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1 COORDINAMENTO DONNE CISL LIGURIA COORDINAMENTO DONNE CISL GENOVA AREA METROPOLITANA “O ci arriveremo INSIEME alla libertà o non ci arriveremo mai” Martin Luther King Discorso per i diritti delle persone di colore OLTRE LA VIOLENZA (fisica e psicologica) dalla paura, dalla sofferenza, dalla dipendenza..... ....... alla Libertà Riflessioni su come superare gli stereotipi di genere per recuperare la relazione uomo-donna in ogni contesto (affettivo, familiare, sociale, lavorativo)
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OLTRE LA VIOLENZA dalla paura, dalla sofferenza, dalla ... LA VIOLENZA.pdfadolescenti) gli strumenti per comprendere e di conseguenza per decidere di cambiare; Socialmente con un contesto

Aug 17, 2020

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COORDINAMENTO DONNE CISL LIGURIACOORDINAMENTO DONNE CISL GENOVA AREA METROPOLITANA

“O ci arriveremo INSIEME alla libertà o non ci arriveremo mai”Martin Luther KingDiscorso per i diritti delle persone di colore

OLTRE LA VIOLENZA(fisica e psicologica)

dalla paura, dalla sofferenza,

dalla dipendenza............ alla Libertà

Riflessioni su come superare gli stereotipi di genereper recuperare la relazione uomo-donna

in ogni contesto (affettivo, familiare, sociale, lavorativo)

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PREFAZIONE

Cristina Balsano Segretario Confederale Cisl Liguria

A volte penso sia impossibile che nel terzo millennio nel nostro occidente civilizzato e iper tecnologico la violenza di genere sia così diffusa ed in espansione da raggiungere la terribile dimensione di una piaga sociale. E allora chiedo a me stessa, figlia fortunata di una generazione a cavallo tra le lotte femministe e le conquiste che queste hanno donato a chi, come me, è venuta dopo, e a tutte voi: dove abbiamo sbagliato? Quando ci siamo distratte? Dove eravamo e cosa stavamo facendo mentre nella nostra società si affermava uno stereotipo femminile, indiscutibilmente diverso dal passato, ma così limitante e per certi versi umiliante per le donne come quello che mass media, spettacolo, pubblicità e, ahimè, certa politica hanno veicolato con tanto successo? Mentre subdolamente ma inesorabilmente si faceva spazio al concetto che abbigliamento, atteggiamenti, voglia di divertirsi in una donna, a seconda di come venivano compresi dalla parte maschile potessero intendersi come espliciti inviti ad intimità che non avevano bisogno di chiaro assenso da parte dell'interessata. Forse pensavamo che la battaglia culturale che le nostre madri e le nostre nonne avevano combattuto strenuamente avesse portato all'affermazione di valori indelebili che ci avrebbero per sempre messe al riparo dal ricadere in un ruolo subordinato, debole e soggetto a violenze. Oggi siamo costrette a prendere atto che non è così. Che la nostra società non respira ancora il rispetto per le donne come dovrebbe. Che non esiste ancora una reale pari opportunità di genere. Che vi è in atto una regressione di valori fondamentali e irrinunciabili. Che dalla convivenza con altre culture, invece di cogliere tutte le possibilità di accrescimento, conoscenza e maturazione in un proficuo scambio, taluni trovano

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alibi per accentuare e fare proprie pratiche di violenza fisica e psicologica più creative di quelle di casa nostra. Allora dobbiamo ripartire da noi. Dalle donne. E ben prima di arrivare a tragedie estreme, quelle di cui si legge sui giornali, dobbiamo imparare nuovamente a riconoscere e ad arginare la violenza, quella dei compagni, dei fidanzati, dei mariti, dei padri, a difenderci e a tutelarci. Dobbiamo conoscere quali sono i percorsi che aiutano le donne oggetto di violenza e quali le leggi che le tutelano. A chi ci si può rivolgere e cosa si può concretamente fare. E' importante sapere, ed è il tema della riflessione di queste pagine, che nella prevenzione contro la violenza di genere si può agire sui meccanismi di una relazione uomo-donna affinchè non degeneri in violenza. Inoltre esistono percorsi psicoterapeutici dedicati a maschi violenti che siano però abbastanza uomini da desiderare con forza di cambiare

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alibi per accentuare e fare proprie pratiche di violenza fisica e psicologica più creative di quelle di casa nostra. Allora dobbiamo ripartire da noi. Dalle donne. E ben prima di arrivare a tragedie estreme, quelle di cui si legge sui giornali, dobbiamo imparare nuovamente a riconoscere e ad arginare la violenza, quella dei compagni, dei fidanzati, dei mariti, dei padri, a difenderci e a tutelarci. Dobbiamo conoscere quali sono i percorsi che aiutano le donne oggetto di violenza e quali le leggi che le tutelano. A chi ci si può rivolgere e cosa si può concretamente fare. E' importante sapere, ed è il tema della riflessione di queste pagine, che nella prevenzione contro la violenza di genere si può agire sui meccanismi di una relazione uomo-donna affinchè non degeneri in violenza. Inoltre esistono percorsi psicoterapeutici dedicati a maschi violenti che siano però abbastanza uomini da desiderare con forza di cambiare

INTRODUZIONE

Simonetta Folli Responsabile Coordinamento Donne Cisl Liguria

e Genova Area Metropolitana

Il Coordinamento Donne Cisl Liguria e Genova Area Metropolitana con gli interventi contenuti in questo testo e con l’iniziativa di martedì 26/11/2013 a Genova, vuole offrire un importante riflessione sulla relazione uomo-donna, al fine di far emergere sensibilità verso comportamenti, atteggiamenti, pregiudizi e “stereotipi“ che possono ingenerare latenze o evidenze di violenza psico-fisica nella relazione tra i due sessi. Le Donne del Coordinamento, le nostre Associate, le Donne in genere e recentemente anche qualche Uomo hanno iniziato a chiedersi rispetto a se stesse/i o rispetto alle figlie adolescenti “come faccio a comprendere, a capire, a percepire quando una relazione è a rischio di violenza?” Queste pagine rappresentano l’inizio di un percorso di riflessione e quindi di cambiamento culturale per arrivare ad una prevenzione dentro la relazione cosi che possa non diventare violenta. Con le considerazioni di Liliana Ocmin, nostra Segretaria Confederale Nazionale, che con il suo impegno costante ha tenuto alto il livello di attenzione per contrastare la violenza in tutte le sue forme e in particolare ha dato vita alla Piattaforma sulla prevenzione della violenza sulle donne e sui minori, cui hanno aderito molte espressioni della società civile ed istituzionale. Con il contributo del Dott. Francesco Grondona (Centro Delphi) che propone un’ampia riflessione sugli stereotipi di genere in un’ottica di cambiamento nella relazione tra i sessi. Con le parole del Dott. Piero Calbucci (Associazione White Dove) che ci racconta la sua l’esperienza come terapeuta e del Centro White Dove relativamente al lato oscuro dell’uomo, all'altra sofferenza e cioè a quella dell’uomo che riconoscendosi violento

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decide di cambiare… di non esserlo più verso la sua compagna/ moglie/figlia. Il Coordinamento Donne Cisl Liguria e Genova da anni è attivo su questi temi, sui posti di lavoro attraverso le Responsabili donne di categoria, con lo Sportello di Counseling a Genova che accoglie donne che portano svariati disagi riferiti a diversi tipi di violenza (da quella psicologica, alle percosse, alle molestie.. allo stalking, al mobbing); clienti dello sportello sono donne occupate, disoccupate, immigrate, pensionate tutte vittime di un maschile (compagno, marito, fidanzato, collega, datore di lavoro) incapace di relazionarsi in modo adulto e pronto a vestire i panni del Dott Jekyll e Mister Hide. Lo sportello si avvale della consulenza di un Avvocato (Giuseppe Maria Gallo) e si relaziona ove del caso con il Centro Antiviolenza di Via Mascherona di Genova. Il Coordinamento Donne Cisl Imperia Savona, ha firmato un protocollo antiviolenza impegnandosi, sul territorio di Imperia, a mettere in atto azioni volte alla prevenzione e alla sensibilizzazione riguardo al rispetto della vita e della persona diffondendo, anche attraverso l'utilizzo delle piattaforme contrattuali, una cultura della non violenza e del rispetto reciproco. La lotta contro la violenza verso la donne è un tema da affrontare Culturalmente offrendo alle donne e agli uomini (adulti e/o adolescenti) gli strumenti per comprendere e di conseguenza per decidere di cambiare; Socialmente con un contesto anche normativo che educhi i due soggetti ad una relazione che superi le differenze di genere, cosi da superare atavici stereotipi (ad es. sarebbe auspicabile anche in Italia una normativa che renda obbligatorio il congedo parentale per i padri). Oltre, naturalmente, al necessario impianto normativo di prevenzione e di repressione ai fini della tutela della integrità psico-fisica della donna.

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decide di cambiare… di non esserlo più verso la sua compagna/ moglie/figlia. Il Coordinamento Donne Cisl Liguria e Genova da anni è attivo su questi temi, sui posti di lavoro attraverso le Responsabili donne di categoria, con lo Sportello di Counseling a Genova che accoglie donne che portano svariati disagi riferiti a diversi tipi di violenza (da quella psicologica, alle percosse, alle molestie.. allo stalking, al mobbing); clienti dello sportello sono donne occupate, disoccupate, immigrate, pensionate tutte vittime di un maschile (compagno, marito, fidanzato, collega, datore di lavoro) incapace di relazionarsi in modo adulto e pronto a vestire i panni del Dott Jekyll e Mister Hide. Lo sportello si avvale della consulenza di un Avvocato (Giuseppe Maria Gallo) e si relaziona ove del caso con il Centro Antiviolenza di Via Mascherona di Genova. Il Coordinamento Donne Cisl Imperia Savona, ha firmato un protocollo antiviolenza impegnandosi, sul territorio di Imperia, a mettere in atto azioni volte alla prevenzione e alla sensibilizzazione riguardo al rispetto della vita e della persona diffondendo, anche attraverso l'utilizzo delle piattaforme contrattuali, una cultura della non violenza e del rispetto reciproco. La lotta contro la violenza verso la donne è un tema da affrontare Culturalmente offrendo alle donne e agli uomini (adulti e/o adolescenti) gli strumenti per comprendere e di conseguenza per decidere di cambiare; Socialmente con un contesto anche normativo che educhi i due soggetti ad una relazione che superi le differenze di genere, cosi da superare atavici stereotipi (ad es. sarebbe auspicabile anche in Italia una normativa che renda obbligatorio il congedo parentale per i padri). Oltre, naturalmente, al necessario impianto normativo di prevenzione e di repressione ai fini della tutela della integrità psico-fisica della donna.

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L’impegno della Cisl – Riflessioni

Liliana Ocmin Segretario Confederale Nazionale Cisl

Il fenomeno della violenza è una piaga che continua a colpire sia fisicamente che psicologicamente milioni di persone in tutto il mondo, in particolare le donne che, insieme ai minori ed agli anziani, sono i soggetti più vulnerabili della società. La violenza contro le donne è una delle violazioni dei diritti umani più diffuse che nega alle donne il diritto all’uguaglianza, alla sicurezza, alla dignità, all’autostima e a godere delle libertà fondamentali. Nel nostro Paese, i numerosi casi di violenza registrati negli ultimi anni hanno destato le coscienze di molti e animato in maniera costante il dibattito sociale fino ad arrivare alla recente approvazione della legge contro il cosiddetto “femminicidio”. Questa legge però, per la Cisl, non rappresenta un punto di arrivo ma soltanto l’inizio di una lotta che va combattuta su più fronti perché innumerevoli sono le sfaccettature che la violenza presenta. Si manifesta sul fronte della cultura e dei media che tendono a mostrare modelli femminili non rispondenti alla realtà delle donne, nella disparità di genere legata ai tassi d’occupazione, di retribuzione, di orari di lavoro, di progressioni di carriere, di condivisione delle responsabilità in materia di impegni familiari e di rischio povertà. Ecco perché non bisogna abbassare la guardia, sottovalutare, volgere lo sguardo altrove e rimuovere; pensare che certi comportamenti siano rari e isolati; cercare risposte rassicuranti ed assolutorie. Dobbiamo vigilare nei posti di lavoro, negli spazi delle relazioni sociali, non ignorare i pericoli che si annidano in molti ambienti familiari. Solo così i cambiamenti sperati non restano buone intenzioni e i progressi compiuti non regrediscono.

Nel 2009, la Cisl ha prodotto sul tema un’apposita “Piattaforma sulla prevenzione della violenza contro le donne e i minori” a cui hanno aderito moltissime espressioni della società civile ed istituzionale. Le proposte e

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L’impegno della Cisl – Riflessioni

Liliana Ocmin Segretario Confederale Nazionale Cisl

Il fenomeno della violenza è una piaga che continua a colpire sia fisicamente che psicologicamente milioni di persone in tutto il mondo, in particolare le donne che, insieme ai minori ed agli anziani, sono i soggetti più vulnerabili della società. La violenza contro le donne è una delle violazioni dei diritti umani più diffuse che nega alle donne il diritto all’uguaglianza, alla sicurezza, alla dignità, all’autostima e a godere delle libertà fondamentali. Nel nostro Paese, i numerosi casi di violenza registrati negli ultimi anni hanno destato le coscienze di molti e animato in maniera costante il dibattito sociale fino ad arrivare alla recente approvazione della legge contro il cosiddetto “femminicidio”. Questa legge però, per la Cisl, non rappresenta un punto di arrivo ma soltanto l’inizio di una lotta che va combattuta su più fronti perché innumerevoli sono le sfaccettature che la violenza presenta. Si manifesta sul fronte della cultura e dei media che tendono a mostrare modelli femminili non rispondenti alla realtà delle donne, nella disparità di genere legata ai tassi d’occupazione, di retribuzione, di orari di lavoro, di progressioni di carriere, di condivisione delle responsabilità in materia di impegni familiari e di rischio povertà. Ecco perché non bisogna abbassare la guardia, sottovalutare, volgere lo sguardo altrove e rimuovere; pensare che certi comportamenti siano rari e isolati; cercare risposte rassicuranti ed assolutorie. Dobbiamo vigilare nei posti di lavoro, negli spazi delle relazioni sociali, non ignorare i pericoli che si annidano in molti ambienti familiari. Solo così i cambiamenti sperati non restano buone intenzioni e i progressi compiuti non regrediscono.

Nel 2009, la Cisl ha prodotto sul tema un’apposita “Piattaforma sulla prevenzione della violenza contro le donne e i minori” a cui hanno aderito moltissime espressioni della società civile ed istituzionale. Le proposte e

le linee di azione che vi sono contenute fanno parte integrante della nostra strategia sindacale e hanno un significato non residuale. Esprimono convinzioni profonde e sentite da tutta la Cisl. Anticipare e contrastare la violenza nelle sue diverse forme è obbligo ineludibile per un sindacato che guardi ai veri pro-blemi del mondo in cui opera e non voglia smarrire il senso e la direzione del proprio cammino.

Lo sforzo culturale che la Cisl ed il Coordinamento Nazionale Donne stanno portando avanti con costanza e fermezza, tenendo sempre alto il livello di attenzione verso un fenomeno tanto doloroso, è frutto di un lungo lavoro che parte da lontano. L’impegno che negli anni ha accompagnato il lavoro della nostra Organizzazione, partendo dalla quarta Conferenza mondiale delle donne di Pechino nel 1995, è continuato in tutte le sedi e in tutte le occasioni. Già nel 2006 si concretizzò il nostro impegno sostenendo la Legge contro le mutilazioni genitali femminili e nel 2009, anno di avvio della Campagna permanente della Cisl contro la violenza, quella contro lo stalking. Le campagne di sensibilizzazione rivolte al mondo del lavoro e alla società, “Il silenzio degli innocenti”, “Diamoci un taglio”, “Contro ogni violenza sulle donne e i minori” e “La violenza sulle donne uccide anche la nostra dignità” ne sono un esempio. Siamo decisi a vincere questa sfida e per farlo abbiamo aggiornato e perfezionato la nostra azione sindacale alla luce delle novità legislative intervenute per fronteggiare questo fenomeno in ascesa in tutte le sue manifestazioni, anche in relazione alla recrudescenza degli episodi che vedono protagoniste le donne anziane. Abbiamo arricchito il nostro intervento in ambito lavorativo con un contributo sul tema specifico della violenza sulle donne nei luoghi di lavoro che abbiamo voluto condividere con Cgil e Uil attraverso l’elaborazione di un’apposita “Proposta di Intesa” presentata in occasione della Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne nel novembre 2012.

Ribadiamo la ferma volontà di dare concretezza all’impegno del passato e del presente, dando voce a quell’universo di donne e di uomini che, condividendo i valori della nostra Organizzazione, cercano risposte concrete alla piaga della violenza di genere, purtroppo ancora irrisolta. L’orrore e lo

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sdegno sono moti dell’anima di cui siamo i primi a riconoscere la valenza etica. Da soli, però, non sono sufficienti a garantire il su-peramento di quelle strutture mentali e culturali che spesso fanno da sfondo all’insorgere della violenza. La Cisl, da sempre attenta alla persona e alla sua dignità ha elaborato in questi anni misure e proposte capaci di incidere positivamente sulla prevenzione, sulle norme e sul suo retroterra culturale, attraverso la promozione di un’organizzazione del Welfare in grado di assistere, proteggere e tutelare le donne e i minori vittime di violenze, dentro e fuori le mura domestiche, ma anche di recuperare lo stesso violento al fine di prevenire una reiterazione del crimine. Quest’opera sindacale di prevenzione della violenza sulle donne e i minori ha come obiettivo proprio quello di rimuovere gli ostacoli, soprattutto di natura culturale, che impediscono l’affermazione del principio del rispetto uomo-donna nonché del diritto delle donne ad una vita senza vio-lenza, violenza che spesso ne ostacola il successo sociale, la libertà individuale e la costruzione di un progetto di vita. In questo quadro d’azione sono oggetto dell’attenzione della Cisl anche le donne immigrate, elemento di congiunzione tra le culture che, se coscienti delle opportunità e libere da riti violenti e arcaici come l’infibulazione o il fenomeno delle spose bambine, sono portatrici formidabili di una integrazione possibile. Come Cisl crediamo si possa fare molto, a partire dalla contrattazione di secondo livello che può essere lo spazio più interessante ed efficace per sperimentare, nella concretezza delle realtà produttive e dei territori, formule innovative di tutela delle donne, buone prassi da replicare anche in altre realtà ed altri contesti. E’ per questo che la Cisl resta in prima linea nella promozione e diffusione del principio di parità e pari opportunità in tutti gli ambiti del sociale e del lavoro.

Questa è una battaglia di civiltà ed ha bisogno delle energie di tutti, ogni giorno. Facciamo in modo allora che non si arresti il processo in atto che porterà certamente più solidarietà, più progresso e più democrazia.

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sdegno sono moti dell’anima di cui siamo i primi a riconoscere la valenza etica. Da soli, però, non sono sufficienti a garantire il su-peramento di quelle strutture mentali e culturali che spesso fanno da sfondo all’insorgere della violenza. La Cisl, da sempre attenta alla persona e alla sua dignità ha elaborato in questi anni misure e proposte capaci di incidere positivamente sulla prevenzione, sulle norme e sul suo retroterra culturale, attraverso la promozione di un’organizzazione del Welfare in grado di assistere, proteggere e tutelare le donne e i minori vittime di violenze, dentro e fuori le mura domestiche, ma anche di recuperare lo stesso violento al fine di prevenire una reiterazione del crimine. Quest’opera sindacale di prevenzione della violenza sulle donne e i minori ha come obiettivo proprio quello di rimuovere gli ostacoli, soprattutto di natura culturale, che impediscono l’affermazione del principio del rispetto uomo-donna nonché del diritto delle donne ad una vita senza vio-lenza, violenza che spesso ne ostacola il successo sociale, la libertà individuale e la costruzione di un progetto di vita. In questo quadro d’azione sono oggetto dell’attenzione della Cisl anche le donne immigrate, elemento di congiunzione tra le culture che, se coscienti delle opportunità e libere da riti violenti e arcaici come l’infibulazione o il fenomeno delle spose bambine, sono portatrici formidabili di una integrazione possibile. Come Cisl crediamo si possa fare molto, a partire dalla contrattazione di secondo livello che può essere lo spazio più interessante ed efficace per sperimentare, nella concretezza delle realtà produttive e dei territori, formule innovative di tutela delle donne, buone prassi da replicare anche in altre realtà ed altri contesti. E’ per questo che la Cisl resta in prima linea nella promozione e diffusione del principio di parità e pari opportunità in tutti gli ambiti del sociale e del lavoro.

Questa è una battaglia di civiltà ed ha bisogno delle energie di tutti, ogni giorno. Facciamo in modo allora che non si arresti il processo in atto che porterà certamente più solidarietà, più progresso e più democrazia.

Violenza

Una questione di genere: dalla paura alla libertà

Dott. Francesco Grondona (Centro Delphi)

Premessa

Mito

Molto tempo dopo, vecchio e cieco, camminando per le strade, Edipo sentì un odore familiare. Era la Sfinge. Edipo disse: “Voglio farti una domanda. Perché non ho riconosciuto mia madre?”. “Avevi dato la risposta sbagliata,” disse la Sfinge. “Ma fu proprio la mia risposta a rendere possibile ogni cosa.” “No,” disse lei. “Quando ti domandai cosa cammina con quattro gambe al mattino, con due a mezzogiorno e con tre alla sera, tu rispondesti l’Uomo. Delle donne non facesti menzione.” “Quando si dice l’Uomo,” disse Edipo, “si includono anche le donne. Questo lo sanno tutti.” “Questo lo pensi tu,” disse la Sfinge.

(Muriel Rukeyse, 1973)

La rilettura del mito di Edipo da parte della poetessa nordamericana Muriel Rukeyse mette in luce un aspetto molto significativo: l'universalità del maschile. Lo stesso linguaggio che usiamo lo dimostra: un linguaggio che spesso usa il maschile come genere universale neutro, a testimonianza di un lungo processo culturale che ha posto l'uomo come genere dominante. Da anni però sta cambiando il rapporto tra i generi e in molti ritengono che uno dei motivi principali sia la presa di coscienza delle donne, donne che lottano per i loro diritti, per la loro dignità. In quest'ottica le donne sembrano essere diventate sempre più determinate e risolute, a differenza degli uomini che

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oggigiorno sembrano essere sempre più fragili soprattutto di fronte al timore di perdere il loro storico ruolo dominante. Ciò che fino a trent'anni fa poteva essere definito privilegio maschile, oggi sempre più tende a trasformarsi in una gabbia, un peso da portare. Quello che precedentemente era scontato ora non lo è più e così l'uomo è quotidianamente chiamato a rinforzare e riaffermare la propria identità virile di fronte alle profonde trasformazioni di una condizione femminile che prende sempre più consapevolezza di sé. Mezzo secolo fa quando le coppie si sposavano, sia nella mente maschile che in quella femminile c'era chiara e ben definita un'idea di uomo e un'idea di donna. Mentre nel tempo le donne sono state capaci di compiere profonde riflessioni sul proprio genere, mettendo in atto continui cambiamenti, molti mariti invece hanno mantenuto un'idea di sé e dell'altro immutata. L'uomo di oggi è un uomo precario, costretto a mettere in scena costantemente la propria virilità per affermarsi, così, quello a cui spesso oggi assistiamo, é la persistenza di una maschilità tradizionale. Esempio di questo tipo di maschilità è quella rappresentata dal florido mercato dei periodici maschili, periodici al cui interno ritroviamo uomini fisicamente prestanti e dominanti. Ciò su cui bisogna porre l'attenzione sono i motivi sociali e culturali che prendono vita nel rapporto tra i due generi. Quanto realmente in questi rapporti ci conosciamo o meglio ci riconosciamo? Quanto siamo pronti ad immaginarci in una nuova prospettiva più libera e svincolata da fragili, finte certezze di potere? Ciò che dovremmo fare é mettere in discussione i modelli di virilità che ci portiamo dietro, prendere distanza da essi per poter vedere quanto questi ci abbiano impoveriti e di conseguenza abbiano impoverito le nostre relazioni, proiettandoci non più verso l'altro ma verso noi stessi, alimentando individualità fragili e insicure. In questo senso la violenza sulle donne rappresenta proprio la difficoltà dell'uomo a mettersi in relazione con la donna, a riconoscere la donna nella propria identità e non come estensione dei bisogni e dei desideri maschili.

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oggigiorno sembrano essere sempre più fragili soprattutto di fronte al timore di perdere il loro storico ruolo dominante. Ciò che fino a trent'anni fa poteva essere definito privilegio maschile, oggi sempre più tende a trasformarsi in una gabbia, un peso da portare. Quello che precedentemente era scontato ora non lo è più e così l'uomo è quotidianamente chiamato a rinforzare e riaffermare la propria identità virile di fronte alle profonde trasformazioni di una condizione femminile che prende sempre più consapevolezza di sé. Mezzo secolo fa quando le coppie si sposavano, sia nella mente maschile che in quella femminile c'era chiara e ben definita un'idea di uomo e un'idea di donna. Mentre nel tempo le donne sono state capaci di compiere profonde riflessioni sul proprio genere, mettendo in atto continui cambiamenti, molti mariti invece hanno mantenuto un'idea di sé e dell'altro immutata. L'uomo di oggi è un uomo precario, costretto a mettere in scena costantemente la propria virilità per affermarsi, così, quello a cui spesso oggi assistiamo, é la persistenza di una maschilità tradizionale. Esempio di questo tipo di maschilità è quella rappresentata dal florido mercato dei periodici maschili, periodici al cui interno ritroviamo uomini fisicamente prestanti e dominanti. Ciò su cui bisogna porre l'attenzione sono i motivi sociali e culturali che prendono vita nel rapporto tra i due generi. Quanto realmente in questi rapporti ci conosciamo o meglio ci riconosciamo? Quanto siamo pronti ad immaginarci in una nuova prospettiva più libera e svincolata da fragili, finte certezze di potere? Ciò che dovremmo fare é mettere in discussione i modelli di virilità che ci portiamo dietro, prendere distanza da essi per poter vedere quanto questi ci abbiano impoveriti e di conseguenza abbiano impoverito le nostre relazioni, proiettandoci non più verso l'altro ma verso noi stessi, alimentando individualità fragili e insicure. In questo senso la violenza sulle donne rappresenta proprio la difficoltà dell'uomo a mettersi in relazione con la donna, a riconoscere la donna nella propria identità e non come estensione dei bisogni e dei desideri maschili.

Quello a cui assistiamo oggi é un doppio scenario: da una parte la donna che lotta per affermarsi, (che richiama il mito di *Lilith1, la prima moglie di Adamo che a lui si ribellò non volendo essere dominata) e dall'altra invece ancora molto spesso, vediamo la donna cadere nella trappola dello stereotipo aderendo ad esso e non riuscendo a svincolarsi, una donna che si sente fragile e debole e che quindi necessita di protezione. Esempi di un maschile debole ed incapace di viversi e di vivere l'altro liberamente ne abbiamo diversi e quotidianamente si impongono come modelli da molti considerati vincenti. Il modello berlusconiano, tra questi, è uno di quelli che più mettono in luce la tendenza a ridurre il femminile a puro ed esclusivo oggetto di consumo, un femminile mai vissuto nella relazione ma considerato solo come merce di scambio a cui accedere attraverso il denaro e il potere. La violenza stessa diviene in molti casi l'esito di queste relazioni dove non esiste il canale comunicativo e conoscitivo dell'altro. Perchè la violenza non è una dimensione intrinseca all’essere umano, non è un’impostazione “naturale” destinata a

                                                                                                                     1   Poichè   Adamo   che   rappresentava   il   maschio   dell'essere   umano,   per  essere  completo  doveva  avere  una  compagna  di  sesso  femminile,  Dio  creò,  prima  della  più  celebre  conosciuta  Eva,  Lilith.  A  differenza  di  Eva,  Lilith  non  venne  creata  da  una  sua  costola,  ma  dal   limo,  fertile  sedimento  lasciato  sulle  sponde  del  fiume  dopo  le  piene  su  cui  Dio,  suo  plasmatore,  vi  infuse  il   suo   soffio   vitale.   Essi   dunque   rappresentavano   l'essere  umano,  da  una  parte  Adamo,  fatto    di    polvere  purissima  tra  cui  anche   l'oro  (espressione  solare   e   attiva   del   maschile),   e   Lilith   fatta   con   il   limo   (espressione   della  fertilità  femminile).  I  problemi  nacquero  quasi  da  subito,  poichè  Adamo  di  natura  solare  maschile  ed  attiva,  imponeva  sempre  a  Lilith  rapporti  sessuali  in   cui   dominava   l'amplesso.   Così   Lilith   stanca   di   essere   comandata   dal  marito  si  rivolse  a  Dio  dicendo:"  Per  quale  motivo  io  devo  stare  sottomessa  ad  Adamo?  Dopo  tutto  ci  hai  tratti  dalla  terra  tutti  e  due  allo  stesso  modo  ed  il  soffio  che  ci  ha  dato  la  vita,  è  della  medesima  natura!  In  base  a  cosa  allora  io  devo  obbedire  a  mio  marito?  Per  quale  motivo  devo  obbedirgli  se  siamo  uguali?".  Dio  non  diede  alcuna  risposta  a  Lilith,  la  quale  all'ennesimo  rifiuto  di  accontentare   le  bramosie  di  Adamo  scappò  dall'Eden  e  si  rifugiò  sulle  sponde  del  Mar  Rosso.  

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contrassegnare i rapporti di genere. Essere consapevoli che la violenza di genere è un fenomeno che ci riguarda direttamente non significa puntare il dito e colpevolizzare semplicemente gli uomini maltrattanti, ma significa prendere coscienza del fatto che tale violenza fa parte di un contesto culturale molto diffuso che struttura relazioni tra uomini e donne, le loro aspettative e anche la percezione che quest'ultimi hanno di loro stessi. Per capire quanto il problema risieda all'interno di tale contesto culturale basta pensare a come i media ed in particolare le pubblicità contribuiscano a rafforzare stereotipi maschili e femminili. All'interno delle trasmissioni e delle pubblicità, spesso senza che noi ce ne accorgiamo, prende vita un continuo processo di cementificazione di stereotipi e la costruzione di una realtà immaginaria capace di condizionare opinioni, credenze e stili di vita. Per esempio ancora oggi nelle pubblicità dei prodotti alimentari viene evidenziata una differenza tra i generi “tradizionale” per cui sarà facile vedere la donna (rappresentante della genuinità del prodotto in quanto madre e casalinga) dietro i fornelli mentre il resto della famiglia attende il cibo a tavola. Se ci riflettiamo questa immagine rappresenta ancora oggi la realtà domestica della maggior parte delle famiglie in cui sia l'uomo che la donna accettano questi ruoli tradizionali. La violenza di genere “Imparare ad accogliere i No e a dire i No nella loro valenza positiva è un esercizio inedito per gli uomini perché estraneo alle proprie memorie: ieri non occorreva neppure dire No perché non era necessario, specie nella rappresentazione collettiva, esplicitare i motivi della propria egemonia. Oggi ci si ritrova inadeguati tanto a dire quanto ad accogliere i No e spesso, purtroppo, la fuoriuscita da tale inadeguatezza passa attraverso le esplosioni di violenza.” (Carmine Ventimiglia, 2006, p.154)2 Queste parole mettono in luce la necessità di rompere il silenzio sia degli uomini che delle donne. Se da una parte le

                                                                                                                     2 Ventimiglia, C. (2006). Interrogarsi come genere: perché la violenza maschile. Rivista di sessuologia. 30(3), 145-154.

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contrassegnare i rapporti di genere. Essere consapevoli che la violenza di genere è un fenomeno che ci riguarda direttamente non significa puntare il dito e colpevolizzare semplicemente gli uomini maltrattanti, ma significa prendere coscienza del fatto che tale violenza fa parte di un contesto culturale molto diffuso che struttura relazioni tra uomini e donne, le loro aspettative e anche la percezione che quest'ultimi hanno di loro stessi. Per capire quanto il problema risieda all'interno di tale contesto culturale basta pensare a come i media ed in particolare le pubblicità contribuiscano a rafforzare stereotipi maschili e femminili. All'interno delle trasmissioni e delle pubblicità, spesso senza che noi ce ne accorgiamo, prende vita un continuo processo di cementificazione di stereotipi e la costruzione di una realtà immaginaria capace di condizionare opinioni, credenze e stili di vita. Per esempio ancora oggi nelle pubblicità dei prodotti alimentari viene evidenziata una differenza tra i generi “tradizionale” per cui sarà facile vedere la donna (rappresentante della genuinità del prodotto in quanto madre e casalinga) dietro i fornelli mentre il resto della famiglia attende il cibo a tavola. Se ci riflettiamo questa immagine rappresenta ancora oggi la realtà domestica della maggior parte delle famiglie in cui sia l'uomo che la donna accettano questi ruoli tradizionali. La violenza di genere “Imparare ad accogliere i No e a dire i No nella loro valenza positiva è un esercizio inedito per gli uomini perché estraneo alle proprie memorie: ieri non occorreva neppure dire No perché non era necessario, specie nella rappresentazione collettiva, esplicitare i motivi della propria egemonia. Oggi ci si ritrova inadeguati tanto a dire quanto ad accogliere i No e spesso, purtroppo, la fuoriuscita da tale inadeguatezza passa attraverso le esplosioni di violenza.” (Carmine Ventimiglia, 2006, p.154)2 Queste parole mettono in luce la necessità di rompere il silenzio sia degli uomini che delle donne. Se da una parte le

                                                                                                                     2 Ventimiglia, C. (2006). Interrogarsi come genere: perché la violenza maschile. Rivista di sessuologia. 30(3), 145-154.

donne vengono sottomesse, sminuite, negate abituandosi così alla rassegnazione e al silenzio, dall'altra anche gli stessi uomini divengono prigionieri di un ruolo dominante che accettano passivamente. Le relazioni tra uomini e donne sono caratterizzate da differenze di potere, interdipendenza, intimità fisica e psicologica. La combinazione di tali elementi provoca modalità relazionali piuttosto ambivalenti: talvolta ostili e talvolta benevole. Così lo stesso uomo per esempio può relazionarsi in modo ostile verso le donne sul lavoro e in maniera più affettuosa in famiglia. L'ideologia sessista serve allora a legittimare la superiorità maschile mediante un potente sistema di credenze che si articola in due forme. Il sessismo ostile (ovvero l'ostilità giustificata dal fatto di essere uomo) esprime la diffidenza e l'antipatia da riservare ai subordinati che non si adeguano allo status quo; le donne sono percepite come avversarie che anziché accettare il posto assegnato cercano di controllare gli uomini indebolendone la potenza e limitandone la libertà attraverso le armi della seduzione o della competizione. Il sessismo ostile si basa sull'affermazione della naturale inferiorità della donna e sull'aperta ostilità verso richieste pratiche di parità. Ne sono un esempio le innumerevoli dinamiche famigliari in cui l'uomo si pone nei panni del “padrone” che deve essere servito e riverito o le dinamiche lavorative dove il capo (solitamente un uomo) tratta con disprezzo i sottoposti (solitamente donne) in nome di una superiorità “lavorativa” ma anche “sessuale”. Tali dinamiche, famigliari e lavorative, risultano ancor più evidenti nelle relazioni di potere dove per esempio la donna immigrata viene considerata ulteriormente inferiore. Il sessismo benevolo (accettazione benevola della donna come colei che deve essere protetta) riconosce invece alle donne una serie di qualità positive, arrivando a definirle creature preziose, da proteggere, adorare e adulare perché bravissime a fare tutto ciò che gli uomini non desiderano fare. Può essere considerato una forma di pregiudizio sottile che, pur basandosi sull'ineguaglianza dei generi, è socialmente più accettabile di quello ostile di cui costituisce però il necessario complemento nell'obiettivo di legittimare le differenze di genere e sopire resistenze femminili. Ne sono un esempio alcune campagne

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mediatiche che rappresentano la donna come colei che fragile e impotente deve essere protetta da uomini forti e valorosi. Oggi nella maggior parte dei contesti le donne respingono il sessismo ostile ma accettano quello benevolo che non sempre riconoscono come forma di pregiudizio; si illudono inoltre spesso che i due tipi di sessismo non possano coesistere nella stessa persona e tendono ad apprezzare gli uomini che incarnano la modalità benevola:li trovano piacevoli, romantici, sessualmente attraenti, incentivandoli così a continuare su tale strada. Il lato più tragico del maschilismo è quello che trasforma gli atteggiamenti di dominanza maschile in comportamenti dominanti e di violenza fino ad arrivare all'annientamento fisico e psichico dell'altro. Questi comportamenti estremi non devono rimanere fenomeni isolati rispetto ai comportamenti meno eclatanti di sessismo ma devono essere visti all'interno di un continuum che va dalle forme di considerazione della donna come oggetto, proseguendo con la pornografia violenta, traducendosi in prostituzione, fino a degenerare in stupri e femminicidi. Con il termine violenza di genere ci riferiamo all'insieme di violenze fisiche, sessuali e psicologiche ed è un fenomeno sociale presente in tutti i Paesi e in tutte le classi sociali. Nello specifico con il termine “violenza psicologica” intendiamo tutti quegli atti volti a creare un clima di continua disapprovazione e svalutazione, un lento e lungo processo attraverso cui l'uomo cerca di far nascere nella donna sensi di colpa per la propria inadeguatezza rispetto al modello maschile. Negli ultimi anni, insieme ad una maggiore consapevolezza dei diritti della persona, le iniziative volte a contrastare tale fenomeno sono esponenzialmente aumentate: basti pensare ai centri anti-violenza, ai centri di ascolto, alle campagne di sensibilizzazione, agli interventi formativi nelle scuole. Nonostante ciò il fenomeno pare non diminuire: “la difficoltà a contrastare la violenza di genere è una conferma del suo radicamento nella nostra società e della sua diffusione in ogni strato sociale e culturale” (Stefano Ciccone). Un primo ostacolo risiede nella rappresentazione pubblica della violenza di genere per cui di questa si parla come di una minaccia proveniente dall’esterno della nostra normalità. Tale rappresentazione, spesso erroneamente veicolata dai media, ci

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mediatiche che rappresentano la donna come colei che fragile e impotente deve essere protetta da uomini forti e valorosi. Oggi nella maggior parte dei contesti le donne respingono il sessismo ostile ma accettano quello benevolo che non sempre riconoscono come forma di pregiudizio; si illudono inoltre spesso che i due tipi di sessismo non possano coesistere nella stessa persona e tendono ad apprezzare gli uomini che incarnano la modalità benevola:li trovano piacevoli, romantici, sessualmente attraenti, incentivandoli così a continuare su tale strada. Il lato più tragico del maschilismo è quello che trasforma gli atteggiamenti di dominanza maschile in comportamenti dominanti e di violenza fino ad arrivare all'annientamento fisico e psichico dell'altro. Questi comportamenti estremi non devono rimanere fenomeni isolati rispetto ai comportamenti meno eclatanti di sessismo ma devono essere visti all'interno di un continuum che va dalle forme di considerazione della donna come oggetto, proseguendo con la pornografia violenta, traducendosi in prostituzione, fino a degenerare in stupri e femminicidi. Con il termine violenza di genere ci riferiamo all'insieme di violenze fisiche, sessuali e psicologiche ed è un fenomeno sociale presente in tutti i Paesi e in tutte le classi sociali. Nello specifico con il termine “violenza psicologica” intendiamo tutti quegli atti volti a creare un clima di continua disapprovazione e svalutazione, un lento e lungo processo attraverso cui l'uomo cerca di far nascere nella donna sensi di colpa per la propria inadeguatezza rispetto al modello maschile. Negli ultimi anni, insieme ad una maggiore consapevolezza dei diritti della persona, le iniziative volte a contrastare tale fenomeno sono esponenzialmente aumentate: basti pensare ai centri anti-violenza, ai centri di ascolto, alle campagne di sensibilizzazione, agli interventi formativi nelle scuole. Nonostante ciò il fenomeno pare non diminuire: “la difficoltà a contrastare la violenza di genere è una conferma del suo radicamento nella nostra società e della sua diffusione in ogni strato sociale e culturale” (Stefano Ciccone). Un primo ostacolo risiede nella rappresentazione pubblica della violenza di genere per cui di questa si parla come di una minaccia proveniente dall’esterno della nostra normalità. Tale rappresentazione, spesso erroneamente veicolata dai media, ci

rimanda all'idea che il pericolo arrivi da fuori, per mano di stranieri rappresentanti di altre culture o per mano di maniaci. Il risultato di questo messaggio mediatico a cui assistiamo quotidianamente si manifesta attraverso un'amplificazione dell'allarme sociale da una parte ma anche attraverso una marginalizzazione del problema dall'altra; una deresponsabilizzazione collettiva che evita di innescare profonde e costruttive riflessioni personali al riguardo. Elisabetta Giomi, ricercatrice in sociologia dei processi comunicativi e culturali presso l'università di Siena, ha evidenziato proprio la distorsione della realtà attuata dai telegiornali riguardo al fenomeno della violenza sulle donne. Ciò che emerge dalla sua ricerca è la forte presenza di stereotipi di genere all'interno dei telegiornali per cui vi è una forte sovra-rappresentazione degli omicidi avvenuti per mano di sconosciuti e invece una sotto-rappresentazione degli omicidi avvenuti all'interno delle relazioni. Nella sua ricerca ha confrontato i dati che si riferivano agli omicidi avvenuti nel corso del 2006 con le notizie trasmesse all'interno dei telegiornali riguardanti omicidi aventi donne come vittime. In quell'anno sono stati 162 gli omicidi di cui si è riconosciuto l'autore e di questi circa 100 sono stati compiuti da un conoscente ma avendo queste notizie meno “mercato” all'interno dei notiziari (circa quattro servizi tra i principali tg), si è preferito dare maggiore rilevanza agli omicidi compiuti da sconosciuti o da stranieri (circa sedici servizi in media) facendo apparire il fenomeno della violenza di genere come un problema di ordine pubblico e non come qualcosa di molto più profondo che riguarda tutti noi. Singolare anche l'utilizzo dei termini usati per descrivere gli eventi: ci si focalizza principalmente sulla figura femminile usando verbi al passivo (la donna è stata uccisa, aggredita...) piuttosto che mettere in risalto l'azione maschile ma soprattutto viene spesso descritto l'aggressore come una persona instabile o in preda ad un esplosione di aggressività o ad un raptus. All'interno delle stesse campagne di sensibilizzazione il più delle volte l'unica figura presente nei manifesti sono donne, sole, con il volto coperto o segnato dai lividi, spesso sedute per terra in un angolo o con le mani di fronte alla bocca.

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La figura maschile è quasi sempre assente a testimoniare quel silenzio sul mondo maschile che mette in luce una mancanza di profonda riflessione sulla propria condizione di uomo; l'incapacità di saper godere a fondo della relazione con l'altro, soprattutto quando l'altro è una donna e l'incapacità dell'uomo a comunicare con un femminile che spesso non riesce nemmeno a vedere come scisso da se e come tale con dei bisogni e dei desideri propri. Con questo non si vuole escludere che tra gli autori di violenze ci siano soggetti con turbe patologiche ma essi rappresentano solo una minima parte rispetto alla grande maggioranza dei responsabili, soprattutto quando facciamo riferimento alle cosiddette violenze domestiche.

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La figura maschile è quasi sempre assente a testimoniare quel silenzio sul mondo maschile che mette in luce una mancanza di profonda riflessione sulla propria condizione di uomo; l'incapacità di saper godere a fondo della relazione con l'altro, soprattutto quando l'altro è una donna e l'incapacità dell'uomo a comunicare con un femminile che spesso non riesce nemmeno a vedere come scisso da se e come tale con dei bisogni e dei desideri propri. Con questo non si vuole escludere che tra gli autori di violenze ci siano soggetti con turbe patologiche ma essi rappresentano solo una minima parte rispetto alla grande maggioranza dei responsabili, soprattutto quando facciamo riferimento alle cosiddette violenze domestiche.

Perché allora il profilo standard di colui che commette violenza è quasi sempre associato ad una patologia o ad una condizione di marginalità sociale, tanto da escludere a priori qualsiasi riflessione su di sé e sui propri comportamenti in quanto genere maschile? Senza dubbio definire tali persone come “devianti” ha la funzione di considerarli come “altro da sé” e di conseguenza coloro che con più probabilità verranno ritenuti responsabili di questi atti criminosi saranno quelli più distanti, che vivono ai margini e non l'insospettabile partner o conoscente. Come ricorda Stefano Ciccone “al centro della violenza maschile c’è il nodo della soggettività e della libertà delle donne: il riconoscimento del desiderio femminile, il riconoscimento della propria compagna come interlocutrice, il misurarsi con la libertà di scelta di una donna che se ne va. Ma nella comunicazione pubblica e nelle iniziative sulla violenza questo nodo emerge di rado: gli uomini restano invisibili e le donne sono rappresentate come soggetti deboli, da proteggere, magari da controllare.” Le campagne contro le violenza fanno spesso ricorso al concetto di virilità per cui “i veri uomini non picchiano le donne”. Il modello che in questo modo viene consigliato di seguire è quello del “vero uomo”, capace di controllarsi, di tenere a bada le emozioni. Ne è un esempio la campagna di Oliviero Toscani contro il bullismo per cui il vero uomo è associato alla prestanza fisica e sessuale richiamando dunque la virilità tradizionale. Così facendo il messaggio che in realtà viene trasmesso è quello di una gerarchia tra i generi: da una parte la donna incapace di controllarsi (isteriche in preda alle emozioni) e dall'altra l'uomo, colui che si sa controllare virilmente. Utilizzare questo tipo di messaggio non fa altro che riaffermare la virilità tradizionale come valore ma cosa ancora più importante, trasmette l'idea che la violenza nasca da un disordine e che quando c'era un ordine “virile” la violenza non c'era. Si crea, così facendo, un’alleanza con quegli stereotipi da cui nasce la violenza stessa. Il problema è proprio questo: raccontare la violenza come la conseguenza della crisi di un mondo tradizionale che si sta sgretolando e non come la conseguenza di un rapporto di potere che da sempre contraddistingue le relazioni tra uomo e donna.

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“Uomo. Bullo” – Campagna di Oliviero Toscani (2009) Quali sono le ragioni della resistenza degli uomini al mutamento dei ruoli di genere? Fin dalla nascita l'uomo è soggetto ad una condizione identitaria precaria, già da piccolo ti viene detto di non piangere perché se no sei una femminuccia ed è attraverso affermazioni come queste che vengono trasmessi messaggi molto chiari che ci portiamo dietro lungo la crescita. I messaggi più evidenti sono che non puoi permetterti atteggiamenti e comportamenti che non corrispondano pienamente al modello di virilità e che essere “femminuccia” è svilente, disdicevole. Il freno maggiore ad un cambiamento nel viversi nelle relazioni e vivere le relazioni è senz'altro il timore e l'imbarazzo di non aderire più ad un modello ormai rodato da secoli. Liberarsi dagli stereotipi per recuperare il femminile “La corsa continua al superamento e al controllo dell'altro impedisce il contatto con le proprie dimensioni interne più autentiche sacrificate sull'altare di un'immagine fittizia e dolorosamente vuota perché priva di legami autentici e nutrienti, in una reciproca negazione di identità, in cui non esiste scambio profondo, reale e genuino” (Giusti- Fusco, 2002, p.11-12). 3 Ciò che oggi troppo spesso viene a mancare è un reale ascolto dei propri bisogni e di conseguenza risulta impossibile costruire                                                                                                                      3 Giusti, E., Fusco, L. (2001). Uomini psicologia e psicoterapia della mascolinità. Roma: Sovera.

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“Uomo. Bullo” – Campagna di Oliviero Toscani (2009) Quali sono le ragioni della resistenza degli uomini al mutamento dei ruoli di genere? Fin dalla nascita l'uomo è soggetto ad una condizione identitaria precaria, già da piccolo ti viene detto di non piangere perché se no sei una femminuccia ed è attraverso affermazioni come queste che vengono trasmessi messaggi molto chiari che ci portiamo dietro lungo la crescita. I messaggi più evidenti sono che non puoi permetterti atteggiamenti e comportamenti che non corrispondano pienamente al modello di virilità e che essere “femminuccia” è svilente, disdicevole. Il freno maggiore ad un cambiamento nel viversi nelle relazioni e vivere le relazioni è senz'altro il timore e l'imbarazzo di non aderire più ad un modello ormai rodato da secoli. Liberarsi dagli stereotipi per recuperare il femminile “La corsa continua al superamento e al controllo dell'altro impedisce il contatto con le proprie dimensioni interne più autentiche sacrificate sull'altare di un'immagine fittizia e dolorosamente vuota perché priva di legami autentici e nutrienti, in una reciproca negazione di identità, in cui non esiste scambio profondo, reale e genuino” (Giusti- Fusco, 2002, p.11-12). 3 Ciò che oggi troppo spesso viene a mancare è un reale ascolto dei propri bisogni e di conseguenza risulta impossibile costruire                                                                                                                      3 Giusti, E., Fusco, L. (2001). Uomini psicologia e psicoterapia della mascolinità. Roma: Sovera.

relazioni profonde con l'altro; il tutto in nome del “dover essere SOLO maschili” e “dover essere SOLO femminili”. Ma perché il maschio palesa questa difficoltà a riflettere sul proprio genere e contemporaneamente ad entrare in contatto con il femminile interiore? Perché essere maschi è difficile, è tutt'altro che naturale ed è molto più che avere una certa conformazione anatomica. Il termine stereotipo deriva dal greco stereos (solido) e typos (modello) e indica quindi un modello di conoscenza resistente, difficile da cambiare, una struttura che collega determinate categorie sociali (uomo/donna) a specifici attributi (razionale/emotivo) per mezzo di associazioni probabilistiche. Per esempio l'uomo lo immaginiamo solo come colui che non deve provare emozioni o che deve ricoprire ruoli apicali in ambito lavorativo e la donna, al contrario, solo come colei che è portata alle relazioni, all'empatia e ai lavori più esecutivi. Dato che gli stereotipi sono appresi precocemente durante i primi anni di vita e successivamente usati nelle interazioni sociali si trasformano in associazioni automatiche in grado di influenzare percezioni e comportamenti in modo inconsapevole (incontro una donna e prima ancora di conoscerla le attribuisco caratteristiche di fragilità, emotività, etc..). In realtà diversi studi recenti ci dicono che le differenze tra uomini e donne sono molto più sottili rispetto alle differenze individuali all’interno di ciascuna categoria di genere. Ci sono quindi più differenze tra donna e donna o tra uomo e uomo che tra un uomo e una donna. Quindi ragionare attraverso gli stereotipi non ci permette di vedere concretamente l'altro ma di immaginarcelo ancor prima di averlo conosciuto. Per proporre una profonda e sincera riflessione maschile bisogna innanzitutto andare a sovvertire e verificare gli innumerevoli luoghi comuni sugli uomini per poter permettere a loro stessi di liberarsi da ruoli imposti e accettati acriticamente: liberi di mostrarsi sensibili ed emotivi, di essere padri che si prendono cura dei figli così come fanno le loro madri, di amare senza dominare, di riconoscersi al di là di stereotipi che non gli appartengono.

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L'identità maschile deve essere allora reinventata; risulta necessario per l'uomo un ritorno al contatto con quella parte di sé tanto a lungo repressa, il femminile interiore, (l'energia femminile presente nella psiche dell'uomo), parte che Jung ha chiamato Anima e cioè quel principio femminile che permette all'uomo di completarsi, di sviluppare la propria sensibilità, di essere in grado di accettare le proprie debolezze senza averne timore. Solo integrando questa parte fondamentale dell'essere umano l'uomo potrà dirsi completo. Specularmente la donna dovrà trovare il contatto con il proprio maschile interiore chiamato Animus (l'energia maschile presente nella psiche della donna). Tale unione corrisponde all’immagine del Tao, rappresentazione dell’unione di energie complementari, dove ciascuna tende verso l’altra, compensandola. “L’Anima è la figura che compensa l’energia maschile. L’Animus quella che compensa l’energia femminile”. Bisogna abbandonare l'idea che una modificazione dei rapporti tra i generi possa essere una minaccia per gli uomini, per la loro identità, per il proprio posto nella società, considerando invece questa ristrutturazione come un guadagno, come un percorso che può portare ad una maggiore libertà delle relazioni di genere, svincolate da attitudini stereotipate. Per innescare tale riflessione è importante investire nella prevenzione, prevenzione innanzitutto rivolta ai genitori, educatori delle generazioni future, in modo che crescano i propri figli liberi da precoci stereotipi, lasciandoli liberi di entrare in contatto con il proprio maschile e con il proprio femminile così da vivere una vita completa in cui la relazione con l'altro diviene un bisogno e un desiderio.

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L'identità maschile deve essere allora reinventata; risulta necessario per l'uomo un ritorno al contatto con quella parte di sé tanto a lungo repressa, il femminile interiore, (l'energia femminile presente nella psiche dell'uomo), parte che Jung ha chiamato Anima e cioè quel principio femminile che permette all'uomo di completarsi, di sviluppare la propria sensibilità, di essere in grado di accettare le proprie debolezze senza averne timore. Solo integrando questa parte fondamentale dell'essere umano l'uomo potrà dirsi completo. Specularmente la donna dovrà trovare il contatto con il proprio maschile interiore chiamato Animus (l'energia maschile presente nella psiche della donna). Tale unione corrisponde all’immagine del Tao, rappresentazione dell’unione di energie complementari, dove ciascuna tende verso l’altra, compensandola. “L’Anima è la figura che compensa l’energia maschile. L’Animus quella che compensa l’energia femminile”. Bisogna abbandonare l'idea che una modificazione dei rapporti tra i generi possa essere una minaccia per gli uomini, per la loro identità, per il proprio posto nella società, considerando invece questa ristrutturazione come un guadagno, come un percorso che può portare ad una maggiore libertà delle relazioni di genere, svincolate da attitudini stereotipate. Per innescare tale riflessione è importante investire nella prevenzione, prevenzione innanzitutto rivolta ai genitori, educatori delle generazioni future, in modo che crescano i propri figli liberi da precoci stereotipi, lasciandoli liberi di entrare in contatto con il proprio maschile e con il proprio femminile così da vivere una vita completa in cui la relazione con l'altro diviene un bisogno e un desiderio.

Progetto violenza Il lato oscuro degli uomini, l'altro aspetto

della sofferenza.

Una sperimentazione

Dott. Piero Calbucci (Associazione White Dove)

“Il fatto che le situazioni in cui ci troviamo siano giuste o sbagliate prima o poi ci riguarda. Anche se non abbiamo rivolto una domanda sul bene e sul male alle circostanze in cui viviamo, spesso lo sguardo delle circostanze si rivolge verso di noi interrogandoci sul bene e sul male. E non possiamo rispondere che siamo indifferenti”

(Luigi Zoja "Giustizia e Bellezza")

Il tema della violenza all'interno delle relazioni affettive, di coppia, in famiglia, è un tema che gli uomini, i maschi stanno cominciando adesso a trattare, un po' anche contro le loro obiezioni; ma è nell'evidenza che è sempre più difficile convivere, rimanendo in silenzio, con l'emergere di tutti questi episodi di maltrattamento ed uccisione di donne, che finisce per accomunare tutto il genere maschile. Sembra che sempre più maschi ritengano che, come recitava un noto appello circolato anche in rete nel 2006, “la violenza contro le donne ci riguarda: prendiamo la parola come uomini”.

Oggi si ha l'impressione che stiano maturando i tempi perché anche gli uomini, i padri, i compagni, i mariti comincino a riflettere e a parlare su come non rimanere intrappolati dentro comportamenti violenti nelle relazioni affettive con il rischio

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aggiuntivo di consegnare un testimone avvelenato dalla rabbia e dalla violenza alle generazioni future.

Il progetto “Violenza: il lato oscuro degli uomini – l'altro aspetto della sofferenza” promosso dalla Associazione White Dove - Progetto educazione, con il patrocinio del Comune di Genova e della Regione Liguria vuole quindi contribuire a far uscire e dare visibilità ad un fenomeno come quello del maltrattamento che si nutre di silenzi e di omertà sociale; ma intrappolato nel silenzio delle vittime e degli autori, vi è un dolore che rischia di rimanere muto, e che, rimosso, negato, penetra nelle profondità dell'animo umano per riemerge nell'agito.

In questo silenzio vi è ancora qualcosa di più: si crea un isolamento in cui il lato oscuro degli uomini fa ombra al proprio femminile che si degrada ulteriormente. Come ci ricorda Luigi Zoja “il femminile diventa quella cosa le cui qualità sono rifiutate, ancor prima che negli altri, in se stessi. Nell'isolamento mentale del maschio anche il rapporto con le energie femminili della mente diventa solo una questione di forza, di dominio.... mentre anche gli uomini hanno bisogno di connettersi con le energie femminili che cercano legami, parole che narrano di estetica o di amori, di incontri, di riti di ciò che, secondo Pericle, proprio i greci avevano creato per contenere il dolore della vita.”

Per incoraggiare un processo di apertura degli uomini e per provare a contribuire al contrasto della violenza di genere, in sintonia con l'esperienza europea, e con le prime esperienze statunitensi già avviate a metà degli anni 70 a cominciare da quella di Duluth nel Minnesota che diede il via al “Modello Duluth”, anche in Italia si comincia a parlare di lavorare con gli uomini e con il loro lato oscuro, all'interno di uno sforzo collettivo volto al contenimento del maltrattamento e all'avvio di un processo di evoluzione del maschile.

Il progetto “Il lato oscuro degli uomini” nasce dalla esperienza personale e professionale di alcuni professionisti della Associazione White Dove all'interno del più ampio progetto denominato “uomo maschio padre” avviato nei primi anni 2000, progetto che

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aggiuntivo di consegnare un testimone avvelenato dalla rabbia e dalla violenza alle generazioni future.

Il progetto “Violenza: il lato oscuro degli uomini – l'altro aspetto della sofferenza” promosso dalla Associazione White Dove - Progetto educazione, con il patrocinio del Comune di Genova e della Regione Liguria vuole quindi contribuire a far uscire e dare visibilità ad un fenomeno come quello del maltrattamento che si nutre di silenzi e di omertà sociale; ma intrappolato nel silenzio delle vittime e degli autori, vi è un dolore che rischia di rimanere muto, e che, rimosso, negato, penetra nelle profondità dell'animo umano per riemerge nell'agito.

In questo silenzio vi è ancora qualcosa di più: si crea un isolamento in cui il lato oscuro degli uomini fa ombra al proprio femminile che si degrada ulteriormente. Come ci ricorda Luigi Zoja “il femminile diventa quella cosa le cui qualità sono rifiutate, ancor prima che negli altri, in se stessi. Nell'isolamento mentale del maschio anche il rapporto con le energie femminili della mente diventa solo una questione di forza, di dominio.... mentre anche gli uomini hanno bisogno di connettersi con le energie femminili che cercano legami, parole che narrano di estetica o di amori, di incontri, di riti di ciò che, secondo Pericle, proprio i greci avevano creato per contenere il dolore della vita.”

Per incoraggiare un processo di apertura degli uomini e per provare a contribuire al contrasto della violenza di genere, in sintonia con l'esperienza europea, e con le prime esperienze statunitensi già avviate a metà degli anni 70 a cominciare da quella di Duluth nel Minnesota che diede il via al “Modello Duluth”, anche in Italia si comincia a parlare di lavorare con gli uomini e con il loro lato oscuro, all'interno di uno sforzo collettivo volto al contenimento del maltrattamento e all'avvio di un processo di evoluzione del maschile.

Il progetto “Il lato oscuro degli uomini” nasce dalla esperienza personale e professionale di alcuni professionisti della Associazione White Dove all'interno del più ampio progetto denominato “uomo maschio padre” avviato nei primi anni 2000, progetto che

focalizzava il proprio intervento sulla dimensione del maschile e sui ruoli di genere. Il progetto “uomo maschio padre”, che ha cercato di sondare la costituzione profonda dell'identità maschile per come oggi viene data, è stato una fucina anche per la costruzione concettuale dell'intervento con gli uomini che agiscono con violenza nelle relazioni affettive.

Avvio dell'intervento come sperimentazione. Il progetto di lavoro con gli uomini con comportamenti maltrattanti verso le donne ha avuto un periodo di incubazione di circa un anno. Un anno fatto di riunioni, incontri, riflessioni, formazione, conoscenza di altre esperienze, definizione delle modalità e gli strumenti specifici di intervento. Una parte importante di questo percorso è stata la costruzione del lavoro di rete; nella consapevolezza di far parte di una rete più vasta, plurale con cui confrontarsi e collaborare e con cui viaggiare insieme; in sintonia con quello che dice un proverbio africano, “se vuoi andare veloce viaggia da solo, ma se vuoi andare lontano viaggia in compagnia”.

A fine 2011 vi è stata la formale apertura del servizio con i primi casi e a maggio 2012 la prima presentazione del progetto alla citta' al Convegno “L’aiuto al familiare maltrattante: esperienze e percorsi genovesi” 2012 Palazzo di Giustizia di Genova promosso dalla Associazione Light House 12 Genova in collaborazione con alcuni Ordini/Professioni e le Istituzioni.

La comunicazione sul servizio come attività di prevenzione. Nell'impostare la comunicazione del servizio si è cercato di facilitare la confidenza con il tema da parte del pubblico maschile, di porre l'accento sul fatto che parliamo di persone e che ad essere problematici sono i comportamenti non le persone. Si è cercato di non etichettare, di evidenziare che chi pratica il maltrattamento ha un mondo di dolore che fa fatica a gestire, che il maltrattamento non è una patologia è una scelta e quindi si ha la possibilità di scegliere di non farlo o di smettere di farlo. Si è provato a far passare la comunicazione che conosciamo l'animo dei maschi, i loro bisogni, desideri, le loro

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passioni, le loro difficoltà, le loro aspettative e che si conosce l'impulso a reagire con la forza; non si può essere complici ma si può essere vicini, prossimi. L'impianto della comunicazione mira a slatentizzare il tema ed al contempo a far si che del fenomeno se ne parli da più punti di vista in modo da facilitare anche il cambiamento culturale e quindi una comunicazione che già per molti versi è prevenzione.

Modalità di erogazione del servizio e la pratica trattamentale. Mutuando, anche, da esperienze consolidate si è ritenuto funzionale e maggiormente efficacie un approccio multidisciplinare al problema, con un taglio psicosociale in grado di modulare secondo le necessità, modalità di intervento con un taglio tra il psicologico e l'educativo. Al servizio l'interessato può accedere direttamente o su invio istituzionale. Nella prima fase la persona viene accolta ed insieme si fa l'analisi della richiesta, si fanno i primi colloqui, l'istruttoria e la compilazione della prima documentazione. Inizia poi la seconda fase più specificatamente trattamentale e vi è la definizione più puntuale delle modalità di presa in carico durante la riunione dello staff degli operatori del progetto. Una terza fase prevede la partecipazione ad incontri periodici di gruppo di incontro tra uomini, facilitati da due operatori, un uomo ed una donna. In questa fase le persone avranno quindi la possibilità di parlare, confrontarsi con altri uomini che hanno avuto esperienze simili e questo permette potenzialmente di accedere a nuovi livelli di elaborazione. La durata e la modulazione del percorso può variare da persona a persona in base alle problematiche ed alla situazione clinica. Altro aspetto importante da ricordare è che, durante il percorso trattamentale che l'uomo fa e con il consenso dell'interessato, periodicamente viene contattata telefonicamente la compagna/partner per avere un suo feed back su come stanno andando le cose dal punto di vista della violenza. Ovviamente non si entra con lei nel merito di quanto emerge nei colloqui con il suo partner. La donna può essere inoltre contattata per avvisarla se il partner abbandona il percorso e/o si ravvisano elementi che possono mettere concretamente a rischio la sua sicurezza.

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passioni, le loro difficoltà, le loro aspettative e che si conosce l'impulso a reagire con la forza; non si può essere complici ma si può essere vicini, prossimi. L'impianto della comunicazione mira a slatentizzare il tema ed al contempo a far si che del fenomeno se ne parli da più punti di vista in modo da facilitare anche il cambiamento culturale e quindi una comunicazione che già per molti versi è prevenzione.

Modalità di erogazione del servizio e la pratica trattamentale. Mutuando, anche, da esperienze consolidate si è ritenuto funzionale e maggiormente efficacie un approccio multidisciplinare al problema, con un taglio psicosociale in grado di modulare secondo le necessità, modalità di intervento con un taglio tra il psicologico e l'educativo. Al servizio l'interessato può accedere direttamente o su invio istituzionale. Nella prima fase la persona viene accolta ed insieme si fa l'analisi della richiesta, si fanno i primi colloqui, l'istruttoria e la compilazione della prima documentazione. Inizia poi la seconda fase più specificatamente trattamentale e vi è la definizione più puntuale delle modalità di presa in carico durante la riunione dello staff degli operatori del progetto. Una terza fase prevede la partecipazione ad incontri periodici di gruppo di incontro tra uomini, facilitati da due operatori, un uomo ed una donna. In questa fase le persone avranno quindi la possibilità di parlare, confrontarsi con altri uomini che hanno avuto esperienze simili e questo permette potenzialmente di accedere a nuovi livelli di elaborazione. La durata e la modulazione del percorso può variare da persona a persona in base alle problematiche ed alla situazione clinica. Altro aspetto importante da ricordare è che, durante il percorso trattamentale che l'uomo fa e con il consenso dell'interessato, periodicamente viene contattata telefonicamente la compagna/partner per avere un suo feed back su come stanno andando le cose dal punto di vista della violenza. Ovviamente non si entra con lei nel merito di quanto emerge nei colloqui con il suo partner. La donna può essere inoltre contattata per avvisarla se il partner abbandona il percorso e/o si ravvisano elementi che possono mettere concretamente a rischio la sua sicurezza.

In linea di massima l'attuale definizione del progetto prevede di dedicare per ogni assistito per l'intero ciclo del trattamento un pacchetto di circa 40 - 50 ore generalmente ripartito tra definizione del piano di trattamento individuale, colloqui individuali finalizzati all'assestement, colloqui individuali finalizzati al sostegno, attività di gruppo, contatti con la partner, riunioni, stesura di relazioni, gestione ed aggiornamento della cartella individuale.

Utenza. Allo stato attuale della ricerca scientifica sembra che non sia stata individuata una vera e propria tipologia di uomini che agiscono violenza di genere, e che il fenomeno sia trasversale alle classi sociali e che la genesi di comportamenti violenti nelle relazioni di genere sia multifattoriale, da qui anche l'esigenza di interventi multidisciplinari. Vi sono ovviamente fattori predittivi abbastanza noti come essere cresciuti in una famiglia violenta, aver subito violenze da parte dei familiari e/o facenti funzione, aver assistito all'uso della violenza come regolatrice delle relazioni. Sembra inoltre altrettanto importante l'influenza del contesto e se questo conferma la vittima e il carnefice nei loro ruoli, in tal modo contribuisce a farli diventare permanenti.

La motivazione: alcuni esempi. Diverse sono le motivazioni che portano gli uomini a questo tipo di servizio: “mi sono reso conto che non avevo più il controllo della mia vita e dei miei comportamenti”, “mi sono accorto che correvo il rischio di ripetere quello che ho subito io”, “la mia partner ha detto che mi lascia”, “ho pensato ai miei figli”, “è stata la mia partner a dirmi di fare questo percorso”, “il Servizio mi ha detto di venire qui”. Va sottolineato, e qui ne accenniamo brevemente, che con una certa frequenza che non può essere ignorata, sono le donne che chiedono ai loro uomini di prendersi cura di se stessi; frequentemente vogliono la fine della violenza, non la fine della relazione.

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La documentazione e lo Staff. Per erogare il servizio viene utilizzata una specifica modulistica/documentazione già in uso presso altri Centri che aiuta a raccogliere i dati anche a fini statistici ma sopratutto aiuta ad inquadrare meglio le problematiche ed il livello di pericolosità dei comportamenti. Si raccolgono quindi i dati per avere un profilo della persona e della partner, dei comportamenti. Viene anche utilizzato un approccio che promuove autovalutazione da parte delle persone come elemento di assunzione di responsabilità verso i propri atti. La modulistica inoltre, con un percorso ad imbuto, aiuta a procedere dagli elementi più generali ai comportamenti specifici accompagnando la persona nella non facile narrazione degli episodi violenti nella loro concretezza.

Lo staff raccolto intorno al progetto è coerente con l'approccio e le modalità multidisciplinari ed è quindi composto da psicologo, pedagogista, educatori, consulenti con molti anni di esperienza professionale.

Supervisione/Formazione. La formazione/supervisione occupa un aspetto centrale quando si ha a che fare con tematiche inerenti la violenza di genere ed in particolare quando si erogano servizi sperimentali come quello rivolto agli uomini che usano violenza nelle relazioni di genere. Il momento formativo e/o di supervisione aiuta a muoversi all'interno di un tema e di un approccio che ha a che fare anche con la costruzione di un nuovo paradigma di intervento e quindi contribuisce a costruire il servizio stesso. Il tutto in un percorso che deve fare sintesi di più cose: ad esempio affrontare gli elementi di innovazione, confrontarsi con buone esperienze pregresse, provare ad avviare la lettura di un fenomeno da un nuovo e diverso punto di vista, confrontarsi con la sensibilità sociale rispetto al fenomeno anche in merito a stereotipi vari, e non per ultimo il confronto con i vissuti e le esperienze personali degli operatori.

Anche se nel piccolo nella definizione del progetto si è potuto appurare una significativa richiesta formativa e quindi

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La documentazione e lo Staff. Per erogare il servizio viene utilizzata una specifica modulistica/documentazione già in uso presso altri Centri che aiuta a raccogliere i dati anche a fini statistici ma sopratutto aiuta ad inquadrare meglio le problematiche ed il livello di pericolosità dei comportamenti. Si raccolgono quindi i dati per avere un profilo della persona e della partner, dei comportamenti. Viene anche utilizzato un approccio che promuove autovalutazione da parte delle persone come elemento di assunzione di responsabilità verso i propri atti. La modulistica inoltre, con un percorso ad imbuto, aiuta a procedere dagli elementi più generali ai comportamenti specifici accompagnando la persona nella non facile narrazione degli episodi violenti nella loro concretezza.

Lo staff raccolto intorno al progetto è coerente con l'approccio e le modalità multidisciplinari ed è quindi composto da psicologo, pedagogista, educatori, consulenti con molti anni di esperienza professionale.

Supervisione/Formazione. La formazione/supervisione occupa un aspetto centrale quando si ha a che fare con tematiche inerenti la violenza di genere ed in particolare quando si erogano servizi sperimentali come quello rivolto agli uomini che usano violenza nelle relazioni di genere. Il momento formativo e/o di supervisione aiuta a muoversi all'interno di un tema e di un approccio che ha a che fare anche con la costruzione di un nuovo paradigma di intervento e quindi contribuisce a costruire il servizio stesso. Il tutto in un percorso che deve fare sintesi di più cose: ad esempio affrontare gli elementi di innovazione, confrontarsi con buone esperienze pregresse, provare ad avviare la lettura di un fenomeno da un nuovo e diverso punto di vista, confrontarsi con la sensibilità sociale rispetto al fenomeno anche in merito a stereotipi vari, e non per ultimo il confronto con i vissuti e le esperienze personali degli operatori.

Anche se nel piccolo nella definizione del progetto si è potuto appurare una significativa richiesta formativa e quindi

l'associazione ha promosso in collaborazione con il Centro di ascolto uomini maltrattanti di Firenze l'avvio del primo corso a Genova rivolto a operatori e/o persone che a vario titolo hanno intenzione di aumentare le proprie conoscenze e competenze sul tema del maltrattamento all'interno delle relazioni affettive. Il corso ha preso avvio a marzo 2013 ed ha visto l'iscrizione di trenta persone provenienti da diverse regioni come Liguria, Sardegna, Lombardia, Toscana.

Il Servizio e le risorse. Attualmente il servizio è cofinanziato dalla Compagnia di San Paolo, che ha apprezzato e valorizzato il progetto, dai professionisti che erogano il servizio e, quando possono, dai fruitori.

Provando a concludere. Ai maschi è stata affidata da sempre la gestione della forza, non è un incarico semplice. Quando si agiscono comportamenti maltrattanti nei rapporti di genere si è perso il senso della propria forza. Parafrasando il poeta Wilhelm Busch: “Non è difficile diventare violenti, essere forti questo è difficile”. Ci piacerebbe che insieme, maschi e femmine, raccogliessimo questa sfida; anche perché come ricorda Micheal Kaufman, “mobilitare il capitale umano maschile significa avere più risorse a disposizione per contrastare la violenza”.

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Alcuni riferimenti

1522 Rete Nazionale Antiviolenza Antiviolenza donna attivo 24 ore su 24

010 557.84.42 Centro Antiviolenza Via Mascherona, 19 GeNoVA

0185 30.99.12 CIF - Telefono donna Centro di ascolto Via Costaguta, 10 ChIAVARI

019 83.13.399 Centro Antiviolenza Telefono donna Via Sormano, 12 SAVoNA

800 186060 Centro Provinciale Antiviolenza Via Matteotti, 28 IMPeRIA

Finito di stampare nel novembre 2013presso Ennegi s.a.s. - Genova

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SPORTELLO COUNSELING CISLPiazza Campetto, 1 – 2° piano

Tel. 0102472541mail: [email protected]

La CISL accoglie gli associati per problematiche inerenti la sfera lavorativa professionale/personale, e in particolare

coloro che sono vittime di mobbing, stalking e altre violenze di natura psico-fisica.

Il Counseling è una relazione di aiuto importante nella vita di ognuno di noi, nel caso in cui emergano problematiche legate al contesto lavorativo e/o personale.

Viene scelta quando si vive un momento di confusione, di disagio, di dubbio rispetto ad un problema concreto verso il quale non si riesce ad intravedere la soluzione o meglio la “propria soluzione”

Attraverso la relazione di counseling i clienti vengono aiutati a riappropriarsi della loro capacità riflessiva rispetto al problema, osservandolo da diversi e nuovi punti di vista così da trovare in se stessi una risposta.