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Collezioni romane dal Quattrocento al Settecento: protagonisti e comprimari a cura di Francesca Parrilla Campisano Collezionismo a Roma
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Novità documentarie sulla raccolta di dipinti dei conti Fava a Bologna: l’Amore che dorme di Lorenzo Pasinelli in F. Parrilla, ed. by, Collezioni romane dal Quattrocento al Settecento:

Mar 28, 2023

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Collezioni romane dal Quattrocento al Settecento: protagonisti e comprimari

a cura di Francesca Parrilla

Campisano

Collezionismo a Roma

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3 collana diretta daSilvia Danesi Squarzina

Collezionismo a Roma

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Nessuna parte di questo libropuò essere riprodotta o trasmessain qualsiasi forma o con qualsiasimezzo elettronico, meccanicoo altro senza l’autorizzazionescritta dei proprietari dei dirittie dell’editore.

Progetto graficoGianni Trozzi

© copyright 2013 byCampisano Editore Srl00155 Roma, viale Battista Bardanzellu, 53Tel +39 06 4066614 - Fax +39 06 [email protected] 978-88-98229-24-6

In copertina,Adam Elsheimer, La Lapidazione di S. Stefano, Edimburgo, National Gallery of Scotland, particolare

Il volume è stato finanziato con i fondi della ricerca Prin 2009(Programmi di ricerca scientifica di rilevante interesse nazionale) del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR), Collezionisti e collezioni a Roma e nelle corti italiane: una indagine comparata a partire dai fondatori fino alla dispersione (secc. XV-XVIII), coordinata dalla prof. Silvia Danesi Squarzina (Sapienza Università di Roma), e composta dalle unità di Roma Sapienza, Università degli Studi di Ferrara(prof. Francesca Cappelletti), Università degli Studi di Genova (prof. MauriziaMigliorini), Università di Pisa (prof. Cinzia Sicca), Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo” (prof. Giovanna Perini Folesani).

Il testo ha superato la procedura di accettazione per la pubblicazione basata su meccanismi di revisione soggetti a referees terzi.

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Collezioni romanedal Quattrocento al Settecento: protagonisti e comprimaria cura diFrancesca Parrilla

Campisano Editore

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Ringraziamenti

Desidero ringraziare la professoressa Silvia Danesi Squarzina che congenerosità mi ha affidato la curatela del presente volume e incoraggiatole mie ricerche nell’ambito del progetto Prin 2009 da lei coordinato. Sono grata alla professoressa Marina Righetti, direttore del Dipartimentodi Storia dell’arte e Spettacolo della Sapienza Università di Roma, al dott. Fabio Fabiani e la dott.ssa Elisa Di Nicola per aver agevolato la pubblicazione del presente volume. Agli studiosi e ai giovaniricercatori che hanno partecipato a questo lavoro desidero esprimere la mia riconoscenza. Ringrazio tutto il personale della BibliothecaHertziana in particolare Andrea Corsi e Kokic Milivoj. Ringrazio inoltregli amici Stefan Albl, Adriano Amendola, Matteo Borchia, Camilla Fiore,Riccardo Gandolfi, Francesco Grisolia, Gabriella Mecozzi, MarijeOsnabrugge, per il concreto sostegno. Esprimo la mia gratitudineall’editore Graziano Campisano e a Enrico D’Andrassi.

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p. 7 IntroduzioneSilvia Danesi Squarzina

13 Due presunti ritratti di Pierfrancesco Borgherini dipinti da Sebastiano del Piombo a RomaCarlo Piga

21 Marcello Venusti e le copie da Tiziano nella collezione FarneseFrancesca Parrilla

31 Statilio e Faustina Pacifici committenti e collezionisti di Ottavio LeoniYuri Primarosa

49 La collezione di Francesco II Spagna (1602-1640) argentiere dei BarberiniLoredana Lorizzo

59 Giulio Mancini critico e collezionista. Considerazioni intorno al suo inventario dei beniMichele Nicolaci

79 Novità documentarie sulla raccolta di dipinti dei conti Fava a Bologna: l’Amore che dorme di Lorenzo PasinelliLaura Bartoni

93 Il collezionismo antiquario del contestabile Filippo II Colonna(1663-1714): l’acquisto della raccolta del cardinale Giacomo Filippo Nini, l’arredo della galleria grande e della fontana della cascata nel giardino sul QuirinaleTiziana Checchi

Indice

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111 Da Siena a Roma: Agostino Maria e Girolamo Taja, amanti d’arte e collezionisti tra Sei e SettecentoSimona Sperindei

129 La quadreria del cardinale Curzio Origo, mecenate e collezionista nella Roma di papa AlbaniMaria Celeste Cola

141 Marco Benefial: dalla collezione del Conte Soderini alla Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo BarberiniAnna Lo Bianco

APPARATI

149 Indice dei nomi

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Novità documentarie sulla raccolta di dipinti dei conti Fava a Bologna: l’Amore che dorme di Lorenzo PasinelliLaura Bartoni

Palazzo Fava Ghisilieri a Bologna, posto «dirimpetto alla Madonnadella Galliera», ovvero alla chiesa di Santa Maria di Galliera nell’odier-na via Manzoni, è oggi celebre principalmente per ospitare le sale affre-scate dai Carracci e da altri esponenti dell’Accademia degli Incammi -nati 1. Facendo perno proprio su questi testi pittorici, fondamentali perla formazione di intere generazioni di artisti bolognesi, la famiglia Favagiocò un ruolo importante nella storia artistica e collezionistica della cit -tà felsinea nella seconda metà del Seicento 2. Figura chiave del mecenati-smo famigliare fu il conte Alessandro Fava (1622-1695) 3, ricordato daMalvasia per la sua generosità nel supportare i giovani pittori, a cui apri-va le porte della sua dimora mettendo loro a disposizione, nella sala de-corata dai fregi carracceschi con le Storie di Giasone e Medea, «un co-modo ponte movibile» per lo studio ravvicinato degli affreschi 4. Le stan-ze del palazzo di famiglia divennero così nel secondo Seicento una “pa-lestra” per le esercitazioni di artisti quali Giovan Gioseffo dal Sole, Feli -ce Cignani, Giuseppe Maria Mazza, Donato Creti e «non pochi al tri» 5,come testimoniano i numerosi fogli di studio che il conte Ales sandro te-neva per sé, apponendovi nome dell’autore e data di esecuzione 6. Neimedesimi anni, il conte acquisiva il primo nucleo di dipinti della propriaraccolta, la cui fisionomia era finora ricostruibile principalmente attra-verso l’inventario più tardo di quasi un secolo, stilato nel 1745 do po lamorte del figlio Pietro Ercole Fava. L’estratto relativo alle pitture pub-blicato da Campori nel 1870 7 si è però dimostrato del tutto in completoed è stato necessario tornare all’originale conservato presso l’Ar chivio diStato di Bologna per avere un panorama completo della collezione allametà del Settecento 8. Per quanto tale documento rispecchi nelle lineegenerali il carattere che la collezione Fava aveva assunto negli ultimi de-cenni del XVII secolo 9, esso non comprende la to talità dei dipinti dellaraccolta, mancando di fatto tutta la parte spettata a Nicco lò Maria Vale -

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riano Fava (1670-1736), fratello di Pietro Ercole, nella divisione dei beniavvenuta dopo la morte del padre Alessandro 10. Il ritrovamento di alcu-ni inediti documenti ancora oggi conservati tra le carte del l’archivio pri-vato Fava permette di ricomporre la consistenza originaria della colle-zione, prima della divisione di fine Seicento, e di far lu ce sulla fase ini-ziale della sua formazione e sulle modalità di acquisizione 11.

Il documento più interessante da questo punto di vista è la Descri zio -ne delle pitture movibili esistenti in casa di Alessandro Fava a Bolo gna,redatta in prima persona dal conte 12. Non si tratta, come sarebbe lecitoimmaginare dall’intitolazione, di una descrizione di tipo inventarialedei dipinti presenti nel palazzo, almeno non nel senso tradizionale. Leopere sono ordinate sotto il nome del relativo autore, con l’aggiunta didettagliate annotazioni riguardanti tempi, modi e costi del loro ingres-so in collezione, nonché preziose informazioni sulle vicende di com-mittenza, acquisto e realizzazione. Il manoscritto reca nel frontespiziola data 9 ottobre 1675 ma copre più di un decennio, a partire dal 21 mar-zo 1662. Dopo la morte del conte, il libretto venne ereditato dal figlioPietro Ercole, che intervenne a completarne alcune parti inserendo no -ti zie di epoca successiva e riempiendo le ultime pagine con brani dellaVienna liberata, poemetto in ottave da lui composto, e alcuni schizzi 13.

Appare significativo il fatto che uno dei primi eventi registrati, seb-bene giustificato dal rispetto dell’ordine alfabetico che ha inizio con la“A” di Annibale Carracci – ma posto comunque prima di AlessandroTiarini – sia il recupero delle tavolette carraccesche che originariamen-te ornavano il soffitto ligneo del camerino di Europa, vendute nel 1656da Francesco Antonio Fava e riacquistate dal conte Alessandro il 9maggio 1663 per essere poste ad ornamento della sala con il fregio conStorie dell’Eneide, adibita a Galleria 14. Tale decisione, motivata dallostesso conte con il «sentir discorer molti che la casa da me comperataancor che sia tutta dipinta à fresco da vari et Ecelenti Maestri essi fossepriva d’ogni cosa essendovi statte levati via il nominato sofitto» 15, ovve-ro dal desiderio di ricostruire una unità tra palazzo e decorazione ori-ginaria, è ferma testimonianza di quella volontà di recupero e attualiz-zazione della tradizione carraccesca che ci riporta alla scelta di porre gliaffreschi del palazzo tra i testi fondamentali per la formazione dei gio-vani pittori 16. Accanto ai fregi, questi avevano a disposizione per il lorostudio an che i dipinti della raccolta, caratterizzata da un gusto impron-tato alla li nea classicista che da Simone Cantarini attraverso il suo prin-cipale allie vo Lorenzo Pasinelli, giunge fino a Donato Creti 17. Sono in-

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fatti tele e disegni di Cantarini e Pasinelli la parte più consistente e rile-vante del pri mo nucleo di opere entrate in collezione ante 1675. A que-ste date, pri ma dell’ingresso nel palazzo di Donato Creti, GiuseppeMaria Maz za, Ercole Graziani, Domenico Maria Fratta, erano i pittoridella generazione precedente, come Domenico Maria Canuti, AntonioMaria dal Sole e, soprattutto, Lorenzo Pasinelli a dipingere per il con-te e ad assisterlo nella acquisizione di opere. Le informazioni di primamano contenute nel libretto di Alessandro Fava permettono infatti dichiarire come questi, accanto alle commissioni dirette, si procurasse di-pinti in sva riati modi, dalle donazioni alle “permute” di varia natura, se-condo di namiche usuali nella storia del collezionismo seicentesco, e av-valendosi di metodi di pagamento che affiancavano al denaro contantecompensi in natura e baratti con oggetti di diverso genere.

Analogamente a quanto osservato da Angelo Mazza riguardo allacom posizione della raccolta di disegni Fava, anche la collezione di pit-ture si accrebbe principalmente grazie ai rapporti di familiarità stretticon gli artisti di casa, che ricambiavano ospitalità e possibilità di studiocon opere proprie o altrui. È così, ad esempio, che fecero il loro ingres -so nella raccolta le uniche due opere attribuite a Carlo Cignani: un dise -gno di un puttino esposto in Galleria, donato al conte Alessandro il 17marzo 1672 «dal signor Felice suo figliuolo venendo à studiare nella miacasa», e un Autoritratto del pittore, offerto dallo stesso Felice il 20 lu -glio 1688 18.

Negli ultimi due decenni del Seicento fu Donato Creti a legarsi pro -fondamente alla famiglia Fava, che lo ospitò nel palazzo offrendogliprotezione e appoggio per la sua formazione professionale, per la car-riera e l’affermazione sociale. Il lunghissimo soggiorno in casa Fava delpittore fruttò ai conti un cospicuo numero di disegni e dipinti, elencatinegli inventari di famiglia, in gran parte segno di gratitudine verso ilconte Alessandro e attestato di amicizia verso Pietro Ercole, con cuiave va condiviso una parte del suo percorso di formazione nella bottegadi Pasinelli 19.

Fino alla prima metà degli anni Settanta fu però Lorenzo Pasinelli ilprincipale interlocutore di Alessandro Fava. Oltre ad essere destinata-rio di un numero davvero significativo di committenze, Pasinelli consi-gliava il conte anche sugli acquisti di opere di altri artisti, che Ales san -dro comprava direttamente da lui o dal cognato Giovanni Battista Mo -retti 20. È il caso di un gruppo di opere acquisite dal pittore sul mercatoromano nel corso del suo soggiorno, tra cui due «battagliole» di Jacques

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Courtois e alcune statuette in cera di Alessandro Algardi, rivendute alconte al rientro a Bologna nel 1664 21. Dalla Descrizione apprendiamoinoltre che nel corso del viaggio di ritorno da Roma, Pasinelli fece tap-pa a Pesaro, dove acquistò alcune pitture di Simone Cantarini, alcunedelle quali cedute ad Alessandro Fava nell’aprile 1666 22. Sono questi so-lo alcuni esempi di una attività che il pittore doveva svolgere a fini nonesclusivamente commerciali: egli stesso, come noto, possedeva una rac-colta di dipinti e disegni, tra cui figuravano tra l’altro molte opere gra-fiche del Pesarese, in parte ereditate dopo la morte del maestro, ed èprobabile che i suoi acquisti sulla piazza romana, come a Pesaro, aModena e nella stessa Bologna, fossero riservati anche alla sua collezio-ne 23. Certamente, procurando disegni e dipinti al conte, in cambio didenaro o sotto forma di dono, Pasinelli rafforzava il suo rapporto conil mecenate, soddisfacendone i desideri collezionistici e conquistando lasua fiducia.

Il legame con la famiglia Fava risaliva già ai tempi del conte Ercole,padre di Alessandro. Secondo le fonti biografiche fu Ercole Fava adado perarsi per convincere il padre di Lorenzo, Bartolomeo, affinchéper mettesse al giovane di seguire le sue inclinazioni artistiche e ad av -viar lo verso la bottega di Simone Cantarini 24. I Pasinelli godevano diuna certa familiarità con i Fava, proprietari della casa dove Lorenzo eracresciuto e della bottega di drogheria e cereria, condotta prima daBartolomeo Pasinelli e poi dal figlio Giovanni Battista, posta nella con-trada di Galliera, non lontano dalla “casa grande” dei Fava situata difronte al monastero della Maddalena 25. Il giovane Pasinelli doveva ave-re «molta pratica e cognicio[n]e» 26 con Ercole Fava, tanto da poternericostruire le fattezze in un ritratto postumo eseguito nel marzo 1669sulla base di una effigie realizzata dal pittore Giovanni Francesco Ne -gri 27. Alessandro avrà dunque seguito gli esordi del giovane pittore davicino, per divenire uno dei suoi maggiori sostenitori negli anni Sessan -ta e Settanta. L’inventario della collezione Fava redatto nel 1745, dopola morte di Pietro Ercole, elenca undici opere di Pasinelli, ma as sai piùnumerose sono quelle citate nelle fonti come eseguite per il conte Fava.Come abbiamo visto infatti, il documento inventariale risulta compren-dere solo una parte dei beni di famiglia. Dopo la morte del conteAlessandro il patrimonio e le collezioni vennero divise tra i figli PietroErcole (1669-1744) e Niccolò Maria Valeriano (1670-1736): nel 1699 que-st’ultimo fece redigere un inventario, sinora inedito, dei beni a lui spet-tanti, specificando che un simile documento doveva essere stilato anche

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per la metà riservata al fratello maggiore. L’elenco dei beni di Niccolò,compilato secondo un ordine topografico, descrive sedici di pinti e unpastello del Pasinelli che, sommati a quelli descritti nell’inventario diPietro (11), raggiungono un totale di ventotto 28. Quasi tutte queste ope-re risalgono alla committenza del conte Alessandro, come rivela la men-zionata Descrizione delle pitture: sotto la voce “Pasinelli” sono infatti ri-cordati ben trentuno dipinti, eseguiti dall’artista tra il gennaio 1665 e illuglio 1674, oltre ad un pastello e ad alcuni disegni 29.

Dalle pagine della Descrizione emerge, a conferma di quanto noto,una particolare consuetudine di rapporti tra il pittore e il conte Fava:quest’ultimo visitava di frequente la “stanza” dell’artista, ottenendo indono o a poco prezzo dipinti abbozzati di cui Pasinelli voleva disfarsi,disegni, composizioni improvvisate di getto solo per lui; in cambio, ilpittore riceveva sostegno e protezione, forse anche nuove commissionipresso altri esponenti della nobiltà bolognese. Alessandro registra tra idipinti in suo possesso una delle prime prove di Pasinelli: una SantaCaterina da Siena eseguita nel 1654 per suo studio e poi «vendutta à mes-ser Giovan Battista Moretti ziraio suo Cognato», a sua volta da questiceduta il 3 maggio 1668 al conte che la faceva terminare da Lorenzo 30.

Al suo ritorno dal soggiorno romano, negli anni 1663/1664, Pasinellitrovò nel conte Fava un generoso protettore. Tra il 1665 e il 1670 il pit-tore realizzò per lui la Rebecca al pozzo (Bologna, collezione privata) eil suo pendant con la Negazione di San Pietro (Bologna, collezione pri-vata) 31, la tela con la Poesia, il Ritratto del conte Alessandro e quello, nonfinito, della moglie Argia Ghisilieri 32. Negli stessi anni il conte entravain possesso di due bozzetti per quadri di grandi dimensioni eseguiti daPasinelli quasi dieci anni prima, ottenuti in dono dal pittore che non liteneva in alcun conto e voleva disfarsene o riutilizzarne le tele: una boz-za del “quadrone della Certosa” con Gesù entra in Geru sa lemme, rea-lizzato nel 1659 per la chiesa di San Girolamo della Certosa, e comecompagno la bozza del quadro con Armida in atto di chiedere i sol datial pio Buglione, eseguito per il conte Alfonso II Gonzaga nel 1660 33.

Perfetta espressione dell’intima familiarità e fiducia tra il conte Favae Pasinelli è la vicenda relativa ad un’opera ricordata dalle fonti come«un Amore, che dorme, figura intiera» 34. Il dipinto è ricomparso recen -temente sul mercato antiquario (fig. 18, tav. VIII), corredato da un pre-zioso car ti glio che ne attesta la provenienza dalla raccolta Fava 35.Quanto riportato nella antica etichetta posta sul retro del telaio (fig. 19),una sigla com posta dalle lettere «G», «G» e «F» seguite dall’iscrizione

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«Niccolò Fava 1699», costituisce infatti un preciso ed inequivocabile ri-mando all’inventario di Niccolò Maria Valeriano Fava (1670-1735), sopracitato, redatto il 27 novembre 1699 in occasione della divisione dei benidi famiglia con il fratello Pietro Ercole 36.

Nella breve introduzione alla descrizione delle opere conservate nel-le stanze del palazzo di via Manzoni il conte Niccolò dichiara che tuttele pitture e sculture a lui spettanti sarebbero state marcate dai medesi-mi elementi che sono riportati sull’etichetta dell’Amore, al fine di iden-tificare i beni di sua proprietà: «tutte le Pitture, e Scolture toccate à meNicolò Maria Fava saranno marcate dalla parte di dietro, tanto nella te-la, quanto nella cornice con la seguente marca [...]: si contiene in que-sta marca due G al pari, un F al di sotto, e sopra delli due G questo se-gno = ~ , et è una marca antica del Sig.r Gio: Galeazzo Fava zio del Sig.rnostro Padre, quale poi, accioche sia meglio autenticata per mia, hòcontraddistinta, ò sopra ò sotto col mio nome = Nicolò Fava, e coll’an-no corrente 1699» (fig. 20).

L’inventario, redatto da Donato Creti, allora pittore di casa, descrivesecondo un ordine topografico dipinti e sculture della raccolta, conser-vati nel palazzo di famiglia di fronte alla Madonna di Galliera. Nellastanza detta «del Letto verde», insieme ad opere di Gioseffo dal Sole,Donato Creti e dello stesso Pasinelli, troviamo registrata la tela: «UnAmorino, che dorme sopra d’un Letto, posa il capo sopra d’un gran cu-scino, con alcune freccie per il letto. Paese in distanza con due piccolefigurine, che guardano indietro, del Sig.r Pasinelli, in tela da 3 con cor-nice dorata».

Di questa suggestiva composizione, in puro stile «pasinelliano» èpossibile precisare grazie a nuovi documenti anche la data di esecuzio-ne e le circostanze della commissione 37. È il conte Alessandro, nellamenzionata Descrizione delle pitture, a raccontare di avere affidato l’in-carico di dipingere il quadro a Lorenzo Pasinelli il 9 gennaio 1670, in unmomento speciale della vita del conte e di sua moglie Argia, incinta delfiglio Niccolò Maria Valeriano. La contessa aveva presso di sé una brut-tissima donzella, «tal Chiara [***] Genovesa negra et che haveva certipelli sopra il volto che parevano Barburali», e il conte desiderava far do-no alla moglie di «un ogetto che fosse ò facesse buona impresione al suointelletto» 38. Il pittore, forse su suggerimento del conte, colse nel segnorealizzando in soli nove giorni «un Amore che dorme» così descritto daAlessandro: «un Amore che dorme con certi Rizzi Biondi è sopra d’unLetto ben spigazato et un cosino sotto la testa così tenero et ben fatto e

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Bizaro che è belliss:mo vi sono de dardi rotti et in distanza due feminiche fugendo le portano via la faretra e l’arco più in La si vede una ma-rina con alcune velle et un Torazo così sireno quanto si possa dire Vi èuna Beliss:ma Coltrina o Portiera che in parte fa campo al Amore si be-ne spegazata che il Sig:r Guido Reni non feria meglio» 39.

L’invenzione del pittore rimanda a celebri esempi sul tema, che godedi particolare fortuna nella Bologna seicentesca 40, tuttavia la precisa oc-casione di committenza rivelata dai documenti lascia pensare ad un piùspecifico significato del dipinto, ad essa legato 41. Suggestivo apparel’accostamento che lo stesso conte ci offre tra la figura dipinta di Eroscon morbidi boccoli dorati e il figlio Niccolò, nato solo qualche mesepiù tardi dell’esecuzione dell’opera: «il Putto natto et similissimo al ri-tratto del Amore tanto nella carnagione quanto ne Capelli Biondi e sot-tili quanto ancora nel Alzatta d’Ochii ma imparticolare e bello quandodor me poi ché l’amore dipinto dorme et adesso li 16 Ottobre 1675 chescrivo è biondo come e sempre statto si discorre se col tempo si cangeràper veder bisogna campare» 42.

L’opera, databile dunque con precisione al gennaio 1670, si collocanella prima maturità di Pasinelli e rivela il ruolo fondamentale di Can -tarini nella formazione del pittore e della sua interpretazione della le-zione reniana. La resa pittorica sciolta, quasi un “non finito”, sostenu-ta tuttavia da un accurato disegno, rimanda al fare di Cantarini e di Fla -minio Torri, altro suo maestro e compagno di studi, come pure le om -bre dense, tipiche del Torri, e la scelta della gamma cromatica quasi mo-nocroma, accesa da improvvisi bagliori. Le diverse soluzioni formaliadottate dall’artista nel corso della sua carriera sono per lo più inter-pretate come frutto della volontà del pittore di adattare il proprio lin-guaggio di volta in volta al gusto della committenza, al soggetto e alladestinazione del dipinto. Il quadro, «fatto tutto alla Prima [...] una Boz -za finita di gran colore» 43 unisce immediatezza e spontaneità di esecu-zione a brani di accurata finitezza, come la resa del lenzuolo spiegazza-to e del cuscino, vero pezzo di bravura, nonché della cortina alle spalledella figura, di reniana bellezza.

Riscosso anche l’apprezzamento di Domenico Maria Canuti 44, il di -pinto, consegnato il 18 gennaio 1670, riceve la sua cornice 45 e nel 1677viene esposto nella loggia del palazzo in occasione dell’Addobbo per lafesta del Corpus Domini 46.

Dopo la citazione nell’inventario di Niccolò Maria Valeriano Favadel 1699, il dipinto è ancora menzionato in un secondo inventario di be-

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ni di Niccolò relativo al palazzo posto all’angolo tra via Galliera e viaStrazza cappe, sotto la parrocchia di San Benedetto a Bologna, «dirim-petto alle monache della Maddalena», dove il conte aveva trasferito lapropria abitazione 47. Il documento non è datato, ma certamente risaleagli anni in cui Niccolò si trovava in esilio lontano da Bologna, al servi-zio del re di Sardegna a Torino, in seguito allo scandalo provocato dalmatrimonio con la cantante Margherita Marchesini, e probabilmenteattorno al 1720. 48

Anche questa volta la precisa descrizione inventariale non lascia spa-zio a dubbi, il dipinto è esposto «Nella Sala d’Abbasso a mano manca,che prende il lume dal primo Cortile» ed è così descritto: «Un’Amo rino,che dorme sopra di un letto, posa il capo sopra di un gran guancia le conalcune freccie su ‘l letto. Paese in distanza con due picciole figurine, cheguardano addietro, del Pasinelli in tela da 3 con cornice dorata».

Un «Amore che dorme figura dal vero, con cornice bianca intaglia-ta» è menzionato nell'inventario legale del beni stilato alla morte diPietro Ercole (1745), dove è descritto nella residenza principale della fa-miglia, il palazzo di via Manzoni, senza nome dell’autore 49. Nella me-desima collocazione lo ricorda Marcello Oretti, che lo dice di mano diPasinelli 50. Allo stato attuale delle ricerche, sembra poco probabile chesi tratti della medesima opera appartenente a Niccolò Maria ValerianoFava. Si tratterebbe infatti dell'unico caso in cui un dipinto di Pasinellicompare sia nell’inventario di Niccolò del 1699 sia in quello più tardodel fratello Pietro Ercole, e si dovrebbe dunque ipotizzare un passaggiodi proprietà dall’uno all'altro dopo la morte del primo. Inoltre, il di-pinto si presenta con una diversa cornice e una stima di sole 20 lire bo-lognesi che appare decisamente troppo bassa in rapporto alle altre ope-re del maestro presenti nella raccolta.

La storia successiva del quadro è ancora da completare, insieme aquella del resto della collezione Fava, ma l’«Amore che dorme» rimaneun tassello importante nella ricostruzione del rapporto tra Pasinelli e ilsuo mecenate, suggestivo ricordo delle vicende “private” dei conti Favanel secondo Seicento.

NOTE

Desidero ringraziare la professoressa Silvia Danesi Squarzina per aver sostenuto e inco-raggiato le mie ricerche nell’ambito del progetto PRIN 2009 sul collezionismo da lei coordi-nato. Ringrazio l’Amministrazione Hercolani Fava Simonetti per aver permesso la consulta-zione dell’archivio e il personale della Soprintendenza Archivistica per l’Emilia Romagna per

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avermi gentilmente agevolato durante le mie ricerche. Un sentito ringraziamento a EmilioNegro e Nicosetta Roio per il proficuo scambio di idee. (Testo consegnato nel settembre 2012).

1 Sulla storia e l’edificazione di palazzo Fava cfr. L. Sighinolfi, I Palazzi Fava di Via Man -zoni, Bologna 1912; F. Bondi, Cenni sull’architettura di palazzo Fava in Bologna 1584. Gliesordi dei Carracci e gli affreschi di palazzo Fava, Catalogo della Mostra a cura di A. Emiliani(Bologna, Pinacoteca Nazionale 13 ottobre - 16 dicembre 1984) Bologna 1984, pp. 327-333;G. Roversi, Palazzi e case nobili del ’500 a Bologna. La storia, le famiglie, le opere d’arte,Bologna 1986, pp. 99-107 (con bibliografia precedente). La bibliografia sulla decorazione adaffresco del palazzo è naturalmente molto vasta, si rimanda qui a L. Spezzaferro, I Carraccie i Fava: alcune ipotesi in Bologna 1984... cit., pp. 275-291 (con bibliografia precedente);S. Cavicchioli, L’Odissea di Enea. I fregi virgiliani dei Carracci e degli allievi in palazzo Fava aBologna in R. Guerrini, M. Sanfilippo, P. Torriti (a cura di), Ritratto e biografia. Arte e cul-tura dal Rinascimento al Barocco, Sarzana 2004, pp. 43-73 e tavv. XVI-XXV (con bibliogra-fia); A. Emiliani, Le storie di Giasone in Palazzo Fava a Bologna: di Ludovico, Agostino eAnnibale Carracci, Bologna 2010; A. Stanzani, Annibale frescante a Bologna, nei palazzi Fava,Magnani e Sampieri in Annibale Carracci, Catalogo della Mostra a cura di D. Benati e E. Ric -comini (Bologna, Museo Civico Archeologico 22 settembre 2006 - 7 gennaio 2007, Roma,Chiostro del Bramante 25 gennaio 2007 - 6 maggio 2007), Milano 2006, pp. 431-438.

2 Per l’analisi del mecenatismo della famiglia Fava nella Bologna di fine Seicento e sul-l’ambiente artistico di palazzo Fava si vedano R. Roli, Itinerario del disegno bolognese di etàbarocca in Disegni emiliani dei secoli XVII-XVIII della Pinacoteca di Brera, Catalogo dellaMostra a cura di D. Pescarmona (Bologna, Chiesa di San Giorgio in Poggiale 15 gennaio -26 febbraio 1995) Milano 1995, pp. 21-24; A. Mazza, Il metodo d’una vera e lodevole imita-zione”. La fortuna di Simone Cantarini nella pittura bolognese della seconda metà del Seicentoe del primo Settecento in Simone Cantarini detto il Pesarese 1612-1648, Catalogo della Mostraa cura di A. Emiliani (Bologna, Pinacoteca Nazionale 11 ottobre 1997 - 6 gennaio 1998), Mi -lano 1997, pp. 359-396, in particolare pp. 373-37; e da ultimo il corposo saggio di A. Mazza,Gli artisti di palazzo Fava. Collezionismo e mecenatismo artistico a Bologna alla fine delSeicento, in «Saggi e memorie di storia dell’arte», XXVII (2003), pp. 313-377, in cui lo stu-dioso analizza le raccolte Fava e l’attività di committenza e sostegno agli artisti svolto primadal conte Alessandro e poi dai figli Niccolò Maria Valeriano e Pietro Ercole.

3 Alessandro Fava, discendente da Galeazzo, apparteneva al ramo che dimorava in via diGalliera di fronte alle monache della Maddalena. Ottenuto il titolo comitale, Alessandro legòla propria famiglia ai Ghisilieri sposando in seconde nozze Argia di Nicolò Maria Ghisilieri.Dopo la morte di Antonio Francesco Fava, nipote di Filippo, e l’estinzione del ramo fami-gliare che aveva provveduto a costruire e decorare con i fregi carracceschi il palazzo in viaManzoni di fronte alla chiesa di S. Maria di Galliera, Alessandro acquistò l’edificio nel 1659e vi trasferì la residenza principale della propria famiglia. Sulle diverse residenze Fava e le vi-cende relative ai vari rami cfr. G. Roversi, Palazzi e case nobili del ’500 a Bologna, cit., p. 104;R. Dodi, Alcune notizie intorno alla famiglia Fava, in M. Danieli, D. Ravaioli (a cura di),Palazzo Fava da San Domenico, Bologna 2008, pp. 131-146.

4 C.C. Malvasia, Felsina pittrice. Vite de’ pittori bolognesi, Bologna 1678, ed. cons. Bologna1841, vol. I, p. 273: «Se si volessero qui descrivere le finezze dell’arte, anzi del giudicio inqueste fatture, più difficoltà degli stessi Argonauti nel grande acquisto incontrebbonsi, es-sendo elleno tante e tali, che un intero volume empirebbono, onde per osservarle, approfit-tandosene con la pratica, il Signor Conte Alessandro Fava, oggi possessore di questo gran te-soro, mantiene in questa sala un comodo ponte movibile, per utile della studiosa gioventù,che, corrispondendo a sì cortese magnificenza, nol lascia mai voto».

5 Questi gli artisti ricordati da Zanotti tra i più assidui frequentatori di palazzo Fava, cfr.G. Zanotti, Storia dell’Accademia Clementina di Bologna, Bologna 1739, II, p. 194. Tra gli«altri», da ricordare, Giovanni Antonio Burrini, la cui presenza in casa Fava tra i giovani chesi esercitavano nel disegno è testimoniata dal foglio con Studi di teste conservato a LosAngeles (County Museum of Art) siglato dal conte Alessandro e datato 19 febbraio 1679

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(E. Riccomini, Giovanni Antonio Burrini, Ozanno Emilia 1999, pp. 217-218, fig. 97) e, inuna fase successiva, Ercole Graziani e Domenico Maria Fratta. Si veda anche L. Crespi,Felsina pittrice. Vite de’ pittori bolognesi, t. III, Roma 1769, p. 115.

6 I disegni di studio eseguiti dai giovani artisti e confluiti nelle raccolte Fava sono statiidentificati grazie alle sigle apposte dal conte Alessandro (A°.FA oppure A°.f.) e da suo fi-glio Pietro Ercole. Sulla raccolta si veda ancora A. Mazza, Gli artisti di palazzo Fava... cit.,pp. 315- 325.

7 G. Campori, Raccolta di cataloghi ed inventari inediti di quadri, statue, disegni, bronzi, do-rerie, smalti, medaglie, avori, ecc. dal secolo XV al secolo XIX, Modena 1870 (ristampa ana-statica, Forni ed., Sala Bolognese 1975) pp. 602-615. Ulteriori importanti informazioni sullaraccolta Fava sono contenute nelle fonti; tra queste, l’Oretti fornisce un panorama quasicompleto della collezione nel XVIII secolo.

8 Archivio di Stato di Bologna (d’ora in avanti ASB), Notarile, Francesco Maria Monti,5/9, 29/07/1745, Adizione et Inventario legale dell’Eredità della bo. me. Sig.r Matteo Ghisi -glieri alias Co. Pietro Ercole Fava fatto dalli Ill.mi SS.ri R.mo Sig.r Preposto Co. Filippo, Co.Gio Fran.co e Co. Carl’Ant.o Fratelli Fava di lui Figli, et eredi Universali, fascicolo rilegato.Un inventario di poco precedente, steso subito dopo la morte di Pietro Ercole e datato 31luglio 1744 è conservato nel fondo Fava Ghislieri dell'Archivio Hercolani Fava Simonetti diBologna (d’ora in avanti AHFSBo), Fava Ghisilieri, Inventari Patrimoniali, fasc. 780, In -ventario A 1744.

9 Basandosi sui documenti allora noti, Olivier Bonfait, che non aveva potuto consultarel’archivio privato Fava allora in riordino, osservava che la collezione di Alessandro dovevaessere ben altra cosa rispetto a «quelques Pasinelli ou Cantarini» citati nell’inventario del1745 (cfr. O. Bonfait, Les tableaux et les pinceaux: la naissance de l’école bolonaise (1680 -1780), Rome 2000, pp. 210-211). Rimandando ad altra sede l’analisi della raccolta alla lucedei nuovi documenti rinvenuti, è possibile osservare che la raccolta si arricchisce nel primoSettecento di opere degli artisti di nuova generazione, che prendono numericamente il so-pravvento, senza tuttavia mutare in modo decisivo il carattere della collezione.

10 Alla morte del conte Alessandro, i due figli avevano equamente diviso i beni ereditari,come testimonia l’inventario fatto redigere sotto forma di scrittura privata da Niccolò MariaValeriano il 27 novembre 1699 relativo ai beni a lui spettanti (cfr. nota 36), che rimanevanonondimeno conservati nel medesimo palazzo di fronte alla Madonna di Galliera. Dopo po-chi anni di convivenza, nel 1702, Niccolò vendeva la sua parte del palazzo al fratello, che intal modo ne diveniva unico proprietario, mentre i suoi beni mobili venivano in seguito tra-sferiti da Niccolò nella sua casa di via di Galliera, all’angolo con via Strazzacappe (vedi no-ta 47). Cfr. ASB, Notarile, Giovanni Battista Antonio Monti, 28/05/1702 (segnalato inO. Bonfait, Les tableaux et les pinceaux, cit., p. 211 nota 79).

11 L’Archivio privato Fava è uno dei fondi confluiti per via ereditaria nell’Archivio Herco -lani Fava Simonetti di Bologna (AHFSBo), che ne detiene attualmente la proprietà. Per no-tizie sull’archivio si rimanda a A. Casagrande in Scrigni di memorie. Gli archivi familiari nel-le dimore storiche bolognesi, Catalogo della Mostra a cura di E. Angiolini, F. Boris, et al.(Bologna, Palazzo Fava 23-24 settembre 2006), Bologna 2006, pp. 23-25. Si veda inoltre l’in-ventario del fondo in E. Angiolini e A. Casagrande, a cura di, Archivio privato Hercolani FavaSimonetti, Bologna 2006. Lo studio dei documenti rinvenuti nell’archivio è ancora in corsoda parte della scrivente. In questa sede si anticipano dunque solo le notizie relative al dipin-to di Lorenzo Pasinelli, oggetto specifico del presente contributo.

Della raccolta Fava si è occupata Silvia Massari in un contributo dedicato a GiuseppeMaria Mazza (S. Massari, Una «statuina piaciuta assai»: il San Giovanni Battista di GiuseppeMaria Mazza per Alessandro Fava, in «Faenza. Bollettino del Museo Internazionale delle ce-ramiche in Faenza», XCVIII (2012), n. 2, pp. 51-60).

12 AHFSBo, Fondo Fava, Inventari, 596, fascicolo rilegato, 1: Discritione delle Pitture chesono in casa di me Alessandro Fava fatta li 9 Ottobre1675 essendo à Uzano nella Villa del Sig.rBartolomeo Spadi, dico discritione delle Pitture movibili nella mia casa in Bologna (d’ora in

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avanti citata come Descrizione). Il documento era esposto nella mostra documentaria sopraricordata (A. Casagrande, Palazzo Fava, in Scrigni di memorie... cit., pp. 57-58).

13 Sulla figura del conte Pietro Ercole Fava si veda il profilo biografico di D. Biagi Maino,Pietro Ercole Fava, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 45, Roma 1995, pp. 424-427.

14 Le diciassette tavolette, segate dal soffitto ligneo a cassettoni del camerino di Europa inpalazzo Fava, erano state alienate da Francesco Antonio Fava nel 1656 ed erano finite nellemani di Ales san dro de Prandi orefice bolognese da cui il conte Alessandro Fava le riacqui-stava il 9 maggio 1663 (cfr. Descrizione, cit., c. 3). Ricordate dal Malvasia come opere diAnnibale «nella se conda sala o anticamera che siasi», vennero divise tra i due fratelli dopo lamorte di Ales sandro, e descritte nella Galleria prima nell’inventario dei beni spettanti al con-te Niccolò nel 1699 e poi nel già noto inventario stilato alla morte del conte Pietro Ercole(1744). Cfr. C.C. Malvasia, Felsina pittrice... cit., vol. I, pp. 393, 357. Alcune di esse, oggi inparte riferite a Ludovico Carracci, sono conservate nella collezione Hercolani di Bologna;cfr. A. Brogi, Ludovico Carracci (1555-1619), Ozzano Emilia 2001, vol. I, pp. 107-108; vol.II, figg. 9-13 e tav. V.

15 Descrizione... cit., c. 3.16 A. Mazza, Gli artisti di palazzo Fava... cit., pp. 313-314.17 Sull’interesse del conte Fava per la pittura di Simone Cantarini e sull’importanza del

mecenatismo Fava nella trasmissione dei modelli cantariniani alla giovane generazione di ar-tisti si veda A. Mazza, La pittura a Bologna nella seconda metà del Seicento, in A. Emiliani (acura di), La pittura in Emilia e in Romagna, 1, Milano 1992, pp. 219-277; R. Roli, Itinerariodel disegno bolognese... cit., 1995, pp. 21-24; A. Mazza, Il metodo d’una vera e lodevole imi-tazione”... cit., 1997, pp. 373-375. Per Mazza i Fava furono tra i più convinti sostenitori delfilone artistico filo-cantariniano che giunge fino ad Ercole Graziani: ne sono esplicita testi-monianza, oltre alle numerose opere dello stesso maestro presenti nella raccolta, oggetto distudio da parte dei giovani artisti, la serie di disegni che Flaminio Torri aveva tratto dai fre-gi con Storie dell’Eneide esibiti nella Galleria, il sostegno alla carriera di Lorenzo Pasinelli aisuoi esordi e la protezione offerta a Donato Creti. Credo che un ruolo nodale in tale pro-cesso, forse non sufficientemente sottolineato, lo abbia svolto Lorenzo Pasinelli: fu attraver-so di lui che, direttamente o indirettamente, entrarono in collezione Fava diversi dipinti diCantarini, e la maggior parte degli artisti riconducibili a tale cultura figurativa passarono perla sua bottega.

18 Cfr. Descrizione... cit., c. 15. La «testa del ritratto di Carlo Cignani, con cornice dorata»è elencata nell’inventario in morte di Pietro Ercole Fava e ricordata da Oretti nel palazzo difronte a S. Maria di Galliera (G. Campori, Raccolta di cataloghi... cit., p. 607); l’opera è men-zionata tra quelle perdute nella monografia del pittore (B. Buscaroli Fabbri, Carlo Cignani.Affreschi dipinti disegni, Bologna 1991, p. 278.) Sui rapporti di Felice Cignani con i Fava esulla sua frequentazione del palazzo si veda anche A. Mazza, Gli artisti di palazzo Fava... cit.,p. 317. Dalla Descrizione si evince che il giovane pittore frequentava l’ambiente Fava già daiprimi anni Settanta, un legame rinsaldato dal suo ingresso nell’Accademia degli Accesi nel1688, lo stesso anno in cui Felice donava il ritratto del padre al conte.

19 Circa 340 opere di Donato Creti sono elencate nell’inventario del 1745 (G. Campori,Raccolta di cataloghi... cit., pp. 602-615); si veda anche M. Oretti, Notizie de’ Professori deldisegno, cioè pittori, scultori ed architetti bolognesi e de’ forestieri di sua scuola, sec. XVIII,Bologna, Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio, ms. B 130, pp. 165-168.

20 Giovanni Battista Moretti nella sua bottega di drogheria e cereria esercitava anche unaattività di compravendita di quadri; cfr. Descrizione... cit., cc. 29, 57.

21 Nella citata Descrizione, sotto la voce «Borgognone delle Battaglie», sono registrate al22 marzo 1667 «Due Batagliuole che il Lorenzo Pasinelli porto da Roma à lui molto piaciu-te pagate con altre piture in [***] questo erano come sono corniciate d’oro d’oro et sono duaTondi sono nella mia Galeria» (Descrizione... cit., c. 14); dello scultore Alessandro Algardisono ricordate alcune statuette di cera portate da Roma dallo stesso Pasinelli (Ivi, c. 7) e diFrancesco Fiammingo «Un Basso Rilievo di Marco di Francesco Fiamengho d’un silino con

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una quantita di Putini che scerzano sopra d’un Asino stimato Belissimo è di Ziera coloritache pare di terra cotta et ho poi fatto dorare la cornice lo hebbi dal Signor Lorenzo Passinellicon altre cose del Algardi che porto da Roma» (Ivi, c. 19), probabilmente una delle replichedella fortunata invenzione di François Duquesnoy .

22 Il 24 aprile 1666 il conte registra un “accordo” stretto con Pasinelli per l’acquisto di al-cune pitture di Simone Cantarini «le quali venendo egli da Roma del 1664 e passando daPesaro le comperò con altre essendo egli stato allievo del sud.to Pesarese» (Ivi, p. 55); talipitture, insieme con un dipinto del Domenichino e con le due Battaglie del Borgognone,fruttarono a Pasinelli lire 1410 in abiti, frumento, vino, legna e polizze bancarie.

23 L’inventario dei beni del pittore è pubblicato in R. Morselli, Collezioni e quadrerie nel-la Bologna del Seicento: inventari 1640 – 1707, a cura di A. Cera Sones, Santa Monica, CA1998 (Documents for the history of collecting: Italian inventories, 3), pp. 372-378.

24 G. Zanotti, Nuovo fregio di gloria a Felsina sempre pittrice nella vita di Lorenzo Pasinellipittor bolognese, Bologna 1703, pp. 14-16: «[...] crescendo sempre in Lui maggiormente labrama di addivenire Pittore, e di poter studiare impunemente, e alla scoperta, si principiò alagnare col Sig. Ercole Fava, grand’Amico di suo Padre, rappresentandogli il torto, che se glifaceva, non permettendo ch’Egli applicasse à quegli studi à quali sentivasi da un ardentissi-mo genio inclinato, a’ i di cui impulsi, finalmente era resolutissimo di non repugnare. Ciòudito gli promise il sudetto Signor Fava di adoperarsi di maniera, che il Padre lo lascerebbeapplicare alla Pittura» Bartolomeo «si dispose di ricercare in Bologna un bravo maestro alFiglio tanto desideroso d’approfittarsi; pose per ciò in opera ogni diligenza, e non senza frut-to, imperocche gli riuscì di collocarlo sotto il più corretto,e leggiadro pittor di que tempi, euguale à qual si fusse, che per l’inanzi avesse mai trattato pennello: Questi fu SimoneCantarini da Pesaro, e fu quella Cinosura favorevole, che al porto della perfezione il nostroLorenzo condusse». Si veda anche la nota seguente n. 13.

25 L. Crespi, Vite de’ pittori bolognesi, non descritte nella Felsina pittrice alla Maestà diCarlo Emanuele III, Roma 1769, p. 131 «mentre mercè l’opera del Sig. Ercole Favi, cui s’e-ra raccomandato il figliuolo, e ch’era padrone nella casa, e bottega ove BartolommeoPasinelli dimorava, gli fu conceduto di potere col Milani ire alla scuola del suddetto Baroni,il quale però più provveduto di onestà, che di abilità nell’arte, di lì a non molto, vedendosiincapace d’istruire ulteriormente lo scolare, lo consigliò, che ad altro maestro, ed all’uoposuo più confacente, facesse ricorso. Consigliato dunque il padre dal suddetto gentiluomo, ecoll’opera del medesimo, pose il figliuolo sotto la direzione di Simon Cantarini da Pesaro».

26 Descrizione... cit., c. 32.27 Descrizione... cit., cc. 32, 33: « Ritrato del signor Ercole. Detto 1669 17 Marzo il Ritratto

del Signor Ercole padre di me Alessandro Fava et lui l’ha cavato da un ritratto fatto male dalSignor Giovan Francesco Negri Pitore et per che il Signor Lorenzo ne havea di mio Padremolta pratica e cognicioe [sic] essendo egli alevato in una casa nostra cioe nella casa dovesuo frattello Giovan Battista Pasinelli sta à far il spetiale dalli suore della Madalena habitan-do noi la casa grande à quella Botigha vicina tra veder quello et la memoria che ne conser-vava ha fatto il ritratto bello cognito cioè la Testa vedendosi una spana di Gipone infine efatto bene et da chi lo conosceva noi conosciuto per tale morse egli li 9 febraio 1653».

28 La cifra risulta da un confronto tra le opere attribuite a Pasinelli nei due inventari del1699 (Niccolò Maria Valeriano) e 1745 (Pietro Ercole), da cui risulta che i due fratelli si di-visero equamente le opere dell’artista. Si veda anche la nota successiva.

29 Fatti salvi errori di identificazione, non sembra menzionato nella Descrizione il dipintoche raffigura «Una regina maga con un soldato mezza figura...» stimata Lire 800 elencatonell’inventario del 1745 (cfr. G. Campori, Raccolta di cataloghi.., cit, pp. 604, 607); mentre«La Vergine Santa Rosa confortata dagli angeli mezza figura dal vero con cornice dorata» sti-mata Lire 180 nel medesimo inventario potrebbe corrispondere alla Santa Caterina da Sienacon angeli citata nella Descrizione (cit., c. 30; si veda anche la nota 27). Viceversa, alcuni di-pinti citati nella Descrizione non sono elencati nei due inventari, e furono probabilmente alie-nati da uno dei due fratelli. Riguardo ai disegni, già lo Zanotti ricordava (1703, p. 18): «La

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sua maniera più praticata nel disegnare il nudo, fù col carbone, e col gesso su carta tinta, equalche volta ne ha fatto coloriti di pastello, che sono bellissimi, come si può vedere ap-presso de’ suoi eredi, e nella famosa raccolta di Pitture, e disegni, che si ritrova nella Galleriadel signor Conte Pietro Fava». Un pastello con un nudo che dorme di schiena è elencato trai beni di Niccolò Maria Fava nel 1699, mentre nella Descrizione il conte Alessandro ricordadi aver ricevuto in dono dal pittore «Il disegno della fugha che dipinse in casa del SignorMarchese Achile Grassi con altri suoi disegni, la sudetta fugha è nella Galeria tra li altri di-segni corniciata come li altri», e in più «alcuni Nudi bellissimi di sua mano, et in particolareun pastello da mettervi sopra un talcho, che non si può far meglio avanzo però il compagno».

30 Pasinelli era insoddisfatto dell’opera giovanile, tanto che «se la dovesse fare adesso nonla farebbe più cosi» (cfr. Descrizione... cit., c. 30)

31 Nella sua Descrizione il conte Alessandro sembra voler sottolineare il suo ruolo di me-cenate e protettore nei confronti del pittore, in anni in cui Pasinelli non si era ancora pro-curato la fama che di lì a poco ne fece uno dei capiscuola bolognesi. A proposito dellaRebecca, il conte racconta: «Questo quadro suddetto è stato il Primo suo che si è veduto instupore di tutti poiche nisuno o pochissimi lo conoscevano et si vide il giorno di San FilipoNeri nella Loggia delli Padri della Madona di Gagliera per il solito adobbo et molti della pro-fessione dissero esserli cascato dal Penello più per fortuna che per sapere et che non fareb-be mai più così bene» (c. 27), mentre il San Pietro Negante piacque a tutti «et forsi più, chel’altro sudetto». Citati da Zanotti tra le opere eseguite per il conte Fava (G. Zanotti, Nuovofregio di gloria a Felsina... cit., p. 29) e datati grazie a due incisioni che ne riportano data ecommittenza, i due dipinti sono elencati nell’inventario dei beni di Pietro Ercole Fava nel1745 (G. Campori, Raccolta di cataloghi.., cit., p. 607). Per la bibliografia completa sui di-pinti si rimanda a C. Baroncini, Vita e opere di Lorenzo Pasinelli (1629-1700), Faenza 2010,cat. n 23 pp. 199-200, n. 40 pp. 232-233.

32 Per la tela raffigurante l’Allegoria della Poesia Pasinelli riceve un compenso di 60 lire;l’opera, riemersa sul mercato antiquario nel 1995 presso Rob Smeets Old Master Paintings(vedi «Burlington Magazine», CXXXVII, 1103, February 1995), è segnalata da A. Mazza,Gli artisti di palazzo Fava..., cit., p. 314, 327 nota 13, p. 336 fig. 3. Il 27 maggio 1667 l’arti-sta ne chiede 90 per il ritratto del conte Alessandro mentre il pendant con la contessa Argia«vestita in habito d’Arziera con l’Arco in mano e faretra», ordinato il 26 aprile 1669, al 1675era esposto in Galleria non finito, «non essendo di sua satisfatione» (Descrizione... cit., c. 28).

33 Ivi, c. 29.34 G. Zanotti, Nuovo fregio di gloria a Felsina... cit., p. 29 «Fece [...] una Rebecca, che ab-

bevera il sitibondo vecchio, con altre femine, mezze figure più grandi del naturale: Un SanPietro, che nega, alla presenza di molti soldati, quadri compagni pel Signore Conte Ales -sandro Fava, siccome per lo medesimo, un Amore, che dorme, figura intiera [...]»; L. Crespi,Vite de’ pittori bolognesi, cit., p. 132: «parimente per il medesimo gentiluomo un’Amore, chedorme».

35 Dorotheum, Vienna, Old Master Paintings, Part I, 10 October 2012, lot. 621.36 AHFSBo, Fondo Fava, Inventari, 596, fasc. 2: Inventario delle Pitture, e Scolture toccate

all’Ill.mo Sig:r Co: Nicolò Maria Valeriano Fava nella Divisione con l’Ill.mo Suo fratello.Scrittura privata

37 I documenti sono da me anticipati nella scheda del catalogo di vendita Dorotheum,Vienna, Old Master Paintings... cit., lot. 621.

38 Descrizione... cit., c. 3334 Ivi, c. 3340 Il prototipo di questo genere di composizioni può essere individuato nell’invenzione re-

niana che Malvasia ricorda in diversi esemplari con varianti cfr. S. Pepper, Guido Reni: l’o-pera completa, Novara 1988, Appendice, Nuove attribuzioni, cat. n. 25. L’impostazione com-positiva dell’opera di Pasinelli, con il putto sdraiato su un letto riccamente ornato da coltrie cuscini e chiuso all’incirca per metà da una tenda che si apre su un paesaggio, è analoga alCupido dormiente di Reni già in collezione Dundas, con varianti nella posizione di Eros che

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punta il gomito a sorreggere la testa.41 Si veda l’interessante lettura iconografica proposta da Emilio Negro di cui si dà conto

nella scheda di catalogo Dorotheum Vienna, Old Master Paintings, Part I, 10 October 2012,lot. 621. Lo studioso interpreta la scena come una rappresentazione dell’amore onesto e vir-tuoso ispirata al celebre dramma pastorale di Giovan Battista Guarini, Il pastor fido (Venezia1590): i protagonisti dell’opera letteraria, Mirtillo e Amarilli, sarebbero raffigurati in secon-do piano nelle due figurette in fuga, dopo aver sottratto arco e faretra al dio dell’amore ad-dormentato. Il significato della scena così interpretata appare perfettamente corrispondentealle ragioni della committenza rivelate dai documenti.

42 Descrizione... cit., cc. 33, 34.43 Descrizione... cit., c. 33.44 Come sottolineato dal conte Fava nella sua Descrizione.45 Il 18 aprile 1671 l’intagliatore Marcantonio Salaroli (?) viene saldato per diversi lavori,

tra cui «L. 20 per una cornice à un’Amore», (AHFSBo, Fondo Fava, 865, Filza di lista sal-date del conte Alessandro Fava 1652-1675).

46 «In confine con il Sig. Ghasparo Scali vi era Un Amor che dorme con alcune femine chele portano via li dardi et [...] del S. Lorenzo Pasinelli» Bologna, AHFSBo, Fondo Fava, 596,Memoria del adobo per il Corpus Domini di Piture fato sotto il nostro Portico dalla D. M. delnostro Caro Padre, che sia in cielo, scrito di sua mano L’ano 1677. Mateo alias Pietro ConteFava.

47 AHFSBo, Fondo Fava, Inventari, 596, fasc. 3: Inventario delle Pitture, Scolture, e Mobilidi me Niccolò M.a Fava, abitante in Bologna sotto la Parocchia di S. Benedetto nella mia Casadirimpetto alle Monache della Madalena. Avvertendo che la maggior parte delle pitture hannodi dietro una carta incollata con la seg.te Marca GG/F con sotto la mia sottoscriz.ne NiccolòM.a fava 1699 Che vi fù posta da me, quando succedette la divisione fra il Co: Pietro Ercole miofratello, e me. [...] Ed essendo che ora mi trovo di stanza permanente in Torino; gl’infrascrittiMobili, e Pitture restano consegnati al Sig.r Giambattista Landi ed alla Sig.ra Laena (?) di Luilig.ma consorte, c. 4.

48 M. S. Santella, in M. Saccenti (a cura di), La Colonia Renia. Profilo documentario e cri-tico dell’Arcadia bolognese, vol. I, Documenti bio-bibliografici, Modena 1988, p. 48; S. Spi -nelli, Niccolò Maria Fava (Ericio Grilleo) in ivi, I, p. 141.

49 ASB, Notarile, Francesco Maria Monti, 5/9, 29/07/1745, Adizione et Inventario legaledell’Eredità della bo. me. Sig.r Matteo Ghisiglieri alias Co. Pietro Ercole Fava fatto dalli Ill.miSS.ri R.mo Sig.r Preposto Co. Filippo, Co. Gio Fran.co e Co. Carl’Ant.o Fratelli Fava di luiFigli, et eredi Universali, c. nn.

50 M. Oretti, Le Pitture che si vedono nelle case e Palazzi de Nobili della città di Bologna.Notizie raccolte da Inventarii fatti da valorosi cognitori di quelle, e che esistono negl’Archivi didette Case e ricavate dalle Memorie manoscritte e da Autori che hanno scritto le Storie dellaPittura. Opera del Sig.r Marcello Oretti è di sua mano descritte, Bologna, Biblioteca Comunaledell’Archiginnasio, Ms B 104, c. 61: « Un’Amore dormiente, e del detto Pasinelli» nel «Pa -laz zo dei Signori Conti Fava rincontro la Chiesa dei Padri Filippini, Strada di Galliera». Cfr.E. Calbi, D. Scaglietti-Kelescian, a cura di, Marcello Oretti e il patrimonio artistico privato bo-lognese: Bologna, Biblioteca Comunale, Ms. B. 104. Indice, Bologna, 1984, [b] 61/21.

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