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N. 9/2013 OTTOBRE MENSILE DELL’A.N.A. Poste Italiane S.p.A – sped. in a.p. – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1 comma 1- LO/MI Anno XCII – N. 9 Rossosch 20 anni in amicizia Rossosch 20 anni in amicizia
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Ottobre 2013 - ANNO XCII - N 9

Oct 16, 2021

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Page 1: Ottobre 2013 - ANNO XCII - N 9

N. 9/2013OTTOBRE

MENSILE DELL’A.N.A.

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Rossosch 20 anniin amicizia

Rossosch 20 anniin amicizia

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29-2013

AUTORIZZAZIONE TRIBUNALE NUMERO 229Iscrizione R.O.C. n. 48

DIRETTORE RESPONSABILEBruno Fasani

DIREZIONE E REDAZIONEvia Marsala, 9 - 20121 Milanotel. 02.29013181 - fax 02.29003611

INTERNET E-MAILwww.ana.it [email protected]

COMITATO DI DIREZIONEAdriano Crugnola (presidente), Ildo Baiesi,Roberto Bertuol, Mario Botteselle,Massimo Curasì, Bruno Fasani, Roberto Migli,Massimo Rigoni Bonomo, Salvatore Robustini

NON ISCRITTI ALL’ANAAbbonamenti, cambio indirizzo, rinnovitel. 02.62410215 - fax [email protected] per l’abbonamento a L’Alpinoper l’Italia: 14,50 europer l’estero: 16,50 eurosul C.C.P. 000023853203 intestato a:«L’Alpino» - via Marsala, 9 - 20121 MilanoIBAN: IT28 Z076 0101 6000 0002 3853 203BIC: BPPIITRRXXX

ISCRITTI ALL’ANAGli iscritti all’ANA, per il cambio di indirizzo,devono rivolgersi esclusivamente al gruppo oalla sezione di appartenenza.

Fotolito e stampa: Amilcare Pizzi s.p.a.Via Amilcare Pizzi, 1420092 Cinisello Balsamo (MI)

Progetto grafico e impaginazione: Camillo Sassi

Chiuso in tipografia il 27 settembre 2013Di questo numero sono state tirate 381.406 copie

IN COPERTINAIn prima pagina i bambini

dell’asilo “Sorriso” di Rosso-

sch, costruito dagli alpini

vent’anni fa per onorare la

memoria dei Caduti di en-

trambi i fronti e affermare l’a-

micizia con il popolo russo. In

ultima pagina le bandiere, ita-

liana e russa, che sventolano

sui pennoni dell’asilo.

A destra un’immagine della

devastazione della valle del

Vajont dopo l’immane ondata,

scattata cinquant’anni fa da

Bepi Zanfron. All’interno i ser-

vizi.

(La foto di copertina e della

quarta di copertina sono di

Luigi Rinaldo)

ASSOCIAZIONE NAZIONALE ALPINIVia Marsala, 9 - 20121 Milano

Segreteria: tel. 02.62410200fax 02.6592364

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Direttore Generale: tel. [email protected]

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Centro Studi ANA: tel. 02.62410207fax 02.62410230

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Servizi ANA srl: tel. 02.62410219fax 02.6555139

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ottobre 2013 sommario

3 Editoriale

4-7 Lettere al direttore

8-13 Il Vajont cinquant’anni dopo

14-19 Rossosch: vent’anni dell’asiloSorriso

20-23 In Valsesia il 33° Premio Fedeltàalla montagna

24-25 Visita del presidente nazionalein Nord America

26-27 Sul Pasubio, come atto di fede

28-29 Monte Bernadia: commemorati i Caduti

30-32 I ragazzi ai campi di P.C.

34-35 Ivrea: raduno del 1° rgpt.

36-37 A Isernia la festa del 4° rgpt.

38-39 Al bosco delle Penne Mozze

40-42 Nostri Alpini in Armi

43 Il congresso IFMS a Gorizia

44 Sport: campionato di carabina e pistola

45-55 Rubriche

NUOVE CRAVATTE ANASono disponibili le nuove cravatte in seta, realizzate per ce-lebrare i 93 e i 94 anni di fondazione della nostra Associazio-ne. Sono in color bordeaux con le penne e in verde con lerighe bianche e rosse. Le cravatte potranno essere ordinatepresso la propria Sezione ANA.La lista completa dei gadget è su www.ana.it

Cima VallonaSu L’Alpino di luglio, nella cronaca della commemorazione della strage di Cima Vallo-na, ho omesso di ricordare la sezione ANA Cadore che, come ogni anno, organizza lacerimonia. Lo faccio ora, scusandomi. (ggb)

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9ottobre 1963: disastro delVajont. Una delle pagine più

buie della storia italica del '900nella quale, quella tragica notte,furono scritti i nomi di quasi due-mila innocenti. Tra i primi soccorri-tori giunse la brigata “Cadore”:3.488 militari - giovani di leva, sot-tufficiali e ufficiali - con altri vo-lontari in ben 38 lunghi giorni sca-varono spesso a mani nude perestrarre i corpi delle vittime dalfango. Ricorda il generale Angelo Baraldo,allora capitano del “Lanzo”: “Ab-biamo vissuto operosamente l’im-pensabile, superandolo senza quasirendercene conto, anche di frontealle situazioni emotivamente piùdure, tanto era forte e ineludibilelo sprone ad agire... ed in tuttoquesto abbiamo molto soffertonell’animo, in un profondo e soli-dale sentimento di angoscia… noialpini non ci siamo mai posti limititemporali ed abbiamo recuperato,nella mestizia, ben 976 morti”. Fu un impatto violento con la mor-te. Ce lo ricorda Renato Bogo, allo-ra sergente di leva del battaglione“Belluno”: “Per me, giovane pocopiù che ventenne, fu l’incontro coldolore, quello vero e tragico, tal-mente grande da segnare per sem-pre il mio cuore. Nell’immensità diquella devastazione infinita mi so-no sentito testimone di una guerrasilenziosa, combattuta senza armie senza possibilità di vittoria con-tro noi stessi e la nostra presunzio-ne di poter dominare la natura”.

Cinquant’anni dopo a Longarone edintorni il dovere della memoria siintreccia, per taluni, con il doloredi una ferita non sanabile, per altricon il tentativo di riconciliazionecon uno Stato per troppi anni av-volto nella cappa fumosa di silenzi,mezze verità, parole fuori luogo,ammorbidimento di responsabilitàancorché sanzionate dalla Magi-stratura.Il disastro del Vajont è paradigmadi tanti mali italiani: inefficienza,impreparazione, superficialità. Ma,peggio ancora, di brama di lucro.Così furono sacrificate vite umanein nome di un “progresso” che in-vece si chiamava profitto: l’interes-se è un rullo compressore cheschiaccia anche esseri viventi! Mala storia ha già emesso la sentenza,così come il tribunale de L’Aquila.Su questo versante, nulla da ag-giungere.Cinquant’anni dopo, però, dal pun-to di vista di noi alpini va rilevatoche, da sotto il fango del Vajont,spuntarono le radici di una nuovacoscienza. Come tutte le radici fe-ce fatica a farsi strada, trovò osta-coli, ma progredì grazie all’esem-pio di quei soccorritori. Sono le ra-dici della Protezione Civile, e nonsolo quella dell’ANA, che tredicianni dopo ricevette il battesimodel fuoco in Friuli.Ci sono voluti migliaia di morti eferiti, alluvioni e terremoti a ripeti-zione per passare dall’inculturadell’emergenza alla cultura dellaprevenzione. In mezzo stanno im-

pegno, spirito di sacrificio, abnega-zione di tanti nostri volontari chehanno scritto pagine memorabili disolidarietà.È vero: è stato pagato un prezzotroppo alto, ma oggi possiamo direche qualche passo avanti è statocompiuto sul piano della prepara-zione all’evento calamitoso edell’efficacia degli interventi. Secosì non fosse stato, se la tremen-da lezione del Vajont fosse statadel tutto disattesa, con quale co-raggio oggi potremmo andare apregare al cimitero di Fortogna do-ve riposano le vittime di quel disa-stro? I soccorritori fecero la loroparte, oltre ogni umana aspettati-va, meritandosi l’appellativo di“Angeli del Vajont”. Ora tocca anoi tutti. Istituzioni e semplici cit-tadini.Quelle vittime innocenti ci chie-dono non solo la pietà umana ecristiana del ricordo. Dimenticarlio rinchiuderli nella loro pagina distoria, rimettendo il libro al suoposto sullo scaffale, equivarrebbea ucciderli una seconda volta. No,quelle vittime ormai da troppotempo ci chiedono soprattutto unsussulto di dignità. Glielo dobbia-mo. E allora gridiamo ad alta vocela condanna, senza se e senza ma,del crimine compiuto contro l’in-tera collettività il 9 ottobre 1963!Spesso si dice: natura ostile, mon-tagna assassina. No, lassù sulVajont l’assassino non fu il monteToc, ma l’uomo.

Dino Bridda

E D I T O R I A L E

39-2013

Non dimentichiamoli!

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49-2013

L E T T E R E A L D I R E T T O R E

…E LA CASERMA TORNA AD ESSERE ALPINA

Gentile redazione, quale iscritto all’ANA dal 1974 ricevo tutti imesi la rivista L’Alpino; non sempre si può essere d’accordo

sul contenuto di tutti gli articoli trattati, ma quello sulla casermaCeccaroni di Torino, proprio non lo digerisco. La caserma ritorna“alpina” semplicemente perché svendiamo il cappello alpino, fa-cendo diventare alpini dei portatori di basco? Ma dove sono i miei 15 mesi di naja alpina di leva tra la Smalp(59°AUC), Malles Venosta e Vipiteno, il campo invernale, la scuolatiri mortai ed il campo estivo nel gruppo del Brenta, dove il 17 lu-glio 1971 mi sono congedato? Svioliniamo di meno e piuttosto parliamo di come la Patria e l’E-sercito professionale sta trattando i VFP4, gli alpini effettivi, con-segnando al ritorno dall’Afghanistan il congedo ed ingannando ifuturi VFP1 sbandierando il prossimo concorso (con spese a lorocarico) sapendo già di trattarli a tempo determinato. Dove sta la professionalità di queste persone che vengono istruiteper poi essere sfruttate e poi abbandonate... è questo il tantosbandierato esercito professionale (in disarmo). Strano che L’Alpino non ne parli... si sbandiera sulle manovre nelle

“ALPINI, SIETE IL BRACCIO ATTIVO DI DIO”Sono ancora io, Lorenza, maestra di Casumaro. Ricordate?

Avevo raccontato con parole forse troppo semplici, il com-plesso lavoro di voi alpini per costruire la nostra nuova scuola.Ho mantenuto un voto fatto tempo fa: andare a Fossa (L’Aquila)a vedere il villaggio ANA e la chiesa di San Lorenzo progettatadal mio amico Zorio. Sono andata e forse anche in questo casonon basterà la somma delle mie parole a dare un quadro comple-to della situazione e delle emozioni provate. Arrivo al B&B cheavevo prenotato prima di partire e mi rendo subito conto che cisono pochi edifici ancora in piedi a Fossa. Mi guardo intorno epurtroppo la realtà mi appare in tutta la sua freddezza. A confer-marlo una gentile signora del posto a cui chiedo indicazioni chemi dice: “Il villaggio è più avanti sulla sinistra, non si può sbaglia-re... non c’è altro. Sa... lì abitano i miei due figli, gli hanno datocase nuove. Questo è il nostro paese che era bello prima del ter-remoto”. Indica alle mie spalle una fitta impalcatura di travi dilegno che sostiene un muro adiacente ad un cumulo di ruderi. Mipare di capire che sia l’ingresso all’ex paese. Entro a piedi e vedocase lesionate, altre semidistrutte, che raccontano pezzi di vitapassata ed improbabile o comunque difficile futuro.Dappertutto regna un pesante silenzio, lo stesso silenzio che miaccompagnerà il giorno seguente quando visiterò L’Aquila. Dopopoche decine di metri tutte le vie sono chiuse e gli edifici pun-tellati. Non posso fare a meno di pensare a quanto debba esserestato orribile quella notte del 6 aprile 2009... La mente va inevi-tabilmente ai ricordi della notte a casa mia del 20 maggio 2012,a Finale Emilia. Un brivido mi percorre la schiena. Mi avvio versoil villaggio e poco dopo lo intravedo su una collina alla mia sini-stra. Entro, timorosa di disturbare i residenti e osservo le viuzzepiene di casette con i loro giardini ben curati. La gente è intentaa fare i propri lavori e si respira aria di normalità. Lentamente mi

avvicino al cuore del paese, la chiesa di San Lorenzo, che avevogià visto in foto, ma che dal vero è ancora più bella. Un enormecrocifisso di legno intagliato troneggia sulla facciata e pare pro-teggere tutte le abitazioni e pure le montagne circostanti. La tra-sparenza delle vetrate e la modernità dell’edificio, conferisconopersonalità al villaggio intero. Di fronte, al di là della strada, lacasetta verde numero 33 degli alpini. Non fatico ad immaginare ilgrande lavoro di centinaia di uomini che si sono spesi senza tre-gua allo scopo di dare a tante persone una dignitosa sistemazio-ne. Li ho visti per molti mesi a Casumaro! Tante sensazioni hannobisogno di tempo per essere metabolizzate e rimango un bel po’lì a pensare. Penso al vostro caldo cuore alpino, che è corso inAbruzzo, come in Emilia, con il grande progetto di dare sostegnoa sfiduciati come me e tantissimi altri, edificando con enormisacrifici case, chiese e scuole e quindi prospettive per l’avvenire.Ora più che mai comprendo che voi alpini siete il braccio attivodi Dio, i suoi devoti servitori, che Lui utilizza a testimonianzadella propria esistenza. Al ritorno verso casa, mi sono apposita-mente fermata a Loreto e ho pregato per voi tutti e per le vostrefamiglie, affinché le grandi missioni che portate a termine sianoripagate da una vita serena e piena di salute.Grazie ANA, W gli alpini per sempre!

Lorenza

Gentile signora, lei ha il dono di dare plasticità alle cose che scri-ve, rendendocele presenti come se anche noi vi fossimo immersi.Ma il suo non è il commento di un esteta, che visita dall’esternoper curiosare e descrivere. È piuttosto uno sguardo pieno di sen-timenti e di interiorità, che diventa contemplazione quandovede nell’opera degli alpini il dito di Dio. Grazie, Lorenza, anchea nome delle nostre famiglie.

Dolomiti... ma gli attori sono sempre gli stessi da un anno all’altro...e non si ascolta il brusio, il malcontento che serpeggia tra i tantis-simi alpini in congedo: si parla di mininaja, una buffonata politica edegli amici degli alpini... ma non dei Gruppi dove non ci sono piùalpini ma con il ristorante sempre aperto gestito in sede dagli ami-ci dove i pochi veri alpini lavano i piatti! Io ritengo che sia megliocadere in piedi, quando non ci saranno più alpini si chiude! Nonvorrei far parte di una Associazione d’arma che assomiglia a quelladei carabinieri dove associano tutti, ma proprio tutti. Allora, masolo allora, restituirò la tessera. Scarponi alpini.

Giovanni Galeazzi - Milano

Caro amico, davvero non riesco a capire il tuo disagio per il fattoche una caserma torni ad essere alpina e i suoi militari dotati delcappello con la penna. Neanche tu, neanch’io caro Giovanni siamonati alpini. Lo siamo diventati progressivamente. Io sono orgogliosonel pensare che i militari della caserma Ceccaroni siano diventatidei nostri. Poco importa se prima avevano il basco. L’importante èche ora crescano facendo propria una sensibilità e una storia nellaquale sono stati immersi. Sulle altre questioni che sollevi, onesta-mente mi sembra che tendi a vedere il bicchiere mezzo vuoto.

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L E T T E R E A L D I R E T T O R EQUEL CAPPELLO AL ROVESCIO

Caro Bruno, sono sempre io che ti scrivo in questo caso per pro-porti la foto allegata. Riprende dei partigiani “alpini” che en-

trano sfilando a Bologna, mi pare, il 25 aprile del 1945. Ebbene hanno tutti l’allegria dipinta sul viso, ma tutti con il cap-pello rigorosamente al rovescio!!! Cosa significa questo atteggiamento? Per me è da stigmatizzare,ma forse non ho colto il concetto di tale comportamento. Ciaodal tuo autista di quando sarai PAPA!

Daniele FinzettoGruppo di San Michele Extra, Verona

MININAJA E (ANCORA!) IL CAPPELLO

Da tempo sto meditando su una fatto che francamente mi lasciaperplesso. Non capisco come mai alla fine dei 15/20 giorni di

mininaja viene ufficialmente consegnato ai ragazzi il cappello alpi-no. Se tale consegna è una libera scelta da parte del ComandoTruppe Alpine, ci può anche stare, ma da liberi cittadini non potreb-bero mai essere iscritti all’ANA perché in contrasto con l’art. 4 delnostro statuto che così recita: “Possono far parte dell’Associazionecoloro che hanno prestato servizio per almeno due mesi in repartialpini...”, quindi non potrebbero fregiarsi di portare il cappello alpi-no come successivamente citato all’art. 8, per cui non potrebberonemmeno sfilare alle nostre Adunate. Pertanto, o si cambia lo sta-tuto, e personalmente lo sconsiglio, oppure questi ragazzi vengonofregiati di un privilegio che non appartiene loro. Chiedo: non sareb-be possibile elevare il periodo di mininaja ad ameno due mesi perregolarizzare a tutti gli effetti questi ragazzi? Con tutto il rispetto,l’ANA dovrebbe appunto rivedere alcune cose e prendere le dovu-te decisioni.

Gian Paolo Cazzago - Gruppo di Ospitaletto (Brescia)

Il tuo, caro Gian Paolo, è un tema sul quale sembra non si arrivi maiad una soluzione. In realtà a dare il cappello non è il ComandoTruppe Alpine, ma il Ministero da cui dipende la mininaja. Se poivuoi sapere come la penso nel merito, io sarei per tornare a rende-re obbligatori almeno quattro mesi di servizio civile per tutti i gio-vani. A dispetto dei male informati, questo costituirebbe un rispar-mio per lo Stato. Oggi, molti servizi, commissionati all’esterno, po-trebbero essere svolti da questi giovani, consentendo risparmioeconomico e costituendo un sicuro percorso pedagogico per lenuove generazioni.

CANTO E REALTÀ

Egregio direttore, scrivo questa lettera per condividere un pen-siero. Da piccolo sono sempre stato appassionato, grazie ai miei

nonni, di canti alpini e del loro carico umano. Da meno piccolo fre-quentai il CAI per anni fino a partire come VFA nel 7° Alpini per poiavere l’onore di cantare nel Coro BAJ. Ora che sono congedato daun po’, ogni volta che posso porto i miei amici, milanesi e non, a co-noscenza del mondo alpino e del suo grande cuore. Recentemente,cappello alpino in testa, ho accompagnato un gruppo di amicisull’Ortigara, idea che mi è venuta dopo aver letto “Un anno sull’Al-topiano” e ripensato a “TA-PUM”. Passo dopo passo verso la vetta,le note delle canzoni riaffioravano vive nella mia mente trovandotriste riscontro dietro ogni roccia, ogni trincea, ogni scheggia dibomba, ogni frammento di ossa trovato fuori dal sentiero principa-le. Come se quelle note vive si fossero cristallizzate in drammaticheimmagini di orrore e tragica umanità. Ricordare è il mio principaleobiettivo, stupito dell’ignoranza dei più su questi posti dove i no-stri/miei bisnonni hanno versato il loro sangue e perso la loro gio-ventù. Siamo tornati a valle più ricchi di una grande esperienza. Unconto è leggere la storia, un conto è vederne il concreto e triste ri-scontro. Nel gruppo c’erano anche una studentessa austriaca e undottore rumeno. Silenziosamente ammutoliti e rispettosi di quelposto dove ognuno dovrebbe passare per comprendere il vero va-lore della pace e i sacrifici che son costati ai nostri avi.

Alessio Franconi - sezione di Milano

Ci hai detto due cose importanti, caro Alessio. La prima è che persentire col cuore è importante anche vedere. La seconda, non me-no importante, è che ogni canto alpino è un sommario di vita, le cuistrofe vanno coniugate sulla realtà dei luoghi.

Caro Daniele, quello era un momento di euforia, che può capiresolo chi (quindi né tu né io) usciva da una guerra dove aveva vistomorire fratelli, amici... Dove aveva visto distruzione e dolore. Fossistato presente io, forse il cappello l’avrei buttato al cielo, per spri-gionare l’esultanza dell’animo e per dire nei gesti una festa senzamisura. Per tornare al presente, sei un po’ canaglia a garantire il tuoservizio in un ipotetico futuro, prendendo lustro dalle mie ipoteti-che vesti bianche. Come a dire che adesso non conto niente. Conamicizia.

LA SMALP, QUANTI RICORDI

Ne L’Alpino n. 6/2013 ho letto e riletto il suo bellissimo augu-rio di buon lavoro formulato al nostro nuovo presidente na-

zionale, augurio al quale, come lei ha scritto, anch’io mi unisco ditutto cuore. Ho riletto il suo articolo perchè, nel breve raccontodei suoi cinque mesi vissuti alla SMALP nel 1968, mi sono emozio-nato riconoscendomi completamente coinvolto in quelle lontanevicende così pregnanti e, quindi, ravvisando in esso il ritrovamentoforse di un vecchio compagno di corso. Mi riferisco al 52° corso AUC, 1ª Compagnia del capitano Niemiz edell’amatissimo sten. Fidanza, sten. al quale lei forse faceva riferi-mento nel suo scritto. Se non fosse così, le sono comunqueprofondamente grato per il toccante articolo ed auguro sentita-mente anche a lei: buon lavoro alpino.

Giancarlo Padovan

Caro tenente, mi metto umilmente sull’attenti, essendo io sempli-ce ACS del 20° corso, luglio 1968. Ciò detto se da alpini ci dessimofraternamente del tu, per me sarebbe un grande conforto.

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69-2013

L E T T E R E A L D I R E T T O R ELA LEVA, UN PATRIMONIO MORALE CHE NON C’È PIÙ

Caro direttore, la vecchia diatriba sulla fine della leva militare,porta a considerare non lontana la prospettiva della fine per

estinzione della nostra Associazione. Non ho numeri in sede localee nazionale per fare pronostici, ancorché l’età media nazionale siain termini di statistica preoccupante, per calcolare quanto ci restaal tramonto. Ma il termine mi sembra debba essere considerato nonsolo in funzione della leva, ma in forza della operatività sociale cheè la vera forza vitale della Associazione Nazionale Alpini.La mia appartenenza è casuale, grazie all’amicizia di un alpino ormaideceduto, come si dice in gergo, andato avanti. Sono rimasto in for-za nei termini di “amico degli alpini”. Solo valorizzando la presenzadegli amici degli alpini e continuando ad operare nello spirito deipadri costituenti, che ci hanno insegnato a meritare la stima e fidu-cia della società, potremo sopravvivere in termine di Associazione.

Dionisio Gulfi, gruppo di Cumiana, sezione di Torino

Caro Dionisio, la fine della leva obbligatoria non è solo un pericolodi estinzione per l’ANA, è prima di tutto una gravissima ferita alsenso civico dei cittadini. Essere disponibili per il proprio Paese,imparando le leggi della responsabilità e anche dell’obbedienza èun patrimonio morale insostituibile.

SI SONO VISTI IN COPERTINA: CHE EMOZIONE!

Con orgoglio ed emozione ho visto pubblicata la mia foto sul-l’ultima pagina de L’Alpino di giugno 2013 (il primo a sinistra

sono io, Stefano Visentin, il secondo è un mio fratello di naja, Gior-gio Garavelli da Cremona). Sono dello scaglione 12/’97 e ho fattoil CAR a Belluno alla Salsa e poi a Venzone al 14° rgt. Alpini, btg. Tol-mezzo 12ª cp. “La Terribile” con il capitano Paolo Radizza.Assieme al mio amico Giorgio e a Daniele, Federico, Cristian, An-drea e Matteo, che hanno fatto la naja con me, ci ritroviamo ognianno all’Adunata perché in quei 10 mesi è nato un legame che vaoltre l’amicizia, come da fratelli di sangue! Abbiamo condiviso lafatica e la gioia di portare lo zaino e di aiutarci e sostenerci nei mo-menti di difficoltà! Nel Gruppo “M.O.V.M. Reginato” sono entratoappena congedato e ad oggi ho fatto quattro mandati da consi-gliere; posso dire che per me, bocia, è sempre stato un onore rap-presentare, seppur con tutti i miei limiti, la figura di uomo e di mi-litare che è stato Enrico Reginato... posso proprio dire come avetescritto voi: “L’orgoglio del gruppo alpini M.O.V.M. Enrico Reginato”.Grazie ancora per la bellissima sorpresa, W gli Alpini! W l’Italia!

Stefano Visentin

Caro Stefano, grazie a te e agli amici del gruppo MOVM Reginato,per aver “abbellito” la nostra quarta di copertina. È una foto pienadi futuro e quindi di speranza. Salutaci anche i tuoi “fratelli di san-gue”. E grazie per questa espressione che tu usi verso i tuoi compa-gni di naja. Da sola è un programma di vita.

VIVA L’ALLEGRIA, ANCHE SE RUMOROSA

Volevo rispondere alla lettera di Lamberto Bianchi della sezio-ne Pisa-Lucca-Livorno il quale su L'Alpino di giugno, parlando

dell'Adunata di Piacenza, riferiva del fatto che la moglie alle quat-tro di mattina si lamentava perché vi erano ancora alpini che can-

tavano, ridevano, si divertivano. Io penso che in un mondo, ancorameglio in un Paese come il nostro, dove si... piange per 365 giorniall'anno, si piange per mancanza di lavoro, si piange per le troppetasse, si piange per la nostra politica, o per la mancanza di futurodei nostri figli, tre giorni di festa non possono che far bene, aiutanoad andare avanti, tirano su il morale.In tutte le Adunate a cui sono stato, nessuno… ripeto mai nessuno,della popolazione che ci ha ospitati, mi ha detto “ma quando ve neandate? Avete scocciato con i vostri canti, con la vostra allegria,con la vostra simpatia, andate via che dobbiamo dormire, perchélavoriamo”. Anzi tutti, e ripeto tutti, ci hanno sempre detto: “Grazie, grazie diessere venuti, grazie di averci dato giorni allegri, pieni di simpatia,colmi di umanità, grazie di aver spezzato la monotonia della vitaquotidiana”, tutti... da Bassano del Grappa a Latina, da Bergamo aTorino, da Piacenza a Bolzano, tutti indistintamente, e spesso conle lacrime agli occhi. Mai nessuno che si sia sentito disturbato.Caro Lamberto Bianchi, se un giorno la mia dolce metà dovessedecidersi di venire con me a qualche Adunata, e alle quattro dimattina mi dicesse: “Non credi caro che esagerano con la festa el’allegria?”, con molta dolcezza le risponderei: “Tesoro, il prossimoanno rimani al paesello, così alle otto di sera puoi andare tran-quillamente a dormire nel silenzio e nella quiete del primo tra-monto”.

Vladimiro Tanca, sezione di Cuneo

Caro Vladimiro (rigorosamente con la “o” finale per evitare le ten-tazioni della Luxuria) hai perfettamente ragione. Se per due giorniall’anno togliamo il sonno a qualcuno, ricordiamo a questo stres-sato amico che, oltre il disagio, gli abbiamo risvegliato mille cosebelle, che forse dormivano dentro di lui e nella sua città.

WEB 2.0

Da frequentatore della tecnologia e dell’informatica sin dai pri-mi anni ottanta (iniziai a undici anni con un home computer),

aggiungo due precisazioni al tuo ultimo editoriale che non necambiano la sostanza, ma che ti invito a considerare perché apro-no ulteriori riflessioni che ritengo tocchino un nervo scoperto delpensiero contemporaneo. I nativi digitali non sono “maggiormentepredisposti a comprendere le tecniche di funzionamento del digi-tale” rispetto ai più vecchi, tra di loro è bassa la frazione che ne ca-pisce veramente qualcosa. Sono per lo più passivi utilizzatori distrumenti che altri hanno predisposto e su cui altri hanno il con-trollo, e lo fanno inconsapevolmente. La sigla stessa Web 2.0 è percosì dire nomen omen. Tecnicamente Web 2.0 non esiste. Il Web ènato come strumento di condivisione delle informazioni tra lepersone, e quindi di socializzazione. Questo era fin dall'inizio, que-sto è rimasto, niente di nuovo, ciò è stato chiarito anche dallostesso Tim Berners-Lee. Quel 2.0 senza senso è stato usato da chiha iniziato a vendere prodotti sul Web, e rappresenta implicita-mente l'anima del marketing caratterizzato dal frequente sconfina-mento nella disonestà intellettuale: “Aggiungiamo un 2.0 mutuatodal gergo tecnico per stupirli con effetti speciali. Crederanno cheabbiamo inventato qualcosa di nuovo e migliore”. Tutto fumo.

Marco Bisetto

Caro Bisetto, è vero che le nuove generazioni non sempre possie-dono la competenza, ma è vero, come sostengono i neurologi conprove scientifiche, che la loro struttura cerebrale è particolarmen-

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L E T T E R E A L D I R E T T O R Ete attrezzata per recepire i linguaggi dei nuovi media. Così come èvero che il web è nato per mettere insieme e comunicare, ma è so-lo in tempi più recenti che questo sta avvenendo in maniera mas-siccia, come testimoniano facebook, twitter e quant’altro…

IL CAPPELLO ALPINO IN POLITICA

Egregio direttore, il prossimo 27 ottobre qui a Bolzano si terran-no le elezioni provinciali per l'insediamento del nuovo consi-

glio e la nomina del futuro presidente della Giunta Provinciale.Tutti i partiti, come è giusto ed ovvio, cercano di attirare sulle pro-prie formazioni politiche il maggior numero di consensi. Questomeccanismo si deve avvalere però di procedure corrette. Ma re-centemente sui viali di Bolzano sono apparsi dei giganteschi mani-festi che mi hanno creato un senso di fastidio e di rabbia. In una diqueste gigantografie appare a destra il volto del candidato DonatoSeppi che sfoggia un cappello di ufficiale degli alpini, in alto a sini-stra il simbolo della formazione politica (UNITALIA) e sullo sfondoil discusso Monumento alla Vittoria. Sono andato sul sitowww.unitalia.it ed ho visto anche un altro manifesto che però nonho ancora visto affisso. In quest'ultimo al posto del monumento èriportato il profilo dell'Alpino di Brunico più volte soggetto a vio-lenze. L’uso ignobile del copricapo degli alpini dovrebbe essereenergicamente stigmatizzato. Chiedo pertanto che l'ANA, che hasempre fatto mostra di non aderire, giustamente, a parti politichediffidi - sia direttamente sia sulla stampa locale - la formazionepolitica di cui si parla e per essa la persona candidata ad usare ilsimbolo principe dell'Associazione cui appartengo  da quasi 50 an-ni. Sono sempre stato un ufficiale del Genio Alpino dal gennaio1962, ho prestato servizio sempre in Alto Adige e conosco benissi-mo le tematiche che hanno affrontato i due gruppi etnici e quan-do le cose sembra che migliorino (come si è visto con l'Adunata diBolzano del 2012) c'è sempre qualcuno che demolisce e proprioper questo non tollero che si possa anche lontanamente abbinarea queste politiche discutibili il nome ed il simbolo degli alpini. Sulsito sopra riportato può trovare le foto dei due manifesti da medescritti. Sono a disposizione per qualunque chiarimento.

Gen. (ris) Renato Pagano - Bolzano

Ho visto il manifesto cui ti riferisci, caro generale. È davvero oltreogni limite di decenza l’aver usato il cappello alpino per una cam-pagna elettorale che ha il solo scopo di far incetta di voti. Sulleidee di Donato Seppi si può essere d’accordo o meno, ma per nes-suna ragione è consentito “incartarle” dentro un cappello per lu-crare un po’ di credibilità. C’è un solo modo di riparare alla faccen-da: evitare di votarlo.

QUEL MONUMENTO A CAMPO TURES

Passando per Campo Tures ho notato un piccolo monumentoposto alla destra appena fuori del paese che si trovava in disfa-

cimento. Quel monumento è stato inaugurato nel mese di giugnodel 1960 in memoria di alcuni alpini che erano stati chiamati per li-berare alcuni tronchi d’albero che ostruivano il corso d’acqua lun-go la strada che dall’Austria porta a Brunico perché riprendesse ilnormale corso. Purtroppo a causa di una piena d’acqua, alcuni diloro persero la vita. Il cippo che mi sono trovato davanti è in ab-bandono totale. Mi domando: non è possibile interpellare l’ufficiocompetente del Comune di Campo Tures per far restaurare questoricordo, visto che questi ragazzi si sono sacrificati per aiutare unpaese in pericolo di allagamento?

Luigi Bortolasi - Busto Garolfo (MI)

La gratitudine non gode di grande salute, ma anche restaurare uncippo alla memoria è gratitudine.

VACANZA AL SOGGIORNO ALPINO DI COSTALOVARA

Sono iscritto alla sezione di Trieste e di recente sono stato ospi-te per cinque giorni presso  la bellissima struttura che è  il Sog-

giorno Alpino di Costalovara. Ho fatto questa scelta per un breveperiodo di vacanza, perchè mi sono ricordato che su un numero deL'Alpino era stato reclamizzato questo posto di soggiorno. Sonostato ben felice  di questa scelta  perché ho trovato, assieme a miamoglie, un ambiente pulito, familiare, cordiale tipico della gentealpina. Un grande apprezzamento va fatto a tutto il personale inparte volontario, ma in particolar modo al presidente della sezio-ne di Bolzano, Ferdinando Scafariello, che gestisce  la struttura congrande sforzo, sacrificio e cordialità. Mi spiace però constatare chela stessa è poco frequentata dai soci, e faccio appello a tutti gli al-pini, perchè vadano a conoscere  e toccare  con mano quello che èun fiore all'occhiello dell'ANA in fatto di soggiorno, di frequentar-lo per far si che... non vada a finire male.Un appello anche alla nostra  rivista  perchè sia  più continua nel ri-cordare a tutti i lettori, tramite articoli e foto, questa possibilità divacanza  relax e  altro,   anche a  costi  contenuti.   Ringrazio per l'ospitalità  ed invio un  cordiale  saluto alpino.

Eduilio Miani - Trieste

Ringrazio per questa lettera che rende omaggio al lavoro portatoavanti da tante persone, anche se va detto che rimangono ancoramolti margini di miglioramento per rendere questo nostro patri-monio sempre più accogliente e piacevolmente fruibile.

È in preparazione il calendario storico ANA, molto attesodagli alpini, giunto alla sesta edizione. È più di un sempli-ce calendario, perché ogni anno viene dedicato ad unaspetto particolare della vita e delle opere della nostraAssociazione. Le 24 pagine del nuovo numero sono sugli“Alpini nella cronaca e nella storia”: la solidarietà, le atti-vità associative di volontariato e le ricorrenze più significati-ve senza trascurare l’epopea delle Truppe alpine, fino ai nostrigiorni. Il calendario storico riporta anche molte illustrazioni in pagine

di grande formato. Le Sezioni, i Gruppi e i singoli interessa-ti possono richiederlo direttamente a “L. Editrice s.r.l.”,tel. 019-821863, cell. 333-4189360 oppure 3467384176,fax 019 8935774; e-mail: [email protected] – sito inter-net: www.l-editrice.it

L’editore, per soddisfare le molte richieste di quanti desi-derano fare un gradito e originale regalo a distanza, continua

anche il servizio “Dona il calendario storico ANA 2014 a chi vuoi, loinviamo noi”.

Il “Calendario storico ANA 2014”

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89-2013

Ancora qualche finestra illuminatanelle case di Erto e Casso, poggiatequasi in bilico sul Monte Salta, e

più giù, nelle case di Longarone. Una sera-ta tiepida di ottobre, come tante altre. Gliocchi chiusi dei bimbi già avvolti nel calo-re dei loro lettini. Gli uomini riuniti nelleosterie sparse qua e là a guardare un in-contro di calcio trasmesso in Eurovisione.La normalità di un mercoledì sera, la nor-malità del vivere quotidiano di tre paesisorti sul confine tra Veneto e Friuli, diquelle voci unite in un miscuglio di dialet-ti più aspri e più dolci. Arrivarono così le 22 e 39 del 9 ottobre1963, tra un’ombra e un taglio di vino congli occhi fissi al televisore. D’un trattoinatteso un bagliore, quindi un boato co-me a segnare la fine del mondo: vennel’aria, poi l’acqua. L’onda di duecentocin-quanta milioni di metri cubi provocatadalla frana del monte Toc piombata nellaacque del lago artificiale, prese due stra-de: colpì i villaggi di Frassen, San Martino,Col di Spesse, Patata, Il Cristo. Quindi arri-

vò ai bordi di Casso, Erto e Pineda. Supera-ta la diga, puntò dritta verso valle e in-ghiottì, vorace, Longarone. Travolse Co-dissago e Castellavazzo. E ancora Villa-nuova, Pirago, Faè, Rivalla. Poi si perse lun-go il Piave. Bastarono quattro minuti a mu-tare quel paesaggio per sempre. Quattrominuti a sconvolgere generazioni diversedi uomini e donne. Quasi insperato venne il giorno dopo. Ecco allora che agli occhi fu svelato ciòche aveva sconvolto, nella notte, tutti glialtri sensi: Longarone non era più. Le vac-che gonfie come palloni, capovolte lungola strada per Fortogna. Nessuna maceria, nessun resto di casa, so-lo una piana coperta dalla ghiaia del Piave,una piana che il 10 di ottobre si riempì diuomini. Essi scavarono giorni interi e lenotti ricacciavano il sonno per non esserpreda di dolorosi fotogrammi di corpi de-vastati dall’aria, dall’acqua e dalle cose. In-sieme ai vigili del fuoco, ai carabinieri, allapolizia giunsero sul posto anche gli alpini,in armi e in congedo. Tra loro Lino Chies:

Strage mai dimenticata

di Mariolina Cattaneo

“Quanti furono gli incubi notturni! a di-stanza di pochi giorni l’uno dall’altro etutti uguali: l’acqua al collo e poi mattoni,ovunque travi e calcinacci. Centinaia dicorpi straziati. Poi di colpo il risveglio, lamano cerca l’interruttore della luce per ri-stabilire un contatto con realtà, per placa-re lo sgomento. Ecco allora tornare la cal-ma. La mente cessa di pescare tra i ricordipiù tristi. Sta per nascere un nuovo giorno,il passato non può più ferire“.Chies allora era sotto naja, nel Sesto damontagna, e a Longarone ebbe l’incaricodi accogliere gli emigranti. Sì perché Lon-garone era la patria del gelato e in tantiavevano prestato il proprio talento allepasticcerie nel resto d’Europa. Immagina-te un uomo in un paese straniero. Immagi-nate un uomo allertato a cui dicono dirientrare perché è accaduto un disastroche non si può descrivere. Un uomo cheparte e arriva. Un uomo a cui ora non restache un pugno di ghiaia. Chies ne parla, macon riserbo. Non si può comprendere co-sa fu il Vajont e l’eredità terribile che la-

TESTIMONIANZE E RICORDI A CINQUANT’ANNI DAL DISASTRO

Lino Chies,già vicepresidentenazionaleANA, nel 1963.

VAJONT

Strage mai dimenticata

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99-2013

sciò nel cuore di ognuno. Il fotoreporter Bepi Zanfron fece migliaiadi scatti. Racconta: “La procura mi chiesedi fare le foto delle vittime per il ricono-scimento dei parenti. C’erano uomini dibuona volontà che lavavano le facce e iofacevo le foto a quel che restava del viso.Per tre giorni e tre notti ho fotografatomorti. Per settimane li ho anche sognati.Poi ho trovato questa, la mia foto preferi-ta, la più bella, e sono guarito. È la foto didue bambini, vivi”. Tante le storie che si intrecciarono in queigiorni dopo il disastro. Come quella di Lu-ciano Basso, alpino di Vicenza che ora nonc’è più. È sua figlia a parlarci di lui. E di unbambino che quel 10 di ottobre si ritrovòsolo nella piana desolata. Piangeva. Lucia-no per primo rispose a quel grido che chia-mava mamma e papà. Lo prese in braccio eil bimbo si avvinghiò a lui. Su di un elicot-tero lo vegliò fino all’arrivo nell’ospedaleSan Martino a Belluno. Dopo il ricovero,Luciano lo cercò sempre, ma senza fortu-na. Non lo dimenticò mai. Prima di morire

pregò sua figlia Deborah: “Trova quel bim-bo e abbraccialo tu per me”. Noi speriamo che questo sogno si avveri.Sono passati cinquant’anni, ma di certoquel bimbo che oggi è un uomo, porta ilVajont in una parte del suo cuore. Comele donne e gli uomini ripresi dalle teleca-mere in bianco e nero dell’epoca. Essi va-gano sulla piana alla ricerca disperata diun frammento che li riconduca alla pro-pria casa, alla vita del giorno prima. Nel-l’aria l’odore dei morti, lo sgomento negliocchi di ognuno.L’obiettivo indugia ancora: un uomo benvestito sorregge in un abbraccio la suadonna. Insieme si inginocchiano, pregano.Un cimitero senza croci, questo fu il Va-jont. Non una natura impazzita e rivoltosa,ma la colpa dell’uomo d’aver perseguitoincurante e prepotente la sua smania diricchezza. Millenovecentodieci i morti accertati, dicui solo la metà riconosciuti, di cui quat-trocento mai ritrovati. Cinquecentodi-ciotto i bambini. Un processo che durò

anni e che alla fine sancì la colpa: omici-dio colposo plurimo. Le condanne furonopoca cosa, ma alla gente del posto andòbene così. Essi, infatti, non cercarono mai alcunavendetta, confidavano invece in una giu-stizia che stabilisse il principio della re-sponsabilità umana. Perché le frane, le fe-rite aperte nella montagna i mesi prima diquel 9 ottobre, le perizie d’allarme di Mil-ler e di altri geologi insabbiate con cura, ilsignificato celato dietro ai nomi monteToc, marcio, monte Salta e Vajont, va giù,non furono mai né fantasie né superstizio-ni di montanari ignoranti. Ma indizi d’undisastro certo a cui si andava incontroconsapevolmente, passo dopo passo.La notte del 9 ottobre non ebbe mai alba.Come una scure lacera il legno, in ugualmodo essa incise per sempre l’animo deisopravvissuti e dei soccorritori. Si salvòsolo quella maledetta diga: è ancora là, in-differente all’accaduto, quasi fiera d’averresistito. Un muro inutile che pare una la-pide. ●

Luciano Basso,alpino dellaCadore, secondoda sinistra inalto, durante ilservizio militarenella casermaFantuzzi diBelluno.

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Longarone ha voluto riabbracciaregli “Angeli del Vajont” dopo cin-quant’anni. Lo ha fatto il 15 settem-

bre al termine di una tre giorni di cele-brazioni al centro delle quali un conve-gno sulla pericolosità idraulica a valledelle dighe e l’esercitazione “Nord Est2013” hanno messo sotto i riflettori real-tà e problemi della Protezione Civile ita-liana.Dalla mostra “Terremoti d’Italia” al XIVMeeting del volontariato veneto, pas-sando tra concerti corali, bandistici ed’autore - quest’ultimo sulla diga - è sta-to un fine settimana all’insegna del trino-mio prevenzione-soccorso-memoria. Aconclusione, la sfilata per le vie di Lon-garone e la solenne cerimonia in un gre-mitissimo Palasport alla presenza di au-torità nazionali e di delegazioni da tuttaItalia.Longarone ha voluto dire il suo grazie ai

soccorritori chiamandoli a raccolta, in-contrandoli, abbracciandoli e stringendoloro la mano in una comprensibile babe-le di dialetti, occhi lucidi e tanti, tanti ri-cordi. Non è sfuggito ai più un gesto sim-bolico di grande significato morale: l’at-testato nominativo di riconoscenza aisoccorritori è stato loro consegnato dal-le mani del sindaco Roberto Padrin e deisuoi colleghi del territorio del Vajont, isindaci dei comuni di Castellavazzo, Ertoe Casso e Vajont.Sindaci in fascia tricolore, firme di pro-prio pugno sull’attestato, due parolescambiate in fretta con un sorriso rico-noscente: i soccorritori si sono sentiticosì gratificati mentre portano ancoranel cuore l’angoscia e la fatica di queilontani giorni quando, poco più che ado-lescenti, scavarono per settimane intereper poi ricomporre pietosamente le sal-me profanate dall’acqua e dal fango.

L’angoscia che resta

di Dino Bridda

In prima linea, gli alpini. Ricorda il gene-rale Angelo Baraldo, allora giovane capi-tano del Gruppo “Lanzo”: “Come poterrimuovere il ricordo del bimbo con ilcordone ombelicale ancora attaccato, odi quella mamma inutilmente schiacciatadal fango e dalla ghiaia fra due culle cheaveva cercato invano di proteggere, o deimutili resti di persone raccolti qua e là? Ilcolpevole uomo che aveva provocatoquasi duemila morti sarà perdonabile?”. Molte sono le domande senza risposta.Sottolinea Renato Bogo, allora sergentedi leva del battaglione “Belluno”: “Io vivoancora quel dolore senza risposta cheprovai nel vedere il terrore negli occhi diquel bambino che, tremando, raccolsinella zona dei gradoni di Longarone, sfi-gurato e gonfio, ancora avvolto dal calo-re della mamma vicina, di un abbracciodato da poco. Per me, giovane poco piùche ventenne, fu l’incontro col dolore,

LE CELEBRAZIONI DEL 50° DEDICATE AI SOCCORRITORI

109-2013

Il Palasport di Longarone durante la rievocazione.

VAJONT

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119-2013

quello vero e tragico, talmente grandeda segnare per sempre il mio cuore. Nel-l’immensità di quella devastazione infini-ta mi sono sentito testimone di unaguerra silenziosa, combattuta senza armie senza possibilità di vittoria contro noistessi e la nostra presunzione di poterdominare la natura”.La brigata alpina “Cadore” intervennetempestivamente, anche di propria ini-ziativa, con una presenza media di 2.014unità delle varie specialità. La presenzamassima si ebbe il primo giorno, con2.742 unità. In totale si alternarono, inturni, ben 3.488 militari della “Cadore”,oltre ad elementi di altri Corpi e Armi.L’impegno complessivo delle Truppe al-pine è stato di 491.000 ore lavorative,durante le quali, oltre a tutto il resto, fu-rono rimossi all’incirca 200.000 metricubi di materiali, con l’impiego anche di150 automezzi al giorno. Dal fango furo-no recuperate 976 vittime innocenti.A tutti gli “Angeli del Vajont” il sindaco diLongarone, alla fine del suo intervento,ha espresso un commosso ringraziamen-to “per non averci lasciati soli, per esser-vi fatti carico di quella parte di tristezzache potevamo condividere intimamentesoltanto con voi. Per averci dato la forza,senza la quale non avremmo mai potutorinascere”. ●

Le foto storiche sono di Bepi Zanfron

Due drammatiche immagini del recupero delle vittime.

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129-2013

Per celebrare degnamente il 50° an-niversario della tragedia del Vajontche, con il suo alto tributo di vitti-

me, ha rappresentato una tragedia di ri-levanza mondiale, l’Amministrazione diLongarone e la Regione Veneto hannoapprovato l'idea, degna delle miglioritradizioni. L’iniziativa è stata patrocinatadal Dipartimento nazionale di Protezio-ne Civile e si è sviluppata in una tre gior-ni, dal 13 al 15 settembre, che ha visto unanutrita partecipazione di esperti e vo-lontari della P.C. del Veneto, del Friuli Ve-nezia Giulia e delle Province autonomedi Trento e Bolzano. La Protezione Civilee il Vajont, la prevenzione, il soccorso ela memoria, sono stati il filo conduttoredegli incontri. Il primo giorno si è aperto con il conve-gno sulla “Pericolosità idraulica a valledelle dighe”. Passaggi importanti sonostati trattati in merito alla modellazionematematica delle onde di sommersionegenerate dal cedimento di una diga. Èstato poi trattato il tema dell’utilizzazio-ne dei serbatoi idroelettrici nel contestodel piano di assetto idrogeologico. Ap-prezzabile è stato anche il tema dellefrane di ieri, di oggi e… domani. A seguiresono stati sviluppati i criteri di allerta e ildocumento di Protezione Civile dellegrandi dighe con particolare riferimentoagli impianti presenti in Veneto e FriuliVenezia Giulia, e delle province autono-me di Trento e Bolzano.Nella seconda parte del pomeriggio si èsvolto il XIV Meeting del volontariatoVeneto, che ha rappresentato un impor-tante momento di confronto tra i refe-renti dei distretti di Protezione Civile delVeneto e rappresentanti del Dipartimen-to nazionale e della Regione. Tra gli argo-menti trattati è da menzionare la diretti-va del 9 novembre 2012, il controllo sani-tario e la formazione del personale.A tutte e tre le giornate è stato presenteil capo dipartimento della P.C. prefettoFranco Gabrielli, che ha lodato la bontàdell’iniziativa della Regione Veneto per-ché la prevenzione è fondamentale perevitare il ripetersi di disastri come quellodel Vajont.

Il secondo giorno l’esercitazione nazio-nale di Protezione Civile “Nord-Est 2013”ha simulato una scossa di terremoto dimagnitudo 5,8 della Scala Richter permettere alla prova la capacità di rispostain emergenza delle componenti e dellestrutture operative del Servizio naziona-le della P.C. a livello centrale e periferico.L’esercitazione ha anche rappresentato ilmomento conclusivo di un percorso diformazione che, nei mesi precedenti, hacoinvolto tecnici comunali, dirigentiscolastici e volontari della ProtezioneCivile del Veneto. Alle giornate i volontari della P.C. del-l’ANA hanno partecipato sia come udito-ri, sia come soggetti attivi direttamenteimpegnati nelle attività logistiche e or-ganizzative. In particolare la PC ANA diTrento con i “Nu.vol.a” ha confezionatooltre 4.000 pasti, mentre 500 volontaridelle Sezioni del Triveneto, diretti dalcoordinatore del 3° RaggruppamentoOrazio D’Incà, hanno contribuito alla

Perché non succeda più

di Giuseppe Bonaldi

buona riuscita dell’esercitazione con leattività di antincendio boschivo, comerilevatori dei danni alle strutture provo-cate dal sisma con i collegamenti radio ela predisposizione dei campi di acco-glienza. La tre giorni si è conclusa conl’evento commemorativo per il disastrodel Vajont che ha rappresentato unomaggio ai soccorritori che all’indomanidel giorno del disastro, intervennero sulposto per cercare i dispersi e prestareaiuto ai sopravvissuti. Quest’ultima com-movente giornata è iniziata con il radunodei soccorritori e dei volontari di oggi,che hanno sfilato per le vie cittadine fi-no al Palasport. Negli interventi delle di-verse autorità, presente per l’ANA il vicepresidente nazionale Nino Geronazzo,temi cardine sono stati la memoria e laprevenzione del territorio.La cerimonia è terminata infine con unsimbolico passaggio di testimone tra isoccorritori del Vajont e gli attuali vo-lontari della Protezione Civile. ●

INCONTRI DI STUDIO E UN’ESERCITAZIONE DI P.C.

Longarone, 14 ottobre 1963. Gli artiglieri da montagna del 6° rgt., 42ª batteriadel gruppo Agordo, di stanza alla caserma Zannettelli di Feltre, che partecipa-rono ai soccorsi dopo la tragedia del “Vajont”. Sono con il sottotenente Ange-lo De Boni (indicato dalla freccia). Chi si riconosce lo contatti al tel. 0439-5453.

A LONGARONE, IL GIORNO DOPO

VAJONT

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Roberto Padrin, classe 1970, figlio dialpino, è sindaco di Longarone dal2009. Sulle sue spalle di giovane e

dinamico amministratore pubblico han-no gravato peso e onore di coordinare lemanifestazioni per il 50° anniversario delVajont, che si sono svolte dal 13 al 15 set-tembre scorso.

Sindaco, quale è il filo conduttoredella tre giorni?“Sono più di uno. Tra memoria e ricor-do delle vittime è emerso il valore del-la solidarietà e della partecipazione,che il 15 settembre abbiamo esaltatocon una cerimonia simbolica, ma caricadi grande significato, alla presenza delministro dell’Ambiente on. Orlando, delcapo Dipartimento nazionale di Prote-zione Civile, prefetto Gabrielli e dei go-vernatori di Veneto e Friuli VeneziaGiulia. Cinque soccorritori di allorahanno consegnato a cinque volontaridell’attuale Protezione Civile il testi-mone per proseguire sulla strada trac-ciata cinquant’anni fa”.Siamo finalmente ad una svolta nelrapporto tra comunità nazionale eresidenti?“Per taluni la ferita è tuttora aperta, ècomprensibile, ne dobbiamo avere ri-spetto. Ora la comunità nazionale è riu-scita a superare decenni di silenzi colpe-voli e parole sbagliate. Gabrielli e il mini-stro Orlando sono venuti a chiederescusa compiendo un grande passo inavanti nell’opera di riconciliazione. Ciò èstato apprezzato dalla maggioranza del-le popolazioni del Vajont. Siamo sullabuona strada, ma, personalmente, credonon basti…”.Che cosa si sente di chiedere ancoraallo Stato italiano?“Un sigillo di massima autorevolezza.Spero che il 9 ottobre il presidente Gior-gio Napolitano venga a ripeterci tali pa-role, allora sì che potremmo parlare discuse di Stato. L’annunciata presenza delpresidente del Consiglio, Enrico Letta,sarebbe ulteriore conferma che le istitu-zioni hanno “capito” finalmente che co-sa accadde qui il 9 ottobre 1963 e così laNazione”.

“Capire” per scrivere una pagina diverità dopo tante omissioni?“Esatto. Sono consapevole che le paroledel Capo dello Stato non servirebbero acambiare il corso degli eventi o a lenire ildolore dei familiari delle vittime, ma sa-rebbero un gesto umile di straordinariosignificato che aprirebbe alla distensio-ne. Così il 50° favorirebbe la consegna al-la storia della catastrofe del Vajont nellasua complessa, talvolta ambigua, verità.Sempre nella vita riconoscere le propriecolpe aiuta a riprendere il cammino co-mune. Spesso con un fardello meno pe-sante”.Lei ha più volte sottolineato la rico-noscenza verso i soccorritori…“Non mi stancherò mai di farlo. È statatroppo intensa l’emozione provata nel-l’incontrarli a Longarone. Colgo l’occa-sione per ringraziare i militari dell’allora4° Corpo d’Armata Alpino, in primis quel-li della brigata “Cadore”, tra i primi ad ac-correre. Ragazzi di leva, con i loro uffi-ciali e sottufficiali, per 38 lunghi giornidiedero più di quanto umanamente sipotesse chiedere. Lo fecero con unoslancio generoso che a Longarone nonverrà mai dimenticato”. Una riconoscenza certificata da unattestato o c’è di più?“Molto di più, è quasi impossibile defi-nirlo. Direi un’emozione coinvolgente e

osmotica. A tutti i soccorritori, oltre unmigliaio (parecchi gli alpini, ndr), abbia-mo infatti consegnato un attestato cherappresenta simbolicamente la gratitu-dine della nostra comunità per quantofecero allora. Ma c’è qualcosa che va ol-tre i documenti. Infatti in queste giorna-te è stato commovente constatare neisoccorritori un grande amore per Longa-rone e tanto affetto per superstiti e so-pravvissuti. Sentimenti mai sopiti lungotutto questo mezzo secolo. A questi“Angeli del Vajont” non riusciremo mai adire abbastanza: grazie!”.Lei ha anche invitato a guardareavanti sulla scorta della lezione delVajont.“Non potevo non farlo. Quel disastro fuaffrontato, se così si può dire, a mani nu-de, impreparati, sgomenti. Nel 1966 l’al-luvione ripropose il tema, ma ci volle ilterremoto del Friuli perché nel lessicofamiliare degli italiani comparisse la lo-cuzione Protezione Civile. Dal 1976, sen-za nulla togliere ai diversi Corpi delloStato ed agli altri volontari, l’esempiodegli alpini e la determinazione di Giu-seppe Zamberletti crearono le basi per lamoderna Protezione Civile, ben presentenegli eventi del 50°”.Da allora ne sono stati fatti di passiin avanti. Visti da Longarone, ovvia-mente…“Davvero molti. Siamo passati dal-l’emergenza alla prevenzione, almenosul piano della formazione e dell’ag-giornamento continuo della nostra Pro-tezione Civile e dello stesso volontaria-to come, ad esempio, gli stessi alpini.Oggi non possiamo e non dobbiamofarci trovare impreparati di fronte aduna qualsivoglia calamità, non sarebbegiustificabile”.Concludendo, da dove partire perun’efficace cultura della prevenzione?“Dalla scuola e dall’educazione civica.Bisogna formare cittadini coscienti di es-sere “Nazione”, persone consapevoli evolontari addestrati. Ne guadagnerannoil sistema di Protezione Civile e la quali-tà della vita degli italiani. Allora sì, difronte alla diga del Vajont, potremo spe-rare di dire: MAI PIU’!”. (d.b.)

IL SINDACO DI LONGARONE IN ATTESA DEL PRESIDENTE NAPOLITANO

Il sindaco Roberto Padrin (foto Comune di Longarone)

“Ora le scuse di Stato”

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149-2013

Percorro i 780 km che vanno da Mo-sca a Rossosch in compagnia di Pe-ter. Ha più di ottant’anni ed è un

medico. Passo con lui dodici ore, tantesono quelle che servono per arrivare adestinazione. Io non conosco una paroladi russo e lui di italiano, ma scopro chedisegnando si possono dire tante cose e,così, alla fine lui sa tutto di me e io di lui. Nelle pause di questo estenuante eserci-zio comunicativo, guardo fuori dai fine-strini. L’autunno qui è già arrivato con unmese di anticipo, rispetto all’Italia. Lo sivede dal colore delle foglie, pronte a ce-dere sotto i colpi dell’inverno in arrivo.Mi vengono in mente le parole di Bepi

De Marzi, quelle de “L’ultima notte”:Cammina, cammina… Certo, nel ’43 gli al-pini non camminavano su questa direttri-ce, erano giù, più in basso sulle rive delDon. Ma la potenza evocativa del pae-saggio arriva comunque alle radici delcuore. Malinconia, memorie, senso di im-potenza, tutto si mescola nel caleido-scopio dei sentimenti.L’arrivo in serata a Rossosch avviene sot-to un cielo lacrimoso, che non molleràmai per tutti i giorni della permanenza interra russa. Ad accogliermi Gianna Val-secchi, da 23 anni angelo-interprete deglialpini. Una volontaria col cappello alpi-no scolpito nel cuore. La sorpresa iniziaarrivando all’asilo. Chi non l’ha mai visto

in precedenza ne rimane colpito. È unedificio importante, dalla forte

personalità, diventato neltempo il punto di riferi-

mento per progettarcidavanti una piazza,

intorno alla quale

L’ANNIVERSARIO DELL’ASILO “SORRISO”

fanno corona una recentissima chiesa or-todossa, il campanile di quella storica,abbattuta dal furore anticristiano, alber-ghi e negozi. Soprattutto l’asilo di Rossosch s’è impo-sto come luogo educativo di eccellenza.Ci dicono che fa incetta di riconosci-menti a livello regionale. Per iscrivere unbambino bisogna concorrere con impe-gnative graduatorie e accettare di met-tersi con pazienza in lunghe liste d’atte-sa. Merito anche della direttrice, da ven-t’anni la signora Liuba Laptjiova, “brava,buona e molto severa”, come viene una-nimemente definita dai suoi collabora-tori. Sabato mattina si parte con le celebra-zioni commemorative. Si inizia con laMessa celebrata nel cortile interno. So-no presenti le autorità locali e quelle ita-liane. Tra queste spicca l’Addetto Milita-re all’Ambasciata di Mosca, gen. GiovanniArmentani. Intorno fanno corona i 400alpini venuti da ogni parte d’Italia. Poi ar-riva il tempo dell’ufficialità. Si cominciacon l’alzabandiera. Due inni e due ban-diere che si alzano al cielo, a garrirestrette in un unico abbraccio, mentre lenote increspano le braccia con la pelled’oca. Prende la parola il presidente della Pro-vincia, Gregor’evic Alejnik. Ricorda che agennaio si è festeggiata la liberazionedall’invasione tedesca e italiana. Giusto

di Bruno Fasani

ROSSOSCH

Vent’anni

Enzo Botticchio, della prima squadra per la costruzione dell’asilo.

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che si sappia che la memoria non molla.Poi ricorda che l’importante è andareavanti, sperando che la guerra non suc-ceda più, augurando per tutti un cielo dipace. Tatiana Nikolajevna, Responsabiledel Dipartimento Regionale della Cultu-ra, fa l’elogio dell’Asilo nr. 23. Qui lo chia-mano così. Ricorda che qui lavorano i mi-gliori insegnanti e soprattutto fa l’elogiodella struttura, che essendo frutto deldesign italiano si impone per l’elevatissi-ma funzionalità. È la volta di Alim Morozov, innamoratodell’Italia e attuale direttore del MuseoEtnografico. Ricorda com’è nato il pro-getto dell’asilo ed anche la storia del

in amicizia

L’Asilo Sorriso oggi.

monumento al centro della piazza. «Unsimbolo di democrazia popolare che vaconservato». I toni sono pacati ma l’allu-sione è a qualche esaltato che su certonazionalismo anti alpino vorrebbe co-struirsi qualche piccola fortuna politica.Chiude ricordando Bortolo Busnardo,Leonardo Caprioli e Ferruccio Panazza,andati avanti, come si usa dire tra gli alpi-ni. Parole intense arrivano anche dal Ret-tore dell’Università Pedagogica di Voro-nez, Sergej Ivanovic Filonenko. “Comestorico della guerra – ha esordito – vor-rei ricordare che questo asilo ha datouna spinta in avanti nel modo di rappor-tarsi tra storici italiani e russi. Ora molti

libri sono pubblicati sui fatti qui accadu-ti e sono testi fatti in collaborazione, checi consentono di evitare falsificazioni orevisione dei fatti”. Prima del saluto del sindaco, a prenderela parola è il nostro presidente, Sebastia-no Favero. Porge un “primo pensiero allevittime di tutte le parti, in particolare al-le popolazioni che hanno subito il pesodell’occupazione”. Rievoca le parole diCaprioli al momento dell’inaugurazionedell’asilo, ricordando che “gli alpini era-no tornati non più da invasori, ma comeamici, per costruire la Casa Sorriso, peressere segno di un mondo mutato, un fu-turo di uomini veri ove la generosità, l’al-

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ROSSOSCHtruismo, l’onestà soppiantano ogni vio-

lenza e meschinità”. Anche lui ricorda

con riconoscenza Panazza, Bortolo Bu-

snardo, Angelo Greppi, Igor Michajlovic

Jvanov, allora sindaco della città e i 700

volontari che hanno reso possibile il sor-

gere dell’opera. Rivive lo spirito con cui

furono portati avanti i lavori, di cui lui è

stato protagonista della prima ora, ricor-

dando che l’“Asilo Sorriso” è stato voluto

come “monumento vivente, per costrui-

re rapporti nuovi e fraterni con la popo-

lazione russa, perché mai l’ANA si è mos-

sa con intenti diversi da quelli della soli-

darietà e dell’amicizia, in Italia, nel mon-

do e particolarmente in terra di Russia”.

Poi, a fugare possibili equivoci, l’orgo-

gliosa chiosa finale: “Se vi sono stati sin-

goli episodi di comportamenti non con-

soni ce ne scusiamo e saremo sempre di-

sponibili a trovare insieme la giusta solu-

zione, perché quello che ci guida è la vo-

lontà di costruire rapporti amichevoli

con tutti, ma non accetteremo mai d’es-

sere catalogati per quello che non siamo,

cioè dei provocatori. In Italia e nel mon-

do il cappello alpino è sinonimo di soli-

darietà, di disponibilità e di aiuto per chi

ha bisogno, di sicurezza, senso del dove-

re ed onestà”.

Chiude gli interventi il sindaco di Ros-

sosch, Eduard Markov, il quale ricorda

che “l’asilo non va considerato in negati-

vo come una sorta di riparazione, di pen-

timento dei soldati italiani. Esso è piut-

tosto, in positivo, un grande simbolo diIl presidente Favero con le autorità russe durante la cerimonia all’asilo.

All’asilo, con il Labaro, durante il discorso del presidente Favero.

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amicizia, di cui non c’è pari in nessun al-tro angolo del mondo”.Alle parole istituzionali fa seguito il pro-tagonismo dei bambini. È un’esplosionedi colore, di voci, di innocenza, ma anchedi grande preparazione. Si esibiscono co-me solo loro sanno fare, estranei alle al-chimie razionali degli adulti. Un temposapranno perché c’erano tante penne ne-re alla loro esibizione. Per ora sfoggianola creatività della loro innocenza, cattu-rando le emozioni dei grandi e compul-sando i loro apparecchi fotografici, allaricerca di scatti che raccontino quantovedono ma incapaci di catturare lo spiri-to che, nell’essenza, rimane indicibile.Se i colori della festa indulgono all’alle-gria, il tragitto verso Nikolajewka il gior-no dopo, intreccia memoria e panorami

di infinito che obbligano alla riflessionee alla malinconia. Sono le strade chehanno percorso gli alpini, nella loro epi-ca ritirata. Nessuno commenta, ma tuttirivivono la drammaticità di quei ricordi.Ricordi che si materializzano quando unpassaggio a livello e un cartello ai bordidella strada ci ricordano che siamo arri-vati a Livenka, fino al ’53 divisa da Nikola-jewka, ma ora unita amministrativamentein un unico paese. È un brivido vedere ilnoto sottopasso, sentire l’eco della vocedel generale Reverberi, intento a gridare“Tridentina avanti!”, mentre un trenomerci da 70 vagoni, lacera malinconica-mente il cielo con il suo fischio e il grac-chiare dei suoi ferri, come un lamento ouna preghiera per quanto qui è accaduto.Poco più in là, dentro una fabbrica di-

smessa, un altro tunnel, da cui uscivano inostri alpini, come grani di un rosario,falciati dalle mitragliatrici russe, sistema-te nel vicino campanile. Ora di quel cam-panile e della chiesa, distrutte dalla furiastalinista, rimane solo un cerchio di be-tulle a far da guardia al monumento agli863 caduti indigeni di Nikolajewka.Gli incontri ufficiali a Livenka vedono lapresenza del neo sindaco, Vasjli Nikoila-vic, della sua intraprendente e prepara-tissima vice, il direttore del Museo e ladirettrice della scuola. Ambienti essen-ziali, ma pieni di dignità. A rallegrarci lenote di una fisarmonica che gli alpinihanno donato ad una vivace signora delluogo. Ha più di ottant’anni, ma ricordaperfettamente gli avvenimenti dellaguerra. Ricorda le slitte che trasportava-

Sopra: Favero con la direttrice dell’asilo Liuba Laptjiova. A destra, una veduta dell’asilo.

Veduta da “quota Pisello”.

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Il ponte di Livenka in progetto di ricostruzione.

no i corpi fuori dal paese. Ricorda che glialpini erano, tra tutti i soldati stranieri, “ipeggio equipaggiati”. “Qualche volta lifacevamo entrare nelle nostre case - ciracconta - ma appena qualche soldatofinlandese, loro alleato, se ne accorgeva,lo buttava fuori per prenderne il posto”.Il senso della nostra visita a Livenka è an-che quello di dare materializzazione allacostruzione di un ponte sul fiume Valuj.Ci portano sul posto per verificare dipersona. Effettivamente ci chiediamocome faccia a restare in piedi con il pesodegli automezzi che ci passano sopra. Ilsindaco dice che non hanno fondi e chel’opera è fondamentale per unire Livenkae Nikolajewka. Non occorre molto al no-

ROSSOSCHstro staff di tecnici per capire cosa c’è dafare. Non c’è la pacca sulle spalle, per laconclusione dell’affare, ma le parole e iprogetti portano in quella direzione. La giornata si chiude sul cippo posto so-pra la fossa comune che raccoglie i restidei nostri alpini. Anche qui si celebra unaMessa, attorniati dall’immensa distesa diun campo di girasoli. C’è un silenzio checattura e unisce gli animi. Si comprendeche anche così si fa Corpo degli alpini. Ilpensiero corre a chi non ce l’ha fatta araggiungere la libertà, in quel gelido in-verno del ’43, alle lacrime delle loro ma-dri, al sogno folle di chi credeva di barat-tare il corpo di tanti alpini con una spar-tizione di bottino, dopo la vittoria, tantopresunta e sbandierata nei proclami,quanto smentita dai fatti.

Il sottopasso di Nikolajewka dove sono statedeposte due corone in memoria.

Ma tutto questo è senno di poi. Nei fattiresta il dramma di una guerra senza sen-so e il sacrificio di migliaia di innocenti.Ma resta anche la volontà di stenderebandiere di pace e relazioni di amicizia.Ne abbiamo una prova visitando la scuo-la “Italo Calvino” di Mosca. Dall’asilo allesuperiori, il tutto con insegnanti italiani ealunni russi che vogliono crescere nellalingua di Dante, come una seconda lin-gua madre. A sentire parlare questi ragaz-zi ti senti immediatamente a casa. Per lo-ro la storia rimane sullo sfondo con tuttii suoi drammi, ma il presente è popolatodi volontà di stare insieme, di ascoltarsi edi parlarsi, convinti che l’unica strada delfuturo sia quella della fraternità. ●

Foto di Luigi Rinaldo e di Giovanni Francescutti

La Messa sul luogo delle fosse comuni.

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IN BREVE

UN BEL GESTOAlcuni alpini del gruppo di Zompitta, sezione diUdine, durante il viaggio per raggiungere Piacenza,sede dell’Adunata, hanno fatto tappa a Genova,luogo del drammatico incidente provocato dallaJolly Nero e costato la vita a nove persone morteper il crollo della torretta del porto. Qui sono conLuigi Merlo, presidente dell’autorità portuale, du-rante la deposizione di un mazzo di fiori sul luogodell’incidente.

UN “MURALES” SUL GALILEAQuesto, affrescato, è il muro esterno della casa diOnorino Pietrobon, superstite del naufragio delGalilea, nel paese di San Quirico (Pordenone). Èstato realizzato da un artista della Val Tramontina eriassume tutto il dramma vissuto da quei soldati, inricordo dei morti e monito per i vivi. Chi passa nonpotrà fare a meno di riflettere sul dramma dellaguerra. Onorino, che ha compiuto 92 anni, parteci-pa a tutte le manifestazioni in ricordo della trage-dia, in compagnia della moglie Teresa e del figlioSilvano, alpino del btg. Tolmezzo.

“BEPI PILOTA” HACOMPIUTO 101 ANNIHa 101 anni splendida-mente portati Giusep-pe Dal Barco “Bepi Pi-lota”, btg. Vicenza,iscritto al gruppo di Nogarole Vicentino. Eccolocon il figlio Bruno anche lui alpino della Julia.

I 90 ANNI DI LINO DORI E DINO SELVAUna rappresentanzadel gruppo “Vasco Sa-vegnago” della sezionedi Vicenza si è recataad Aprilia Marittima(Udine) dove trascorrel’estate il socio LinoDori, classe 1922, btg.Vicenza reduce di Russia, per festeggiarlo in occa-sione del 90° compleanno. Il capogruppo MassimoCedrazzi ha coinvolto il vicino gruppo di Ronchis,sezione di Udine, dove Lino ha incontrato il coeta-neo, anche lui reduce dalla Russia, Dino Selva, 3° ar-tiglieria da montagna, gruppo Udine. Commoventela consegna della targhe ricordo ai due festeggiatialla presenza di Orlando Urban, capogruppo diRonchis, di numerosi consiglieri e soci alpini tra iquali l’ex capogruppo ed attuale revisore dei continazionale Ernestino Baradello.

Alpini, due ruote e 8.000 chilome-tri. È nata dalla passione la pazzaidea dell’Associazione Alpini Mo-

tociclisti alla quale hanno aderito duesuoi soci, Aldo Bergoglio, capogruppo diBrozolo-Robella (sezione di Torino) eMassimo Rubeo della sezione di Biella. Insella alle loro moto hanno raggiunto laRussia per visitare i luoghi dove tanti sol-dati italiani durante il secondo conflittomondiale sono caduti per la Patria e por-tare un contributo tangibile all’Asilo Sor-riso di Rossosch, completato 20 anni fadalle penne nere e donato alla popola-zione russa in segno di fratellanza.Il tour e le tappe di avvicinamento sonostate pianificate con certosina meticolo-sità. Nonostante ciò la malasorte era inagguato: un giorno dopo la partenza ladue ruote di Massimo si è fermata, met-tendo a rischio l’impresa. Tanto sconfor-to e qualche maledizione più tardi, Mas-simo ha metabolizzato l’idea di un’ingen-te spesa e ha deciso di noleggiare un al-tro mezzo a Lubiana: lo doveva all’Asso-ciazione motociclisti e ai tanti sostenito-ri dell’iniziativa.La bellezza del viaggio è fatta di contra-sti. Guidare per centinaia di chilometritra splendidi campi di girasole e poi tro-varsi di fronte a giganteschi monumentidi guerra: imponenti carri armati T34 oMig accostati a gigantografie in marmo o

pietra di soldati russi, dive-nuti eroi. Nei paesi di cam-pagna spiccava il giallo dora-to dei tetti a cipolla e delleguglie delle graziose chieseortodosse. Colori opposti aquelli delle case, grigie, pic-cole, basse e costruite conpoco, legno o mattoni, spes-so ricoperte con lastre di ve-lenifero eternit.Il contrasto che non c’è sta-to è invece quello con lagente. Quando Aldo e Mas-

simo si fermavano per cercare indicazio-ni, la curiosità era il primo sentimentoche suscitavano in chi li vedeva, ma dopoaver riconosciuto sulle magliette il logodell’Associazione e la nappina e pennanera sui caschi, sorridevano dicendo:“Ahhhh… Alpinsky Italiansky!”. E scattavala gara per farsi capire e per aiutare! Cosìè stato a Livenka (ex Nikolajewka), difronte al piccolo monumento, trovatosolo grazie all’aiuto di due giovani russi. Hanno anche visitato “Quota pisello” aStaraja Kalitva dove c’era il battaglioneMondovì della Cuneense, quindi NovoKalitva, Selenyj Jar, Belogorje, Novo Po-stojalowka, 250 chilometri e nomi a noitristemente noti. Infine Rossosch! All’Asilo Sorriso i bambi-ni hanno accolto Aldo e Massimo condanze e balli locali. Hanno consegnatoalla direttrice, insieme ad un poster sutela, la somma di 1.000 euro, raccolta da-gli alpini delle sezioni ANA di Asti, Biellae Torino, i Gruppi della XII Zona, sezionedi Torino, il Gruppo di Serravalle d’Asti equello di Mottalciata di Biella. I fondi sa-ranno utilizzati per i lavori di minutomantenimento della struttura.Il rombo dei motori ha riaccompagnato acasa Aldo e Massimo, centinaia di chilo-metri di strada negli specchietti; nellamente tanti begli incontri, nel cuore glialpini. ●

Russia on the road!L’ESPERIENZA DI DUE ALPINI MOTOCICLISTI

L’Associazione Alpini Motociclisti è composta da 250 soci in regola con iltesseramento ANA. Tra gli scopi della sua costituzione c’è quello di rinvi-gorire l’interesse negli alpini e nell’Associazione in quanti condividono lapassione delle due ruote. Dal momento della sua costituzione hanno ade-rito all’ANA in 24 tra alpini e amici. Per informazioni: www.alpinimotociclisti.it

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Fedeltà. La vita in montagna diOsvaldo Carmellino si potrebberaccontare con una parola, anche se

non ne sarebbero sufficienti mille perdescrivere la semplicità nei gesti, nei sor-risi, nei sapori. È quella genuinità che sigode sulle vette più alte, tra le cento sfu-mature di verde dell’Alpe Larecchio, alconfine tra Piemonte e Valle d’Aosta, do-ve Osvaldo e la famiglia vivono e lavora-

no. Una splendida conca -forse la più bella del-

la Valsesia -

La montagna nel cuore

di Matteo Martin

solcata dal rio Plaida che serpeggia placi-do tra ubertosi pascoli cinti, come in unabbraccio, da alti larici.Sono questi i luoghi che hanno cullatoOsvaldo fin da quando era in fasce. I suoiprimi passi in salita li ha fatti a soli duemesi, sulle spalle di mamma Emilia Gensche nell’estate del 1955 decise di andarea vivere ancora più in alto, per gestirel’Ospizio Sottile, mentre il papà Marinoera ai pascoli in valle a curare gli animali.“Erano altri tempi - ricorda Osvaldo -non c’era turismo. Si seguivano i ritmiscanditi dal sole e quando veniva sera

CONSEGNATO IN VALSESIA IL 33° PREMIO FEDELTÀ

Osvaldo nel baitino di stagionatura delle tome.

Dall’album di famiglia: i genitori Emilia e Marino,con Osvaldo e il fratello Ugo (a destra).

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mia madre, prima di coricarsi, faceva il gi-ro del rifugio con la candela accesa, pervedere se non ci fossero forestieri, per si-curezza…”. La montagna era il campo gio-chi di Osvaldo e del fratello Ugo che cre-scendo hanno ben presto imparato acondividere le gioie e le fatiche di quellavita. Negli anni Sessanta, alla morte dellanonna, la famiglia ritornò al Larecchio;erano in affitto e per guadagnare qualco-

sa con cui vivere curavano anche gli ani-mali di alcuni affidatari. “Ora è tutto del-la mia famiglia…”, si guarda attornoOsvaldo con orgoglio.Nel 1991 dopo essersi sposato con Flaviaacquistò i terreni del Larecchio e iniziò ladelicata opera di ristrutturazione delle

baite settecentesche: “All’inizio - rivelaOsvaldo - ho avuto bisogno di maniesperte perché sistemarle sembra facile,ma non è così. Durante i mesi invernali, incui c’era meno da fare all’alpe, andavo alavorare come muratore e ho imparato ilmestiere. In montagna devi saper faretutto quello che ti serve per vivere, altri-menti diventa veramente dura”.E il lavoro che aveva imparato è stato in-dispensabile anche l’unica volta che halasciato le sue montagne, quando è an-dato a naja nel “Susa”, a Pinerolo e a Ul-zio: era stato ordinato come conducentedi muli, ma essendo uno dei pochi vera-mente abili nei lavori manuali, lo preferi-rono come maniscalco. Sorride e ricordail servizio militare quasi come una vacan-za pagata, perché a casa ad attenderloc’era il duro lavoro e le fatiche di una vi-ta austera.“Oggi non si riesce più a campare tenen-do solo gli animali e vendendo i prodot-ti dell’alpe”, ripete con un accenno di

La famiglia al completo davanti ad una delle baite: da sinistra le figlie Samanta e Veronica con i fidanzati, la moglie Flavia, Osvaldo e il fratello Ugo.

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amarezza nella voce. Da qualche anno èdiventato guardiacaccia dell’Aziendafaunistica “Riva Valdobbia” e anche gra-zie all’entusiasmo e all’aiuto delle figlieSamanta e Veronica - e dei loro fidanzatiche danno una mano durante i fine setti-mana - ha deciso di diversificare l’offerta,aprendo un agriturismo con una ventinadi posti letto che nei mesi estivi è al La-recchio, mentre d’inverno è a qualchecentinaio di metri più a valle, nella bellaborgata alpestre Peccia, dove da pocopiù di un anno l’antico sentiero è statosostituito da una carrozzabile sterrata.Ad un amante dei bei paesaggi la manodell’uomo che viola il territorio monta-no potrà sembrare uno scempio, “ma unastrada facilita tanto la vita quassù!”, ram-menta Osvaldo. Anche perché gli enti lo-cali talvolta non aiutano: “Una parte deirimborsi per il materiale dei tetti dellebaite sono arrivati dalla Regione, ma alladomanda inoltrata alla Comunità mon-tana è stato risposto che la mia è una re-altà troppo piccola per poter otteneredei fondi”.Sarà piccola ma è vitale! È quello chehanno potuto apprezzare gli oltre due-cento alpini, saliti al Larecchio per fe-steggiare il “Premio fedeltà alla monta-gna” e assaggiare i prodotti dell’azienda:la polenta cucinata in grandi paioli, lasquisita toma, i salami e le carni prodot-te da animali allevati come una volta. Trale baite costruite in tipico stile Walser

scorrazzano oche, galline e conigli, trot-terellano asini e cavalli, per nulla intimo-riti dai viandanti, in una giornata di festache così all’alpe non si era mai vista.Di allegria è stata contagiata anche lavalle. Gli alpini del gruppo di Riva Val-dobbia - del quale è socio Osvaldo - gui-dati da Luciano Carmellino, e di Alagnacon il capogruppo Gabriele Castagnolahanno collaborato nell’organizzazionedella manifestazione che sabato pome-riggio ha vivacizzato Alagna con le musi-che della fanfara Montenero della sezio-ne di Torino e della Banda Valsesiana, ilcui vessillo è stato inaugurato alla pre-senza dei sindaci dei due comuni Massi-mo Gabbio e Sandro Bergamo.Domenica la festa ha coinvolto il borgodi Riva Valdobbia ed è stata un’apoteosidella montagna a partire dalla sfilata,aperta dagli uomini e dalle donne, vesti-te in costume Walser con l’ampio grem-biule ricamato e ornato da nastri colora-ti. Il Labaro dell’ANA era scortato dal vi-ce presidente vicario Adriano Crugnola -assente il presidente Sebastiano Favero,impegnato in Canada al congresso delleSezioni del Nordamerica - e da numerosiconsiglieri nazionali, il vessillo della se-zione Valsesiana dal presidente Gianpie-

ro Rotti. Alla festa della montagna laMessa non poteva non essere celebratada un montanaro d’eccezione, don CarloElgo, ottant’anni, di cui 33 da parroco diAlagna, sciatore provetto e alpinista cheha all’attivo numerose scalate e il recorddi salite alla Capanna Margherita. Dal sa-grato della chiesa quattrocentesca di SanMaurizio, splendidamente affrescata, hadedicato la funzione a San Bernardo, pa-trono degli alpinisti e degli scalatori. Poi,rivolgendosi commosso alle tante pennenere che gremivano la piazza, ha rivelato:“Uno dei grandi rammarichi che ho è nonessere alpino, ma gli alpini, credetemi, liho nel cuore”. A queste parole il cerimo-niere si è avvicinato calandogli un cap-pello alpino in testa e il novello cappel-lano ha abbracciato Osvaldo e la sua fa-miglia.Il consigliere nazionale Luigi Sala ha lettola motivazione del “Premio fedeltà allamontagna” che è stato consegnato aOsvaldo Carmellino e alla famiglia dal vi-ce presidente vicario Crugnola. “Questopremio è il più importante per la nostraAssociazione - ha sottolineato - perché èla sintesi di parole che amiamo: ‘alpini’ e‘montagna’. Ma la parola su cui mi vorreisoffermare maggiormente è ‘fedeltà’, un

La piazza centrale di Riva Valdobbia durante la Messa.

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LA MOTIVAZIONE“Il socio Osvaldo Carmellinodel gruppo di Riva Valdobbia,con la stessa passione di chi nelpassato ha costruito le struttu-re agricole all’Alpe Larecchio,con un notevole sforzo econo-mico le ha rese efficienti edidonee ad unire l’attività pasto-rizia a quella ricettiva creandoun punto di accoglienza in unazona raggiungibile solo a piedi.Assicurando con il coinvolgi-mento dei famigliari il futurodell’attività è un vero esempiodi come si possa custodire, cu-

rare e valorizzare la montagna con un turismo intelligente e rispettoso”.

A Osvaldo Carmellino è stata consegnata una targa ricordo, una pergamena e l’assegno di 10mila euro.

Agriturismo “Alpe Larecchio” (1.895 metri), loc. Val Vogna, 13020 Riva Valdobbia (VC),

tel. 340-9786484.

termine semplice ma di difficile applica-zione al giorno d’oggi, perché si traducein un impegno disinteressato per la co-munità. Per noi alpini fedeltà significaamore per la Patria, per la società e versocoloro che ci hanno preceduti”.Crugnola ha ringraziato i componentidella commissione che in quest’ultimoanno hanno visitato gli alpeggi dei candi-dati al premio e ha ricordato tre promo-tori: Lino Chies, Aldo Innocente e il past-president dell’ANA Corrado Perona, par-ticolarmente applaudito e festeggiato.Con loro sul palco sono saliti i premiatidegli anni precedenti e il capogruppo diPaularo Ennio Blanzan ha consegnato lascultura di bronzo, simbolo del premio,al capogruppo di Riva Valdobbia LucianoCarmellino. “Sono felice! Non mi aspet-tavo di coinvolgere così tanta gente - haripetuto Osvaldo al microfono. Ringraziotutti, mio fratello Ugo che in questi annimi ha aiutato e le mie donne. Voglio ri-cordare anche i miei genitori che hannosempre vissuto tra i monti… oggi sareb-bero orgogliosi di me”. Parole con lamontagna nel cuore. ●

Il vice presidente vicario Crugnola consegna il premio.

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Sabato 31 agosto si è svolto a Hamil-ton il 17° Congresso degli alpini delNord America, con l’intervento del

presidente nazionale Sebastiano Faveroaccompagnato dal delegato per le sezio-ni all’estero Ferruccio Minelli. La sera divenerdì c’è stata un’anteprima con l’in-contro del presidente nazionale e di Mi-nelli con il coordinatore ANA Gino Vatri,il presidente della sezione locale FaustoChiocchio - dimostratosi un ottimo orga-nizzatore - e i capigruppo di Guelph, Wa-terloo e Welland. A cena, Favero è statoavvolto dalla calda atmosfera che si co-glie ogni qual volta s’incontrano gli alpini“della seconda naja” e i loro famigliari: so-no spesso questi ultimi, uniti agli “amicidegli alpini” a vivere con i “veci” la vita digruppo trasformandosi in preziosi volon-tari. A tutti questi il presidente ha conse-gnato certificati di merito che attestanoriconoscenza per l’opera che essi presta-no fra gli alpini. Sabato mattina, presenti ipresidenti e i capigruppo del Canada edel Nord America, Gino Vatri ha aperto ilavori dando il benvenuto al presidente ea Minelli, accolti da un lungo applauso digratitudine per la loro presenza.

“Sono venuto qui per ascoltarvi ed avereun incontro franco, sincero e costruttivo”,ha risposto nel salutare tutti il presidentenazionale. Ed infatti così è stato: il con-gresso ha toccato - come non era mai ac-caduto così specificatamente - i proble-mi più importanti della vita delle nostresezioni all’estero, problemi comuni allealtre sezioni sparse per il mondo, soprat-tutto quelle più lontane. Vatri ha quindi presentato la relazionemorale, la relazione finanziaria e successi-vamente la relazione riguardante le Se-zioni ed i Gruppi e ha fornito i numeridella consistenza degli iscritti: 669 soci e311 soci aggregati in Canada, 45 soci e 51soci aggregati nei vicini Stati Uniti. Unmotivo di soddisfazione, ha rilevato Fer-ruccio Minelli, viene dal fatto che nono-stante si registri un calo di iscrizioni ri-spetto agli anni passati - l’anagrafe èquella che è - le attività di Sezioni eGruppi sono ancora molto numerose.È seguita l’attesa relazione preparata dalcapogruppo di Toronto Danilo Cal, rela-zione rivelatasi uno studio ed un’analisiapprofondita che fotografa il momento incui vivono i nostri Gruppi e le nostre Se-

L’INIZIATIVA AL CONGRESSO DEGLI ALPINI DEL NORD AMERICA

DNA, ovvero Di Nonno Alpino

zioni all’estero. In sostanza, Cal ha affer-mato che sulla base dei dati raccolti senon si fa qualcosa per rilanciare le Sezioniall’estero, queste con il tempo rischiano discomparire. E questo qualcosa si può fare- ha suggerito - incoraggiando i discen-denti di alpini a mantenere i valori e le tra-dizioni degli alpini tramandati dai nonni.Ed ha inventato un felice acrostico: DNA(conosciuto come molecola responsabiledella trasmissione dei caratteri ereditari,n.d.r.) dove DNA significa in questo caso“Di Nonno Alpino”. Una teoria piuttostointeressante, per la quale contano moltogli alberi genealogici, che ha vivacizzato ladiscussione soprattutto dopo che Cal haportato un esempio: a Toronto aveva invi-tato ad una cena quattro nuclei famigliaricon padri o nonni alpini; hanno aderito 17famiglie per complessive 90 persone! Minelli ha commentato che per il DNA bi-sognerebbe incrementare le ricerche,chiarendo ciò che può fare la sede nazio-nale e quanto la Sezione in loco. A questoproposito è stato ricordato che la sedenazionale ha elargito fondi per borse distudio ai ragazzi nati in Canada, discen-denti di alpini. Dove sono questi ragazzi?Cosa fanno, sono presenti? Le borse distudio sono una maniera tangibile per av-vicinarli, non vanno abbandonati! Per Vittorino Morasset, presidente dellasezione di Windsor, i giovani si attirano“dimostrando che siamo persone chehanno imparato ad aiutarsi nella vita mili-tare e continuano a farlo anche adesso”. Eha aggiunto che i giovani dovrebbero con-tribuire alla confezione del giornale sezio-nale, il quale - per essere compreso - non

Nelle foto, alcune istantanee del Congresso.

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dovrebbe essere scritto solo inlingua italiana.Ancora sui giovani, Ferdinan-do Bisinella (presidente dellasezione Montreal) ha suggeri-to di metterli alla prova, farlipartecipare alla vita associati-va con incarichi e responsabi-lità. Suggerimento condivisoda altri delegati, anche conesperienze felici: D’Intino, ca-pogruppo di North York (To-ronto) ha comunicato di averiscritto quest’anno nuovi socigiovani. Ma c’è anche chi hasostenuto che, almeno per lesezioni all’estero, è necessariaqualche innovazione, come Vittorino DalCengio (presidente di Vancouver) il qualeha ricordato che altre associazioni fannosfilare con i loro reduci anche i parentiche portano, con orgoglio, le stesse inse-gne. A tutti ha infine risposto il presiden-te Favero, premettendo che “non siamosolo un’Associazione d’arma, ma anchequalcosa di diverso. Siamo anche un’As-sociazione che assiste, fa servizi alla co-munità, ripristina sentieri montani, aiutanelle calamità”.Ed ha aggiunto che a metà degli anni No-vanta con Leonardo Caprioli fu eletto l’ul-timo presidente nazionale reduce di guer-ra, recentemente “andato avanti”, chel’ANA è stata l’unica associazione a prote-stare a Roma contro la sospensione dellaleva obbligatoria e che, da allora i proble-mi delle Sezioni all’estero hanno coinvol-to anche quelle in Italia.“In due anni e mezzo - ha ricordato - Pero-na ha visitato tutte le Sezioni italiane perascoltare e capire quale sia la tendenzadegli iscritti sul futuro associativo. E ricor-dando che oggi i soci alpini sono 290milae gli aggregati 60mila “la nave” viaggia an-cora. Ma non si può essere sprovveduti enon pensare a quello che succederà e chele Sezioni all’estero già vivono. Il CentroStudi sta ora sintetizzando gli elementiraccolti nel suo lungo sondaggio da Pero-na e a novembre ci sarà un dibattito con ipresidenti delle Sezioni per avere un’indi-cazione il più aderente possibile al desi-derio della maggioranza dei soci”. Ricono-scendo che le problematiche delle Sezio-ni all’estero sono molto più impellenti harichiamato lo Statuto che prevede solocambiamenti decisi dall’Assemblea Nazio-nale. “Le fughe in avanti possono esserecapite, ma c’è un riferimento che è la Se-de di Milano e lo statuto stesso. È neces-sario stare attenti anche alle comunica-

zioni informatiche perché va controllatociò che entra e ciò che esce dalla rete. Glialpini sono gli uomini del fare e delle co-se concrete. Tutto il resto si può valutarema con la giusta prudenza”. Favero ha osservato che oggi l’ANA è unpunto di riferimento in un’Italia disastratadal punto di vista economico e morale:“Gli alpini sentono forte la richiesta dellapopolazione di avere una presenza sem-pre maggiore anche in situazioni che nonsono proprie dell’Associazione”.Ha assicurato di aver preso nota di tuttociò che è stato detto e che alcune delleidee sono condivisibili. Ha quindi ricorda-to che all’inizio degli anni 2000 c’è statauna proposta di cambiamento dello Sta-

tuto a favore delle sezioni al-l’estero ma la stessa non è sta-ta approvata dall’Assembleadei Delegati ed ha promessoche la relazione della discus-sione sarà utilizzata per verifi-care se sarà possibile prevede-re il concetto di DNA a livellostatutario o regolamentare.Questo discorso potrebbe poiessere esteso anche alla realtànazionale se la leva obbligato-ria non sarà ripristinata. “Ma sele nuove regole ci saranno, do-vranno essere comuni, noncerto decise dal presidentenazionale o dal singolo presi-

dente di Sezione ma dall’Assemblea Na-zionale dei Delegati unica titolata ad ap-provare modifiche statutarie. Il concettodi DNA può essere affinato e portatoavanti ma senza forzarlo troppo”.Infine Favero ha avuto parole di ottimi-smo e di sprone: “Sono venuto qui per da-re impulso alle sezioni all’estero: pensia-mo al futuro che va in avanti! Gli alpini so-no uomini del fare e non retrocedono”. Poi il momento dei saluti, degli abbracci etanto magone, come sempre avviene al-l’arrivederci con questi splendidi alpinitanto lontani, tanto vicini…L’appuntamento è a Vancouver, l’annoprossimo.

Enzo Scarponi

Il presidente Favero ha compiuto, conMinelli e Vatri, una visita al Parlamen-to dell’Ontario, a Toronto, accolti dal-la deputata Laura Albanese, grandeestimatrice degli alpini. Come testimonia il testo di una perga-mena che la parlamentare ha conse-

gnato al nostro presidente ed il cui testo riproduciamo di seguito:

Viva gli Alpini d'Italia!È con vivo piacere che saluto tutti i partecipanti aI Congresso che quest'anno sisvolge ad Hamilton, in Ontario, dal 31 agosto a 1° settembre 2013. GIi alpini sono nelmio cuore come nel cuore di tutti gli italiani che devono a loro un’enorme ricono-scenza per il sacrificio fatto in decenni di servizio alla Patria. Questa importantemanifestazione ci permette di riflettere e ricordare i valori universali dell’Alpino: lospirito di servizio, di sacrificio, il senso del dovere e di solidarietà, dimostrati dasempre sia in tempi di guerra che di pace. Esprimo, infine, la mia personale stima ericonoscenza per il contributo ed il ruolo che l’Associazione Nazionale Alpini con-tinua a svolgere nelle comunità italiane all’estero.

Laura AlbaneseDeputato al Parlamento Provincia dell’Ontario

per il Distretto di York South-Weston

Al Parlamento dell’Ontario

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Cosa può dirci il Pasubio chenon ci abbia ancora detto? Selo sono chiesti in almeno 500,

la prima domenica di settembre, sa-lendo su quelle stesse strade per-corse quasi cento anni fa da queisoldati che sulla montagna andava-no a combattere. La risposta, comesempre, ognuno l’ha trovata dentrodi sé. Su queste personali premesse si èsvolto l’annuale pellegrinaggio sulPasubio, iniziato il sabato conl’omaggio ai Caduti all’Ossario diColle Bellavista e proseguito con la de-posizione di una corona d’alloro al DenteItaliano e al Dente Austriaco. Domenica,invece, alpini e non, hanno raggiunto laSelletta Comando dalla strada degli Eroi(i più numerosi), dalla strada degli Sca-rubbi e dalla strada delle 52 gallerie. Giunto alla 51ª edizione, il pellegrinaggioorganizzato dalla sezione di Vicenza haormai superato di gran lunga la tradizio-ne per diventare un “atto di fede”, la-sciando in pianura tutto ciò che non ser-ve, per tornare all’essenzialità. Un atto difede che nel silenzio dei riti rivela tutta

la sua forza; come il saluto sulla tombadel generale Vittorio Emanuele Rossi,per esempio, sepolto dove morirono isuoi alpini, secondo quanto egli stessoaveva chiesto.L’ha capito Beniamino Pizziol, vescovo diVicenza, che ha celebrato la Messa allachiesetta votiva di Santa Maria voluta dadon Francesco Galloni sull’area sommi-tale del Pasubio. “Ringrazio gli alpini perl’invito a essere qui, sul Pasubio - esordi-sce il vescovo - è un luogo carico di pro-fonda memoria, di sofferenza, di sanguee sudore, ma anche di forte aspirazione

Sul Pasubio, come atto di fedealla libertà”. Salito dalla strada degliEroi percorrendo a piedi l’ultimotratto, dal rifugio Papa alla SellettaComando, mons. Pizziol celebra glialpini andando subito al nocciolo:“Le penne nere richiamano e testi-moniano la virtù dell’umiltà. Sono le-gate alla terra da uno spirito che na-sce dall’essere al servizio degli altri.Per questo motivo v’invito a mante-nere salda quest’unione. Vogliamoche questo legame continui nellastoria. Grazie per la vostra testimo-nianza”.

Erano presenti sul Pasubio anche unarappresentanza di militari in servizio gui-data dal generale di Divisione Gianfran-co Rossi e dal capitano Ettore Salfati del2° reggimento d’artiglieria “Vicenza” distanza a Trento. “Essere qui significa ce-lebrare un’affinità morale tra i soldati diieri che lottarono su questi confini, e isoldati di oggi chiamati a difendere l’Ita-lia all’estero, commenta il generale Rossia margine della manifestazione. È una ce-rimonia importante, che affonda le radi-ci nella storia non solo degli alpini madell’intero Paese, tanto più che arriva in

IL PELLEGRINAGGIO SU QUESTO MONTE CARICO DI MEMORIE E SOFFERENZE

di Federico Murzio

Il vescovo di Vicenza, mons. Pizziol, durante la Messa.

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prossimità del centesimo anniversariodella Grande Guerra”.A dimostrazione di quanto il Pasubio an-nulli oggi tutte le distanze, non ha volu-to mancare alla Selletta Comando unapiccola pattuglia di amministratori vi-centini e trentini saliti da Schio e Posina,da Torrebelvicino e Valli del Pasubio, daLaghi, Monte di Malo, Marano Vicentinoe Creazzo, da Vallarsa e Trambileno. Percomprendere il significato del gesto ba-sti pensare che solo pochi anni fa, trenti-ni e vicentini, guardavano il Pasubio congli occhi del 1918.“Il nostro primo pensiero va alle pennenere che pur volendo, oggi non sonopresenti. Sono la maggioranza, e sonopersone che testimoniano ogni giorno

con gesti di solidarietà il senso del dove-re e la continuità ideale con lo spirito deisoldati che qui combatterono”, dice Lu-ciano Cherobin, presidente dell’ANA Vi-cenza. Ben rappresentata comunque lafamiglia alpina: si son contati 11 vessilli e115 gagliardetti. Presenti inoltre l’ex presi-dente nazionale Beppe Parazzini e dueconsiglieri nazionali: Luigi Cailotto e An-gelo Pandolfo, segretario del CDN.

La cappella costruita dalla sezione di Vicenza al piedi del “dente austriaco”.

Il segretario del CDN Angelo Pandolfo durante il suo saluto. A sinistra ilvessillo della sezione di Vicenza con il presidente Luciano Cherobin.

Alla fine ringraziamenti e applausi sonoandati alle penne nere del gruppo di Ma-lo, per l’organizzazione logistica, e al sin-daco alpino di Vallarsa Geremia Gios. Ilquale, cosa rara per un amministratorepubblico, ha deciso di assumersi tutte leresponsabilità di aprire ai veicoli la stra-da degli Eroi, dopo la chiusura all’ultimomomento degli Scarubbi. ●

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Uno degli appuntamenti annualidegli alpini friulani è la comme-morazione dei Caduti al monu-

mento-faro del monte Bernadia, sopraTarcento. La sua luce, simile a quellad’una torre marina che guida all’approdoi naviganti, è visibile in tutta la pianurasottostante e richiama al sacrificio, ai va-lori e alla storia degli alpini e rischiara ilcammino dei nostri Padri.L’idea di costruire il faro è nata dopo la

costituzione - nella primavera del 1953 -della sottosezione di Tarcento compren-dente pure i gruppi di Coia, Magnano,Pradielis, Sedilis, Segnacco e Val Cornap-po; nel 1957, Pradielis passerà con il rico-stituito Gruppo di Lusevera - Alta ValTorre. Fu quindi creato un “Comitato fa-ro”, al quale aderirono Gruppi della zona.Presidente della nuova sottosezionevenne nominato l’avvocato Enrico Matti-ghello, originario della Val Torre, mag-

SUL MONTE BERNADIA COMMEMORATI I CADUTI

Quella luce ci guida

di Paolo Montina

giore degli alpini già presidente della se-zione di Gorizia, dal 1937 al 1943.Tra i primi progetti della nuova sottose-zione, la priorità fu data alla costruzionedel monumento-faro, che sarebbe sortosul Monte Bernadia, sopra Tarcento: do-veva rappresentare due penne mozzeprotese verso il cielo per ricordare tutti iCaduti nelle varie guerre, ma in partico-lare quelli della 3ª Divisione alpina Julia.Il progetto fu affidato all’architetto

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Da destra: la MOVM Paola Del Din, il col. Andrea Piovera, il presidente del Consiglio regionale delFriuli-Venezia Giulia Franco Jacob, l'assessore della Provincia di Udine Marco Quai, il vicesindaco diTarcento Sergio Ganzitti e il presidente della Sezione ANA di Udine Dante Soravito de Franceschi.

Gianni Avon di Udine e il 26 settembre1954, in occasione della “Terza festa re-gionale della montagna”, fu posta la pri-ma pietra e quattro anni dopo fu inaugu-rato. Nel settembre dello stesso anno fu-rono inumati, nella chiesetta sottostanteil faro, i resti di cinque alpini e un fante,Caduti nelle due guerre mondiali.Dal 1993, la cerimonia al monumento ècompresa tra quelle ufficiali dell’ANA,con la periodica presenza del Labaro.Quest’anno, nel 55° dell’inaugurazione, lemanifestazioni sono iniziate il 30 agostocon la proiezione di alcuni filmati origina-li sulla storia del monumento-faro. Do-menica 1° settembre, alla cerimonia sulpiazzale del Faro, con la Medaglia d’OroPaola Del Din (che al petto porta anche lamedaglia d’Oro del fratello Renato, parti-giano) erano presenti, in rappresentanzadel presidente Favero e del CDN, i consi-glieri nazionali Gianni Cedermaz e Rena-to Cisilin, e poi il presidente della sezionedi Udine Dante Soravito de Franceschicon i suoi due vice e i consiglieri seziona-li, il presidente della sezione Gorizia Pao-lo Verdoliva, il vice presidente di Gemo-na gen. Giantin, e i nipoti del colonnelloMattighetto, Maurizio e Mirella Bosio, as-sieme ai famigliari degli alpini Caduti nel-le recenti missioni di pace: del caporal-maggiore Matteo Miotto, del caporal-maggiore scelto Luca Sanna e del capita-no Massimo Ranzani. Fra i militari in servi-zio, il col. Andrea Piovera della Julia, il ten.col. Marco Salvador comandante del btg.Tolmezzo, il ten. col. Paolo Ceccorulli e ilten. col. Giuliano Lodrini del 3° Art.Mont.; fra le autorità civili, l’assessore

provinciale Marco Quai, il presidente delConsiglio regionale Franco Iacop con ilconsigliere Vincenzo Martines; rappre-sentanze dei comuni di Lusevera, Magna-no in Riviera, Reana, Tarcento, TreppoGrande. Sulla scala d’accesso al monu-mento, ha preso posto il coro Monte Ber-nadia, attorniato da un centinaio tra ves-silli e gagliardetti delle varie Armi e asso-ciazioni combattentistiche. Tra i più lon-tani, Brisbane (Australia) e Modena.La cerimonia è iniziata con l’ingresso delgonfalone di Tarcento decorato di me-daglia d’Oro al Merito Civile, accompa-gnato dalla fanfara della Julia, quindi l’al-zabandiera mentre un picchetto dell’8°Alpini rendeva gli onori. Fra gli oratori, ilvice sindaco di Tarcento Sergio Ganzitti,che ha parlato delle vicissitudini del po-polo friulano e della sua fervente tena-cia, anche nell’onorare i propri Caduti“senza delegare ad altri ciò che è nostrodovere fare”. Spunti di riflessione sullastoria degli alpini e dall’ANA sono statiofferti dall’assessore Quai e dal presi-dente Jacop. Infine il presidente seziona-le Soravito de Franceschi ha portato ilsaluto degli alpini della sua Sezione eparlato, fra l’altro, della serata di proie-zioni curata dalla cineteca del Friuli diGemona e dal Comitato Faro, traendoconsiderazioni amare nel raffronto fra ladisorientata società di oggi e “come era-vamo”. Dopo il ricordo del col. Pioveradegli alpini Caduti nelle missione di paceè stata deposta una corona al sacello delFaro e letta la Preghiera dell’Alpino. L’am-mainabandiera ha concluso questa 55ªcelebrazione. ●

IN BREVEDUE REDUCIGiovanni Bergamini e Fioren-zo De Dionigi, entrambi clas-se 1923 e combattenti dellaseconda guerra mondiale ri-tratti in occasione della cele-brazione del 25 aprile davan-ti al monumento ai Caduti di Pasturo, gruppo dellasezione di Lecco di cui sono soci.

GLI HA SALVATO LA VITANella foto, da sinistra Alberto Tira del gruppo diCollebeato, la sua compagna Francesca e Gino Be-nedetti, del gruppo di Roncadelle, sezione di Bre-scia. Alberto, che da molti anni svolge servizio divolontariato sulle ambulanze, salvò la vita a Gino,colto da malore durante l’Adunata di Piacenza, gra-zie a un lungo massaggio cardiaco. Ricoverato inospedale ora sta bene. Gino e Alberto si sono in-contrati e abbracciati.

INCONTRO ITALO-AUSTRIACO DELLA PACESi è svolto al Sacrario austro-ungarico di Follina, apochi chilometri da Vittorio Veneto, il 22° “Incon-tro italo-austriaco della Pace”, ideato da Mario Ei-chta e organizzato dal presidente del Comitato Sa-crario Marcello Tomasi, dalla Sezione ANA di Vit-torio Veneto e dalla Croce Nera della Stiria. Nelcorso dell’incontro, che ha visto la partecipazionedi numerosi rappresentanti di Sezioni e GruppiANA e di autorità civili e militari di molte localitàitaliane, austriache e tedesche, sono stati letti imessaggi di adesione del presidente della Repub-blica Giorgio Napolitano e di Papa Francesco. Ilprossimo appuntamento è per il 2014 al SacrarioMilitare di Cima Grappa.

MONSIGNOR ANDRICH E GLI ALPINIStorica visita alla sede alpini di Tambre di monsi-gnor Giuseppe Andrich, vescovo della diocesi diBelluno-Feltre. Monsignor Andrich si è intrattenutocon gli alpini che gli hanno donato un quadro cheraffigura la “Madonnina delle Penne Nere”.

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Il ruolo che il Dipartimento nazionale di Protezione Civiledeve svolgere è anche quello della formazione. In questoambito è stata predisposta anche quest’anno l’attività teori-

co-pratica per i cittadini in materia di cultura di Protezione Ci-vile, rivolta agli alunni delle scuole, d’età fra i 10 e i 17 anni.La nostra Associazione, riconoscendo la validità dell’iniziativa,ha risposto con slancio ed entusiasmo programmando diecicampi scuola, due in più rispetto a quelli dello scorso anno.Nonostante si siano svolte in numerose regioni italiane, sono il3° e 4° Raggruppamento ANA (Triveneto e Sud Italia), con quat-tro campi scuola ciascuno, a contendersi il maggior impegnonella realizzazione del progetto.Il programma è presentato dal Dipartimento nazionale di Pro-tezione Civile, ma alcune varianti e implementazioni sono la-sciate all’iniziativa dei diversi soggetti che sovraintendono allaproposta formativa. E nei campi curati dall’Associazione nonmancano situazioni che ricordano la naja: il pernottamento intenda, la sveglia con il noto ritornello, la sistemazione del pro-prio letto, l’alzabandiera con il canto dell’Inno nazionale e lamano sul cuore dei partecipanti (nella foto), l’istruzione e l’atti-

vità ginnica, la predisposizione dei tavoli per il rancio e la loropulizia, l’ammainabandiera e il “Silenzio”.Amicizia, fratellanza, unione, solidarietà e vita in comunità so-no i valori che sono perseguiti durante la giornata con natura-lezza e spontaneità. Le attività pratiche sono quelle che raccolgono il maggior con-senso da parte dei partecipanti ed è bello vedere ben applica-to il principio dell’imparare divertendosi. Le ore dedicate allaformazione sono tante ma l’applicazione sul campo di argo-menti come l’antincendio boschivo, le telecomunicazioni, leunità cinofile da soccorso, la scienza forestale, il pronto soc-corso, e così via, rendono sereno e veloce lo scorrere dellegiornate.In ogni realtà abbiamo avuto, seppur con una differente parteci-pazione, il supporto e l’appoggio delle amministrazioni locali,sia dal punto di vista del consenso all’iniziativa sia con una pre-senza durante le attività formative. Voglio però ringraziare inmodo particolare i genitori che “ci affidano” senza indugio i figlipoiché ritengono che il mondo degli alpini sia sano e i valori cheraffiguriamo siano degni di condivisione e di appoggio. ●

di Giuseppe Bonaldi

PROTEZIONE CIVILE E CAMPI SCUOLA PER RAGAZZI

Anch’io ci sono!

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BRINZIO (VARESE)È stata davvero speciale la settimana che una ventina di ragazzi varesini hanno trascorso a Brinzio, all’in-terno del Parco dei Fiori. Mario Alioli, coordinatore della P.C. della Sezione ha avuto l’appoggio del diret-tivo e del sindaco di Brinzio Sergio Vanini e del vice sindaco Sabrina Van Hoften che hanno accolto conentusiasmo l’iniziativa degli alpini. I volontari della P.C. hanno fatto il resto, preparando un programma ecurando la logistica. I ragazzi, dapprima un po’ impacciati, si sono adeguati ben presto alla vita del campo.Hanno “scoperto” i piani di intervento della P.C., imparato l’uso delle radio, effettuato prove di orienta-mento e di ricerca persone con unità cinofile. Hanno visto da vicino un elicottero attrezzato messo a di-sposizione dalla Regione ed usato le attrezzature delle squadre antincendio. Il giorno dell’inaugurazionehanno avuto la visita del presidente nazionale Sebastiano Favero e nei giorni successivi del padre dellaProtezione Civile nazionale on. Giuseppe Zamberletti. Alla fine, saluti, abbracci e qualche lacrima.

LUSEVERA (UDINE)Quello di Lusevera è stato uno dei campi-scuola più numerosi: 36 ragazzi, che dal 29 giugno al 6 luglio han-no vissuto un’esperienza fantastica nella frazione di Musi. L’addestramento è stato quello sperimentatol’anno scorso. Stessi gli scopi: interessare i giovani alla Protezione e difesa civile con relazioni svolte datecnici dei vari settori e con esercitazioni pratiche per affrontare situazioni di pericolo o di emergenza,avere conoscenze di pronto soccorso, conoscere l’ambiente naturale e in particolare la montagna. In più,i valori alpini, dello stare insieme, fare squadra e iniziare la giornata con l’alzabandiera. Come relatori han-no avuto rocciatori e cinofili del sezione, del corpo nazionale di soccorso alpino, del servizio Meteomontdella Julia, i carabinieri. Hanno avuto la visita, fra gli altri, del vice presidente nazionale Nino Geronazzo,dell’assessore regionale alla P.C. Panontin e, a sorpresa, i piloti delle “Frecce Tricolori”. Alla fine, a tutti l’at-testato di “Ambasciatore dell’Alta Val Torre”, rilasciato dal Comune di Lusevera.

ASOLO (TREVISO)Ad Asolo, presso la bella baita degli alpini del locale Gruppo, guidato da Domenico Panazzolo, 31 ragazzihanno sperimentato dal 29 giugno al 6 luglio cosa significa “essere Protezione Civile”, ma soprattutto han-no conosciuto sul campo gli alpini. Lo hanno fatto seguendo corsi di antincendio boschivo, di interventid’urgenza nelle diverse calamità, seguendo lezioni sul sistema di PC nazionale e comunale, ascoltandospecialisti dei Vigili del fuoco, della Forestale, delle squadre cinofile di ricerca e soccorso; hanno impara-to a fare squadra e a riscoprire l’ambiente montano. Ma soprattutto si sono cimentati in attività pratiche,simulando situazioni di emergenza e di pronto soccorso. Hanno imparato il valore dell’alza e ammainaban-diera, dell’aiuto reciproco. Hanno infine ricevuto la visita del presidente nazionale Sebastiano Favero e delpresidente sezionale Panno, del sindaco Loredana Baldisser, dei responsabili della PC della Regione e delRaggruppamento ANA. E alla fine hanno scoperto che è bello “essere protezione civile”, con gli alpini.

ZOVENCEDO (VICENZA)Al campo di Zovencedo 26 tra ragazzi e ragazze si sono confrontati con i temi proposti dal prezioso pro-gramma formativo che si è incentrato sulla conoscenza della Protezione Civile, dei suoi compiti e sugliambiti d’intervento. In particolare è stato spiegato ai ragazzi come si lavora in squadra per poter megliodifendere e proteggere in modo globale e collaborativo la comunità. Il campo allestito in località SanGottardo è iniziato il 29 giugno con l’accoglienza dei giovani nelle strutture comunali, il montaggio delcampo base e la loro sistemazione, e si è concluso il 6 luglio, con il pranzo di commiato al quale hannopartecipato anche i genitori. La bella sinergia nell’organizzazione che si è sviluppata sul territorio tra am-ministrazione comunale, gruppo alpini e pro loco Alti Berici, ha permesso di svolgere le attività senza dif-ficoltà. L’esperienza di quest’anno dimostra ancora una volta la bontà dell’iniziativa e accende la speranzadi una rinnovata coscienza civile in coloro che saranno i cittadini del domani.

PAGANICA (ABRUZZI)La visita al laboratorio nucleare del CNR del Gran Sasso è stata la ciliegina sulla torta del campo organiz-zato a Paganica dove, dal 7 al 14 luglio, 25 tra ragazzi e ragazze di età compresa tra gli 11 e i 16 anni hannovisto all’opera la Protezione Civile nelle sue numerose specializzazioni. Il 12 luglio all’interno del laborato-rio, situato a metà galleria del Gran Sasso, sull’autostrada Teramo – L’Aquila, i ragazzi hanno assistito aduna prova d’emergenza, realizzata dal Laboratorio, dai Vigili del Fuoco, dalla Croce Rossa e dalla P.C. loca-le. Il gruppo di Paganica ha realizzato un piccolo campo con tutte le attrezzature per il funzionamento: 5tende ,una cucina, un refettorio, una palestra per il tempo libero, bagni e docce. I ragazzi hanno parteci-pato con entusiasmo alle prove di avvistamento e spegnimento incendi, alle passeggiate nei boschi con laGuardia Forestale e alla visita al giardino botanico alpino di Campo Imperatore (a quota 2.150) dove sorgela chiesetta della Madonna della Neve, ristrutturata dalle penne nere della sezione Abruzzi.

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NOVI LIGURE (ALESSANDRIA)Non si sono certo annoiati i 19 ragazzi (fra cui 4 ragazze) del campo-scuola allestito dagli alpini a Novi Li-gure da 14 al 20 luglio. La prima giornata hanno imparato a conoscere il sistema di Protezione Civile. Poiun susseguirsi di attività: orientamento, comunicazioni radio, svuotamento di locali invasi dall’acqua, cor-so con sommozzatori nella piscina di Novi, visita alla caserma dei pompieri e alla sede della Croce Verdeper apprendere indispensabili nozioni di pronto soccorso. E poi escursione ai Piani di San Lorenzo, con laForestale e unità cinofile per il recupero di un “ferito”. Guide del soccorso alpino hanno fatto provare l’eb-brezza del passaggio con corde di barriere naturali. L’ultimo giorno è arrivato troppo presto: sveglia dibuon mattino e smontamento del campo. All’alzabandiera arriva il responsabile nazionale della Protezio-ne Civile ANA Bonaldi con il segretario nazionale della P.C. Longo ed il presidente della Sezione Pavese. Ar-rivano anche i genitori dei ragazzi, in un clima di festa e di saluti, non senza un gran magone.

BASCIANO (ABRUZZI)…e alla fine hanno ricevuto un diploma di “Volontario della Protezione Civile”, che significa essere consi-derato un volontario “in pectore”. Si è conclusa così la settimana dal 22 al 26 luglio per 21 ragazzi e 6 ra-gazze di Basciano, in provincia di Teramo (sezione Abruzzi). Il primo giorno hanno imparato a conoscerel’ANA e la sua struttura di Protezione Civile con le relazioni tenute dal coordinatore del 4° Raggruppamen-to Nicola Cianci e della sezione Antonio Ciallella. Il giorno dopo la visita alla tendopoli di una delegazio-ne dell’organizzazione Save the Children, seguita da una lezione di un ispettore dei vigili del fuoco e delgen. Beolchini, coordinatore ANA della P.C. del 4° Raggruppamento. Poi lezioni su interventi di antincen-dio, emergenze varie e una visita guidata sul Gran Sasso, dove si è svolta una esercitazione di ricerca di unapersona dispersa, con l’impiego di unità cinofile. Assiduo il sindaco, che ogni giorno era al campo per sta-re un po’ con i ragazzi e, l’ultimo giorno, visita del presidente della sezione Natale.

SERRAMONACESCA (ABRUZZI)Al campo scuola effettuato dal 1° all’8 agosto a Serramonacesca (Pescara) hanno aderito 40 tra ragazzi eragazze dai 10 ai 14 anni che, durante gli incontri, hanno potuto scoprire come opera la Protezione Civile.Tra gli argomenti che hanno più appassionato i giovani c’è stato quello della lotta agli incendi boschivi,con l’emozionante prova di spegnimento di un incendio organizzata dai volontari di Lettomanoppello.Il coordinatore sezionale Gianfranco Sabatino ha parlato del funzionamento delle trasmissioni radio men-tre l’unità cinofila di Atessa ha mostrato come opera per soccorrere i dispersi, lezione arricchita dalla spie-gazione delle tecniche di primo soccorso, tenuta dai volontari dell’AVIS di Pescara. Infine, tutti con il na-so all’insù, per seguire i rocciatori della sezione Abruzzi che hanno mostrato le tecniche alpinistiche.Immancabili con gli alpini le belle passeggiate alla scoperta dei boschi della Maiella e all’eremo di SantoSpirito, luogo divenuto famoso perché vi soggiornò Celestino V dopo la rinuncia al pontificato.

MONTAZZOLI (ABRUZZI)Il gruppo “R. Spaventa” di Atessa ha organizzato dal 4 all’11 agosto il campo scuola a Montazzoli (Chieti), inun’amena località a 1.200 metri di quota dal nome di Lago Negro. Quarantanove ragazzi hanno partecipatocon entusiasmo al programma che comprendeva anche nozioni di cartografia e orienteering con prova pra-tica, educazione stradale e una lezione sul programma del Dipartimento di Protezione Civile “Terremoto ionon rischio”, oltre alle nozioni di pronto soccorso, con una prova pratica con il manichino. I pomeriggi sonostati impegnati nell’attività fisica, dalle escursioni nei boschi al ponte tibetano, alle arrampicate su parete el’attività in palestra; il tutto sempre sotto la guida e il controllo di esperti dei vari settori. Ogni giorno era-no circa venti i volontari presenti al campo con vari compiti specifici: la cucina, la segreteria, i tutor e i vo-lontari impegnati nella sorveglianza. La settimana si è conclusa con una serata festosa intorno ad un falòcon l’arrivederci al campo scuola del 2014 che entusiasti ragazzi e genitori si sono augurati possa ripetersi.

STREGNA (CIVIDALE)La sezione di Cividale ha organizzato nella prima settimana di settembre un campo scuola a Tribil Supe-riore, nel comune di Stregna, aperto ai ragazzi delle scuole medie delle Valli del Natisone. In un contestounico per la natura e la storia dei luoghi, i ragazzi hanno appreso le regole fondamentali di comportamen-to in caso di emergenze. Si sono alternati i tecnici del Dipartimento nazionale e regionale della P.C., delservizio Meteomont della brigata Julia, della Forestale del Soccorso alpino. E poi i volontari delle unità ci-nofile, della “Casa degli Orsi” di Stupizza e le squadre comunali delle Valli e dell’ANA di Udine e Cividale.Hanno appreso la storia degli alpini da Guido Aviani Fulvio; Dante Bardus e Gabriele Tropina hanno inve-ce parlato degli interventi, dall’Albania all’Emilia. I ragazzi hanno poi visitato Casoni Solarie dove è Cadu-to il primo soldato italiano della Grande Guerra, l’alpino Riccardo Di Giusto, il museo di Tribil curato daMatteo Balus e, guidati da Giacomo Stulin, le vecchie fontane recuperate dagli alpini di Stregna.

© Costantino dal Bianco 2013

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Trecento volontari di P.C. di 18 Sezioni del 1° Raggruppa-mento hanno partecipato per due fine settimana al-l’esercitazione “Novalia 2013”.

È stato un appuntamento che ha messo in evidenza il periododi particolare crisi delle amministrazioni locali e si è potutorealizzare solo grazie allo sforzo congiunto della Provincia, del-la Banca Popolare di Novara e la collaborazione dei sindaci deiComuni interessati.L’esercitazione non ha avuto la partecipazione di volontari del-le precedenti edizioni, né sono state dispiegate tutte le struttu-re: non è stato allestito il campo base con tutti i servizi ed i ma-teriali logistici che ne fanno parte, è stato sviluppato un siste-ma di pronto intervento che di solito si utilizza per le piccoleemergenze e le unità intervenute hanno agito quasi in comple-

ta autonomia logistica, seppur nel rispetto delle procedurepreviste. I lavori sono stati di carattere ambientale per la salvaguardiadel territorio, il ripristino di sentieri storici inghiottiti dalla ve-getazione, la pulizia degli alvei dei torrenti dopo mesi di conti-nue piogge e il recupero delle zone comuni con tagli di piantedi grandi dimensioni.L’esercitazione si è svolta con grande soddisfazione degli entilocali e pur essendo la prima volta che si è adottato un meto-do differenziato, la bravura dei volontari che hanno saputomettere a frutto l’uso dei dispositivi di sicurezza personali hafatto in modo che non ci siano stati incidenti, un risultato an-che questo molto importante.

Bruno Pavese

“Novalia 2013”IMPONENTE ESERCITAZIONE DI P.C. CON VOLONTARI DI 18 SEZIONI

“Novalia 2013”

Squadre antincendio in PugliaA conferma dell’elevata capacità operativa delle nostre squadre antincendio an-

che quest’anno il Dipartimento nazionale di P.C. ha chiesto all’ANA di metterea disposizione alcuni volontari a presidio del territorio della Regione Puglia,

per la campagna estiva 2013 contro gli incendi.Il coordinatore di specialità Francesco Morzenti ha predisposto l’intervento di volon-tari che dal 3 luglio al 12 settembre hanno presidiato il territorio, utilizzando come ba-se operativa la caserma “Jacotenente” del Corpo Forestale dello Stato di Vico del Gar-gano (Foggia).I volontari arrivati dalle sezioni Abruzzi, Belluno, Feltre, Verona e Vicenza hanno svol-to attività di prevenzione, di controllo e avvistamento, ma anche attività “sul fuoco”.Le metodologie d’intervento dell’ANA hanno destato interesse da parte degli opera-tori e dei direttori preposti alle attività di spegnimento. ●

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di Luca Marchiori

Più di diciottomila alpini del 1° Rag-gruppamento hanno invaso festo-samente Ivrea, per il loro sedicesi-

mo raduno. La cerimonia ufficiale ha pre-so il via sabato pomeriggio con l’arrivodel Labaro, scortato dal presidente Seba-stiano Favero, per la cerimonia dell’alza-bandiera. Presenti i Gonfaloni della cittàdi Ivrea, della Provincia di Torino e dellaRegione Piemonte.L’accoglienza della gente è stata fantasti-ca. Durante la sfilata, per la deposizionedelle corone al monumento ai Caduti edalla lapide della Divisione Alpina AlpiGraie, il cordone umano che faceva dacornice allo sfilamento, non ha mai ces-sato di applaudire e salutare calorosa-mente gli alpini.Raggiunta una piazza Ottinetti gremita dipubblico per la celebrazione della Messada parte di mons. Edoardo Cerrato ve-scovo di Ivrea, ha preso la parola il presi-dente Favero che, salutando i presenti anome del Consiglio Nazionale, ha volutoringraziare il Presidente della sezione diIvrea, Marco Barmasse, per l’impegnoprofuso dalla Sezione nella preparazionedell’evento. Favero ha poi continuatosottolineando con vigore, quale esempioformidabile possa essere la nostra Asso-ciazione, in un momento come quelloattuale, povero di quei valori morali chesono la base per ritrovare la forza neces-saria per uscire da questo momento dicrisi economica e, soprattutto, di crisi dicoscienza. I presenti hanno più volte in-terrotto il discorso del presidente conlunghi e calorosi applausi, in segno dipiena condivisione di quanto affermato.Al termine del suo intervento il presi-dente Favero ha acceso la fiaccola delprimo tedoforo alla partenza della “Fiac-colata della vita e della solidarietà AVIS”.La serata è proseguita con il concertodella fanfara militare del “27° BataillonChasseurs Alpins” e della fanfara dellasezione di Ivrea, che hanno concluso lakermesse, suonando insieme il “Cantodegli Italiani” e la “La Marseillaise”.Domenica mattina alle dieci in punto, lafanfara della brigata alpina Taurinense ha

Quattro ore di applausiRADUNO DEL 1° RAGGRUPPAMENTO A IVREA

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Momenti della sfilata: la carrozza con i reduci e il vessillo della Sezione con il presidente Barmasse.

Il Labaro dell’ANA scortato dal presidente Favero e dai consiglieri.

aperto la sfilata, seguita dai gonfaloni edal Labaro. Molte le autorità civili e mili-tari presenti all’evento. Il nucleo dellaProtezione Civile ANA del 1° Raggruppa-mento, gli “Chasseurs Alpins”del “27° Ba-taillon” e via via tutte le Sezioni parteci-panti, accompagnate al suono del Tren-tatré e della “Cansun dij Cuscrit”, si sonoimmerse in un bagno di folla accalcata aibordi dello sfilamento per salutare gli al-pini. A chiudere la sfilata la sezione diIvrea guidata dal presidente Barmasse elo striscione “Arrivederci a Omegna” cit-tà ospitante del 17° raduno di Raggruppa-mento nel 2014. I cittadini entusiasti perl’evento, hanno applaudito il passaggiodelle Sezioni, ininterrottamente perquattro ore.La città dello storico battaglione Aostadel 4° Reggimento, medaglia d’Oro al Va-lor Militare, ha saputo accogliere gli alpi-ni in modo esemplare, facendo sentiretutto il calore e la gratitudine per questiuomini che, ogni tanto, si ritrovano perfar festa, ma molto più spesso si metto-no al servizio della comunità senza chie-dere nulla in cambio, ripagati esclusiva-mente dall’affetto di chi li apprezza perla loro grande umanità. ●

Foto Circolo Fotografarte Ivrea

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di Salvatore Robustini

Isernia, 10,50 del 15 settembre: il Laba-ro dell’ANA fa il suo ingresso in piaz-za Giustino D’Uva e prende posto

nello schieramento.Ore 11, il corteo, disciplinato dal gen. Lu-nardon, prende abbrivio e le note dellefanfare si spandono nell’aria della citta-dina pentra, lo accompagnano nel suosnodarsi lungo corso Risorgimento ecorso Garibaldi, mentre una folla enor-me, entusiasta, in un concento di vociacclama ed inneggia agli alpini per dive-nire straripante intorno alla tribuna delleautorità, in Piazza della Repubblica, congrandi e piccini che, salutano e battonole mani al ritmo di quelle note che per-vadono i cuori.Un grande raduno, difficile da dimentica-re, che ha inizio venerdì sera nella frazio-ne di Castelromano, sede dell’omonimogruppo, per proseguire, sabato mattina,con una solenne cerimonia a Col Roton-do, a ricordo della conquista e successi-va difesa nella primavera del 1944 diMonte Marrone da parte degli irriducibi-li alpini del btg. “Piemonte” che segnò,con la fatidica costituzione del CorpoItaliano di Liberazione, la reale rinascitadell’Esercito italiano. Nel pomeriggio adIsernia, con un corteo da Piazza della Re-pubblica al Monumento ai Caduti, l’alza-bandiera e l’omaggio a quanti si sono sa-

Isernia alpina e tricoloreGRANDE FESTA DEL 4° RAGGRUPPAMENTO

crificati per la patria. Quindi alla Catte-drale la Messa concelebrata da mons.Salvatore Visco, vescovo della diocesi eda mons. Gabriele Teti, cappellano mili-tare, animata dal coro alpino “MonteMarrone” di Colli a Volturno, diretto dadon Paolo Mazzoleni. Il “continuum” di emozioni, però, non èesaurito ma offre ancora, in una affollatasala consiliare, il saluto del sindaco LuigiBrasiello al presidente Favero, al CDN, aipresidenti di Sezione e alle autorità, se-guito dalla commovente cerimonia diconsegna ai familiari dei piastrini di rico-noscimento rinvenuti in terra di Russia,nei luoghi teatro della tragica odisseadell’inverno 1942/43. Appartenevano alsottotenente alpino Gaetano Danza,classe 1921, di Sant’Agata di Puglia (Fog-gia) e al fante della Divisione Vicenza Ni-cola Iosue, classe 1919, di Monacilioni(Campobasso), entrambi dichiarati di-spersi.Concerti di fanfare e l’applauditissimaesibizione nell’Aula Magna del convittovescovile dei cori “Le voci della foresta”,di Paluzza, ed “Edelweiss”, di Bassano delGrappa, chiudono il nutrito programmadella giornata. La domenica, già dalle prime ore delmattino, si respira aria di grande evento:il Tricolore in ogni angolo, i gonfaloni

della Regione Molise, della Provincia edel Comune di Isernia seguiti da quelli dimolti altri comuni tra cui, a voler signifi-care imperitura gratitudine per l’ANA,quello di Ripabottoni (dove gli alpinihanno ristrutturato una casa per anzianiterremotata), e una selva di vessilli e ga-gliardetti. Si sono mossi in tanti, infatti, dalle sezio-ni del Raggruppamento, dalle consorelledel Piemonte, della Lombardia, del Trive-neto e, perfino, dalla Svizzera, dal Suda-frica e dall’Australia, per consegnarsi al-l’abbraccio degli isernini, conquistati dal-la grande testimonianza dei valori sotte-si al cappello con la penna. È il momento della sfilata, che culmina inun tripudio di alpinità al passaggio sottola tribuna dove avevano preso posto ilpresidente nazionale Sebastiano Favero,il consigliere militare del presidente delConsiglio gen. C.A. Giorgio Cornacchio-ne, il gen. D. Claudio Berto, dello S.M.E. enumerose autorità civili e militari. Sonotanti gli alpini che passano (le cronachediranno circa 2.500) e innumerevoli i cit-tadini di Isernia fanno loro da cornice, inun applauso prolungato, ripetutosi an-che nel pomeriggio, all’ammainabandie-ra, ad esprimere, al commiato, sinceragratitudine per gli entusiasmanti mo-menti vissuti. ●

Il vessillo della sezione Molise con il presidente Sebastiano Martelli (a destra).

Il Labaro con il presidente Favero e il vessillo sezionale alla cerimonia dell’alzabandiera.

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Quello del 25 agosto 2013 sarà un

raduno da ricordare. Forse tra i

più belli e significativi degli ulti-

mi vent’anni. Preceduto da una mostra

allestita nella sala consigliare del Muni-

cipio di Pieve proprio per dare significa-

to all’incontro tra tanti alpini legati alla

storia, alle tradizioni e nei rapporti di

amicizia, l’evento ha preso corpo dal pri-

mo mattino con la Messa e le parole toc-

canti di mons. Diego Soravia, arcidiacono

del Cadore. Poi sulla piazza Tiziano gre-

mita di gente e di cappelli con la penna,

è arrivato il gonfalone del Comune di

Pieve di Cadore con la sua Medaglia

d’Oro. L’inno nazionale e l’onore ai Cadu-

ti hanno dato quel tocco di serietà e

commozione che sono ingredienti indi-

spensabili per far capire, pur a distanza di

anni, come siano rimasti inalterati i senti-

menti che legano gli alpini al loro batta-

glione ed alla città che li aveva a suo

tempo ospitati. Quindi il trasferimento

alla caserma “Calvi” riaperta per l’occa-

sione, passando tra molta gente che ha

applaudito con entusiasmo e simpatia.

Tra le mura della vecchia caserma altri i

ricordi ed altri i sentimenti. Ricordi di

un’età spensierata quando l’amicizia era

davvero un legame forte, tanto forte da

essere tuttora il principale motivo per

cui ogni anno si raggiunge Pieve anche da

lontano, ricordi della camerata, dei cam-

pi estivi e invernali, delle fatiche e della

libera uscita.

Ricordi che certamente hanno emozio-

nato anche il presidente Sebastiano Fa-

vero, accolto con grande calore, ritorna-

to dopo tanti anni tra le stesse mura e

sullo stesso piazzale di tante adunate ed

alzabandiera. Lui, ufficiale della 167ª, non

ha nascosto queste emozioni nel suo di-

CENTINAIA DI ALPINI ALL’ANNUALE RADUNO DEL LORO BATTAGLIONE

A Pieve rivive il btg. "Cadore"

di Livio Olivotto

scorso dai toni crescenti culminato con

un appello ai giovani e al Paese. Parole

che si sono fatte strada e che hanno ap-

passionato i presenti inducendoli a un

caloroso lungo applauso.

Tutti pieni di significato anche gli altri in-

terventi: quello del sindaco Antonia

Ciotti, sensibile e vera amica degli alpini

ai quali ha sempre dimostrato simpatia e

collaborazione; quello del gen. Rinaldin

che ha ricordato, per sommi capi, i fasti

ed il passato del btg. Pieve di Cadore e

quello del col. Fregona del 7° Alpini.

Cordiale come sempre il discorso del

presidente dei “veci del btg. Cadore”,

gen. Bisignano, impegnato affinché l’ap-

puntamento di Pieve abbia a ripetersi an-

cora per molto tempo nonostante i pro-

blemi e le perdite anagrafiche.

Infine, molto apprezzato, l’apporto dato

alla festa dal gruppo ANA di Pieve ca-

peggiato da Ezzelino Polzotto. Non è fa-

cile servire 600-700 persone comoda-

mente sedute a tavola in tempi brevi. Ci

sono riusciti dando una dimostrazione

pratica di grande efficienza senza mini-

mamente intaccare la qualità del rancio

servito.

Alla fine, dopo foto e saluti, l’augurio di

ritrovarsi anche nel 2014 alla “Calvi”, sem-

pre in tanti e con il solito entusiasmo. ●Il momento dell’onore ai Caduti. In prima fila il presidente nazionale Favero, il sindaco Antonia Ciotti, il gen. Rinaldin e il col. Fregona.

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Una pioggia battente accoglie i pri-mi arrivi per il 42° raduno al Boscodelle Penne Mozze, nella valle di

San Daniele a Cison di Valmarino, sezio-ne di Vittorio Veneto.Gli alpini, com’è tradizione e senso deldovere, accorrono in molti al Bosco, no-nostante altre rilevanti cerimonie veda-no contemporaneamente tanti altri alpi-ni presenti in luoghi altrettanto carichi distoria. Sembra che il calore delle pennenere contrasti l’insistenza della pioggia ein breve tempo le nuvole si dissolvono,lasciando spazio ad un cielo azzurro co-me non mai.Quest’anno è la sezione Bolognese Ro-magnola che appone la propria targa, co-me una nuova foglia, sulla stele monu-mentale delle Sezioni ANA, germogliatanegli anni con altre 34 targhe che ricor-

dano idealmente i Caduti delle Sezioniche rappresentano. Nel suo intervento disaluto, permeato dalla commozione ditrovarsi in questo memoriale a cieloaperto, il presidente Vittorio Costa, fi-glio di alpino, ricorda chi è Caduto per lalibertà e quei valori che si devono con-servare e trasmettere alle giovani gene-razioni.Poi, scoperta la targa, si unisce al vicepresidente nazionale Nino Geronazzo, alpresidente della sezione Vittorio Vene-to, ai rappresentanti delle Sezioni trevi-giane, al col. Fregona del 7° rgt. Alpini, alsindaco di Cison di Valmarino CristinaPin presente assieme ad altri venti sinda-ci della Marca Trevigiana e al presidentedell’Associazione per il Bosco delle Pen-ne Mozze Claudio Trampetti per renderegli onori ai Caduti.

COMMEMORATE LE PENNE MOZZE AL SACRARIO DI CISON DI VALMARINO

Il Bosco che ci parla

di Roldano De Biasi

L’orazione commemorativa è stata affi-data a Vittorio Brunello, già direttore deL’Alpino, che ha ribadito cosa significhi ilraduno al Bosco: onorare il sacrificio dichi, obbedendo agli ordini ed al dovere,ha immolato la propria vita. Egli ha altre-sì evidenziato la necessità di opporsi allaviolenza, come stanno facendo le miglia-ia di soldati, molti dei quali alpini, in mis-sione di pace in Afghanistan ed in Liba-no, ed ha rimarcato con vigore il senso diservizio che anima gli alpini per una na-zione in cui ci sia ordine, sicurezza e ga-ranzia della libertà.Il saluto a nome del presidente naziona-le Sebastiano Favero e del C.D.N. è statoportato dal vice presidente nazionaleNino Geronazzo che, richiamandosi al-l’attualità dei giorni nostri, in cui si ad-densa un clima di fortissima conflittuali-

Il Bosco delle Penne Mozze: 2.403 stele ricordano altrettanti alpini Caduti sui vari fronti (foto Roberto Marchetti).

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Vittorio Brunello durante la commemorazione ufficiale. Alle sue spalle, fra gli altri, (da sinistra) il presidente dell’Associazione per il Bosco delle Penne Mozze Trampetti, il presidente della sezione di Vittorio Veneto Angelo Biz, il vice presidente nazionale Nino Geronazzo, il col. Fregona e il gen. C.A. Cauteruccio (foto Roldano De Biasi).

tà nel Medio Oriente, ha affermato cheviolenza porta violenza e che guerra ge-nera guerra. E che “non è con l’interven-tismo militare che si risolvono i proble-mi”. Al termine della Messa, celebrata dalcappellano sezionale mons. AgostinoBalliana, sono state poste a dimora altredue stele in ricordo dei Caduti alpiniGiuseppe Nardi, da Maser e AntonioLucchese, da Cappella Maggiore.

“… Penne mozze del mio cuore, ricordatesu a Cison con un albero e una stele, er-ba e rocce e pochi fior…”, canta con vi-brante tonalità il coro ANA di VittorioVeneto al termine della cerimonia.Gli alpini lasciano il luogo del rito e siaddentrano nel Bosco per incontrare edascoltare le voci dei loro cari “... o penaspacada t’à fato la storia. Penne Mozzeper l’onor!”. ●

IN BREVEIN AUSTRALIA, SULLA TOMBA DELL’AMICO

Giovanni Pezzoli del grup-po di Leffe, sezione di Ber-gamo, trovandosi in Austra-lia per motivi personali, èandato a deporre fiori e uncappello alpino sulla tom-ba di un suo commilitonedella Julia, Claudio Bidoli,già presidente della sezionedi Brisbane. Eccolo al cimi-tero di Matcravat, davantialla tomba dell’amico, tro-vato dopo 14 ore di ricerca.“Mai sarei tornato in Italia -

ha detto - senza deporre quei fiori”.

UN DONO AL REPARTO PEDIATRICOIl gruppo di Siena, sezione di Firenze, ha donato alreparto pediatrico dell’ospedale di Santa Maria al-le Scotte una macchina produttrice di ghiaccio.“Grazie di cuore agli alpini - ha detto il prof. Bale-stri, direttore del reparto - per il gesto che viene in-contro alle necessità dei nostri piccoli pazienti”.

UNA MEDAGLIA PER FIORENTINOA 17 anni dalla suamorte, FiorentinoPozzi, classe 1924di Petosino, frazio-ne di Sorisole (Ber-gamo) è stato insi-gnito della Meda-glia d’Onore dellaRepubblica italia-na riservata ai deportati e internati nei lager nazi-sti. A ritirare la medaglia dalle mani del sindacoStefano Gamba, i figli Ornella, Roberto ed Enrico(nella foto), entrambi alpini. Pozzi è stato uno deifondatori del Gruppo, che guidò per una decinad’anni.

UNA FAMIGLIA DI COLLEZIONISTILa famiglia Foresti, tre generazioni, della sezione diBergamo, mostra con orgoglio la collezione com-pleta delle medaglie delle nostre Adunate raccoltedi padre in figlio.

“ANA CANTA”Ènata “ANA CANTA” un’As-

sociazione di cori alpinisotto l’egida dell’ANA.

Sono già oltre 30 i cori ANA ditutta Italia che ne fanno parte.Presidente dell’Associazione èOrnello Capannolo, segretarioe tesoriere Maurizio Casettadella sezione di Vittorio Veneto, membri Claudio Prevedel di Oderzo (sezione diTreviso) Vittorio Sironi della sezione di Monza e Marco Cavagnaro della sezione diGenova: tutti sono maestri o presidenti di coro.L’associazione, che non ha scopo di lucro, vuole creare una rete di collaborazionetra i cori ANA per portare in giro per l’Italia, ed in futuro anche all’estero, la corali-tà alpina e per far conoscere le nostre tradizioni alpine.Ogni Sezione o Gruppo può aderire partecipando con il proprio coro a questa ini-ziativa. Per informazioni rivolgersi: Ornello Capannolo, via Acquasanta 25, 67100L’Aquila – cell. 368/3201645, fisso 0862/410012. ●

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NOSTRI ALPINI IN ARMI

Nuova via sulle Petites Jorasses…

Il 1° caporal maggiore Marco Farina e ilcaporale François Cazzanelli, istrut-tori del Gruppo Alta Montagna del

Centro Addestramento Alpino di Aosta,hanno aperto una nuova via, denominata“Fuga e ritorno”, sul versante sud dellePetites Jorasses (Monte Bianco), una zona

… e 6 vittorie agli internazionali in Cile

Per il secondo anno consecutivo, glialpini del Centro Sportivo Esercitohanno preso parte ai Campionati

militari internazionali di biathlon di Por-tillo, Cile, organizzati dalla Escuela Mili-tar de Montana dell’Esercito cileno. Allarassegna hanno partecipato formazionidegli eserciti di Cile, Argentina, Brasile,Stati Uniti e Italia. La delegazione italia-na, guidata dal sergente maggiore capo

Markus Windisch e Roberta Fiandino in gara.

selvaggia e di difficile accesso, immersain un ambiente straordinario di alta mon-tagna. “Fuga e ritorno” è una via comple-ta e varia, che presenta passaggi partico-larmente difficili in fessura, su pareteverticale ed in diedro, pari al grado7°+/6B obbligatorio.

La via, il cui attacco si trova ad una quo-ta di circa 3000 metri, è stata apertacompletamente dal basso in circa duegiorni e si sviluppa per 270 metri e 8 lun-ghezze di corda complessive.Nello stesso periodo, il caporal maggio-re scelto Marco Majori, con una guida al-pina valtellinese, ha compiuto l’ascensio-ne al Grand Pilier d’Angle, lungo la via“Divine Providence”, completando l’im-pegnativo itinerario con la salita alla vet-ta del Monte Bianco (4.810 metri). La “Divine Providence” è ritenuta una trale più difficili vie di alta montagna di tut-te le Alpi, perché alterna le caratteristi-che di una via di misto roccia e ghiaccioa quelle di una straordinaria via di rocciasu granito con difficoltà obbligatorieelevatissime. Le due ascensioni evidenziano ancorauna volta l’elevata preparazione e lostraordinario livello tecnico raggiuntodal personale del Gruppo di Alta Mon-tagna. ●

Marco Jerusel e composta dal tecnicocaporal maggiore capo Nicola Pozzi edagli atleti caporal maggiore scelto Ro-berta Fiandino e dal 1° caporal maggioreMarkus Windisch, ha ottenuto sei vitto-rie complessive. La Fiandino e Windischsi sono imposti in tutte tre le gare dispu-tate: la prova individuale, la prova sprinte la gara di massa. Dopo i numerosi suc-cessi dello scorso anno, anche nella XIX

edizione dei Campionati gli alpini si sonodistinti per le importanti prestazionimesse in campo. Oltre che dal lato ago-nistico, la trasferta sudamericana è statamolto utile per svolgere i primi allena-menti stagionali sulla neve: sia Windischche Fiandino cercheranno infatti, a parti-re dalle prime gare invernali, di conqui-stare il pass per i Giochi Olimpici Inver-nali di Sochi, nel 2014. ●

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NOSTRI ALPINI IN ARMI

“Avete la gratitudine degli italiani”Visita lampo, domenica 25

agosto, del presidente delConsiglio Letta al coman-

do del contingente militare italia-no su base brigata alpina Juliaschierato nella provincia di Herate giunto ormai al termine dellasua ultima missione in terra afga-na. Letta era accompagnato dalcapo di Stato Maggiore della Di-fesa, ammiraglio Luigi Binelli Man-telli. Il comandante della Julia,gen. Ignazio Gamba ha illustrato lasituazione operativa nell’area dicompetenza italiana. Letta ha an-che incontrato il governatore del-la provincia e il capo delle forzeafgane e altre autorità locali allequali ha confermato che anchedopo la fine del 2014 l’Italia conti-nuerà a garantire la presenza delleproprie truppe in Afghanistan,seppur con compiti e organici di-versi. Infine, parlando ai militariitaliani di stanza alla base di ‘Camp Are-na’, il presidente del Consiglio haespresso gratitudine “del Governo e

IL PRESIDENTE LETTA AI MILITARI DEL NOSTRO CONTINGENTE A HERAT

Il gen. Panizzi alla TaurinenseIl generale Massimo Panizzi è il nuovo

comandante della Taurinense. Il cam-bio di comando della brigata alpina

con il gen. D. Dario Ranieri è avvenuto al-la caserma Montegrappa di Torino giove-dì 5 settembre alla presenza del coman-dante delle Truppe Alpine gen. C.A. Al-berto Primicerj, del nostro Labaro scor-tato dal vice presidente nazionale vica-rio Adriano Crugnola e della massimeautorità civili. Al generale Ranieri vannoil nostro ringraziamento per la fraternavicinanza con la nostra Associazione e lapreziosa collaborazione con l’UfficioPubblica Informazione con L’Alpino, par-ticolarmente durante le missioni all’este-ro della brigata e agli auguri per il suonuovo incarico al Segretariato della Dife-sa. Il gen. Panizzi è giornalista pubblicista,autore di studi e pubblicazioni, è laurea-to in pedagogia e in Scienze Strategicheall’Università di Torino e in Relazioni in-ternazionali e diplomatiche all’Universi-tà di Trieste. Ha una lunga esperienza di

Il gen. C.A. Primicerj stringe la mano al nuovo comandante della Taurinense gen. B. Panizzi, con accanto il gen. D. Ranieri, al termine della cerimonia del cambio di comando (foto ComandoBrigata Alpina Taurinense).

degli italiani per gli enormi sacrifici quo-tidianamente affrontati nonché per l’altaprofessionalità dimostrata in ogni occa-

sione”. Ed ha concluso rivolgendo “unpensiero commosso di profondo ringra-ziamento ai Caduti e alle loro famiglie”. ●

Letta mentre saluta i militari italiani al comando regionale di Herat.

missioni multinazionali, dalla Bosnia, alKosovo, all’Iraq, alternate a frequentazio-ni a master in Italia e all’estero e ad inca-richi allo Stato Maggiore dell’Esercito edella Difesa. Fra i comandi in Italia, quel-lo del btg. Susa del 3° Alpini, l’8° Alpini di

Cividale e il reggimento multinazionaledel Battle Group. È insignito di diversedecorazioni, italiane ma anche di StatiUniti, Francia, Ungheria e Slovenia.Auguri per il suo comando alla mitica“Taurinense”. ●

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NOSTRI ALPINI IN ARMI

Il 15 novembre 2013 ricorrerà il 60° an-niversario della costituzione dei Plo-toni Paracadutisti della brigata Alpina

“Julia”, avvenuta presso la caserma “DelDin” di Tolmezzo. Negli anni successivifurono trasferiti nella caserma “Zavatta-ro” di Udine, dove si sono succeduti tut-ti i plotoni (in totale 10) fino al 14 aprile1964, data di scioglimento e trasferimen-to a Bolzano per costituire, assieme aiplotoni delle altre brigate, la Compagnia

Alpini Paracadutisti del 4° Corpo d’Arma-ta Alpino.Vista l’età di coloro che hanno prestatoservizio nei plotoni dal 1953 al 1964, è im-possibile ripetere il grande raduno fattoin occasione del 50° anniversario pressola caserma “Spaccamela” di Udine. Proprio per questo è importante ricorda-re il 60° anniversario della costituzionedel reparto e tutti gli ufficiali, i sottuffi-ciali e gli alpini che hanno dato lustro ai

plotoni, soldati dotati di grandi capacitàsci-alpinistiche e tecnico-addestrative,impeccabili nella forma e nella disciplina. Si consideri che l’attività addestrativadurante la ferma consisteva in un corsodi paracadutismo e successivi lanci di ad-destramento o operativi; un corso scia-tori presso la SMALP, un corso di alpini-smo con ascensioni estive e invernali,campo estivo con pernottamenti nei bi-vacchi in alta quota e talvolta persino al-l’addiaccio, campo invernale con raid sci-alpinistici di 3 o 5 giorni, addestramentoal combattimento in alta montagna inzone difficili, partecipazione a tutte leesercitazioni del comando brigata. Du-rante i brevi periodi in sede: attività gin-nico sportiva, addestramento al nuoto,conoscenza e uso degli esplosivi e deimezzi delle trasmissioni. Questi sono glialpini paracadutisti ammirati ed elogiatidai comandanti dei reparti presso cuioperavano e che facevano del plotone la“punta di diamante” della “Julia” alla qua-le erano orgogliosi di appartenere.

col. (ris) Luigi Moroni

Viterbo 1955: nel giorno del giuramento l’allora sergente Luigi Moroni, oggi colonnello della riserva, sfila con le reclute del II plotone alpini paracadutisti della Julia.

Libano: commemorati i caschi blu

Naqoura – Due momenti dedicatialla riconoscenza e al ricordo dei298 caschi blu che dal 1978 ad

oggi sono Caduti in missione, sono stativissuti dal contingente internazionale in

Libano, dove militari di 37 diversi Paesisono schierati al confine con Israele alcomando del generale di Divisione degliAlpini Paolo Serra. Nella prima cerimoniaè stata onorata la memoria dei compo-

nenti dell’equipaggio di volo compostodal capitano Giuseppe Parisi, dal capita-no Antonino Sgrò, dal maresciallo capoMassimo Gatti, dall’appuntato dei Cara-binieri Daniel Forner e dal sergente irlan-dese John Lynch, precipitati in circostan-ze mai del tutto chiarite. L’unità di volo,che assicura ininterrottamente la capaci-tà aerea di UNIFIL, è costituita da unosquadrone di elicotteri dell’Aviazionedell’Esercito italiano e da equipaggi divolo dell’Esercito, della Marina e dell’Ae-ronautica. Ci sono poi altri circa 1200 mi-litari italiani su base della brigata di ca-valleria Pozzuolo del Friuli e del reggi-mento Lagunari Serenissima. La seconda commemorazione è avvenu-ta nell’ambito della Giornata internazio-nale della pace, presenti i rappresentantidelle Forze Armate e di sicurezza libane-si unitamente ad autorità locali e diplo-matiche. Corone sono state deposte almonumento che ricorda tutti i caschi bluche hanno perso la vita in Libano dal1978 ad oggi. ●

La preghiera del cappellano del quartier generale dell’UNIFIL con il vescovo irlandese e il gen. D. Serra al cippo che ricorda le vittime dell’elicottero caduto.

Il 60° dei Paracadutisti della “Julia”

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439-2013

Nei giorni 4, 5 e 6 settembre la se-zione di Gorizia ha ospitato il 28°Congresso I.F.M.S. (International

Federation of Mountain Soldiers). Le delegazioni, accompagnate dal consi-gliere nazionale Renato Cisilin, responsa-bile della Commissione nazionale IFMS,sono state accolte nella “Sala bianca” delpalazzo comunale, dove ha dato loro ilbenvenuto il sindaco di Gorizia EttoreRomoli che, con Cisilin e il presidentedella sezione Paolo Verdoliva, ha dichia-rato aperti i lavori del Congresso e ha sa-lutato le delegazioni presenti: Italia,Francia, Germania, Svizzera, Austria,Montenegro, Slovenia, Polonia, Spagna eStati Uniti d’America. La delegazione ita-liana era al completo: con Cisilin, i consi-glieri nazionali Curasì, Spreafico e Ver-cellino, e i membri esterni Granelli e Pe-rosa.Molto importante è stata la “Giornatadella memoria e di fratellanza”, organizza-ta grazie alla collaborazione con la Fede-razione della Slovenia. Le visite program-mate in questo giorno hanno avuto luogopresso siti importanti storicamente e cul-turalmente, con il fine di riconoscere eonorare il valore dei soldati di ogni schie-ramento ma, soprattutto, di valorizzare ilsignificato profondo della memoria, inte-sa come rifiuto della guerra per vivere nel

rispetto reciproco e in pace.I luoghi toccati sono stati diversi: si èpartiti da Kobarid/Caporetto, ove c’èstato l’omaggio al Sacrario con la deposi-zione di una corona e poi, lungo il “Sen-tiero della Pace”, la visita alla Fortificazio-ne Kluze ed al monumento di Log podMangartom che ricordano quella che,tanti anni fa, era la “Fronte Giulia” ovecaddero migliaia di soldati di tutte le na-zionalità. Altro momento significativo èstato quello della visita alla caserma

A GORIZIA IL CONGRESSO DEI SOLDATI DI MONTAGNA

“Francescatto”, sede del comando dell’8°reggimento Alpini della “Julia”, simbolo dialpinità per tutte le genti friulane, isonti-ne e venete che hanno servito, in pacecome in guerra, presso questa gloriosaUnità sono stati accolti dal ten. col. Bai-sero, comandante il distaccamento delReggimento rimasto in Patria (il resto erain Afghanistan), dal ten. col. De Canio edal ten. col. Salvador, comandante delbtg. “Tolmezzo”.Venerdì 6 settembre è stata la giornataclou dei lavori del 28° Congresso I.F.M.S.L’assemblea nella sala dei Musei Provin-ciali di Gorizia, in Borgo Castello, si èconclusa con l’ammissione, su propostadella Slovenia, del Montenegro comenuova nazione federata all’I.F.M.S., am-missione sottolineata da calorosi ap-plausi e dall’apposizione del guidoncinocon i colori della Repubblica balcanicaalla Bandiera della Federazione.A seguire la premiazione di diversi delega-ti distintisi per impegno e costanza condiploma e medaglia al merito. Infine è sta-to deciso, che il congresso IFMS del 2014si terrà in Svizzera dal 28 agosto al 1° set-tembre e che quello del 2015 sarà ospita-to dalla delegazione del Montenegro.

Roberto Buffolini

Foto di Rosanna Viapiana

Le delegazioni della Federazione dei soldati di montagnaal Sacrario di Caporetto.

La delegazione del Montenegro con la bandiera dell’IFMS e gli stendardi dei Paesi rappresentati.

IFMS: accolto il Montenegro

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449-2013

Il campionato ANA di tiro a segno èstato organizzato alla grande dallaSezione di Verona presso lo storico

poligono di tiro a segno della città. Sonostate due calde giornate di fine estateche hanno messo a dura prova organizza-tori e tiratori, soprattutto quelli che han-no sparato di carabina, a causa del loropesante abbigliamento.Fin dal primo mattino di sabato c’eragrande fermento presso il poligono perl’alzabandiera sui tre nuovi pennonimontati per l’occasione. Erano presenti ivessilli delle sezioni di Verona e Varesecon numerosi gagliardetti.La gara di carabina ha aperto il campio-nato nel poligono, inaugurato nel 1921 eringiovanito per l’occasione dai lavori direstauro e pittura a cura degli alpini. Sul-le linee si sono confrontati 87 tiratori arappresentare 15 Sezioni. Tra loro si nota-no armi e abbigliamenti tecnici, ma an-che le semplicissime carabine con taccadi mira e mirino: sono dei tiratori chehanno poche pretese di classifica se nonla soddisfazione di dire: “Io c’ero!”.La gara ha evidenziato un primo granderisultato con Roberto Facheris della se-zione di Bergamo che con i 296 punti èrimasto in testa fino ai tiri di Paolo Isola(sezione di Udine), che lo ha raggiunto esuperato di una lunghezza. Terzo classifi-cato Daniele Repello della sezione di To-rino. Momento emozionante per Fache-ris e Mario Magrinelli è stata la telefona-ta ricevuta a fine gara dal loro maestro ditiro, il mitico maresciallo alpino Giusep-

pe De Chirico, che non ha potuto esserepresente alla manifestazione.La giornata è proseguita con le manife-stazioni alpine. Nel tardo pomeriggio lepenne nere hanno sfilato per le vie di Ve-rona accompagnati dalla banda alpina diCaldiero e hanno raggiunto piazza Brà,dove si trova la bellissima e monumenta-le targa dedicata al 6° Alpini. A rappre-sentare la sede nazionale erano presentiil coordinatore nazionale allo SportOnorio Miotto, il consigliere nazionaleMariano Spreafico, il presidente della se-zione di Verona Ilario Peraro e l’assessoreAntonio Lella - già maresciallo, alpino -in rappresentanza del comune di Verona.Alpini e autorità hanno onorato i Cadutideponendo una corona di alloro al mo-numento e partecipato alla Messa nellachiesa dedicata a San Luca, officiata damonsignor Bruno Fasani, “alpin de soca”(alpino di città, n.d.r.), che al termine haringraziato per la partecipazione. Un’alle-gra cena in riva all’Adige, presso l’esclusi-vo ristorante del Circolo ufficiali di Ca-stelvecchio, ha concluso la prima giorna-ta di gara.L’indomani i turni di pistola si sono tenu-ti presso il nuovo stand di tiro a 25 metri.Si sono battuti 94 atleti in rappresentan-za di 18 Sezioni, poche le differenze tra learmi usate nella gara: in questa specialitàa fare la differenza è l’attitudine al tiro, ilcontrollo delle emozioni e il grande alle-namento. Rispetto ad alcuni anni fa regi-striamo punteggi mediamente più bassidi quelli ottenuti dai tiratori. Ricordiamo

A VERONA IL 44° CAMPIONATO ANA DI CARABINA E IL 30° DI PISTOLA

Giuliano Zenocchini di Brescia e PaoloDe Guidi di Verona quando era normalepiazzarsi oltre i 290 punti, senza nulla to-gliere all’ottimo risultato di Enrico Con-tessa di Torino vittorioso con 285 punti.Secondo classificato Nereo Zanon dellasezione di Vicenza con 281 punti, meda-glia di bronzo per Andrea Bellini della se-zione di Verona con 278 punti.Grande novità in quest’edizione è statal’apertura della gara ai soci aggregati, conclassifica a parte. In questa categoria conla carabina ha ottenuto un risultato ecce-zionale Nicola Brunelli di Verona con 298punti su 300. Durante le premiazioni Ni-cola, alla sua prima esperienza, è stato de-finito figlio d’arte di Luciano che proprioquest’anno ha… “appeso l’arma al chiodo”.Le premiazioni hanno visto la partecipa-zione del responsabile nazionale per il ti-ro a segno Guglielmo Montorfano e per lasezione di Verona del consigliere naziona-le Angelo Pandolfo, del Generale Riccar-do Sartor, del delegato allo sport MarianoBogoni e del consigliere sezionale MarcoRambaldel, per il tiro a segno il presidenteGiorgio Bistaffa e Luciano Brunelli. Festeg-giata d’eccezione Sabrina Del Fedele dellasezione di Sondrio, prima alpina in conge-do a partecipare ad un campionato di tirodell’ANA. ●

Foto di Mario Contino

Il podio del campionato di Carabina con il presidente della sezione di Verona Peraro e i responsabilinazionali allo Sport Miotto e Spreafico. A destra: il podio del Trofeo Bertagnolli.

CLASSIFICHEAssoluta di carabina (primi tre classificati): 1° PaoloIsola (sezione di Udine, 297 punti); 2° Roberto Facheris(Bergamo, 296); 3° Daniele Repello (Torino, 294).Aggregati carabina: 1° Nicola Brunelli (298 punti);2° Francesco Zamboni (285); 3° Giorgio Pilotti (282);4° Amalia Prisco (278). Sono tutti della sezione di Verona.Assoluta di pistola (primi tre classificati): 1° EnricoContessa (sezione di Torino, 285 punti); 2° Nereo Za-non (Vicenza, 281); 3° Andrea Bellini (Verona, 278).Aggregati pistola: 1° Mario Donà (Verona, 266 punti);2° Primo Casagrande (Verona, 261); 3° Dario Sona (Vero-na, 253); 4° Antonino Greco (Abruzzi, 131).Trofeo F. Bertagnolli di pistola (prime cinque Sezio-ni classificate): 1° Verona (1026 punti); 2° Vicenza (451);3° Bergamo (395); 4° Torino (346); 5° Brescia (295).Trofeo Gattuso di carabina (prime cinque Sezioniclassificate): 1° Bergamo (660 punti); 2° Como (461);3° Verona (382); 4° Brescia (320); 5° Parma (284).Le classifiche complete sono pubblicate su www.ana.it

Isola e Contessa fanno centro

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I libri recensiti in questa rubrica si possono reperire

presso la Libreria Militare (via Morigi 15,

angolo via Vigna, Milano; tel. 02-89010725)

punto vendita gestito da due alpini.

WALTER FABBRI

LE ALI DEL FALCOUn uomo perso nel grigiore della quotidianità e la sua ar-rampicata verso la vetta di un monte sacro, il Pelmo. Lasperanza di trovare lassù una risposta alla sua solitudine,ai suoi dubbi, alle sue paure. Infine l’incontro con unadonna speciale che gli infonde quella gioia di vivere datempo persa. La ricerca del proprio io in un paesaggio

stupendo, le Dolomiti, dove tutto può accadere, basta saper sognare.

Pagg. 75 - euro 8Youcanprint – Self Publishing - Tricase (Lecce)Per l’acquisto rivolgersi a ufficio stampa Walter Fabbri, cell. 338-9095880email: [email protected] del ricavato sarà devoluto all’ANA per opere sociali.

B I B L I O T E C A

FLAVIO QUELL’OLLER

PRIMA CHE SIA TROPPO TARDIAlpino del Genio Pionieri a Bressanone, volontario lai-co per dodici anni, di cui otto nelle missioni dei fraticappuccini in Centrafrica, negli ultimi vent’anni di vitaè magazziniere nel loro convento di Genova dove èsacrestano e tuttofare, riferimento per tutti quelli chehanno bisogno. Negli ultimi anni della sua vita diventaterziario francescano insieme alla moglie. Muore a 55anni lasciandoci questo diario, sua eredità spirituale.

Pagg. 157 - euro 15Essegraph Srl – Genova, tel. 010-311624Per informazioni tel. 010-714419 (convento dei cappuccini di Pontedecimo).L’intero ricavato della vendita del libro sarà utilizzato per opere di carità.

GIOVANNI PUNZO

DOBROStorie balcanicheL’autore, alpino dell’8° reggimento, ufficiale della riservarichiamato per un paio di missioni tra il 2001 e il 2004, ciracconta le sue esperienze “balcaniche” con un registrodiverso dal solito. Una memoria critica e disincantata fuo-ri dai soliti luoghi comuni dei Balcani ingovernabili e con-fusi. Una testimonianza acuta sorretta dal contatto diret-

to con le persone del posto, serbi, croati e kosovari. Un diario, un viaggio.

Pagg. 213 - euro 14Cierre Edizioni, Sommacampagna (Verona), tel. 045-8581572www.cierrenet.it

A CURA DI ALDO ACTIS CAPORALE - CON PREFAZIONE DI

NELSON CENCI

FATTI E PROTAGONISTI DELLA CAMPAGNA DI RUSSIA 1941-1943Commemorazione del ten. col. Attilio Actis CaporaleGli atti del convegno sulla Campagna di Russia inoccasione del 70° anniversario, organizzato nel2004 dal gruppo di Caluso (sezione di Torino) conla collaborazione dell’associazione calusiese “LePurtasse”. Convegno interessante iniziato con una

ricostruzione storica, seguita dalle testimonianze dei reduci e chiuso dalracconto del figlio di uno dei tanti alpini che non fecero più ritorno.

Pagg. 188 – euro 20 + spese postaliPer l’acquisto rivolgersi all’autore, cell. 339-4055446

GUIDO ALLINEY

CAPORETTO SUL MRZLILa vera storia delle brigate perduteLa battaglia del Mrzli, fra Caporetto e Tolmino, rico-struita istante per istante attraverso le testimonianzedegli ufficiali italiani. Una narrazione serrata e avvin-cente che svela la verità sulle brigate Alessandria eCaltanissetta accusate di viltà dalla storiografia uffi-ciale.

Pagg. 186 - euro 16Gaspari Editore, Udine, tel. 0432-512567www.gasparieditore.it

ANA SEZIONE DI VICENZA

90 ANNI TRA LA NOSTRA GENTEL’amore per la Patria è ancheamore per la gente che la abitaCon questa pubblicazione, un belvolume riccamente illustrato, lasezione di Vicenza ha inteso porta-re a conoscenza dei cittadini unaparte dei lavori che i suoi Gruppi

alpini hanno effettuato a favore delle loro comunità, fedeli al motto di ri-cordare e “onorare i morti aiutando i vivi”. Recupero e manutenzione di ma-nufatti che sono elementi della nostra storia, importanti per noi e per le fu-ture generazioni.

Pagg. 145 – euro 15 più spese postaliPer l’acquisto rivolgersi alla sezione di Vicenzatel. 0444-926988 – [email protected]

A CURA DEI “LUPI DELLA MONTE BIANCO”UNA CASERMA, UNA STORIANumero unico del 60° dei Lupi della Monte Bianco1952-2012, 60 anni di storia di questo mitico repar-to di stanza alla caserma Monte Bianco di La Thui-le. I “Lupi della Monte Bianco o di La Thuile”, ovve-ro l’88ª Compagnia Alpieri, ha operato nell’ambitodel btg. addestrativo Aosta svolgendo attività dimontagna peculiari della specialità alpina. Splendi-de emozioni e tanti ricordi.

Pagg. 162 – euro 15 + spese postaliPer l’acquisto rivolgersi a Lorenzo Gassa, tel. 377-2610395; e-mail: [email protected]

459-2013

PAOLO MENATO

MEMENTOQuei giorni nel Vajont, piangevo piangevo, lavoravo e piangevoUn libro per tener viva la memoria sulla trage-dia del Vajont, una raccolta di testimonianzeinedite dei “ragazzi di allora” che si trovavanosotto naja nel 1963. Per tanti alpini fu un lavo-ro massacrante e sconvolgente dal punto divista umano dare, con pietà, degna sepolturaa tante vittime senza nome.

Pagg. 106 – euro 9 a copia, per più copie euro8 cad. comprese spese di spedizione.Per l’acquisto versare l’importo sul c/c postale 39006374 intestato a PaoloMenato via G. D'Alemagna, 11 - 35134 Padova.Oppure effettuare un bonifico utilizzando il codice IBANIT 71 L0760112100000039006374.

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Foto di gruppo a 20 anni dal congedo dalla 20ª compagnia a Chiusaforte (Udine).

Il gen. Lorenzo Camusso festeggiato dai suoi alpini di 40 anni fa. So-no con lui i sergenti Battaglia, Preto e Marini, i caporali istruttori Al-chieri, Candioli e Butterini, Faccini e il magazziniere capo Sarpari.

Come eravamo… come siamo. Gli alpini paracadutisti della brigata Tri-dentina Lorenzo Compagnoni, Settimo Martinelli 57 anni fa e oggi.

A 54 anni dal congedo RomanoGracco e Alvise Roter nella fo-to ricordo. Erano alla casermaMaria Plozner Mentil di Paluzza(Udine).

Foto di gruppo scattata ad Alanno (Pescara) degli alpini del 1°/’66, btg. L’Aquila, a 46 anni dal congedo. Conloro il maggiore D’Incà e i generali Santini, Maifreni e Falcone.

Incontro dopo 70 anni: sono gliartiglieri Giuseppe Fornero delgruppo di Busca e GiovanniBertola di Savigliano.

Gli artiglieri del 6°, gr. Pieve di Cadore, Franco Faccio, Mario Ricci,Paolo Zentile e Pierino Rinaldi si sono ritrovati a 51 anni dal congedo,a Strigno. Per il prossimo incontro contattare Faccio al nr. 347-2988108; e-mail: [email protected]

469-2013

I N C O N T R I

Grazie ad una foto pubblicata suL’Alpino si sono ritrovati a Tam-bre (Belluno) al Museo dellaGrande Guerra a 50 anni dalla na-ja nel btg. Tolmezzo, 12ª cp. dellaJulia a Tarcento del Friuli. SonoGiancarlo Bendin di MoglianoVeneto e Valter Saviane di Tam-bre fotografati con il responsabi-le del museo Alvise Gandin.

Cinquantadue anni fa erano arti-glieri nella caserma di Udine. Og-gi si sono ritrovati durante il pel-legrinaggio sul monte Pasubio.

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Si ritrovano dal lontano 1970, anno del congedo, sempre in localitàdiverse. Erano insieme a Venzone alla caserma Manlio Feruglio, convarie mansioni: chi mortaista chi furiere, chi specialista, chi cucinie-re, chi autista. Proprio una bella squadra!

Incontro a 35 anni dal congedo ad Aosta degli alpini che nel 1977 erano alla caserma Testafochi con visitaal castello del generale Cantore, sede della SMALP. Per il prossimo raduno contattare Franco Maggioni,347-5371644; e-mail: [email protected]

Artiglieri della caserma Huber, 2° artiglieria, gruppo Verona, batterie 75-76-77, radunati nella baita di Rosegaferro, a 44 anni dalla naja.

Gli artiglieri Vassallo, Comotti, Bottegal, Ratsciller, Anselmo e Curtoinsieme dopo 40 anni. Erano alla caserma Lugramani di Brunico, 19ªbatteria, gr. Vicenza.

479-2013

I N C O N T R I

L’artigliere Ernesto Zorzi e il suocomandante gen. Egidio Toniut-ti si sono riabbracciati a Varazzein occasione del raduno delgruppo Pinerolo, dopo 50 anni.

Mario Ravelli del gruppo di Pianca-muno ha incontrato un commilito-ne che non vedeva da oltre 50 anni.Nel 1962 erano nel btg. Tirano aMalles Venosta.

Plotoni alpini paracadutisti della brigata Cadore e Julia, 3°/1969 chesi sono dati appuntamento alla caserma C.M.P. Gamerra di Pisa perfesteggiare i 50 anni dal congedo. Insieme a loro il comandante del-la caserma col. De Mettis.

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Il radiofonista alla CCS del Gemona a Pontebba Elio Anghinetti,2°/’48, cerca il commilitone Moro, forse piemontese, che era del btg.Mondovì a Paularo e nel 1969 aggregato alla 70ª cp. Contattarlo al nr.349-6220118; e-mail: [email protected]

Ritroviamoci a 40 anni dal 40° corso ACS alla SMALP di Aosta, nel 1973.Valerio Zago e Piero Mecca (tel. 011-9015836) cercano in particolare ilcap. Biondi e il s.ten. Zanetti. E-mail: [email protected] oppu-re [email protected]

CHI SI RICONOSCE? INCONTRIAMOCI! • ALPINO CHIAMA ALPINO

489-2013

SMALP 40° CORSOCERCA MORO DEL MONDOVÌ

Campo estivo a Pescul, nel 1963, 2°/’40, 16ª batteria, gr. Lanzo conl’allora cap. Angelo Baraldo e il ten. Giacomo Sturniolo. ContattareAdriano Marchioro, 339-1956442; e-mail: [email protected] Ugo Pagani cerca i commilitoni

Aliano Sesana e Mario Berettache erano a Merano nel 1960.Contattarlo al nr. 339-6467224.

Franco Fortunato cerca notiziedel padre Sergio Ratti, nato aCarrara il 23 novembre 1918, 2°Alpini, 14ª cp., 4ª armata Cune-ense. Risulta disperso in Russiadal 31-1-1943. Se qualcuno loricorda è pregato di contatta-re Franco all’indirizzo e-mail:[email protected]

Artiglieri del 2° rgt. a Varese Li-gure (La Spezia), nel 1944. Sonoda destra Togni, Scalmana eGirardi. Contattare ClementeGirardi al nr. 0365-951113.

ARTIGLIERI DEL 2° NEL 1944

SERGIO RATTI

SESANA E BERETTA DOVE SIETE?

GR. LANZO, 16ª BATTERIA

Gianfranco Vitali (primo in piedi a destra), del II scaglione 1975, desi-dera incontrare i suoi compagni di naja. Nella foto mancano Pavanel-lo, Ubertalli, Pivato e Bellano. Contattare [email protected],numero 0141-943773.

SMALP, COMPAGNIA COMANDO

Alpini dell’8°, btg. Gemona, brg.Julia, durante il campo estivodel corso Cannonieri a Sappa-da (Belluno) nel 1963. Contat-tare Giuseppe Fogliati, tel. 011-4363678.

CAMPO ESTIVO DEL BTG. GEMONA

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Emilio Stainer, classe 1923, cerca i compagni di prigionia (o anche i fa-migliari) che erano nel campo di concentramento di Belgrado neglianni 1944/45. In particolare ricorda Maggiorino Mova, Armando Tac-chini, Pilade Clarin, De Stefani, Albino Lora Moretto, Lino Salti e Cor-nelio Simonazzi. Contattarlo al nr. 0163-23465; oppure 0163-91198.

BAR de L’Aquila, nel febbraio del 1968, 14ª squadra, 5ª cp., comanda-ta dal cap. Loschi. Franco Liset (tel. 333-9089483) ricorda in partico-lare Gatti, Gonzo, Mottin, Piva e Bortolon. Contattatelo.

Parata militare del 2 Giugno 1958 a Roma del gruppo Pinerolo, 8ªbatteria, 1° da montagna. Telefonare a Mario Maggioni (padre delpresidente della sezione Intra), al nr. 0322-77796.

Vipiteno nel 1970, 107ª cp., btg. Morbegno. Calimero Ticozzelli - chein particolare ricorda Massimo Riva, ora don Massimo - risponde alnr. 0341-955516.

Commilitoni della 68ª cp., btg. Cadore al rifugio Auronzo durante ilcampo invernale, nel 1967. Sono: Giusti, Pasquot, Zanini e Aride Ton-delli (tel. 339-6933702) che cerca i compagni di naja. Scrivergli anchevia mail: [email protected]

Corso ACS nel gennaio del 1969 alla SMALP di Aosta. Elio Buffarisponde al nr. 340-4650530; e-mail: [email protected]

499-2013

CHI SI RICONOSCE? INCONTRIAMOCI! • ALPINO CHIAMA ALPINOCORSO ACS NEL 1969

BTG. CADORE NEL 1967

BTG. MORBEGNO, 107ª CP.

GR. PINEROLO, 8ª BATTERIA

BAR DE L’AQUILA, NEL 1968

CAMPO DI CONCENTRAMENTO A BELGRADO

Si terrà a Darfo Boario Terme, il prossimo 10 novembre, l’annuale ra-duno della compagnia Pionieri dell’Orobica. Per informazioni telefo-nare a Sergio Gualdi, 338-1745272; Ignazio Pedretti, 338-4646991; op-pure Ferruccio Pelagatta, 338-2932085.

A NOVEMBRE IL RADUNO DELLA CP. PIONIERI

Francesco Ramini (tel. 0471-201193) cerca gli artiglieri da monta-gna della 1ª batteria, 42° corso ACS alla SAUSA di Foligno, nel 1974.Contattarlo anche via mail all’indirizzo: [email protected]

42° CORSO ACS

A Cuneo, in occasione della fiera nazionale del Marrone, il 19-20 ot-tobre ci sarà il 14° raduno degli Uomini di Mondo cioè di tutti quelliche anche per un solo giorno hanno fatto il militare nella provincia diCuneo. Ritroviamoci, con la speranza di essere in tanti, contattandoEzio Cavallo, 329-5471913; e-mail: [email protected]

RADUNO DEGLI “UOMINI DI MONDO”

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509-2013

S E Z I O N I I T A L I A

VENEZIA

AFiume, cittadina del Quarnaro, nella frazione di Cosala, sorgeun santuario - con sottostante ossario - costruito nel 1930 su

progetto dell’architetto Bruno Angheben. Questi era il fratello delsottotenente degli alpini Mario Angheben, M.A.V.M. alla memoria,volontario irredento fiumano arruolatosi, come altri 110 fiumani,nel Regio Esercito allo scoppio della Grande Guerra, e morto eroi-camente alla testa dei suoi alpini il 30 dicembre 1915 in Val Daone,ai confini tra le province di Brescia e Trento.Nell’ossario sono sepolti circa 300 soldati italiani morti di stenti,malattie o ferite nei campi di prigionia austro-ungarici di San Pie-tro al Carso e Cirquenizza, tra il 1915 ed il 1918, e i 32 Caduti del co-siddetto “Natale di sangue” del 1920, tra cui alcuni alpini del “Mor-begno”, schierati coi legionari dannunziani a difesa dell’italianitàdella città, e altri alpini del btg. “Edolo”, schierati tra le file dei “re-golari” del Regio Esercito italiano.Sono conservati anche i resti di 8 volontari fiumani caduti in variluoghi del fronte italiano e traslati in occasione della costruzione

del Sacrario. Tra di loro c’è il s.ten. alpino Mario Angheben cui ilgruppo alpini di Fiume è intitolato.In occasione della festività patronale di San Vito, e in coincidenzacol primo raduno mondiale degli esuli fiumani, il gruppo alpini diFiume ha deposto una corona d’alloro rendendo omaggio a tutti isoldati italiani e in particolare a Mario Angheben.È stata grande la commozione all’ascolto dell’Inno del Piave e del Si-lenzio, nel piccolo sacrario gremito da almeno 200 persone. Presen-ti, tra gli altri, un reduce fiumano classe 1921 della Divisione “AlpiGraie” e un alpino fiumano classe 1935. Hanno partecipato alla ceri-monia il sindaco del Libero Comune di Fiume in esilio e il consolegenerale d’Italia a Fiume il quale, oltre a ringraziare gli alpini per laloro iniziativa, ha rimarcato la loro importanza, simbolo dell’Italia,nella piccola comunità locale italiana (circa 5.000 persone solo aFiume) auspicando la ripetizione dell’iniziativa negli anni a venire.

Franco Pizzinicapogruppo di Fiume

Cerimonia al Sacrario

La cripta dell’ossario e il cippo che ricorda i martiri fiumani, con il capogruppo di Fiume Pizzini.

PIACENZA Solidarietà dalla “Cittadella degli Alpini”Nei giorni dell’adunata nazionale a

Piacenza, alla Cittadella degli Al-pini allestita in piazza Daturi sono statiraccolti 6.000 euro che sono stati de-stinati a due progetti: in aiuto allaAMOP, l’Associazione Piacentina Mala-to Oncologico, per l’acquisto di unecografo portatile e al laboratorio diimmunogenetica dell’ospedale dellacittà per l’acquisto di un congelatoreche verrà utilizzato per lo stoccaggiodel DNA. Nel corso di una cerimonia ilmaggiore Mario Renna della brigataTaurinense e il già presidente della se-zione ANA di Piacenza Bruno Plucanihanno consegnato gli assegni alla pre-sidente dell’Amop Romina Piergiorgi, alprimario di Oncologia del “Guglielmoda Saliceto” Luigi Cavanna e al diretto-re del laboratorio Agostino Rossi (nellafoto). ●

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S E Z I O N I I T A L I A

ROMA

La sezione di Roma ha organizzato, presso il Circolo Ufficiali delleForze Armate d’Italia, la presentazione del libro Alpini in Afgha-

nistan, uno spaccato della vita nel “Paese degli aquiloni” raccontatain prima persona dagli alpini della brigata “Taurinense”. Il maggioredel Genio Mario Renna, addetto stampa della brigata alpina Tauri-nense ha presentato il libro; ha preso parte a dieci missioni e nelleultime tre che lo hanno visto in Afghanistan ha avuto il ruolo di por-tavoce del contingente italiano a Herat. Alcuni giovani protagonisti che hanno vissuto questa esperienza inprima linea si raccontano in questo volume ricco di foto. Oltre allecronache della missione, che si è conclusa a marzo di quest’anno,tanti approfondimenti e curiosità; centosessanta pagine che attra-verso immagini e illustrazioni offrono un ritratto autentico dell’Af-ghanistan, aiutando a capirne il presente e, soprattutto, il processo

Serata con “Alpini in Afghanistan”

di rinascita. Federico di Marzo, delegato dell’ANA in Roma, ha in-trodotto la serata ricordando la memorabile visita in Afghanistandella delegazione ANA nel dicembre scorso, e la concomitanzadella presentazione del Libro Verde della solidarietà a Venezia. Hapoi sottolineato la profonda amicizia e collaborazione che sem-pre di più stringe gli alpini in armi e i soci dell’ANA.Alla presentazione è intervenuta la giornalista Maria Paola Gianniche, nel corso del suo intervento, ha sottolineato la professionali-tà e il valore dei soldati italiani: “Persone - ha spiegato - di grandedisponibilità e spirito di sacrificio”. ●

TRENTO Una campana alpina in CileTra il 1951 e il 1953 diverse famiglie di contadini della Valle di

Cembra, in particolare di Giovo, Cembra e Segonzano emigra-rono in Cile indotti dalle gravi difficoltà del dopoguerra e attrattidalla promessa di nuove terre da coltivare, dove poter crescere lafamiglia.Le loro vicissitudini dovute al viaggio, all’inserimento in una nuovavita e all’avvio dell’attività, sono conosciute ai più per le grandi fa-tiche e per le difficoltà con cui i nostri connazionali hanno dovutoconfrontarsi, anche se nei luoghi d’origine, dopo 60 anni, la memo-ria di quell’emigrazione si è lentamente affievolita.La voglia di ricordare, di conoscere il proprio passato e la propriaidentità è stata però mantenuta viva dal gruppo alpini di Verla cheè rimasto in contatto con gli emigrati d’oltreoceano. E così, quandoal campanile della nuova chiesetta costruita nei dintorni di La Sere-na mancava una campana che potesse richiamare a raccolta una co-munità ormai cresciuta, ci hanno pensato le penne nere.Una delegazione si è recata in Cile e ha consegnato alla comunitàtrentina la nuova campana, chiamata “Maria Assunta”. La posa e labenedizione è stata solennizzata da una Messa, officiata dal vesco-vo di La Serena, alla presenza della gente di El Peñón e degli alpini,che della chiesetta e della campana ne fanno un motivo di orgoglioe un luogo prezioso per sentirsi comunità. ●

La nuova campana con gli alpini trentini che l’hanno donata agli alpini di La Serena, in Cile.

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FIRENZE

Gli alpini del gruppo di Pistoia hanno intitolato al Beatodon Carlo Gnocchi la baita alpina situata al Passo della

Collina, sulla strada che da Pistoia porta a Porretta Terme.L’iniziativa è stata presa dopo aver compiuto alcuni impor-tanti lavori di ristrutturazione della sede e dopo aver avutole necessarie autorizzazioni dalla Sezione e dalla Fondazio-ne don Gnocchi, rappresentata il giorno dell’inaugurazioneda Damiano Gornati. Il presidente della sezione FirenzeGiancarlo Romoli, il vice sindaco di Pistoia Daniela Belliti eil presidente della Provincia Federica Fratoni hanno scoper-to il cippo che ricorda don Carlo (nella foto), benedetto dalcappellano della Sezione mons. Alberti. Erano presentimolti Gruppi della sezione di Firenze e della vicina sezioneBolognese-Romagnola. Durante la Messa, celebrata in unospazio della baita e accompagnata dal coro “Su Insieme”, èstata esposta sull’altare una reliquia del Beato, donata algruppo pistoiese dalla Fondazione. ●

INTRA Al memoriale dell’Alpe PalaGli alpini della sezione di Intra

hanno organizzato una ceri-monia intersezionale all’Alpe Pa-la, dove sorge il loro Memoriale.“Per non dimenticare”, recitava ilnastro tricolore posato sulla co-rona d’alloro che due alpini in ar-mi hanno deposto davanti all’al-tare: gli alpini non vogliono di-menticare chi ha dato la vita perdifendere l’Italia in tempo diguerra e chi la dona oggi, nel dif-ficile tentativo di portare la pacein tutto il mondo.La Messa è stata officiata da donFlavio Riva, cappellano militaredel Centro Addestramento Alpi-ni di Aosta; la sua toccante ome-lia ha ricordato lo spirito di sacri-ficio delle penne nere.Quindi gli interventi del presi-

dente sezionale Giampiero Maggioni, del presidente della Provin-cia Massimo Nobili e del generale Cesare Di Dato, seguiti dalla let-tura della Preghiera dell’Alpino da parte di un “vecio”, sulle notedella fanfara sezionale. Alla cerimonia erano presenti tanti sindaci,il vessillo della sezione Intra, con quelli di Luino, Domodossola,Varese, Omegna, Vercelli e tanti gagliardetti dei Gruppi.“Mi associo a voi nel ricordo dei Caduti, i cui nomi sono elencatialle mie spalle - ha detto il generale Di Dato - e ringrazio per l’in-vito che mi avete fatto e per avermi dato la possibilità di conosce-re questo memoriale che non avevo mai visitato e davanti al qua-le sento crescere nel cuore la conferma che il tempo esalta il va-lore di tutti noi alpini”. ●

Intitolata a don Gnocchi la baita di Pistoia

L’imponente memoriale dell’Alpe Pala e il gen. Cesare Di Dato durante il suo apprezzato intervento.

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Il monumento che illustra il percorso della Cuneense dal Don a Waluiki e un momento del raduno dei Gruppi della Piana.

ABRUZZI

Il Consorzio delle piccole e medie imprese artigianali di Castel diSangro ospita la nuova sede operativa della Protezione Civile del

locale gruppo alpini, guidato da Donatantonio Di Domenica.La sede è stata concessa dall’amministrazione comunale, sempresensibile verso le associazioni di volontariato, come è stato ribaditodal sindaco Umberto Murolo, perché “è risorsa e ricchezza per la co-munità”. Il parroco don Eustachio Schiappa (nella foto) ha benedet-to la sede e dopo il taglio del nastro inaugurale, si è aperto il buffet,offerto dall’amministrazione comunale e dalla Pro Loco di Castel diSangro ai numerosi ospiti e alpini, protagonisti di molte operazioni:dal sisma di San Giuliano a quelli de L’Aquila e in Pianura Padana, ol-tre agli innumerevoli interventi per lo spegnimento degli incendi bo-schivi. ●

Nuova sede P.C. a Castel di Sangro

CUNEO A Carrù gli alpini della Piana

Oltre 1.500 persone hanno accompagnato la sfilata degli alpinidella Piana Cuneese per le vie di Carrù. Il raduno, che ha unito

undici Comuni della pianura, si è rivelato un grande successo. Erano75 i gagliardetti dei Gruppi, accompagnati da 5 vessilli, presenti igonfaloni dei Comuni della Piana. Tra i tanti partecipanti al pranzodomenicale, allestito nella celebre “ala del bue grasso”, c’erano an-che i rappresentanti dei bersaglieri di Carrù e delle associazioni divolontariato locale.Giorgio Pellegrino, capogruppo di Carrù, ha sottolineato: “È stataun’esperienza indimenticabile! Ho incontrato persone che non avreimai potuto conoscere e ne ho ritrovate altre: sì, perché molti alpinicarruccesi sono tornati a portare il cappello e a fare squadra mossida questo grande evento”. Durante l’ammainabandiera sono stati ri-cordati i Caduti delle “Divisione Martire” e sono stati onorati i redu-ci, presenti per tutta la due giorni e particolarmente applauditi dal-la folla convenuta in centro domenica.Nell’occasione è stato ricreato un percorso in scala della ritirata diRussia, di cui si celebra quest’anno il 70°. È stato inaugurato anche ilsentiero del Fossato del Pont, da praticare sia a piedi sia in mountainbike.

L’entusiasmo affiora anche dalle parole del presidente del Comi-tato, Mario Leone e dal suo vice Giulio Fumero: “Carrù si è dimo-strata una piazza felice, sotto tutti i punti di vista, ha messo a di-sposizione risorse ed entusiasmo, mostrando uno straordinariospirito di squadra, che ha coinvolto anche cittadini, commerciantie artigiani. Un paese imbandierato e festante che ha fatto da de-gno scenario al nostro primo raduno”. ●

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S E Z I O N I E S T E R O

La sezione di Melbourne ha festeggiato il 25° anniversario dellacostruzione della chiesetta degli Alpini sul monte Buller (350

chilometri da Melbourne). Purtroppo tanti alpini e amici che larealizzarono sono andati avanti e fra questi l’allora presidente se-zionale Gaetano Tomada, che ne fu il promotore. La Messa, ac-compagnata dal coro Furlan diretto dal Maestro Piero Canil, è sta-ta officiata dal nunzio apostolico in Australia, il vescovo Paul Gal-lagher, giunto per l’occasione da Canberra con padre Tony Kerin ealcuni rappresentanti della chiesa anglicana.Al termine della funzione è stata deposta una corona di fiori almonumento eretto davanti della chiesetta, dedicato agli alpiniCaduti in tempo di guerra e di pace e a tutti i soci andati avanti. È seguito il pranzo all’albergo di Rino Grollo, “sponsor” di questefeste, con canti alpini, il discorso del presidente sezionale Zanat-ta e l’arrivederci al prossimo anno. ●

AUSTRALIA - MELBOURNEIl 25° della chiesetta di Monte Buller

Il gruppo di Mississauga della sezione di Toronto ha festeggiatoil 35° di fondazione. Molto soddisfatto il capogruppo Carmine

Stornelli, che nelle foto vediamo - quinto da destra - con il Con-siglio al completo.Alla festa che ha avuto luogo alla Rizzo Hall era presente anche ilpresidente della sezione di Toronto Roberto Buttazzoni. ●

CANADA - TORONTOMississauga ha compiuto 35 anni

In occasione della ricorrenza del 2 Giugno, festa della Repubbli-ca italiana, presso il comando del Corpo d’Armata di ReazioneRapida della NATO a Gloucester in Gran Bretagna, si è rinnovato ilvincolo tra le penne nere in congedo e i militari in armi.Una nutrita rappresentanza della sezione ANA Gran Bretagna hanon solo partecipato, ma concretamente contribuito ad organiz-zare il tradizionale “Italian National Day”, offerto dal Contingenteitaliano alla comunità militare internazionale (16 nazioni) del Co-mando NATO. Capeggiati dal presidente sezionale Bruno Roncara-ti, i soci della sezione Gran Bretagna hanno dato una mano in cu-cina nella preparazione di alcuni tipici piatti italiani e hanno quin-di partecipato alla festa. I tanti militari stranieri presenti hanno po-tuto vedere come, anche a distanza di anni dal servizio prestato, lapenna sul cappello, con i suoi valori e le sue tradizioni, rappresen-ti ancora uno stile di vita.Nella foto: alcuni soci della sezione Gran Bretagna con, al centro,il gen. Marcello Bellacicco, vice comandante dell’Allied Rapid Re-action Corp (ARRC) e, ultimo a destra, Bruno Roncarati, presidentedella sezione Gran Bretagna. ●

GRAN BRETAGNAPenne nere al comando NATO

Èin rete il nuovo sito internet della sezione di Sydney all’indiriz-zo www.alpinoinaustralia.com

Lo annuncia Giuseppe Querin, presidente sezionale e coordinato-re delle Sezioni ANA in Australia, con la promessa che presto an-che le altre otto sezioni ANA in Australia saranno in rete.Questo Paese, geografi-camente così lontano,diventa vicinissimo: il si-to, con una impostazio-ne grafica bella ed im-mediata è ricco di sto-rie, rubriche, eventi, in-formazioni utili. Nono-stante il calo fisiologicodi iscritti delle Sezioniall’estero, questo sito èil segnale che gli alpinisono più vivi che mai. ●

AUSTRALIA - SYDNEYLa sezione Sydney in rete

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CALENDARIO MANIFESTAZIONI

novembre 20131o novembreTRIESTE - 27ª Fiaccola alpina della fraternità dal cimitero degliEroi di Aquileia alla Foiba di BasovizzaGORIZIA - 57ª edizione Fiaccola della fraternità con accensioneal Sacrario di Timau ed arrivo al Sacrario di Oslavia

2 novembreTORINO – Ricordo dei Caduti torinesi di tutte le guerre presso ilParco della Rimembranza a Torino

4 novembreGORIZIA - 57ª Fiaccola alpina della fraternità, accensione fiacco-la al Sacrario di Oslavia ed arrivo al Sacrario di Redipuglia perl’accensione dei tripodiVAL SUSA – All’Abbazia di Novalesa Messa di commemorazionedei defunti e onori al Soldato IgnotoVALLECAMONICA – Al passo del Tonale Giornata dell’Unitàd’Italia e delle Forze Armate

10 novembreFIRENZE – Cerimonia di chiusura dell’anno sociale

LECCO – Festa della P.C. sezionale e consegna premio “Ripamonti”

15 novembreVERCELLI – Consegna premio “Alpin d’la Bassa”

17 novembreA MILANO RIUNIONE PRESIDENTI SEZIONI ANA IN ITALIALECCO – Festa del ricordo al Santuario di Lezzeno Bellano

23 novembrePINEROLO – Concerto della banda musicale ANA in occasionedi Santa Cecilia

24 novembrePARMA – Messa per il 92° di fondazione

30 novembreVARESE – Giornata della riconoscenza, consegna premio “Pà Togn” e trofeo “Presidente Nazionale”

“Con questi riconoscimenti inten-diamo ringraziare coloro che concoraggio, spirito di iniziativa e

professionalità sono intervenuti in situazionidi pericolo, onorando il Corpo del quale fan-no parte”.Queste le parole del presidente della Regio-ne Lombardia Roberto Maroni alla cerimoniache ha visto protagonisti quanti sono accor-si nei paesi della Lombardia nei giorni delterremoto per prestare il loro aiuto, in spe-cial modo i 350 alpini compresi nella colon-na mobile regionale. Complessivamente, neipaesi della pianura Padana colpiti dal terre-moto, hanno prestato la loro opera 6.500volontari della nostra Protezione Civile.È stata, questa della Regione il 20 settembrescorso, la “Giornata della gratitudine” organizzata per dimostra-re riconoscenza non soltanto ai soccorritori nei giorni del terre-moto, ma anche a quanti, nelle istituzioni, nel mondo dell’asso-ciazionismo o singolarmente hanno dimostrato di spendersi pergli altri, come uomini delle forze di polizia, vigili urbani, pom-pieri e volontari della Croce Rossa e dell’associazionismo lom-bardo.Con Maroni e l’assessore regionale alla P.C. Simona Bordonalic’era anche l’on. Giuseppe Zamberletti, che della Protezione Ci-vile è stato il fondatore, grande amico degli alpini rappresenta-ti dal presidente della Commissione della P.C. dell’ANA CorradoBassi, con il consigliere nazionale Mariano Spreafico ed il coor-dinatore del 2° Raggruppamento di P.C. Ettore Avietti.La cerimonia è iniziata con la consegna di una targa a singoliagenti delle forze dell’ordine e a vigili urbani per meriti di servi-

L’ANA premiata dalla Regione Lombardia

zio, quindi è stata la volta dei rappresentanti delle dodici Pro-vince lombarde, infine alle associazioni di volontariato, fra lequali spicca la nostra Associazione.Sul palco, a ritirare per l’ANA la targa da Maroni, l’assessore Bor-donali e Zamberletti, è salito, fra gli applausi della platea, il pre-sidente della Commissione Corrado Bassi (nella foto di PietroMalaggi). “Abbiamo bisogno dei volontari di Protezione Civile edelle organizzazioni della Colonna mobile regionale. La loroprofessionalità ci fa sentire protetti”, ha detto nel suo interven-to Maroni. Una dichiarazione che - senza nulla togliere agli altri- calza perfettamente ai nostri volontari. A cerimonia conclusa l’on. Zamberletti si è intrattenuto con lanostra delegazione, ricordando la nascita del sistema di Prote-zione Civile al quale - ha aggiunto - contribuirono grandementeproprio i nostri volontari. ●

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