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GiveMeAChance Editoria Online Out of Matrix Enrico Giraudi www.givemeachance.it
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Out of matrix

Jan 22, 2018

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Self Improvement

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GiveMeAChance Editoria Online

Out of Matrix

Enrico Giraudi

www.givemeachance.it

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GiveMeAChance Editoria Online

Tutti i diritti riservati

La riproduzione parziale o totale del presenti libro

è soggetta all’autorizzazione scritta da parte dell’editore.

La presente pubblicazione contiene le opinioni dell’autore e ha

lo scopo di fornire informazioni che, benché curate con scrupo-

losa attenzione, non possono

comportare specifiche responsabilità in capo all’autore e

all’editore per eventuali inesattezze.

GiveMeAChance s.r.l. – Editoria Online

Viale Regina Margherita, 41 – Milano

1° edizione Ottobre 2011

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A Nicolo

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Indice

PROLOGO 8

19 FEBBRAIO - LA GRANDE PAURA DEL VUOTO 9

27 FEBBRAIO - PRONTI VIA 11

28 FEBBRAIO - LO JOJO 15

4 MARZO - VISIONI 17

8 MARZO – IL BAR DELLA STAZIONE 20

9 MARZO – STRANIERO A MILANO 24

10 MARZO – LA CODA 26

12 MARZO – MARE CALMO 27

15 MARZO – CONFUSIONE MENTALE 30

20 MARZO – LA FINE DEL DIGIUNO 33

22 MARZO – A COLLOQUIO DAL LAMA 35

26 MARZO – LO ZAINO PER L’INDIA 40

31 MARZO - ATOLLO DI RASDHOO 42 3 APRILE - ISOLA DI MALÉ 46

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5

4 APRILE - LA SPIAGGIA DI NEBANGO 52 5 APRILE - ASSALTO AL TRENO 55 6 APRILE - IL BUDDHA ROVENTE 66 7 APRILE - IL TOMBINO MALEDETTO 78 8 APRILE - A SPASSO PER NUWARA ELIYA 87 9 APRILE - IL BUDDHA D'ORO DI DAMBULLA 90 12 APRILE - VERSO HIKKADUWA 92 13 APRILE - LA VOCINA CHE VIENE DA DENTRO 96 14 APRILE - IO E IL MIO AMICO DAIMON 100 15 APRILE - VISIONI IN SPIAGGI 104 16 APRILE - LE ONEDE CHE PARLANO 108 18 APRILE - RIFLESSIONI DA MECCANICO 110 30 APRILE - ATTERRAGGIO 115 15 MAGGIO - CUPIDO SI METTE DI MEZZO 118 4 GIUGNO - IL GRANDE BOH 123 8 GIUGNO - I PRIMI 100 GIORNI 128 17 GIUGNO - OSLO 132 4 LUGLIO - UNA STRANA MATEMATICA 135

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6

6 LUGLIO - QUEL BASTARDO DI CUPIDO 141 16 LUGLIO - SANTA LUCE 143 20 LUGLIO - VERSO CAPO NORD 146 21 LUGLIO - HILLEROD, VENT'ANNI DOPO 148 22 LUGLIO - COPENAGHEN - STOCCOLMA 150 24 LUGLIO - IL PONTICELLO FINLANDESE 153 25 LUGLIO - GIRO DI BOA 156 26 LUGLIO - QUANDO IL SOLE È A MEZZANOTTE 158 30 LUGLIO - VERSO SUD 160 10 AGOSTO - LA TRAPPOLA 162 17 AGOSTO - L'EROE DI CARTAPESTA 163 4 SETTEMBRE - LA BUSSOLA IMPAZZITA 168 12 SETTEMBRE - COLPI DI LUNA 172 23 OTTOBRE - LOST IN SABBATICAL 189 13 NOVEMBRE - COLPO DI SCENA 193 16 NOVEMBRE - DEAD MAN WALKING 195

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7

14 MAGGIO - DOPO UNA LUNGA ASSENZA 197 7 AGOSTO 2008 - UN NUOVO INIZIO 199

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Prologo

Quel tardo pomeriggio di gennaio, nel mio ufficio milanese, mi

alzai dalla scrivania, salii le scale fino al piano superiore e con il

cuore in gola bussai alla porta del direttore del personale. Mi

sedetti di fronte a lui e con voce poco ferma gli dissi che avrei

voluto prendermi un anno sabbatico.

Fu quando disse "non c’è problema" che mi sentii crollare il

mondo addosso, perché di fronte a quella porta spalancata, mi

venne una gran fifa di tutta quella potenziale libertà.

Credo che Matrix esista davvero. Non è esattamente come ci

hanno raccontato nel film, ma la metafora è calzante.

Ciò che segue è la cronaca di quello che è iniziato come un an-

no sabbatico e che poi si è trasformato in qualcos’altro; un dia-

rio che dedico a tutti coloro che, come me, ad un certo punto

della loro vita hanno avuto il sospetto di vivere quella di qual-

cun altro e che, di conseguenza, si sono messi a cercare la stra-

da di casa, la via per tornare a Zion.

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19 Febbraio

La grande paura del vuoto

Un intero anno. Dodici mesi di fronte a me, nei quali potrò fare

quello che mi pare e in più risparmi sufficienti per un anno (se

gestiti con un minimo di cervello e con economie strategiche):

praticamente il sogno di tutti i lavoratori dipendenti del pianeta

Terra che sono ancora in buona salute, drasticamente singles e

quindi senza figli da mantenere.

Una situazione praticamente perfetta!

E allora perché me la sto facendo sotto?

Desideriamo fortemente la libertà, le diamo la caccia, la pro-

gettiamo tra intuito, impulsività e raziocinio e poi, quando ci

arriva, ne abbiamo una gran paura.

Eppure mi ero dato un progetto preciso: la decisione dell’anno

sabbatico l’avevo presa non per vagabondare per il mondo, ma

per fare una seria esperienza imprenditoriale o almeno è così

che me l’ero raccontata.“È ora che io la smetta di tenere i piedi

in due scarpe, facendo il pubblicitario durante la settimana e

progettando imprese mirabolanti nei week-end (nel campo dei

progetti di imprenditoria sociale e della mia seconda passione:

cortometraggi e documentari) è il momento che io trasformi i

miei sogni nel mio progetto di vita e di lavoro”. Questo obietti-

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vo mi aveva fatto sentire autorizzato a “mandare a quel paese”

il mio lavoro, almeno per un po’ e tutto era filato liscio fino al

giorno in cui in ufficio mi era stato confermato e ufficializzato

che dal primo di marzo sarei stato “in aspettativa”.

Dopo cinque minuti, superata l’eccitazione del momento, ave-

va fatto capolino nella mia testa la domanda che mi avrebbe

perseguitato per i successivi trenta giorni: “aspettativa di che” ?

E così avevo cominciato a cercare risposte rassicuranti: “di un

nuovo lavoro, di mettere in piedi questi progetti nel campo del-

la responsabilità sociale di impresa e dei documentari”. In-

somma, “aspettativa” di trasformare le mie passioni in un lavo-

ro. Sì, tutto giusto. Ma al pensiero di farlo sul serio sentivo una

strana sensazione alla bocca dello stomaco: una specie di clau-

strofobia all’idea di essermi impegnato con troppe persone su

più progetti. Danilo mi aspettava nella sua società di consulen-

za sulla responsabilità sociale delle imprese, Mauro, Stefano e

Carlotta mi avevano preparato una scrivania nella loro casa di

produzione di documentari e con loro ed il mio amico Lorenzo,

mi ero preso l’impegno di lanciare un progetto video sulla do-

cumentazione dei progetti nel sociale nei quali si impegnano

molte aziende. Ma chi pensavo di essere, la Dea Shiva?

Poi un giorno mi era arrivata anche la telefonata di Paolo, che

si occupava di formazione e consulenza nel campo delle risorse

umane e che proprio io avevo tempo prima convinto a coinvol-

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19 Febbraio – La grande paura del vuoto

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germi nella redazione di un modello di consulenza sempre nel

campo della responsabilità sociale delle imprese: era tempo di

avviare il progetto e adesso aveva fretta che io iniziassi il lavo-

ro. Quella telefonata aveva scatenato una reazione emotiva

che si era conclusa con una domanda: “ma sono proprio sicuro

di voler spendere i miei dodici mesi di libertà uscendo da un uf-

ficio per entrare in un altro? Continuando a produrre documen-

ti in Powerpoint? Uscendo da una sala riunioni per entrare in al-

tre?

La risposta era arrivata veloce come un treno Freccia Rossa

lanciato a massima velocità dal mio cuore al mio cervello: “Col

cavolo!”

E così avevo iniziato a dormire male la notte, a disdire tutti gli

impegni già presi, a rivedere le mie aspettative di guadagno

sulle quali avevo fatto affidamento, a rivedere di conseguenza

il budget e soprattutto ad arrovellarmi in un delirio notturno,

contraddistinto da una costante ed insopportabile paura per la

totale assenza di programmazione: un’incredibile e inaspettata

paura di essere totalmente libero di fare quello che mi pareva.

Ora, seduto nel salotto della casa di campagna di mio padre a

Montecastello, a meno di nove giorni dallo “sganciamento”,

non so assolutamente che cosa farò. Penso che potrei mettere

in pratica la filosofia Zen del “Doing without doing”, ma mi

rendo conto che è difficilissimo: infatti ho la costante tentazio-

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ne di aprire un file excel e farmi una pianificazione temporale

nei minimi dettagli. E infatti ci casco, la faccio e quando la

guardo mi sento veramente un cretino. Ultima chance: decido

di fare ciò che nella vita non ho fatto mai: non pianificare,

aspettare semplicemente, restare in ascolto e vedere che occa-

sioni o idee arriveranno.

Anche perché, essendo l’unico furbo che riesce a pianificare per

sei mesi il proprio anno sabbatico e si accorge solo a pochi

giorni dal “decollo” di avere il passaporto scaduto, l’unica cosa

che posso fare è aspettare che la questura mi restituisca il do-

cumento di espatrio!

Una decisione però la prendo: il primo di Marzo non mi sveglie-

rò a Milano. Così subaffitto il mio bilocale ad un’amica (per

qualche mese) e mi trasferisco in campagna a Montecastello.

Una decisione strategica che mi consente di recuperare ben

seicentoquaranta euro di affitto al mese.

Tanto per dare l’idea delle mie condizioni mentali, a mezz’ora

dall’aver confermato alla mia amica Antonella la disponibilità

della casa, me ne pento e comincio a pormi i più deliranti inter-

rogativi:

a) come faccio ad andare in palestra tutti i giorni che in questo

anno di tempo libero mi volevo fare gli addominali che non ho

mai avuto!?

b) non è che poi, là sperduto in campagna, mi deprimo!?

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19 Febbraio – La grande paura del vuoto

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c) non è che poi mi sento uno sfigato che torna a vivere col pa-

dre a 39 anni!?

d) non è che poi magari mi chiama Danilo per lavorare con lui,

mi prende l’ansia dei soldi, ci vado e facendo su e giù da fuori

Milano spendo più di quanto guadagno?

e) Non è che poi smetto di cercare casa che è importantissimo

che me ne compri una?

In questo stato mentale guardo Sansone (il gatto nero che vive

con mio padre): sta sul davanzale, osserva le colline del torto-

nese avvolte nella foschia, fa uno sbadiglio, si liscia il pelo, si

sdraia, appoggia il muso sulla zampa e si mette a fissarmi. Gli si

legge sul muso questa frase scritta in sovraimpressione: “Godi-

tela, scemo!

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27 Febbraio

Pronti, via!

Sono un po’ più tranquillo. Nell’ultima settimana mi sono abi-

tuato all’idea dell’anno sabbatico e sono riuscito a resistere al

pianificare i miei prossimi impegni.

Stanno accadendo delle cose strane.

Mi sento come in un’anticamera lunghissima che non finisce

mai. Quando penso ai miei prossimi dodici mesi la mia mente si

riempie di desideri, voglie, malinconie. So che voglio usare be-

ne questo periodo, ma so anche che non voglio viverlo come

un’impegno. Voglio essere tranquillo. Voglio essere “qui ed

ora”. Mi serve sentire quello che sono, e quindi quello che vo-

glio, e poi farlo.

Stasera è venuta a casa mia Antonia per prendere le chiavi del-

la casa di Milano. Che strano, dopo tutti questi anni ci rivedia-

mo, ci incrociamo e via. Ha un messaggio per me: il nostro co-

mune amico Roberto vuole aprire una società di consulenza

sulla Responsabilità Sociale delle Imprese. Strano questo input.

Come quello di oggi. Marta, che ho conosciuto un anno fa e che

lavorava nel reparto di progetti sociali di una banca, mi dice che

andrà a Londra per un corso sulla partnership tra profit e non

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profit. È quello su cui ero indeciso! Decido che anche questo è

un messaggio. Mi dice “vai a Londra”. Non pensare ai soldi. Vai!

Di una cosa sono sicuro. Voglio aprirmi alla vita. Incontrare

gente. Trovare tutti i pretesti per mettere in condizione la mia

vita di mandarmi i suoi messaggi. E questo significa: usare il

mio rifugio campagnolo di Montecastello come una base, ma

non come una casa. Mi sforzo di non pensare. Aspettiamo gli

eventi. Domani ho una riunione nella società di Davide, non ne

ho molta voglia…ma vado. “Attento – mi dico - non ti impegna-

re, tieni tutte le porte aperte”. Sei solo all’inizio di questa stra-

na avventura…

Ieri mi ha risposto Neysan, il mio amico israeliano che mi aspet-

ta in Israele a Giugno. Bene bene, la giostra sta per iniziare.

Domani, ultimo giorno.

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28 Febbraio

Lo yo-yo

Ho salutato più o meno tutti. Mi sento bene, nemmeno tanto

emozionato. Ho pranzato con Mauro (il mio capo), Alessandra

e Teresa. Sono molto emozionato ed eccitato. Alle 18.00 mi

aspetta Danilo per una riunione nella società di consulenza.

Voglia zero...vorrei scappare da qualunque cosa assomigli ad

un impegno lavorativo. Perché quando cerchiamo di seguire il

nostro istinto, tutto si mette di traverso?

Pochi saluti, nessun festeggiamento particolare. Ma leggo sul

viso dei miei colleghi la voglia di seguirmi. Ma dove? Non ho

veramente nessuna idea di quello che farò. Mi sento quasi pe-

sare sulle spalle tutte queste aspettative e mentre mi incammi-

no, continuo a vedermi su navi, aerei, posti dove non sono mai

stato. I progetti e le idee montano come la panna, ma per deci-

dere aspetto che venga su il latte.

Appena uscito dall’ufficio mi succede una cosa strana: mi sento

chiamare da una signora ben vestita, sulla cinquantina. Capisco

che non ci sta molto ocn la testa. “Scusi”, mi dice, “se le dò uno

yo-yo per bambini, lei mi darebbe due biglietti dell’autobus”?

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Resto interdetto. In qualunque altro giorno avrei proseguito fa-

cendo finta di nulla. Invece questa volta mi fermo, tiro fuori il

mio carnet di biglietti dell’autobus settimanale (quelli che non

userò più) e gliene dò due. Portarle via lo yo-yo mi dispiace,

glielo lascio. Poi me ne pento, era bello.

Che cosa avrà voluto significare questo incontro? Tutto quello

che ci succede è un messaggio. Siamo tutti parole gli uni per gli

altri. Ma la frase intera non sempre si riesce a leggere.

Forse voleva invitarmi a giocare.

“Sì, devo accettare di giocare!”. Mi dico.

Più tardi prendo una birra con il mio amico Max che fa il regista

e il video-maker e si parla un po’ di tutto. Bello sorseggiare una

birretta senza pensieri. Ci si sente quasi in colpa a non avere

pensieri.

Passo a salutare Loredana. Mangiamo da lei un kebab. Una pa-

tatina di troppo intinta nel ketchup e ci ritroviamo dopo pochi

minuti in mezzo alla passione più sfrenata, con sottofondo

Jazz.

Mezzanotte. In auto con un faro rotto, porco cane!

Viaggio molto veloce. Troppo. Ci metto solo trentacinque mi-

nuti ad arrivare a Montecastello. Perché corro? Da cosa sto

scappando? Non lo so. Crollo a letto dopo aver sistemato delle

cose e aver cantilenato il mio mantra buddista.

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4 Marzo

Visioni

Sveglia alle sei. Colazione. Un’ora di meditazione. Sono pieno

di energia, prendo la bici e faccio un giro. Mi fermo, scendo e

mi siedo per terra. La mia bici si staglia sulle colline dipinte del

marrone della terra appena arata. Da foto.

Mi viene un’idea: partire con la mia bici. Fare un lungo viaggio.

Sì bello, mi piace. Vado a sedermi sul mio sasso preferito, en-

trando di straforo nel parco del piccolo castello che sovrasta

casa mia e guardo la campagna. L’idea si fa ancora più pazza:

“vado in bici in Israele”. Parto il primo aprile, mi fermo a Roma

a maggio per un incontro che mi interessa sull’etica e la re-

sponsabilità sociale di impresa, per arrivare in Israele a Giugno.

Tempo poche ore mi sembra un’idea assolutamente folle e ca-

pisco che nessuno dei miei pensieri è attendibile. Devo stare

calmo. Non so nemmeno scegliere tra andare alle Maldive (do-

ve una coppia di amici, Fabio e Manuela, mi ha proposto di se-

guirli) per poi “perdermi” in India e andare in Israele.

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Quello che non riesco a capire è se dare ascolto alle mie sensa-

zioni e buttarmi nel fare tutto quello che la mia fantasia ed il

mio conto in banca mi permettono, oppure no.

Come devo usare questo anno?

Che cosa voglio ottenere?

La risposta è: proprio non lo so.

Ok. Va bene in fondo il sabbatico è appena iniziato.

Decido di proseguire nel mio programma che prevede di incon-

trare persone, confrontarsi, lasciare passare un po’ di tempo

per eliminare la tensione.

Siamo come bicchieri con dentro acqua e sabbia: più ci agitia-

mo meno riusciamo a vedere lucidamente, più ci calmiamo più

acquisiamo chiarezza.

Perché mi sento spaesato? Perché, fuori dal mio ritmo lavorati-

vo mi pare di essere vuoto, di non poter riempire il tempo? Ci

sono molte cose che desidero, ma non riesco ad afferrarle. For-

se mi hanno addestrato a tenerle dentro e basta, perché se

ognuno di noi facesse veramente quello che sente il sistema

economico attuale, fondato sulla “coercizione dolce”,

sull’illusione e sui condizionamenti, non funzionerebbe più.

Troppe persone libere manderebbero il mondo in “default”.

Non penso di aver perso la bussola, ma ho la sensazione che la

strada per arrivare da quel “qualche parte” sarà più lunga e im-

prevedibile del previsto. Devo ragionare come se mi fossi licen-

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4 Marzo - Visioni

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ziato. È fondamentale, ma devo lasciare a me stesso il tempo

di riprendere aderenza con la mia realtà. La mia vita mi sta aiu-

tando, lo so.

Sono sospeso tra cuore, ragione e spirito. Staremo a vedere.

“Sii paziente – mi dico -, ascolta tutti, ma con distacco, lascia

che venga tutto a galla. Fai un atto di coraggio (il viaggio), non

tenere più i conti. Spendi tutto quello che è necessa-

rio...coraggio e soprattutto, fai tutto con gioia!

Non c’è nulla di cui aver paura.

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8 Marzo

Il bar della stazione

Quando mi sveglio alle sei per fare colazione prima dell’alba,

tanto per mettere altra carne al fuoco ho deciso di osservare un

digiuno tipo il Ramadan, sento di essere sulla strada giusta.

Tutti i “no” che ho detto tirandomi indietro dai vari progetti e

impegni mi fanno male, mi mettono in crisi, ma quando sono

solo e in silenzio, assaporo il piacere di fare quello che mi sento,

di seguire l’istinto, senza preoccuparmi di quello che accadrà.

Quando il mondo si sveglia, inizia la battaglia con il lato oscuro,

quello che ci governa nello stato di veglia. Mi sento tornato in-

dietro a scroccare vitto e alloggio dai genitori, vedo gli elettrici-

sti che lavorano e io mi sento un disoccupato, cammino per la

strada come una marionetta sentendomi fuori posto. Dove va-

do? Questa mattina sono entrato nel negozio Vodafone-One e

mi sono messo a chiedere informazioni al tipo dietro il banco.

Mi ha trattato come uno sprovveduto o come un pensionato,

forse perché nella confusione cerebrale gli ho chiesto tre volte

la stessa cosa. Mi sono sentito come quegli sfaccendati che

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9 Marzo – Il bar della stazione

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stanno sulla panchina ad aspettare che accada qualcosa. È una

settimana che devo decidere se fare il contratto che mi consen-

te di navigare 60 ore al mese in internet via cellulare. Ma le use-

rò tutte? E poi te li prendono in anticipo! Ma forse dovrei pren-

dere un cell UMTS perché da Montecastello non piglia nem-

meno un’antenna della Nasa. Questa mattina l’operatrice della

Telecom mi ha rifiutato la linea ISDN: a Montecastello non fun-

ziona! Mi ha detto che il sistema non accettava la richiesta di

appuntamento. Accidenti ma dove mi sono rintanato? Devo

uscire e inventarmi qualcosa! E infatti oggi sto andando in tre-

no a Genova a trovare Maria Laura. Un’eclettica PR genovese

che organizza eventi, calorosa e amichevole. Ci siamo cono-

sciuti due anni fa ad un convegno a Zurigo dove miliardari di

tutto il mondo parlavano di spiritualità al lavoro. Ieri sera mi ha

chiamato Danilo e mi devo segnare quello che mi ha detto per-

ché credo che sia stato saggio e sincero: sono troppo volubile,

poco determinato, confuso e mi gestisco in maniera immatura

(gli ho comunicato che non avrei collaborato con lui via sms, in

effetti potevo almeno chiamarlo...). Non mi devo crocifiggere,

ma devo riflettere. Danilo forse ha ragione. Sono troppo di-

spersivo e superficiale nella gestione della mia vita. Ho fatto

con lui quello che faccio da cinque anni con le donne: affascino,

spremo il primo succo, poi mollo la presa e …

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Una telefonata. È arrivata una telefonata mentre stavo scri-

vendo, è Antonella, una mia ex cliente.

Antonella mi dice che non mi ha mai dimenticato perché le

avevo parlato di una mia esperienza di volontariato in Africa

nella baraccopoli di Soweto nel 2001. Dice che sono stato

l’ispirazione che l’ha portata a fare una serie di esperienze in

progetti di cooperazione allo sviluppo in questi ultimi quattro

anni. Ora si occupa di un progetto italiano, un ospedale, a Na-

zareth. È una struttura in cui palestinesi, israeliani e italiani la-

vorano insieme e si occupano di assistenza medica ai bambini.

Ora, una ragazza che lavora nel private banking a Milano, che

ha superato un tumore, si è affezionata al progetto e ha deciso

di supportarlo. Sta cercando qualcuno che si occupi della co-

municazione a scopo raccolta fondi.

È pazzesco. Proprio ieri sera pensavo due cose: devo vincere la

paura, l’insicurezza in me stesso, devo tirare fuori le palle, ma

devo farlo per uno scopo in cui credo veramente. Rafforzare le

mie capacità, mantenendo la mia purezza di spirito. Sì, potreb-

be essere proprio questa la sfida di questo anno sabbatico.

Danilo me lo sono bruciato, il mio primo “no” ha creato disagio

e imbarazzo, ma anche spazio e aria pura dentro di me. Devo

pensarci.

La cosa incredibile è che tutto questo mi sembra il prodotto di

qualcosa che sta scattando dentro di me. Una sorta di processo

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9 Marzo – Il bar della stazione

25

di purificazione. Quando dici “no”, rifiutando senza compro-

messi ciò che non senti tuo e accettando di pagarne il prezzo,

fai un passo verso di te, affermi la parte più autentica di te stes-

so. Il “no” vale più del “sì” per il semplice fatto che crea frizione

e con questa si genera energia, si crea una distanza tra il mon-

do esterno e il mondo interiore che fa chiarezza e disegna i

confini del tuo vero Io e tu ti puoi riconoscere. Se a questo ag-

giungi l’ingrediente straordinario “dell’affidarsi”, esattamente

come quando ai corsi di teatro ti lasci cadere all’indietro e gli al-

tri ti afferrano all’ultimo, l’effetto lo senti fin sulla punta delle

orecchie.

Purezza di intenti, il coraggio di affidarsi e fare della tua vita la

tua personale pennellata sulla tela. E la vita comincia a rispon-

dere.

Terminata la telefonata, mi passa vicino un ragazzo indiano

che lascia un accendino sul sedile del treno, con un biglietto.

Sto per fare come sempre, finta di nulla, poi mi fermo e tiro

fuori tutte le monete che ho, tre euro, e compro l’accendino. È

color senape, come i miei pantaloni.

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9 Marzo

Straniero a Milano

Sono in giro per Milano e non posso nemmeno andare a casa

mia perché ci è già entrata Antonella. Non riesco ad abituarmi

all’idea di essere in giro mentre gli altri lavorano. Ho ancora le

tossine da lavoro addosso. Mi riempio di appuntamenti per non

stare fermo. Per fortuna alla sera vedo Inbar e Gianluca, il suo

ragazzo. Birretta nella mia birreria di periferia preferita. Il pen-

siero di oggi è molto lucido: l’opportunità che ho davanti non è

quella di cambiare le cose che faccio, ma il modo in cui le fac-

cio. A questo devo dedicare il mio anno. Inbar mi consiglia di

approfittare del mio viaggio in Israele a maggio per andare in

un Kibbutz. E mettiamoci anche questa. In più mi dice che scri-

verà una rubrica quindicinale sul mio anno sabbatico su una ri-

vista di vela. Pensa te, incredibile.

Giornata pesante: mi sono guardato dentro e ci vedo le cose

che devo cambiare di me. Soprattutto riflettendo su come mi

sono bruciato il mio primo contatto di lavoro con Danilo, mi di-

co un pò di cosette:

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9 Marzo – Straniero a Milano

27

- Concentrazione su quello che faccio: una cosa per volta. Fatta

bene.

- Valutare con calma: non reagire impulsivamente, riflettere e

poi decidere.

- Tenere duro sulle decisioni, non cambiare idea.

- Scegliere e selezionare persone, situazioni e attività.

- Lasciare uscire tutte le tossine.

E il 26 marzo ho deciso che parto per le Maldive (se mi danno in

tempo il passaporto) con Fabio e Manuela.

Devo smetterla di pensare ai soldi. Infatti ho pagato il mio co-

stoso corso in Inghilterra che ha per oggetto “come rendere

l’azienda in cui lavori più socialmente responsabile”...e via.

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10 Marzo

La coda

La giornata inizia benissimo. Vado in Questura e consegno la

dichiarazione dell’agenzia di viaggi per la procedura urgente di

rinnovo del passaporto. Le code agli uffici pubblici sono esila-

ranti, se hai tempo di fermarti ad osservare la gente. Sono or-

ganismi viventi in cui si crea una mentalità collettiva. Un tizio

che esce incazzato genera preoccupazione nei primi dieci in

coda, che diventa terrore verso il ventesimo e disperazione pu-

ra negli ultimi arrivati. Meraviglioso!

Comincio a godermi il tempo, il presente.

Scopro che tra le nove del mattino e le sette di sera esiste un

mondo di gente viva, che respira, mangia, va in giro. Sono tutte

persone normali.

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12 Marzo

Mare calmo.

La mia mente si sta lentamente calmando. Le preoccupazioni

si fanno sempre più leggere. Se lascio passare i momenti di an-

sia del tipo “gli altri stanno producendo e tu cosa stai facendo?”

riesco a sentire che a “fermarsi” non c’è nulla di male. Noi non

siamo sempre quello che facciamo. Noi siamo, molto più spes-

so, quello che resta dopo che abbiamo buttato via le cose che

facciamo. Ho la sensazione che, una volta superata l’ansia da

ozio, inizi una sorta di percorso “verso casa”. Inizi a riscoprire le

attività che ti piacevano: ieri in giardino ho suonato la chitarra

dopo molto tempo. L’ho suonata cercando di fermare il piacere

delle piccole cose: essere seduto al sole, il suono delle corde un

po’ consumate, il vento. Ho la sensazione che quando smetti di

correre, la vita cominci a lavorare per rigenerare la tua parte

vera, tutto si mette in opera per mettere le cose a posto. Il dif-

ficile è mantenersi collegati con questa parte di noi. Per farlo è

importante selezionare quello che fai, i luoghi dove vai e le per-

sone che vedi. Devi stare lontano dalle cose pesanti che ti por-

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tano “verso il basso” (guardare la TV, le vetrine dei telefonini, le

grandi città, gli amici ossessionati dal lavoro o quelli iperattivi)

e cercare quelle “leggere”, quell’aria calda che ti solleva (legge-

re, ascoltare buona musica, passeggiare, la campagna, un ami-

co in fase di ricerca). Ieri è venuto a trovarmi il mio amico An-

drea. Lui è un creativo, separato, con una figlia piccola. Doveva

fermarsi solo a cena ma è rimasto a dormire e il giorno dopo a

pranzo. Abbiamo parlato un pò di tutto, passeggiando per

Alessandria e poi suonando la chitarra davanti al fuoco: futuro,

donne, amore, lavoro, spiritualità, politica. Questa casa è un

buon posto dove stare con i buoni amici. Ieri ho lavorato per

cinque ore in giardino. Il lavoro manuale è un ottimo antidoto

contro il lavorio mentale. Ed è il mio punto di partenza per fare

il mio “tagliando” personale: poche cose fatte bene. Voglio

mettere più testa e concentrazione nelle cose e anche nel mo-

do in cui vivo le relazioni con gli altri. Voglio resistere alla ten-

tazione di rimettermi in marcia, voglio vincere la mia paura di

spendere troppi soldi. La mia priorità è quella di fare tutte le

esperienze necessarie per tornare a nutrirmi l’anima e non solo

la panza. I soldi vengono dopo. Voglio lasciarmi andare e impa-

rare ad aspettare. La mia risposta a Mauro per iniziare quel

progetto di consulenza è lì, che aspetta di essergli comunicata.

Ho scritto l’sms più volte, ma non l’ho spedito. C’è qualcosa che

mi dice: aspetta. La mia vita sta espellendo le cose non giuste

Page 31: Out of matrix

7 Agosto 2008 – Un nuovo inizio

31

per me. Non riesco a guardare la TV, non è più nelle mie corde.

Ma quanto è bello vivere secondo il mio ritmo, senza adeguar-

mi a quello della società che mi circonda. Ecco, quest’anno mi

deve servire per recuperare il mio ritmo. Poi troverò il modo di

agganciarlo al ritmo del mondo nel quale tornerò, ma con un

aggancio morbido e flessibile.

Page 32: Out of matrix

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