COME ALLA CORTE DI FEDERICO II OVVERO
PARLANDO E RIPARLANDO DI SCIENZA
E FU SUBITO LUCE… LASER 9di Massimo Inguscio
IL LASER E LA MISURA DEL TEMPO 11di Guglielmo Maria Tino
L’USO DEI LASER NELLA SPERIMENTAZIONE FLUIDODINAMICA 13di Giovanni Maria Carlomagno
GLI EFFETTI MECCANICI DELLA LUCE: DAGLI ATOMI AL DNA 16di Antonio Sasso
VORTICI DI LUCE 19di Enrico Santamato
LASER E OFTALMOLOGIA 22di Giovanni Cennamo
Gli articoli degli incontri si trovano all’indirizzo
www.comeallacorte.unina.it
"La storia del laser insegna, ancora una volta,
che le grandi scoperte, spesso imprevedibili, sono il risultato
di curiosità, fantasia e sete di sapere tout-court...
la ricerca ha bisogno di tempo e fiducia"
Massimo Inguscio, si laurea in Fisica alla Normale di Pisa nel 1972. È professore ordinario di Fisica della Materia dal 1986, prima presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II di Napoli e dal 1991 presso la Facoltà di Scienze MFN dell’Università degli Studi di Firenze. È stato co-fondatore dell'“European Laboratory for Non Linear Spectroscopy (LENS)” di Firenze, che ha diretto dal 1998 al 2004 e del Consiglio Direttivo del quale è membro. Il LENS, è riferimento internazionale per ricerche in fisica della materia e fa parte dell’European Research Infrastructure LASERLAB. È stato, tra l’altro, Presidente del Panel Costituenti Fondamentali della Materia dell’ERC, membro
dell’Advisory Group dell’ESA, della commissione FIRB del MIUR e Direttore del Dipartimento Materiali e Dispositivi del CNR. È attualmente Direttore del Dipartimento Scienze Fisiche e Tecnologie della Materia del CNR. Massimo Inguscio è socio dell'Accademia Nazionale dei Lincei, dell’Istituto Lombardo (Accademia di Scienze e Lettere) di Milano, dell’Accademia Pontaniana, membro dell’ Academia Europaea e fellow della Opt. Soc. of America (OSA), della Am. Phys. Soc. (APS) e della Eur.Opt. Soc. (EOS). Per la sua attività di ricerca, Massimo Inguscio ha ricevuto prestigiosi riconoscimenti in Italia e all’estero, fra cui i più recenti: Herbert Walther Aw. della OSA e della Deutsche Physik. Ges. (DFG); Premio Internazionale "Felice Pietro Chisesi and Caterina Tomassoni" (Università La Sapienza); ERC Advanced Grant (IDEAS); Ha soggiornato all’estero come visiting scientist in laboratori internazionali tra i quali NIST e JILA (Boulder, Colorado), Laboratoire de Spectroscopie Hertzienne (Ecole Normale Superieure, Paris), Institut d’Optique (Orsay), Max Planck Institute for Quantum Optics (Munich). L’attività di ricerca di Massimo Inguscio, a carattere prevalentemente sperimentale, riguarda l’interazione tra luce laser e materia e l’ottica quantistica (sviluppo di nuove tecniche di spettroscopia ad alta precisione e sensibilità, raffreddamento laser e manipolazione di gas quantistici degeneri bosonici e fermionici a temperature prossime allo zero assoluto. Massimo Inguscio è autore di più di 270 pubblicazioni su riviste di grande impatto e curatore di più di 10 libri. Per la Oxford University Press è recente autore (con L. Fallani) di: AtomicPhysics: precise measurements and ultracold matter.
UNIVERSITÀ D STUDI DI NAPOLI FEDERICO II COME ALLA CORTE DI FEDERICO II E fu subito luce… laser
E FU SUBITO LUCE… LASER Massimo Inguscio Professore di Fisica della materia Università degli Studi di Firenze
Né io né Charlie avevamo mai sentito
parlare di distacco della retina nel 1960. Se
avessimo cercato di sviluppare nuove tecniche
per la medicina, non saremmo andati
cincischiando con l’emissione stimolata da atomi
eccitati.
Così Arthur L. Schawlow parlava del
laser che, col transistor ed il calcolatore
elettronico, è simbolo della rivoluzione
tecnologica del secolo scorso. Il laser, frutto
della comprensione “quantistica” dell’interazione
tra luce e materia a livello microscopico, ha ben
presto superato i confini del pur vasto campo
dove era stato inventato, quello dell’ottica e
della fisica della materia, per inondare di luce
nuova, è il caso di dirlo, i campi più vari e
interdisciplinari, dalla chirurgia ai lettori di
compact disc, dalla creazione di stelle artificiali
per la guida dei telescopi alla telefonia in fibra.
Nell’immaginario collettivo, al laser viene
associata un’idea di potenza, persino da arma
letale. È vero, col laser si salda, si perfora, si
tagliano vele o montature di occhiali, ma si può
anche raffreddare la materia sin quasi allo zero
assoluto (273 gradi sotto zero). Alcuni dei più di
venti premi Nobel connessi al laser sono legati a
questa nuova frontiera dove realizziamo in
laboratorio le temperature più basse
dell’universo. Atomi “”ultrafreddi” diventano
nuovi “pendoli” con cui misurare il tempo. Le
velocissime “oscillazioni” della luce laser, milioni
di miliardi in un secondo, si “contano” con
precisione tale da costruire orologi atomici che,
se fossero stati messi in funzione al momento
del “big-bang”, oggi anticiperebbero o
ritarderebbero di pochi secondi soltanto. Ancora
più giù in temperatura, a pochi miliardesimi di
grado dallo zero assoluto, gli atomi perdono la
loro individualità di particelle e degenerano in
nuovi stati della materia, un condensato di Bose-
Einstein o un mare di Fermi. In questo modo la
meccanica quantistica che nel secolo scorso era
stata protagonista di un modo tutto nuovo di
capire la realtà a livello microscopico, diventa
spinta per una seconda possibile rivoluzione
tecnologica, questa volta determinando con le
sue leggi controintuitive il comportamento di
“oggetti” macroscopici. Verranno illustrati il
funzionamento in laboratorio di nuovi “simulatori
quantistici” così come i progressi verso una
nuova generazione di calcolatori quantistici. In
questo caso “bits” atomici sono manipolati da
luce laser. Sogni, si dirà, ma come ricorda Serge
Haroche - Premio Nobel 2012 appunto per aver
aperto nuove strade per l’informazione
quantistica - e come la stessa storia del laser
insegna, l’imprevedibilità delle grandi scoperte
sono spesso risultato di curiosità, fantasia e sete
di sapere tout-court... la ricerca ha bisogno di
tempo e fiducia.
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UNIVERSITÀ D STUDI DI NAPOLI FEDERICO II COME ALLA CORTE DI FEDERICO II E fu subito luce… laser
IL LASER E LA MISURA DEL TEMPO Guglielmo Maria Tino Professore di Fisica atomica Università degli Studi di Firenze
Fin dalla sua invenzione, il laser è noto
per avere un'elevata "purezza spettrale". Come
per uno strumento musicale, questo termine
indica quanto è pura la "nota" emessa, ossia
quanto è ben determinata la frequenza. Nel caso
del laser si tratta della frequenza con cui oscilla
il campo elettromagnetico dell'onda luminosa.
La luce può essere considerata come
un'onda elettromagnetica ma anche come fatta
di particelle dette fotoni. Come proposto da Bohr
nel 1913, esattamente 100 anni fa, un fotone
può indurre in un atomo la transizione tra due
livelli di energia E1 e E2 se è verificata la
condizione E2- E1=hf, in cui h è la costante detta
di Planck e f è la frequenza dell'onda
elettromagnetica.
Questi principi della fisica quantistica
sono alla base di quello che è in questi anni uno
degli sviluppi più impressionanti in fisica, gli
orologi atomici ottici. Un orologio ottico è basato
su un laser la cui frequenza viene riferita al
valore per cui si ha la transizione in un atomo. Il
tic-tac dell'orologio è allora costituito dall'oscil-
lazione dell'onda laser che avviene un milione di
miliardi di volte al secondo. Se si sceglie
un'opportuna transizione atomica, la frequenza
del laser può essere fissata in modo da emettere
una "nota perfetta". Per avere una frequenza
così stabile, l'atomo di riferimento non deve
muoversi perché altrimenti l'effetto Doppler
(quello dell'autombulanza...) porterebbe a una
variazione della frequenza. Di nuovo il laser ci
viene in aiuto: utilizzando la luce laser si riesce a
raffreddare un gas di atomi quasi allo zero
assoluto e a intrappolarli in modo che siano
praticamente fermi.
A Firenze, per esempio, partendo da
esperimenti che avevamo iniziato 20 anni fa
presso il Dipartimento di Fisica di Napoli,
abbiamo recentemente realizzato un orologio
atomico ottico con atomi di stronzio raffreddati e
intrappolati con luce laser. Con un sistema di
fibre ottiche l'orologio verrà collegato ad altri
simili che si stanno sviluppando in Europa
creando una rete di orologi di altissima
precisione sincronizzati tra di loro.
Per avere un'idea di cosa si riesce a
ottenere oggi nei laboratori, un orologio ottico
sbaglierebbe di meno di un secondo su un tempo
dell'ordine dell'età dell'universo. Questo è 100-
1000 volte meglio dei migliori orologi finora
realizzati.
A cosa può servire tutto questo? La
migliore risposta è quella che fu data proprio a
proposito del laser: "una soluzione alla ricerca di
un problema". Gli inventori del laser non
avrebbero mai immaginato che la loro scoperta
avrebbe rivoluzionato campi tanto diversi e
risolto tanti problemi.
La misura accurata del tempo ha sempre
giocato un ruolo molto importante per diverse
applicazioni e in particolare nella navigazione.
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Orologio atomico ottico sviluppato dal gruppo del prof. Guglielmo Tino presso il laboratorio LENS e il Dipartimento di Fisica dell'Università degli Studi di Firenze.
Utilizzando atomi di stronzio intrappolati e raffreddati quasi allo zero assoluto dalla luce laser, sono stati realizzati un orologio atomico ottico e un
nuovo sensore quantistico per misure di altissima precisione del tempo e della gravità.
Come già avviene per il GPS, si può immaginare
che orologi molto più precisi saranno importanti
per la futura navigazione nello spazio. Gli orologi
atomici ottici stanno già aprendo prospettive
finora impensabili quale lo studio in laboratorio
della relatività generale che prevede che lo
spazio-tempo sia influenzato dalla gravità.
Metodi simili vengono utilizzati per realizzare
nuovi sensori quantistici, gli interferometri
atomici basati sul dualismo onda particella per
un atomo, con cui si può studiare la gravità e
magari in futuro rivelare le onde gravitazionali.
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L’USO DEI LASER NELLA SPERIMENTAZIONE FLUIDODINAMICA Giovanni Maria Carlomagno Già Professore di Gasdinamica Università degli Studi di Napoli Federico II
Nella fluidodinamica, la caratterizzazione
dei campi di moto risulta fondamentale.
Dapprima, ciò è stato eseguito soprattutto con
l'uso di sonde immerse nella corrente, la cui
influenza sul campo non si può eliminare del
tutto. Ci sono, poi, casi (fiamme, plasma, fluidi
aggressivi) nei quali è difficile inserire una sonda
nella corrente. In questi casi, ma non solo, si
ricorre a tecniche di misura ottiche. Queste
ultime, peraltro grazie all’impiego del laser,
hanno dischiuso una estesa gamma di metodi
molto accurati e insostituibili. I metodi ottici
sfruttano le peculiari caratteristiche dei fasci di
luce laser: alcuni utilizzano la loro grande
capacità di collimazione, altri le più complesse
caratteristiche di coerenza spaziale e temporale,
altri ancora la concentrazione di potenza.
Inizialmente, il laser è stato utilizzato
solo come sorgente luminosa nei metodi basati
sulla densità del fluido. Questi metodi
consentono di rilevare variazioni di densità
dovute a variazioni di temperatura, e/o di
velocità, e/o di composizione. La variazione della
densità produce una variazione dell'indice di
rifrazione del fluido che, a sua volta, cambia la
velocità di propagazione della luce e influenza la
traiettoria (rifrazione) e la fase dei raggi
luminosi che lo attraversano. Adeguati sistemi
ottici consentono di rilevare alternativamente lo
spostamento (metodo delle ombre, shadograph),
o la deflessione (schlieren e interferometro
differenziale), o il ritardo di fase (interferometro)
dei raggi mediante variazioni della luminosità o
del colore sull'immagine ottenuta. Essi sono
rispettivamente sensibili ai gradienti dei
gradienti della densità, ai gradienti di densità e
alla densità stessa. Nelle tre immagini della
figura sono mostrate l’aura, che circonda ogni
essere umano, intorno a una ragazza
(shadograph), la presa d’aria di un turbojet
supersonica a Mach 2 (schlieren) e lo sviluppo di
una piuma termica che ricorda quella che segue
un’esplosione atomica. Nell’ultimo caso, a ogni
frangia (linea nera) corrisponde una data
temperatura del fluido.
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Un esempio più familiare è costituito
dall’immagine della fiamma di una candela dove,
ancora una volta, a ogni frangia corrisponde una
determinata temperatura dei prodotti della
combustione.
Nella sperimentazione fluidodinamica, il
laser non è stato solo utilizzato come sorgente
luminosa, ma ha anche generato lo sviluppo di
metodi completamente nuovi come
l’anemometria laser doppler (LDA), l'olografia, la
Particle Image Velocimetry (PIV) e
l'interferometria olografica.
L’aria e molti fluidi sono trasparenti alle
radiazioni luminose e non si vedono; però alcuni
metodi ottici possono essere adoperati se il
fluido è inseminato con particelle (seeding) che
diffondono la luce impingente su di esse.
Affinché le particelle operino come indicatori
della velocità del fluido, anche quando questa
varia rapidamente nel tempo (turbolenza), esse
debbono avere un’inerzia molto bassa, quindi
bassa densità e, specialmente, basso volume
(diametro di alcuni micron).
La LDA misura la velocità del fluido dalla
differenza di frequenza tra la luce che colpisce la
particella in moto e quella da essa diffusa e
ricevuta dal rilevatore (effetto Doppler). La
misura è puntuale (in un punto). Nella PIV
invece, due lame di luce (laser sheets)
consecutive illuminano una sezione del campo di
moto e, dallo spazio percorso nell’intervallo di
tempo che separa le due immagini successive, si
misura la velocità delle particelle. A differenza
della LDA, la PIV consente l'esame di una intera
sezione del campo di moto e quindi la misura
della velocità sull’intero piano. In genere, si
misurano le due componenti della velocità nel
piano illuminato ma, con un approccio
stereoscopico (due telecamere, Stereo PIV), è
possibile ottenere anche la terza componente. La
conoscenza dettagliata del campo dei vettori
velocità consente anche di ricavare le traiettorie
istantanee delle particelle di fluido alcune delle
0 0.5 1 1.5 2 2.50
0.5
1
1.5
2
2.5 0.109
0.088
0.067
0.046
0.024
0.003
-0.018
-0.039
-0.061
-0.082
-0.103
-0.124
-0.146
-0.167
-0.188
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quali sono riportate in figura per un getto
impingente su una parete con la connessa
vorticità indicata dai differenti colori. Da pochi
anni a questa parte e grazie anche all’avvento di
laser pulsati di elevata potenza, la PIV si è
evoluta nella Tomo PIV che consente di misurare
i vettori velocità, tempo risolti, non solo su un
piano ma addirittura in un dato volume del
campo di moto. Misura tridimensionale (tre
componenti) in un campo tridimensionale
(volume) della quale è riportato un esempio in
figura per lo stesso getto impingente su una
parete. Si notano i vortici toroidali che
circondano il getto effluente dall’ugello posto in
alto e come essi si fratturino nell’impatto con la
parete. Tutto ciò porterà a una migliore com-
prensione di alcuni fenomeni che avvengono nei
campi fluidodinamici (in particolare della turbo-
lenza) e a una migliore taratura dei metodi
numerici cui la sperimentazione è sempre
necessaria.
Occorre poi osservare che quanto sopra
riportato, soprattutto nel caso della PIV, risulta
possibile a fronte di un sostanziale apporto di
natura computazionale per elaborare le immagini
ottenute. Naturalmente, questo breve appunto
non intende essere esaustivo nella descrizione
dell’impiego dei laser negli studi di fluido-
dinamica, ma ne rappresenta alcuni passi
salienti.
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UNIVERSITÀ D STUDI DI NAPOLI FEDERICO II COME ALLA CORTE DI FEDERICO II E fu subito luce… laser
GLI EFFETTI MECCANICI DELLA LUCE: DAGLI ATOMI AL DNA
Antonio Sasso Professore di Fisica della materia Università degli Studi di Napoli Federico II
È ben noto che la luce trasporta energia.
Già Archimede lo aveva intuito costruendo i suoi
specchi ustori per incendiare le navi romane. In
natura i quanti di luce (fotoni) costituiscono il
carburante del processo di fotosintesi
clorofilliana che trasforma anidride carbonica e
acqua in glucosio, uno dei processi alla base
della vita sulla Terra.
Meno noti sono, invece, gli aspetti
meccanici della luce, ovvero la sua capacità di
esercitare forze o momenti sui corpi, ossia di
muovere e ruotare oggetti. Fu l’astronomo
tedesco Johannes Kepler (1571-1631) che, per
la prima volta, attribuì la formazione delle code
delle comete al cosiddetto “vento solare” che
spinge i micro-cristalli di ghiaccio che circondano
il nucleo della cometa (fig. 1). Solo alcuni secoli
dopo, J. Clerk Maxwell (1831-1879) spiegò con
la sua teoria elettromagnetica come la
radiazione elettromagnetica fosse in grado di
produrre una “pressione di radiazione” sui corpi.
In termini quantistici, a ciascun fotone di energia
h è associata una quantità di moto pari a h /c,
essendo h la costante di Planck, la frequenza
della radiazione e c la velocità della luce. Quan-
do i fotoni sono riflessi o attraversano un corpo,
rilasciano parte di questa quantità di moto e, per
la seconda legge di Newton, esercitano una forza
su di esso. Ciò significa che quando siamo
esposti alla luce solare, oltre a riscaldarci (e
abbronzarci) siamo sottoposti ad una forza
meccanica. Tuttavia, tale forza è estremamente
piccola rispetto alla forza peso che ci tiene legati
alla Terra, quindi risulta impercettibile ai nostri
sensi.
Le cose cambiano drasticamente quando
consideriamo oggetti di massa molto più piccola
come, ad esempio, atomi o anche oggetti di
dimensione micrometrica.
In quest’affascinante avventura scientifi-
ca il laser ha avuto un ruolo determinante grazie
alle sue peculiari proprietà di monocromaticità,
di direzionalità e di elevata intensità. Sfruttando
la quantità di moto trasportata da fasci laser è
oggi possibile manipolare atomi e molecole
rallentandoli quasi da arrestarli del tutto. Ciò ha
portato, a partire dalla materia gassosa, alla
realizzazione di un nuovo stato della materia,
previsto dalla teoria quantistica ma osservato
soltanto in particolari sistemi (elio liquido e
fenomeni di superfluidità). Questi sistemi,
realizzati per la prima volta nel 1995 da Eric
Cornell (premio Nobel per la Fisica 2001), vanno
sotto il nome di condensati di Bose-Einstein e le
tecniche per ottenerli prendono il nome di
raffreddamento laser (laser cooling).
Ma gli effetti meccanici della luce
risultano efficaci anche per manipolare oggetti di
dimensioni molto maggiori di quelle atomiche.
Infatti è oggi possibile controllare la posizione di
particelle di dimensioni che vanno dalle decine di
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UNIVERSITÀ D STUDI DI NAPOLI FEDERICO II COME ALLA CORTE DI FEDERICO II E fu subito luce… laser
nanometri (1 nm = 10-9 m) fino ad alcune
decine di micrometri (1 m = 10-6 m). Queste
dimensioni sono prossime a quelle del mondo
macroscopico e, per questo, sembra quasi
realizzarsi l’idea fantascientifica nel film Star
Trek di spostare oggetti con la luce (fig. 1).
La possibilità di poter manipolare oggetti
di dimensioni micrometriche non costituisce un
mero fatto speculativo perché queste tecniche
sono state estese con successo alla biologia.
Oggi è infatti possibile manipolare con la luce,
quindi senza nessun contatto meccanico e senza
danneggiamenti termici, singole cellule o,
addirittura, singole molecole di DNA con
conseguenze affascinanti per lo sviluppo della
biologia e della medicina. Questi sistemi vengo-
no chiamati “pinzette ottiche” (optical tweezers)
(fig. 2) e sono alla base di metodi d’indagine
oramai assai diffusi in esperimenti di
biomedicina avanzati e che mirano, ad esempio,
alla diagnosi precoce su base di singola cellula di
malattie come il cancro, o alla possibilità di
selezionare uno specifico tipo di cellule. L’utilizzo
delle pinzette ottiche ha anche permesso di
studiare in modo quantitativo motori micro- e
nano-metrici che regolano i movimenti nel
nostro corpo a livello molecolare (molecular
motors) come, ad esempio, il movimento
flagellare dei batteri, il sistema actina-miosina
presente nei sarcomeri dei muscoli o il traffico di
proteine all’interno del citoplasma delle cellule
(fig. 2).
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Fig.2 (A) Un’immagine suggestiva di una pinzetta ottica. A differenza di una comune micro-pipette
usata in biologia in una pinzetta ottica non vi è alcun contatto meccanico. (B) Una cellula intrappolata con pinzette ottiche e manipolata con altri fasci laser che fanno da forbici laser (laser
scissor). (C) Esempio di motore molecolare actina-miosina. Il filamento di actina viene teso con due pinzette ottiche mentre la miosina, legata ad una terza sferetta, cammina lungo il filamento in presenza di ATP.
Fig.1 (A) Formazione della coda di una cometa quando si avvicina al sole. Ad un’analisi attenta si osservano in
realtà due code: una è prodotta dalla pressione di radiazione, la seconda da particelle ionizzate. (B) Un’immagine del fiim “Star Trek” con capitan Spoke dove fasci di luce sono in grado di spostare oggetti
Sole
cometa
(A) (B)
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UNIVERSITÀ D STUDI DI NAPOLI FEDERICO II COME ALLA CORTE DI FEDERICO II E fu subito luce… laser
VORTICI DI LUCE Enrico Santamato Professore di Ottica quantistica Università degli Studi di Napoli Federico II
Gli antichi yogi indiani indicano con il
nome “vortici di luce” (o “chakra”, che significa
“ruota” in sanscrito) i vortici perenni generati dai
flussi di energia vibrazionale che compongono i
nostri corpi. Oggi i vortici di luce sono una
realtà. Non si tratta dei “chakra” tantrici, bensì
di veri e propri vortici di luce o, più in generale,
di vortici di energia elettromagnetica generati in
laboratorio. Sebbene le equazioni fondamentali
dell’elettromagnetismo di Maxwell (1865)
prevedessero la loro esistenza, la scoperta e i
primi studi sperimentali sui vortici di luce
risalgono a una ventina di anni fa (Allen et al.,
1992).
Da allora le tecniche di generazione,
manipolazione e analisi dei vortici di luce sono
notevolmente migliorate e il numero di applica-
zioni ha continuato crescere e, probabilmente,
continuerà a crescere in futuro. I vortici di luce
hanno proprietà davvero inaspettate. Nei fasci a
vortice, per esempio, i raggi di luce non
viaggiano in linea retta, ma spiraleggiano
attorno all’asse del fascio creando, appunto, un
vortice. Il numero di lunghezze d’onda in cui un
raggio di luce del vortice compie un giro
completo attorno all’asse del fascio è un numero
intero, che caratterizza la “vorticità” (o “carica
topologica”) del vortice. I vortici ottici possono
avere elicità destra o sinistra. Per convenzione, i
vortici con elicità sinistra hanno vorticità positiva
(un cavatappi che gira nel verso del vortice
procede lungo la direzione di propagazione del
fascio) e quelli con elicità destra hanno vorticità
negativa. Al centro del vortice il campo
elettromagnetico si annulla, creando un profilo
d’intensità dalla caratteristica forma a ciambella.
Sebbene il campo di un vortice di luce sia
oscillante e abbia le proprietà di ogni altra onda
elettromagnetica, il suo centro è un punto
singolare (una singolarità anche dal punto di
vista matematico!) e non è soggetto ai fenomeni
caratteristici delle onde come la diffrazione. A
ogni fotone del vortice è associato un momento
angolare orbitale (OAM) pari al valore intero
della sua vorticità in unità di ( = 1,05×10 34
N m s) è l’unità fondamentale di momento
angolare). Il momento angolare orbitale
trasportato dal vortice non deve essere confuso
con il momento angolare “di spin” (SAM)
associato alla polarizzazione circolare destra o
sinistra della luce. A differenza dell’OAM il SAM
può assumere solo i due valori ± per fotone ed
è conosciuto da molto tempo grazie agli studi
pionieristici di Poynting (1909) e alle misure
optomeccaniche di Beth (1936). Il momento
angolare del vortice e quello della polarizzazione
circolare sono indipendenti l’uno dall’altro e
possono essere sommati e/o sottratti tra loro.
Alla luce delle notevoli e, per certi versi,
sorprendenti proprietà dei vortici di luce, appare
credibile il fatto che la possibilità della loro
esistenza, pur prevista dalla teoria
elettromagnetica maxwelliana, sia stata
trascurata per più di un secolo. Le peculiarità dei
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UNIVERSITÀ D STUDI DI NAPOLI FEDERICO II COME ALLA CORTE DI FEDERICO II E fu subito luce… laser
vortici elettromagnetici hanno destato un grande
interesse nella comunità scientifica,
incoraggiando studi approfonditi di fisica di base
e la messa a punto di nuove tecnologie per la
loro generazione, manipolazione e rivelazione.
Ben presto sono apparse applicazioni dei vortici
ottici in campi anche molto distanti tra loro. Una
delle prime applicazioni è stata la realizzazione
di micromotori ottici (micropompe ottiche, ad
esempio) che sfruttano la pressione di radiazione
del vortice per trasmettere momento angolare e
mettere così in rotazione attorno all’asse del
fascio particelle micrometriche intrappolate in
una pinza ottica. Oggi è possibile intrappolare
otticamente piccole particelle come pollini o
cellule (globuli rossi, ad esempio) e ruotarli a
piacere sotto il microscopio per studiarli da ogni
angolazione. Sempre nell’ambito della micro-
scopia ottica, l’assenza di diffrazione del-
l’”occhio” del vortice ha permesso di sviluppare
una tecnica di microscopia ottica in fluorescenza
con risoluzione molto al di sotto della lunghezza
d’onda (fino a 40 nm). Sull’assenza di diffrazione
e sul campo rigorosamente nullo nel centro del
vortice si basa anche la coronografia, una
nuovissima tecnica ottica che rende un
telescopio capace di individuare i pianeti
extrasolari. Successivamente si è studiato il
problema dei vortici ottici dal punto di vista del
campo quantizzato. Da questi studi sono nate
nuove trappole per atomi freddi e studi
fondamentali sui vortici nei condensati di Bose-
Einstein e su altre eccitazioni collettive dei
materiali come polaritoni e plasmoni di super-
ficie. Ma l’applicazione forse più promettente del
momento angolare dei vortici quantizzati è
quella nel campo delle telecomunicazioni dove si
pensa di sfruttare lo spettro infinito e discreto
dell’OAM per codificare grandi quantità di
informazione in un singolo fotone. Recenti
proposte in questo campo comprendono l’uso
dell’OAM per telecomunicazioni satellitari e
terrestri, per più efficienti protocolli di
crittografia quantistica e per comunicazioni
ultraveloci in fibra ottica. Recentemente si è
riusciti a generare vortici di luce direttamente in
un chip integrato di silicio e con tale dispositivo
si è riusciti a inviare fino a 1,6 terabit al secondo
in fibra ottica. Sono ormai in molti a credere la
grande quantità di bit che il vortice permette di
codificare in ogni fotone porterà a una nuova
generazione di connessioni web in fibra con
velocità molto maggiori dell’attuale ADSL. Ma
non c’è dubbio che molte altre applicazioni dei
vortici ottici sono lì che aspettano di essere
scoperte. Basti pensare che solo dal nostro
ateneo sono nati in pochi anni brevetti basati sui
vortici di luce che vanno da dispositivi per
misurazioni ultrasensibili di angolo a dispositivi
per comunicazione tra satelliti insensibili alla loro
rotazione, a filtri elettrici e magnetici in grado di
generare in un normale microscopio elettronico
fasci di elettroni polarizzati (con gli spin, cioè,
tutti paralleli tra loro).
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Tipico profilo a ciambella di un vortice ottico
Interferogramma di un vortice ottico
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LASER E OFTALMOLOGIA Giovanni Cennamo Professore di Malattie apparato visivo Università degli Studi di Napoli Federico II
In oftalmologia si utilizzano principal-
mente l'Argon laser, il Nd:YAG laser, il laser a
diodi e il laser ad Eccimeri.
L'Argon laser produce una radiazione
compresa nella parte blu/verde dello spettro.
Tali lunghezze d'onda vengono ben trasmesse
dai mezzi diottrici del bulbo e ben assorbite
dall'epitelio pigmentato, pigmenti ematici, vasi
retinici. Determinano una fotocoagulazione dei
tessuti colpiti. Il laser ad Argon è comunemente
utilizzato nella delimitazione di zone retiniche
periferiche degenerate o caratterizzate dalla
presenza di fori o rotture, allo scopo di prevenire
il distacco di retina. Sempre il meccanismo della
fotocoagulazione Argon viene utilizzato in
numerose patologie vascolari della retina,
laddove per sofferenza delle arterie e/o delle
vene tributarie si determinano lesioni tissutali
anche irreversibili. Ad esempio nella retinopatia
diabetica l'azione coagulante diretta sulle zone
ischemiche può preservare la retina sana.
Lo YAG laser emette nello spettro
dell'infrarosso e viene utilizzato soprattutto per il
suo effetto foto-meccanico, dirompente sui
tessuti che colpisce. Esplica anche un’azione
termica. L'effetto ionizzante-meccanico dello
Nd:YAG laser viene sfruttato in diversi quadri
clinici. Primo fra tutti la così detta cataratta
secondaria o opacizzazione della capsula
posteriore. Tale quadro insorge alcune settimane
dopo l'intervento di asportazione del cristallino
catarattoso con impianto di IOL (lente
intraoculare). La membrana fisiologica sulla
quale la IOL viene adagiata può opacizzarsi con
notevole impedimento visivo. Focalizzando il
raggio laser su tale struttura si può produrre una
breccia centrale che consente il ripristino della
visione ottimale da parte del paziente. Altra
indicazione di utilizzo frequente dello YAG laser è
il glaucoma ad angolo stretto o chiuso, dove
attraverso l'azione del laser si determina un foro
nell'iride al fine di ripristinare la normale
idrodinamica oculare. Tale iridotomia può anche
avere significato preventivo nell'occhio sano.
I laser ad Eccimeri emettono radiazioni
nel campo dell'ultravioletto e interagiscono con i
tessuti attraverso un effetto fotochimico,
determinando anche la dissoluzione dei legami
chimici. Tale laser ha la potenzialità di
vaporizzare ad ogni impulso uno strato di
tessuto di pochi Armstrong senza danneggiare i
tessuti circostanti con effetto termico. Nella
pratica oftalmologica, tali apparecchi vengono
utilizzati nella correzione delle ametropie e in
particolare della miopia. Si esegue una vera e
propria fresatura della parte centrale "ottica "
della cornea di uno spessore pari a compensare
le diottrie in eccesso. Tale appiattimento della
superficie corneale diviene possibile e
atraumatico per le particolari caratteristiche di
tale raggio che dissolvendo frazioni piccolissime
di tessuto, non intacca il territorio circostante, e
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UNIVERSITÀ D STUDI DI NAPOLI FEDERICO II COME ALLA CORTE DI FEDERICO II E fu subito luce… laser
permette un agevole e rapido processo di
cicatrizzazione e di riepitelizzazione.
Il laser pulsato a femtosecondi (FEMTO)
utilizza luce infrarossa con spots della grandezza
di pochi micron e di breve durata, inferiore
rispetto ai laser ad eccimeri. Lo spot del
femtolaser crea un taglio senza usare la lama:
agendo con un movimento curvilineo all’interno
del tessuto, fa resezioni piccolissime. Applicazio-
zioni di tale nuovissima tecnologia sono la
chirurgia refrattiva e la chirurgia della cataratta.
La termoterapia trans-pupillare è utilizzata nel
trattamento del melanoma della coroide. II
riscaldamento a circa 45°-60°C del tumore
mediante un laser a infrarosso attraverso la
pupilla determina la necrosi tumorale. Tale
metodica è generalmente utilizzata in
associazione alla radioterapia.
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