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Critica del testo XVIII / 1, 2015 viella
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Apr 13, 2016

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Critica del testoXVIII / 1, 2015

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Critica del testo, XVIII / 1, 2015

Simone Marcenaro

Nuove acquisizioni sul Pergaminho Vindel (New York, Pierpont Morgan Library ms. 979)

Il manoscritto 979 conosciuto come “Pergamiño Vindel” raccoglie le sette can-tigas de amigo del giullare galego Martin Codax (metà XIII sec.); un reperto di no-tevole importanza poiché rappresenta uno dei pochissimi esempi di Liederblatt oggi conservati. Studi recenti del manoscritto hanno confutato la sua natura di rotulo, so-stenuta da studi pregressi. I dati provenienti dalla nuova expertise codicologica suf-fragano l’ipotesi che la pergamena – bifolio originariamente ideato per circolare in forma autonoma – sia stata rilegata in un volume più ampio in un punto imprecisato della tradizione. L’articolo discute le nozioni gröberiane di Liederblatt e, soprattutto, di Gelegenheitsammlung in relazione al peculiare contesto della tradizione galego-portoghese e propone una revisione stemmatica del canzoniere di Martin Codax, identificando una stratificazione delle fonti nei piani medi della tradizione.

1. Breve storia del PergaminhoIl Pergaminho Vindel, bifolio membranaceo conservato alla Pier-

pont Morgan Library di New York e testimone dell’intera produzione del giullare galego Martin Codax (metà XIII sec.), è stato oggetto di numerosi contributi critici, a partire dalla scoperta nel 1914 del la-certo, utilizzato come rinforzo alla coperta di un codice trecentesco del De officiis ciceroniano, da parte del libraio antiquario madrileno Pedro Vindel.1 Quest’ultimo, nella notizia del ritrovamento pubblicata sulla rivista «Arte Español», definisce il reperto come un «pergamino

1. Notizie biografiche di Vindel (Olmeda de la Cuesta, 1865-Madrid 1921) si possono leggere in J. A. Nieto Sánchez, Historia del Rastro. La forja de un sím-bolo de Madrid, 1905-1936, Madrid, Rústica, 2004, II, pp. 126-132. Fra la varie curiosità ivi raccolte, merita menzione la circostanza grazie alla quale Vindel poté diventare il più importante mercante di libri antichi di Spagna: nel 1900 vinse infatti 75.000 pesetas alla lotteria nazionale, che gli permisero di ampliare notevolmente la sua collezione di libri antichi, ubicata al n° 9 di Calle del Prado.

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-MS 979, Pergamino Vindel -Repertorio: .7 cantigas d'amigo del juglar gallego Martín Codax (mediados XIII) .Notable importancia por ser uno de los muy pocos ejemplos conservados de Liederblatt (Gröber) -Natura di 'rotulo' .Bifolio originalmente ideado para circular de forma autónoma *Hipótesis de pertenecer a un volumen más amplio en un punto impreciso de la tradición. -Discusion sobre: .Concepto gröberiano de Liederblatt y de Gelegenheitsammlung en relacion al peculiar contexto de la tradición gallego-portuguesa. -Proposicion de revisión stemmatica del cancionero de Codax, identificando una estratificación de fuentes en el plano medio de la tradición.
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BREVE HISTORIA DEL PERGAMINO - N 1- Descripción: Pergamino Vindel, bifolio membranáceo / Lugar de conservación: Morgan Library en Nueva York 2- Testimonio de la produccion entera de Martín Codax (med. XIII) 3- Descubierto en 1914. Noticia publicada en la revista Arte español, propiedad de Pedro Vindel (ver cómo define el pergamino / Ref. de la revista, 1914) 4- Usado como refuerzo de cubierta de un códice del Trecento del De officiis ciceroniano perteneciente al librero anticuario madrileño Pedro Vindel 5- Descripción de Carolina MIchaëlis de Vasconcelos en Revista de Filología Española 1915: 'rótulo' *La crítica sucesiva asimiló el pergamino en la tipologóa de 'rótulo' (posiblex por el malentendido de base en la reproduccion fotografica publicada x Vindel) (Ver figgs) 6- Tavani 1967: descripción ('dos mitades...cada una con dos columnas de escritura') + asociando la sigla R al ms (por su naturaleza de 'rótulo'). La descripción no pudo basarse en una verificación directa xq el ms no se re-emergerá hasta 1977 (fecha de adquisicion de la biblioteca estadounidense) 7- Rafael Mitjana - owner 8- Estudio de Tavani (sobre estudios de Manuel Pedro Ferreira y de Ismael Fernández de la Cuesta) - Importantes conclusiones: .No es un rótulo, sino? un bifolio plegado por la mitad y escrito sobre una sola cara interna .La distancia entre la cabeza y el margen interno y el análisis de los pliegos hechos en su colocación original (usado como refuerzo) desvelan la conformación original: bifolio ideado y preparado 'ab origine' para ser plegado por la mitad y no enrollado.
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(…) del tamaño de un doble folio»;2 tuttavia, nonostante anche Caro-lina Michaëlis de Vasconcelos, nell’articolo pubblicato lo stesso anno sulla «Revista de Filología Española», parlasse in prima battuta di una «folha membranácea, dobrada en duas», ella stessa, nella pagina seguente, si riferisce alla pergamena come a un «rótulo»:3 semplice lapsus, forse, oppure segno dell’effettiva confusione cagionata dalla rapida e poco accurata descrizione di Vindel nelle due succinte pub-blicazioni in cui dava notizia della scoperta.4 A partire da qui, in ogni caso, la critica successiva ha quasi sempre assimilato la pergamena alla tipologia del rotulo; ciò, probabilmente, si deve proprio al ma-linteso di base dovuto alla riproduzione fotografica pubblicata dallo stesso Vindel che, come si vede nelle immagini dell’appendice (figg. 1-2), mostrava il suo ritrovamento in forma assai parziale, inserendo addirittura integrazioni di propria mano alle parti di testo mancanti a causa di lacune materiali.

Ciò portò Tavani, nella descrizione dei testimoni di lirica profana galego-portoghese fornita nel suo seminale articolo del 1967, ad affer-mare: «il foglio (…) è stato tagliato in due metà, ciascuna delle quali contenente due colonne di scrittura»,5 associando la sigla R al mano-scritto (che invece noi chiameremo N)6 proprio in virtù della sua natura di rotulo. Descrizione che, ovviamente, non poteva più basarsi su una verifica diretta poiché, come si sa, il lacerto non riaffiorerà fino al 1977, data di acquisizione da parte della prestigiosa biblioteca statunitense.7

2. D. L. D’Orvenipe (pseudonimo per P. Vindel), Las siete canciones de la enamorada. Poema musical por Martín Codax, juglar del siglo XIII, in «Arte Español», 1 (1914), pp. 27-31, cit. a p. 27.

3. C. Michaëlis de Vasconcelos, A proposito de Martim Codax e das suas cantigas de amor, in «Revista de Filología Española», 2 (1915), pp. 258-273, cit. alle pp. 260-261.

4. Oltre al già citato articolo pubblicato sotto pseudonimo, Vindel fornì anche una breve edizione dei testi nell’opuscolo Las siete canciones d’amor de Martin Codax. Poema musical del siglo XII, Madrid, s.n., 1914.

5. G. Tavani, La tradizione manoscritta della lirica galego-portoghese, in «Cultura Neolatina», XXVII (1967), 1-2, pp. 41-94.

6. Seguo qui il criterio di siglatura dei testimoni galego-portoghesi adottato nel repertorio curato da M. Brea, Lírica profana galego-portuguesa. Corpus com-pleto das cantigas medievais, con estudio biográfico, análise retórica e bibliografía específica, 2 voll., Santiago de Compostela, Xunta de Galicia, 1996.

7. La storia della pergamena dopo il suo ritrovamento è ricostruibile a partire alla vendita, per il prezzo di 6.000 pesetas, al collezionista Rafael Mitjana, diploma-

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Successivamente alla messa a punto di Tavani, che fra i molti meriti ebbe anche quello di iniziare un dibattito approfondito – non senza punte polemiche – sulla tradizione manoscritta della lirica profana galego-portoghese, bisognerà attendere gli studi del musi-cologo portoghese Manuel Pedro Ferreira il quale, nel 1986,8 ebbe la possibilità di visionare direttamente la pergamena e, basandosi sulla descrizione fornita da Ismael Fernández de la Cuesta quattro anni prima,9 trasse due importanti conclusioni: a) N non è un rotulo, bensì un bifolio piegato a metà scritto sulla sola

facciata interna;b) la distanza mantenuta fra il testo e il margine interno e l’analisi

delle piegature cui fu sottoposta la pergamena quando fu estratta dalla sua collocazione originale per essere usata come rinforzo svelano la sua originaria conformazione: un bifolio ideato e alle-stito ab origine per essere piegato a metà e non arrotolato.

Questi due elementi segnano di fatto un avanzamento critico di non poco conto, poiché viene meno lo status librario della pergame-na considerato fino ad allora come un dato acquisito; le conseguen-ze, come vedremo, si riverberano su diversi aspetti della tradizione galego-portoghese e, più in generale, sull’applicazione del paradig-ma di Gröber al caso peninsulare.

2. Analisi codicologica

Procedendo con ordine, però, vi sono alcuni elementi di filolo-gia materiale che pare conveniente sottolineare in via preliminare, grazie anche all’indagine diretta effettuata da chi scrive presso la Morgan Library nel mese di luglio 2014, nell’ambito delle attività di

tico erudito ed esperto di musica rinascimentale, ma restano ancora dei punti oscuri riguardo al periodo che va dalla morte di quest’ultimo, avvenuta nel 1921, e l’ac-quisizione da parte della Morgan Library. Per le vicissitudini del manoscritto fino al suo ritrovamento si veda M. Sandels, The Vindel MS of Martin Codax and the Col-lector Rafael Mitjana, in «Santa Barbara Portuguese Studies (Galician-Portuguese Poetry, Prose & Linguistics)», VI (2002), pp. 101-115.

8. M. P. Ferreira, O som de Martin Codax. Sobre a dimensão musical da lírica galego-portuguesa (séculos XII-XIV), Lisboa, Unisys, 1986.

9. Las cantigas de amigo de Martin Codax, in «Cahiers de Civilisation Médié-vale», XXV (1982), 3-4, pp. 179-185.

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ricerca del progetto TraLiRO – Repertorio ipertestuale della tradi-zione lirica romanza delle origini.10

In primo luogo, credo vada esaminato con attenzione il dato riguardante le mani intervenute nella copia della pergamena. Già Michaëlis aveva desunto dalla riproduzione fotografica di Vindel la presenza di due copisti, la cui distinzione era visibile nell’ultimo componimento della serie (N7), trascritto da una mano più trasanda-ta, in modulo decisamente più ampio e con un inchiostro differen-te. L’analisi di Ferreira, che prende in esame anche la trascrizione dell’accompagnamento musicale, presenta invece questo schema, che ritengo condivisibile:

mano a: testo delle cantigas 1-6;mano b: testo della cantiga 7, notazione delle cantigas 1, 4, 5, 7;mano c: notazione delle cantigas 2 e 3.

Secondo lo studioso portoghese, però, un verso della cantiga n° 3 sarebbe imputabile a una mano distinta rispetto al copista che si occupa di trascrivere il testo (mano a). Quest’ultima affermazione mi trova discorde poiché la differenza nella tinta usata – più scura rispetto a quella generalmente castano-bruna dei testi 1-6 – non si deve ad altra mano bensì ad una rasura sulla quale venne predispo-sta la correzione da parte del copista a: il modulo e le legature sono infatti identici e differiscono notevolmente dalla grafia del secondo amanuense.

Anche la rigatura del pentagramma merita un breve accenno; nel settimo testo, infatti, lo spessore delle righe e la distanza che le separa l’una dall’altra sono decisamente differenti rispetto agli altri sei testi (ricordo che nel testo n° 6, benché la notazione non sia mai stata eseguita, il pentagramma è comunque presente). Sembra quin-di che il copista b si sia incaricato per intero di quest’ultima cantiga, per la quale, a differenza degli altri, non era stata preparata neppure la rigatura musicale: segno che nel progetto originale essa non do-

10. Progetto finanziato dal MIUR, programma FIRB 2010 (RBFR10102K_002). Questo lavoro rientra anche nelle attività di ricerca svolte per il progetto di ricerca La poesía gallego-portuguesa en la corte de Alfonso X. Autores y textos (II), diretto da P. Lorenzo Gradín presso l’Università di Santiago de Compostela e finanziato dal MEyC spagnolo (FFI2011-25899).

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veva probabilmente apparire o, invece, che l’ignoto amanuense sia ricorso ad una fonte alternativa per completare il breve canzoniere di Martin Codax. Poco si può dire invece della mano che ha vergato la rubrica attributiva in inchiostro vermiglio: si tratta sempre di una gotica piuttosto regolare, che differisce soltanto nel modulo, più spa-ziato e tondeggiante. Trattandosi di una rubrica parrebbe eccessivo ascrivere tali differenze ad un’altra mano; si tratterà di una semplice mutazione della grafia rispondente alla particolare messa in rilievo di questo elemento paratestuale.11

Il dato più importante e inedito, però, riguarda senz’altro gli in-dizi di una rilegatura preesistente. Nonostante il già ricordato restau-ro, la pergamena è costellata da fori di vario genere e dimensione e possono distinguersi tre tipologie precise: a) lacune dovute all’usura, localizzate soprattutto in corrispondenza

del testo delle cantigas N4, N5, N7 e della notazione relativa ai testi N3 e N7;

b) forellini di forma tonda dovuti ai chiodini con cui il bifolio, già ripiegato, fu fissato alla coperta del De officiis;

c) fori regolari, di forma ovale, osservabili in corrispondenza della piegatura centrale (si vedano le figg. 3-4).12

11. Altri dati interessanti provengono dalla storia del manoscritto, in relazione al restauro che ha portato a riempire le lacune materiali più evidenti con brandelli di pergamena, mediante un lavoro – è doveroso segnalarlo – di grande pregio e accuratezza. Ferreira afferma di non possedere notizie sull’epoca in cui il restauro fu effettuato, ma grazie alla possibilità offertami dalla Pierpont Morgan Library di visionare la corrispondenza privata del fondo manoscritti ho potuto verificare che il responsabile del restauro potrebbe essere Mr. Jen Yow, responsabile del fondo manoscritti nel periodo in cui il Pergaminho fu acquisito dalla biblioteca. La pro-prietaria della pergamena precedente all’acquisizione della biblioteca statunitense, Albi Rosenthal, in una missiva spedita nel 2008 all’attuale capo del Department of Medieval and Renaissance Manuscripts nega infatti di avere mai provveduto ad un restauro finché il reperto era stato in suo possesso. Non va però escluso a priori che l’intervento sia stato effettuato prima dell’acquisizione da parte della Rosenthal, benché di sicuro l’alta qualità del lavoro effettuato suggerisce che esso sia stato effettuato in un’officina altamente specializzata.

12. Ferreira dà notizia dell’esistenza di questi fori in due pubblicazioni, nelle quali riconsidera le conclusioni del suo volume del 1986 e si chiede se effettiva-mente il Pergaminho «tinha originalmente a função de “folha volante” e foi poste-riormente coleccionado e cosido a outros fólios» (M. P. Ferreira, Aspectos da mú-sica medieval no ocidente peninsular, Lisboa, Imprensa Nacional/Casa da Moeda,

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È proprio questa terza tipologia a destare la maggiore attenzio-ne, tanto per la regolarità nella successione dei fori, quanto per la loro forma: la stessa piegatura, infatti, presenta il tipico “ripiega-mento” sul filo di rilegatura tipico dei codici medievali. Se questi elementi risultano già sufficienti ad avanzare l’ipotesi di una lega-tura antica, esiste un’ulteriore, decisiva prova per dimostrare che la pergamena fu unita materialmente ad un altro supporto. Come si può vedere nell’immagine iv, attorno all’ultimo foro, nella parte inferio-re del bifolio, è infatti visibile un lacerto dello spago impiegato per la rilegatura, sorprendentemente mai notato dagli studiosi che pur si sono succeduti negli ultimi 25 anni per esaminare il manoscritto.

Da queste osservazione deriva, inevitabilmente, che il Pergamin-ho Vindel non solo non sia un rotulo – dato ormai acquisito dall’ana-lisi di De la Cuesta e Ferreira – ma soprattutto che non possa neppure essere considerato unicamente come un Liederblatt. Meglio ancora: esso nasce sicuramente come foglio volante, magari destinato a un omaggio o a uno scambio, ma le evidenti tracce di legatura mostra-no che il bifolio fu congiunto ad un volume più ampio ad un’altezza imprecisata della tradizione manoscritta, ma che si può supporre es-sere prossima a quella in cui iniziarono a prodursi sillogi antologiche preliminari ai canzonieri lirici veri e propri. Un libro forse soltanto progettato o abbozzato e, considerando il buono stato di conserva-zione del Pergaminho posteriormente alla rilegatura, plausibilmente mai realizzato in forma compiuta: si sarà forse trattato di una raccolta formata dall’unione precaria di materiali affini, magari propedeutica a una silloge più strutturata e completa. Come vedremo nei paragrafi seguenti, si tratta di un’ipotesi del tutto ammissibile.

3. Rotuli e Liederblätter nella tradizione galego-portogheseLe tracce di rilegatura sollevano senz’altro un problema di non

poco conto: perché il lato esterno del Pergaminho è privo di scrit-tura? Anzitutto, è bene chiarire l’ambiguità terminologica di fondo fra il rotulo e il “foglio volante”, precisando ad esempio che Tava-ni si è premurato in più occasioni di sottolineare come la tipologia di supporto scrittorio testimoniata dal reperto della Morgan Library

vol. I, Adenda I; analoghe osservazioni si possono leggere in Id., Codax revisitado, in «Anuario de estudos literarios galegos», 1998, pp. 157-168).

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vada intesa semplicemente come «foglio di pergamena arrotolato e non [come] la complessa struttura libraria solitamente designata dal termine».13 D’altra parte, il termine portoghese rolo (o rotulo) viene impiegato già nelle annotazioni di tipo tecnico-codicologico rinvenibili negli apografi colocciani B V, in cui sopravvivono diver-se postille provenienti dagli antichi compilatori come a min falta terminus rotuli, outro rolo se comença e via dicendo14 e, conside-rando anche la sostanziale rarità dell’oggetto rotulo, inteso come volumen, in epoca basso-medievale è assai probabile che quei rolos coincidessero, in termini morfologici e funzionali, ai Liederheften già ipotizzati dal Bartsch. In quest’ottica, va considerata la sostan-ziale differenza che intercorre fra la penisola iberica e, ad esempio, la Francia del Sud nell’uso dei rotuli in epoca medievale. Se per la Spagna un’analisi sistematica è ancora da realizzare, sappiamo in-vece che in Portogallo la tipologia libraria di folio piegato a metà e destinato a circolare come tale è ben documentata, già a partire dal XII secolo, e risulta maggioritaria rispetto a quella del rotulo, che invece troviamo come forma ancora stabile negli archivi del me-ridione francese fino al XV secolo.15 Nei più di 3.000 documenti provenienti da cartulari portoghesi risalenti ai secoli X-XI analizzati da I. Pereira e Á. Guerra,16 appena il 3% risponde infatti a quest’ul-

13. G. Tavani, Frammento o “fiinda” fuorviata? A proposito di un distico va-gante (B 1059, V 649) del trovatore galego-portoghese Martin Perez Alvin, in «Ars metrica», 12 (2010), pubblicazione elettronica leggibile al link http://ars-metrica.germ-ling.uni-bamberg.de/wp-content/uploads/2012/12/Tavani_2012_Frammen-to-o-finda-fuorviata.pdf.

14. Cfr. a tal riguardo G. Tavani, A proposito della tradizione manoscritta galego-portoghese, in «Medioevo Romanzo», VI (1979), 2-3, pp. 372-418 (cit. alle pp. 414-415) e A. Resende de Oliveira, Depois do espectáculo trovadoresco. A estrutura dos cancioneiros peninsulares e as recolhas dos séculos XIII e XIV, Li-sboa, Colibri, 1994, pp. 223-237.

15. La minuziosa analisi di Paden dimostra come i rotuli venissero impiegati stabilmente nei cartulari della Francia meridionale, con diverse finalità e destinazioni; nella copiatura dei testi letterari, inoltre, sono testimoniati alcuni casi in cui un’opera è inizialmente trascritta nella forma del codex per poi essere successivamente trascrit-ta su un volumen (W. D. Paden, Roll versus codex: the testimony of roll cartularies, in «Rivista di Studi Testuali», 6-7 [2004-2005], pp. 153-190, cit. a p. 163).

16. I. da Rosa Pereira, Á. J. Ribeiro Guerra, La conservation des chartes dans les archives privés en Portugal (X-XII siècles), in «Scriptorium», 2 (1996), pp. 390-396.

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tima modalità, a fronte di una larga messe di documenti in cui il testo è conservato in fogli piegati a metà scritti unicamente nella parte interna, con l’evidente finalità di preservare il contenuto del documento grazie alla piegatura che lasciava il lato esterno privo di scrittura.17 In quest’ottica, N potrebbe rientrare in questo modello di supporto scrittorio e ciò permetterebbe di rispondere agevolmente al quesito posto all’inizio di questo paragrafo.

Comunque sia, a partire dalla messa a punto di Tavani la per-gamena è stata da subito presa come esemplare utile a dimostrare la bontà delle tesi del Gröber, ben conosciute dai provenzalisti anche in seguito al celebre contributo di Avalle del 1961, poiché si trat-terebbe di una delle pochissime prove tangibili dell’esistenza dei Liederblätter o “fogli volanti”, per lo più riguardante l’opera di un giullare.18 Come si sa, Gröber ebbe il merito di riprendere e svilup-pare le tesi del Bartsch riguardo ai possibili stadi attraverso i quali la tradizione manoscritta dei trovatori occitani prese forma, superando la visione “semplicistica” dei Liederheften – fascicoli in possesso dei giullari ma anche degli stessi poeti dai quali si sarebbero svilup-pati i canzonieri veri e propri – verso la nozione di Liederblätter e, soprattutto, di Gelegenheitssammlungen, così definibili nelle parole di Fabio Zinelli:19

Più Liederblätter sarebbero stati copiati uno di seguito all’altro o addirittura ‘cuciti’ insieme dando origine, per addizioni successive, a raccolte composite di aspetto caotico e disordinato, e di consistenza variabile, le Gelegenheitssamm-lungen. (…) Nella maggior parte dei casi la riunione di più raccolte d’occasione diede invece origine a collezioni unitarie, le einheitlich geordneten Sammlun-

17. Si legga a tal proposito G. Avenoza, Manuscritos, informática y codicolo-gia, in Mulleres en Galicia e os outros pobos da Península, Actas del VII Congreso Internacional de Estudos Galegos (Barcelona, 28 ó 31 de maio de 2003), eds. H. González Fernández y M. X. Lama López, A Coruña-Sada, Edicións do Castro, 2007, vol. II, pp. 1193-1206 (soprattutto a p. 1200).

18. Sulle attestazioni, dirette e indirette, che testimoniano l’esistenza dei Lie-derblätter si veda D’A. S. Avalle, I manoscritti della letteratura in lingua d’oc, nuova ed. a c. di L. Leonardi, Torino, Einaudi, 1993, p. 62; utile a questo riguardo anche W. D. Paden, Lyrics on Rolls, in “Li premerains vers”. Essays in Honor of Keith Busby, eds. C. M. Jones and E. Logan Whalen, Amsterdam-New York, Ro-dopi, 2011, pp. 325-340.

19. F. Zinelli, Gustav Gröber e i libri dei trovatori, in «Studi Mediolatini e Volgari», 48 (2002), pp. 229-274.

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gen. Si formarono così delle raccolte orientate secondo una visione storiografica o ideologica della poesia dei trovatori (pp. 253-254).

Fatta salva la necessità di non postulare automaticamente per il caso galego-portoghese la medesima, complessa trafila che ca-ratterizza la tradizione dei trovatori occitani, gli elementi derivanti dall’analisi codicologica del paragrafo precedente indicano che il Pergaminho Vindel testimonierebbe l’esistenza non più soltanto dei “fogli volanti”, da intendersi come supporti impiegati dai giullari (e forse anche dagli stessi trovatori) per l’esecuzione pubblica dei testi poetici, ma anche dello stadio successivo di assemblaggio in rac-colte d’occasione, magari già orientate secondo un criterio estetico o ideologico in un volume composito: delle Gelegenheitssammlun-gen, insomma. Vale la pena tuttavia di spendere qualche parola sulla nozione di Liederblatt e sulla sua applicabilità alla pergamena di Martin Codax. Come testimoniano i pochi “manoscritti di giullare” che ci sono pervenuti, in questo tipo di supporti ciò che prevale su ogni altro elemento è la finalità pratica, poiché si tratta di prodotti di modesta qualità formale che, verosimilmente, viaggiavano per le corti assieme ai joglars e al loro repertorio. Potevano quindi presen-tare l’accompagnamento musicale – come avviene in N – e, maga-ri, alcune note di carattere pratico relative all’esecuzione. L’aspetto esteriore della pergamena ora a New York non sembra però adeguar-si del tutto a questi requisiti, in ragione di alcuni elementi codicolo-gici che è bene ricordare:1) uso di due inchiostri, bruno per il testo e per la notazione e vermi-

glio per rubrica, iniziali e pentagramma;2) iniziali filigranate;3) presenza di correzioni su rasura; 4) alternanza di due mani non solo nella dinamica testo poetico/ac-

compagnamento melodico, ma anche nella stessa trascrizione dei testi, come dimostra la settima e ultima canzone (N7);

5) mancanza dell’accompagnamento musicale nella cantiga n° 6.La presenza di un corredo ornamentale già pone forti dubbi sulla

natura meramente “funzionale” della pergamena e ulteriori perplessi-tà desta il punto 5: se davvero la notazione musicale era strettamen-te funzionale all’esecuzione, a cosa sarebbe servito copiare la sesta cantiga senza l’accompagnamento melodico? Escludendo, come pare

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conveniente, che l’assenza della melodia in N6 sia dovuta alla reda-zione originale,20 si può pensare che sia intercorso un certo interval-lo cronologico fra l’intervento della prima mano e quello delle altre due: ma in ogni caso la pergamena pare avere conosciuto più di uno stadio di copiatura. Tutto ciò porta a pensare che N non sia un mate-riale funzionale all’esecuzione di un giullare, bensì che esso sia stato concepito in uno scriptorium nel quale erano presenti più amanuensi. In altre parole, di Liederblatt sempre si tratta, e molto probabilmente destinato alla circolazione, ma la sua funzionalità non pare riferibile a quella del “foglio di lavoro” utile ad un repertorio giullaresco, quanto piuttosto all’opera di un estimatore e destinato a uno scambio o co-munque a un invio a favore di un altro lettore.21

In linea generale l’ipotesi di Gröber sull’agglutinazione dei ma-teriali ad uso e consumo dei giullari direttamente in raccolte più am-pie andrebbe poi depurata della meccanicità, se così si può dire, che talora emerge nelle pratiche stemmatiche di alcuni studi provenzali. Secondo le parole del filologo tedesco, infatti, queste Sammlungen si definirebbero come

Liederhefte im Besitz von Gönnern der Troubadours, wohl auch in Händen von Joglars die sie bei ihrem Vortrag benutzen, oder von Liebhabern, Freun-den und Sammlern provenzalischer Poesie angelegt.22

L’immagine, certamente evocativa, pecca però a mio avviso di scarsa verosimiglianza: per accettarla bisognerebbe postulare (a) che i fogli volanti dei giullari venissero conservati come tali e in seguito

20. Le vidas di molti trovatori occitani, com’è noto, testimoniano della prassi di comporre testo e musica all’unisono, e lo stesso procedimento sembra informare la produzione dei poeti galeghi; non lo si evince dalle vidas, che mancano nella tradi-zione peninsulare, bensì dagli stessi testi, come, ad esempio, alcune tenzoni che coin-volgono il giullare galego Lourenço. In queste ultime – intraprese, fra gli altri, con i nobili Johan Garcia de Guilhade o Johan Perez d’Avoin – egli si difende dai tipici attacchi rivolti alla sua arte giullaresca affermando proprio la sua capacità nel com-porre e nell’eseguire le cantigas (si veda a tal riguardo G. Tavani, Lourenço. Poesie e tenzoni, Modena, Società tipografica editrice modenese, 1964, pp. 16-28).

21. Tavani (Poesia del Duecento nella Penisola Iberica. Problemi della lirica galego-portoghese, Roma, Edizioni dell’Ateneo, 1969, pp. 154-155) segnala cauta-mente l’eventualità che si tratti di una copia d’autore; l’assenza della melodia in N6 e l’aggiunta da parte di una mano seriore dell’intera N7 scartano però questa possibilità.

22. G. Gröber, Die Liedersammlunegn der Troubadours, in «Romanische Stu-dien», II (1877), pp. 337-670, cit. a p. 355.

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(b) confluissero in una sorta di “punto di raccolta”, che dovremmo pensare coincidente con un atelier di scrittura piuttosto attrezzato, per poi essere sottoposti (c) a un processo di selezione, eventuale depurazione di elementi spuri o non pertinenti e, infine, ordinati se-condo un preciso criterio nella forma-canzoniere. Queste tre ipotesi sono difficilmente sostenibili se si pensa che i materiali in possesso dei giullari – e mi riferisco più ai fogli sciolti che non ai manuscrits de jongleurs – per loro stessa natura erano soggetti alla volatilità e, soprattutto, alla dispersione, poiché in possesso dei giullari per finalità essenzialmente “professionali”. Inoltre, l’implicita succes-sione cronologica che questo processo di progressiva agglutinazione presuppone – dai fogli volanti alle raccolte parziali fino ai grandi canzonieri – non deve essere inteso in maniera univoca e lineare; è possibile, in altri termini, che materiali parziali e sillogi più struttu-rate convivessero in uno stesso periodo cronologico, in base alle esi-genze degli eventuali committenti e, soprattutto, alla conformazione degli scriptoria nei quali la produzione dei trovatori veniva fissata e antologizzata. Almeno per quanto riguarda la tradizione provenzale sarà insomma più credibile pensare più all’opera di intenditori, ma-gari in qualche caso coincidenti con gli stessi autori, che raccoglies-sero il materiale a disposizione servendosi di fonti di varia natura e conformazione e indipendentemente dai “fogli volanti” che i giullari utilizzavano per le proprie esecuzioni.

E per l’area iberica? Vero è che la tradizione galego-portoghese esibisce in questa direzione un fattore di divergenza caratteristico rispetto a quella occitana, vale a dire la maggiore compattezza sto-rico-geografica dei centri di produzione e trasmissione della lirica, che dagli anni ’40 del XIII secolo vede essenzialmente due grandi poli attorno ai quali gravita la maggior parte di trovatori e giullari, la corte castigliana di Alfonso X (anche negli anni precedenti l’in-coronazione) e quelle portoghesi di Afonso III, prima, e Don Denis, poi. Si può quindi pensare a un percorso più breve, in termini non solo geografici ma soprattutto cronologici, dei primi materiali ad uso dei giullari fino alla collezione dei grandi canzonieri, proprio in ragione della minore mobilità dei prodotti trobadorici all’interno della penisola iberica e, di conseguenza, della possibile sovrappo-sizione dei centri di produzione, esecuzione e fissazione scritta del materiale poetico. È poi vero, come già s’è accennato, che alcune

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annotazioni ancora leggibili negli apografi italiani B V segnalano la presenza di rolos – ma anche di folhas – come materiali che con-fluirono nella silloge da cui i due codici colocciani furono copiati: la questione sarebbe senz’altro da indagare, fermo restando che il termine rolo potrebbe indicare tanto un rotulo propriamente detto quanto i breus de pergamina che, come è noto, furono sicuramente utilizzati da trovatori e giullari per fissare e far circolare testi singoli o gruppi di testi.23 Nondimeno, queste annotazioni sembrano sugge-rire l’effettiva validità dell’ipotesi per la quale sarebbe esistita una fase intermedia fra i Liederblätter e i canzonieri veri e propri, nella quale i supporti testuali che conservavano testi di diversi autori ve-nivano legati assieme.

4. Ipotesi stemmatiche

Ulteriori considerazioni possono infine essere fatte riguardo alla posizione di N nella tradizione manoscritta galego-portoghese, per trarre qualche elemento in più relativamente alla collocazione storico-tipologica della pergamena. Come si sa, i testi di Martin Co-dax sono trasmessi, oltre che da N, dai due apografi colocciani B V. Tra le varie fonti che possono essere confluite nel subarchetipo α,

23. Si veda ad esempio la rubrica copiata alle cc. 137v di B e 33r di V: En esta folha adeante se começan as cantigas d’amigo que fezeron os cavalleiros e o primeiro é Fernan Rodriguez de Calheiros. Per la distinzione fra folha e rotulo nella tradizione peninsulare è utile il lavoro di M. G. Del Rio Riande, Rotulos y folhas: las rúbricas del Cancionero de Don Denis, in Estudos de edicion críti-ca e lírica galego-portuguesa, eds. M. Arbor Aldea y A. Fernández Guiadanes, Santiago de Compostela, 2010 (Verba, Anexo 67), pp. 195-223. Sull’uso di rotoli di pergamena impiegati per trascrivere testi letterari nelle corti iberiche soccorre poi la testimonianza delle Cantigas de Santa Maria: nella miniatura del prologo alla raccolta mariana del manoscritto E (S. Lorenzo de l’Escorial, ms. B.I.2), re Alfonso viene infatti raffigurato mentre, con un codice aperto fra le mani, sembra impartire istruzioni a due chierici, il primo dei quali ha in mano un rotulo, mentre il secondo sembra tenere proprio un bifolio: come si vede, rotulos e folhas erano effettivamente compresenti nella prassi dell’officina scrittoria alfonsina. Più dif-ficile invece interpretare la scena di una miniatura, simile a quella delle Cantigas, contenuta nel Libro de ajedrez, dados y tablas (S. Lorenzo de l’Escorial, ms. T.I.6), in cui lo scriba – in un mirabile esempio di mise en abyme – utilizza un supporto rettangolare, nel quale troviamo la rubrica in rosso e il testo trascritto di seguito in inchiostro nero.

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capostipite della famiglia da cui discendono i due canzonieri fatti copiare a Roma, si riconosce un raggruppamento piuttosto compat-to di poesie d’amigo composte da giullari di provenienza precipua-mente galega e attivi a cavallo della metà del XIII secolo, benché per pochi di loro si possa tracciare un profilo biografico soddisfacente (e Martin Codax è uno di questi). Tale raggruppamento, che compren-de circa 160 testi per 27 autori (B 1118-1293, V 709-898),24 farebbe parte di una raccolta suddivisa secondo i tre generi principali della lirica peninsulare (cantigas de amor, cantigas de amigo, cantigas de escarnio e maldizer): essa, infatti, presenta gli stessi autori – con le variazioni dovute all’eventualità che non tutti si cimentassero in tutti e tre i generi – anche nei settori che nell’assetto originario erano dedicati alle canzoni d’amore (prima sezione) e satiriche (terza e ul-tima sezione). Una silloge che segue quindi il criterio organizzativo basato sui generi, come accade nei canzonieri provenzali, e che si suppone essere entrata nella tradizione fra il secondo e il terzo quarto del Duecento.25 Tale criterio era peculiare alle raccolte che si collo-cano nei piani medio-alti dello stemma e, di conseguenza, lo stesso archetipo dell’intera tradizione dei canzonieri galego-portoghesi se-guiva originariamente questa tripartizione interna. Soltanto all’ini-zio del XIV secolo la struttura primigenia dell’archetipo avrebbe subito progressive addizioni di materiale testuale più tardo, le quali, in ossequio alla necessità di trasmettere più autori possibili, scombi-narono l’assetto originale dando luogo a varie incongruenze.

In siffatto contesto, la Sammlung cui il lacerto di Martin Codax avrebbe potuto essere stato riunito rappresenterebbe una fonte diret-ta di questo proto-canzoniere giullaresco. Non ci sono ovviamente elementi per spingersi a sostenere la coincidenza di questa ipotetica raccolta formata da fogli cuciti assieme e il Cancioneiro dos jogra-res galegos (insomma, che N fosse parte di questa raccolta di giulla-

24. A questa sequenza vanno sottratti alcuni testi inseriti posteriormente, ap-partenenti ad altri generi e di poeti di cronologia più tarda (si tratta di Pero Mendez de Fonseca, Rui Martins do Casal e 3 cantigas spurie, probabilmente quattrocen-tesche). Sulle possibili fonti di questo Cancioneiro dos jograres galegos si veda P. Lorenzo Gradín, A transmision das cantigas de romaría dos xograres galegos, in AA. VV., O mar das cantigas, Actas do Congreso, Santiago de Compostela, Xunta de Galicia, 1998, pp. 155-168.

25. Oliveira, Depois do espectáculo cit., p. 264.

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ri), però è indubbio che le coincidenze nella sequenza dei testi di N e B V configurano N come una tra le fonti ancora duecentesche di α.

La supposizione, d’altro canto, sembra essere consolidata dalla posizione stemmatica di N. Anzitutto, la collatio effettuata da Cun-ha e confermata da Tavani26 ha dimostrato la maggior affidabilità del più antico N rispetto a B V, in opposizione all’edizione approntata da Barbara Spaggiari nel 1980.27 Lo stemma disegnato dal filologo romano vede però un affine di N (R per Tavani) come fonte di α; se la derivazione di α da N è dimostrata da due errori congiuntivi che acco-munano i tre testimoni N B V, l’esistenza del codex interpositus che Tavani chiama «affine di R» è invece suggerita da un errore separativo che distingue i due apografi colocciani dal Pergaminho: si tratta di un cattivo scioglimento della nota tironiana -9 in B V, laddove N invece non presenta alcun tipo di abbreviatura.28 Ferreira segue nella sostanza l’ipotesi Cunha-Tavani, aggiungendo però un ulteriore affine di N, si-glato β: quest’ultimo sarebbe infatti il latore di N7, trascritto secondo Ferreira da una mano più tarda e, pertanto, da egli individuato come prodotto di una fonte alternativa.29 Benché quest’ultima ipotesi appaia meno probabile, giacché l’alterità della mano di N7 non si dovrà a una seriorità, bensì ad un semplice avvicendamento di copista, resta co-munque confermata la maggiore affidabilità delle lezioni di N rispetto al ramo “italiano” della tradizione.

Esiste poi una prova ulteriore della stretta affinità fra N e l’anti-grafo di B V. Il solo canzoniere V include infatti l’annotazione Mar-tin Codaz esta non acho pontada (ove pontada significa ‘provvista di melodia’), inglobata per errore nel testo di Martin de Ginzo che

26. Tavani, Poesia del Duecento cit., p. 154 e Id., Parallelismo e iterazio-ne. Appunti in margine al criterio di pertinenza, in «Cultura Neolatina», XXXIII (1973), pp. 9-32, cit. a p. 24.

27. C. Ferreira da Cunha, O Cancioneiro de Martin Codax, Rio de Janeiro, s.n., 1956. L’edizione Spaggiari (Il canzoniere di Martim Codax, in «Studi Medie-vali», s. III, XXI [1980], 1, pp. 367-409) è stata duramente criticata da Tavani sia nella sua recensione apparsa su «Romanische Forschungen» (XCIV [1982], 2-3, pp. 357-364), sia nell’articolo A proposito di una “nuova” edizione di Martin Co-dax, in «Rassegna Iberistica», 10 (1981), pp. 15-22.

28. Tavani, recensione a Il canzoniere di Martim Codax cit., p. 363; seppur in forma implicita, la possibile esistenza di un «affine di R» era già avanzata in Id., Poesia del Duecento cit., p. 154.

29. Ferreira, O som cit., p. 87.

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precede la sequenza di Codax nel manoscritto. È altamente proba-bile che essa sia riferita all’unico testo del quale il Pergaminho non riporta l’accompagnamento musicale, cioè, come s’è visto, N6.30 La peculiare ubicazione della nota è spiegata da Elsa Gonçalves sup-ponendo l’esistenza di una Liedersammlung dedicata al tema del pellegrinaggio a un santuario (cantigas de romaría), che accomu-nerebbe gli autori di questo settore dei due canzonieri B V secondo un criterio puramente contenutistico; si tratterebbe di una raccolta di ridotta estensione, dal momento che si contano appena 20 testi in tale raggruppamento. Al suo interno, secondo l’ipotesi della filologa portoghese, i testi V882 di Martin de Ginzo e N6 (V889) di Martin Codax erano contigui, poiché soltanto questi due sono ascrivibili al sottogenere della cantiga de romaría. Se proviamo a collocarci sul-la stessa linea di Gonçalves, possiamo allora identificare i rapporti stemmatici che legano N a queste fonti parziali del grande colletto-re identificabile come antigrafo di B V (comunemente definito α; chiamerò invece per comodità ε l’ipotizzata raccolta di canzoni di santuario e γ il canzoniere di giullari galeghi a cui si è accennato poc’anzi). Secondo questo schema la sequenza dei testi di Martin de Ginzo e Martin Codax si configurerebbe così:

Martin de Ginzo V876-V 882 sequenza comune a εγ

V883 cantiga non compresa in ε

Martin Codax V884-V888 sequenza comune a γN non compresa in ε

V889 cantiga comune a εγ

V890 cantiga comune a γN non compresa in ε

30. L’assenza di tale annotazione in B può spiegarsi o con la particolare at-tenzione del copista, che si dovrà supporre a suo agio con la lingua portoghese, oppure con la diversa derivazione di B rispetto a V: riguardo a quest’ultimo tema, attorno al quale si articola il dibattito fra Tavani (favorevole all’idea di due antigrafi differenti) e Ferrari-Gonçalves, si veda il quadro riassuntivo apportato dalla stessa Gonçalves nel Dicionário da Literatura medieval galega e portuguesa, coord. G. Lanciani e G. Tavani, Lisboa, Colibri, 1994 (s.v. Tradição manuscrita da poesía lírica, pp. 627-632, specialmente alle pp. 628-629).

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Nella silloge ε, pertanto, i testi V876-881 di Martin de Ginzo e V884-888, V890 di Codax non erano presenti, in ragione della loro diversità tematica rispetto al criterio che informa ε. Esistereb-bero quindi due fonti distinte confluite in questo settore degli apo-grafi italiani, la prima corrispondente alla raccolta delle canzoni di santuario, che riguarda anche gli autori che precedono – Martin de Ginzo, Johan de Cangas e Golparro – e la seconda, limitatamente a Martin Codax, derivante direttamente dall’affine di N (che chiamerò N1). Lo stemma delle cantigas di Martin Codax, a questo punto, può essere tracciato come segue:

5. Genesi e circolazione di N

I dati cronologici relativi a Martin Codax, lo si è accennato in precedenza, non derivano da sicure notizie documentali, quanto piuttosto dall’omogeneità della condizione giullaresca e della cro-nologia attestabile attorno alla metà del XIII secolo per alcuni auto-ri che, assieme a Codax, confluirono nel Cancioneiro dos jograres galegos (siglato γ nello stemma disegnato poc’anzi). Non sappiamo se egli sia nato in Galizia – benché l’ambientazione delle cantigas

ω

N N1

γ

ε

α

B V

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indichi il legame con la zona di Vigo –, né in quale ambiente cortese abbia composto ed eseguito i suoi testi. I pochi dati che emergono dagli autori che lo precedono e seguono in γ, però, sembrano indi-care un’attività poetica svolta con più probabilità in Castiglia, tanto alla corte di Alfonso X quanto in quella di Sancho IV;31 fatta salva l’impossibilità di avanzare null’altro che ipotesi di lavoro, parrebbe insomma più verosimile ascrivere l’attività di Martin a un ambiente castigliano (oppure galego) ma non portoghese. Riguardo allo scrip-torium in cui N avrebbe potuto essere confezionato, nuovamente, non possediamo dati risolutivi, ma, se si accetta l’ipotesi appena proposta, non sarà azzardato intravedere l’officina scrittoria del Rey Sabio come punto centrale nell’organizzazione delle prime fonti, an-cora duecentesche, che conformano i piani alti della tradizione gale-go-portoghese.32 Si rammenti che, dal punto di vista musicologico, lo stesso Ferreira segnalò notevoli convergenze nella notazione mu-sicale fra N e gli esemplari delle Cantigas de Santa Maria di Alfon-so X;33 allo stesso tempo, la grafia utilizzata in N si avvicina molto di più a quella delle raccolte mariane, indubitabilmente composte in Castiglia, che non ai prodotti più tardi che ritroveremo nella silloge α. In ogni caso, nell’impossibilità di stabilire una genesi sicura del Pergaminho, è credibile pensare ad una sua circolazione castigliana (o al limite galega, anche se in quest’epoca i centri di produzione e ricezione trobadorica sono stabilmente le due corti regie di Alfonso X e Afonso III). La pergamena sarebbe quindi stata disponibile in Castiglia negli ultimi anni del XIII secolo, periodo in cui venne co-piato l’affine N1 e, in seguito, i materiali sarebbero stati assemblati per arrivare alla silloge γ.

Ancora da scrivere, invece, è la storia del ritrovamento da parte di Pedro Vindel, che non dà alcuna notizia relativa al manoscritto in cui la pergamena agiva da rinforzo alla coperta, se non che si tratta di un De officiis ciceroniano, in-4°, databile al XIV secolo. Trattan-dosi di un mercante di libri, è assai probabile che il manoscritto sia

31. Si veda a tal riguardo l’analisi di Oliveira, Depois cit., pp. 262-265.32. Già Tavani, del resto, indicava la corte di Alfonso X come la migliore indi-

ziata per il ruolo di elaborazione dell’archetipo (Tavani, La tradizione manoscritta cit., p. 93).

33. Ferreira, O som cit., pp. 110-121.

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stato venduto a un collezionista e che tuttora si trovi in possesso di un privato: la ricerca di un manoscritto dalle caratteristiche simili nelle principali biblioteche pubbliche spagnole, infatti, si è rivelata fino ad ora infruttuosa.34 Secondo Vindel il riutilizzo della pergame-na risalirebbe all’età moderna, fra il XVII e il XVIII secolo, ma è oggi opinione di paleografi e codicologi che la prassi di reimpiegare fogli volanti membranacei con questa finalità fosse già seguita nella penisola iberica in epoca basso-medievale.35 Il fatto che N sia stato, ad un certo punto, sfascicolato, ripiegato e utilizzato come rinfor-zo sembra indicare che il manoscritto ciceroniano e il Pergaminho siano coesistiti per un certo periodo nel medesimo ambiente. Se si ammette la possibilità che l’unione del Pergaminho al De Officiis sia avvenuta precocemente, e che quindi tale compresenza risalga già all’epoca medievale, ciò rappresenterebbe allora – unitamente alle congetture appena esposte sulla possibile genesi della pergamena – un ulteriore elemento a sostegno di una circolazione castigliana della stessa.

Se sarà possibile rinvenire prove ulteriori per porre una base più solida a questa ipotesi, potrà allora essere tracciato un percorso an-cora più nitido per la nostra pergamena: copiata, forse, in uno scrip-torium castigliano – o comunque giunta in Castiglia in epoca ancora tardo duecentesca – poi legata, in forma più o meno precaria, ad una raccolta di poesie giullaresche, e infine entrata nella tradizione dei canzonieri come fonte dell’antologia, di genesi sicuramente porto-ghese, dalla quale discendono i due codici fatti copiare da Angelo Colocci nei primi decenni del XVI secolo.

34. Altrettanto improduttivo è l’esame dei cataloghi pubblicati da Vindel a partire dal 1893, nei quali non si menziona nessun volume ciceroniano; è altamente probabile, quindi, che il manoscritto sia stato acquisito e venduto in un periodo di tempo molto breve.

35. Cfr. anche Ferreira, O som cit., p. 63.

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Fig. 1. Riproduzione fotografica di P. Vindel, tratta da «Arte Español», I (1914), p. 28.

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Fig. 2. Riproduzione fotografica di P. Vindel, tratta da «Arte Español», I (1914), p. 29.

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Fig. 3. Particolare di N: i fori di legatura (courtesy of Pierpont Morgan Library).Fig. 4. Particolare di N: lacerto dello spago di legatura (courtesy of Pierpont Mor-gan Library).