash) , r iceverà dal compo-si tore degl i sms, i cui “ t r i l l i” creeranno una vera e propria performance. Chi ha det to che le suonerie sono i l fanal ino di coda del-la musica? C’è da dire che anche le car tol i -ne, a i tempi in cui ancora se ne mandavano, erano lontane dal raff igurare i paesaggi di Ansel Adams. L’ intento di Richter è , ad ogni modo, quel lo di tornare a considerare la musica a prescindere dal medium in cui è contenuta , e di r ivalutarne l ’ aspet to comu-nicat ivo, soprat tut to se legato a quel lo del-la connet t ivi tà di suoni e pensier i . Ad ogni suoneria è associata una car tol ina (s i t rova tut to sul s i to) come a voler r ibadire l ’ essen-za s inestet ica che, f ino ad oggi , ha percorso tut t i i suoi lavori . Musica narrat iva, c ine-matograf ica , s tesa , come un’ ombra, sul la sceneggiatura del la vi ta . Quel lo che recen-

siamo è, quindi , l ’ “album cut” del proget to , composto da 24 piccol i detr i t i d i overture , che potrebbero diventare sui te o semplice-mente br i l lare di luce propria . Le mini-pie-ces sono s ta te disposte in maniera casuale , così da poter essere switchate up-down pro-prio come si farebbe selezionando una suo-neria . Le atmosfere , d’ a l t ronde, r imangono quel le a noi care s in dai tempi dei taccuini blu, con pianofort i a lgidi e pure caldiss imi , e viol ini che sembrano sapere chi sei . La brevi tà del le t racce ( la più lunga dura due minut i e c inquantun secondi) non lascia a eventual i fer i te la possibi l i tà di apr i rs i come in passato, ma ogni f rame può suggerirci dei luoghi in cui andare o a cui tornare . E al lo-ra Cathodes potrebbe essere la svegl ia del le set te di sera , per r icar icars i velocemente ma in s intonia con l ’ int imità del la not te . I Was Just Thinking quel la per la persona che ave-te amato da (per) sempre e magari un giorno te lefonerà (è un po’ sacr i f icata , ma ne vale la pena); A Song For H quel la “s tandard”, per ogni momento del la quot idiani tà , col suo sovrapporsi di a tmosfere s imil i a foto scat ta te con una Holga avvolgendo la pel l i -cola per un quarto al la vol ta . E così via , ad l ibi tum, scrol lando i r icordi e percorrendo quei nastr i gr igi che sono le s t rade prefer i te da Richter . (7.0/10 ) f r a n c e s c a M a r o n g i u

silver ray - HoMes for everyone (Broken Horse / gooDfellas, setteMBre 2008)genere: arT foLk psyCh

Questo disco, i l quar to per gl i austral iani Si lver Ray, r iesce a piacermi nonostante faccia di tut to per sembrare un esercizio di paludato autocompiacimento. A dire i l vero, mi piace proprio per questo, perché mette in opera un’ossessione ta lmente compiaciuta di sé da accadere in una dimensione f iera-mente autoreferenziale e quindi , in un cer to senso, inat taccabi le . Una cocciuta , raff inata e autarchica intensi tà che consente f requen-tazioni obl ique at torno ad un comune deno-minatore t ra i l c inematico e i l progressivo, con tut to quel lo che s ta in mezzo e nei din-torni .Per dire , t ’ imbat t i in una sor ta di Ry Co-oder ammaliato dai Maril lon p iù potabi l i

in Piglet , nel mesto s ipar io di violoncel lo e pianoforte condi to di vis ioni sfr igolant i Eno in 12 Miles , oppure nei soff ic i eff luvi Air col glockenspiel ad al tezza d’uomo in Not Far To Go , e poi ancora in quel la sor ta di John Parish incendiato ar t -glam di The Streets Of Melbourne e inf ine, ovviamente, nel cupo romanticismo Dirty Three solcato da ruggini corsare 90 Day Men in You Know The Truth quando non s t ra t tonat i da una fre-gola Calexico in Trai l Of Decept ion . A t ra t t i t i sembra un estremo sussul to post-rock, r ipiegato su se s tesso e sbocciato ad una r innovata generosi tà espressiva, pure

col cuore in af-fanno e quindi poco propenso a fes teggiare . Vota-to semmai a cer te processioni cre-puscolar i Cave (Larisa ) o ad an-gel iche agnizioni non lontane dai più eterei GY!BE o Sigur Ròs ( la t i t le t rack) . Col

loro desueto immaginario cosmico da ca-mera, Cam Butler, Bret t Pol iness e Jul i tha Ryan r iscoprono le potenzial i tà immaginif i -che del rock pre-post , met tendo a segno la soundtrack perfet ta per le vostre medi tazio-ni più ardimentose. (7.3 /10 )s t e f a n o s o l v e n t i

sJ esau – sMall vessel (anticon /gooDfellas, 24 giugno 2008)genere: indieTroniCa

Paventavamo un r ischio nel possibi le futuro di Sam Wisternoff , nel lo specif ico del suo moniker SJ Esau. Sospet tavamo che i l suc-cessore di Wrong Faced Cat Feed Collapse potesse essere fa t to di sol i “ammennicol i” , e che le canzoni diventassero pretesto di mon-taggio di colpi ad effet to , layer, animalet t i e le t t ronici . Invece, quel futuro era ipotet ico ed è r imasto anter iore , perchè Small Ves-sel colpisce proprio per la capaci tà di Sam di c ibars i di tut t i tardi Novanta indietronici e nonostante questo di saper proporre una buona scr i t tura .Un colpo r iusci to è la dolce nenia di Ba-

Page 45: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

CE

NS

ION

I

SA 89

stard Eyes, compresa la coda di combat t i -mento spaziale . Un colpo di spugna rende arrembante la successiva I Threw A Wobbly. I l tu t to è introdot to da un cut-up di piccole voci a l la The Books. Non s i ha mai l ’ im-pressione di ass is tere a qualcosa di r ipet i t i -vo; r isul ta to peral t ro più che insegui to nel genere, ma pensiamo a quante cadute questo sforzo ha provocato - una su tut te , quel la dei Tunng (che qui r iverberano, mist i a i Fa-ther Murphy, in Bubblehead) , sempre per r i -manere in ambito inglese, che diff ic i lmente reggono lo vest imento dal la “sovrastrut tu-ra” elet t ronica. I l maggior pregio di questo disco – lo ab-biamo già parzialmente det to - è che le can-zoni , senza quegl i e lementi che ostentano i l t ra t tamento in s tudio o al computer, tengo-no e denotano, più che una var iabi l i tà dei t ravest iment i (presente in Wrong Faced…), una sereni tà di esercizio del la penna. Ciò gl i evi ta i l fas t idioso appel la t ivo di post-moderno, pers ino nel brano più spinto del disco, quanto a schizofrenia memore del le Fornaci (ol t re che ancora dei Books, na-turalmente) , Ruddy Spark. E t rova in The Small Percent una bal la ta e terea – cantata da Charlot te Nichols , che suona anche i l cel lo - fe l icemente appena per turbata dai gorgheggi di un synth.Alla f ine, Sam definirebbe la sua musica, c ioè quel la di SJ ESau, sot to l ’e t ichet ta “experimental pop”. Facendo i cont i , la sua musica è popolare . Forse non diremmo spe-r imentale , ma raramente banale – e c i sono casi (guai a chi general izza, in ogni caso) in cui l imitare lo sper imental ismo, se uno sa scr ivere , giova. (6 .9/10)g a s P a r e c a l i r i

sonic youtH + Mats gustafsson + MerzBow – anDre siDer af sonic youtH (syr, 28 luglio 2008)genere: free improvisaTion / noise

Prosegue la “saga” del la Sonic Youth Recor-ding Experimental Ser ies , l ’e t ichet ta creata qualche anno fa dal la Gioventù Sonica con i l f ine di pubbl icare regis t razioni a l t r iment i diff ic i lmente commerciabi l i , e giunta a l suo ot tavo capi tolo. Andre Sider Af Sonic Youth, r ipropone integralmente la performance del la band al Fest ival di Roskilde , datata 1

lugl io 2005. Un’improvvisazione col le t t iva memorabi le , che ha vis to protagonis t i , sul lo s tesso palco di J im O’Rourke e compagni , i l sassofonis ta scandinavo Mats Gustafs-son e i l celebre laptop rumoris ta di Masami Akita , molto meglio conosciuto come Mer-zbow. Poco meno di un’ ora di noise del i -rante , nel corso del la quale i se t te musicis t i t i rano fuori , in un’al ta lenante sequenza al-ternata di tensioni e dis tensioni (che sem-brano avere come obiet t ivo la saturazione

del suono e i l suo contrar io) , i l loro la to più estremo. I l r isul ta to è una s intesi energica e adrenal inica di rumorismi che, per la loro inten-si tà , r iescono ad assumere un ca-rat tere prevalen-temente f is ico. I l

sax di Gustafsson, unico s t rumento acust ico insieme al la t romba di Kim Gordon, non sf i -gura per niente in questa apocal isse di fee-dback e rumore bianco, met tendo in mostra una tecnica “urlata” degna del migl ior Bra-xton (a l quale i l musicis ta scandinavo ha già dimostrato più vol te di far r i fer imento) . In un contesto del genere, la sogl ia t ra suo-no e rumore diventa una convenzione poco s ignif icat iva, un l imite ad un’espressivi tà veramente l ibera . Una s impat ica cur iosi tà : la performance ha preceduto l ’esecuzione al fes t ival dei Black Sabbath . Per la ser ie , i l mondo è bel lo perché è var io . Chissà come l ’avranno presa i fan duri e puri del l ’hard rock… (7.0/10 )D a n i e l e f o l l e r o

sParkle in grey – a quiet Place (Disaster By cHoice, setteMBre 2008) genere: posT roCk

Si par lava di Sparkle In Grey e del loro pr i -mo disco uff ic ia le di l i a venire . Dopo var ie t ravers ie A Quiet Place è quindi giunto a de-s t inazione at t raverso la Disasters By Choi-ce e un lavoro di produzione e master ing aff idato a Giuseppe Ielasi . Quindi s ignif ica che tanto i l packaging, con l ’ar twork incon-fondibi le di Hue, tanto “i l gusto e i l sapore”

dei suoni sono levigat i e lucent i come quan-do fai vedere l ’argenter ia migl iore di casa agl i ospi t i . E quest i sei brani per gl i Sparkle In Grey, questo sono in effet t i . L’argenter ia migl iore di casa, nel la misura in cui s i dimo-strano i brani megl io pensat i e s tudiat i f ino ad ora . Limporta l ’avevamo già sent i ta nel la compilat ion A Gif t For… g l i a l t r i brani ine-di t i ne evolvono in qualche modo le diverse sfaccet ta ture . Le rotondi tà e le t t roniche dei r i tmi di Goose Game che incedono, ra l len-tano, s i aggrovigl iano per un basso dal le color i ture quasi anni set tanta . E ancora i l v iol ino zigano che s i e leva su A Quiet Place o la nenia nostalgica costrui ta con la chi tar-ra in pr imo piano di Teacher Song . Da tut t i

i brani s i r icava come minimo co-mun denomina-tore la capaci tà ormai completa-mente smaliziata di far convivere s t r u m e n t a z i o n e elet t ronica e s t ru-mentazione acu-st ica . Non cer to una novi tà direte

voi . Una bel la novi tà in terra i ta l ica dico io , invece. Per lo meno a questo l ivel lo di r isul ta t i . Una mano non da poco deve averla data s icuramente Ielasi , ma è nel la s t rut tu-ra proprio dei brani e del le musiche degl i Sparkle In Grey che mi sembra più eviden-te i l r isul ta to di questa a lchimia. In passato avevo ci ta to i Tape come possibi le termine di paragone. Oggi , direi soprat tut to Piano Magic , non a caso ci ta t i dal la band s tessa nel la press re lease. La conclusiva Delusion Song esemplif ica a l megl io questo discorso come Limporta faceva in aper tura . L’elet-t ronica di Uggeri non nasconde un cer to gusto retrò che aggiunta a l basso va a col-locars i in terr i tor i molto s imil i a quel l i d i Glenn Johnson quando suona a nome Text i le Ranch. Ma forse sono solo tut t i quegl i uccel-l i campionat i e i l r icordo del la copert ina di Bird Heart In Wool a farmi scr ivere queste cose. Un disco nel suo genere r iusci t iss imo e anche abbastanza anomalo per i l panorama i ta l iano dove cont inuiamo ad eccel lere so-prat tut to in droni e f ie ld recordings, spesso

dimenticandoci del tut to del la melodia . Qui la melodia c’è . (7.0/10 ) a n t o n e l l o c o M u n a l e

stereolaB – cHeMical cHorDs (4aD /self, setteMBre 2008) genere: vinTage Wave

Sembra di vederl i , Tim Gane e Let i t ia Sa-dier, che di f ronte a l di lemma se cont inua-re ad esis tere o auto-archiviars i chiudendo la premiata di t ta Stereolab, s i r ispondono guardandosi intorno e scorgendo quel lo che in real tà c’è: i l vuoto. Perché nel 2008 e dopo undici dischi , di epigoni a l la loro al tezza non se ne scorge neppure l ’ombra. Stereolab quindi come marchio di qual i tà come sempre for iero di manufat t i pop di un cer to l ivel lo . Al di sot to del quale non s i scende nemmeno con questo Chemical Chords , tanto per capirci subi to . Indubbiamente i l tempo è passato e cer t i s i -par ie t t i re t rò lasciano un po’ i l tempo che t rovano. Sicuramente molte soluzioni r i t -miche suonano un po’ banal i e loff ie . Sen-za alcun dubbio i brani epocal-memorabi l i sono assai diff ic i l i da t rovare in questo di-sco (non datevi la pena di cercare nuove Lo Boob Osci l lator…). Però… i du-du-du-a-pa-pa di Laet i t ia su Neon Beanbag fanno sempre i l sol i to del i -z ioso effet to zuccherosamente f i lamentoso un po’ cant i lena infant i le , un po’ nenia pop, un po’ lol i t ismo vi ta natural durante . I l lavo-ro di Gane è sempre i l sol i to costrut to post kraut . Non lo scopriamo oggi e nemmeno lui se è vero che la maggioranza dei brani del disco sono s ta t i concepi t i assemblando di-vers i loop r i tmici creat i negl i anni e poi sot-topost i a l la Sadier per costruirci sopra un cantato più o meno plausibi le . Forse è per questo che le r i tmiche suonano assai meno omogenee che in passato. Frammenti cocktai l pop presi in prest i to da Dots & Loops (Chemical Chords, Si lver Sands, Sel f Portrai t wi th “electr ic brain” ) s i a l ternano a ping pong songs parent i dei marziani re taggi di Mars Audiac Quintet (One Finger Symphony , Valley Hi! l , Nous Vous Demandons Pardon ) . Non manca niente in questo disco per essere un perfet to f igl io Stereolab e come ta le va preso. L’ennesimo esercizio di c lasse , con un po’ di inevi ta-

Page 46: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

CE

NS

ION

I

SA 91

bile noia qui e l i , ma agl i Stereolab ormai non s i chiedono più i miracol i , quanto la capaci tà di r ipetere con s t i le un copione che ci è piaciuto per tut t i quest i anni . I l g iorno che Let i t ia non canterà più niente in f rance-se , a l lora s i che ci preoccuperemo sul ser io . (6.0/10 ) a n t o n e l l o c o M u n a l e

styrofoaM – a tHousanD worDs (nettwerk, 10 giugno 2008) genere: indie(pop)TroniCa

I l ta lento ar t is t ico del belga Arne Van Pe-tegem , unico t i tolare del proget to Styrofo-am, è ormai cosa ben nota a chiunque ab-bia apprezzato i l suono Morr Music . Cinque album f inora pubbl icat i - tut t i sot to l ’egi-da del l ’e t ichet ta ber l inese - che hanno evidenzia-to la personale interpretazione di indietronica del Nostro: languide, mal inconiche at-mosfere e le t t ro-niche infarci te di gl i tch che ben s i d i f f e r e n z i a v a n o in quel magma di epigoni che presero f idu-cia sul la scia dei Notwist , Lali Puna , Dn-tel e compagnia var ia . Ma ecco che proprio i l cambio di casa discograf ica sembra aver incoraggiato Arne ad abbracciare sonori tà decisamente più pop: A Thousand Words rappresenta i l nuovo Give Up f i rmato Po-stal Service , né più né meno. Ott ime me-lodie anni 80 con r i tornel l i a presa rapida, nessun brano s t rumentale e tant i ospi t i vo-cal i ( i l J immy Eat World J im Adkins, Erica Driscol l , Blake Hazard, Josh Rouse e Li l i De La Mora) per un album di faci le e im-mediato ascol to , condi to da una nostalgica car ica emozionale che pervade ogni suo s in-golo passaggio. Niente di nuovo. Ma c’è da sot tol ineare come quest’album sia i l solo in grado di r ivaleg-giare con quel perfet to condensato di pop-tronica messo a segno dal la coppia Gibbard/Tamborel lo nel 2003. E s ì che di nomi che ci hanno provato in tut t i quest i anni potremmo r iempirci gl i e lenchi te lefonici . Se sent i te i l

b isogno di essere r incuorat i da calde, avvol-gent i canzoni pop, con A Thousand Words non potreste chiedere di megl io . (6.8/10 )a n D r e a P r o v i n c i a l i

sycloPs – i’ve got My eye on you (Dfa / gooDfellas, luglio 2008) genere: Jazzy-house

Con indizi qual i Maurice Ful ton al la produ-zione e Dfa al la promozione non ci s i può non soffermare. Esis tono nientemeno che dal 2001 ( i l 12” The Abdoer per Bubble Te-ase) i Syclops, benché cont inui dal 2005 col r i lascio, per Tirk e Dfa, dei s ingol i Mom, The Video Broke, The Fly e Where’s Jason’s K. Quest i ul t imi sono tut t i in I ’ve Got My Eye On You, debut to lungo del la compagi-ne f innica – Sven Kortehis to a l le tas t iere e e le t t ronica; Hanna Sarkari a l basso, tas t iere e e le t t ronica; Jukka Kantonen al la bat ter ia , percussioni e bat ter ia processata – coadiu-vata da Ful ton in sede di arrangiamento e produzione. Un menage t ra pr imigenia acid-house chicagoana (NR17 , 5 Out , Where’s Jason’s K ) e movenze jazzy (The E Ticket , A Lovely Sunday ) dove nul la è lasciato al caso. Trat tas i di compit ino, s ia chiaro, per cui niente di miracoloso. Non ci s i s t rappa i capel l i insomma, ma momenti l ie t i sono garant i t i . (7/10 )g i a n n i a v e l l a

tussle – creaM cuts (sMalltown suPersounD / faMily affair, 25 agosto 2008) genere: arT-Wave

Con una l ine up modif icata e i l fardel lo del terzo album - l ’a l t r iment i noto come disco del la conferma o del la disgrazia - sul grop-pone, i Tussle sfornano i l loro migl ior lavo-ro. Fuori Alexis Georgopolous (ora The Arp) e con un Andy Cabic a mezzo servizio, la compagine cal i forniana convoca Tomo Ya-suda degl i Hot Chip al basso e Warren Hue-gel dei Ci tay al la bat ter ia ; per far la breve, vis to che par l iamo di un gruppo che fa del la r i tmica i l proprio essere: un act totalmente r innovato. Prodot to da Thom Monahan (Ve-t iver, Brightblack Morning Light) , Cream Cuts ha un che di laborator ia le e non solo di mera esecuzione. è lo s tudio di regis t ra-zione lo s t rumento in più, usato al la manie-

ra - ma solo in essa - dei This Heat e fa t to interagire quindi a l la par i di una chi tarra o di un basso. Si apre in sordina con la pi l lo-la jazz-dub Saturnism . Neanche un minuto di durata e s i schiudono le danze: Transpa-rent C ha una cassa dr i t ta contundente , di

quel le ambite da ogni woofer che s i r ispet t i . Hou-se e post-punk amoreggiano al la s t regua degl i ! ! ! . Nel loro incede-re serrato, Night Of The Hunter e Meh-Teh ram-mentano perché i Tussle sono a ra-

gion veduta f igl i di cer to krautrock; ma ol-t re la musica tedesca, la band è notor ia per le tangenze new wave - a là Liquid Liquid in Abacba e Titan e Kil l ing Joke nel la possente Rainbow Claw - e inol t re , grazie a l le sor-t i te avant-garde di Third Party e Personal Ef fects (andir ivieni di volumi, echi s inis t r i , rumori t rovat i , c inguet t i i…) oggi s t re t ta pa-rente di chi dal la new wave par t ì - vedi i c i -ta t i This Heat - a l la vol ta del la perfezione… Chissà, forse t ra qualche anno s i par lerà dei Tussle come gruppo marginale di lusso t ipo Medium Medium oppure Urban Verbs. Le r i -s tampe deluxe sono ancora lontane, affret-ta tevi . (7.0/10 )g i a n n i a v e l l a

uglysuit, tHe – tHe uglysuit (toucH anD go/quarter stick recorDs, setteMBre 2008)genere: dream/pop

Sei ragazzi da Oklahoma City al debut to con un album pieno di f resca convinzione e s t r isciante consapevolezza. In un cer to senso, f rut to spurio di quest i lu-s t r i che hanno vis to implodere ed espander-s i le possibi l i tà del folk-pop psichedel ico, medi tando sul la possibi l i tà di rappresentare e def inire nuove front iere pur res tando con la tes ta e i p iedi nel grembo t iepido del la t radizione. Potremmo spendere i nomi di Wilco e Radar Bros , d i Secret Machines e Jim O’Rourke , bazzicando così una modal i tà “americana”

che indaga in obl iquo le proprie possibi l i tà senza negarsi gl i incant i più carezzevol i né cer t i azzardi avant quale lasci to del la per-turbazione post . A ta l proposi to , una . . .And We Became Sun-shine sembra fat ta apposta per s intet izzare tut ta ‘s ta poet ica , coi suoi ol t re set te minut i di peregrinazione t repida e cangiante in una zona franca t ra – poniamo - Arcade Fire e Beach Boys , insegnando en passent due o t re cose ai car i Coldplay . Un po’ quel che accade, solo con più s lancio e turgore immaginif ico, nel l ’a l t ra mini-sui te Everyone Now Has a Smile , mentre Chicago e Happy Yel low Rainbow g iocano car te più immediate , cavandosela agi le t ra vibrazioni AOR la pr ima e s temperando palpi t i & s t ra l i Phish con s t ruggimenti & furor i Grant Lee Phil l ips la seconda. Questo disco e questa band non sono nul la di nuovo o r ivoluzio-nar io , ma dimostrano che non manca mai qualcuno in grado di prendere i l tes t imone, nel sogno apparentemente inf ini to , perenne-mente in f ier i , del l ’Americana. (7.0 /10 )s t e f a n o s o l v e n t i

unDergrounD railroaD – stick anD stones (one little inDian, 29 setteMBre 2008) genere: soniC youTh

“Stick And Stones è uno di quei dischi da ascol tare in macchina per salutare l ’es ta te con la giusta dose di mal inconia e un po’ di quel la cat t iver ia che sarà ut i le nel r ientro set tembrino. Peccato i nostr i s iano cadut i vi t t ime di un’ indigest ione da Sonic Youth e Deerhoof fuori tempo massimo che imbarazzerebbe anche uno sbarbatel lo . Non mancano pez-zi che avrebbero potuto tormentarci qual-che quinquennio fa’ (One More Hit , St ick And Stones, New Variety) , peccato che oggi facciano più o meno sorr idere . Svegl ia ra-gazzi!” Questo era quanto avevo scr i t to pr i -ma di vis ionare i l v ideo del la t i t le t rack su Youtube. No. Ora è tut to più chiaro. Loro inaugureranno the new wave of sonic-youthism. E La camicia a quadri e i l capel lo s lacker del bassis ta s i premurano di r ibadir-lo , nel caso non fosse già palese. (5.0/10 )f r a n c e s c a M a r o n g i u

Page 47: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

CE

NS

ION

I

SA 93

unkle – enD titles… stories for filM (surrenDer all / self, setteMBre 2008) genere: eLeCTroWave Secondo i l grande capo del proget to (James Lavel le , coadiuvato da un po’ di tempo dal f idato Pablo Clements ) questo non sarebbe in ver i tà i l nuovo disco degl i UNKLE, bensì una raccol ta di refusi e di pezzi che avreb-bero preso solo polvere , probabi lmente di-menticat i dopo la vis ione di f i lm o video-cl ip protounderground di cui sono colonna sonora. Ci vanno quindi di rasset to e di r i -master izzazione i due dopo i l mezzo f lop del l ’anno scorso. Come molte vol te accade di sent i re sul le OST che ci passano sot to gl i occhi e le orecchie , è diff ic i le lasciare la musica senza l ’ immagine in movimento. I l d is tacco al le vol te è t roppo brusco. Qui a lcune t racce acquis tano una vis ionarietà che s i regge da sola: un gusto wave diret-tamente dagl i 80 degl i U2 in pieno per iodo Eno (Nocturnal ) dai 90 dei Radiohead ( i l featur ing di Homme dei Queen of the Sto-ne Age in Chemical e la Clouds dei Black Mountain ) o da una cer to profumo bri t che r icorda i Verve (Can’t Hurt ) ; in a l t r i momen-t i invece s i perde i l gr ip: la cover dylaniana nel la vers ione di Abel Ferrara (Open Up Your Eyes ) o i l r ichiamo senza spina dorsale a l l ’e le t t r ic i tà dei Depeche Mode ( in Blade In The Back ) . I l duo non var ia la sua sol i ta proposta musicale wave-catchy-hop facendo del featur ing la sua ragion d’essere . La so-nori tà r imane sempre sul le s tesse coordina-te , ma a r ipensare e r iassemblare ogni tanto ci s i r invigorisce. Un disco al ta lenante che s i lascia ascol tare e crea qui e là coolnes senza essere t roppo pretenzioso.(6.0/10 )M a r c o B r a g g i o n

cHaD vangaalen – soft airPlane (suB PoP / auDiogloBe, 9 setteMBre 2008) genere: songWriTing pop-foLk

Soft Airplane rappresenta i l terzo album di questo tut tofare canadese che, nonostante una f in t roppo evidente devozione per Neil Young , aveva messo a segno un buon colpo con la sua seconda fat ica Skel l iconnect ion . Non s i t ra t tava cer to di qualcosa di t rascen-dentale , ma quel la ar t igiana alchimia del le sue umil i e t radizional i a tmosfere in bassa fedel tà viene oggi sol tanto sf iorata . Poco è

cambiato in quest i due anni : fa sempre tut to da solo e quel l ’amore non celato per l ’auto-re di Harvest non accenna a svanire – l ’ ini-ziale Willow Tree s f iora i l p lagio. I l d isco nel suo insieme r isul ta f in t roppo arzigo-golato. Un’eccessiva s t ra t i f icazione sonora, t ra e le t t ronica e s t rumentazione t radiziona-le - come vibrafono, campanel l ini ecc. – f i -nisce per soffocare la t rasognante int imità del la maggior par te dei brani . Infat t i le cose migl iorano non poco quando è la semplici tà a far la da protagonis ta . Cries Of The Dead , Molten Light , Rabid Bi ts Of Time e City Of Electr ic Light sono ot t imi esempi di f re-schezza cantautorale in equi l ibr io perfet to t ra t radizione folk e indie-pop, che avvicina VanGaalen al l ’ot t imo David Kitt . Non è la sua capaci tà di scr i t tura ad esser messa in discussione, bensì i suoi arrangiamenti f in t roppo invasivi . Soft Airplane s t rappa co-munque la suff ic ienza, ma che in futuro s i eserci t i con la sot t razione. (6.0/10 )a n D r e a P r o v i n c i a l i

verve, tHe - fortH (eMi/caPitol, 2 setteMBre 2008)genere: psyCh/foLk

Con la loro repent ina spar iz ione dal le scene al l ’apice del successo, i Verve divennero IL buco nero del la nebulosa br i t pop. Che in qualche modo esigeva d’essere r iempito, se non al t ro per colmarne l ’epocale senso di coi tus interruptus . Tut to c iò , ass ieme al le controverse e spesso anonime prove dei mem-bri in diaspora, spiega in par te i l perché di questa reunion e di questo Forth , a lbum del tut to fuori s incrono r ispet to a i tempi , quasi fosse un corpo precipi ta to dal la ucronia che pervade i vostr i sogni più dolci o i p iù a t ro-ci incubi secondo i l caso. Sot to l ’equivoco ingenerato dal s ingolo Love Is Noise - ov-vero come pasturare ad accigl ia to wave pop la t repidante platea - s i agi tano infat t i bal-la te dal l ’enfasi tesa e imbronciata calcate sui glor iosi quanto vetust i c l iché di Lucky Man e History (sf iorando i l conclamato auto plagio con Rather Be e Valium Skies ) oppure excursus acidi senza t roppo quart iere né cr i -ter io memori del le l isergiche cavalcate pe-r iodo A Storm In Heaven (s i prendano Noise Epic e l ’ iniziale Sit And Wonder ) . Trat tas i insomma di un tentat ivo di cogl iere l ’ intera

c i f ra espressiva del la band degl i ex- l i t igan-t i Ashcroft e McCabe. La qual cosa sarebbe anche apprezzabi le r ispet to ad un prosaico tentat ivo di bat tere cassa sul la scia mil iona-r ia folk-pop di Urban Hymns , non fosse che purtroppo la vena s i a t torcigl ia a t torno ad una sclerosi ta lora imbarazzante , snoccio-lando idee col contagocce per poi di luir le in un prof luvio di effet t is t ica (emblemati-

che in ta l senso I See Houses , Numbness e Co-lumbo ) . Verreb-be quasi da dire: peccato. Perché poi una Judas o una Appalachian Springs potreb-bero tener tes ta d’amblé al mi-gl ior catalogo

Coldplay , e suonano come se fossero s ta te scr i t te in bel l iss ima dis invol tura . Insomma, ce ne faremo una ragione, come del res to avevamo già imparato a fare da un decennio a questa par te . I l pr incipale meri to dei Verve in fondo non fu quel cer to indubi tabi le ma non t rascendentale ta lento, quanto la capa-ci tà o la for tuna di t rovarsi a l posto giusto nel momento giusto per met ter lo in prat ica . Certe congiunture però sono t reni che diff i -c i lmente passano due vol te . (5.5 /10 )s t e f a n o s o l v e n t i

victor DéMé – victor DéMé (cHaPa Blues/faMily affair, ottoBre 2008) genere: WorLd musiC

Da che s iamo stat i inondat i da dischi che et ichet t iamo “world music” più per como-di tà che al t ro , non abbiamo mai smesso di sorprenderci . Anzi , vaci l l iamo in preda a capogir i a l pensiero di chissà cosa ci s t ia-mo perdendo, magari proprio in questo pre-ciso momento. Non passa infat t i mese che non sal t i fuori una qualche musica per noi “ inaudi ta” , che nel paese d’or igine vie-ne probabi lmente suonata a ogni angolo di s t rada. Insomma, t ra country e mazurca, la differenza s ta nel l ’egemonia cul turale . O, tut t ’a l più, nel punto d’osservazione. Tut to questo per dire che i l buon Démé era per noi un autent ico sconosciuto f inché questo di-

sco non ha vis to la luce in Francia lo scorso marzo. Da l ì s i è t rasformato in un caso di successo, smerciando f ino a metà del 2008 qualcosa come 10.000 copie e issandosi per un mese f i la to in vet ta a l le c lass i f iche spe-cial izzate d’ol t ra lpe. Esi to che ha persuaso l ’e t ichet ta - creata apposi tamente per Victor dal la Makasound col giornal is ta David Co-meil las - a l la dis t r ibuzione i ta l iana e dun-que approfi t ta tene, perché ne vale la pena. Talento di famigl ia , quel lo di Victor, t ra-smesso dal la madre che soleva cantare a i matr imoni del Burkina Faso, mentre i l pa-dre , sar to , gl i dona i mezzi per procurars i i l pane quot idiano. E’ proprio al ternando l ’a t t ivi tà di bot tega e le es ibizioni nei lo-cal i di Abidjan, Costa D’Avorio, che Victor s i fa ossa e reputazione nel le glor ie local i Super Mandé . Quando a f ine ‘80 decide di tornare in patr ia , è nel pieno del la creat ivi tà e fa incet ta di premi: sembra avere la s t rada spianata , ma una ser ie di problemi lo a l lon-tana dal le scene. Tocca at tendere i l nuovo mil lennio perché Démé - che nel f ra t tempo non ha mai spesso di scr ivere né di es ibir-s i , sebbene con minore frequenza - incon-tr i i l s ignor Comeil las , che lo spedisce in uno s tudio ar t igianale a incidere le per le qui racchiuse. Un miscugl io mult i forme e can-giante che investe con sarabande t ropical i e dipana una pecul iare idea di “chanson”; che al terna una del icata ode amorosa al la r i f less ione sociopol i t ica; che, ancora non soddisfat to , viaggia da Cuba al la Spagna meridionale e persuade quanto i l mondo s ia davvero un piccolo vi l laggio. Fat ta eccezio-ne per la coppia di brani t radizional i man-dingo col locat i in chiusura - interessant i ma corpo estraneo col res to - vi s i spalancherà in mano un’ora di musica totale , accesa di pura passione e s incera bel lezza. Globale è bel lo , s ì . (7.4/10 )g i a n c a r l o t u r r a

walkMen, tHe – you & Me (gigantic Music, 19 agosto 2008) genere: indie-roCk

Devo dire la ver i tà : i pr imi passi dentro questo album presagivano un cambiamento di rot ta o megl io una messa a fuoco di vec-chi melodismi new wave in chiave vintage con un r innovato senso del l ’ int imo, da s lab-

Page 48: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

CE

NS

ION

I

SA 95

brare lungo tracce contorsionisticamente de-licate. L’apparenza inganna e se mentre l’in-timismo raggiunto e ricercato è la chiave per leggere questo nuovo capitolo del quintetto di New York, la spesso fastidiosa pochezza della scrittura evoca fantasmi di logorrea inutile e un non accettabile ripiegamento su se stessi. Laddove si comincia con entusiamo nei terri-tori wave ormai solcati sin dall’esordio ma con un maggior senso di oppressione musicale ed emotiva (le inflessioni chitarristiche in basso profilo su singulti di batteria di Donde Esta La Playa , la vena dark-lasciva della speciale On The Water e l’irrequietezza dello scorre-

vole low&loud di Postcards From Tiny Islands) poi si ritrova la fami-liarità con la pro-pria proposta più ruffiana nel me-stiere del singolo In The New Year . In seguito, Red Moon è un lentone

piacione per fiati e voce alcolica, Long Time Ahead Of Us un indolente sussurro fra chi-tarre flebili e vuoto di prospettive, If Only It Were True una ballata paracula a dovere per chiudere il disco. In mezzo una Canadian Girl che sa di anni ’50 e di Dean Martin e che un po’ la butti in mezzo per far scena, un po’ sa farsi piacere…Insomma i Walkmen hanno deciso di non battere nessuna strada con con-vizione lasciandosi trasportare da quello che sanno fare da sempre, il tutto infarcito del so-lito croonerismo da Bono alticcio, delle solite chitarrine wave, delle solite tastierine vintage (meno invadenti che in passato) e da qualche (troppa?) ballatona senza arte né parte messa lì giusto come riempitivo. 14 tracce che po-tevano essere 10 e fatte in modo più conciso, per un disco discont inuo che ha momenti che s i fanno apprezzare e tant i a l t r i che vanno a perders i nel l ’ inconsis tenza. (5.0/10 )a l e s s a n D r o g r a s s i

woven HanD – ten stones (sounDs faMilyre/gooDfellas, 9 setteMBre 2008) genere: ameriCan rooTs-goThiC Metamorfosi nella continuità, la carriera di Eugene Edwards, edificata una canzone dopo

l’altra sul costante approfondimento di “mas-simi sistemi” esistenziali, in lui - uomo di pro-fonda religiosità - ancor più duri da affronta-re. La qual cosa non significa che dal punto di vista strettamente musicale non vi siano evo-luzioni, né che ogni disco sia copia conforme del precedente. Tutt’altro: come coi romanzie-ri è l’opera nel complesso che va considera-ta, pena la parziale o totale incomprensione. Nello specifico del quinto capitolo dei Woven Hand, l’Inghilterra dei primissimi ’80 occu-pa spesso il proscenio, rappresentando il pun-to di partenza per cospargere la new wave di post psichedelia (i favolosi Shiva Burlesque emergono da Not One Stone e Horsetail: The Beautiful Axe li restituisce ai Bunnymen di Crocodiles), oppure per fare cosa unica di go-tico europeo e statunitense. Si sferza di calore roots un guscio oscuramente algido, come se Ian Curtis fosse circondato dai Gun Club nel cuore nero pece di un’apocalisse elettroacusti-ca (cos’altro è sennò Kingdom Of Ice?). Quanto il merito sia ascrivibile alla presenza di Emil Nikolaisen - chitarrista degli slavati Serena Maneesh - è arduo dirlo, ma considerando la rilevanza di Edwards pare più verosimile con-siderare il gesto come ulteriore tassello di una ricerca del sé con pochi eguali contemporanei e, viceversa, innumerevoli predecessori nel passato illustre da cui attinge. Ricerca che in altri episodi mantiene come sfondo un Ovest psichico (Iron Feather) e allo stesso tempo materiale (Cohawkin Road), quella frontie-ra da spostare faticosamente ogni giorno una iarda più avanti nell’assoluta ignoranza della meta. Ecco perché, infine, sbucano da sotto la sabbia il blues (un invasato metà Jim Morri-son e metà Grant Lee Philips si impossessa di White Knuckle Grip) e l’elegia chiesastica (His Loyal Love poggia rifrazioni shoegaze su una rabbrividente melodia folk). E’ sempre tradizione, qualsiasi essa sia e quindi anche la più sorprendente: Quiet Nights Of Quiet Stars appartiene a Jobim, tuttavia qui la dici eseguita da dei Black Heart Procession vi-cini più del solito ai Tuxedomoon. Questa è l’America(na) del fu 16 Horsepower: una ma-trigna rivelatrice raffigurata con toni modera-tamente epici e parole di introspettivo, magne-tico simbolismo; meditazioni e tormenti di un individuo che conosce il peccato e intravede nell’Altissimo la redenzione. Un disco splen-

dido come Ten Stones raccoglie dal passato la forza per arrivare a domani, caricando modelli illustri delle proprie aspettative, dubbi e ri-sposte. Si fa amici degli spettri, e con loro cammina incontro al destino. (7.8/10 )g i a n c a r l o t u r r a

yo MaJesty – kryPtonite Pussy e.P. (DoMino, 26 Marzo 2007) genere: hip-hop Lo sappiamo tut t i che c’è hardcore e har-dcore, che basta intendersi per non correre r ischi e incappare in memorabi l i f iguracce. Paiono fregarsene al la s t ragrande le Yo Ma-jesty, dunque non andategl ie lo a far notare e l imitatevi ad ascol tare questo loro sforzo di susci tare scalpore con l ’ innovat iva accop-piata “hip hop + tes t i sessualmente espl ic i -t i“ . Temi t ra t ta t i con ovvia dovizia di par-t icolar i e l inguaggio adeguato, ovviamente, t ra una discreta e legia del la bot ta e via aro-matizzata e lectro ’80 qual è Hit I t And Quit I t e passi che non sapendo deciders i s’ in-golfano s t i racchiat i , scontat i , prevedibi-l i . Qualcuno ci cascherà in pieno e par lerà di nuova front iera del femminismo (pove-ra Queen Latifah , tu t to tempo sprecato i l tuo…), mentre è esat tamente nel conformar-s i a uno s tereot ipo sessis ta che le ragazze bucano l ’acqua ed escono sconfi t te anche in quanto “fenomeno” extramusicale . Sen-za chiamare in causa nomi eccessivamente impegnat ivi , le Salt ‘n’ Pepa (omaggiate come non s i dovrebbe - vale a dire plagiate - nel la t i t le- t rack, peral t ro l ’unica t raccia capace di reggere l ’ascol to) erano più spi-gl ia te , forni te di ben al t ro gusto. Gole poco profonde, Yo Majesty: a questo giro meglio i l c ineforum. (5.5 /10 )g i a n c a r l o t u r r a

zëro – Joke Box (ici D’ailleurs/auDiogloBe, 28 luglio 2008) genere: posT roCk

Quantunque non vol i a l le medesime s t ra-tosfer iche al tezze, Joke Box (“esordio” per modo di dire , considerando che la band fran-cese era a t t iva dieci anni fa come Bästard ) sembra voler sot tendere al la musica le me-desime intenzioni degl i Autist ic Daughters . Ovvero una volontà di tornare a l post rock aggiungendovi un grado d’emotivi tà e i ronia

ad esso sconosciuto. Di dars i a l l ’umanesimo in un ambito nel quale i l d is tacco intel le t t i -vo era diventato, verso l ’esaurirs i del la pa-rabola , una fr igida e autoreferenziale pietra a l col lo . Che sono, in buona sostanza, quei difet t i che da sempre imputiamo con ragio-ne al progressive, del quale i l post rock s i prof i la(va) quale var iante sul ser io “col ta e progressis ta” . Per non scadere in ta l i t rap-pole e condurre in porto l ’operazione occor-rono tut tora i nervi saldi di chi la musica la mast ica , ne conosce da tempo s ia le pieghe e i cantucci che la s t rada maestra . Sarebbe comunque insuff ic iente senza la capaci tà di met ter mano a composizioni sapientemen-te equi l ibrate , che rest ino in mente a l di là del l ’ascol to f re t toloso e curate nel det tagl io senza che a r imet terci s ia l ’urgenza (qui non vi sono fronzol i , s i sa luta dopo t rentacinque gir i di lancet te) . Riesce a chi non è un ba-nale epigono o, peggio, uno sal ta to sul carro del vinci tore a cose fat te . A chi può permet-ters i di sf i lare dal la manica l ’asso Big Scre-en/Flat People ( i This Heat con in squa-dra Mark E. Smith ) , d i snodare un vi luppo chicagoano squadrato e nondimeno tor tuoso come Go Stereo , d i fare ondeggiare la cor-da tesa di bordoni e t icchet t i i Cars, Buses , Etc . . . I l t rucco - che ta le non è - r is iede nel mescolare con destrezza le car te e r icordar-s i da che mazzo vengono estrat te : par l iamo casomai di sciol tezza, a l lora , evidente nel r i leggere i Devo (Automodown/Spacegir l Blues ) , nel dare in pasto i l rock and rol l a l la demenza (Drag Queen Blues ) e nel chiar i re quanto sbagl ia chi - dei pr imi anni Set tan-ta - suole fare di tut t ’erba un fascio (Luna Park, Crosby And Garfunkel ) . Come dicono dal le loro par t i , chapeau! (7.2/10 )g i a n c a r l o t u r r a

Page 49: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

CE

NS

ION

I

SA 97

LIbRI

cl a uDia att iMonell i - tecHno : r i tMi afrofuturist i (MelteMi eD i tore , 2008)Panoramica ag i l e e a s s i eme in t ensa ana l i -s i de l f enomeno t echno , che da un quar to d i s eco lo ormai s i ag i ta mi sch iando l e co -ord ina te , i con f in i , i l s enso s t e s so d i un -derground e ma ins t ream. Mol t i g l i spun t i d i r i f l e s s ione anche e sopra t tu t to ex t ra -mus ica l i . A l t re t tan te l e sorprese .

Più andavo avan t i a l egge re ques to l i b ro , p iù mi conv incevo che fos se s t a to sc r i t -t o pe r me . Ovvero - o meg l io - pe r que l l i come me , che r ecano l e s t immate de l fo lk -rock e l e t t roacus t i co su tu t t i g l i appa ra t i p repos t i a l l a pe rcez ione ed e l aboraz ione

d i que l l a s t r ana cosa che us i amo/os i amo ch iamare mus ica . E che qu ind i da sempre nu t rono una s t r i s c i an te d i f f idenza ve r so l e man i fe s t az ion i e l e t t ron iche , ma lg rado tu t t i i Kraf twerk e i New Order c i s i a cap i t a to d i i do la t r a re . Quan to a l l a t echno , po i , non ne pa r l i amo: e ra - è - l a d imens io -ne o l t r anz i s t a , l ’ogge t to oscu ro , s cos t an -t e s t ru t tu ra l a cu i a l t e r i t à r endeva - r ende - l ’ approcc io una ve ra e p ropr i a s f ida a l nos t ro immagina r io p l a sma to a ba l l a t e e rock ’n ’ ro l l . Ques to l i b ro a r r iva a sp i ega re due o t r e cosucce a quan t i non hanno avu to l a vo -lon tà e l a cos t anza d i anda re f ino in fon -do : ovve ro , mi sp i ega pe rché f acevo cos ì t an t a f a t i ca a en t r a rc i , una sp i egaz ione che è anche l a ch iave da f a r g i r a re ne l l a t oppa . Pe r, ca somai , ap r i r e uno sp i r ag l io . A l l ’ au -t r i ce , a l l e p re se co l p r imo l ib ro “ve ro” , va i l mer i to d i ave r r e so tu t to c iò e s t r emamen-t e god ib i l e ma lg rado l a robus t ezza t eo r i ca su l l a qua le pogg iano l e a rgomen taz ion i . La At t imone l l i non s i f a s c rupo lo in fa t t i d i me t t e re in g ioco a spe t t i s to r i co - soc ia l i , f enomeno log ic i e s i a pu re an t ropo log ic i , abbozzando una mappa de l l a con tempora -ne i t à d i cu i l a t echno appa re come e l emen-to o rgan ico e qu ind i i r r inunc iab i l e . R i su l -t a to : dopo ques to v i agg io f a t to d i mor t i v iven t i ne l fondo de l l ’oceano , d i unde -g round p re - sov ie t i c i e r i va l se cosmiche , d i macch ine fu tu r i s t e e d i sco -c lub ca rbona r i , d i and ro id i che sognano pecore funk- j azz , d i a s t r az ione e r e i t e r az ione come vor t i c i u l t r a razz i a l i , d i cybe r-e ro t i smi e f e t i c i -smo u top ico , d i e s t a s i ch imiche e f i e r ezza mod , d i ebbrezze d ion i s i ache e moto rc i ty che t r a smig rano ve r so i l cuo re b ig io de l l a mi t t e l eu ropa , dopo tu t to c iò ( e a l t ro anco-ra ) s a rà p iù d i f f i c i l e agg i r a re l ’o s t aco lo , f a r s i un a l ib i e non a ff ron ta re l a ques t io -ne . Anz i , d i r e i che t i c i t rov i den t ro con tu t t e l e gambe e scopr i che non è neanche ma le . Pe r quan to r igua rda invece g l i appass io -na t i de l gene re , que l l i che de i Jef f Mi l -l s e de i Drexc iya s anno g i à v i t a mor t e e mi raco l i , immagino che l ’ ampiezza de l lo sgua rdo , l a so l id i t à ana l i t i ca e l ’ acume de l l e r i f l e s s ion i dovrebbe comunque fo r-n i r e un be l t e r r eno d i conf ron to e ve r i f i ca ,

tHurston Moore – Mix taPe . l’arte Dell a cultur a Delle a uDioca s sette ( isBn , 2008 , 100 PP. 22 euro)Un sogno che s i avve ra . Ovvero , que l lo d i en t r a re den t ro casa d i a l cun i deg l i a r t i s t i da no i p iù ama t i e sb i r c i a rne non l a co l l e -z ione d i d i sch i , bens ì l a p iù pe r sona le ed anac ron i s t i ca fo rma d i s e l ez ione mus ica -l e de i sudde t t i : l a compi l a t ion su cas se t -t a . Qua lche nome? J im O’Rourke e John Zorn , Mike Wat t e Ga laxy 500 , D j Spooky e Tony Conrad .Mix Tape è p rop r io que l lo che c i s i immagina s in da l l a sugges t iva co -pe r t ina a fo rma d i aud iocasse t t a : una com-p i l a t ion de l l e compi l a t ion immor ta l a t e su nas t ro cu ra t a ed in t rodo t t a da que l mos t ro d i Thur s ton Moore . I l ch i t a r r i s t a de l l a g io -ven tù son ica s i pone in una dopp ia ves t e : que l l a de l f an de l l a cas se t t a quando r i co r-da – in una in t roduz ione pu r t roppo b re -

ve ma che r ende pe r fe t t amen te l ’ i dea – l e p r ime (d i s ) avven tu re con nas t r i e mix pe r-sona l i , t occando i l cuo re e f acendo r im-p iange re un po ’ a t u t t i que l comba t t e re ro -man t i co ed an t iqua to con p i a s t r e , ca s se t t e e cope r t ine homemade . Ma anche que l l a de l c r i t i co quando , s e l ez ionando una se -r i e d i mix tapes d i co l l egh i ed amic i f amo-s i , s i ge t t a a capof i t t o in una ana l i s i de l cosa r appresen ta s se l a compi l a t ion e come fos se que l mondo p iù spon taneo e na i f i n cu i l a c i r co laz ione de l l e i dee v i agg iava su ve loc i t à mol to p iù umane .A comple t a re i l l i b ro de l l e be l l e i l l u s t r az ion i che mos t r a -no come anche mos t r i s ac r i de l l a mus ica dopo tu t to f aces se ro c i r co la re in man ie ra semi -ca rbona ra mix pe r sona l i con a s soc ia -z ion i mus ica l i a vo l t e cu r iose o inconsue -t e e gua rn i t e da a r twork f a t t i i n casa che nu l l a avevano da inv id i a re a l l e g ra f i che deg l i a lbum u ff i c i a l i .Se ave te anche una so la vo l t a p rova to a r eg i s t r a re una se l e -z ione d i b ran i pe r amic i o pe r sone ca re , ne l t en t a t ivo d i f a r c i r co la re l e mus iche da vo i ama te , beh , f a t ev i ‘ s to r ega lo . Non r imar re t e de lus i .s t e f a n o P i f f e r i

perco r rendo i l qua le - ch i s sà - non è e sc lu -so che inc i ampino in qua lche so rp resa . s t e f a n o s o l v e n t i

Page 50: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

CE

NS

ION

I

SA 99

LIvE

fiB – xiv festival international De BenicÀssiM – 17/20 luglio 2008

Nella l ine-up di uno dei più grandi fes t ival europei troviamo i r i torni di Leonard Co-hen e dei My Bloody Valent ine, is t i tuzioni come Morrissey e i New York Dolls , maghi del l ive qual i Raconteurs , Gnars Barkley e Sigur Rós. E se tut ta questa gente con la faccia dipinta fosse invece qui solo per bal-lare ascol tando i Just ice?

“I t ’s Monkey Time!!” David Johansen s i s ta diver tendo come un ragazzino. è sor-prendentemente in forma, se s i eccet tua la buffa pancia che sbuca dal la magl ie t ta t rop-po corta . Sta offrendo uno show spet taco-lare , una r ivinci ta tanto sul le sfor tune del passato, quanto su coloro che s’aspet tavano di vedere i New York Dolls come rel iquie , come fantasmi sot to spir i to . Quando duet ta con l ’a l t ro superst i te , Sylvain Sylvain , per

omaggiare Johnny Thunders cantando You Can’t Put Your Arms Around A Memory, per i l pubbl ico è inevi tabi le commuoversi e gio-i re a l pensiero di s tare vivendo un momento imperdibi le , benedet to dal la grazia subl ime e crudele del rock and rol l . Eppure i l grosso dei present i a l FIB non è a l Main Stage a godersi la celebrazione del le bambole. Cerca piut tosto di arr ivare a vedere gl i Hot Chip , che s tanno suonando su uno dei due palchi copert i . La capienza del Fiberf ib .com Stage è l imitata , e res tano fuori i l doppio del le persone che r iescono a entrare , contente comunque di ascol tare la dance del giovane gruppo inglese, magari guardando la performance sul maxischermo. In un momento del genere è più chiaro che mai i l fa t to che gl i s tess i pass/braccialet t i del fes t ival di Benicàssim str ingono i pols i di due divers i t ipi di appassionat i di musi-ca: i ragazzi indie-rock, impegnat i come al sol i to a mostrars i cool e a vincere la gara per la t -shir t più notevole , e i l popolo del la

c lub cul ture , dei t ravest iment i , del gl i t ter e dei color i f luorescent i , venuto per l ’e le t t ro-nica e per i d j set . Un po’ a sorpresa, sono quest i ul t imi a prevalere , s ia a l ivel lo nu-merico, s ia nel la capaci tà d’essere l ’anima del la fes ta . Un al t ro esempio? In due gior-ni consecut ivi , a l la s tessa ora , sul lo s tes-so palco, suonano i grandiss imi American Music Club e i l nuovo arr ivato Calvin Har-ris , col suo prevedibi le revival degl i anni ot tanta . A l ivel lo di pubbl ico i l paragone è impietoso: i l gruppo di Mark Eitzel raduna una piccola porzione del la fol la che s’accal-cherà per bal lare Acceptable In The 80’s o The Gir ls . Naturalmente è impossibi le s ta-bi l i re un confine def ini to per i membri del-le due audience, ben content i di mischiars i , d i sper imentare nuovi suoni , di condividere lo s tesso macroevento. L’unico infast idi to sembra essere Morrissey , d is turbato dal ru-more dei Justice , l iquidat i in uno dei suoi acidi commenti : “Dance music . Very intel-l igent” .I l rock – celebrato a Benicàssim soprat tut-to nel suo versante indie –non è più capace di susci tare fanat ismo e f renesia . L’unico show per i l quale s i regis t ra un po’ d’ant ica

is ter ia giovani le , a lmeno nel le pr ime f i le , è quel lo dei Babyshambles , che s i a t tengono con professional i tà a l loro ruolo di maledet t i e s tordi t i . Al pubbl ico del le chi tarre manca soprat tut to i l senso di comunità , di condivi-s ione, che r iesce invece a rendere catar t ica l ’esper ienza del pubbl ico del la dance. Fat ta questa debi ta premessa, possiamo en-trare nel det tagl io dei quat t ro giorni del Fe-s t ival , che hanno offer to comunque rock e pop di grande l ivel lo , con qualche evento davvero memorabi le . La nostalgia è s ta ta onnipresente , pers ino più di quanto s’aspet tassero gl i s tess i orga-nizzator i . Tant iss imi i concert i che pareva-no avere le note a fondo pagina, un r imando a qualcos’al t ro per r iuscire a capire la c i ta-zione. In a lcuni casi s i è t ra t ta to di puro revival : Vincent Vincent And The Vil lains e John Spencer con gl i Heavy Trash r ipescano i ’50, i sempre energici e t rascinant i Rum-be Strips r i fanno i l r i facimento del soul in voga in Inghi l terra nei pr imi anni ’80, i Black Lips offrono uno spassoso e c lass ico garage. Ma veniamo piut tosto ai pezzi grossi .

ligHtsPeeD cHaMPion

Morrissey

Page 51: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

CE

NS

ION

I

SA 101

I più at tes i , per la lunga assenza dal le sce-ne, erano i My Bloody Valentine e Leonard Cohen . I loro concert i sono s ta t i due espe-r ienze perfet tamente in contrapposizione.Cohen ha sorr iso, ha giocato col pubbl i -co, proponendo – malgrado la nutr i ta band – un suono spogl io , del icato, in modo che s i potessero sent i re bene tut t i g l i s t rumen-t i (che chi tarr is ta Javier Mas ! ) e le paro-le del le canzoni . è proprio la devozione di Cohen al la bel lezza dei suoi tes t i a rendere ancor più speciale la parata di c lass ic i che propone. Pare di vederlo assaporare s tupi to i f rut t i del proprio genio. E che del iz ia sen-t i r lo aggiungere un ul ter iore tocco d’erot i -smo a Hal le lujah, scandendo la piccola ma r i levante var iazione “YOUR holy dark/SHE was moving too”!Kevin Shields e i suoi invece hanno prat ica-mente azzerato le voci nel mix e annul la to le loro presenze sceniche a corpi immobil i sui qual i proiet tare immagini (un’eco del l ’Ex-ploding Plast ic Inevi table?) . è inadegua-to par lare di muro del suono per la musica proposta dai My Bloody Valent ine in questo tour. Un muro lo puoi schivare . I l rumore

del le chi tarre ha invece insegui to e avvol to i l pubbl ico come una dolce nebbia assassi-na, f ino al c l imax dei dieci minut i f inal i di insostenibi le dis tors ione pura. Ipotesi : che Shields s t ia sper imentando tanto con la ca-paci tà di sopportazione del pubbl ico quanto con le chi tarre? I l grande palco al l ’aper to ha tol to molto al l ’ impat to complessivo del-la musica – chiusa t ra quat t ro mura deve es-sere una best ia di cer to più feroce – eppure i l concerto dei MBV è r iusci to lo s tesso a esser qualcosa di unico, di indimenticabi le . Non deludono neanche gl i a l t r i headl iner. Nel la serata d’apertura i Sigur Rós , in una formazione al largata con leggere fanciul le agl i archi e ghignant i drughi a i f ia t i , met-tono l ’as t icel la davvero in a l to per i grup-pi dei giorni successivi . Quel che s tupisce del set degl i is landesi è i l fa t to di non t ro-var l i affat to a l ieni , insular i . I l sound che propongono è anzi in l inea con molte del le cose che più s i sono fat te notare negl i ul t i -mi anni , dai Broken Social Scene agl i Arca-de Fire , f ino agl i Animal Col lect ive evocat i nel la sal te l lante Gobbledigook. Occhi luci-di e sorr is i , e applausi anche da chi su disco

l i t rova spesso soporifer i .I Raconteurs hanno t rovato l ’uovo di co-lombo unendo i l power pop di Brendan Ben-son a l neoclassicismo blues di Jack White , e dal vivo di la tano i propri pezzi , lasciando spazi per la costruzione di c l imax e divaga-zioni e le t t r iche. La r isposta del pubbl ico è entusiasta: chi è venuto in cerca di un se-gnale che lo sol levi dal peso di essere nato t roppo tardi , ed essers i perso gl i anni d’oro del rock, non può t rovare consolazione mi-gl iore . I Raconteurs sono conservator i , ma in senso buono, come la nonna che s’assicu-ra che ogni anno la marmellata fa t ta in casa abbia lo s tesso sapore. Chi potrebbe dar le tor to?A proposi to di conservazione, la domenica s i chiude con Siouxsie e Morrissey , inevi-tabi lmente costret t i – dolce costr iz ione – a offr i re a l pubbl ico l ’ennesima celebrazione del proprio mito. Siouxsie s t r inge i propri c inquant’anni in un’aderente tut ina spazia-le . Una vol ta scacciata dal la mente l ’ idea di s tare ass is tendo a una gag di Francesca Reggiani , i l concerto è tut to in discesa, con un’eff icace al ternanza t ra i pezzi di Man-taray e i grandi c lass ic i (d’ improvviso mi t rovo circondato da una piccola fol la di ma-gl ie t te dark; dov’erano nei giorni preceden-t i?) .Morr issey è uno spet tacolo a par te . I suoi boys s i presentano a torso nudo, con scr i t te a pennarel lo sul pet to , a r ievocare un Top Of The Pops di tant i anni fa . Lui passa at t ra-verso t re camicie , i sol i t i monologhi contro i nemici del caso ( i l pop spagnolo, i chio-schi che vendono carne, l ’omofobia) e un set generoso, che insis te sul le hi t degl i anni sol is t i . Vorrebbe che i l culmine del la serata fosse Life Is A Pigsty, invece è Death Of A Disco Dancer, per l ’occasione pers ino più potente di How Soon Is Now. Atr i det tagl i svel t i , pr ima di r iprendere le f i la del discorso e concludere:-agl i Gnarls Barkley mancano le canzoni . Quando i l songwri t ing l i ass is te regalano un grande show, al t r iment i r ischiano di annoia-re . è loro la cover più memorabi le del FIB, una vers ione di Reckoner dei Radiohead che t i ra fuori tut to i l soul a l quale ormai da tem-po ambisce Thom Yorke.- inizia i l concerto dei My Morning Jacket

e s i s ta bene, s i intuisce i l fascino esot ico del le jam band americane. Ma presto, molto presto, c i s i rende pure conto di come tanta auto indulgenza possa venire a noia .-Tricky per metà set lascia suonare la sua band. Dà le spal le a l pubbl ico, fumando chissà cosa. Poi s i r igira , r iprende i l micro-fono guardando dr i t to davant i a sé con la tensione di un kickboxer pronto a sferrare i l calcio che t i s tacca la tes ta . Magistrale i l sovraccar ico d’energie negat ive, che pare sempre ambire a una catars i che non arr iva mai . Concerto dai toni e dai color i plumbei , un inferno per i fotograf i .-gl i American Music Club sono sfor tunat is-s imi . Non vanno un paio di chi tarre di Ei-tzel e l ’amplif icatore di Vudy. A un camera-man cade pers ino la costosa camera a mano. Concerto quasi surreale per gl i inconve-nient i tecnici . Impedibi le però l ’esasperato Ei tzel che, non potendo suonare, s i lascia andare a suadent i bal le t t i , mentre cont inua, malgrado tut to , a cantare divinamente, come un Rufus Wainwright intrappolato nel corpo di un boscaiolo.-coppie: i Ting Tings bat tono, grazie a un pugno di s ingol i eff icaci , i Mates Of States nel poco at teso “Tom Tom Club Imitat ion Contest” . I Kills s i beccano applausi da tut-t i – specialmente dal le ragazze t ravest i te da VV – e sbadigl i da me. -due domande: chi è che ha deciso di met-tere gl i Spiritual ized in contemporanea ai My Bloody Valent ine? Chi mi ha spostato la tenda?

Chiusura. Uno scr iba i ta l iano t rentunenne non ha la s tessa resis tenza al campeggio nel deser to di mil lemila giovinot t i inglesi , che paiono fat t i coi tubi d’acciaio e res is tono al sole , a l la polvere e a l la pr ivazione del sonno. Ma non importa . In quat t ro giorni di Fest ival a Benicàssim ho accumulato vi-s ioni che torneranno comode quando dovrò mettere in r iga quel rocchet taro del la enne generazione che sarà i l mio f igl iolo (“E a un cer to punto, piccino mio, i New York Dolls hanno suonato Pi l ls . Al l ibisci e rosi-ca”.) . Soprat tut to , malgrado abbia ass is t i -to a l t r ionfo del la c lub cul ture in un luogo dove avrebbe dovuto solo fare da piacevole appendice, r incaso f iducioso sul le possi-

single

Page 52: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

CE

NS

ION

I

SA 103

bil i tà del le mil le forme del rock. I l rock è vivo. Pensate un po’ , pers ino l ’ indie rock è vivo, malgrado spesso s ia tanto i r r i tante da far venir vogl ia di prenderlo a cannonate . A darmi coraggio, paradossalmente, sono pro-pr io i tant i revival . Nel la maggior par te dei casi , sono s ta t i vivi e urgent i , carburante per musica nuova, per nuove canzoni . Mi vengono in mente i National , f inora r i -mast i fuori da questa panoramica su Beni-càssim, con la loro muscolare r ivis i tazione americana di Joy Divis ion e Nick Cave. Stan-chi mort i a l l ’ul t ima data del tour di Boxer , t i rano fuori l ’ul t ima goccia di sudore, l ’ul-t imo scat to , per accer tars i che Mr. Novem-ber s ia indimenticabi le per la fol la del FIB come per i quat t ro gat t i che insieme a me restavano a bocca aperta a Roma nel l ’es ta te del 2005: “Io sono i l nuovo sangue blu/ io sono la grande speranza bianca”. P a o l o B a s s o t t i

sigur ròs – giarDino Dei BoBoli, firenze (11 luglio 2008)La cornice è di quel le coi f iocchi : not te d’estate con s te l le appese sopra i l g iardino dei Bobol i , p iù o meno nel cuore di Firen-ze. Dove una fol la nutr i ta s iede at tenden-do gl i is landesi col loro corredo di sogni epici , esot ismo mister ioso, angel ica poten-za, romanticismo fanciul lesco e quant’al t ro . Nel l ’ar ia s i respira cur iosi tà e chi scr ive ne mette un bel po’ del la propria , vis to i l cam-biamento radicale di sound e poet ica intro-dot to dal l ’ul t ima fat ica Með Suð Í Eyrum Við Spi lum Endalaust . Gente precisa , gl i is landesi : neanche i l quar to d’ora di r i tar-do accademico che la serata ha inizio. I l tempo di smalt i re un pizzico di sconcerto provocato dal la mise dei quat t ro (sor ta di t ravest imento al la Vil lage People minimali : i l p ianis ta in f rac , i l cantante coi peneri , i l bassis ta t ipo i l Boss a l tezza Tunnel Of Love , i l bat ter is ta in tenuta da regnante bi-s lacco come una nostalgia The Tubes. . . ) e subi to abbiamo modo di accorgerci quanto i l vecchio verbo Sigur male s i s temperi col nuovo, come se gl i idiomi non fossero so-vrapponibi l i e a dire i l vero lo sospet tava-mo. Alla f ine, insomma, non s tupisce se la scalet ta caracol la con un cer to affanno t ra i fas t i del passato e le più fresche t repida-

zioni , pescando quat t ro pezzi dal più recen-te lavoro, t re dal l ’epocale Ágætis Byrjun , ben cinque da Takk e uno ciascuno da Von , Heima e ( ) . Neppure mi sorprende l ’entu-s iasmo con cui i l pubbl ico accogl ie i pezzi nuovi (soprat tut to r iguardo la coinvolgen-te Góðan Daginn ) , maggiore - che lo cre-diate o meno - di quel lo r iservato a caval l i d i bat tagl ia qual i Olsen Olsen o a l la invero sempre s tupenda Ný Batterí . I l punto è che i Sigur hanno vol ta to pagina, bisognerebbe accet tare la cosa f ino in fondo, in pr imis Jónsi e compagni . La loro par t i ta s i gioca ormai su un versante pop “al to”, raff inato e f rugale , come un fendente di f ioret to por-ta to a l la vena scoperta t ra la sobrietà del sound e cer te dogl ianze melodiche semplici ma eff icaci , f idando ora su uno splendido aff la to cameris t ico e poi su t repidi minimi termini folk. Una cal l igraf ia evidentemente decantata dal le esper ienze, dal la vogl ia di r innovarsi par tendo da se s tess i . Tu chiama-la se vuoi matur i tà , fa t to è che le ta t t iche di accumulazione ed esplosione del passa-to (da Svefn-G-Englar a Sé Lest ) suonano oggi come impetuosi peana adolescenzial i , fa ta lmente foderat i da un alone di “come eravamo” che un po’ s tona e a dir la tut ta - ebbene s ì - s tanca. Per dire , s ia le quat t ro Amiina con la loro parvenza di ninfe arbo-ree che la candida brass-band (un bel mi-raggio fel l iniano dopo un t r ip oppiaceo nel cot ton club) sembrano un bel po’ a disagio quando at torno a loro monta la fur ia e le t t r i -ca degl i e lementi , malgrado s iano presenze davvero azzeccate anzi direi i r r inunciabi l i tanto dal punto di vis ta scenico che sonoro (vedi che razza di fes ta imbast iscono con Gobbledigook ) . Se vi pare i l caso, potrem-mo eleggere questa scomoda s i tuazione ad emblema di una cr is i non del tut to r isol ta eppure frut tuosa, ovvero necessar ia . Alme-no per tut t i quel l i che s i aspet tano di avere a che fare per molto tempo ancora con una grande band chiamata Sigur Ròs.s t e f a n o s o l v e n t i

live: sounDlaBs festival 2008, roseto Degli aBruzzi (25-26 luglio 2008)Mare, bel tempo, ot t imi ed economici past i e buona musica. Cosa chiedere di più a una due giorni che ha dimostrato tut te le car te in

regola per fars i e leggere forse come i l mi-gl ior fes t ival indie del la Penisola . Ci fosse s ta ta sol tanto un’aff luenza maggiore…Unire i l d i le t tevole a l di le t tevole: questo è c iò che è accaduto par tecipando al Soundlabs Fest ival 2008. Le favorevol i condizioni me-teorologiche per un sempre ben accet to we-ekend al l ’ insegna del mare che hanno av-vol to l ’amena local i tà abruzzese negl’ul t imi giorni di lugl io sono s ta te la vera c i l iegina per la manifestazione. Non che ce ne fosse vi ta le bisogno: un pal insesto internaziona-le di tut to r ispet to – impreziosi to ancor di più dal l ’unici tà di es ibizioni in suolo i ta-l ico di molte band – che elenca Mogwai , Micah P. Hinson, Blonde Redhead, Off laga Disco Pax, Gir ls In Hawaii , Le Luci Del-la Centrale Elet t r ica ed Enon, nonostante la defezione al l ’ul t imo momento di Lightspe-ed Champion sost i tui to dai nostrani Peter Kernel , è già di per sé a t t ra t t iva s icura . Ma unire ad esso anche una dis tesa azzurra di

acqua (cr is ta l l ina no, purtroppo) , chi lometr i di spiaggia e un cielo che di giorno accen-deva i color i del l ’es ta te rosetana e di not te s i faceva quieto accompagnatore di s te l lan-te f reschezza è s ta to per una vol ta motivo d’orgogl io per un’I ta l ia oggi più che mai in cr is i di ident i tà . E sent i r dire dai belgi Gir ls In Hawaii quanto s ia s tupendo tut to questo mentre da loro è sempre tut to gr igio e pio-voso ci fa sent i re tanto for tunat i quanto ar-rabbiat i per la t r is te consapevolezza del la sporadici tà e del la rar i tà di ta l i event i cul-tural i , con tut te le problematiche e gl i osta-col i sempre più gravi che s i portano dietro. Ma passiamo ol t re .La pr ima serata vede come apripis ta i l nostro più che promettente Vasco Brondi accom-pagnato dal suo oramai f ido Giorgio Cana-l i . Ma i bagl ior i del la sua centrale e le t t r ica s tentano a fars i notare e a r iscaldare cau-sa un t ramonto f in t roppo r i tardatar io e le poche persone assiepate sot to i l palco. Non

MicaH P. Hinson

Page 53: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

CE

NS

ION

I

SA 105

che lo show sia s ta to meno intenso del so-l i to; solo che iniziare così presto e con po-chi mezzi a disposizione – 2 chi tarre e una voce seppur graff iante – è già un successo r iuscir ad at t i rare la sparuta fol la presente . E loro, dobbiamo ammettere , c i r iescono ec-come, nonostante suonare a un fest ival s ia ora come ora per Le luci del la centrale e le t -t r ica un’impresa quasi donchisciot tesca.Molto più a suo agio, invece, i braviss imi Gir ls In Hawaii che r iescono a t rasmettere tut ta l ’ int imità e f reschezza del loro rock anche su grandi palcoscenici . Vero è che i l fa t to di essere in sei ad avvicendarsi agl i s t rumenti l i a iuta non poco, ma la loro ca-paci tà di a l ternare episodi acust ic i ad atmo-sfere vivacemente elet t r iche, con tanto di proiezioni video su monitor posizionat i sul palco, r iesce a coinvolgere posi t ivamente. Vengono così passate in rassegna quasi tut te le canzoni dei due album f inora pubbl icat i t ra i consensi e gl i applausi di un pubbl ico che non nega ovazioni a i brani più immedia-

t i . Poi è la vol ta del l ’ar t is ta forse più at teso del la serata: Micah P. Hinson s i presenta sul palco imbracciando una chi tarra , accompa-gnato da due s t rumentis t i che s i a l terna t ra piano, basso e bat ter ia . I l suo show sarà ar-rabbiato, e le t t r ico e vigoroso s ia per l ’ inten-si tà del l ’es ibizione che per a lcuni s ipar ie t t i fuori programma. Con pause inf ini te t ra una canzone e l ’a l t ra , t ra s igaret te accese facen-dosi prestare l ’accendino da uno spet ta tore e sors i di birra , t ra i l racconto del la t roppo fresca incazzatura per i l danno infer to a l la sua nuova chi tarra appena giunto in aero-porto in I ta l ia e la presentazione pubbl ica del la sua nuoviss ima texana moglie , f ino al beccars i vis tosamente con una ragazza sot-to i l palco, i l Nostro facendo spazient i re non poco r ipaga i l pubbl ico con un’insol i ta es ibizione elet t r icamente dis tor ta e molto, molto fur iosa. Hinson r iesce così a mostrars i i l personag-gio sopra le r ighe quale è , carat ter ia lmente e ar t is t icamente. Ripescando i brani migl io-

r i dei pr imi due album, cogl ie l ’occasione per presentare i l suo ul t imo lavoro, Micah P. Hinson And The Red Empire Orchestra . Sicuramente molt i potranno aver r impianto uno show acust ico e non aver diger i to quel-la faccia tosta che ha indossato per tut ta la durata del l ive, ma a noi cer te digressioni son piaciute eccome, facendocelo sempre più immaginare come i l vero erede di John-ny Cash.Sconfinamenti che invece non ha avuto l ’es ibizione dei Blonde Redhead. I qual i , come sempre professional i , hanno messo in piedi un l ive impeccabi le dal punto di vi-s ta esecut ivo, catal izzando l ’a t tenzione del pubbl ico sul la f ragi le e suggest iva leggia-dr ia di Kazu Makino. Niente da eccepire , naturalmente. La band dei f ra te l l i Pace r ie-sce come sempre a contagiare t ramite i l suo indie-noise-rock senza mai doversi r i fare a t rucchi scenograf ic i o a l t ro .Cosa che invece, i l g iorno successivo, r ie-sce molto meno agl i Enon – ant ic ipat i dal-le a tmosfere new wave degl i i ta l iani Peter Kernel . Stessa formazione dei Blonde Re-dhead, i l loro abrasivo e umile indie-rock f i la via senza infamia e senza lodi . Ma di cer to i l t r io newyorkese s tenta a r i tagl iars i un ruolo da protagonis ta nel la serata . Quando arr iva i l turno degl i Off laga Disco Pax, una nutr i ta fol la s is tematasi a r idos-so del le t ransenne tes t imonia quanto i l loro l ive s ia molto at teso da queste par t i . E a ragione, vis ta la buona esibizione messa in opera dai Nostr i , oramai diventat i vero e proprio punto di r i fer imento nel panorama indipendente i ta l iano. Gli applausi s i spre-cano per le genial i , poet iche, c iniche e in-dignate soluzioni l i r iche reci ta te dal vivo. Non è da meno la componente s t rumentale del t r io: decisamente più ol ia ta e matura , r i -esce a cat turare l ’a t tenzione di un pubbl ico sempre più numeroso. Un’esibizione tanto cerebrale quanto f is ica .La responsabi l i tà di chiudere la serata e dun-que i l fes t ival è s ta ta aff idata a i Mogwai . Con loro s i va sempre sul s icuro. Infat t i , nonostante i loro l ive s iano r ipet i t ivamente ugual i , quest i ingegneri del suono scozzesi r iescono sempre – e c iò non è poco – a sug-gest ionare ed emozionare con una tecnica che rasenta la perfezione, mantenendo per

ol t re un’ora e mezzo una tensione crescen-te , sospesa t ra di la tazioni e def lagrazioni sonore. In più s tavol ta dobbiamo aggiunge-re anche una cer ta cur iosi tà per le canzoni nuove (album in usci ta a set tembre) : nien-te di r ivoluzionario r ispet to a l passato, ma sembrano molto più tendent i a l la melodia t ra t tenuta che non al l ’esplosione rumorosa.

I l Soundlabs viene così promosso a pieni vot i , anche aiutato dal meteo e dal la cornice paesaggis t ica . La lode sarebbe potuta esser s ta ta raggiunta sol tanto t ramite una par teci-pazione maggiore di pubbl ico. Ma può esse-re che in I ta l ia non s iamo proprio abi tuat i ad unire i l d i le t tevole a l di le t tevole . a n D r e a P r o v i n c i a l i

Mogwai

offlaga Disco Pax

Page 54: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

CE

NS

ION

I

SA 107

wE ARE dEmO #28I migliori demo giunti nelle nostre cassette postali. Assaggiati, soppesati, vagliati, giudicati dai vostri devoluti redattori di S&A. Testo: Stefano Solventi, Fabrizio Zampighi

novaDeaf - tHe youtH alBuMIndie pop-rock melodico e arrembante per que-sto quintetto pisano attivo dal 2004. Un piede oltremanica e uno oltreoceano, ballate adesi-ve e indolenzite, guizzi ruvidelli per inquie-tudini giovani. Figuratevi i primi Radiohead strattonati Counting Crows (Car) o i Coldplay colti da fregola Buffalo Tom (Pass Me By), senza ovviamente trascurare il lascito Wee-zer e Rem che aleggia in filigrana pressoché ovunque, così come certi segnali che fanno in-tuire quanto l’orecchio sia intimo a funkerie Pearl Jam (evidenti in The Uncool). Abbozza-te le coordinate, resta da dire il più, ovvero la prontezza della proposta, il fatto che le chitar-re incrocino ricami agili e asprigni (partico-larmente azzeccato e mai eccessivo il ricorso al wah wah) sulle ritmiche incalzanti, che la voce riveli risorse non trascendentali ma del tutto adeguate e una pronuncia inglese più che accettabile, e che lèstbatnotlìst misura e traco-tanza azzecchino spesso il punto di equilibrio (Pop Song From Pluto, Beautiful Things). Tra loro e il botto insomma manca solo un’etichet-ta occhiuta e adeguato air play. Come dire: un baratro. E’ un film che - ahinoi - abbiamo già visto un milione di volte. In bocca al lupo. (voto: 7.1/10myspace.com/novadeaf )(s.s.)

straP_on_Hangers - PlywooDRiecco Strap-On-Hangers da Vicenza, recen-sito già nel We Are Demo del dicembre 2006. Questo Plywood dovrebbe essere il quarto al-bum, se non mi sono sfuggite altre cose nel frattempo, e come per il predecessore si tratta di un ciondolare tra spasmi sbandati e ango-lose palpitazioni attraverso l’Americana apo-lide d’un Howe Gelb e le frequenze disturba-te d’un Linkous, costeggiando la devozione all’impalpabilità dei Karate ma anche di cer-ti Wilco. Ad aiutarlo a banjo e chitarra in un paio di pezzi è l’amico Frogs In The Pond, ed è un precipitare all’indietro verso un country folk ramato di sano delirio che quasi scomoda i Velvet di Loaded. In crescita.(voto: 7.0/10 mail: [email protected] ) (s.s.)

vanDeMars - a noisy MeloDyQuintetto dal senese fondato nel 2005 ma già in embrione dagli inizi del millennio con evi-denti intenzioni noise e progressive. Poi qual-cosa deve essere cambiato: ovvero, rinunciato alla presenza in pianta stabile del clarinetto (in questo A Noise Melody lo troviamo in quattro tracce su undici), accadde una svolta abba-stanza evidente dalle parti del blues psiche-delico, ferme restando le propaggini art-noise di partenza. Il risultato è una parata intensa, a tratti brusca e inevitabilmente dispersiva, ne soffre cioè il baricentro poetico di una scalet-ta che evidentemente vuole fare antologia del-le possibilità espresse negli anni. A titolo di esempio, basti ascoltare in sequenza la psiche-delia bostoniana di Tic Tac, la wave sbrigativa di It’s Mine It’s Yours e una pjharveyana 2nd Life. Non si può fare a meno comunque di ap-prezzare la ricerca di una “residenza” sonora propria e una certa padronanza dei mezzi (dal-la voce di Silvia alla ricercatezza incendiaria della chitarra) quali sintomi di un prometten-te futuro. Restiamo sintonizzati. (voto: 6.8/10 web: www.myspace.com/vandemars ) (s.s.)

Dionisia – vengano i satiriFunk canonico e scratch, per un hip-hop in sal-sa Red Hot Chili Peppers che ricorda, nei toni, le prime produzioni di Frankie Hi-NRG. An-che nei testi, ben confezionati, venati di una certa ironia ma impegnati a far riflettere su questioni sociali importanti come il control-lo sui bambini, la pirateria musicale, l’econo-mia. La musica piace ma non sorprende, tra bassi “slappanti” e ritmiche senza sbavature, pur garantendo alla band la piena sufficienza – e forse qualche cosa in più – e a chi ascol-ta qualche minuto di divertimento costruttivo. (voto: 6.5/10 web: myspace.com/dionisiadio-nisia ) (f.z.)

gloBoscuro - rounDaBoutColori di un ambient torturata da inserti indu-strial che sarebbe quasi riduttivo definire in-quietanti. Loro sono i Globoscuro da Livorno

e il disco in questione è una sorta di antologia della produzione più recente della band: un susseguirsi di disturbi elettronici, urla, parole, suppurazioni, lontano da qualsiasi facile clas-sificazione e decisamente inadatto ai deboli di cuore. Tra claustrofobie e rumori in stile soundtrack, strutture libere e scelte estetiche in qualche caso troppo uniformi, si arriva alla fine del disco stremati, con la convinzione di avere per le mani una formazione capace ma con potenzialità ancora inespresse e un suono da asciugare. (voto: 6.5/10.myspace.com/glo-boscuro )(f.z.)

Bian.co - st Corre veloce questo quartetto da Cinisello Bal-samo, tempo pochi mesi che stanno assieme (dal dicembre 2007) e subito iniziano a sfor-nare musica propria, compatta e d’impatto. In italiano. Rock tosto dalla notevole faccia tosta, tipo gli Afterhours che non sono usci-ti vivi dagli anni ottanta (Il burattino), o un Paolo Benvegnù tarantolato dal virus Queens Of The Stone Age (Il perfetto sconosciuto), oppure un Vasco Rossi redento dal reverendo Giorgio Canali (Bianco). Bella forza, questi non sono i tipici ventenni allo sbaraglio che di norma impazzano su questa pagina (e che tanto adoriamo), qui si mastica musica da un

pezzo e si sente. Hanno il merito di aver con-servato un entusiasmo giovane, anche se ci sono un po’ di peccatucci da scontare (i voca-lizzi ipertrofici, la rocciosità icastica dei riff, una certa prevedibilità...) prima che riescano ad azzeccare l’idea di “indie rock diagonale”, loro obiettivo dichiarato. In bocca al lupo. (voto: 6.5/10.myspace.com/biancoband ) (s.s.)

iBriDo_xn - PolicarBonato trasParenteTrio da Civitavecchia in trincea dal 2003, producono un sound robustamente rock de-strutturato di elettroniche pungenti ma non troppo geniali. Guadano funky sganghera-to tra tentazioni Afterhours e Sonic Youth in Tutta colpa della regina, azzardano un ruvido impegno nella caustica Io non voto (i REM foderati di spore sintetiche), non spiacciono affatto quando giocano la carta del mid tempo cazzuto, con squarci electro hip-hop, melo-dia vagamente Benvegnù e la passione oltre l’ostacolo (Ibrido). Gli intralci sono una certa rigidità della visione sonora e una voce su cui - per così dire - si dovrebbe lavorare un bel po’.(voto: 6.2/10 www.ibridoxn.com )(s.s.)

eva wrengaw - oooi:iooi:iooi:oiio:iiio:oioi:oiii’’

Una demo dal t i tolo impronunciabi le , quel la dei bolo-gnesi – esat tamente di Pieve di Cento – Eva Wrengaw, sor ta di codice binar io in bi l ico t ra s intet izzator i e chi-tarre e le t t r iche, campionamenti e tas t iere , voci e bat te-r ia . Per una formula che ipot izza una convivenza for-zata t ra a t t i tudine prog, psichedel ia c inematica, t rame al lentate , post-rock e aromi noise , arr ivando a concepi-re un prodot to dal la for te e las t ic i tà es te t ica e per nul la spaventato dal la sper imentazione. Che nel nostro caso s ignif ica aff iancare nozioni di base di krautrock (Satur-no) a di la tazioni s t i l is t icamente indecifrabi l i ( i quindici minut i di A Man In The Moonlight in cui s i passa senza soluzione di cont inui tà dal post a l crooning ai suoni s intet ic i ) , obl iqui tà l isergiche (Zapfka) a parentesi spacey (Forpendo) . Manca sol tanto un po’ di quadratura agl i Eva Wrengaw per essere perfet t i , ma le premesse sono ot t ime e i l tempo per cresce-re c’è tut to . (voto: 7.3/10 web: myspace.com/evawrengaw ) ( f .z . )

Page 55: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

AR

vIE

w m

IRR

OR

SA 109

conoscere questo sentimento

Dalle meraviglie acustiche dei ’70 fino al pop sofisticato dei ’90, ripercorrendo l’opera di Joan Armatrading, artista schietta e schiva capace di raccontare emozioni universali con la disarmante naturalezza di chi ha guardato negli occhi le tante forme dell’amore. Testo: Filippo Bordignon

Per vivere la propria ispirazione da outs ider non occorre c imentars i con musiche impen-sabi l i . Joan Armatrading lo sa bene. Per-sonaggio schivo e res t io a concedere inter-vis te Joan cede con malcelata r i lut tanza al la necessi tà di un videocl ip promozionale o a l le apparizioni te levis ive mordi-e-fuggi in-dispensabi l i per promuoverne le fa t iche mu-sical i . è coerente e apprezzabi le la volontà di invest igare terr i tor i s t i l is t ic i t ra loro di-s tant i , senza la pretesa di credersi innovat i -va ma r icordando piut tosto che le s tor ie più bel le terminano spesso con la semplice im-magine di un bacio t ra due amanti r i t rovat i .Joan Anita Barbara Armatrading (nata a Basseterre nel le indie Occidental i ma t ra-sfer i tas i con la famigl ia nel 1957, a 7 anni , in Inghi l terra , Birmingham) dimostra affe-zione incondizionata per la musica s in dal la più tenera e tà : i pr imi tentat ivi cantautoral i r isalgono ai 14 anni . Poco meno che mag-giorenne viene l icenziata dal l ’azienda per la quale lavora a causa di sol i loqui chi tarr i -s t ic i protrat t i ben ol t re le pause tè . Poco male: recatasi a Londra ot t iene un ingaggio per la pr ima s tor ica produzione teatrale del musical Hair ; qui incontra la poetessa Pam Nestor con la quale inizia una col laborazio-ne ar t is t ica presto immortalata nel l ’esordio Whatever ’s For Us (Cube, ‘72) . Piccolo ca-polavoro di pop acust ico Whatever ’s For Us è composto, suonato e arrangiato dal la sola Joan, con le preziose eccezioni diret te da Gus Dudgeon (che del l ’opera è produt tore) in episodi spiccatamente in l inea con l ’El-ton John di Tumbleweed Connect ion . Bi-gnami del le migl ior i intuizioni a venire l ’a lbum ot t iene r isul ta t i assai modest i ma concede alcuni t ra gl i episodi più toccant i del l ’ intero repertor io: la t i t le t rack par la i l l inguaggio del migl iore Cat Stevens ; My family r ivela una voce profonda e penetran-te , ibr ido asessuale di inimitabi le espressi-vi tà ; Visionary Mountains r ispolvera esot ic i scampoli di animismo hippie mentre una la-cr ima in caduta l ibera suggel la la f ine del sogno; I t Could Have Been Bet ter invest iga quel la t r is tezza acust ica e spaccacuore che sarà i l marchio vincente del le sue migl ior i bal la te . Due anni più tardi , con Back To The Night , arr ivano gl i aggiustamenti : cambio di e t ichet ta ( la fedele A&M, per la quale

verranno l icenziat i gl i episodi indispensa-bi l i del pr imo per iodo) , un organico r infor-zato da una prestante sezione r i tmica e la f ine del la par tnership con la Nestor (pre-sente nel la splendida Dry Land , affresco di dolente infel ic i tà per pianoforte e moog). I l r isul ta to complica la s t rut tura del le compo-sizioni più effervescent i , come nel caval lo di bat tagl ia per i l ive Cool Blue Stole My Heart , d iviso magist ralmente t ra umori ca-raibici , folk-rock ed equi l ibr ismi quasi prog. Su tut to la voce di Joan funge da le-gante perfet to: maschia in Get In Touch With Jesus , del icata nel corpo pur armoni-camente macchinoso Let’s Go Dancing . A questo punto la cr i t ica è concorde nel de-cretare i l terzo album, Joan Armatrading (A&M, ’76) , come ver t ice di un discorso ar-t is t ico dest inato perciò al la discesa. Ragio-ni di questa semplif icazione: un pezzo da classi f ica perfet tamente rappresentat ivo del songwri t ing eterodosso di Joan (Love And Af fect ion ) e una manciata di pezzi interpre-ta t i da f ior di sessionmen ( t ra cui Jerry Do-nahue, Graham Lyle e Bryn Haworth, at t ivi per i Fairport Convention ) . Save Me canta una dolcezza a 12 corde con i l c ipigl io so-lenne e del icato del Van Morrison d i Crazy Love . Un funky viscerale e t rascinante lam-bisce invece gl i episodi più danzerecci Join The Boys , People e Like Fire . In real tà i l successivo Show Some Emotion (A&M, ’77) ot t iene sul piano commerciale r isul ta t i migl ior i dei precedent i , aprendosi una brec-cia di interesse anche nel mercato america-no. L’album cont iene sol idi motivi di plau-so: sul versante più int imista Woncha Come On Home , Warm Love (qui Van Morrison non c’entra) e soprat tut to Willow br i l lano per interpretazioni emozionant i e arrangia-menti eff icaci e or iginal i . Su quel lo del r i t -mo la fanno da padroni l ’ incalzante t i t le-t rack, Mama Mercy e l ’ impasto di r ’n’b inzaccherato di funky, rock e jazz Kissin’ And Huggin’ . Con la f ine dei ’70 la cantau-tr ice avverte l ’es igenza di un r ipensamento s t i l is t ico: To The Limit (A&M, ’78) i l l ive Stepping Out (A&M, ’79) e l ’ep How Cruel (A&M, ’79) fungeranno da banco di prova verso un ul ter iore rafforzamento del la s t rut-tura r i tmica, spinta t ra le braccia di un elet-t r ic i tà armonicamente più immediata . Degni

Joan armatrading

Page 56: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

AR

vIE

w m

IRR

OR

SA 111

menti che tut t i dovremo conoscere .

Joan, hai mai pagato nel la carriera le scelte del la vita privata?Assai arduo separare le due cose perché in fondo sono sempre io a prendere le decis io-ni sul la mia vi ta professionale e su quel la pr ivata . Quel che posso dir t i è che tento di non t rascinare le quest ioni personal i negl i ambit i del la mia at t ivi tà ar t is t ica .

C’è un’emozione che non t i è mai r iuscito esprimere compiutamente nel la tua musi-ca?Come cantautr ice espr imere emozioni per me è tut to , perciò non s i dovrebbe discr imi-

Belew e Tony Levin (già con Peter Gabriel e la seconda edizione dei King Crimson) non aggiungono spessore al res to del la rac-col ta , presto sgonfiatasi a causa di sonori tà dest inate a i nostalgici degl i ’80. La decade non r iserva al t ( r )e sorprese. I l f iasco di Se-cret Secrets (A&M, ’85) s i fa r icordare for-se per la discreta copert ina di Robert Map-plethorpe e la produzione del r ipescato Li l lywhite in Sleight Of Hand (A&M, ’86) non fa che precipi tare composizioni magari interessant i nel baratro di sonori tà fas t idio-samente aset t iche. The Shouting Stage (A&M, ’88) r isale un poco la china grazie a l l ’a iuto di Mark Knopfler ma la sensazio-ne è di un mordente ormai perduto. Dobbia-mo aspet tare i l ‘92 (sal tando a piè par i la mediocr i tà in Hearts & Flowers , A&M, ’90) per goderci qualche scampolo di grandezza: True Love e Wrapped Around Her , pur leg-ger ine e non indispensabi l i , sanciscono una pr ima possibi l i tà di r i torno al le bel le cose di un tempo. La r iabi l i tazione agl i occhi dei fans avviene con i l pop sof is t icato ma asso-lutamente umano di What’s Inside (Denon, ’95) . L’incedere jazzato e s t rappalacr ime di In Your Eyes , i l t r ionfo del la vi ta sul l ’han-dicap in Everyday Boy , i l feel ing nero ed elegante di Reccomend My Love : brani sem-pl ic i e melodicamente r iusci t i che sembrano r iscat tare i l cul de sac imboccato nel decen-nio passato. Si chiude in bel lezza con Trou-ble , gemma di indicibi le lucentezza nata dal dolore di una malat t ia superata a dent i s t re t -t i . I l nuovo mil lennio è inaugurato da Lo-ver ’s Speak (Denon, 2003) raccol ta di poco infer iore a l la precedente ma pur meri tevole nel la s t ruggente In This Time , Less Happy More Often e nel la gioiosa t i t le t rack. Degna incoronazione del la r i t rovato estro creat ivo i l l ive All The Way From America (SLG, 03) , disponibi le in cd e dvd. Into The Blues (SLG, ’07) , più che un viaggio nel la t radi-zione del genere suona come una parentesi diver t i ta nel la quale Joan imbraccia la chi-tarra e le t t r ica producendosi in assol i di me-st iere . Episodi di r i l ievo: l ’ i ronico falset to a l la Bee Gees in D.N.A. e i l r i torno al le or i -gini con Baby Blue Eyes .I l futuro? Per Joan Armatrading la cosa mi-gl iore sarà non tergiversare in possibi l ismi e lasciar par lare la sua musica di quei sent i -

di nota i l rock at ipico di Barefoot & Pre-gnant e l ’umor-epico t ra t teggiato in I Real-ly Must Be Going . Gl i ’80 s i apr i ranno in nome di cambiamenti sostanzial i . Me My-self I (A&M, ’80) suona come la perfet ta comprensione del le più acute intuizioni new wave in ambito pop. I l meri to s ta in un ap-proccio ‘commerciale’ ma intel l igente e nel le capaci tà interpretat ive di Joan, perfet-tamente a suo agio in abi t i che f ino a qual-che anno pr ima non le avremmo creduto adat t i . A sostenerla forse i l suo migl iore or-ganico di sempre: Chris Spedding , Paul Shaffer (band leader del Late Show with David Let terman), Danny Federici e Claren-ce Clemons (del la E-Street Band ) e i l cele-bre jazzis ta Marcus Mil ler , ar tef ice del la r inasci ta di Miles Davis nei ’90. Ne r isul ta una t rackl is t pressoché perfet ta : pop spigo-loso e tagl iente nel la t i t le t rack, in Ma-Me-O-Beach e Is I t Tomorrow Yet? ; enfasi emo-zionale in Friends e rock agrodolce per voce bar i tonale e pugni sul tavolo in Turn Out The Light . Anche i più ost i l i a l genere s i scoprono a cant icchiare i l romanticismo reggae di Feel ing In My Heart , per poi cal-zare i l br ivido f inale con gl i archi s intet ic i di I Need You . I l passo successivo è aff idato al la produzione di Steve Li l lywhite e vede la par tecipazione di personaggi qual i Andy Partridge (XTC) e Thomas Dolby ( r icorda-te i l quasi successo She Bl inded Me With Science?) . Ne r isul ta l ’opera più bizzarra del l ’ intero catalogo, omaggio s incero a un synth-pop sbi lanciato nei quadret t i perver-samente at ipici The Bear e I ’m Lucky (“Sono for tunata/ Posso camminare anche sot to le scale”) ma pronto a fars i perdonare in quel-lo che con la toccante The Weakness In Me d iventerà (malgrado l ’ost inazione del l ’au-t r ice di non at t r ibuire a i suoi brani a lcuna connotazione autobiograf ica) celebre mani-festo del pop lesbico, poi r ipreso e svi l i to da Melissa Etheridge e ‘cantautore’ sul ge-nere . The Key (A&M, ’83) rappresenta l ’apice commerciale del l ’Armatrading: ne vengono estrat te le hi t ( I Love I t When You) Call Me Names ( i l tema sono le violenze domest iche) e la scanzonata Drop The Pi lot . Segnal iamo, di per contro, l ’oscura parente-s i Dealer e l ’ incompresa bel lezza di Every-body Gotta Know . Le comparsate di Adrian

narne nessuna. Ciò non s ignif ica però spin-gers i a raccontare fa t t i che r isul t ino t roppo personal i o ident i f icabi l i da par te di a l t re persone.

Da piccola come immaginavi la tua vita adulta?Non sono mai s ta ta di quel le che desidera-vano fare l ’avvocato o chissà che; a par t i re dai 14 anni la musica s i r ivelò la mia più grande passione e da al lora non pensai ad al t ro che di farne i l mio mest iere .

In precedenti interviste t i se i dichiara-ta una fan accanita di Van Morrison. Da anni però non s i dimostra al l ’altezza di

Page 57: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

vIE

w m

IRR

OR

SA 113

della vita non durano a lungo…Fondamentalmente ci sono del le cose che possono durare per tut ta una vi ta e che fan-no la differenza, mi r i fer isco ai propri va-lor i moral i e a c iò in cui crediamo. è vero al t res ì che quest i due aspet t i vanno ‘aggiu-s tandosi’ nel corso del tempo perché i l mon-do di per sé è un’ent i tà in perpetuo divenire e tu sei chiamato ad adat tar t i a questa s i -tuazione. Ma l ’essenza di c iò in cui credi e i l fondamento et ico sul quale impost i la tua vi ta possono restare immutat i .

Parlare apertamente di quest ioni sessua-l i suscita ancora scalpori e imbarazzo. Ti spieghi i l perché?Ti r i fer isci a qualcosa in par t icolare? Se mi s ta i chiedendo se s ia i l caso discutere le proprie scel te sessual i in ambito pubbl ico sono una di quel le che sost iene l ’ importanza di teners i per sé cer t i aspet t i del la propria vi ta . Per me rel igione, soldi e sesso sono aspet t i assai del icat i che puoi t ra t tare con franchezza solo con gl i amici più int imi .

T’importa i l g iudizio del pubblico?Quando s to scr ivendo un pezzo di cer to non me ne curo, mi basta che soddisf i le mie esigenze. In un secondo momento, quando la canzone è pubbl icata , non posso negare di aspet tarmi una reazione calorosa da par te del la gente .

Qual è stata, ad esempio, la reazione dei tuoi fan a Into The Blues? La crit ica non s i è spesa in grandi lodi .Ma la gente lo ha premiato ol t re ogni aspet-ta t iva, facendolo debut tare a l n .1 nel la c las-s i f ica blues di Bi l lboards. Sono s ta ta la pr i -ma donna a ot tenere questo r isul ta to .

La prima canzone che ti ha spezzato il cuore? La pr ima canzone del la quale mi sono inna-morata con cognizione di causa s’ int i tolava Carefree Heart ed era cantata da una cer ta Gracie Fields .

Tra le tante col laborazioni del la tua car-riera m’incuriosisce più di tutte quel la con Andy Partridge degl i XTC, per The Weakness In Me .Posso dire sol tanto che Andy è una persona

Amore e logica: quest i due elementi pos-sono coesistere in una relazione a lungo termine?Una cosa è cer ta : l ’amore è i l logico, dolo-roso, esal tante e depressogeno al contempo. Si t ra t ta insomma di un sent imento terr ibi l -mente complesso.

La tua definizione di Verità? Non ne ho. Direi piut tosto che ognuno s i aggrappa al la propria vers ione.

Non sono riuscito a trovare informazio-ni sul la tua prima storica col laboratrice, Pam Nestor. Che f ine ha fatto?Come t i dicevo ho cominciato a scr ivere canzoni a l l ’e tà di 14 anni ; incontrai Pam quando ne avevo già 19, perciò ero già a t t i -va da pr ima del la nostra conoscenza. Non so proprio cosa s t ia facendo ora ma mi auguro che se la passi a l la grande. La consideravo un parol iere es t remamente dotato (scr ivere musica non faceva per le i ) e immagino che in questo momento s ia a t t iva nel l ’ambito che più le s i confà e c ioè la scr i t tura , la-sciando s tare c iò che è re lazionato col mon-do del le set te note .

Del cameo in Don’t Lose Your Head dei Queen cosa ricordi?I Queen s tavano regis t rando The Miracle nel mio s tesso s tudio in quel per iodo; Ro-ger Taylor a l lora mi chiese di unirmi a loro per quel brano e devo ammettere che fu uno spasso.

Hai vissuto un’adolescenza fel ice?Ti dirò di più: sono sempre s ta ta una perso-na fel ice .

Ti rit ieni una donna serena?Sempre s ta ta ; sempre s ta ta una persona as-sai t ranqui l la .

Cosa mett i al centro del la tua vita in que-sto momento?Voglio vivere gioiosamente e c iò s ignif ica per me s tarmene coi miei ver i amici e con la mia famigl ia .

Sì ma, volendo banalizzare, le bel le cose

capolavori come Saint Dominic’s Preview o Veedon Fleece . Ti entusiasma ancora?Tutt i cambiamo col t rascorrere degl i anni , questo è innegabi le ; mi considero una com-posi t r ice eclet t ica in quanto adoro sguaz-zare t ra divers i generi musical i : pop, jazz, blues… non fa molta differenza. Anche se mi piaceva molto Van Morrison non mi sono fat ta mancare tant i a l t r i s t imoli a lui dis tan-t i . Non credo neppure di potermi permettere un giudizio ar t icolato perché non ho molt i cd e di musica ne acquis to davvero poca. Come ricordi la tua vita nel periodo di Hair?Quello di Hair è s ta to veramente un per iodo formidabi le , diver tent iss imo, e lasciami dire che non ho mai but ta to via i costumi! Nel-la s tessa compagnia lavoravano personaggi come i l grande at tore teatrale Paul Nicolas , Paul Barber ( i p iù lo r icorderanno nel f i lm Full Monty ) e Richard O’Brien, poi autore del The Rocky Horror Picture Show .

Me, myself t , I rappresentò un s ignif icat i -vo punto di svolta verso le più alte forme del pop. Cosa ascoltavi in quel periodo?In real tà credo che i l mio più evidente punto di svol ta s ia rappresentato dal brano Love And Af fect ion , d i 4 anni precedente a Me My-sel f I . Non so dir t i cosa ascol tass i a l tempo: in real tà ero calata anima e corpo nel l ’a t t i -vi tà composi t iva e non mi restava tempo per ascol tare nient’al t ro .

Qualcuno sost iene che al la creatività s i giunga mediante una marea di dubbi . Vale anche per te? Per quanto mi r iguarda, prefer isco pensa-re che al la creat ivi tà s i arr ivi a t t raverso la consapevolezza.

Quali sono i tuoi sentimenti davanti a un uomo del la portata di Nelson Mandela?Spero di essere r iusci ta a espr imere al me-gl io i miei sent iment i nei suoi confront i in una canzone che gl i ho dedicato, The Mes-senger (“Ora sorge la luna del le tue cele-brazioni / i l tuo nome apparterrà a l la s tor ia / con quel l i che hai combat tuto in nome del la l iber tà / che ci è donata s in dal nostro pr imo vagi to”) .

molto gradevole e un ot t imo musicis ta .

Se t i chiedo qual è i l tuo pezzo migl iore qual è i l primo nome che t i viene in men-te?Beh, diff ic i le r ispondere perché essendo l ’autr ice di tut to i l mio repertor io sono più o meno orgogl iosa di ogni brano. Ti dico Love And Af fect ion poiché ha i l meri to ag-giunt ivo di avermi lanciata a l ivel lo inter-nazionale .

Sei una di quel l i che vede un art ista po-tenziale in ogni persona o credi in un ta-lento innato che non s i può insegnare? Credo che ogni persona su questo pianeta abbia una predisposizione o un ta lento par-t icolare , senza nessuna esclusione. Questo ta lento può essere far r idere la gente , intrat -tener la , curar la , saper mandare avant i una famigl ia , cucire un vest i to… insomma le possibi l i tà sono different i e inf ini te ma non ci piove sul fa t to che ognuno ne possegga alcune di specif iche.

T.S. El iot ha scritto da qualche parte che “alcuni editori sono scrittori manca-t i”; vale lo stesso sul versante musicale? Diciamo che non è molto lontano dal la re-al tà .

Nella vita di tutt i i g iorni in cosa t i r i t ieni assolutamente incapace?Non c’è verso che r iesca a or ientarmi con in mano una mappa s t radale .

Qual è l ’aspetto più straordinario del l ’es-sere un art ista?Posso permettermi di fare le cose che amo di più e c ioè comporre , arrangiare e cantare le mie canzoni . Grazie a l l ’a t t ivi tà concert is t i -ca poi vengo a contat to con persone sempre diverse e spesso da quest i incontr i nascono al t r i proget t i e col laborazioni s t imolant i . Rif le t tendo su questa condizione ho scr i t to i l brano Blessed ( ‘Benedet ta’ , ‘Pr ivi legia-ta’) perché dopo tut t i quest i anni è esat ta-mente così che mi sento.

Page 58: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

AR

vIE

w m

IRR

OR

SA 115

RISTAmpE

gal costa – gal (Dusty groove, 10 giugno 2008) originariaMente 1969genere: TropiCaLia

Non cost i tuisce regola scr i t ta che una squa-dra composta da campioni port i a casa i l r isul ta to e , del res to , quant i “supergruppi” hanno mai realmente funzionato nel la s to-r ia? Ben al t ra faccenda è l ’a l l inears i di ta-lent i che porta a fe l ic i r isul ta t i , se c’è qual-cuno o qualcosa a t i rare le f i la in s tudio. Questo i l presupposto a monte del secondo lp di Gal Costa , pubbl icato a pochi mesi di dis tanza dal l ’esordio sul le a l i d i un terzet to di brani scr i t t i dai maestr i del la r ivoluzio-ne t ropical is ta Veloso e Gil , degl i arrangia-menti orchestral i immaginif ic i ma deviat i di Rogério Duprat (uno che aveva s tudiato con Stockhausen e Boulez ) e di un’atmo-sfera acida in costante bi l ico t ra nevrosi ed estasi . Sul le pr ime lo dici schizofrenico, Gal , per quel suo al ternare un’idea di psichedel ia ca-r ioca meno caleidoscopica r ispet to a i Mu-tantes e impervie escursioni lungo scalate vocal i de-gne di Yoko Ono ( in arr ivo da Pat-ty Waters e pron-te per un futuro fat to di reggae, lunat ic i tà e i ronia con Slits , Ludus e Rings…). Ac-cade più che al-t ro nel la seconda par te del programma, uno psicot ico dipanarsi t ra dis tors ioni ed at t imi es ta t ic i , o t toni errebì e s t repi t i jungleschi , impazzire di nastr i e dispiego d’effet t is t ica . Ne apprezzi s ia i l coraggio che l ’ imbrigl ia-re a s tento la f renesia in Com Medo, Com Pedro , nel mentre t i domandi cosa c’azzec-chi tut to c iò con l ’aper tura spigl ia tamen-te beat-pop saporosa di Stereolab Cinema Olympia, con una fenomenale Tuareg - f i r-mata Jorge Ben , come la “post-samba” Pais

Tropical - che congiunge Rio del le Amazzo-ni e Nilo; oppure con un f lash cal i forniano d’ugola costantemente sot to torchio come Cultura e Civi l izacao e i l Bacharach scosso da wah-wah e gioiosi scort icamenti vocal i Meu Nome é Gal . Poi rammenti che in quel Brasi le tut to era r i tenuto possibi le , secondo i l famoso procla-ma “proibi to proibire”: in a l t re parole , vale-va sempre e comunque la pena osare , guar-dare in faccia l ’eccesso e ta lvol ta in par te soccombervi dimostrandosi umani . Un ap-plauso al la Dusty Groove per aver tol to dal dimenticatoio questo ul ter iore tassel lo che al larga la vis ione d’ insieme su una s tagione creat iva e tut tora a t tual iss ima. (7.5/10 )g i a n c a r l o t u r r a

roDriguez – colD fact (ligHt in tHe attic / gooDfellas, setteMBre 2008) genere: foLk-roCk

Un disco usci to negl i s ta t i uni t i nel 1970 e prat icamente ignorato, a i tempi , da ogni americano. Strana s tor ia quel la di Cold Fact . Strana s tor ia quel la di Rodriguez. Nato da emigrant i messicani s tabi l i tes i a Detroi t , Sixto Diaz Rodriguez al l ’epoca del debut to ha 28 anni sul groppone e lo spauracchio di Bob Dylan e del la west-coast dietro l ’an-golo. Un emule del Sig. Zimmerman come tant i del l ’epoca. Un giovane anzi tut to , che ascol ta e assorbe. I l d isco prende forma nel 1969 e luce l ’anno successivo, quando cioè sogni e utopie hippy, per mano di Charles Manson pr ima e degl i Hel ls Angels di Ata-mont poi , s i f rantumano e la musica popular giovani le , lasciatasi a l le spal le le chi tar-re c inte di f ior i , s i affaccia a l progressive come al l ’hard-rock.Un menestrel lo c icano a Detroi t , terr i tor io dove chi tarre tagl ient i e soul-music f ron-teggiano l ’austera urbanis t ica , nel la c i t tà di Stooges, Mc5 e Motown, costret to giocofor-za ad un feed-back par i a zero.Sorte inversa al t rove: 100.000 copie ven-dute nel la sola Austral ia . In Sud Afr ica , in

piena Apartheid, viene addir i t tura insigni to a colonna sonora del le local i r ivol te razzia-l i . Un s ingolare successo che val ica i meri t i del prodot to .Come sopra accennato, Cold Fact s i r i fà pa-lesemente a Dylan (Cruci fy Your Mind , This Is Not A Song, I t ’s an Outburst:Or, The Esta-bl ishment Blues , Jane S. Piddy ) per cantato, leggermente nasale e confidenziale , e s t rut-

tura mentre dal-la west-coast dei Love di Arthur Lee ( Inner City Blues , Hate Stre-et Dialogue , Like Janis , Forget I t ) prende cer t i ar-rangiamenti ba-rocchi e orche-stral i .Aff iancato dai

Funk Bos (backing band s i s tanza Motown) e dal l ’epico Dennis Coffey (chiedete a Bea-st ie Boys e Mos Def) a l la produzione e chi-tarre , i l Nostro s i manifesta notevole autore pop ( I Wonder ) la cui r iscoperta , in tempi recent i , la s i deve a David Holmes che inse-r isce la vis ionaria Sugar Man nel la raccol ta Come Get I t , I Got I t .Chissà l ’espressione di Rodriguez a fa t to conosciuto. Sicuramente incredula , come quando al cospet to di un giornal is ta , Craig Bartholemew, s tufo del le i l lazioni re la t ive al musicis ta – dopo i l debut to s i ecl issò e s i par lò di morte per overdose o in f iamme sul palco; qualcuno disse anche di saperlo in un is t i tuto di igiene mentale – lo raggiunse nel la nat ia Detroi t comunicandogl i che Cold Fact divenne plat ino Sud Afr ica .Per chi non lo conoscesse, t ra t tas i di piace-vole sorpresa. La r is tampa del la Light In The Att ic è un lussuoso digipack con esaust ivo l ibret to contenente , t ra foto e cur iosi tà , un’intervi-s ta a l musicis ta . (7/10 )g i a n n i a v e l l a

skiantos – inascoltaBle (HarPo’s Bazar, 1977 / sHake, 2008) genere: punk-demenziaLe

Registrato nel novembre del 1977 e f ini to su casset ta senza passare nemmeno per i l v ini-

le , Inascol table – pronunciato “inascol te i -bol” , come ebbe a specif icare lo s tesso Freak Antoni in una nota del l ’epoca – rappresen-tò l ’esordio discograf ico per gl i Skiantos . Nonché la pr ima dimostrazione tangibi le che lo spir i to dadais ta , l ’ imperizia tecni-ca, l ’approccio demenziale e i l punk fuori fase del gruppo bolognese potevano davvero portare da qualche par te . Al momento di in-cidere s i presentarono in dieci in s tudio, t ra membri fondator i , amici , session men aff i t -ta t i per l ’occasione e gente capi ta ta l ì per caso, un po’ perché i l proget to del la band ai tempi era un discorso aperto e col le t t ivo e un po’ perché i l solo che sapesse davvero suonare uno s t rumento – la chi tarra - era Fabio “Dandy Best ia” Testoni . Gli a l t r i im-provvisavano sui tes t i d i Roberto “Freak” Antoni e Andrea “Jimmy Bel lafronte” Set t i , l ’unico mater ia le disponibi le a l momento di incidere . Va da sé che, vis te le premesse, un discorso

sul la qual i tà as-soluta dei brani contenut i nel di-sco - brani che co-munque, a dis tan-za di t rent’anni , non hanno perso un grammo del la loro freschezza or iginale – par-rebbe quantome-no s ter i le . Molto meno fare una disamina su

quanto degl i Skiantos “adul t i” c i s ia già in questo pr imo esperimento: molto, se non già tut to , dal le r ime baciate piegate a l nonsen-se, a l l ’es te t ica punk e blues , dal le s tonature a l gergale “ggiovane” bolognese, dai giochi di parole a l caos creat ivo che contaminerà capolavori come i successivi MonoTono e Kinot to . I l tu t to es t remizzato, come dev’essere nel-le opere pr ime, ma paradossalmente, già a buon punto di maturazione.Nel l ’ot t ica di un amarcord dal la for te va-lenza s tor ica com’è questa r is tampa, non potevano mancare tes t imonianze diret te dei protagonis t i – raccol te in un agevole l ibret-to - e soprat tut to un contr ibuto video del

Page 59: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

vIE

w m

IRR

OR

SA 117

periodo, con la band circondata dai fan e f i lmata mentre suona Bau Bau Baby al la Ca-mera – sor ta di cant ina di pochi metr i qua-drat i - di Bologna. Una s i tuazione estem-poranea che la dice lunga su cosa fossero gl i Skiantos a l l ’ inizio del la loro carr iera .(6 .8/10)f a B r i z i o z a M P i g H i

vss – nervous circuit (HyDra HeaD, setteMBre 2008)genere: arT-dark-Core

Nel 1997, Andrew Rothbard (basso, tas t ie-re) , David Clifford (bat ter ia) , Joshua Hughes (chi tarra) e Sonny Kay (voce) , diedero al la luce per la minuscola Honey Bear l ’unico ful l - lenght targato VSS: Nervous Circui t .

Una gemma unica, o quasi , v is to che a far compagnia r imase giusto qualche piccolo vini le e poco più raccol t i in 21:51 . Sicura-mente, però, non un nome da poco, quel lo dei VSS. Diramazioni e f i l iazioni che par to-no dai mit ic i Angel Hair e arr ivano f ino ai contemporanei Red Sparowes, passando per Slaves, Pleasure Forever e Year Future s tan-

no l ì a dimostrar lo . Aggiungiamoci pure che la GSL (et ichet ta di Mars Volta , ! ! ! e With Love t ra i tant i ) era gest i ta da Sonny Kay e forse avremo una idea del l ’ importanza di questa formazione per i l sot tobosco hc ame-r icano più weird e meno or todosso.I l quartet to , or iginar io del Colorado ma ca-l i forniano d’adozione, ebbe vi ta breve, poco più di un paio d’anni , ma fu di fondamenta-le importanza per lo svi luppo di un suono, quel lo hc, che aveva la necessi tà di sfuggi-re a l cul-de-sac del per iodo tentando nuove ed impervie vie . Che fossero noise , metal , emo, o quant’al t ro , poco importava. L’im-portante era uscire dal la s tagnazione grazie a l pref isso post- . Così nel calderone in fermento dei 90s ap-parvero quest i quat t ro giovani punk con una musica ossessiva, r ipet i t iva, spigolosa eppure melodica e aggressiva; for temen-te inf luenzat i da umori dark, i quat t ro di-segnavano atmosfere l ivide e oscure grazie soprat tut to ad un uso par t icolare del le ta-s t iere . Horror-punk fu – t ra le tante def i -nizioni – una del le più azzeccate , in quan-to evidenziava lo s t re t to legame con alcuni momenti dei Bauhaus ma calat i in un ter-reno che era faci lmente r iconoscibi le come or iginar iamente hardcore. A dis tanza di un decennio buono, però, Nervous Circui t non perde un grammo del la sua or iginal i tà mo-strandoci per l ’ennesima vol ta come ad es-ser t roppo in ant ic ipo sui tempi s i corre i l r ischio di venire (quasi) dimenticat i . A r i -mandare l ’obl io c i pensa la HydraHead che reimmette sul mercato la r is tampa del l ’a l -bum con tanto bonus cd per le pr ime mil-le copie (The Skin Of Tiny Teeth , inedi t i e l ive) e dvd-l ive che esal ta ancor di più la r icercatezza del quartet to in campo visuals e luci . Obbligator io . (7.0/10 )s t e f a n o P i f f e r i

r & s is Back!Una del le e t ichet te fondamental i del la s tor ia techno r inasce come l ’araba fenice e s i met te a r is tampare a raff ica del le bombe che ci fanno r iassaporare i 90. R & S. Diret tamente da Ghent , Belgio: la patr ia del techno-core che in un anno di grazia (1990/1) grazie a l le compilat ion In Order To Dance e a gente del cal ibro di Joey Bel t ram, CJ Bolland o Carl Craig, ha incarnato l ’anel lo di congiunzione t ra Detroi t e Berl ino. O forse è megl io par lare di un nastro di Moebius , dato che Detroi t nasce dal le ceneri (ancor oggi fumanti) dei Kraf twerk e s i r icongiunge sempre e comunque al suono techno-pop del vecchio cont inente . La label di Renaat Van DePapel iere e Sabine Maes (dal le cui inizial i prende i l nome) qualche mese fa ha r iportato al la luce dei dischi over the top, pezzi già scolpi t i nel la s tor ia e lectro e

non: la r ivoluzione ambience che ha fondato i l g l i tch con l ’Aphex Twin di Ambient Works 85-92 e Classics , le incursioni nel mondo cyberpunk nipponico di Ken Ishi i con Jel lytones (amico f idato di Richie Hawtin) e le spendide vis ioni di Dave Angel (Classics) . Solo l ’ inizio di una sequenza che va a colmare un buco per noi novanta- teenager che in quegl i anni non avevamo i l coraggio di mangiare vini le . Se i t i tol i appena menzionat i bastano a creare un cul to , proprio al la f ine di quest’estate 08 ar-r ivano al t re t re bombe al l ’ idrogeno: Innovator d i Derrick May , Deep Space di Model 500 e i l Classics di Joey Beltram . I pr imi due -con Kevin Saunderson- sono la s tor ia del suono Detroi t . May è i l romantico che spara tappet i d’archi (Strings of Li fe ) sul le basi di Roland e inizia la vis ione di tut ta la seguente scena deep, Model 500 ovvero Juan Atkins re incarnato nel lo spazio, è un razzo che vola negl i abiss i del r i tmo; solo lui , i l maestro, ha sa-

puto costruire per più di un decennio con palate di or todossia minimal un’estet ica ol t re i l tempo (guardacaso quest’anno in vers ione l ive al Dissonanze) . Non erano i tempi del la hi t s tagionale . Quei draghi c i andavano di f i losofia sul rasoio del 4 . E poi ancora Bel t ram. Nel suo Classics due evergreen che hanno segnato generazioni di DJ e di af terhour people: Energy Flash e Mentasm . Sbal lo musicale per ment i e levate dal l ’extasy, r iassunto generazionale che chiama in causa anche le vis ioni del la seconda generazione del la Motor Ci ty, quel la Underground Resis tance compatta come una Ferrar i ( i l caval l ino che cam-peggia sul re t ro dei dischi è la mania spocchiosa di Renaat) , rossa e rombante su costel lazioni sper imental i . R & S di nuovo sul la cresta del l ’onda, per farci capire come i l legame t ra le due sponde del l ’a t -lant ico s ia s ta to e sarà ancora da tener d’occhio. Oggi i l Belgio non è più quel la fucina di s ingol i del 90, l ’obiet t ivo s i è spostato s t rabicamente a Berl ino e a Londra. Come non mai queste r is tampe ci fanno aprire la mente e annunciano quel lo che è già successo ma che esploderà. La techno s i è def ini t ivamente innestata nel dub e nel la minimal . Solo i più for t i sopravviveranno. La R & S resis te e noi s iamo pront i a combat tere a l suo f ianco. Put your hands up for Ghent! M a r c o B r a g g i o n

hIghLIghT

Page 60: Parenthetical girls - SentireAscoltare

RE

AR

vIE

w m

IRR

OR

SA 119

(gI)ANT STEpS #19

herbie hancocksextant (coluMBia, 1973)

CLASSIC ALbum REv

Pavementterror twiligHt (MataDor, 1999)

Evoluzionis ta , al f iere del la fusion, v ir tuoso del pianoforte e del s intet izzatore: in due parole , Herbie HancockFigura importante ma controversa del jazz moderno, Herbie Hancock ha inf luenzato al-meno una decade – gl i anni set tanta – decl i -nando i l jazz t radizionale in funk “elet t r i -co”, conquis tando così larghiss imi consensi - i l mil ione di copie vendute di Head Hun-ters . Nel contempo più di un cr i t ico i l lustre ha s tor to i l naso, come Arr igo Pol i l lo , che lo def inì senza mezzi termini un “dispensatore di rock elet t ronico di grana grossa”. Accuse che i l Nostro non s i preoccupò minimamen-te di smentire – a lzando, anzi , ul ter iormente i l t i ro nel momento in cui s i concederà a spot pubbl ic i tar i e s igle te levis ive – e che non inf luiranno su una produzione capace di mantenersi su ot t imi l ivel l i per buona par te del la carr iera .Hancock comincia a s tudiare pianoforte a set te anni , entro i pr imi vent i ha già suonato con Coleman Hawkins e Donald Byrd. Per i l pr imo disco a suo nome bisogna aspet tare pero’ i l 1962, quando sugl i scaffa-l i compare Taking Off: niente a che vedere con le sper imentazioni di dieci anni dopo, ma abbastanza per impressionare pr ima Eric Dolphy e poi Miles Davis che lo vogl iono in formazione. La col laborazione col secondo dura f ino al ‘68, quando i l matr imonio lo porta ad abbandonare i l Miles Davis Quin-tet – lo sost i tuirà Chick Corea – e lo spinge a intraprendere un percorso più personale . I tempi sono maturi , ovunque s i tentano espe-r iment i di fusione t ra i generi , da un la to per r idurre i l gap di consensi con l ’ormai affermato rock, dal l ’a l t ro per modernizza-re l ’es te t ica del jazz sfrut tando i progressi del la tecnologia . Hancock recluta Bennie Maupin , Eddie Henderson , Buster Wil-l iams e Bil l ie Hart e con questa formazione dà al le s tampe i t re dischi che consacreran-no la def ini t iva svol ta e le t t r ica del tas t ier i -

s ta americano: M w a n d i s h i , Crossings e, appunto, Sextant . Dei t re è forse l ’ul t imo i l p iù organico, con le sue su-i te marcate a fuoco dal germe del funk ma al tempo s tesso protese verso un futuro fat to di s intet izzator i , suoni dal lo spazio, re i tera-zioni meccaniche e f luidi in movimento. A condividere i l lavoro ai synth viene chiama-to Patrick Gleeson e i l r isul ta to del la col la-borazione lo s i ascol ta già nei pr imi minut i del l ’opera. Rain Dance sgocciola suoni di calcolator i valvolar i à la HAL 9000, esplo-de in due secondi di f ree e cavalca i res tant i ot to minut i t ra groove di bassi acust ic i in pr imo piano e cascate di bi t sul lo sfondo. In un dis tendersi avvolgente di echoes e pas-saggi monocordi che è affastel lamento e ac-cumulazione, sommatoria e c i tazioni quasi kraut , loop e var iazioni , e che con i l jazz comunemente inteso, ha davvero poco a che vedere. Discorso diverso per Hidden Sha-dows , che torna sul la terra a t raff icare pr in-cipalmente con s t rut ture funkeggiant i , pur nel l ’ot t ica di un copione che esal ta l ’ i r re-golar i tà del beat e prevede una dis t inzione di ruol i ben precis i : g l i s t rumenti c lass ic i f iancheggiano i l r i tmo su un fraseggio che r imane pressoché immutato e le diavoler ie di Hancock e Gleeson “animano i l mood”, t ra tas t iere t radizional i e crescendo s intet i -c i rubat i a qualche b-movie sci-f i . Decisa-mente un bel sent i re , anche se chi vede nel jazz esclusivamente t radizione e complican-za f ine a sé s tessa , a questo punto, tagl ierà cor to . Peccato, perché la conclusiva Hor-nets s intet izza nei suoi diciannove minut i tut to lo scibi le del l ’Hancock del 1973, me-scolando ot toni ingolfat i e varchi dimensio-nal i , synth in wah wah e c icalare di piat t i , r i tmiche in levare e sudore, in un t r ipudio di spigol i che quasi s tordisce.f a B r i z i o z a M P i g H i

Avete presente il video alternativo di Major Leagues? Quello più accattivante e “potabi-le”, con la band colta in rilassante scazzo du-rante una pazzoide partitella a minigolf. Se la band ostenta l’aspetto trasandato/trasognato di sempre, Stephen Malkmus fa lo sbruffone narciso su collinette erbose, languido il suo sguardo in camera, l’aria complice al punto da imbarazzarti . L’effetto d’insieme è più buffo che beffardo, tutto sommato innocuo. Ecco, guardando e riguardando quel clip credo di aver capito un paio di cose sui Pavement: che quel loro impeto amarognolo e angoloso, quel disarmante tour de force anti-stil istico non era altro che una mascherata, un dispo-sitivo d’autodifesa. Offrire il minor profilo possibile. Esercitare una strategia defilata da consapevolissimi perdenti. Muoversi raso-terra, perfettamente armonici alla normalità. E intanto, in virtù di questo, covare idee ed energia per garantirsi un futuro da “outsiders integrati”. Lottare da dentro e di fianco e in obliquo. Accanto. I Pavement, da Stockton, California: cinque studenti universitari inva-sati di Velvet Underground , Replacements e Sonic Youth (tra gli altri) . La notizia del loro “split” mi lasciò stranito, tuttavia per nulla sorpreso. E’ facile dirlo oggi, ma Terror Twilight – a partire dal ti tolo – mi suonò pro-prio come un canto del cigno. E non perché sia un disco stanco o arreso: semmai il lavoro di una band che fa il punto della situazione e scopre di avere già oltrepassato il traguardo, quasi senza accorgersene. Voglio dire, questo disco non è una vetta, è una collina: ma che bel paesaggio, che colori, che luce morbida, che aria tiepida e tremolante. Prodotto da un Nigel Godrich reduce dai fasti Radiohead e Beck , dipana un programma lisergico e sva-gato: folk psichedelico, quadretti venati di nostalgia, meditazioni irrequiete e vibranti, ballate in bilico sul collasso emotivo. Epi-sodi come Folk Jam, Speak, See, Remember

o Billie sban-dierano una profusione di stilemi blues e folk che sposta-no l’iconoclastia su posizioni ben più con-cilianti. Sembrano aver capito, i cinque or-mai ex ragazzi, i l rischio di suonare a vuoto in uno scenario apparentemente inscalfibile. Sembrano seduti sulle macerie immaginarie di un incantesimo che sanno bene di non poter demolire. E, naturalmente, non sono felici. Da cui quel vago, persistente sentore di no-stalgia. Se Cream Of Gold compie doveroso omaggio all’altare del post-grunge, il resto del programma bazzica territori decisamen-te meno vigorosi. Praticamente un festival delle ballate sull’orlo di acidule visioni: le meditazioni Beatles-Byrds dell’iniziale Spit On A Stranger , i l caracollare traslucido di Ann Don’t Cry – dalle vaghe ascendenze Lou Reed - o la malinconia obliqua di The Hexx in cui la scia dei Big Star incrocia quella irre-quieta dei Television . Eppoi Major Leagues , certo: aromi country a speziarne l’inquietu-dine dissimulata, una tenera, accomodante mestizia. Il suo clip alternativo fu realizza-to perché quello “ufficiale” si rivelò ostico per MTV (un ragazzo munito di enormi cuffie canticchia il pezzo assistendo ad incontri di wrestling di serie zeta). Tra i due video corre infatti uno iato estetico nel quale (consape-volmente?) si rivela la “funzione” di questo disco: mitigare la minaccia, disinnescarsi per segnare i confini di una nuova appartenen-za. Mimetizzarsi per non farsi vedere (pren-dere) più.Ecco perché la genialoide allegria di …And Carrot Rope - fantasmi vaudeville, sciocchezze rag, scorribanda beat, centrifuga Kinks , Lennon /McCartney e Pixies - t i con-geda con una stringente uggiolina nel cuore. Che nessun Malkmus solista o Preston Scho-ol of Industry – per quanto dignitosi e anche buonissimi – potranno mitigare. stefano solventi

Page 61: Parenthetical girls - SentireAscoltare

Cu

LT m

Ov

IE

SA 121

redacted (di brian de Palma – uSa / canada, 2007)

Come mostrano i titoli di testa, Redacted è una fiction ispirata ad un fatto vero che è stato, ap-punto, “redacted”, ovvero censurato. Dopo una quindicina d’anni De Palma racconta gli stessi fatti di Vittime di guerra (1989) e, si sa, la sto-ria si ripete e crea nuove vittime di guerra. Il 12 marzo 2006 a Mahmudiyah, in una casa vi-cina al checkpoint, un gruppo di cinque soldati americani stuprarono e uccisero una ragazzina irachena di quindici anni, Abeer Qasim Hamza, dopo averne ammazzato la madre, il nonno e la sorella di sette anni. Questo è il fatto vero alla base del film. In America raccontare un fatto vero connesso ad una guerra, per di più in cor-so, vuol dire prima di tutto attirarsi una marea di polemiche. Nella sua trasmissione su Fox News Bill O’Reilly ha, per esempio, sostenuto che il film potrebbe portare ad ulteriori drammi e che, se così fosse, De Palma potrebbe addirit-tura essere accusato di tradimento della patria (In Cineaste vol. XXXIII, n. 1, Winter 2007, pag. 10).Inoltre vuol dire scontrarsi con un fat-to molto importante: la censura, perché non tut-te le immagini possono essere viste, soprattutto quando mostrano violenza, sangue, sofferenza. I morti, i propri ma anche quelli degli altri, de-vono essere censurati. Il film finisce, infatti, con una sequenza di still images intitolata Ef-fetti collaterali - li si può recuperare cliccando su Google “Irak War Casualties” - che mostra-no persone ferite, sofferenze e dolore veri ma censurati. Solo l’ultima di questa serie è fal-sa ma non censurata ed è l’immagine di Farah (la ragazzina uccisa interpretata da Zahara Al Zubaidi) che è stata scattata da una fotografa molto brillante in America, Taryn Simon, sulla base della vera controparte. Su queste foto De Palma aveva le mani legate: per ragioni legali Mark Cuban (HD-Net) e la Magnolia Pictures hanno insistito sulla censura perché non c’era la delibera sulla pubblicazione delle foto e non c’era possibilità di ottenere un’assicurazione a riguardo. Così nell’ultima sezione abbiamo foto vere censurate e una finta che ricrea in tutto

e per tutto quella vera ma non censurata. Cia-scuno ne tiri le somme. La stessa operazione di esatta riproduzione è stata fatta nel caso dei blog, dei video postati su Internet, dei websi-te, dei telegiornali ecc. Emblematico, in questo senso, il video della blogger Wild Bill, che nel film è interpretata da Abigail Savage, che ripete esattamente le parole e gli improperi del video postato su YouTube. O anche per la confessio-ne del soldato incappucciato o per l’uccisione al checkpoint della ragazza incinta abbiamo lo stesso meccanismo di riproduzione. A proposi-to di questo tipo di estetica (che ha reso il film inadatto alla distribuzione…), un certo critico francese dei Cahiers, Emmanuel Burdeau - in Cahiers du Cinema, n. 631, feb 2008, pag.10 - ha parlato della fine di una fase e dell’inizio di una nuova nel cinema che, in realtà, è più retorica che estetica: non più interrogarsi sulla natura dell’immagine, neppure recitare il cate-chismo del virtuale - tutto è simulacro - quan-to, per una volta in maniera perentoria, asserire che l’immagine è reale (ecco appunto la reto-rica), fiction senza dubbio ma non menzogna, atto affermativo dell’arte quando dice il vero. Le immagini sono là, basta guardarle o cercare un modo per farlo, andare il più possibile alla fonte e così farla finita una buona volta con tut-te le ambiguità, asserire un ritorno all’immagine zero. Potremmo contrastare questo punto: forse è così che parla - in maniera perentoria, inter-pellandoci tutti con la sua apparente innocenza di constatazione - il mito. Ci troveremmo, così, di fronte ad una nuova falsificazione, un altro discorso parziale… Comunque sia l’intenzio-ne più profonda di De Palma era denunciare in modo molto lineare una situazione: cosa stiamo facendo laggiù? Come fa una persona in patria a sapere cosa veramente succede al proprio ma-rito, padre, fratello, figlio mandato per “giusta causa” a difendere la democrazia? Dove sono le fotografie, i documenti, le facce e le parole non redacted? Come si fa a smettere di vivere e vedere le cose dalla Green Zone?

Il film è pieno di riferimenti: la leggenda ri-guardo all’inevitabilità del destino (che appare in Appointment in Samarra di John O’Hara del 1934); nel dialogo si riprende Clerks e Salvate il soldato Ryan; nell’immagine dello scorpione divorato dalle formiche c’è Il mucchio selvag-gio. Ma quest’ultima è più un’ammonizione che una citazione di Peckinpah. In un’intervista De Palma dice una cosa lampante a proposito: “Here’s a contemporary issue: This whole idea of living on credit. (…) Living on credit is a way of postponing everything till tomorrow”…Ecco perché mostrare il più forte divorato dai deboli appare come lo spettro di una minaccia che vuole spingerci ad essere più consapevo-li delle conseguenze delle nostre azioni. Infine la Sarabande di Haendel che Kubrick usò per Barry Lyndon (con l’obiettivo del rallentamen-to del tempo) e qui, con lo stesso scopo, per far emergere quanto collera e frustrazione pos-sano essere il risultato di una tremenda noia e di una mancanza di prospettive. Ma c’è di più. Quell’inserimento di Haendel avviene in cor-rispondenza di un falso documentario francese sulla vita nei checkpoint. Questo documentario è volutamente pretenzioso e arty, esattamente l’opposto del video-diary Tell Me no Lies di Angel Salazar. Perché? Forse è una considera-zione sulle immagini di quei film che, pur de-nunciando la crudeltà delle guerre, hanno sem-pre aristocratiche pretese di nobiltà tematica, una sorta di critica antiwar fatta di francesis-

simo bon ton, di edificante compassione. Qui invece emerge la farsa (De Palma ha preso alla lettera Marx sulla ripetizione della Storia). E viene in mente il guerrilla spirit dei suoi primi film: Ciao America (1968) e Hi, Mom (1970); su quello stile viene fuori la natura più genuina di Redacted, un film-pastiche per una guerra-pastiche. Eccone qualche esempio: Salazar che fa cucù dalla camera nella prima scena, B.B. Rush che commemora il commilitone scompar-so intervistando il compare con un cappello mi-metico da idiota piantato sul suo cranio vuoto, quell’altro che è stato chiamato Reno, che rac-conta la storia del fratello Vegas (!) implicato in una storia di elezioni truccate (riferimento a Bush chiaro e tondo). Insomma la bestialità come allegoria di un’impotenza e una lineare accusa all’America di Bush, che come legalizza atrocità/bestialità/giochi d’azzardo nel deserto del Nevada così fa anche in quello dell’Iraq. Abbiamo, quindi, anche un’estetica (oltre che una retorica) ma è un’estetica che non concede assolutamente nulla allo spettatore: nessun pia-cere formale, nessuna bella immagine, nessuna gioia visiva. Al contrario emerge la trivialità o l’oscenità di immagini che vanno bene per ri-trarre le smorfie e gli scherzi di soldati nutriti a barrette di cioccolato e riviste porno. Immagini che a volte arrivano a mostrare le oscenità di Abou Ghraib… che ce ne facciamo, a quel pun-to, dell’emozione, della compassione? costanza salvi

Page 62: Parenthetical girls - SentireAscoltare

LA

SE

RA

dE

LLA

pR

ImA

SA 123

il cavaliere oscuro (Di cHristoPHer nolan – usa, 2008)Attese spasmodiche, t ragedie accadute o sf iorate (dal la morte di Heath Ledger a l l ’ in-cidente automobil is t ico di Morgan Freeman, passando per l ’arresto di Chris t ian Bale) , e un’intel l igent iss ima campagna pubbl ic i tar ia che più virale non s i può, hanno consegnato Il Caval iere Oscuro a l la s tor ia del c inema ancora pr ima di aver lo vis to apparire sul grande schermo.Inevi tabi le quindi , dopo i l bel lo ma abba-stanza introdut t ivo Batman Begins , pensare che s ia arr ivato per Nolan i l tempo del le conferme, dei giudizi , d i una gogna pubbl i -ca evi ta ta grazie ad un r isul ta to che r iesce quasi a superare le aspet ta t ive. Era infat t i d i ff ic i le immaginare di ass is tere a qualcosa di così . . . “ser ious”.I l Batman di Nolan r iget ta s ia le mostruosi tà got iche di Burton che la farsa pop di Schu-macher, met tendo in scena una real tà urba-na, popolata pr ima di tut to da cr iminal i e pol iz iot t i spesso ugualmente cr iminal i , che volge inevi tabi lmente verso la nasci ta di un

mondo anarchico fat to di f reak ed eroi .Svolazzando fra un palazzo e l ’a l t ro , con un occhio ispirato dal Michael Mann p iù me-tropol i tano, Nolan presenta una nuova Got-ham come teatro del cambiamento, facendo propri gl i s t rumenti del thr i l ler pol iz iesco e del noir, con un discorso che vive lungo le l inee dei vol t i d i t re protagonis t i assolut i .Batman, maschera che combatte pr ima di tut to contro l ’uomo che la indossa, vive la drammatica consapevolezza che la sua ci t tà f inirà per meri tars i un eroe che s ia ombra, che s ia oscuro, nascosto ed inafferrabi le , annul lando ogni possibi l i tà di redenzione al la luce del sole . Un Batman detect ive pr i -ma che eroe, che ut i l izza gl i s t rumenti degl i uomini ma che a causa del la natura di quel-la maschera deve per forza elevarsi ad un l ivel lo superiore , con i l coraggio soffer to del la scel ta più giusta da fare . Non per sé , ma per i l bene di quel la c i t tà che l ’ha creato e che lui s tesso ha t rasformato.Fra queste sue involontar ie creazioni , i l Jo-ker è i l cr iminale di c lasse superiore che Gotham si meri ta : l ’a l t ra faccia del dove-

re assoluto. La sua anarchia rappresenta la def ini t iva t rasformazione del l ’universo metropol i tano verso i l caos che non ha più nul la in cui credere. Giust iz ia ed ingiust iz ia diventano valor i superat i grazie a l l ’ infezio-ne che i l cr iminale , vero e proprio virus dal-la mente e dal l ’aspet to ugualmente malat i , produce al l ’ interno del corpo del la s tessa società che l ’ha creato: “I criminal i in que-sta ci t tà credevano in qualcosa: onore, r i -spet to , . . .” ma ora , nel l ’era del le maschere, tut to è cambiato.Joker è lo specchio di quel lo che Bruce Wayne ha paura di diventare: non più un uomo, ma maschera pura e r i f iuto del la pro-pr ia ident i tà naturale . Eroe e nemesi dona-no al bianco ed al nero s ignif icat i invert i t i : l ’oscuri tà , cul la del giust iz iere integerr imo, contro l ’ i lare pal lore del pazzo cr iminale .Ed è proprio fra queste due prospet t ive, complementar i e necessar ie l ’una al l ’a l t ra , che s i inser isce la t rasformazione del pro-curatore dis t re t tuale Harvey Dent nel le due facce del la s tessa moneta . Per quanto la ma-stodont ica interpretazione di Heath Ledger ,

in odore di Oscar postumo, appaia come i l centro del la pel l icola , è invece nel perso-naggio di Due Facce che s i può quadrare i l cerchio. Via di mezzo e s intesi non solo del l ’e ter-na lot ta f ra i l bene e i l male di Batman e Joker, ma di tut to l ’universo supererois t i -co. Vera e propria discesa negl i infer i , la t rasformazione di Harvey Dent da “White Knight” a novel lo Chigurh è , esat tamente come nel l ’ul t imo capolavoro dei Coen , i l segno dei tempi che s tanno cambiando: ora Gotham è una ci t tà marcia f ino al midol lo capace di corrompere anche la propria ul t i -ma speranza.Poco importa del le fas t idiose der ive buoni-s te che fanno segui to a l fa l l imento del Joker, perché Gotham, vera e assoluta protagonis ta del la pel l icola , cont inua ad essere una ci t -tà che s i meri ta inf ine un eroe persegui ta to come un cr iminale durante la not te , ed un vol to mart i re puro proposto con l ’ inganno durante i l g iorno.g a B r i e l e M a r u t i

Page 63: Parenthetical girls - SentireAscoltare

LA

SE

RA

dE

LLA

pR

ImA

SA 125

funny g aMes (D i MicHael Haneke – us a , 2008)Par l a re d i Funny Games ve r s ione U .S . come “ f i lm in sé” vo r rebbe d i r e r i ca l ca -r e r iga pe r r iga un ’ ipo te t i ca r ecens ione de l l ’o r ig ina l e da t a to 1997 , s eguendo e sa t -t amen te l ’ e sempio d i ques to fo l l e r emake scena -pe r- scena idea to da Haneke .A d i s t anza d i und ic i ann i , i s ign i f i ca t i sono r imas t i i n t a t t i : Funny Games è ancora que l c rude le a ff r e sco d i v io l enza – ps i co log ica ancor p iù che f i s i ca – che sconvo lge non so lo l a ma lcap i t a t a f amig l io l a p ro tagon i -s t a , ma anche lo spe t t a to re s t e s so .E Haneke , che è t an to bas t a rdo quan to ne -ces sa r io , s f ru t t a i l g rande inganno med ia -t i co pe r me t t e r s i ne i pann i de l t o r tu ra to re non meno de i suo i Pe te r e Pau l . Pe r s e t -t imane abb iamo in fa t t i sub ì to i l pode ro -so ba t t age pubb l i c i t a r io che bu t t ava l ì due e sche p iù che succu len te ag l i occh i de l l a massa ov ina : da un pa r t e un cas t s t e l l a -r e con due ce r t ezze come Naomi Wat t s e Tim Ro th e i l nuovo f in to -ma lede t to Mi -chae l P i t t ; da l l ’ a l t r a l a paven ta t a nomea d i “nuovo Aranc ia Meccan ica” . Da te l e p re -

messe , non è d i f f i c i l e immagina re ch i ha l a sc i a to l a s a l a a me tà de l l a pe l l i co la . Non c ’è in fa t t i l a min ima t r acc i a d i que l lo sp i -r i t o na i f che t r a spor t ava i l capo lavoro d i Kubr i ck in una r ea l t à fuo r i da qua lunque t empo e qua lunque spaz io ; Funny Games accade qu i ed o ra , s i a che s i t r a t t i de l 1997 che de l 2008 .S i t r a t t a d i un f i lm che ag i sce su l p i ano de l n i ch i l i smo p iù e saspe ra to : “Perchè lo fa t e?” ch i ede i l pove r ’uomo, “Perchè no?” r i sponde i l ca rne f i ce . Non e s i s tono mot i -vaz ion i pe r i l ma le pu ro de i nos t r i g io rn i , che s i f anno be ffe d i t u t t e l e poss ib i l i s cu -se da c ronaca ne ra : da l r agazz ino v i z i a to che non sa come d ive r t i r s i , a l l o sbanda to in ce rca d i so ld i pe r una dose . I l ne ro p iù p ro fondo non ha b i sogno d i n i en te d i t u t to ques to .Ma c ’è un p i ano supe r io re . Qua lcosa o l t r e a l l a be ffa sad ica che vo r rebbe g ius t i f i ca re i l d i s t acco de i due aguzz in i e che s i na -sconde , non t roppo ve la t amen te , ne l l e pa -ro l e deg l i s t e s s i , du ran te una de l l e u l t ime scene : un d i sco r so su l l a na tu ra de l l a r ea l t à e de l l a f inz ione ; i l f i lm è f inz ione – v i ene

de t to – ma ne l momento in cu i può e s se re v i s to e s so d iven ta r ea l e . Eppure è l o s t e s so Pau l a sve la re con t inuamen te i l t rucco de l -l a messa in scena , abba t t endo l a qua r t a pa -re t e pe r r ivo lge r s i d i r e t t amen te a l lo spe t -t a to re , con lo s t e s so p roced imen to t i p i co de l l ’ope ra t ea t r a l e : ammicca , pone ques i t i e punzecch ia . Non s i t r a t t a de l l ’o rma i t i -p i ca r i ce rca de l l ’ immedes imaz ione , quan-to p iu t to s to de l l a t o t a l e demis t i f i caz ione de l l a pe l l i co la . Cos ì l u i , t o r tu ra to re , non ha co lpa né mot ivo pe r p rova re tu rbamen-to : a l t r i non è che un pe r sonagg io su d i un pa lco , che a l t ro non sa f a re se non r ec i t a -r e in con t inuaz ione l a pa r t e che è l a sua na tu ra . Una na tu ra immutab i l e e pe rpe tua , da l l a qua le non s i può dev ia re , a cos to d i p remere r ewind e r ime t t e re a pos to qua -lunque imprev i s to .Dovess imo fa re una sce l t a , no i da ques t e pa r t i p re fe r i amo l ’o r ig ina l e aus t r i aco . La p ro fond i t à de l l a fo tog ra f i a amer i cana va le ogn i cen te s imo speso , eppure in e s sa s i è pe r so qua lcosa a s cap i to de l l a pe r fez ione

fo rma le . Men t re pe r quan to r igua rda g l i a t -to r i , pa re snob d i r lo , eppure l a pu r ecce l sa p rova de l l a Wat t s non a r r iva a i l i ve l l i d i t umefa t t a d i spe raz ione d i Susanne Lo tha r, cos ì come non sos t i t u i r e i i l t r anqu i l lo d i -s t acco d i Arno F r i sch con l a v i sc ida bocca cascan te de l g ig ionegg ian te Michae l P i t t .Trucch i de l mes t i e re ( e de l merca to ) , que l -l i d i Haneke , che r i e scono p r ima d i t u t to a po r t a re i l p rop r io f i lm ad un pubb l i co p iù vas to de i so l i t i appass iona t i , con fe rmando pe rò che con o senza i cap i t a l i ho l lywoo-d ian i l a t r emenda sos t anza r imane ina l t e -r a t a .g aBriele Marut i

Page 64: Parenthetical girls - SentireAscoltare

I C

OS

Idd

ET

TI C

ON

TE

mp

OR

AN

EI

SA 127

hanns eislerla dura vita di un artista mil itante

Perseguitato e costretto all’esilio dal regime nazista, cacciato dagli U.S.A. perché comunista, Hanns Eisler è l’emblema dell’artista militante, quasi sempre osteggiato e quasi mai apprezzato. Storia ordinaria di un degnissimo successore di Schoenberg (ma anche suo esatto contrario) che ha pagato a caro prezzo per le sue idee politiche coerenti e radicali.. Testo: Daniele Follero

la Dura vita Di un artista Militante

“Qualcuno che conosca solo la musica, non capisce niente di essa” (Hanns Eisler)

E’ dura la vi ta degl i ar t is t i mil i tant i . Lo è da sempre, per lo meno nei casi in cui ess i non s i conformano al la pol i t ica dei Paesi in cui vivono o, addir i t tura , la avversano. Ci sono però, a lcuni per iodi s tor ic i duran-te i qual i i l potere pol i t ico non s i è l imita-to a sot tovalutar l i , persegui tando gl i ar t is t i come fossero dei demoni , dei sovvert i tor i del l ’ordine e , f inanche, in a lcune s i tuazioni nel le qual i la demagogia e i l paradosso han-no raggiunto l ivel l i a l t iss imi , “nemici del popolo”. Una di queste epoche è senz’al-t ro quel la che abbraccia la pr ima metà del Novecento. Cinquant’anni durante i qual i , t ra guerre e regimi total i tar i , per musicis t i , scr i t tor i , regis t i (ma non solo, ovviamente) europei , la vi ta s i è fa t ta davvero diff ic i le e ha condizionato in maniera i r r imediabi le la loro esis tenza e la loro ar te . Bertold Brecht , Thomas Mann , Arnold Schoenberg , Artu-ro Toscanini , Kurt Weil l , sono solo alcuni nomi di ar t is t i costret t i ad emigrare perché considerat i , da un giorno al l ’a l t ro , degene-rat i o sovversivi dai regimi fascis t i . Così come sono s ta t i costret t i a lasciare i l Paese in cui tanto avevano creduto, a lcuni ar t is t i soviet ic i quando l ’Urss , a l l ’epoca di Stal in , s i è t rasformata in qualcosa che al fascismo cominciava a somigl iare davvero (una vi t -t ima eccel lente del le purghe s ta l iniane sarà i l regis ta Tretiakov , molto amico di Ber-told Brecht) .La vi ta e l ’opera di Hanns Ei-s ler, i l d imenticato pupi l lo di Schoenberg, i l musicis ta mil i tante per eccel lenza, sono

l ’esempio forse più chiaro del la condizio-ne degl i intel le t tual i radical i durante la pr i -ma metà del XX secolo. Nato a Lipsia (ma t rasfer i tosi a Vienna già a l l ’e tà di t re anni) da una famigl ia di ebrei impoveri t i , e f igl io del f i losofo tedesco Rudolf , Eis ler s i avvi-cina quasi contemporaneamente al la musica e a l la pol i t ica . In famigl ia , sua sorel la e suo fratel lo maggiore sono important i dir igent i del Par t i to Comunista Tedesco e c iò , legato al le condizioni economiche disastrose e ad un sent imento popolare crescente verso gl i ideal i del social ismo, a l l ’epoca eserci tò una for te inf luenza per i l g iovane Hanns, appena tornato dal f ronte dopo aver provato sul la sua pel le l ’assurdi tà del la guerra ( fu fer i to durante i l pr imo confl i t to mondiale combat-tendo per l ’eserci to austro-ungarico) .Hanns aveva ta lento e r iuscì a convincere Arnold Schoenberg, maestro tanto r inoma-to quanto severo e selet t ivo, a dargl i lezio-ni , d iventandone presto i l pupi l lo . Entusia-s ta per i pr imi due movimenti del la Prima Sinfonia del l ’a l l ievo, Schoenberg ne ordinò la pubbl icazione ancora pr ima che ne fosse terminata la s tesura . Eis ler apprese la tecni-ca dodecafonica e la fece sua in poco tempo, componendo la sua pr ima opera con i l s is te-ma del le dodici note già nel ’24 (Palmström op. 5 ) , appena un anno dopo le teor izzazioni e la loro messa in prat ica da par te del Mae-stro. Ma l ’ idi l l io t ra Eis ler e la dodecafonia non durò che un paio d’anni . Trasfer i tosi a Berl ino nel 1925, i l composi tore t rovò, nel-la capi ta le tedesca, una s i tuazione molto più pol i t ic izzata che a Vienna. I l c l ima dei tu-mult i del la Repubbl ica di Weimar era più for te a Berl ino e r isvegl iò presto lo spir i to pol i t ico del l ’Eis ler mil i tante .

DiMenticanDo scHoenBerg: la nascita Della Musica “aPPlicata” e Della “canzone Da Battaglia”I l suo coinvolgimento r ivoluzionario lo por-ta presto a met tere in discussione radical-mente i l suo modo di intendere la musica. I l r i f iuto del concet to di “ar te per l ’ar te” , di opera f ine a se s tessa , lascia i l posto ad una concezione più at t iva del la musica, più sogget t iva. La sua concezione di una mu-sica “appl icata” al contesto e che in quel contesto abbia par te a t t iva, in opposizio-ne al l ’”ogget t ivi tà” r ispet to a i sent iment i , propria del la musica schoenberghiana, con-dizionerà gran par te del la sua produzione successiva e favorirà la lunghiss ima col la-borazione con Bertold Brecht .La rot tura con Schoenberg è dolorosa, ma

anche determinata . Quel lo che era s ta to i l suo pr imo grande maestro, s i t rasformava ai suoi occhi e in poco tempo, in un “reazio-nar io tardo-romantico”. Un’offesa i r repara-bi le per l ’ inventore del l inguaggio dodeca-fonico, che a sua vol ta reagì def inendolo un “radicale da bar” . Aldi là del le rot ture con i vecchi maestr i e del le offese conseguent i , i l campo d’azio-ne di Eis ler s i sposta in questo per iodo su tut t ’a l t re mete s t i l is t iche r ispet to a i suoi esordi come composi tore . Abbandonat i i generi vocal i e cameris t ic i (def ini t i t roppo borghesi) , comincia a scr ivere le sue pr i -me canzoni “mil i tant i” ( i Kampfleader, le t -teralmente “canzoni da bat tagl ia”) , dir ige l ’Ensemble Corale del l ’Agitprop “Das Rote Sprachrohr” (I l megafono rosso) , insegna

Page 65: Parenthetical girls - SentireAscoltare

I C

OS

Idd

ET

TI C

ON

TE

mp

OR

AN

EI

SA 129

al la scuola marxis ta dei lavorator i . La sua at tenzione s i t rasfer isce su alcuni generi musical i considerat i maggiormente comu-nicat ivi e popolar i ( la musica per i l teatro e quel la per i f i lm) e l ’e laborazione di un tes to , così come i l r i torno al s is tema tona-le , diventano fondamental i per le f inal i tà social i a t t r ibui te a l la musica. Queste teo-r ie t rovarono largo spazio sul quot idiano del Par t i to Comunista Tedesco “Die Rote Fahne” ( la bandiera rossa) di cui , nel 1927 Eis ler divenne cr i t ico musicale . Teorie che t rovavano d’accordo, in quegl i anni , molt i intel le t tual i e ar t is t i t ra cui i l col lega com-posi tore Kurt Weil l . Esis te indubbiamente un f i lo rosso che lega Weil l e Eis ler, s ia per quanto r iguarda la loro vi ta che per le scel te musical i (entrambe molto inf luenzate dal la col laborazione con Brecht) . Con una diffe-renza sostanziale , però. In Eis ler, la comu-nicat ivi tà non è legata a l sent imental ismo, mirando ad una f inal i tà più esortat iva che affet t iva. Una scel ta che gl i permetterà di mantenere nel tempo un cer to dis tacco dal tonal ismo puro, ma che non gl i consent i rà di raggiungere i l ivel l i d i notor ie tà e diffu-s ione del le melodie di Weil l . E’ i l 1930 quando comincia la quasi t ren-tennale col laborazione con l ’amico Brecht e presto arr iveranno anche i r iconoscimenti e i premi. Die Massnahme, Die Mutter (basata su una novel la di Gorki) , Kuhle Wampe (che include la famosa Sol idar i tä ts l ied - canzone del la sol idar ie tà , divenuta un s imbolo del la col laborazione fra i due e un vero e pro-pr io inno del la c lasse lavoratr ice in r ivol ta) sono i pr imi f rut t i matur i di questa amici-zia personale e ar t is t ica . Eis ler non abban-dona, però, del tut to la musica s t rumenta-le . Sono di questo per iodo la Sui te n .1 op. 23 per Orchestra e la Kleine Sinfonie op. 29, che ut i l izza ancora (anche se in maniera solo parziale) i l l inguaggio dodecafonico. Le pr ime avvisagl ie di repressione e cen-sura in Germania s i fanno sent i re già nel 1932, quando Kuhle Wampe viene censurato e bandi to dal lo Stato prussiano. E’ solo i l preludio al l ’ascesa al potere di Adolf Hit-ler, che l ’anno dopo sarà nominato uff ic ia l -mente cancel l iere del Reich. Non ci sarà più scampo per gl i intel le t tual i non al l ineat i e nel fuggi fuggi generale , anche Eis ler sarà

costret to a cominciare la sua lunga emigra-zione, che lo porterà pr ima a Vienna, poi a Londra, Par igi , Copenhagen, New York, per approdare f inalmente in Cal i fornia .

il lungo esilio: Da Berlino a HollywooD e ritornoDurante gl i anni del l ’es i l io , la col labora-zione con Brecht e la mil i tanza comunista res tano punt i fermi nel la carr iera di Eis ler, che nel ’35, a l l ’epoca del pr imo viaggio ne-gl i U.S.A. , comincia a scr ivere la sua monu-mentale German Symphony ( terminata sol-tanto nel 1948) . Ma passeranno ancora set te anni pr ima del suo t rasfer imento def ini t ivo in America. Set te anni durante i qual i s i av-vicinerà a l la guerra c ivi le spagnola e cont i -nuerà a comporre musica corale e da camera (No Pasaran, Marcia del Quinto Reggimen-to, - dedicate espl ic i tamente al la res is tenza repubbl icana contro i r ivol tosi f ranchis t i , i l Lenin Requiem e alcune cantate su tes to di Ignazio Si lone) . All’ inizio del la Seconda Guerra Mondiale Eis ler s i t rova in Messi-co, ma la sua permanenza come professore al conservator io di Ci t tà del Messico du-rerà appena un paio d’anni . Approdato in Cal i fornia , i l composi tore austr iaco r i t rova Schoenberg (con i l quale r iuscirà a r icon-ci l iars i dopo la rot tura di quasi vent’anni pr ima) e i l caro amico Brecht , anch’egl i t ra-sfer i tosi nel lo s tesso Stato.La vi ta negl i U.S.A. , per Eis ler, è come una r inasci ta . Lavora per Hollywood, s t r inge un’importante amicizia con Charl ie Cha-pl in e i l f i losofo e musicologo Theodor W. Adorno ( insieme al quale scr ive i l saggio, ormai c lass ico Composing For The Fi lms) e comincia a musicare poesie di grandi ar t is t i (Brecht , Hölderl in , Goethe) , che saranno poi pubbl icate nel la sua raccol ta più apprezza-ta in assoluto, la Hollywood Songbook. Nel ’43 arr iva addir i t tura la pr ima nominat ion al l ’Oscar per le musiche di Hangmen Also Die di Fr i tz Lang (per la seconda dovrà at-tendere appena un anno, grazie a l la pel l ico-la di Cl i fford Odets , None But The Lonely Heart) .Ma i l sogno dura poco. La f ine del la guerra apre i l confl i t to t ra U.S.A. e Urss e in Ame-r ica , con i l maccart ismo, s i apre una vera e propria caccia a l le s t reghe nei confront i

dei comunist i (o sospet t i ta l i ) . Naturalmen-te Eis ler è in c ima al la l is ta dei potenzia-l i sovversivi , v iene bol la to come i l “Karl Marx del Comunismo nel campo musicale”, processato ed espulso per diret t iss ima. Per lui , che negl i U.S.A. s i era sent i to per la pr ima vol ta l ibero, è un colpo duriss imo, tanto da spingerlo a dichiarare a segui to del la sentenza: “Mi sento i l cuore a pez-zi per essere s ta to cacciato da questo paese meravigl ioso in una maniera così r idicola”. I l suo caso mobil i tò i l mondo cul turale , ma nonostante gl i appel l i d i gente del cal ibro di Copeland, Bernstein, Einstein, Chapl in , Sessions e Mann, la sentenza fu appl icata a l la le t tera e Eis ler s i r i t rovò presto in Ger-mania, nel la appena nata DDR, per la quale scr isse l ’ inno nazionale , Aufers tanden Aus Ruinen. Ricomincia un per iodo di lavoro e r icono-scimenti per i l composi tore austr iaco, ma, come gl i era già successo in America, l ’eu-for ia dura poco, giusto i l tempo di scopri-re i l vero vol to del la Repubbl ica Popola-re , pronta , dopo averlo reso quasi un eroe nazionale , a cambiare totalmente posizione nei suoi confront i , censurando la sua opera Johann Faustus ancor pr ima che fosse ter-

minata , perché r i tenuta offensiva nei con-front i del la nazione tedesca. Per Eis ler non c’è a l t ra soluzione che l ’es i l io volontar io a Vienna, dove r imane un paio d’anni , per poi r i tornare a Berl ino nel ’54, dove cont inue-rà a comporre per i l teatro brecht iano (Sch-wejk Im Sweiten Weltkr ieg e The Carpet Of Kujan-Bulak) f ino al la scomparsa del caro amico, compagno e col laboratore . La mor-te di Brecht è un duro colpo per Eis ler, già for temente dis i l luso dagl i event i pol i t ic i , depresso e sf iancato per la sua debolezza cardiaca. Troppo s inceramente comunista anche per uno Stato che s i def iniva ta le , ma in real tà non lo era . L’ul t imo per iodo del la sua vi ta , gl i regalerà ancora qualche sod-disfazione con la pr ima rappresentazione del la German Simphony a Berl ino nel ’59 ( in pr ima assoluta e ben undici dopo la con-clusione del lavoro di scr i t tura) e a Londra nel ’62, anno in cui , terminata la sua ul t ima opera Ernste Gesänge (Canzoni Ser ie) , per bar i tono e piccola orchestra , Hanns Eis ler chiude def ini t ivamente gl i occhi a l mondo. Ad un mondo che non lo ha mai davvero ac-cet ta to , lo s tesso che lui , senza mai barat-tare la l iber tà con i suoi ideal i , ha fa t to i l possibi le per migl iorare .

tHe essential Hanns eislerPiano Sonata No. 1 (1923)Song of the Woman and the Soldiers (1928) Red Wedding (1929)Bal lad of the Welfare System (1930)Song of Supply and Demand (The Measures Taken, 1930) Sol idar i ty Song (Kuhle Wampe, 1931)Small Symphony, 1931-32Lenin Requiem, 1935German Symphony, 1935-1948Fourteen Ways of Descr ibing the Rain (1941) Piano Sonata No. 3 (1943) Hollywood Songbook, 1938-43National Anthem of the German Democrat ic Republ ic (1949)Way the Wind Blows (1955) And What did the Nazi Soldier ’s Wife Get? (Schweyk, 1959) Song of the Li t t le Wind (Schweyk, 1959) Tucholsky Lieder, 1959Serious Songs, 1962

Page 66: Parenthetical girls - SentireAscoltare

DISTRIBUZIONE / PROMOZIONE / EDIZIONIvia Fortebraccio 20/A, 00176 Roma (Pigneto) Tel. 06 21700139 Fax: 06 2148346e-mail: [email protected] - www.goodfellas.it - www.myspace.com/goodfellasdistributionnews sempre aggiornate su goodfellasblogspot.com

RADIATION RECORDSCirc.ne Casilina 44 (Pigneto) 00176 ROMA

VENDITA PER CORRISPONDENZA:Ordini telefonici: +39 06 90286578

Ordini via e-mail: [email protected]

SONIC YOUTH “Andre Sider Af Sonic Youth” CD (SYR)Nella sua interezza la performance dal vivo a titolo ‘Other Sides of Sonic Youth’, immortalata durante il festival danese Roskilde. Era il 2005, ed il quartetto era aumentato dalla presenza di Jim O’ Rourke. Tra i collaboratori occasionali - che calcarono il palco con Thurston Moore e soci nella circostanza - troviamo Mats Gustafsson (sax) e Masami Akita, mago del power electronics col nome di Merzbow. Un’unica traccia che espande il dominio dell’improvvisazione e del rumorismo.

DAVID VANDERVELDE “Waiting For The Sunrise” LP/CD (Secretly Canadian)

Cantautore di belle speranze Vandervelde è al suo secondo album per Secretly. Oggi bilancia l’impeto dell’esordio con una maniera sublime di arrangiare le canzoni, che fa molto pop sentimentale di marca seventies. Disco assolutamente confidenziale, infarcito da un brano scritto a 4 mani con l’ex-Wilco Jay Bennett. Un impossibile miscellanea di Neil Young, Marc Bolan e Brian Wilson!

ONE LITTLE PLANE “Until” CD (Text)Per l’etichetta di Kieran Hebden/Four Tet, lo splendido debutto di questa cantautrice originaria di Chicago (ora d’adozione londinese), presa tra la sacra passione per il folk inglese di tardi’60/inizio ’70 e moderni arrangiamenti in salsa elettronica. Canzoni soavi che forniscono un’ulteriore idea sul concetto di folktronica. Per fan di Cat Power, Bat for Lashes, Beth OrtonPer fan di Cat Power, Bat for Lashes, Beth Orton e Feist.

ONEIDA “Preteen Weaponry” LP/CD (Jagjaguwar)Prima parte del trittico a titolo “Thank Your Parents”, di cui “Preteen Weaponry” rappresenta il benaugurante primo sforzo. Quasi interamente strumentale il disco ci ricorda le performance live degli Oneida, spesso divise tra sublime e brutale. Momenti improvvisati e partiture più rifinite fanno da corollario a questo mastodontico rock minimalista, come se Terry Riley incontrasse gli Stooges ed i Sucide a colazione.

HERBIE HANCOCK “Hear O Israel” LP/CD (Jonny)Uno dei più rari esemplari di jazz spirituale a venir fuori dalla Grande Mela. Disco praticamente inedito in cui la parte da leone la fa il piano di Herbie Hancock, che insieme ad un cast stellare – Thad Jones alla tromba e Ron Carter al contrabbasso tra gli altri – musica un’alternativa messa ebraica concepita dal giovane compositore Jonathan Klein. Le sacre scritture si fondono con un jazz modale dagli spunti celestiali.

V/A “Como Now” LP/CD (Daptone)Nel cuore di Panola County, Mississippi, giace Como, cittadina rurale dove la popolazione locale ha inalato la tradizione gospel sin dalla notte dei tempi. Il 22 luglio 2006 Daptone invita i cantanti indigeni alla Mt. Mariah Church a registrare le proprie canzoni. Il risultato è COMO NOW, vibrante collezione di traditional ed originali a cappella della tradizione gospel locale. Autentica soulful music!

SEUN KUTI & FELA’S EGYPT 80s “Many Things”LP/CD (Tout Ou Tard)

Fuor di metafora Sean Kuti è il vero erede dell’impero musicale del padre Fela Anikulapo Kuti. E’ nella sua musica che l’afrobeat ritrova un interprete magistrale, capace di veicolare tutto lo struggimento interiore caro proprio a quelle estenuanti maratone ritmiche. L’orchestra - Fela’s Egypt 80 - che accompagna Kuti è la stessa vista in azione da metà degli anni ‘80 col padre, e proprio Seun si è preso carico di amministrarne l’enorme potenziale, dopo la prematura scomparsa del padre nel 1997.

KARL HECTOR & THE MALCOUNS “Sahara Swing” LP/CD (Now Again)Dietro la sigla si nasconde un’accolita di musicisti krauta, imparentata con Poets Of Rhythm e Whitefield Brothers. Escono per Now Again con un ibrido di afro beat, funk e psichedelia. Siamo su di un’ipotetica direttiva che da James Brown porta a Fela Kuti, passando per gli arabeschi strumentali di Mulatu Astatke of Ethiopia. Impedibile!

THE DEAD SCIENCE “Villainaire”LP180gr/CD (Constellation)I Dead Science di Seattle vantano già un serie di pubblicazioni per Absolutely Kosher, rinomato marchio dell’underground USA. Sono in un’ipotetica lega con Xiu Xiu e Dirty Projectors; la loro musica è fatta di sincopi, soluzioni astratte, cambi d’atmosfera impertinenti. Una giostra emotiva, alla quale partecipano numi tutelari del rock più anticonformista, come Craig Wredren (Shudder To think) e Katrina Ford dei Celebration.

RODRIGUEZ “Cold Fact” LP/CD (Light In The Attic)Prima ristampa ufficiale di questo segreto capolavoro del 1970. Rodriguez – messicano d’origine e detroitiano d’adozione – era un cantore del suo tempo, una sorta di Arthur Lee incrociato a Bob Dylan. La sua musica era un folk screziato di psichedelica e blaxploitation. Co-prodotto dal grande Dennis Coffey e con la partecipazione dei Funk Bros. (session man di lusso di casa Motown).

2562 “Aerial” LP/CD (Tectonic)L’olandese Dave Huismans si cela dietro questa sigla numerica. E’ uno dei nomi caldi del giro dubstep continentale, un virtuoso delle macchine e del ritmo in grado di raccogliere influssi dalle scene musicali di Detroit, Kingston, Croydon e Berlino. Provate ad immaginare un incrocio tra i ritmi urbani di Skream e Benga e le atmosfere liquide di casa Basic Channel. Già un piccolo classico.

AUCAN “Aucan” CD (Africantape)Per Africantape – la stessa etichetta che ha rilanciato i nostrani Three Second Kiss – l’omonimo album dei bresciani Aucan si presenta come un delizioso distillato di sonorità matematiche ed ambient-rock. La fantasia al potere in un disco da consigliarsi agli amanti di Batlles, Fridge, etc.

TUTTI GLI AGGIORNAMENTI SUI TOUR DEI NOSTRI ARTISTI SU:

WWW.GOODFELLAS.IT