www.bloglobal.net N°16, 12-25 GIUGNO 2016 ISSN: 2284-1024
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N°16, 12-25 GIUGNO 2016
ISSN: 2284-1024
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Weekly Report Osservatorio di Politica Internazionale (OPI) © BloGlobal – Lo sguardo sul mondo
Milano, 26 giugno 2016 ISSN: 2284-1024 A cura di: Matteo Anastasi Eleonora Bacchi Marta Cioci Giuseppe Dentice Danilo Giordano Antonella Roberta La Fortezza Fabio Rondini Maria Serra
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Parti di questa pubblicazione possono essere riprodotte, a patto di fornire la fonte nella seguente forma:
Weekly Report N°16/2016 (12-25 giugno 2016), Osservatorio di Politica Internazionale (OPI), Milano 2016, www.bloglobal.net
Photo Credits: Thaier Al-Sudani; Askanews; Reuters; Reuters/Contrasto; DR.
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FOCUS
REGNO UNITO ↴
Smentendo gli ultimi sondaggi che davano il “Remain” in leggero vantaggio sul
“Leave” – in particolare dopo l’omicidio a Birstall della deputata laburista Jo Cox
(16 giugno), accoltellata da un attivista per la permanenza del Regno Unito
nell’Unione Europea –, il 51,9% dei cittadini britannici ha votato a favore della
cosiddetta “Brexit”. L’affluenza alle urne è stata del 71,8% – con oltre 30 milioni
di votanti –, la più alta dalle elezioni legislative del 1992.
Un’analisi del voto condotta dal Guardian attraverso indicatori socio-economici e
demografici e calcolati a livello di circoscrizione elettorale ha messo in luce la pro-
pensione a votare a favore della permanenza nell’UE non solo delle fasce di popola-
zione più giovane o non originaria del Regno Unito, ma soprattutto di chi è in possesso
di un titolo di studio, di un reddito più elevato e appartenente ai gruppi sociali A
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(manager pubblici e privati, professionisti, imprenditori), B (quadri intermedi nel pub-
blico e nel privato) e C1 (impiegati ed impiegati con funzione direttiva); specular-
mente il Leave sembra aver raccolto più consensi tra i cittadini in possesso dei titoli
della sola scuola dell’obbligo, privi di qualifiche specifiche e con un reddito più basso.
D’altra parte, esaminando la distribuzione geografica del voto a livello delle singole
circoscrizioni, il Leave sembra in particolar modo aver attinto dalle periferie
dei centri urbani e dai bacini industriali e portuali dove è maggiormente pre-
sente la working class: nelle Midlands (in particolar modo quelle orientali, dove già
UKIP aveva conosciuto una certa affermazione in occasione delle elezioni europee del
2014), nello Yorkshire e nel nord-ovest, tradizionali roccaforti laburiste, dove il tema
dell’immigrazione – su cui è stata largamente incentrata l’intera campagna elettorale
– dovrebbe aver avuto un’incidenza relativa.
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La distribuzione geo-
grafica del voto per
macro-regioni evi-
denzia una netta
vittoria del fronte
anti-europeista
in rranghilteI
(53,4%, sebbene i
principali centri come
Londra, Manchester,
Leeds, Liverpool e
Bristol si siano
espressi in senso
contrario) e in
dove il ( Galles
ha ottenuto il Leave
, eccezion 52,5%
fatta per i cinque
distretti di Gwynedd,
gion, the Vale Ceredi
Glamorgan, of
). Remaine, soprattutto, Cardiff dove il 60% ha votato per il Monmouthshire
Scozia e Irlanda del Nord hanno invece confermato la propria attitudine pro-
UE (rispettivamente con il 62% e il 55,8% a favore del Remain). La spaccatura con
il centro sta iniziando a sortire i primi effetti politici: nonostante il Segretario David
Mundell abbia sostenuto di non credere nella riuscita di una simile azione politica, il
Primo Ministro scozzese Nicola Sturgeon – il cui Partito Nazionale Scozzese (SNP)
detiene 63 dei 129 seggi in seno al Parlamento – ha asserito che la Scozia porrà il
proprio veto sulla Brexit e si dichiara pronta ad indire un nuovo referendum per
l’indipendenza dal Regno Unito (dopo quello del 2014) che garantisca di conseguenza
alla Scozia la permanenza all’interno dell’UE. Se lo scenario scozzese sembra sostan-
zialmente perseguibile, meno realistica – quanto meno nel breve-medio periodo –
sembra l’opzione presentata dal vice Premier nordirlandese e leader dello Sinn Féin,
Martin Mc Guinness, per una possibile riunificazione dell’Irlanda del Nord con Dublino.
Ad ogni modo l’esistenza stessa di una simile possibilità, rigettata dai Primi Ministri
Arlene Foster ed Enda Kenny (quest’ultimo tuttavia conscio delle conseguenze anzi-
tutto economico-finanziarie e relative alla reintroduzione dei controlli alle frontiere
con la controparte nordirlandese), insieme con il parziale riaccendersi della questione
di Gibilterra – il cui 95% dei cittadini ha votato per la permanenza nell’UE e rispetto
alla quale la Spagna ha avanzato nei confronti di Londra la richiesta per una “co-
sovranità” sul territorio – e la richiesta della City londinese di ottenere uno statuto
speciale, prefigurano un pericolo di disgregazione a cui potrebbe andare in contro il
Regno Unito.
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Lo scenario di rischio è acuito dalle fratture politiche interne. Innanzitutto il
partito conservatore, già spaccato al suo interno alla vigilia del voto referendario,
dovrà trovare entro ottobre – quando il congresso dei Tories a Birmingham, dopo le
dimissioni di David Cameron, dovrà nominare il nuovo leader e Premier – una nuova
leadership capace non solo di governare un Paese sostanzialmente diviso in due ma
anche di negoziare i termini di uscita dallo spazio comunitario. Il nome più accre-
ditato è quello dell’ex sindaco di Londra Boris Johnson, affiancato nella sua
campagna a favore della Brexit dal Segretario alla Giustizia Michael Gove. Il sistema
di nomina per il nuovo leader conservatore – basato su uno screening preventivo da
parte dei cosiddetti backbencher (ossia i parlamentari di secondo piano) e sottoposto
ai membri del partito in tutto il Paese – potrebbe tuttavia favorire l'attuale Ministro
dell'Interno, Theresa May, di maggior esperienza e vista da molti come possibile
elemento di ricompattamento del fronte conservatore. È alla luce tra l’altro di questa
procedura e delle possibili difficoltà di Johnson nel riuscire a raccogliere intorno a sé
il maggior consenso possibile tra i deputati di Westminster che si spiega la sua di-
chiarazione circa il fatto che non vi sarebbe fretta nell’avviare il processo di sgancia-
mento da Bruxelles. Pressoché nulle sembrano invece le possibilità di un ese-
cutivo guidato dal leader del Partito laburista Jeremy Corbyn, accusato da
frange interne del suo partito di aver solo tiepidamente sostenuto la campagna a
favore della permanenza nell’UE e per questo invitato ad abbandonare il proprio in-
carico. A contribuire alla crisi dei Labour sono giunte infatti le dimissioni del Mini-
stro della Salute laburista del cosiddetto shadow cabinet, Heidi Alexander, in
risposta alla decisione dello stesso Corbyn di licenziare il titolare degli Esteri dello
stesso gabinetto, Hilary Benn, con l’accusa di tradimento. Il 27 giugno il gruppo par-
lamentare dei Labour discuterà sulla mozione di sfiducia presentata al Presidente
dello stesso, John Cryer, da parte dalle due deputate Margaret Hodge ed Ann Coffey.
Sul piano economico, l’annuncio della Brexit ha generato un tracollo gene-
rale: i titoli bancari britannici hanno immediatamente perso il 32%, mentre la sterlina
ha raggiunto rispetto al dollaro il livello più basso dal 1985, arrivando a sfiorare 1,35,
mentre gli 81,27 pence per euro, la più grossa perdita mai registrata. Il crollo com-
plessivo della moneta solo nel primo giorno dopo il referendum è stato il peggiore dal
1992, quando la crisi valutaria spinse il Regno Unito ad uscire dal Sistema Monetario
Europeo. A ciò si è associato un generalizzato ribasso di tutte le piazze borsisti-
che internazionali, comprese quelle asiatiche, e, sul piano europeo (dove tutte le
borse hanno perso una media del 7%, in un crollo secondo solo alla crisi finanziaria
del 2008), quella di Milano ha registrato un trend particolarmente negativo (-
12,88%). Mentre l’Indice Dow Jones ha bruciato oltre 600 punti, il risultato peggiore
dallo scorso agosto, il prezzo dell’oro è schizzato dell’8,1% a 1.358,54 dollari
l’oncia e ha raddoppiato il suo volume medio. La Banca Centrale Europea si è detta
pronta a varare un piano di emergenza in stretto coordinamento con tutte le banche
centrali, mentre la Federal Reserve a «fornire – se necessario – liquidità in dollari
attraverso i canali esistenti con le banche centrali per affrontare le pressioni sui mer-
cati globali».
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Sul fronte europeo, in attesa del Vertice di Berlino del 27 giugno tra Angela Merkel,
François Hollande e Matteo Renzi, oltre che del Consiglio Europeo previsto per il
28-29 giugno che dovrebbe definire le prime linee guida per ciò che riguarda le
modalità di negoziazione dell’uscita del Regno Unito dall’UE, i Presidenti delle Istitu-
zioni hanno fatto fronte comune sulla necessità di procedere in maniera spedita verso
le trattative in questione – in particolare per ciò che riguarda l’attivazione dell’art.
50 del Trattato di Lisbona (clausola sul recesso) –, assicurando lo sforzo co-
mune per garantire un’Unione solida anche a 27. Il tentativo è, evidentemente, quello
di contenere gli effetti economici negativi e la fuga di capitali in un più ampio contesto
di economia mondiale, ma anche di scongiurare altre conseguenze politiche su
un’Unione Europea già messa alla prova dalle crescenti tendenze euroscettiche – quali
l’organizzazione di referendum simili (come ad esempio paventato in Francia in caso
di una vittoria del Front National in occasione delle elezioni del 2017) o altri processi
indipendentisti o potenzialmente disgregatori.
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SIRIA-IRAQ ↴
Proseguono le manovre di accerchiamento di DAESH in Iraq e Siria. Sin dall’inizio di
giugno i fronti di Falluja, Manbij e Aleppo si sono confermati ancora i principali
teatri di battaglia tra forze lealiste, insorti e miliziani dello Stato Islamico (IS). Il
17 giugno l’esercito regolare iracheno, guidato dal generale Abdul Wahab al-Saedy e
sostenuto dalle milizie sciite, ha riconquistato il municipio di Falluja dopo un’offensiva
durata circa quattro settimane, strappandolo al Califfato che lo controllava da oltre
due anni. La bandiera nazionale irachena è stata issata al centro della città e i militari
stanno disinnescando le ultime sacche di resistenza, rappresentate soprattutto da
cecchini che proteggono la ritirata di DAESH, nascondendosi mediante una fitta ra-
gnatela di tunnel. La presa di Falluja ha un importante valore simbolico in
quanto ha significato il disinnesco del cuore pulsante dell’insorgenza jihadista nella
provincia di Anbar.
Un’ulteriore cruciale tappa della lotta al Califfato si è concretizzata il 24 giugno
quando forze curde e arabe sono penetrate nella città di Manbij, roccaforte di
DAESH in Siria e crocevia fondamentale nei collegamenti verso Raqqa, la cosiddetta
capitale dell’IS. Dopo aver sottratto ai miliziani la strada che dal checkpoint di Jara-
balus porta al confine con la Turchia, le Syrian Democratic Forces (SDF), composte
in gran parte dalle People’s Protection Units (YPG) curde e arabe, sono entrate a
Manbij provenendo da sud. La città, in gran parte sunnita e con una popolazione a
minoranza curda, è collocata lungo una direttrice strategica limitrofa al confine con
la Turchia e utilizzata dal Califfato per i propri traffici illegali e per l’ingresso di com-
battenti provenienti dall’Europa. Manbij è stata una delle prime città a finire sotto il
controllo dei jihadisti. In un primo momento, i ribelli non islamici dell’Esercito Libero
Siriano avevano assunto il controllo della città con il sostegno della popolazione. Ma
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il potere è stato gradualmente ceduto al Califfato e la località è diventata meta dei
jihadisti di tutto il mondo. La sua conquista costituisce un duro colpo per DAESH.
BATTAGLIA DI MANBIJ (UPDATE AL 22 GIUGNO 2016) – FONTE: SOUTHFRONT
La battaglia di Manbij costituisce un cruciale tassello per la più ampia cam-
pagna di Aleppo che prosegue senza sosta. La gran parte di questa provincia set-
tentrionale è sotto il controllo di Jabhat al-Nusra, alleato siriano di al-Qaeda. Dal
luglio del 2012 la città è divisa in zone controllate dai ribelli e altre tenute dal regime.
Da mesi le forze leali al Presidente siriano Bashar al-Assad cercano di accerchiare
completamente la città, anche con il sostegno dell’aviazione russa. L’obiettivo è quello
di bloccare le linee di rifornimento che partono dal vicino confine con la Turchia.
Nel frattempo, è allarme per la situazione umanitaria nei teatri di guerra. In
Iraq è soprattutto la zona di Falluja a preoccupare, poiché i jihadisti ancora attivi
tengono in ostaggio i civili, spesso utilizzandoli come scudi umani nei tentativi di fuga.
Jan Egeland, il Segretario del Consiglio norvegese per i rifugiati, ha dichiarato che
«non c’è assolutamente nessun passaggio sicuro per i civili che fuggono da Falluja,
nessun posto sicuro dove non rischino la vita […] Rischiano di vedersi sparare ad-
dosso, o di venire uccisi da ordigni lungo la strada, o di annegare mentre attraversano
il fiume Eufrate. Inoltre, quelli che riescono a fuggire scoprono che c’è ben poco che
possiamo offrire loro. Stiamo esaurendo le scorte di cibo, acqua potabile e medici-
nali». Non è migliore la situazione nella provincia di Aleppo dove i continui raid aerei
colpiscono indistintamente bersagli nemici e quartieri ed edifici civili.
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BREVI
FRANCIA, 13 GIUGNO ↴
Un venticinquenne francese di origini maghrebine,
Larossi Abballa, ha fatto irruzione in una casa di una
coppia di poliziotti – l’uomo comandante di polizia della
stazione locale, la moglie segretaria nello stesso luogo
– a Magnanville, un sobborgo nord-occidentale nella
periferia di Parigi. L’uomo, che aveva in ostaggio il figlio di 3 anni della coppia, è stato
arrestato dopo ore di trattative dalla squadra di intervento rapido della polizia
francese, il RAID (Recherche, Assistance, Intervention, Dissuasion). Abballa prima di
consegnarsi aveva registrato e pubblicato un video su Facebook e sugli altri social
network in cui si proclamava “un soldato islamico”, una sorta di appartenente allo
Stato Islamico (IS), e inneggiava all’uccisione di poliziotti, agenti penitenziari,
giornalisti e rapper. Nello stesso video Abballa spiegava che «gli Europei [di calcio in
corso in Francia] saranno un cimitero». Già noto alle forze di sicurezza francesi e
condannato nel 2013 a due anni e mezzo di carcere per associazione a delinquere
con fini di terrorismo, Abballa fu scarcerato per inconsistenza di elementi che ne
giustificassero il prolungamento della detenzione, sebbene egli fosse infatti stato
individuato dalle autorità come una sorta di reclutatore/facilitatore di potenziali
jihadisti pronti a combattere in Afghanistan e Pakistan. Nonostante l’azione eclatante
e l’ampia pubblicità e curiosità innescata, l’atto di terrorismo compiuto da Abballa è
ancora al vaglio degli inquirenti che vogliono meglio approfondire le reali motiviazioni
del gesto, capire quali connessioni potenziali o dirette vi siano con l’IS, se l’attentato
sia accreditabile ad un lone wolf, se sia stato vagamente ispirato/influenzato dall’IS
o se è attribuibile ad un atto di terrorismo interno senza alcuna finalità eversiva,
politica e/o religiosa. Le autorità, dunque, non escludono nessuna ipotesi e cercano
pertanto di conoscere meglio dettagli o passaggi fondamentali della vita personale
dell’uomo. Sebbene siano ancora molti i punti oscuri, l’attacco di Magnanville ha
confermato tuttavia l’entità di una crescente minaccia terroristica endogena.
LIBIA, 23 GIUGNO ↴
L’offensiva contro Sirte lanciata a maggio dalle forze di
Misurata fedeli al governo di unità nazionale guidato
da Fayez al-Serraj, sembra essere ormai giunta alle
sue fasi finali e la riconquista di Sirte appare prossima.
Non a caso, il 23 giugno, l’aviazione libica ha lanciato
nella zona di Sirte dei volantini con i quali si avvisava
la popolazione che presto la città sarebbe stata liberata dai jihadisti. Il 12 giungo, in
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risposta all’avanzata delle forze nazionali libiche e nel tentativo di contrastarla, l’IS,
vistosi ormai accerchiato, ha portato a termine tre attacchi suicidi contro le forze
governative libiche a Sirte. Mentre la lotta contro le postazioni dello Stato Islamico in
Libia sembra portare i suoi primi e concreti frutti con la ripresa di Sirte, la tensione
tra le forze fedeli al governo al-Serraj, in particolare la Guardia di Difesa Petrolifera
(PDG) di Ibrahim Jathran, e le milizie fedeli al generale Khalifa Haftar si fa sempre
più crescente. Negli ultimi giorni si sono infatti registrati alcuni scontri, in particolare
nella zona di Ajdabiya, tra le due fazioni rivali. Intanto, sul piano internazionale, si è
registrata l’approvazione, il 14 giugno, da parte del Consiglio di Sicurezza (CdS) delle
Nazioni Unite della Risoluzione 2292. Il CdS ha espresso tutto il suo apprezzamento
in riferimento a quanto concordato a Vienna il 16 maggio circa la necessità di
rinforzare il coordinamento tra l’armata libica legittima e i servizi di sicurezza libici
legittimi, così da creare una struttura maggiormente integrata ed efficace soprattutto
nella lotta contro l’IS. Il Consiglio, sollecita, inoltre, il governo al-Serraj a nominare
un referente che sarà incaricato di fornire al Comitato creato con la Risoluzione 1970
(2011) le informazioni utili circa la struttura delle forze di sicurezza poste sotto il
controllo del governo legittimo libico in modo da poter procedere alla valutazione
della richiesta di deroga all’embargo sulle armi così come avanzata da al-Serraj
proprio in occasione del Vertice del 16 maggio. Nella Risoluzione, inoltre, dopo aver
espresso una profonda preoccupazione per la minaccia derivante in Libia dalla
presenza di armi e munizioni non “sécurisées”, per la loro proliferazione e soprattutto
per il frequente loro trasferimento a gruppi armati terroristici in totale violazione
dell’embargo sulle armi posto dalle Nazioni Unite, il CdS, prendendo atto della
decisione del Consiglio Europeo del 23 maggio 2016 e agendo in virtù del Capitolo
VII della Carta delle Nazioni Unite, ha autorizzato, per un periodo di 12 mesi e con
alcune specifiche limitazioni volte a tutelare i diritti di bandiera, gli Stati membri,
agenti a titolo nazionale o nel quadro di organismi regionali, ad ispezionare in alto
mare al largo delle coste libiche navi aventi come destinazione le coste libiche o
provenienti dalle stesse, qualora vi siano ragionevoli motivi per supporre che queste
siano implicate nel trasporto di armi o di materiale connesso in violazione
dell’embargo. Qualora da tali ispezioni risultasse una concreta violazione
dell’embargo, gli Stati sono conseguentemente autorizzati a procedere
all’eliminazione (distruggendo, mettendo fuori uso o trasferendo il materiale ad altro
Stato affinchè possa essere eliminato) di tale materiale. Conformemente e nel quadro
della Risoluzione n. 2292 del Consiglio di Sicurezza, il 20 giugno il Consiglio Europeo
in formazione Esteri ha ufficialmente prorogato di un anno (fino al 27 luglio 2017) e
allargato al controllo del rispetto delle armi il mandato della missione EUNAVFOR MED
- Operazione Sophia, secondo le linee già espresse nella riunione del 23 maggio.
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RUSSIA, 16-18 GIUGNO ↴
Si è tenuto a San Pietroburgo la 19esima edizione del
Forum economico (SPIEF), il principale appuntamento
economico che si tiene annualmente dal 1997
nell’antica capitale degli Zar, che ha visto riunire
importanti leader europei e internazionali, nonché
numerosi e rilevanti attori economici e commerciali
nazionali (oltre 600 aziende russe) e stranieri (500 società basate in 60 Paesi diversi,
tra cui Exxon Mobil, Eni, Leonardo-Finmeccanica e Royal Dutch Shell). Durante la tre
giorni della cosiddetta “Davos russa” si è discusso a livello di leadership di nuove
strategie di collaborazione nel quadro delle attuali tensioni geopolitiche globali e si
sono firmati contratti, partenariati e progetti di cooperazione economica bi- e
multilaterale. Un approccio, quest’ultimo, molto importante soprattutto per la Russia
alle prese con una pesante crisi economica e alla ricerca di una maggiore
diversificazione della propria struttura non più dipendente solo e unicamente dagli
idrocarburi e dai metalli preziosi, e perciò interessata all’attrazione di investimenti
stranieri tramite l’accorciamento di iter burocratici e la concessione di agevolazioni e
sgravi fiscali. Nonostante le conseguenze negative delle contromisure russe
soprattutto nell’agro-alimentare e come ribadito dal vice Premier russo Arkady
Dvorkovich, l’Italia – ospite d’onore al Forum – mantiene solidi interessi reciproci con
il partner russo, con il quale ha accordi del valore di 1,4 miliardi di euro. In questo
contesto il bilaterale a latere dello SPIEF 2016 tra Renzi e Putin, viene interpretato
da Mosca come un’opportunità per abbattere il muro creato dalle tensioni in Ucraina
e per cercare di sgravare il peso sempre più consistente delle sanzioni americane ed
europee sull’economia russa. Anche la presenza al Forum del Presidente della
Commissione europea Jean Claude Juncker si inserisce in questo processo,
interrompendo così un periodo di oltre due anni di assenza di visite ufficiali da parte
di un leader europeo in Russia. Nonostante il segnale positivo, Juncker – cauto nel
non aprire spiragli sulla questione ucraina – ha ribadito che le sanzioni imposte alla
Russia non verranno eliminate finchè gli accordi di Minsk non saranno completamente
rispettati.
STATI UNITI, 12 GIUGNO ↴
Omar Mateen, un giovane americano di origini afghane,
è il responsabile della strage avvenuta a Orlando
(Florida) nel night club The Pulse, che ha visto
l’uccisione di 49 persone e il ferimento di altrettante.
Seppur con le dovute precauzioni e basandosi sulla
telefonata fatta dallo stesso Mateen al 911, l’attacco
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sembrava essere ricollegabile in un primo momento ad una qualche azione dello Stato
Islamico negli USA; tuttavia un approfondimento delle indagini condotto dalle autorità
federali sembrerebbe circoscrivere l’azione ad un fatto di terrorismo interno e non
direttamente collegato all’IS. Le indagini ancora in corso potrebbero far ulteriormente
luce sulle reali motivazioni che risiedono nell’atto criminale di Mateen. Ad ogni modo
quella di Orlando è la più grave strage avvenuta sul suolo americano dopo l’11
settembre. L’evento ha avuto immediatamente ripercussioni sugli equilibri della
campagna elettorale americana, riportando alla luce due tematiche particolarmente
delicate per l’elettorato: la minaccia terroristica e la questione relativa alla diffusione
delle armi sul territorio statunitense. Le risposte che i due candidati alle presidenziali
americane hanno fornito dinnanzi al tragico evento sono state molto diverse. Da un
lato Hillary Clinton ha puntato il dito contro l’eccessiva diffusione delle armi tra i
cittadini americani e sulla necessità di applicare concretamente le misure prese dal
Presidente Obama per limitare le possibilità di acquisto di un’arma da fuoco da parte
di cittadini con precedenti penali (come nel caso di Mateen) e da persone affette da
disturbi psicologici. Dall’altro Donald Trump ha sostenuto che l’unico modo per evitare
il ripetersi di eventi simili è quello di prendere le adeguate misure per contrastare la
minaccia terroristica dentro e fuori dai confini americani e di dare ai cittadini
statunitensi la possibilità di poter possedere ed usare un’arma per potersi difendere
da situazioni come queste. Il tycoon ha inoltre ribadito l’esigenza di procedere verso
politiche migratorie più severe, proponendo restrizioni per l’afflusso di musulmani
provenienti da Paesi caratterizzati da fenomeni di terrorismo. La limitazione delle
armi da fuoco, la lotta al terrorismo e l’adozione di politiche migratorie più stringenti
si sono confermate importanti questioni dinnanzi all’elettorato americano.
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ALTRE DAL MONDO
AFGHANISTAN, 16-20 GIUGNO ↴
I Talebani, attraverso il loro portavoce Zabihullah Mujahid, hanno rivendicato la pa-
ternità dell’attentato avvenuto nella capitale Kabul ai danni di un minibus che tra-
sportava soldati nepalesi in servizio presso l’Ambasciata canadese, uccidendone 14.
Nella stessa giornata sono avvenuti altri due attentati, uno nella capitale afghana ed
un altro nella provincia nordorientale del Badakhshan, dove sono morte altre otto
persone. Non c’è stata invece al momento alcuna rivendicazione per l’uccisione, av-
venuta lo scorso 16 giugno, di Mohammad Hadi, Governatore distrettuale di Koh-
mard, città situata a 100 km da Bamyan, in una delle zone dove la resistenza talebana
è più intraprendente.
ARABIA SAUDITA-STATI UNITI, 13-17 GIUGNO ↴
Si è tenuta a Washington un’attesa visita ufficiale del Ministro della Difesa saudita,
Mohammed Bin Salman. Durante il soggiorno statunitense, il Principe ha incontrato
il Presidente Barack Obama, il Segretario di Stato John Kerry, il Segretario della Di-
fesa Ashton Carter, il Direttore della CIA John Brennan e diversi rappresentanti delle
principali aziende tecnologiche statunitensi. Secondo la maggior parte della stampa
specializzata mediorientale e statunitense, il viaggio di Salman, oltre a rappresentare
un chiaro segnale di distensione politica tra i due governi, è stato mirato anche alla
definizione e alla promozione del piano nazionale saudita per rivitalizzare l’economia
del regno. Riyadh è infatti ormai pronta a dare il via ad una nuova stagione di inve-
stimenti di grandi dimensioni per tentare di diversificare la propria economia ad oggi
fortemente dipendente dal settore petrolifero. Lo scorso 22 giugno, il Principe ha
inoltre firmato un accordo di scambio tecnologico con Microsoft Corporation Interna-
tional. Le autorità saudite si aspettano così di portare nel Paese le ultime scoperte
tecnologiche realizzate dalle aziende della Silicon Valley e impiegarle nell’attuazione
del programma di riforme economiche “Vision 2030”.
BELGIO, 18 GIUGNO ↴
Le forze di sicurezza nazionali hanno lanciato una vasta operazione anti-terrorismo
in tutto il Paese, concentrando la maggior parte delle proprie forze in 16 comuni
dell’area metropolitana di Bruxelles, in Vallonia (a Verviers, vicino Liegi, e nei dintorni
di Charleroi) e nelle Fiandre (in particolare nella regione di Anversa), ritenuti da in-
quirenti e forze di polizia i principali incubatori di soggetti radicalizzati o potenzial-
mente ascrivibili alla galassia del jihadismo militante. L’operazione è partita dietro
una segnalazione telefonica anonima che richiamava l’attenzione su possibili nuovi
attentati in Belgio e Francia, da concretizzarsi presumibilmente entro la fine dei pros-
simi Campionati europei di calcio che si giocano appunto in territorio francese.
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L’azione di polizia ha condotto all’arresto di 12 persone, molte delle quali già seguite
nei mesi scorsi dalle autorità belghe.
BRASILE, 17 GIUGNO ↴
Il governatore ad interim Francisco Dornelles ha dichiarato lo stato d’emergenza fi-
nanziaria dello Stato brasiliano di Rio de Janeiro. Nel decreto pubblicato sulla Gaz-
zetta Ufficiale, Dornelles autorizza l’applicazione di misure eccezionali, affermando
che lo Stato da lui governato è sull’orlo della “calamità pubblica”, con conseguente
rischio di un crollo totale dei servizi pubblici essenziali, quali la sicurezza, la sanità e
l’istruzione. A poco meno di due mesi dall’inizio delle Olimpiadi 2016, Dornelles ha
inoltre dichiarato che c’è la possibilità che Rio non riesca ad onorare gli impegni as-
sunti per i Giochi olimpici. Infatti, nonostante la maggior parte dei finanziamenti sia
garantita dal Municipio di Rio, lo Stato è responsabile nel settore dei trasporti e per
il rispetto dell’ordine pubblico. L’annuncio segue la visita del Presidente ad interim
del Brasile, Michel Temer, il quale aveva dichiarato che avrebbe fornito aiuti federali
a Rio de Janeiro per finanziare i servizi pubblici.
CINA-GERMANIA, 11-14 GIUGNO ↴
Il Cancelliere tedesco Angela Merkel ha tenuto una rilevante visita di Stato a Pechino
– il nono viaggio in dieci anni di mandato – mirata al rafforzamento dei rapporti
politici ed economico-commerciali bilaterali. Durante la sua visita, Merkel ha spiegato
ai suoi interlocutori, il Presidente Xi Jinping e il Premier Li Keqiang, che «non esiste
alcuna guerra commerciale tra Unione Europea e Cina», tuttavia ha espresso preoc-
cupazione per la sovrapproduzione di acciaio cinese che mette sotto pressione i mer-
cati europei e che rischia di mandare in crisi le industrie di settore. Il Cancelliere ha
inoltre sollecitato la Cina ad aprirsi agli investimenti stranieri, in modo anche da fa-
vorire le aziende tedesche da sempre interessate al mercato cinese e in particolare
al settore manifatturiero. Al centro dei colloqui anche la nuova legge cinese che con-
ferisce alla polizia ampia discrezione nell’esercitare controlli sulle ONG in nome degli
interessi nazionali, nonché un chiaro riferimento all’avanzamento del processo poli-
tico di Stato di diritto nel Paese asiatico, fautore, questo, di un rafforzamento
dell’uguaglianza e della stabilità sociale.
COLOMBIA, 23 GIUGNO ↴
Dopo oltre mezzo secolo di conflitto e quattro anni di lunghe e tortuose trattative
segrete tenute tra Oslo e L’Avana, il governo colombiano e gli insorti delle Fuerzas
Armadas Revolucionarias de Colombia (FARC) hanno annunciato nella capitale cu-
bana la storica firma di un accordo di pace tra le parti. Dopo il passo falso dello scorso
aprile, il Presidente della Repubblica Juan Manuel Santos e il leader delle FARC Ro-
drigo Londoño, detto Timonchenko, alla presenza del Segretario Generale delle Na-
14
zioni Unite Ban Ki-moon e dei mediatori internazionali di Norvegia, Cile, Cuba e Ve-
nezuela, hanno ufficialmente firmato l’accordo di pace che dovrebbe mettere fine ad
una guerra che in 52 anni ha provocato oltre 8 milioni di morti nel Paese. L’intesa
prevede che entro i prossimi 60 giorni tutte le milizie collegate alle FARC dovranno
consegnare le armi alle Nazioni Unite, mentre nei successivi sei mesi che gli oltre
20.000 insorti confluiscano in 23 aree di smobilitazione e in 8 accampamenti provvi-
sori, prima del reinserimento definitivo nella società civile colombiana. L’intero iter
mediato e sorvegliato dall’ONU è mirato all’avvio di un processo di normalizzazione e
di riconciliazione nazionale. Santos ha dunque proclamato l’istituzione di un referen-
dum popolare nel prossimo mese di settembre con l’obiettivo di legittimare politica-
mente l’intesa dell’Avana.
COREA DEL NORD, 15-22 GIUGNO ↴
La Cina ha imposto un divieto alla vendita di tecnologia nucleare alla Corea del Nord.
La mossa si inserisce nel quadro della Risoluzione 2270 adottata a marzo dal Consiglio
di Sicurezza delle Nazioni Unite e volta ad impedire la produzione di armi nucleari da
parte di Pyongyang. Nel divieto cinese sono inclusi materiali come: magneti ad anello,
leghe in alluminio ad alta resistenza, apparecchiature per la saldatura a laser e una
serie di sostanze che potrebbero essere usate per produrre armi chimiche o nucleari.
Pochi giorni dopo l’annuncio del divieto, il 22 giugno, la Corea del Nord ha condotto
due nuovi test missilistici a distanza di poche ore l’uno dall’altro. Si è trattato di due
missili di media gittata (3.500/4.000 Km di distanza) di tipo Musudan, il primo dei
quali è esploso a soli 150 Km dal lancio, nel Mar del Giappone; mentre il secondo
sembra aver raggiunto una distanza di 400 Km dalla costa di Wonsan elevandosi ad
un’altitudine di 1.000 Km.
CROAZIA, 16 GIUGNO ↴
Dopo appena cinque mesi dall’assunzione del suo incarico, il Primo Ministro Tihomir
Orešković è stato sfiduciato dal Parlamento e invitato dalle forze di opposizione (cen-
tristi, socialisti e minoranze etniche) a rassegnare le proprie dimissioni e ad indire
nuove consultazioni. La crisi di governo, che porterà la Croazia alle elezioni anticipate
il prossimo 20 settembre, ha origine nel conflitto di interessi che ha coinvolto il Pre-
mier uscente e Tomislav Karamarko, leader del partito conservatore HDZ (Unione
Democratica Croata) e di maggioranza relativa all’interno del Sabor (il Parlamento
croato), e dallo scandalo corruzione riguardante l’azienda energetica INA-MOL, che
ha coinvolto direttamente lo stesso Karamarko.
EGITTO, 21 GIUGNO ↴
Il Consiglio di Stato ha dichiarato nullo l’accordo siglato tra il governo del Cairo e
l’Arabia Saudita sulla cessione di sovranità delle isole Sanafir e Tiran, nel Mar Rosso.
I due territori sono sottoposti al controllo amministrativo e politico egiziano sin
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dall’accordo di delimitazione del 1906 tra l’Impero Ottomano e il Regno Unito, che
controllava il Paese nordafricano. L’intesa, raggiunta lo scorso aprile ed accompa-
gnata da numerose proteste popolari, è stata annullata dalla Corte per un vizio pro-
cedurale. Infatti secondo la Costituzione nazionale, l’atto unilaterale del governo è
illegittimo e il governo avrebbe dovuto presentare la proposta di cessione delle isole
egiziane dinanzi al Parlamento riunito, il quale avrebbe potuto far passare la proposta
del legislatore a larga maggioranza. L’esecutivo ha già annunciato di voler ricorrere
presso la Corte Suprema. Qualora non dovesse rientrare la controversia tra potere
legislativo e giudiziario egiziano, l’Arabia Saudita potrebbe adire presso un arbitrato
internazionale con il rischio pertanto di aggravare le apparentemente stabili relazioni
bilaterali tra Il Cairo e Riyadh.
GIORDANIA, 21-22 GIUGNO ↴
Un attacco kamikaze non rivendicato si è verificato presso il campo profughi di al-
Rukban, nel nord-est della Giordania: un camion pieno di esplosivo è penetrato dal
confine siriano ed è saltato in aria davanti a un posto di blocco dell’esercito, uccidendo
sei soldati e ferendo gravemente sedici persone. Il campo di al-Rukban è utilizzato
dai militari giordani per accogliere e interrogare i civili in fuga dalla vicina Siria. Im-
mediata la reazione del governo di Amman che il 22 giugno ha decretato la chiusura
dei confini con la Siria e con l’Iraq, dichiarandoli zone militari. Tale provvedimento è
stato accompagnato dall’annuncio dell’immediata cessazione di tutti i progetti di co-
struzione di nuovi campi profughi e di ampliamento di quelli già esistenti. L’attacco
ad al-Rukban sembra certificare una crescente pressione di cellule di DAESH all’in-
terno e all’esterno della Giordania.
MAROCCO, 13 GIUGNO ↴
Il Ministero dell’Interno di Rabat ha reso noto che un cittadino italiano è stato arre-
stato l’8 giugno dalle autorità locali all’aeroporto di Oujda, nei pressi del confine con
l’Algeria. L’uomo, del quale non è stata ancora comunicata l’identità, è stato fermato
con l’accusa di avere dei legami con l’IS e di stare pianificando attentati in Marocco.
Sempre secondo quanto riportato nel comunicato marocchino, il presunto terrorista
era residente in Belgio, dove avrebbe ricevuto un indottrinamento da islamisti radicali
e avrebbe poi, nel 2014, cercato di raggiungere i campi di addestramento dei miliziani
dell’IS in Siria ed Iraq. Tuttavia, non essendo riuscito in tale intento sarebbe tornato
inizialmente in Belgio per poi recarsi a Casablanca a partire dal giugno 2015; in
quest’ultimo viaggio l’uomo avrebbe individuato i possibili obiettivi di attentati terro-
ristici nel cuore commerciale del Paese maghrebino.
REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO, 21 GIUGNO ↴
I giudici della Corte Penale Internazionale hanno condannato il congolese Jean Pierre
Bemba a 18 anni di reclusione per crimini contro l’umanità. L’ex vice Presidente della
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Repubblica Democratica del Congo, che ha già scontato otto anni di prigione in Belgio,
è stato ritenuto direttamente responsabile dei crimini commessi dalle truppe del Mou-
vement pour la Liberation du Congo (MLP) inviate in Repubblica Centrafricana, du-
rante il colpo di Stato dell’allora generale François Bozizé (2002-2003).
SOMALIA, 25 GIUGNO ↴
Un’autobomba è esplosa nell’Hotel Naasa Hablood a Mogadiscio, un edificio frequen-
tato anche da molti turisti stranieri, provocando 35 morti e diverse decine di feriti.
L’attacco, che è stato condotto da un commando di 4 uomini già presenti nell’albergo
al momento dell’avvio dell’azione militare, è stato rivendicato dal gruppo islamista
somalo al-Shabaab. La rinata vitalità e incisività dell’organizzazione islamista si
ascrive ad una serie di fattori (riduzione degli aiuti internazionali alla missione AMI-
SOM, intra-conflittualità e rischio di nuove scissioni all’interno del gruppo) che con-
fermano una rinnovata pericolosità, nonché una mutata strategia di al-Shabaab nella
conduzione delle azioni stragiste nel Paese. Nel solo mese di giugno, la Somalia ha
assistito infatti a due attacchi terroristici dall’alto valore politico, economico e mili-
tare. Il primo avvenuto sempre nella capitale, all’hotel Ambassador (1° giugno), ha
portato alla morte di tre parlamentari somali. Il successivo, avvenuto il 9 giugno, è
stato l’attacco contro la base militare dell’AMISOM nel nord del Paese, che ha provo-
cato 43 vittime, tutti soldati etiopici della missione militare dell’Unione Africana.
YEMEN, 17 GIUGNO ↴
Anwar Gargash, Ministro degli Affari Esteri degli Emirati Arabi Uniti ha dichiarato che
l’impegno delle truppe emiratine all’interno della coalizione a guida saudita che è
intervenuta nel conflitto civile yemenita si avvia alla conclusione. La dichiarazione di
Gargash lascia aperta la possibilità che gli EAU possano lasciare truppe schierate nel
sud del Paese, impegnate nelle operazioni contro il terrorismo. Abu Dhabi, che pos-
siede uno degli eserciti meglio equipaggiati del Medio Oriente, ha subito oltre 80
perdite di soldati da quando è iniziato il loro intervento in Yemen nel marzo 2015.
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ANALISI E COMMENTI
STATI UNITI-ISRAELE E IL MEMORANDUM DELLA DISCORDIA
FABIO RONDINI ↴
La relazione tra Stati Uniti e Israele sta attraversando un’intensa fase di crisi politica,
che ha trovato recentemente il suo apice nell’impasse delle trattative per il rinnovo
del Memorandum of Understanding (MoU) relativo al prolungamento degli aiuti mili-
tari statunitensi alla Difesa israeliana. Questa situazione costituisce l’ultima di una
serie di tensioni diplomatiche bilaterali maturate durante il mandato di Barack
Obama: dalle divergenze sulla questione israelo-palestinese alla conclusione dell’ac-
cordo sul nucleare iraniano, passando per il progressivo distacco della Casa Bianca
dagli affari mediorientali. Quello tra Washington e Tel Aviv è uno storico legame, che
si è consolidato nel periodo della Guerra Fredda: pedina fondamentale per gli Stati
Uniti in chiave di contenimento anti-sovietico nello scacchiere mediorientale e medi-
terraneo, lo Stato ebraico ha ottenuto l’appoggio diplomatico di Washington sia nella
Guerra dei Sei Giorni del 1967, quando in sede di Consiglio di Sicurezza delle Nazioni
Unite ha posto il proprio veto sull’adozione di misure sanzionatorie dirette contro Tel
Aviv, sia durante la guerra dello Yom Kippur del 1973, quando il Presidente Richard
Nixon fornì ad Israele una serie di aiuti militari, incontrando l’opposizione di numerosi
alleati europei. Il rapporto così stabilito si è mantenuto anche dopo il crollo dell’Unione
Sovietica, ma negli ultimi anni questo legame si è indebolito a causa di una serie di
divergenze d’interessi soprattutto in politica estera. L’ultima crepa è lo stallo appunto
sul negoziato per il rinnovo del MoU, firmato nel 2007 sotto la presidenza di George
W. Bush e in scadenza nel 2018, il cui testo prevedeva un cospicuo trasferimento di
finanziamenti da Washington a Tel Aviv per il settore della Difesa (…) SEGUE >>>
A cura di
OSSERVATORIO DI POLITICA INTERNAZIONALE
Ente di ricerca di
“BLOGLOBAL-LO SGUARDO SUL MONDO”
Associazione culturale per la promozione della conoscenza della politica internazionale
C.F. 98099880787
www.bloglobal.net