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MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI SOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DEL LAZIO Estratto Atti del Convegno Quinto Incontro di Studi sul Lazio e la Sabina Roma 3-5 dicembre 2007 «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER 3 Testatina Lazio e Sabina Scoperte Scavi e Ricerche 5 Lazio e Sabina 5 I parte.qxp 28/04/2009 15.10 Pagina 3
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Nuove scoperte sugli acquedotti Marcio e Anio Vetus a Gallicano nel Lazio (Roma)

Mar 05, 2023

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Page 1: Nuove scoperte sugli acquedotti Marcio e Anio Vetus a Gallicano nel Lazio (Roma)

MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALISOPRINTENDENZA PER I BENI ARCHEOLOGICI DEL LAZIO

Estratto

Atti del Convegno

Quinto Incontro di Studi sul Lazio e la Sabina

Roma3-5 dicembre 2007

«L’ERMA» di BRETSCHNEIDER

3Testatina

Lazio e SabinaScoperte Scavi e Ricerche

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1. Inquadramento geografico e storico

La presente indagine si colloca topograficamentenel territorio compreso nella Tavoletta IGM (Carto-grafia dell’Istituto Geografico Militare): Colonna,F°. 150 I.S.O. e più in particolare nell’area di Galli-cano nel Lazio (fig. 1).

Nelle pagine che seguiranno, verranno presenta-te due realtà distinte, tutte comprese nel territorio

di Gallicano nel Lazio. Le indagini n. 1 e n. 2 inte-ressano l’acquedotto Anio vetus, il secondo acque-dotto di Roma, costruito dai censori Manio CurioDentato e Fulvio Flacco tra il 272 e il 269 a.C. con ilbottino ricavato dalla vittoria su Pirro. Il tratto inte-ressato dallo studio sarà quello nell’attraversamen-to di fosso Caipoli a mezzo di ponte Pischero e nel-l’attraversamento di fosso Collafri a mezzo di ponteInverso. Queste due realtà, apparentemente distin-

* Un particolare ringraziamento va alla Dott.sa Benedetta Adem-bri della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Lazio e allaProf.ssa Cecilia Roncatoli dell’Università degli studi “La Sapienza”

di Roma – Dipartimento studi sul mondo antico per il supporto e lacontinua disponibilità e a Danilo Sordi, Sindaco di Gallicano nelLazio, che ha finanziato la ricerca sul territorio comunale.

Nuove scoperte sugli acquedotti Marcio e Anio Vetusa Gallicano nel Lazio (Roma)*

Marco Placidi

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1. Rappresentazione dei tracciati degli acquedotti oggetto di studio.

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te, in sede di analisi saranno poi riferite ad un unicocontesto; la seconda indagine invece riguarderàl’acquedotto Marcio, il terzo per cronologia. Fu rea-lizzato fra il 144 ed il 142 a.C. dal pretore QuintoMarcio Re. Le sorgenti erano ubicate nell’alta valledell’Aniene, presso il XXXVIII miglio della viaSublacense e la sua lunghezza complessiva era dicirca 50 miglia. Nello studio verranno compresedelle importanti risultanze esplorative, come quelladella galleria della Bulica.

Da specificare che il tratto dell’acquedotto Mar-cio, oggetto di questo studio, è compreso tra colleCollafri (235 m s.l.m.) e colle Selva (220 m s.l.m.);

2. Il progetto

Parlare degli antichi acquedotti di Roma in un con-testo di tipo speleo-archeologico, richiede una fon-damentale premessa e cioè che nel 90 % ed oltre delloro tracciato, per motivi che in questo ambito nonapprofondiremo, gli acquedotti antichi di Roma sisviluppavano in ambiente sotterraneo. (fig.2) Que-sto, se da un lato ha reso possibile una maggioreconservazione delle strutture, dall’altro ha ovvia-mente reso più difficoltosa la ricerca e l’esplorazio-ne attuale, soprattutto se si considera che con l’in-tensa urbanizzazione edilizia, accompagnata dal-l’intensificazione dell’attività agraria nelle zonerurali, gli indizi presenti sul territorio relativi astrutture ed opere antiche sono andati sempre piùscomparendo, al punto che l’attuale situazione d’in-sieme vede incerti o addirittura sconosciuti granparte dei tracciati degli 11 acquedotti che alimenta-vano l’Urbe in età imperiale.

In un’ottica di questo tipo risulta sempre più evi-dente la necessità di una collaborazione tra speleo-logi ed archeologi, al fine di ampliare i margini esoprattutto di individuare nuovi fronti di ricerca,fino a poco tempo fa assolutamente improponibili.

3. Ponte Pischero - Analisi degli elementi

Il ponte Pischero permetteva all’Anio vetus l’at-traversamento di fosso Caipoli. In passato, relativa-mente al contesto storico – topografico in cui questoponte si situava, c’è sempre stata poca chiarezza.Infatti al di sotto del ponte sono presenti delle strut-ture alle quali non era mai stata data una colloca-zione e funzionalità d’uso ben precisa.

Obiettivo di questo studio sarà quello di verifi-care tali elementi, integrandoli con dei nuovi, frut-to di indagini effettuate anche con tecniche di pro-gressione speleologica, al fine di elaborare un’ipo-tesi che tenga conto di tutti questi elementi, ed allostesso tempo sia funzionale all’individuazionedelle loro destinazioni d’uso. Per questo motivo sipresenteranno dapprima tutti gli elementi realmen-te esistenti e constatati direttamente e successiva-mente verrà redatta un’ipotesi che tenga conto ditali elementi e sia funzionale ad essi. Facendo rife-rimento quindi alla rappresentazione schematicad’insieme (Vedi fig. 3), è possibile collocare logisti-camente tutti gli elementi di seguito evidenziati :

1. All’interno dello speco dell’acquedotto, appenaquesto attraversa il fosso di Caipoli a mezzo diponte Pischero, entrando per circa 10 metri, èpossibile rinvenire una chiusura ermetica del

180 Marco Placidi

2. Le tre zone d’indagine: 1 ponte Pischero; 2. ponte Inverso; 3.ponte e galleria della Bulica.

3. Schema d’insieme degli elementi presenti a ponte Pischero.(da Ashby 1935).

1 - Indagine Ponte Pischero2 - Indagine Ponte Inverso3 - Indagine Ponte della Bulica

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condotto realizzata in materiale cementizio.Tale chiusura presenta un piccolo foro, chiara-mente realizzato successivamente e con grezzafattura, identificabile come un punto di allaccioabusivo all’acquedotto, realizzato probabilmen-te da abitanti locali per il proprio approvvigio-namento idrico. (fig. 4)

2. Trattasi di due piccole grotte scavate nel tufo.Presentano indizi molto significativi in quantosono riempite, quasi fin sopra la volta, di mate-riale fangoso e stratificato come se fossero stateper lungo tempo allagate. La presenza di piccolecavità simili a queste, è comune in tutte le zoneimmediatamente limitrofe a luoghi ove si ergonoi ponti degli acquedotti, in quanto potevanoanche essere utilizzate come dimora dagli operaiimpegnati nella costruzione dell’opera. (fig. 5)

3. Un condotto idraulico di dimensioni variabili (dam 3 di altezza e m 1,5 di larghezza), scavato nellaparte a nord-est nel tufo pieno, mentre nellaparte a sud-ovest, in cui la roccia diventa piùinconsistente e friabile, è stato rafforzato contamponature in materiale cementizio. Da evi-denziare che tale condotto sembrerebbe essere incontro pendenza rispetto alla sua direzione oro-

grafica, mentre in realtà questa occorrenza èdovuta alla presenza di uno spesso e stratificatodeposito di limo, che in alcuni tratti supera ilmetro di spessore. All’uscita del condotto - estre-mità a sud-ovest - sul fronte roccioso al di sopradello speco, sono presenti numerosi concrezio-namenti favoriti dalla consistente porosità dellaroccia. Tale occorrenza sta comunque a significa-re che il condotto idraulico, durante il suo perio-do di funzionamento, era abbondantementesotto pressione. (fig. 6)

4. Trattasi di resti di una grande struttura in mate-riale cementizio. Tali resti sono presenti su ambe-due le pareti del fossato e sono rivestite con maltaidraulica nella parte interna (lato nord-est). Trat-tasi sicuramente di uno sbarramento idrico(diga), di cui in zona è possibile ammirare altriesempi, sicuramente meglio conservati, ma diuguale fattura e tecnica. (fig. 7) Nella considera-zione che l’elemento costruttivo precedente fosseuno sbarramento dedicato alla realizzazione diun bacino idrico (vasca di decantazione), alla pro-babile quota di sfioro sul lato nord di tale bacino,sono presenti considerevoli resti di materialecementizio, frammisti a elementi di materiale cal-careo. Grosse parti di tali conglomerati sono

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4. Chiusura in muratura dello speco, intonacata in cocciopesto(foto Placidi).

5. Ingresso di una delle grotte. (foto Placidi).

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altresì crollati verso la base del fossato, chiara-mente provenienti dalla sommità del bacino. (fig.8) Questo elemento è costituito della presenza distrutture antiche in sito, provviste di canalizza-zioni e presumibilmente riferite ad un anticocomplesso termale (v. Ashby, bibl.). Senza entrarein merito a quanto affermato dall’archeologoinglese, è possibile comunque generalizzareaffermando che si tratta di una struttura che siapprovvigionava di acqua dal bacino formatodalla diga. (fig. 9).

5. Nel punto di congiungimento tra fosso Caipo-li e fosso Collafri, se si risale quest’ultimo percirca 10 metri, si notano, ai lati del torrente,alcune evidenze murarie. Questi elementilasciano supporre che fossero il basamento didue piloni che, in questo punto, permettevanoal condotto idraulico già citato al punto 3, perattraversare il torrente. (fig. 10).

6. Risalendo ulteriormente il fosso di Collafri percirca 60 metri, appena superata l’antica mola, allasinistra orografica del torrente, è possibile notarela presenza di resti di un ambiente in conglome-rato cementizio in buona fattura e discretamenteconservato Da notare che nell’agosto del 2004,per la realizzazione di una strada utilizzata daiproprietari del terreno per effettuare il tagliopiante, la struttura è stata demolita parzialmen-te. All’interno di questa struttura, si conservanoconsistenti resti di conglomerati calcarei ed èvisibile una parte di speco, intonacato a maltaidraulica. La muratura esterna della parete sud èrivestita in cocciopesto. (fig. 10).

7. Due pozzi dell’Anio vetus inediti; uno ancorarivestito in opus reticolatum, l’altro con evidentipotenzialità per essere addirittura disostruito

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8. Punto di presa alla quota di sfioro del bacino (foto Placidi).

6. Il condotto idraulico ripreso nel verso della sua direzione oro-grafica (foto Placidi).

7. Resti del grande sbarramento artificiale (foto Placidi).

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sono stati rinvenuti nella boscaglia. Ciò per-mette di determinare con certezza che in que-sto punto passava lo speco dell’acquedottodella seconda fase, quella relativa alla realizza-zione del by-pass.

4. Ponte Inverso – Analisi degli elementi

Dell’attraversamento di fosso Collafri da partedell’Anio vetus, l’obiettivo era quello di conoscerecome esso avvenisse e con quali soluzioni tecnolo-giche adottate.

Dopo una verifica speleologica di tutti i pozzipresenti, nonché di tutto il tratto di speco tra pontePischero e l’ultimo pozzo indicato dall’Ashby(bibl.), risulta impossibile procedere a causa dell’al-lagamento completo dello speco in prossimità del-l’ultimo pozzo. Effettuata un’indagine esterna sulletto del torrente, si nota un conglomerato cementi-zio proprio al di sotto del piano fluviale.

Nelle vicinanze è anche la presenza di un murodi contenimento in tufo gabino. A questo punto,avendo verificato che l’acquedotto passa a rasosotto il letto del torrente (fig. 11), il cui speco gene-ra una piccola cascata di oltre due metri, l’ulterioreobiettivo della nostra indagine è stato quello di sta-bilire la direzione del condotto nel suo prosegui-

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9. Resti degli ambienti scoperti da Ashby (foto Placidi). 10. Resti di muratura (foto Placidi).

11. L’attraversamento dell’Anio vetus (foto Placidi).

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mento verso Roma dopo tale punto. Effettuataun’ispezione esterna, si è esclusa la presenza dipozzi visibili sul piano di campagna. Unica alterna-tiva perseguibile è stata quindi quella di operarecon una tecnica d’indagine non invasiva di tipogeo-elettrico, con la tecnica della messa a massa.

I risultati delle indagini vengono presentati inmaniera separata per ogni singolo profilo e non inuna singola carta di isoresistività, in modo da evi-denziare maggiormente, in ognuno di essi, le relati-ve variazioni. La loro disposizione sul territorio(fig. 12) è legata principalmente all’ubicazione delleuniche aree accessibili a causa della fitta vegetazio-ne e alla morfologia del terreno particolarmenteimpervio. Possiamo comunque analizzare i singoliprofili affermando che :

• della progressiva n.1 a 13 metri e delle progres-sive 3 a 4-8 metri, sono presenti dei bruschipicchi di resistività tanto da dare indicazionesullo sviluppo dell’acquedotto come riportatoin figura, gli elevati valori di resistività appa-rente registrati lungo la parte iniziale del pro-filo 4 (fig.13), probabilmente sono da attribuir-si alla presenza di rocce lapidee (estremamen-te resistive) di cui è possibile avere riscontrogià sul piano di campagna.

• Non sono altresì rilevate evidenze geofisiche delpassaggio dell’acquedotto lungo il profilo n. 2

5. Ipotesi d’insieme – Ponte Pischero / Ponte Inverso

Dall’analisi di quanto sopra affermato possiamoipotizzare :

L’originale tracciato, riconducibile alla primafase costruttiva dell’acquedotto, prevedeva il pas-saggio dello stesso su ponte Pischero per proce-dere poi, come ipotizzato dall’Ashby, fino aponte Inverso attraversando il torrente di fossoCollafri. Il torrente, all’atto della costruzione del-l’attraversamento, venne deviato. A tal fine vennerealizzata una muratura di contenimento in tufogabino, per permettere di sorreggere la differen-za di quota tra i due piani. Il torrente quindi, unavolta terminata la costruzione della quota partedi condotto che sarebbe stata poi immersa, vennericondotto nell’alveo originale. Si procedette cosìalla costruzione dello speco, nel suo prosegui-mento verso Roma.

L’attraversamento sotto il letto del torrente sicu-ramente diede nel tempo problemi di coibentazio-ne, richiedendo un’attività di manutenzione perquesto tratto di acquedotto. In epoca successiva(augustea) venne deciso di operare un rifacimentoradicale di questo tratto, realizzando un by-pass.Tale modifica consistette nell’interrompere lo speco

immediatamente dopo ponte Pischero con unatamponatura in materiale cementizio (ElementoN°1). L’acqua venne quindi invasata nel sottostantefosso Caipoli, dove precedentemente era stata rea-lizzata una notevole opera di sbarramento del fos-sato (Elemento N°4), con l’obiettivo di generare unbacino idrico.

La presenza di questo grande bacino di decanta-zione è anche giustificata dalla presenza di limo efango all’interno delle grotte, essendo state perlungo tempo allagate (Elemento N°2), e dal limopresente sulla base del condotto di uscita (Elemen-to N°3).

Nel condotto idraulico scavato nel tufo, venneincanalata l’acqua e, su sostruzioni (“… allo sboccodel fosso Caipoli, sulla sponda sinistra, c’è un pila-stro largo m 0,60 in tufo e opera laterizia ed unastruttura in elevato in opus mixtum, sulla quale asud-ovest c’è un accumulo di depositi calcarei dicirca m 2 di spessore…”, Ashby, bibl.), venne effet-tuato l’attraversamento del torrente di Collafri.

Il condotto raggiungeva quindi quello che appa-rentemente sembrava essere un castello piezometri-co di livellamento, che lo reimmetteva in speco sot-teraneo “a pelo libero”, per poi congiungersi al con-dotto originale che procedeva verso Roma (Elemen-ti nn. 6/7).

Il complesso termale, ipotizzato dall’Ashby,venne quindi alimentato da un punto di presa, pro-babilmente in prossimità del punto di sfioro delbacino alla sua destra orografica (Elemento n. 4).

Da notare che nella ricostruzione effettuata daMari, l’ipotesi ricostruttiva delle gallerie si dimo-stra attendibile anche nell’ipotesi da noi formulata.

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12. Disposizioni dei profili sul piano di campagna, a valle diponte Inverso: A - Picchetto corrispondente al punto collocatosu ponte Inverso; B - Ultimo punto ipotizzato del tracciato del-l’acquedotto.

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Le aperture perpendicolari al canale, identificatedettagliatamente nella ricostruzione, servivanoproprio a far diminuire la velocità di scorrimentodell’acqua permettendo a questa di decantare epurificarsi, facendo precipitare i residui grossolanialla base del bacino.

Una breve analisi relativa alla morfologia delbacino artificiale ci porta a considerare che lo stes-so risultava essere molto più accentuato rispetto aquello che è possibile vedere oggi. Infatti i grandiblocchi presenti sul fondo sono precipitati in epo-che passate. Il primo, più a valle, era originaria-mente posizionato sul lato nord-ovest e, duranteil crollo, ha trasportato con sé grosse parti di con-glomerato cementizio e murature in opus reticola-tum. Il secondo, sotto l’antico ponte dell’acquedot-to, scivolando verso il fondo ha trasportato con séil pilone del ponte originale, causandone il crolloe la distruzione. Sul fondo del fossato infatti, sono

visibili numerosi blocchi di tufo, ben squadrati edin ottimo stato di conservazione, che costituivanoparte del ponte originale (sui blocchi tufacei èvisibile, al centro del lato lungo, una scanalaturaintagliata che, per mezzo di un paranco a pinza,permetteva il loro alloggiamento durante la fasecostruttiva). Questi crolli, apparentemente casua-li e ad un analisi superficiale riconducibili ad unevoluzione degenerativa naturale di tutto il com-plesso, vennero con ogni probabilità invece favo-riti proprio dalla presenza di acqua nel bacinoche, dilavando il materiale tufaceo presente sottoi blocchi sopra citati, ne causarono lo slittamentoed il crollo verso il fondo. Non è da escludere chei due crolli siano stati strettamente correlati traloro (il primo ha causato l’insorgere del secondo)e che ad essi sia da ricondurre anche il crollo delladiga, innescato dalla grande massa di acquamessa in movimento.

6. Galleria della Bulica – Marcio - Cronologia delle ricerche

Esplorata per la prima volta nel 1987 dallaProf.ssa C. Roncaioli e dall’Ing. L. Lamberti, l’an-nuncio della scoperta venne dato solo come cenno.Successivamente la galleria viene nuovamente ana-lizzata e citata, più specificatamente, nel 1993 da Z.Mari (bibl.; v. fig. 14)

Ma fu soltanto nel 1998-99, nel contesto di unaricerca archeologico-topografica, tuttora in corsosugli acquedotti romani presenti nel territorio com-preso tra l’antico agro prenestino, labicano e tibur-tino, condotta dallo scrivente, che venne effettuataun’attività esplorativa sistematica.

Tale indagine ha prodotto questo studio, nonchéuna campagna di rilievo topografico delle struttureipogee presenti. È da precisare innanzitutto chequesto attraversamento è stato sostanzialmentesconosciuto agli studiosi di tutte le epoche.

7. Ponte e galleria della Bulica - Analisi degli elementi

La zona tra Tivoli e Gallicano risulta essere diparticolare importanza come punto di partenza perla ricerca, in quanto la morfologia del territorio pre-senta una situazione che vede alternarsi profondeforre a discreti complessi collinari. Questa situazio-ne ha fatto sì che all’atto della realizzazione degliacquedotti i progettisti abbiano dovuto ingegnarsinella costruzione di una serie di opere legate più omeno direttamente agli acquedotti, che prevedeva-no sia alti ponti per il superamento dei fossati cheprofonde gallerie per l’attraversamento dei fronticollinari.

L’Acqua Marcia, dopo aver attraversato il ponteCaipoli (ad arcate sovrapposte in opera testacea:

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13. Risultanze dei valori di resistività per ogni profilo considerato.

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largo m 2,70, spesso m 8 e m 6 ; la struttura attual-mente visibile è di IV sec. d.C. la fase originaria èdel 144 a.C.), passa sotto colle Collafri quindi fuo-riesce da quest’ultimo colle ed attraversa il fossoCollafri. L’Ashby (bibl.) fa passare l’acquedottosotto colle Collari, ma la sua è solo una giusta sup-posizione (il percorso all’interno del colle è rico-struito in maniera ipotetica), visto che non cita lapresenza della galleria. L’attraversamento di fossoCollafri si realizzò mediante un ponte: il cosiddettoponte della Bulica(fig.15).

Questa struttura, d’età augustea, è costituita daun solo arco in opera quadrata (luce interna m 5,85,alt. m 5,50, lungh. m 10,60, largh. m 3,33). L’Ashbysostenne che il ponte abbia retto una strada, tesi inseguito respinta (Ashby, bibl.).

Il ponte della Bulica presenta una particolaritàconsistente nel disallineamento tra l’asse dellospeco verso colle Selva e l’asse del ponte dellaBulica.

Immediatamente dopo, a circa 10 metri versoovest, è presente una galleria che aveva l’accessocompletamente ostruito fino a poco tempo fa e cheattraversa completamente colle Selva.

La galleria della Bulica (fig.16); (sezione rettan-golare, lungh. M 236 circa, largh. m 2,50, altezza m3-4) corre rettilinea, ma leggermente inclinata, consoffitto piano e con il piano di calpestio originarioin gran parte interrato.

Sul lato nord si aprono, alla distanza di circa 30-40 metri l’uno dall’altro, sei ambienti quadrati (LatoMt. 2,20), che recano al centro un pozzo circolare(diam. m 1,20 con parapetto moderno), utilizzatiper scendere nel sottostante speco per mezzo didue file contrapposte di pedarole (fig. 17).

La galleria è percorribile comodamente intutta la sua lunghezza, con l’eccezione di alcunitratti in cui è necessario utilizzare una progres-sione speleologica per la discesa nei pozzi, cheportano allo speco dell’acquedotto. L’enormequantità di materiale inerte (soprattutto terra),gettato nel corso dei secoli dal pozzo areatorio(dimensioni m 1,5 x 0,8 con pedarole sui lati lun-ghi) nel tentativo di un improbabile riempimen-to, ha invece occluso lo speco dell’acquedotto, trail pozzo n. 5 e il pozzo n. 6, e parzialmente la gal-leria sovrastante.

Da evidenziare che nel corso dell’ispezione nel1986 da parte della Prof.ssa Roncatoli (bibl.), lospeco dell’acquedotto nella sua parte iniziale risul-tava essere completamente allagato.

A conferma, nel pozzo n.1 ad una quota di m4,7 dal fondo c’è la presenza, sulle pareti delpozzo, di uno sgrottamento generato dal livellodell’acqua.

Quasi a metà della galleria, sulla sommità dellavolta, sono presenti le tracce di un ‘condotto-pilota’(larghezza m 0.6; fig. 18), utilizzato per garantire il

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14. Schema del condotto e delle sue aperture verso il bacino (Mari 1993).

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collegamento pedonale nella prima fase costruttivatra i due fronti collinari. Tale collegamento, unavolta che i due fronti di scavatori si incontrarono,venne allargato e portato alle dimensioni attualirendendolo carrabile.

Altra considerazione di sicuro interesse è costi-tuita dalla probabile presenza dello speco dell’ac-quedotto Marcio nei sotterranei del ristorante “daDiego”, che si trova all’inizio della tagliata di S.Maria di Cavamonte. È infatti individuabile, neisotterranei, un probabile pozzo d’ispezione delcondotto. Purtroppo non risulta essere ispezionabi-le a causa della presenza di ingenti quantità dimateriale di risulta che lo riempie. All’esterno, vici-no al muretto di recinzione del suddetto ristorante,parzialmente intagliato nel tufo, è possibile notaredalla strada provinciale un altro pozzo d’ispezione,di analoghe caratteristiche.

Nel 1986, a seguito di lavori di manutenzione diquesto tratto di strada a cura della Provincia, ven-nero rinvenuti un cippo in sito dell’acquedottoMarcio (fig. 19 – C2) e due putei (fig.19 - M1-M2) adesso limitrofi.

Il cippo appartiene alla serie dei cippi augustei,posti fra l’11 ed il 4 a.C. in occasione dei restauri.

Sul lato opposto, invece, è possibile notare lapresenza di un pozzo, di cui ormai è visibile solo illato maggiore, con pedarole, sezionato dalla stradamoderna. Lì vicino, sulla stessa parete, è altresì pre-

sente un altorilievo intagliato nel tufo, riconducibi-le alla sagoma di un cippo (fig.20), anepigrafo e dicui è possibile notare che la traccia orizzontale cor-risponde all’originale pozzo tagliato trasversalmen-te dalla strada moderna (fig. 21)

8. Ipotesi d’insieme

L’originale tracciato dell’acquedotto Marcio cheproveniva da colle Collafri prevedeva l’attraversa-mento del colle con uno speco (si accede da ponteCaipoli; larghezza dello speco m 1,08; alt. m 1,20,parziale a causa del riempimento), tutt’oggi in parteispezionabile, e il superamento del fosso Collafriper mezzo di un ponte oggi andato perduto e paral-lelo all’attuale ponte della Bulica.

Il ponte più antico del 144 a.C., che sorreggeva lospeco dell’acquedotto, oggi non esiste più: affianca-to da un altro in età augustea (l’attuale ponte dellaBulica) andò perduto in età imprecisata. Traccedello speco originale, ancora oggi perfettamenteevidenti, corrono a fianco dell’attuale ponte, per-mettendo di avvalorare tale ipotesi.

L’acquedotto, dopo aver attraversato il fossoCollafri, correva lungo il versante nord dell’omoni-mo colle, quindi piegava verso il lato sud dopo l’at-tuale ristorante “da Diego”, per procedere poi nelsuo percorso verso Roma.

187Nuove scoperte sugli acquedotti Marcio e Anio Vetus a Gallicano nel Lazio (Roma)

15. Ponte della Bulica (foto Placidi). 16. Tratto iniziale della galleria della Bulica (foto Placidi).

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Eventi accidentali successivi, attualmente soloipotizzabili e non riscontrabili oggettivamente sulterritorio, devono aver comunque causato la sceltadi abbandonare questo tratto di acquedotto, inquanto considerato fatiscente e non più mantenibi-le, e di optare per la costruzione di un by-pass che,sviluppandosi all’interno di colle Selva, poteva daregaranzie di qualità e robustezza, interessando unbanco tufaceo più solido ed omogeneo. Tale by-pass

realizzato quindi immediatamente a valle di pontedella Bulica, si sviluppò all’interno di colle Selvacon la realizzazione della galleria oggetto dellanostra indagine (fig.22).

La galleria, opera di alta ingegneria, vennecostruita principalmente per evitare pozzi moltoprofondi: colle Selva è alto m 220, lo speco del Mar-cio corre a quota m 168 s.l.m.; ben 52 metri di diffe-renza. Con pozzi così profondi sarebbe stata assaidifficile sia l’ordinaria manutenzione , sia l’estrazio-ne del materiale durante la fase di scavo.

La costruzione della galleria venne realizzatascavando inizialmente un condotto-pilota (fig.23),probabilmente da due squadre di scavatori prove-nienti in senso opposto. Tracce della volta di questocondotto iniziale sono visibili in un solo punto dellagalleria per una lunghezza di circa 6 metri. Unavolta stabilita la congiunzione, si procedette all’am-pliamento in sezione del condotto, come da proget-to. A sostegno di tale ipotesi, sono le numerose nic-chie per le lucerne presenti sulle pareti, quasi tuttea quote diverse, sicuramente risalenti alla fase diampliamento della galleria.

Una volta terminato l’ampliamento della galle-ria, si procedette all’escavazione dei pozzi e dellospeco collocato al di sotto della galleria e comuni-cante, attraverso dei pozzi, con quest’ultima. Lo

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17. Il pozzo n°2. Uno dei sei presenti all’interno della galleria(foto Placidi).

18. Traccia sulla volta della galleria (foto Placidi).

19. Schema della tagliata di S. Maria di Cavamonte, con rappre-sentati tutti gli elementi oggetto d’indagine (da Gatti).

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speco si presenta non intonacato e con consistentisedimenti sul fondo. In prossimità dei pozzi nn.3-4è stato necessario, per procedere, effettuare attivitàdisostruttiva. Tuttavia, pochi metri dopo il pozzoN°5, il riempimento fangoso arriva fin sopra lavolta del condotto e non permette ulteriori prosecu-zioni.

In corrispondenza del pozzo (non ispezionabilein quanto colmo di materiale di riempimento), pro-babilmente il condotto piega verso sud per immet-tersi di nuovo, nello speco originale in prossimitàdella tagliata di Cavamonte. Infatti non è possibileipotizzare una sua prosecuzione verso nord-est,essendo la quota di livello dello speco troppo ele-vata rispetto alla quota di valle Inversa. A sostegnodi tale ipotesi, sono i ritrovamenti dei putei e deicippi (di cui quello realizzato in altorilievo, e anco-ra in sito) situati presso la tagliata di Cavamonte(lato sud di colle Selva).

In questo contesto, la galleria della Bulica venneanche utilizzata come galleria di passaggio, proba-bilmente al solo scopo di effettuare manutenzionedegli acquedotti in questa zona. Da segnalare lapresenza di piccolissimi ambienti di cava, all’inter-no della galleria verso il lato di valle Inversa, quasiinteramente riempiti da tufo e pozzolana, ispezio-nati ma senza particolari note d’interesse.

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20. Cippo in altorilievo (foto Placidi). 21. Pozzo all’interno della tagliata di S. Maria di Cavamontesezionato dalla strada moderna (foto Placidi).

22. Zona della Bulica / Tagliata di Cavamonte: 1. tracciato ipo-tizzato dall’Ashby; 2. tracciato originale del Marcio (T1); 3. by-pass augusteo realizzato con la galleria della Bulica (T2).

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A questo punto risulta evidente come il pontedella Bulica, mentre in una prima fase risultavaessere ad un solo arco che sosteneva lo speco del-l’acquedotto Marcio, successivamente, con irestauri augustei, venne a trovarsi composto didue archi affiancati, al fine di costituire un attra-versamento carrabile di sufficiente ampiezza.Infatti, livellando le quote del piano di calpestiodella base della galleria e della base del ponte(ipotizzando la presenza dello speco con altezzadi circa m 2,5 e un basamento carrabile di oltre unmetro) con quelle dell’attuale strada sterrata,abbiamo un’unica quota più o meno orizzontale,necessaria per fornire un comodo passaggio car-rabile. Nell’ipotesi quindi che l’attuale pontedella Bulica, di chiara fattura augustea, sia statocostruito per la realizzazione di una strada carra-bile, possiamo datare a questo stesso periodoanche la galleria, come opera ad esso strettamen-te correlata.

I pozzi invece rinvenuti all’interno della taglia-ta (fig. 19, M1-M2) probabilmente appartengonoquindi uno allo speco dell’Anio novus e l’altro allospeco del vecchio tracciato del Marcio, che quiarrivava passando sotto al ristorante. Il pozzo (fig.19, P) invece, apparteneva al nuovo condotto delMarcio che proveniva dalla sopra descritta galle-ria della Bulica. Per indicare il punto di giunzionetra vecchio e nuovo condotto, venne appuntoposto il cippo (fig. 19 - C2) e uno in alto rilievo(fig. 19 - C3) a segnalare la presenza del pozzo(fig. 19 – P). Tale particolarità deve essere letta inconsiderazione che la tagliata, quando nella sua

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23. Sezione del complesso della Bulica.

24. Il braccio della cisterna sezionato dalla moderna strada viadi Colle Selva (foto Placidi).

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fase originale non era ancora stata allargata dallastrada moderna, aveva una diversa morfologia;d’altro canto la stessa Dott.ssa Gatti (bibl.) in occa-sione del rinvenimento di tale cippo ha ipotizzatoil passaggio dell’acquedotto in sito, pur ritenendoerroneamente che forse possa essere attribuitoallo stesso acquedotto Marcio, un ambiente into-nacato in cocciopesto (fig. 19 – D) e tagliato dallastrada moderna. Infatti è possibile escludere taleipotesi in quanto trattasi di una cisterna idraulicacon un piccolo condotto sul fondo, che probabil-mente serviva a prelevare acqua. Quello indivi-duato come speco dell’acquedotto, quindi, è inrealtà uno dei bracci della cisterna. Un altro brac-cio, perpendicolare a questo, non più rivestito dimalta idraulica (fig.24), è stato tagliato trasversal-mente dalla moderna strada statale.

MARCO [email protected]

Bibliografia

MARI Z. 1993: Gallicano e i suoi acquedotti, Roma.

ASHBY T. 1991: Gli acquedotti dell’antica Roma, Roma (trad. di TheAqueducts of Ancient Rome, Oxford 1935), 96-97,154.

GATTI S. 1992: “Un nuovo cippo dell’Acqua Marcia”, in LIBERATI SIL-VERIO A.M. – PISANI SARTORIO G.(eds.), Il trionfo dell’acqua,Roma, 93 – 104.

RONCATOLI LAMBERTI C. 1992: “Osservazioni e proposte sul sitodell’incile dell’Anio vetus e sul ramo di derivazione del-l’Anio novus”, in LIBERATI SILVERIO A.M. - PISANI SARTORIOG.(eds.), Il trionfo dell’acqua, Roma, 89 – 91.

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