ANNOTAZIONI CRITICHE SULLESSERE OVVERO SUL NON ESSERE ESSERE DEL
DISCORSO
CHE LO CONCERNE
Il problema dellontologia nella riflessione di Gennaro Sasso
Riccardo Berutti
1. Considerazioni introduttive Il vettore concettuale della
presente disamina si incardina su una
questione largamente trattata e discussa nellarco di tutta la
produzio-ne filosofica di Gennaro Sasso1: la determinazione del
rapporto quindi il rilevamento della differenza che collega e
insieme irridu-cibilmente divide, da una parte la verit, e
dallaltra la filosofia.
La correlazione tra verit e indagine speculativa che, prima
facie, potrebbe forse essere considerata allinsegna di unevidenza
originaria e incontestabile , viene invece inaspettatamente
infranta dalla rifles-sione del pensatore, il quale
progressivamente impiega ogni sua mossa teorica per innestare in
essa un radicale punto di discontinuit. Tra la verit e il suo
itinerario di verificazione o, in altri termini, tra la verit e la
filosofia (se consideriamo questultima come ricerca filo-sofica) ,
intercorre infatti un divario il cui margine, nonostante le
intenzioni, viene costantemente e paradossalmente riaperto proprio
dal sentiero investigativo che dovrebbe colmarlo. Una simile
circo-stanza aporetica2 si verifica innanzitutto per una ragione
formale: ogni
1 La produzione concettuale dello studioso, da un punto di vista
prettamente teoretico, molto ampia. Attraverso la stesura di lavori
direttamente impegnati sul fronte speculativo come, ad esempio,
Essere e negazione, Morano, Napoli 1987; Tempo, evento divenire, il
Mulino, Bologna 1996; La verit, lopinione, il Mulino, Bo-logna
1999, e Il logo, la morte, Bibliopolis Napoli 2010, Sasso giunto,
nel quadro del panorama filosofico contemporaneo, alla formulazione
di una propria e au-tonoma posizione teorica. Le sue tesi possono
essere inscritte nel quadro di quella che pu essere variamente
definita come una posizione neo-eleatica o neo-parmenidea, e si
sviluppano a partire dalla severa critica che linsigne stu-dioso ha
rivolto al pensiero metafisico occidentale e al modo in cui
questultimo ha tradizionalmente concepito il rapporto tra verit ed
errore, logo ed e-sperienza, ragione e accadimento termini i quali,
invece, dovrebbero es-sere considerati nel loro reciproco e sempre
incommensurabile differimento.
2 Sul sottosuolo teoretico che concerne la determinazione di
questaporia, e, quindi, sulla discrasia che intercorre tra la verit
ovvero lessere , e la fi-
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ricerca che intenda produrre un accesso metafisico alla verit o
un varco che non sia gi esso inscritto, ab origine, allinterno
dellimmutabile 3 veritativa finisce inevitabilmente per
ag-giungersi a essa dal di fuori, ab extra. Ci renderebbe tuttavia
irri-mediabilmente difforme ed eterogeneo rispetto al suo telos
investigati-vo proprio quel percorso (o, se vogliamo, quel metodo),
che avrebbe dovuto invece condurre il pensiero direttamente
allinterno del dominio della verit, allo scopo di incatenarla al
dominio del sapere e renderla fruibile, o, quantomeno, trasparente
alla conoscenza4.
Il tentativo di accesso onto-gnoseologico fallisce quindi fin
dal principio5, e il punto di contatto tra verit e ricerca, ovvero,
se vogliamo, lanello di congiunzione tra ordo rerum e ordo idearum,
non potr mai essere siglato tra istanze che, a ben vedere, sono
state origi-nariamente concepite come inconciliabili: come si
potrebbe, infatti, pervenire al vero attraverso ci che, dal di
fuori del vero, non pu essere che falso? Come si potrebbe
dallerrore procedere verso la via della verit? La determinazione
dello scarto ontologico che sempre si riproduce tra la verit e
quella prassi teorico-investigativa che, storicamente, consiste
nella filosofia, diventa dunque limprobus
losofia ovvero il modo in cui il pensiero filosofico andato
storicamente de-clinandosi come domanda metafisica , cfr., tra gli
altri, G. Sasso, Essere e nega-zione, cit., pp. 17-44; e G. Sasso,
Il principio, le cose, Aragno, Torino 2004, pp. 128-137. La
riflessione del pensatore risulta tuttavia costantemente dominata
da que-sta nota speculativa.
3 Mettendo in discussione la logica stessa del rapporto
istituito dalla tradizione metafisica tra fondamento e fondato,
Sasso rileva che se, come si deve, ci si attiene rigorosamente alla
razionalit, lidentit che mostra il suo volto: con lidentit,
limpossibilit della relazione. Il fondamento e il fondato sono lo
stesso; e questo significa: identit, (G. Sasso, La verit,
lopinione, cit. p. 13).
4 A proposito di questo legame tra sapere ovvero indagine del
percorso conoscitivo e verit, risulta particolarmente esplicativa
una considerazione di L. Scaravelli svolta a margine del pensiero
di G. Gentile: La logica, il logo comincia (asserisce il Gentile a
principio del I Vol. di Logica) quando si ha non solo la verit, che
pu scappare come lo schiavo che non ben incatenato non costituisce
un possesso sicuro, ma quando si ha la verit e il processo per cui
questa verit verit, quando cio si ha quel processo che la catena
infrangibile alla quale lo schiavo non pu scappare, perch con
questa catena lo si riafferra sempre (L. Scaravelli, Risposta a
Mosnovo, in: Il problema della scienza ed il giudizio storico,
Rubbettino, Soveria Mannelli 1999, p. 99).
5 G. Sasso, Il logo, la morte, cit., p. 298, scrive: La domanda
che si rivolge alla verit indizio, non di forza, ma di carenza:
della massima, se si vuole, carenza.
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labor del filosofo, ovvero lo Schwerpunkt di tutta la sua
riflessione criti-ca6.
Prima di iniziare a sondare il dedalo argomentativo approntato
dal
filosofo, necessario avanzare una premessa di chiarimento che
con-cerne la struttura formale della contraddizione in cui, secondo
Sasso, la relazione tra verit e ricerca filosofica resta costretta.
A tal pro-posito anzitutto utile osservare che laporia, fin da una
sua prima schematizzazione, risulta pi articolata di quanto
immediatamente non appaia; e infatti, sullo sfondo rispetto
allantifrasi tra verit e ricerca filosofica (e, quindi, a un
livello concettuale sottostante), tra-spare senza dubbio il
problema pi generale nonch a suo modo criticamente rielaborato
anche da parte della stessa tradizione metafi-sica del passaggio,
della transizione e della relazione, tra epi-steme e doxa. Il
problema dellincompossibilit tra verit e ricerca diventa quindi, in
qualche misura, lo specchio in cui rimirare, certa-mente
riproponendolo da una differente prospettiva critica, il pro-blema
della reciproca dissociazione che intercorre tra il piano del
sa-pere filosofico e quello del sapere doxastico.
Relativamente alla presente indagine, per, laspetto della
questio-ne che risulta pi interessante da osservare consiste
certamente nel fatto che Sasso, anche solo rilevando la discrasia
tra verit e sapere filosofico, ottiene implicitamente un sottile e
paradossale effetto di intensificazione dellaporia concernente
lintransitivit tra episteme e doxa. Lintensificazione si produce
infatti allorquando, prendendo temati-camente in considerazione la
prima discrasia, e affermando che la filo-sofia non ha accesso alla
verit, si riesce a far cadere tacitamente lindagine filosofica
sotto il segno della stessa vita doxastica, cos da otte-nere
unimmagine, seppur criptica, in cui ragione e opinione, conoscenza
e ignoranza risultano ironicamente affiancate come prospettive del
tutto equipollenti. In questo modo, la stessa valuta-zione
speculativa del divario tra verit e ricerca filosofica induce il
philosophein a doversi in qualche modo contrarre, fino al punto da
obliare il proprio sguardo, e la propria teoresi, allinterno della
cecit no-etica tipicamente caratteristica del dokein, ovvero quella
cecit che cifra esemplare della sostanziale irrelatezza dal campo
semantico
6 Ivi, p. 386, avverte: dalla doxa, nonch dalla metafisica, alla
verit, non c passaggio.
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dellorizzonte veritativo cui lepisteme ha sempre creduto di
corri-spondere7.
A partire da queste sommarie considerazioni, il presente
contribu-to tenter di focalizzarsi sulla ricostruzione dellordine
delle ragioni
7 A questo proposito non di secondaria importanza svolgere una
sottoli-neatura critica. In Sasso la questione dello statuto della
filosofia presenta una sua indubbia e complessa articolazione
concettuale, e, se vogliamo, soffre, in certo senso, di una
paradossale forma di gianismo. Di una simile complessit, o se si
vuole, di un siffatto bifrontismo, fa segno, ad esempio, quanto
Sasso scrive (ma un motivo ricorrente della sua posizione
concettuale) in Essere e negazione, cit., p. 18, ove afferma: Per
un verso, la filosofia domanda sullincondizionato e sul fondamento.
Per un altro, in tanto pu esserlo, in quanto sia essa, in s
stes-sa, il fondamento e lincondizionato. Il circolo evidente; e ha
il carattere della pi schietta viziosit. In questo senso si apre il
problema di una duplice valenza del filosofare; questultimo, da un
lato, in quanto domanda sul fondamento, ap-partiene interamente al
dominio doxastico; dallaltro la filosofia, proprio in quanto, per
esserne domanda, deve comunque intrattenere col fondamento una
forma originaria di contatto, gi addirittura coincidente, o, pi
esattamente, omo-nima al fondamento e alla verit (Cfr. G. Sasso, Il
logo la morte, cit. p. 242), sic-ch, considerate da questo punto di
vista, la verit e il fondamento non sono altro che la verit e il
fondamento di se medesimi. Laspetto concettuale che, ad ogni modo,
nelluno come nellaltro caso, va sottolineato consiste nel fatto che
il carattere propriamente transitivo del filosofare viene
definitivamente revocato, onde lontologia non conduce mai alla
verit a partire da uno stadio di prelimi-nare lontananza, e, a
rigore, nellottica del pensatore, non conduce, non guida pun-to
alla verit dellessere. Si d, in questo caso, un aut aut: o la
filosofia fuori dal vero, oppure gi interna al vero coincidendovi
interamente: tertium non datur. A questo proposito risulta utile
svolgere una programmatica segnalazione erme-neutica. In questo
saggio si cercher di valutare lo statuto del filosofare e
dellontologia, in quanto atteggiamenti specificamente dossici, i
quali, tuttavia, bench dossici, pur dovendo essere ab origine
avulsi dal perimetro della verit, continuano ad intrattenere con
questultima un paradossale genere di rapporto che potremmo
propriamente definire antifrastico. Pertanto, il presente lavoro
non metter determinatamente a tema la filosofia in quanto
semplicemente coinci-dente al dominio veritativo, che pure per
Sasso diciamo cos, adottando un lin-guaggio lontano da quello
dellautore la forma autentica del filosofare (cfr. La verit
lopinione, cit. cap. VI, Doxa, metafisica, filosofia, pp. 221-259),
e non si te-matizzer il logo nella misura della sua coincidenza al
vero, per la ragione che la struttura tautologica
dellidentificazione obbliga il filosofare a dover immediatamente
cedere proprio quel carattere specificamente transitivo che,
invece, nel presente lavoro critico, vuole essere specificamente
sottoposto a un ulteriore grado di investigazione. Pertanto, la
domanda guida del presente lavoro potreb-be essere: che ne
dellaspetto transitivo del filosofare nella sua dismissione? Quali
sorti speculative attendono lontologia, una volta acquisito il
carattere intransiti-vo della verit, nonch la sua assoluta
inaccessibilit?
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che attengono laporetica dellontologia mediante una duplice
direzio-ne ermeneutica. Da un lato, lesposizione verter sulla
ricollocazione della questione surriferita nel quadro concettuale
tracciato da Sasso ne La verit, lopinione opera, questa, che
risulta particolarmente significa-tiva per lillustrazione di certi
nodi argomentativi tipici della riflessione del pensatore.
Dallaltro lato, lesposizione sar invece guidata da unesplicazione
ermeneutica e, quindi, da unappropriazione teorica, che si avvarr,
nei limiti materiali a cui il presente contributo legato, di un
possibile svolgimento critico del problema speculativo indagato dal
pensatore. Alla ricostruzione, eseguita soprattutto tenendo conto
di un importante momento testuale, si affiancher dunque, per quanto
possibile, uninterpretazione.
2. Sul non essere essere: aporetica e riscatto dellontologia
In esordio al capitolo primo de La verit, lopinione il quale,
non a
caso, reca il titolo Il senso della verit. Essere, nulla,
negazione Sasso af-ferma:
La filosofia non unindagine concernente lessere. Non domanda
sullessere. Non , dunque, nemmeno filosofia dellessere. Non
ontologia se, con questo termine, si intendesse qualcosa come il .
Non indagine, non domanda, non filosofia dellessere, e nemmeno, a
rigore, ontologia, perch, se lessere fosse preso come ci che
sindaga, si cerca, si assume ad oggetto di una domanda, di una
definizione, del discorso stesso che lo concerne, allora per certo
ne deriverebbero conseguenze paradossali, anzi schiettamente
aporetiche. Se lindagine, la domanda, il logo si dispones-sero,
rispetto allessere, innanzi o intorno, a quel modo che una
qualsiasi in-dagine, una qualsiasi domanda, un qualsiasi logo si
dispongono innanzi, o in-torno, a ci che costituisce il loro
oggetto, dovrebbero, per essere ci che sono, non essere essere8. Il
ragionamento condotto da Sasso stringente. Se si considera i-
noltre che gli stessi rilievi sollevati a proposito dell essere
possono essere traslati al concetto di verit, e se si rileva
peraltro che, di con-seguenza, lindagine svolta intorno al senso
della verit si configura analogamente rispetto allindagine condotta
intorno al senso dell esse-re, allora si dovr necessariamente
concludere affermando che, a qualsiasi discussione filosofica mossa
intorno alla semantizzazione della verit riservato in sorte di
cadere nella medesima aporia cui de-
8 G. Sasso, La verit, lopinione, cit., p. 11.
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stinata quellindagine che si presumesse capace di discorrere
intorno al senso dell essere.
A questo proposito Sasso precisa che ogni indagine, domanda o
logo, assumendo allinterno della propria potenza investigante
lessere e, avverte, addirittura assumendolo allinterno dello stesso
carattere definitorio che contraddistingue il filosofare ,
dovrebbero in-fatti considerare l essere come un ci che, un
qualcosa, un quid, il cui contrassegno decisivo consisterebbe nel
suo stare semplicemente innanzi, come oggetto, come obiettivo,
intorno a cui le disci-pline vanno orientando il loro proprio
esercizio noetico. Tuttavia, se a riuscire effettivamente posto
come oggetto di riflessione fosse pro-prio lessere nella sua
monolitica e tautologica saldezza , allora si dovr anche per ci
stesso concedere che, non appena posto, ogni suo altro e ogni suo
intorno perlomeno quellaltro e quellintorno che, dal di fuori,
pongono lessere ad oggetto , dovrebbero per essere ci che sono non
essere essere9. Sicch, per via di questa condi-zione affatto
paradossale e aporetica, bisognerebbe poter escludere che
lontologia riesca effettivamente a costituirsi come un siffatto
di-scorso, ovvero come .
Tuttavia, lo snodo affrontato dal pensatore possiede alcune
impli-cazioni che non risultano immediatamente rilevabili.
Cerchiamo dun-que di farle emergere a una considerazione pi
analitica del testo. A questo proposito anzitutto necessario porre
in rilievo come, nel pas-saggio summenzionato, la stessa struttura
argomentativa adottata dal pensatore possieda, per certi versi, un
carattere sorprendente. Sasso infatti, per indicare il grado di
aporeticit cui indagine, domanda e logo andrebbero incontro,
qualora si collocassero, nei confronti dellessere, disponendosi
innanzi o intorno ad esso, richiama immedia-tamente a proscenio la
comparsa inquietante di un certo quale non essere. Bench
questultimo, nella grammatica del passaggio surriferi-to, non venga
statuito esplicitamente come tale, tuttavia bisogna anche
sottolineare che laporia (relativa a un itinerario noetico esterno
allessere) viene illustrata dal pensatore proprio affermando che
inda-gine domanda e logo per essere ci che sono dovrebbero non
essere essere (Ibid. corsivo nostro). A che cosa fa dunque
determina-tamente riferimento il profilo chiaroscuro di questo non
essere essere da cui la filosofia verrebbe contraddittoriamente
investita qualora fos-se pensata come indagine e ontologia? La
questione assume il suo risvol-
9 Ibidem.
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to pi enigmatico se, sviluppando un ragionamento ulteriore, si
con-sidera il concetto di una negazione ontologizzante, elaborato
dal pensatore gi a partire dalle sue prime opere a carattere
propriamente teoretico10.
Per Sasso infatti, a rigore, ogni negazione di un contenuto
seman-tico si converte immediatamente nella positivizzazione, o,
appunto, ontologizzazione, di quel medesimo contenuto. Sicch, da
questo punto di vista, si pu negare solo nella misura in cui si
afferma quella stessa determinazione che pure si intende negare. Ad
avviso di Sasso anche il caso della negazione (originaria) che
lessere fa del nulla l dove questa negazione venga espressa
attraverso un qualsiasi posizio-namento semantico cade
inevitabilmente nella morsa aporetica della negazione
ontologizzante, e anzi, in questo caso, persino accentuan-done le
asperit teoriche: l dove lessere, opponendoglisi, finisce ap-punto
per fare contraddittoriamente del non-essere un qualcosa. In questo
senso, proprio nella misura in cui resta posto in una sequenza
logica, e pensato come obietto di negazione, il non-essere , e non
pu dunque dirsi di esso che sia effettivamente quel non-essere a
cui pure lessere avrebbe dovuto opporsi assolutamente11. Sulla
scorta di
10 Sulla negazione ontologizzante elemento chiave della critica
mossa dal pensatore al concetto metafisico di relazione , si tenga
presente il retroterra speculativo tracciato da Sasso in Essere e
negazione, cit., pp. 45-168.
11 Sul problema dellaporetica concernente il non essere
ineludibile il ri-chiamo a E. Severino, La struttura originaria,
Adelphi, Milano 1959, cap. IV. Ben-ch esuli dal presente lavoro
critico la possibilit di articolare una seria discus-sione circa la
posizione speculativa assunta ne La Struttura originaria
relativamen-te allaporetica che il pensatore ritiene di poter
fronteggiare, e risolvere, attra-verso lindividuazione di due
momenti del nulla, uno contraddittorio e un altro, contenuto nel
primo, incontraddittorio pu essere tuttavia chiarifican-te svolgere
un breve accenno al fatto che, per Severino, la stessa costatazione
che il non essere, contraddittoriamente significante, in qualche
modo e non il non essere che dovrebbe ad aprire la strada alla
risoluzione dellaporia onde, a ben vedere, proprio laffermazione
che il non essere (posi-tivamente significante) non il non essere
(assolutamente insignificante), pos-sibile solo se il non essere
(assolutamente insignificante) si d e si presenta illocu-tivamente
nello stesso rilevamento del carattere contraddittorio di una
qualsiasi significazione del non essere. Su questo punto, in
esplicito dialogo con le pagine del IV capitolo de La struttura
originaria, si tenga conto di quanto Sasso scrive in Essere e
negazione, cit., Intorno a due analisi del nulla, pp. 263-291, ma
anche nei testi: La fedelt, lesperimento, il Mulino, Bologna 1993,
pp. 49-70 e Il logo, la morte, cit., pp. 315-335. Sulla questione
si espresso criticamente anche M. Visentin, Il neoparmenidismo
italiano, vol. II, Bibliopolis, Napoli 2010, pp. 310-346. Per una
riconsiderazione del problema alla luce dellinsieme delle posizioni
emerse nel
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questa paradossale situazione speculativa Sasso matura peraltro
il concetto di una battuta vuota12. Si pu infatti negare ed
esprimere il non-essere dellessere solo attraverso una battuta,
ovvero un gesto di negazione, che vada a vuoto rispetto al proprio
contenuto, perch, co-me si considerato pocanzi, nel momento stesso
in cui si nega il non-essere, lo si converte immediatamente in un
positivo, in un esse-re, rispetto al quale, a rigore, non v pi
nulla da negare, essendo il non esserci pi nulla da negare
esattamente il vuoto di quella battuta in cui consiste la negazione
ontologizzante. La battuta a vuoto definisce cos il perimetro
invisibile di una vera e propria finitezza noetica della mente,
onde il non essere continua a ripresentarsi senza mai poter esse-re
direttamente osservato nella sua presentificazione.
Si tenga peraltro presente che, unitamente allarticolarsi di
certe obiezioni critiche, tra cui spicca certamente il nome di M.
Visentin13,
dibattito, si consideri invece N. Cusano, Capire Severino. La
risoluzione dellaporetica del nulla, Mimesis, Milano-Udine 2011, il
cui atteggiamento ermeneutico, bisogna sottolinearlo, bench
criticamente avveduto circa le obiezioni speculative mosse da Sasso
e Visentin, rimane sostanzialmente guidato dallintenzione di
difendere la prospettiva concettuale severiniana e, con essa, il
conseguente risolvimento dellaporia. Severino si peraltro
nuovamente cimentato sulla questione, artico-lando ulteriormente la
propria posizione, nel testo Intorno al senso del nulla, Adel-phi,
Milano 2013. Nel contesto della presente disamina non tuttavia
possibile articolare la questione pi dettagliatamente, nonch
segnalare eventuali limiti delle posizioni disimpegnate dai diversi
autori.
12 Circa la questione generale attorno a cui matura il concetto
di una battu-ta vuota si tenga sempre presente Essere e Negazione,
cit., pp. 183-201; e La verit, lopinione, cit. pp. 19-53.
13 Per svolgere un accenno pi articolato alla posizione di
Visentin si prenda in considerazione quanto lautore stesso scrive
nel merito della discussione av-venuta con Sasso circa il problema
della negazione ontologizzante: Nel corso del seminario, Sasso port
progressivamente a maturazione una tesi forse gi implicita nel suo
particolare modo di impostare il tema rappresentato da questa
difficolt. La tesi consisteva innanzitutto nel riconoscimento pieno
della difficol-t stessa, per la quale, negando di essere nulla (o
errore), lessere (o la verit) non potrebbe fare a meno di fare del
nulla (o dellerrore) qualcosa: loggetto di una tale negazione. Essa
si sviluppava poi osservando che se loggetto di una nega-zione,
essendo appunto qualcosa e non nulla, non pu non avere un sen-so e
una verit, non pu neppure essere negato, dallessere e dalla verit,
in quanto nulla o errore. In questo modo, per, mentre veniva
ribadito il carattere ineludibile del problema, si rendeva anche
esplicito il fatto che la difficolt pre-suppone lidea secondo cui
qualcosa essere e, in quanto tale, non (un) nulla. In altre parole,
la difficolt si mostrava fondata proprio su ci (la negazione
assolu-ta) che essa investiva e che pertanto avrebbe dovuto mettere
in questione, ma
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Sasso si impegnato nel tentativo di esplicitare meglio gli
aspetti pro-priamente risolutivi dellaporia quali sono contenuti
nel concetto di battuta vuota, e ha progressivamente perfezionato
lidea di uno sfondo meta-sequenziale dellessere, che rendesse
possibile pensare una negazione non ontologizzante14.
Sorvolando momentaneamente sullintrinseca problematicit di una
simile prospettiva, quel che interessa soprattutto mettere a fuoco
in questa sede che, se ritorniamo a considerare la struttura
argomen-tativa del passaggio surriferito, non possiamo ora non
accorgerci della seguente circostanza speculativa: Sasso pu
mettersi infatti nella con-dizione di rilevare laporeticit, cui
indagine domanda e logo an-drebbero incontro (qualora si
disponessero innanzi o intorno allessere), solo alla condizione di
assumere per un momento che, linnanzi e lintorno dellessere (che
indagine domanda e logo implicano per essere ci che sono),
designino, pur non potendolo, proprio un innanzi e un intorno del
non essere, ovvero significhino, pur non potendolo, un innanzi e un
intorno di non essere. Solo in luogo di questa preliminare
assunzione speculativa onde un non essere che riesca a situarsi
proprio come tale pu essere colta e apprezzata fino in fondo
laporia in cui cadrebbero indagine domanda e logo. Il carat-tere
propriamente sorprendente dellargomentazione allestita dal
pensa-
che daltra parte, rivelandosi insieme anche il fondamento stesso
della difficolt, veniva, da questa, nel medesimo tempo, ribadito e
convalidato. [] Per poter dire, di ci che viene negato in modo
assoluto, che, in virt del fatto stesso di essere negato, esso
essere e perci non (un) nulla, necessario ammettere che la
consapevolezza della verit del non essere nulla dellessere (o la
consa-pevolezza di questo non essere nulla dellessere come verit)
preceda e non segua la constatazione del fatto che il negato
qualcosa. A questa osservazione Sasso replic elaborando una tesi
ulteriore, di indubbia suggestivit []. Con questa tesi egli
giungeva al riconoscimento del fatto che alla negazione che
con-ferisce al negato consistenza ontica (facendo dello stesso
nulla qualcosa) deve fare da sfondo una negazione che non d luogo
alla stessa difficolt. Ma la tesi comportava anche che tale
negazione potesse essere negante e non onto-logizzante solo a patto
di non venire considerata e assunta in modo tematico. Essa, perci,
rappresentava uno sfondo, appunto, che non poteva essere colto
direttamente, ma solo attraverso la messa in atto della
manifestazione della diffi-colt (Visentin, Il neoparmenidismo
italiano. Considerazioni intorno al volume di Gennaro Sasso: La
verit, lopinione, in Il neoparmenidismo italiano, vol. II,
Bibliopolis, Napo-li 2010, pp. 452-54).
14 Cfr. al riguardo, G. Sasso, Essere e negazione cit., Cap.
III, Forse una soluzio-ne (la natura paradossale del negare), pp.
169-227; G. Sasso, La verit, lopinione, cit. pp. 55-88.
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tore risulta dunque in ci: Sasso pu raggiungere lequilibrio
composi-tivo del suo argomento (ideato contro indagine, domanda e
lo-go), pu conferirgli quella precisa struttura e, infine
imprimergli for-za, solo a patto di prescindere per un istante da
quel concetto, tanto problematico quanto pure inevitabile, di
ontologizzazione, il quale, a ben vedere, dovrebbe subito
innescarsi allorquando si considera e si parla del non-essere. Se,
infatti, allinterno della meccanica compositi-va dellargomento, si
fosse gi preliminarmente tenuto conto del con-cetto di
ontologizzazione, allora neanche per un istante Sasso avrebbe
potuto concepire linnanzi o lintorno dellessere che indagine,
domanda e logo designerebbero per loro intrinseca costituzione come
non essere; neanche per un istante avrebbe potuto sostenere che
indagine, domanda e logo, assumendo a loro proprio og-getto
lessere, sarebbero dovute, non essere essere non avrebbe potuto,
per il semplice fatto che il concetto di ontologizzazione a-vrebbe
gi immediatamente neutralizzato la negativit di quellinnanzi e di
quellintorno in una pura e semplice positivit. Sicch, per, a
par-tire da questa prospettiva, non sarebbe pi effettivamente
andata in porto la formulazione dellaporia, e indagine, domanda e
logo non sarebbero pi dovute, come pure vuole Sasso, non essere
esse-re per essere ci che sono. Non lo sarebbero pi dovute, perch,
a ben vedere, il non essere essere, che pure gli si obietta,
sarebbe gi da subito stato qualcosa, onde la manovra stessa
dellobiezione sareb-be stata, a rigore, impossibile.
Relativamente alle considerazioni svolte non dunque scorretto
avanzare lipotesi che il pensatore, nel corso della sua
argomentazio-ne, intercetti e si avvalga, pi o meno
consapevolmente, di un genere di equivalenza affatto paradossale;
infatti, bench il complesso del di-scorso filosofico avanzato da
Sasso sia profondamente avveduto circa limpossibilit di poter
istituire o proferire direttamente il non-essere, tuttavia il suo
stesso argomento resta intimamente pensato proprio sulla scorta
della sovrapposizione tra la relazione-opposizione
onto-gnoseologica (che intercorre tra logo e essere), e la
relazione-opposizione ontologica (che intercorre rispettivamente
tra non-essere ed essere). Di modo che, in qualsiasi maniera si
intenda ora deno-minare il rapporto del logo nei confronti
dellessere ovvero che lo si intenda come indagine, domanda, e, non
ultima, come defini-zione diviene comunque necessario illustrare
laporia pensando che il primo termine, pur non potendolo, si
disponga nei confronti del se-condo al modo del non-essere. Lesito
di un simile percorso argo-mentativo costringe dunque ogni
tentativo di definizione dellessere a non essere lessere cui si
riferisce, ovvero, a doversi costituire essen-
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zialmente come alter rispetto al suo oggetto, fino al punto da
dover eo ipso abdicare alla propria intenzione di impugnarne e
manifestare lessenza dellessere senza soccombervi15.
Lefficacia di una simile mossa argomentativa indubbia. Da un
certo punto di vista, seppur problematico, indagine, domanda e
logo, qualora vengano considerati in quanto itinerari investigativi
ul-teriori al dominio tautologico dellessere, contraggono, sia pure
per un momento, la forma del non essere. La contraggono, perlomeno
per quel tanto che, anche solo supposto, si dice di essi
nellargomento surriferito che, per essere ci che sono, dovrebbero
non essere essere.
Certo, contrariamente a quanto appena stabilito, si potrebbe
sotto-lineare che luso del condizionale dovrebbero sta ad indicare
che, di fatto, indagine, domanda e logo non sono il non-essere che
do-vrebbero qualora si disponessero, diciamo cos sinteticamente,
dirimpetto
15 Allinterno della posizione del pensatore si apre in questo
modo un mar-gine di indecisione speculativa circa lo statuto
propriamente attribuibile allonto-logia. Chiediamoci infatti:
indagine, domanda, e logo, l dove siano con-siderati come
atteggiamenti doxastici, sono o non sono? Se, da un lato, linterna
architettura dellargomento analizzato conduce il pensatore a dover
obtorto collo valutare linnanzi e lintorno, che qualificano la
ricerca filosofica, alla luce inquie-tante di un certo quale non
essere sia pure quel non essere che si presenta quando si dice che
indagine, domanda e logo dovrebbero, per essere ci che so-no, non
essere essere dallaltro lato, tuttavia, pur doveroso sottolineare
che, per Sasso, sebbene non siano essere, indagine, domanda e logo,
anche alla luce del concetto di ontologizzazione neppure possono
semplicemente venire consi-derati come non essere; risultano altres
accadimenti che non possibile prospetta-re da un punto di vista
ontologico, onde di essi non pu dirsi n che sono, n tantomeno che
non sono. In Tempo, evento, divenire, cit., pp. 357-384,
raccogliendo la congerie degli accadimenti doxastici sotto il comun
denominatore della do-manda, Sasso ritiene che laccadimento di
questultima non abbia luogo che in s stessa, nulla avendo a che
fare con la verit, da cui, a rigore, non pu n es-ser affermata, n
esser negata. Ora, a fronte di queste valutazioni, come inten-dere
questa oscillazione circa lo statuto da conferire alle
determinazioni dossi-che, e, su tutte, a quella determinazione
dossica, eminente, che consiste nellontologia? Come conciliare il
fatto che indagine domanda e filosofia siano accadimenti non
prospettabili ontologicamente (e, dunque, non essendo n
affer-mabili, n negabili, non hanno punto alcun genere di contatto
n con lessere n col non essere) con la struttura stessa
dellargomento impiegato da Sasso, onde per illuminare laporia di un
innanzi e un intorno dellessere, si continua a consi-derare
indagine domanda e logo proprio nel segno delle coordinate
ontolo-giche? questa una incoerenza attribuibile al discorso
avanzato dal pensatore, oppure piuttosto, come si ritiene,
unincoerenza attribuibile alla cosa stessa del problema di cui in
oggetto?
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all essere. Sasso, da un certo punto di vista, e in sintonia con
lobiezione surriferita, intende certamente escludere che indagine,
domanda e logo possano effettivamente riuscire a situarsi al di
fuori del recinto della verit, acquistando una loro
indipendenza.
E tuttavia, interessante rimarcare, a questo proposito, che
pro-prio luso del condizionale, che dovrebbe escludere de facto la
nientit dellontologia, non impedisce comunque a Sasso,
contrariamente a quanto lontologizzazione dovrebbe a rigore
consentirgli, di sollevare perlomeno de iure la questione
dellintorno dellessere proprio in termini di non essere (onde,
appunto, per essere ci che sono, indagine, domanda e logo
dovrebbero non essere essere). Ma che genere di non essere potrebbe
mai essere quello dellontologia? La questione, rela-tiva allo
statuto da attribuire allontologia, sembra peraltro acuirsi
ulte-riormente e diventare al limite irresolubile se si considera
che lo stesso Sasso, in un successivo luogo testuale, rileva che
lindagine, la do-manda, il logo, daltra parte, sono16. Ma allora
chiediamoci sono o non sono indagine, domanda e logo? Sono oppure
non sono, l dove si dice di esse, sia che sono, sia, ironicamente,
che per essere ci che sono, dovrebbero non essere essere17?
16 Cosa stessa del problema di cui in oggetto? G. Sasso, La
verit, lopinione, cit. p. 11.
17 Risulta illuminante, a proposito dello statuto propriamente
equivoco da at-tribuire agli accadimenti doxastici, in cui rientra
la stessa domanda quale intor-no dianoetico dellessere, quanto
Sasso scrive in Tempo, evento, divenire, cit., p. 363. Nel
passaggio, contrapponendo la domanda allessere, ovvero, il logo
doxa-stico al logo veritativo, il pensatore rileva: La domanda
quindi non insorge nel lo-go, o nellessere, dove a rigore non c
spazio se non per quellaccadimento assoluto che, come assoluto, non
accade, per quell essere sempre che lessere. Nei confronti del
logo, che non lafferma, ma, per cos dire, la riconosce attraverso
il suo non poter negarla, essa mantiene la differenza che sinstaura
fra il non poter essere negata e il poter essere affermata. La
domanda dun-que sita, rispetto all essere, in una dimensione che,
sia pure in modo indiretto, coinvolge in qualche misura le
coordinate ontologiche, e le coinvolge proprio nella misura in cui
si perviene a definire lo statuto degli accadimenti in relazione a
un loro poter essere (affermati) o a un loro non poter essere
(negati). In questa sede espositiva non possibile fornire una
trattazione pi specifica del tipo di rapporto disimpegnato dal
concetto di un essere che, pur non affer-mando gli accadimenti, in
qualche modo li riconosce nel suo non poter negarli, nonch sulla
particolare situazione mediana che, in questo modo, viene ad
assu-mere la domanda. Sasso si preoccupa di mettere a fuoco la
problematica nelle pagine seguenti e conclusive del testo
surriferito.
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A questo punto bisogna rivolgere particolare attenzione.
Infatti, se vero, come rileva il pensatore, che lindagine, la
domanda e il logo, daltra parte, sono, tuttavia, a rigore, deve
anche poter essere sot-tolineato che per Sasso, in quanto sono,
indagine, domanda e logo devono necessariamente risultare
espressioni identiche allessere che vanno essendo; sicch, valutando
fino in fondo le conseguenze speculative correlative allessere che
indagine, domanda e logo sono, bisogna concludere affermando che
esse sono, s, essere, ma, es-sendolo, cadono e si consumano
interamente dentro di esso, perdendo quella caratteristica dintorno
che purtuttavia esse sempre possiedono se vengono considerate in
quanto tali. Se, pertanto, come daltra parte vuole Sasso, indagine,
domanda e logo sono, ed essendo risulta-no punto identiche
allessere, allora, giocoforza, per via di questa stessa
identificazione, quel tanto di esse che andava precipuamente
conside-randosi come estrinseco intorno noetico, non , e deve
potersi dire ri-spetto ad esso quanto precedentemente si diceva di
indagine, do-manda e logo, ovvero che, per essere ci che , dovrebbe
non essere essere. In questo modo, per, il non essere essere
acquisisce tutta la sua i-neludibile problematicit, e viene a
ripresentarsi, irrisolto, nel cuore dellargomentazione svolta
dellinsigne studioso18. Come bisogna dunque connotare questo certo
non essere, come bisogna interpretarlo, se, in un modo o nellaltro,
a ragione o torto, la sua oscura fisionomia ritorna enigmaticamente
e illecitamente a sovrapporsi a quella dellontologia (qualora
questa venga precisamente considerata come intorno doxastico)?
Cercando di abitare dallinterno la controversa argomentazione
di
Sasso, si vorrebbe iniziare ad avanzare unipotesi critica
relativa alla natura ambigua di questo non essere essere a vario
titolo attribuito allontologia. A partire dallanalisi condotta su
questo punto, e riflet-tendo sul modo in cui, a nostro avviso, il
non essere essere dellontologia influisce effettivamente sulla
trama concettuale di alcuni passaggi argomentativi, si tenter poi
di mettere programmaticamente
18 Se, peraltro, indagine, domanda e logo, essendo, fossero
davvero assolutamente identiche allessere, perch allora, sia pure
posto al condizionale, sia pure per escluderne la possibilit, si
dice di esse che dovrebbero non essere es-sere proprio per essere
ci che sono? Il bisticcio verbale, in questo caso, non solo il
sintomo di una difficolt linguistica del discorso, ma rivela altres
preci-samente che, anche l dove considerate come determinazioni
interne e intrinseche dellessere, indagine, domanda e logo restano
pur sempre concepite da Sasso in modo tale da venire situate al
bordo tra essere e non essere.
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in questione la natura stessa del dislivello giocato tra logo,
da una parte, e verit dallaltra. In questo senso, per, non si
discuter il dislivello con lintenzione di stabilire, viceversa, un
isomorfismo e una perfetta identit tra logo ed essere19, ma si
cercher, piuttosto, di di-scutere il dislivello in seno ad una
rivalutazione complessiva della fun-zione propriamente transitiva
del filosofare sottolineando in ci la presenza di un margine di
raccordo noetico, e un residuo di rela-zione, proprio nellambito di
domini che sono stati originariamente concepiti come incomponibili
e relativamente ai quali non dovrebbe invece presentarsi alcun
genere di comunicazione20.
Ora, tenendo sempre a mente il grado dinclinazione ermeneutica
con cui si intende proseguire lanalisi della precedente sezione
argo-mentativa e valutando che, dunque, in un modo o nellaltro,
anche l dove si considera che indagine, domanda e logo, daltra
par-te, sono, bisogna comunque poter riconoscere il ripresentarsi
di un margine di non essere (perlomeno il non essere che riguarda
lontologia specificamente intesa come innanzi o intorno dianoetico)
, risulta possibile sottoporre il testo alle seguenti domande:
quali con-seguenze concettuali possono essere tratte per lo
scenario argomenta-tivo riflettendo sullinalienabile presenza di
questo non essere esse-re? In quale maniera, e a quali condizioni,
la grammatica del testo la-scia convivere lequivalenza sia pure
implicita tra linnanzi (o lintorno) dellessere e il non essere? In
ultimo: a quale esigenza corrisponde la necessit di riferirsi ad un
intorno dellessere, se, per via del concetto di ontologizzazione,
non vi dovrebbe mai essere intorno che possa effettivamente
costituirsi e baluginare come tale?
19 Cosa, questa, che, come visto in precedenza, lo stesso Sasso
esplicitamen-te riconosce e ammette, muovendosi cos per certi versi
in profonda sintonia col pensiero di Parmenide to gar auto noein
estin te kai einai (DK 28 b 3).
20 Lungo il corso della propria esperienza speculativa Sasso si
pi volte dimostrato sensibile al problema di un residuale margine
di raccordo tra il dominio della doxa e quello della verit. Al
riguardo sono illuminanti le pagine scritte ne Il logo, la morte,
cit., pp. 90-93; ma anche quelle de La verit, lopinione, cit., pp.
247-259. Il presente contributo, in concordia discors con gli esiti
della posizione del pensatore, si limita tuttavia a fornire, per
quanto possibile, un autonomo traccia-to argomentativo. Una
trattazione pi esaustiva della posizione di Sasso, nonch della
differenza rispetto ai sentieri ermeneutici percorsi nella presente
disamina, che ad esso comunque si richiamano, richiederebbe una
tematizzazione esclusi-va.
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Largomentazione elaborata da Sasso va dunque compulsata pi
attentamente. Per far ci necessario rivolgere direttamente
lattenzione alla struttura concettuale di questo non essere essere,
il quale, come si considerato, affligge in un modo o nellaltro lo
statu-to dellontologia (doxastica), e il quale, a ben vedere, bench
non sia che non essere (e di esso non potrebbe dirsi e predicarsi a
rigore alcunch) possiede comunque uninterna articolazione, una
comples-sit che bene prendere in considerazione perch attiene
propria-mente al ruolo da esso giocato allinterno
dellargomentazione.
Ora, nello svolgimento del proprio ragionamento, Sasso non
af-ferma mai, direttamente, che lindagine, la domanda e il logo
sono nulla. Egli non sostiene mai simpliciter la nientit del logo
esplicitan-dola come nientit. Questa esitazione, se di esitazione
si pu parlare, possiede una duplice ragione argomentativa. Da una
parte sintomo di estrema coerenza. A questo proposito non risulta
di secondaria im-portanza considerare che lo stesso contorcimento
argomentativo con cui lautore, attraverso limpiego del tempo
condizionale, si limita a porre indirettamente il non essere essere
(che indagine, domanda e logo, appunto, dovrebbero), dipende
certamente dal fatto che, in questa circostanza, unaffermazione pi
esplicita del non-essere essere dellontologia (che, attenzione,
per, pure implicitamente si sta sup-ponendo) avrebbe tematicamente
aperto alla questione dello statuto del non-essere, innescando
immediatamente il meccanismo della nega-zione ontologizzante. In
questo senso, non scorretto intravvedere nel-lo stesso avvitamento
argomentativo del pensatore relativamente al quale la presente
ermeneutica sta esercitandosi un chiaro segnale delle misure
precauzionali, da lui stesso adottate, per far fronte alle spinose
aporie che la comparsa del non essere avrebbe necessaria-mente
importato. Da questo punto di vista, allora, si pu dire
sinteti-camente che Sasso non pu esplicitare signatus la presenza
di quel non essere che exercitus pur in qualche modo resta
configurato allinterno delle maglie del suo ragionamento.
Tuttavia, dallaltra parte, limpossibilit di esplicitare
direttamente il non essere dellontologia, e di affermare punto che
indagine do-manda e logo, intesi come intorno, sono nulla, potrebbe
avere alla propria radice una motivazione speculativa pi riposta,
che deve aver sotterraneamente guidato lautore nella composizione,
e, se vogliamo, persino nello stile, del suo ragionamento. bene, a
questo riguardo tenere a mente la parte conclusiva della sezione
testuale surriferita:
Se lindagine, la domanda, il logo si disponessero, rispetto
allessere, innanzi o intorno, a quel modo che una qualsiasi
indagine, una qualsiasi domanda,
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un qualsiasi logo si dispongono innanzi, o intorno, a ci che
costituisce il lo-ro oggetto, dovrebbero, per essere ci che sono,
non essere essere21. Ora, allorquando Sasso rileva che indagine,
domanda e logo
dovrebbero, per essere ci che sono, non essere essere si
perviene certamente allaffermazione di una qualche forma di
coincidenza tra onto-logia e non-essere, poich, come ribadito in
precedenza, pur anche ammettendo che lobiettivo esplicito
dellargomento sia quello di impedire a indagine, domanda e logo di
potersi effetti-vamente costituire separatamente dallessere,
tuttavia, anche in questo caso, almeno laspetto propriamente
esorbitante dellontologia, finisce inevitabilmente per doversi
considerare come non essere. Posto questo, bisogna tuttavia
sottolineare che, quella inscenata dal pensatore, una tipologia
affatto particolare di coincidenza tra non essere e ontologia.
Sasso infatti (lo ripetiamo, a un livello propriamente implicito
del di-scorso) disimpegna lidentificazione tra ontologia e non
essere solo attraverso lo snodo argomentativo di un passaggio; da
questo punto di vista, allora, egli non dispone e non pu disporre
immediatamente della coincidenza tra non-essere e ontologia, ma
perviene a essa dialet-ticamente, costretto dalla necessit logica
del suo stesso argomento, il quale, bene tenerlo a mente,
rimarrebbe originariamente disinnesca-to se su di esso agisse, come
pure anche dovrebbe, il concetto di on-tologizzazione. Il non
essere essere di cui in oggetto diventa dun-que uno sfondo
concettuale addotto da uninferenza argomentativa, la quale,
peraltro, conduce Sasso a trascurare la meccanica concettuale
ontologizzante. Ora, qual propriamente il medio di questa sequenza
argomentativa che costringe lautore ad approdare comunque alla
coin-cidenza tra non essere e ontologia bench questa coincidenza
non possa mai risultare direttamente statuibile? Il medio, a ben
vedere, rappresentato dalla geometria concettuale delle coordinate
onto-gnoseologiche impiegate nellargomentazione. Se indagine
domanda e logo si dispongono innanzi o intorno allessere, al modo
che qualsi-asi indagine domanda e logo si dispongono innanzi o
intorno al loro oggetto, allora, per essere ci che sono, indagine
domanda e logo do-vrebbero non essere essere. In questo caso, il
non essere essere, seppure ammesso di profilo e al solo scopo di
porre in ridicolo la possibilit stessa di un logo alieno
dallessere, compare sulla scena ri-chiamato a forza proprio dalla
posizione logica che lontologia assume disponendosi dinnanzi
allessere.
21 G. Sasso, La verit, lopinione, cit. p. 11.
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Lidentificazione tra non essere e ontologia pu dunque essere
ap-prezzata, e il ridicolo colpire nel segno, solo a patto di
concedere involontariamente a questultima, allontologia, un
preliminare e irri-ducibile spessore didentit, un margine di presa
sul proprio oggetto, che sia licenziato proprio l dove si intende
lontologia come intorno co-stitutivamente disconnesso dallambito
dellessere. Ci che dunque co-stringe Sasso a neutralizzare
momentaneamente linnesco della logica ontologizzante che, come
rilevato precedentemente, avrebbe reso impossibile il condizionale
di un qualsiasi intorno da rendere consimile al non essere ,
esattamente la forza noetica presupposta dellontologia. Pertanto,
bench largomento adottato da Sasso la ri-scriva nel segno fallace
del dominio doxastico, tuttavia, proprio nellintenzione di
esautorarla, lontologia viene inevitabilmente posta in grado di un
qualche preliminare afferramento dellessere. Quellafferramento,
che, certo, problematicamente, riguarda il concet-to stesso di un
paradossale affiancamento tra essere e non essere. Se, da un lato,
bisogna quindi certamente ribadire laspetto propriamente spurio ed
estrinseco dellafferramento in questione, o, per usare un altro
registro, della connessione e del passaggio, tuttavia, dallaltro
lato, non men vero che, bench spurio, lafferramento resta nondimeno
un afferramento, e, bench scritte nel segno dellestrinseco, la
con-nessione e il passaggio restano nondimeno una connessione e un
passaggio.
Di tutto ci, ovvero, in sintesi, della potenza propriamente
transitiva dellontologia, indice lo stesso fatto che,
nellarticolazione della pro-pria argomentazione quando, cio, si
afferma che per essere ci che sono indagine, domanda e logo
dovrebbero non essere esse-re , in primo luogo Sasso sia costretto
a lasciare momentaneamen-te inoperoso il concetto di
ontologizzazione, e, in secondo luogo, sia portato a trascrivere la
stessa posizione logica assunta dallontologia in relazione
allessere, proprio sulla falsariga di quella che attiene la
rela-zione, pur problematica, tra essere e non essere.
In questo modo, in quella regione implicita del discorso
avanzato dal pensatore che consiste nel velato riconoscimento del
non essere essere dellontologia viene altres a prodursi unaltra
forma di implica-zione, relativamente alla quale resta
sotterraneamente attribuita allontologia unidentit, o, se si vuole,
una qualit noetica, che questa non dovrebbe a rigore poter
possedere. Si osservi, peraltro, a scanso di equivoci, che questa
identit propriamente superstite dellontologia, non affatto quella
identit che, altrove, conduce Sas-so a riscrivere il logo nel segno
della totale coincidenza con lessere, non insomma lidentit della
tautotes, ma unidentit propriamente equi-
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voca, essente-non-essente, dentro eppure contemporaneamente
anche fuori dellessere che il logo (non) concerne.
dunque possibile prospettare il pur controverso statuto del non
essere essere implicitamente corriferito allontologia, affermando
che questultimo non punto assimilabile alla semplice non esistenza,
ma risulta invero la marca distintiva, e paradossale, dellesistenza
dellontologia considerata in quanto non esistenza, ovvero come
innanzi e come intorno dianoetico dellessere.
In questo senso, proprio la nullit (il non essere essere)
risulta ina-spettatamente il segno mascherato della potenza certo,
non lo si ne-ga, affatto paradossale e tragica che il logo esercita
proprio nella mi-sura in cui concerne lessere estraniandosi da
esso. Si dovr dunque ripe-tere il paradosso, e, intensificandolo,
affermare che certamente il logo, considerato come intorno,
incapace di dire lessere e che, pertanto, certamente esso merita il
sarcasmo di chi lo vede cadere in aporia , ma bisogna anche
sottolineare che il logo pu essere cos incapace, e pu altres cadere
in aporia, solo nella misura in cui, sia pure per un istante, sia
stato reso capace di stare innanzi e intorno allessere, ovvero sia
stato messo in grado di toccare e accedere allessere dal di fuori
di esso. Laporia, a questo punto, potente, ma la sua evidenza non
che il segno rovesciato che, in qualche modo, laccesso, il varco o,
se si vuole, il passaggio, sono gi avvenuti.
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Abstract Larticolo rivolto allo studio di un aspetto teorico,
che potrebbe ritenersi lo Schwerpunkt dellinterrogazione
speculativa di Gennaro Sasso: la questione della relazione, ovvero
dellincolmabile divergenza che intercorre tra il dominio della
verit e quello dellindagine filosofica, tra lorizzonte tautologico
dell esse-re e quello dell ontologia che pure lo concerne.
Lonto-logia, infatti, per di-scorrere intorno al proprio oggetto,
dovrebbe potersi situare innanzi o intorno all essere; tuttavia,
proprio in conseguenza del modo in cui il rapporto viene istituito,
dovrebbe anche, nel contempo poter non essere essere, assumendone
per un istante le enigmatiche sembianze. Larticolo guarder
duplicemente alle ra-gioni che attengono laporetica surriferita: da
un lato, ricollocandole nel quadro tracciato da Sasso nel testo La
verit, lopinione; dallaltro, muovendo a unesplicazione ermeneutica
che tenter un possibile svolgimento critico della po-sizione
assunta dal pensatore nei confronti dellontologia. The article
discusses a theoric aspect, which might be called the Schwerpunkt
of Gennaro Sassos critical thought: the question of Relation, that
is the unbridgeable gap between the truth and the philosophical
inquiry, between the tautological horizon of Being and the Logoss
one, which precisely concerns it. Onto-logy should stay in front or
around of its object, if it wants to talk about it. On the
contrary, mainly because of the type of this binding, it should be
meanwhile non essere essere, assuming temporarily the enigmatic
appearance of not being. The article looks at this aporia in two
ways: on one side, within the context of the Sassos es-say La
verit, lopinione; on the other side, it attempts to show the
critical development of Sassos philosophical position. Keywords:
Gennaro Sasso, ontologia, verit, aporia.
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