I direttori e le redazioni dei giornali italiani, con la Federazione Nazionale della Stampa Italiana, denunciano il pericolo del disegno di legge sulle intercettazioni telefoniche per la libera e completa informazione. Questo disegno di legge penalizza e vanifica il diritto di cronaca, impedendo a giornali e notiziari (new media compresi) di dare notizie delle inchieste giudiziarie – comprese quelle che riguardano la grande criminalità fino all’udienza preliminare, cioè per un periodo che in Italia va dai 3 ai 6 anni e, per alcuni casi, fino a 10. Le norme proposte violano il diritto fondamentale dei cittadini a conoscere e sapere, cioè ad essere informati. E’ un diritto vitale irrinunciabile, da cui dipende il corretto funzionamento del circuito democratico e a cui corrisponde – molto semplicemente – il dovere dei giornali di informare. La disciplina all’esame del Senato vulnera i principi fondamentali in base ai quali la libertà di informazione è garantita e la giustizia è amministrata in nome del popolo. I giornalisti esercitano una funzione, un dovere non comprimibile da atti di censura. A questo dovere non verremo meno, indipendentemente da multe, arresti e sanzioni. Ma intanto fermiamo questa legge, perché la democrazia e l’informazione in Italia non tollerano alcun bavaglio. La canzone dell'acqua Bandierine e cecità L o scrittore Roberto Bolaño nel suo libro I detective selvaggi scrive di una barzelletta sui galleghi che nella parte che ci interessa più o meno dice così: "E questa persona, che sarei io, cammina per il bosco e incontra cinquecentomila galleghi che camminano piangendo. E allora io mi fermo e domando loro perché piangano. E uno dei galleghi si ferma e mi dice: perché siamo soli e ci siamo perduti." Questo è lo stato della sinistra in Italia, siamo in tanti e ci sentiamo soli e sperduti perché ognuno è chiuso dentro le proprie posizioni senza fare lo sforzo di aprire gli occhi e vedere che la compagnia potrebbe essere più nutrita. Ma nessuno è disposto a rinunciare alla propria particolarità e alla propria smania di protagonismo. Importante è piantare la propria bandierina su un minuscolo pezzetto di giardino e poter dire "Questo è mio". Sono svaniti nel nulla i sani principi della politica rivolta ai bisogni della popolazione, ora conta solo riuscire ad apparire, conta la soddisfazione personale nel sentirsi appellare onorevole, presidente, assessore e via dicendo, tanto nel nostro bel Paese una qualifica non si nega a nessuno. Ci si incolla agli scranni, alle poltrone, alle sedie e finanche agli strapuntini di ferroviaria memoria per poter dire "qui ci sono seduto io, è il posto mio". E nel caso si perda il posto non conta farsi un'autocritica, un esame di coscienza, conta riuscire ad entrare di nuovo in possesso del posto da cui si è stati scalzati, e per farlo si è disposti a tutto. Avete fatto caso a Berlusconi che parla sempre in prima persona? Ho fatto, ho detto, farò, porterò avanti, sembra che non conosca nessun altro pronome a parte IO. Purtroppo non è il solo, il difetto dilaga nella nostra classe politica, a destra come spesso a sinistra, come la Cecità messa su carta da Saramago. Finchè i cittadini non apriranno gli occhi e torneranno a vedere la realtà per quel che è, non andremo avanti e lo spettro della Grecia sarà più reale di ciò che si pensi, a dispetto del premier che ha predicato fino a pochi giorni or sono che tutto andava bene. Il 19 maggio ancora dichiarava: "Ci sono tanti fattori che inducono all'ottimismo. Sono cresciute del 17% le esportazioni dei prodotti italiani", il 9 aprile aveva detto: "Non c'è nessuna necessita di correggere i conti in corso d'anno. Stiamo uscendo bene dalla crisi" . Forse si riferiva ai suoi ministri, sottosegretari e accoliti vari. Per noi gente comune arrivano, come al solito, lacrime e sange. E così la Polverini è venuta fuori. A breve inizieranno i lavori per l'inceneritore di Albano vanificando la lotta dei cittadini che sono preoccupati per la salute pubblica e per lo sperpero di denaro, sempre pubblico con cui inizia l'attività la nuova giunta regionale. Complimenti all'ex sindaco di Albano Mattei, ora assessore regionale all'Ambiente, che regala ai suoi concittadini e ai Castellani tutti un motivo in più per preoccuparsi della loro salute, come se non bastasse la critica situazione ospedaliera che subiamo per l'inettitudine della precedente giunta e della stessa opposizione ora maggioranza. Sabato 29 maggio 2010 Anno II n° 4 Redazione: via Roma n° 50 00045 Genzano di Roma tel. 333 9467351 email: [email protected] Legge bavaglio Silvia Garambois Intercettazioni I direttori delle maggiori testate italiane con la Fnsi CE LA VOGLIONO DARE A BERE Emiliano Viti I risultati della privatizzazioni, in Italia e nel mondo, sono stati pesantemente negativi sia per l’utenza che per i lavoratori e le lavoratrici. Unico dato in positivo sono stati gli introiti per i privati. La privatizzazione dell'acqua ne è un esempio lampante. Due terzi del servizio idrico integrato in Italia è stato affidato, sottraendo la gestione al controllo diretto dei comuni. Il 33% di questi affidamenti è ad aziende con soci privati, nonostante ciò la situazione delle perdite delle reti è fuori controllo. In media il 34% dell’acqua potabile si perde nei tubi e un italiano su 3 subisce un approvvigionamento discontinuo ed insufficiente. Intanto le tariffe aumentano del 61%, a fronte di una inflazione pari al 22%. Come dire servizio privato non fa rima con efficienza! Nonostante tutto, in questi ultimi mesi, il Governo Berlusconi ha pensato bene, con l'articolo 15 della legge Ronchi. di prevedere che entro il 2011 vengano cedute definitivamente ai privati le società a capitale pubblico che gestiscono l'acqua, lo smaltimento dei rifiuti e il trasporto su gomma. Insomma si vuole concludere il processo di privatizzazione in atto da 15 anni. Quali conseguenze avremo? Qui sul nostro territorio, AceaAto2 bacino che comprende i Comuni di Roma e Provincia, pesano come un macigno le dichiarazioni di Alemanno, già pronto a cedere definitivamente Acea e la nostra acqua nelle mani di Caltagirone, il re dei palazzinari. È di qualche giorno fa l'acquisizione di ulteriori quote da parte del patron de Il Messaggero, portandosi in vantaggio nei confronti della multinazionale francese Suez, altra concorrente pronta a mettere le mani sugli acquedotti di Roma e provincia. Come fermare questa vera e propria corsa all'oro blu? Dal 25 Aprile è iniziata la raccolta firme del Forum italiano dei movimenti dell'acqua pubblica, una alleanza sociale molto larga che va dalle associazioni cattoliche ai centri sociali. I quesiti presentati per il referendum sono tre e puntano non solo a bloccare il decreto Ronchi, ma anche a cancellare tutte quelle privatizzazioni già concluse coi governi di centrosinistra prima e di centrodestra poi. Nei soli primi due fine settimana di raccolta firme ci sono stati segnali piuttosto incoraggianti: già si è arrivati a oltre 250.000 firme (pensare che ne servono 500.000 per indire il referendum!). C'è voglia di partecipazione, c'è voglia di bloccare i processi di privatizzazione di questo neoliberismo sfrenato, di questo sistema economico che vuole ridurre a merce e profitto ogni aspetto della nostra vita. Le multinazionali, i signori della finanza globalizzata vorrebbero farcela pagare a noi questa loro crisi, coi tagli alla spesa sociale, con la precarizzazione del mondo del lavoro e con la messa a profitto dell'ambiente e dei beni comuni. La riuscita di questo referendum può invertire la tendenza, come già tante mobilitazioni locali hanno dimostrato. Ad Aprilia, ad esempio, oltre 7.000 famiglie si sono ribellate ad Acqualatina S.p.A., azienda che ha privatizzato il servizio idrico in quel territorio. Hanno preferito continuare a pagare le bollette con la tariffa comunale al loro municipio anziché ai privati. Oggi il Comune di Aprilia, si appresta a riprendersi in gestione i propri acquedotti con diversi soldi in più nelle proprie casse, guarda caso! Fatto analogo sta accadendo a Velletri. Ormai sono oltre 450 le famiglie che stanno praticando l'autoriduzione delle bollette inviategli da Acea. Acea infatti dovrebbe riparametrare tutte le tariffe dei comuni dei Castelli romani alla tariffa di Roma, che è la più bassa. Invece continua ad inviare bollette carissime mentre tardano ad arrivare gli investimenti promessi per risistemare la rete idrica. Come se non bastasse la qualità dell'acqua sta peggiorando in modo preoccupante. Non possono darcela a bere. Per questo dobbiamo convincere ogni nostro amico, collega di lavoro, vicino di casa a mettere tre firme: una firma per bloccare il decreto Ronchi che vuole regalare la nostra acqua definitivamente ai privati, una firma perché non siano più le S.P.A. a gestire gli acquedotti, ma direttamente i cittadini e le cittadine con i propri bisogni, una firma perché non siano le nostre bollette a finanziare chi vuole fare profitto sulla nostra acqua. " …la canzone dell'acqua è una cosa eterna. È la linfa profonda che fa maturare i campi. È sangue di poeti che lasciano smarrire le loro anime nei sentieri della natura”. (Federico Garcia Lorca) Avrebbe mai potuto Garcia Lorca dedicare questa sua poesia, per dire, ad “Acqualatina”, società privata partecipata dalla multinazionale francese Veolia, la stessa che forniva il servizio a Parigi? L’acqua: bene comune. E dall’Agro pontino alla metropoli francese, notizie di questi giorni, il modello di gestione di Veolia non solo è stato bocciato dai cittadini, ma l’acqua è tornata pubblica. Così come in Sicilia… E la gente sta in coda ai banchetti a firmare per i referendum sull’acqua: in pochi giorni il comitato promotore, a cui aderiscono decine e decine di associazioni (e anche la Cgil condivide la battaglia per l’acqua, perché rimanga un bene pubblico essenziale quale diritto universale, e la FpCgil sostiene l’iniziativa referendaria), dichiara d’aver raccolto già un terzo delle firme necessarie. Il Governo s’indigna. Il ministro Ronchi ripete che anche lui, nel suo decreto, parla di acqua pubblica: “Piena ed esclusiva proprietà pubblica delle risorse idriche il cui governo spetta esclusivamente alle istituzioni pubbliche”. Ma tra i settemila cittadini di Aprilia che rifiutavano di pagare le bollette a Veolia (insieme a quelli che oggi firmano per il referendum) e il ministro, corre un “sottile” distinguo: la distinzione è tra “acqua bene pubblico”, “acqua bene comune”. E si scopre che tra due frasi che sembrano dir quasi la stessa cosa, in realtà c’è un abisso. L’abisso che corre tra una sorgente che sgorga e una multinazionale che la imbottiglia. L’acqua è sempre “pubblica” (e gratis), l’imbottigliamento e il trasporto, ovviamente, no. Anche se a noi sembra di pagare il contenuto, non il contenitore! Lo stesso vale per le reti idriche. E’ vero che in Italia la gestione pubblica dell’acqua… fa acqua da troppe parti. Ma la gestione privata (che fin qui ha prodotto solo un aumento delle tariffe) trasforma addirittura in merce un bene che in molte parti del mondo si rivendica invece come bene comune primario: come l’aria che respiriamo. Come la conoscenza. “Il tema dell’acqua” ha ricordato in questi giorni Stefano Rodotà, “è sempre stato intrecciato con quello del potere: questo referendum si distingue da tutti quelli che l'hanno preceduto perché riguarda l'assetto e la distribuzione del potere in una materia decisiva per la vita delle persone.” Ripensare il pubblico, non cercare le scorciatoie del privato: è questo che è scritto, una volta ancora, nella nostra Costituzione. E’ l’articolo 43, quello che dice: “A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale”. Certo che poi c’è anche chi la vuole smantellare, la nostra Costituzione…