S ogno una comunità formata da fratelli e sorelle, ma il cui termine «fratello» o «sorella» non venga appiccicato addosso dall'abitudine, ma guadagnato, sudato da tutti, giorno per giorno. Sogno una comunità in cui il «reale» sia la legge fondamentale da cui dipendono tutte le altre leggi. Il reale: ossia queste persone concrete, con questa mentalità, con questa cultura, con questa for- mazione, con queste doti, con questa età, in questa situa- zione particolare, in questo ambiente, con questa missione da compiere, in questo tempo. Sogno una comunità in cui venga riconosciuto il primato della persona. E tutti siano convinti che il «bene comune» non può che coincidere sempre con il bene delle singole persone. Una comunità costruita in rapporto alle persone. Una comunità in cui le strutture e le opere siano in funzione dell'equilibrio, dello sviluppo, della crescita delle persone. Sogno una comunità nella quale l'uguaglianza fondamentale di tutti i membri venga riconosciuta e accentuata con tutti i mezzi. Sogno una comunità in cui manchino i privilegiati; semmai i privilegiati siano i piccoli, i deboli, gli ultimi, una comunità nella quale domini la «mentalità della catena», secondo cui la forza e la consistenza della catena nel suo insieme viene data dall'anello più debole. Sogno una comunità in cui non ci sia tempo da perdere per le sciocchezze e i pettegolezzi, per le insinuazioni, i sospetti, le maldicenze, le chiacchiere: dove ci si ama non c'è mai tempo da perdere, perché nulla ci può assorbire come l'amore. Una comunità in cui nessuno si prenda troppo sul serio, ma ognuno si senta preso sul serio dagli altri. Sogno una comunità in cui venga scoraggiato bruscamente ogni tentati- vo, da qualunque parte si manifesti, di parlare male di una persona assente. Una comuni- tà in cui tutti si trovino «al sicuro». Ossia ognuno si trovi al sicuro in fatto di libertà, di- gnità, rispetto e, soprattutto, responsabilità personale. Sogno una comunità in cui ciascu- no abbia il coraggio di esprimere liberamente il proprio pensiero, in cui le opinioni e- spresse dai singoli vengano prese in considerazione per il peso effettivo degli argomenti portati, e non per le altre valutazioni opportunistiche, autoritarie o emozionali. Una co- munità in cui ogni membro venga considerato da tutti gli altri «uno di cui ci si può fida- re». E ciascuno si impegni ad esserlo per davvero. Sogno una comunità nella quale tutti si lascino mettere in discussione e il linguaggio sia schietto, e non si abbia paura della verità; anche perché lo stile abituale è uno stile di verità che penetra, scomoda, ma non umilia nessuno. Una verità che guarisce sia pure dolorosamente, ma non ferisce, perché... felicità è poter dire la verità senza far piangere nessuno. Sogno una comunità in cui tutti quelli che si «atteggiano» a maestri vengano condannati a vivere le parole; tutti quelli che si atteggiano a «giudici» vengano condannati a sentirsi complici. Una comunità in cui l'unico sospetto valido sia il sospetto che qualche fratello o sorella non ricevano la quota d'amore che spetta loro. Sogno venti, cinquanta, mille comunità che dimostrino che.. ho sognato la realtà! Per me, qualche volta, è intrigante immaginare con quale tono di voce, con quali sentimenti, siano state pronunciate certe frasi, vissute certe situazioni. Il buon Amos sembra dire “non è colpa mia” “Non ero pro- feta né figlio di profeti” avevo la mia vita e il mio mestiere, non mi so- no andato a cercare né l’onore né l’onere di profetizzare fuori della mia terra. Il Signore mi ha detto “va’ e profetizza a Israele” (non a Giuda). E se è Dio che mi manda, non sarà certo un reuccio e il suo tirapiedi ad impedirmelo. Nel Vangelo Gesù manda davanti a sé i suoi a due a due e con una grande libertà esteriore ed interiore decisamente lontana dalla nostra mentalità efficientistica. Mezzi umani zero o poco più, un bastone per sostenersi, un po’ d’olio per bene- ficare, tanto entusiasmo e urgenza nell’annunciare. Tolta l’unzione degli infermi, probabil- mente giustificata dagli usi della Chiesa primitiva, S. Marco descrive la missione degli Apo- stoli, e quindi della Chiesa, con le stesse parole con cui parla della missione di Gesù. Al tempo in cui furono scritti i Vangeli, c’erano predicatori itineranti, dentro e fuori della Chiesa, ed alcuni erano veramente disinteressati; i discepoli si distinguono per il fatto di essere dei man- dati, portatori di un messaggio che viene da Dio, che è rivolto a tutti gli uomini, che richiede una dedizione totale, fondata sulla fiducia assoluta nel mandante che è onnipotente e ha tutto l’interesse che il seme porti molto frutto, non devono essere condizionati da compromessi u- mani, materiali o di potere. L’assoluta povertà fonda la più grande libertà. Ogni volta che la Chiesa ripone la propria fiducia nei mezzi umani di qualunque genere, diviene ricattabile, deve soggiacere ai compromessi, è meno credibile. Le vie di Dio non sono le nostre vie, le vie di Dio sono l’impotenza dell’Incarnazione, le vie di Dio sono le debolezze dell’uomo perché sia più evidente la Sua onnipotenza. C’è tanta trepidazione, ma anche tanta decisione in quel “Essi partirono” avendo messo in preventivo il rifiuto, la persecuzione e difficoltà di ogni genere. In Cristo, Dio Padre ci ha colmati di ogni benedizione, ci ha donato lo Spirito Santo che ci rende figli ed è caparra della pienezza dei beni futuri. È lui che anima la Chiesa spingendola e soste- nendola nella sua missione di salvezza di tutti gli uomini e di tutto l’uomo. Sac. Giuseppe RIFLETTIAMO RIFLETTIAMO RIFLETTIAMO SULLA SULLA SULLA PAROLA DI DIO PAROLA DI DIO PAROLA DI DIO VIA QUINTINO SELLA (09121) CAGLIARI TEL E FAX 070504200 Anno XIII N. 661 Oratorio S. Eusebio C.F. 92163100925 Mi è faticoso oggi, Signore, accogliere la Parola che mi rivolgi: mi stai dicendo di uscire dal mio piccolo mondo, mi stai ripetendo che stare con te non è questione privata e intimi- stica, ma cammino, rischio, apertura, comunicazione, conflitto, incontro. Perché queste sono le conseguenze dell’amore con cui da sempre mi hai amato e di cui mi hai reso testi- mone. Se guardo a me e alle mie stanchezze, mi sgomento e ti chiedo perdono per la fiac- chezza della mia risposta alla tua chiamata. Se guardo te, ti benedico, Signore, perché nel tuo grandioso progetto di salvezza hai voluto coinvolgere anche me. A te lode e gloria, o mio Dio! E-mail: [email protected]/Sito internet: www.parrocchiasanteusebiocagliari.it