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Storia di Cividale nel Medioevo Economia, società, istituzioni Città di Cividale del Friuli a cura di Bruno Figliuolo
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Nobiltà e aristocrazia cittadina

May 14, 2023

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Storia di Cividalenel MedioevoEconomia, società, istituzioni

Città di Cividale del Friuli

a cura di Bruno Figliuolo

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Storia di Cividale

nel MedioevoEconomia, società, istituzioni

a cura di Bruno Figliuolo

Città di Cividale del Friuli

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Storia di Cividale nel Medioevo.Economia, società, istituzioni

Pubblicazione realizzata da Città di Cividale - Assessorato alla Cultura

a cura diBruno Figliuolo

Testi diBruno FigliuoloStefano GasparriStefano MagnaniAndrea SaccocciElisabetta ScartonFederico VicarioLuisa Villotta

Progetto graficoInterlaced srl

StampaLa Tipografica srl

finito di stampare Marzo 2012

ISBN 978-88-97442-05-9

con il patrocinio dell’

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VIII

1. Il quadro storiografico

Tradizionale, nella storiografia friulana forse più che in altre, è la caratteristica di valutare in sede critica come nettamente separate tra loro la nobiltà cosiddetta di castello – vale a dire feudale – e il patriziato cittadino, di più recenti origini e le cui fortune non sarebbero legate all’esercizio delle armi ma al conseguimento di incarichi negli uffici pubblici o alla ricchezza patrimoniale. In altri quadri storiografici regionali, invece, specie se relativi alle realtà comunali italiane maggiormente evolute sul piano istituzionale, da tempo lo sforzo interpretativo della più avvertita critica storica tende a sfumare tale dicotomia, in forza della considerazione che «queste distinzioni avevano perso nel corso del XIII secolo ogni vera ragion d’essere; infatti, mentre le famiglie della nobiltà feudale assumevano un volto nettamente cittadino, le altre acquisivano un solido anche se non compatto patrimonio fondiario»1. Naturalmente, già vent’anni orsono, in un lavoro di sintesi che si può definire pionieristico, Stefano Gasparri accettava in via preliminare la distinzione tradizionale tra una cavalleria feudale in rapporti di dipendenza personale con i vescovi cittadini, dai quali essa era beneficiata in cambio della prestazione del servizio militare, e una a base cittadina; ma sottolineava appunto come poi nei fatti, partecipando di un medesimo stile di vita e di una medesima ritualità, i due gruppi tendessero poi a (con)fondersi, e il semplice esercizio della militia finiva presto per condurre alla nobiltà: una nobiltà concessa non dal Comune ma dall’autorità imperiale o da quella da essa delegata attraverso la consolidata cerimonia rituale dell’adoubement2.

Una dozzina di anni più tardi, in pratica simultaneamente, rispettivamente nel 2003 e nel 2004, sono poi usciti due altri assai pregevoli lavori di ampia sintesi generale sull’argomento, dovuti il primo a Jean-Claude Maire Vigueur e il secondo alla cura del compianto Renato Bordone,

1 Tangheroni, Politica, pp. 17-18.2 gasparri, I milites, in specie pp. 11-12, 66-67, 82, 90, 93 ss., 108 e 127-29. Non si prende in questa sede in

considerazione, naturalmente, il vecchio lavoro di Heinrich schmidinger, Patriarch und Landesherr, non solo perché datato, ma soprattutto perché incentrato su di una problematica diversa: l’analisi delle prerogative patriarcali in relazione al potere imperiale.

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con i contributi, oltre che dello stesso Bordone, di Gian Maria Varanini e Guido Castelnuovo; i quali hanno costruito insieme un discorso che sarebbe assai riduttivo definire semplicemente didattico o divulgativo, come suggerirebbe il titolo della collana in cui è comparso3. Per parte sua, Maire Vigueur, sulla base di una vastissima indagine condotta su tutta la superficie geografica del paese, distingueva anch’egli, attraverso una serie di modellizzazioni certamente non rigide, tra un ordo militum di origini beneficiario-vassallatiche, costituito in specie dai vassalli cittadini del vescovo – i capitanei – e dal loro seguito – i valvassori – e una ben più ampia militia cittadina, formata da persone benestanti che condividevano lo stile di vita cavalleresco, pur non facendo almeno inizialmente parte dell’entourage feudale del vescovo e dunque non potendo essere a rigore definite nobili4. Tale distinzione era alla base anche dell’impostazione di Bordone, il quale distingueva preliminarmente una nobiltà di fatto, riconoscibile dal potere effettivamente goduto e dallo stile di vita, e che egli preferisce perciò definire aristocrazia, da una di diritto, la cui supremazia è cioè riconosciuta sul piano giuridico ed è perciò facilmente individuabile, e che a suo avviso costituisce la vera e propria nobiltà. Inutile dire che anche per lui e per gli studiosi che con lui hanno collaborato, lo stile di vita e l’effettivo esercizio del potere avvicinano molto e sempre di più, con il trascorrere del tempo, questi due ceti, che si differenziavano in pratica soprattutto per il sistema di produzione del reddito – legato al prelievo sugli uomini in un caso e all’economia mercantile e finanzia-ria nell’altro –, tanto che forse conviene, a loro giudizio, definirli entrambi aristocrazia5.

In questi ampi quadri generali il Patriarcato di Aquileia non è del tutto assente, anche se esso occupa, com’è naturale, una posizione marginale. Ma ciò che più conta, non è il fatto che esso sia preso in considerazione solo brevemente e quasi en passant, quanto piuttosto che esso vi sia visto o come eccezione o come caso limite. Stefano Gasparri rilevava infatti come il Patriarcato costituisse un vero e proprio stato feudale, formato da un’aristocrazia a carattere ereditario chiuso, che proprio sul feudo basava il proprio potere: una compagine pubblica non certo usuale in Italia; tanto che, egli concludeva, «lo stato aquileiese rispetto alla civiltà cittadina del Duecento è una realtà marginale, più germanica che italiana»6. E Renato Bordone e Gian Maria Varanini del pari sottolineavano come in Italia soltanto il vescovo di Trento e il patriarca di Aquileia fossero definiti principi e derivassero il loro potere, qualitativamente intenso e geograficamente ampio, imperniato com’era su di una vasta area regionale, direttamente dall’imperatore; e come all’ombra del principe si sviluppasse una forte nobiltà feudale, che non trovando limite e contrappeso nelle deboli realtà urbane locali, si chiudeva e cristallizzava, dando luogo a furibonde lotte di fazione ancora sino al primo Cinquecento almeno7. Ora, se guardando dall’alto e nel suo complesso, tali affermazioni appaiono difficilmente contestabili,

3 Cfr. maire Vigueur, Cavalieri e cittadini; e Le aristocrazie dai signori rurali al patriziato.4 maire Vigueur, Cavalieri e cittadini, pp. 269-357.5 Introduzione al volume Le aristocrazie dai signori rurali al patriziato, in particolare pp. V-VII.6 gasparri, I milites, pp. 29-30.7 Le aristocrazie dai signori rurali al patriziato, pp. 27-31, 160 e 183-84.

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analizzando più da vicino le varie fasi della storia cividalese e i suoi protagonisti, forse esse andranno sfumate, e certamente converrà meglio contestualizzarle.

Se si va a guardare agli studi recenti sull’argomento incentrati su realtà particolari, si noterà invece che lo sforzo storiografico maggiore è stato operato non su rilevanti realtà comunali ma per chiarire i casi di alcune grandi città del Mezzogiorno della penisola: segnatamente Napoli e Messina, con risultati abbastanza sorprendenti. Perché, in specie per la città del Faro, si è sottolineato il fenomeno dello sviluppo di un patriziato (o, se si preferisce, di un ceto dirigente) non nobile, forgiatosi nell’esercizio degli uffici e nel commercio, che nel corso della seconda metà del Trecento, alleandosi con la piccola nobiltà cittadina, si sarebbe sostituito al ceto propriamente feudale, allontanandolo dalle leve del potere cittadino e impadronendosi dell’amministrazione locale, prima ancora di nobilitarsi a propria volta8. Ma se questo è lo schema di sviluppo sociale e istituzionale manifestatosi di preferenza nelle città italiane, esso conserva la propria validità, e in che misura, anche se applicato al Friuli due-trecentesco?

In alcune dense e meditate pagine, scritte più di vent’anni orsono, Paolo Cammarosano rilevava come il potenziamento delle aristocrazie locali fosse tardivo rispetto a quello del patriarca e dei grandi Capitoli e monasteri regionali, alla cui ombra e grazie alle cui concessioni esso si era sviluppato; e come esso non sfociasse nella territorializzazione del potere, il cosiddetto dominatus loci, giacché i benefici ricevuti, pur se espressi in forma feudale, restavano di natura patrimoniale, non comportando cioè «organiche e sistematiche concessioni di prerogative pubbliche e poteri sugli uomini»9. E il più recente studioso di questi argomenti in sede locale, il compianto Michele Zacchigna, per parte sua, pur in un lavoro molto circostanziato di analisi particolare – incentrato com’è sul Tarcentino – e per di più focalizza-to su di un periodo piuttosto tardo, notava come vi fosse sovente, da parte della nobiltà cosiddetta castellana, la tendenza da un lato a inserirsi negli uffici dell’amministrazione patriarchina e dall’altro ad accostarsi al mondo cittadino – si pensi anche soltanto ai Savorgnan e al loro prepotente inserimento nella realtà udinese –, talvolta trasferendosi entro i centri urbani murati e talvolta persino assumendo abitudini economiche cittadine e non disdegnando di impegnarsi in operazioni finanziarie e commerciali, oltre che nel governo locale. Tanto che, egli conclude, «in fatto di civilitas la distanza fra la nobiltà e la cerchia del notabilato urbano non era così marcata», pur se certo l’ideologia della guerra come mezzo per affermare la propria superiorità era particolare appannaggio della nobiltà castellana10.

8 Per Napoli, v. ViTale, Élite burocratica; ead., Araldica e politica.; ead., Modelli culturali. Per Messina, cfr. salVo, Dalla spada alla fede, in specie pp. 9 ss., sullo status quaestionis, relativamente al quale parla di una trasmissione del potere in città, in quei secoli, dalle mani della feudalità militare a quelle della “nobiltà civica”. Cfr. pure, della stessa, Giurati, in part. pp. 9-23, per un ampio quadro della storiografia cittadina sul tema. V. Inoltre sanToro, Messina l’indomita e BoTTari, Messina, in part. pp. 187 ss.

9 cammarosano, L'alto medioevo, pp. 132-55. La citazione è tratta dalla p. 153.10 Zacchigna, La società castellana, in part. pp. 17-19, 26-27 e 84-85.

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In verità, lo stesso Zacchigna, una decina di anni prima, aveva offerto un breve contributo proprio sulla Cividale bassomedioevale, purtroppo assai rapido e sintetico. In esso, lo studioso triestino sosteneva che anche la cittadina friulana, come altre realtà urbane regionali, aveva conosciuto «l’infiltrazione di presenze aristocratiche di radicamento castellano – gli Zuccola, i Villalta, i signori di Varmo –, alle quali tuttavia fu impedito di intervenire direttamente nel governo delle città»; ma che tuttavia tale “feudalità campagnuola” avrebbe tentato a più riprese, l’ultima volta tra fine ‘200 e 1332, di asservire le città. I gruppi locali dominanti, invece, protagonisti della militia cittadina ma non alieni dalla speculazione commerciale e finanziaria, pur organizzandosi in consorterie talvolta forti, come nel caso dei de Portis e poi dei Formentini, non tentarono mai di destabilizzare l’assetto politico vigente. Solo nel momento della crisi cittadina, che si misurerebbe anzitutto dalla flessione demografica, a suo avviso verificatasi nel ventennio tra il 1330 e il 1350, le stirpi dei milites cittadini, de Portis e Boiani in testa, condivisero il malessere della feudalità castellana e quello del popolo verso la politica accentratrice dei patriarchi di quel periodo. I de Portis e le altre famiglie del notabilato locale, così, verso la fine del Trecento e i primissimi anni del secolo successivo avrebbero iniziato per la prima volta a esercitare un ruolo di egemonia sociale e politica forte sulla città, provocando in tal modo una reazione altrettanto decisa da parte dell’elemento popolare, culminata nella ribellione armata dell’agosto del 140411. Di lì a poco, comunque, la conquista veneziana avrebbe provveduto a mutare radicalmente il quadro politico e amministrativo di fondo in cui si muoveva la società cividalese.

Si tratta di un taglio interpretativo, come si vede, eminentemente storico-politico, che programmaticamente non si preoccupa di indagare né le origini né le forme di sviluppo economico e di potere del notabilato cividalese; e neppure sembra interessato a distinguere tra la notevole ma saltuaria presenza dell’aristocrazia patriarchina a Cividale, costituita da molti signori locali che avevano però altrove il fulcro del proprio potere e il grosso del proprio patrimonio – presenza spiegabile in quanto la città era tra Due e Trecento la sede preferita del patriarca, quella dove venivano emanati i suoi atti più solenni, approvati appunto davanti a una platea di corte di testimoni prestigiosi e qualificati – da un lato, dall’effettiva e certo non decisiva incidenza che tali persone potevano avere sulla vita sociale cittadina dall’altro, pur se va notato che spesso esse possedevano nella città beni di concessione ecclesiastica, come è il caso, per esempio, di Giovanni di Zuccola o di alcuni membri della famiglia Savorgnan12. Costoro, infatti, non risultano attivi nella vita politica e amministrativa cividalese, come invece faranno,

11 Zacchigna, Cividale nel basso medioevo, p. 82.12 MANC, PC, III, n. 43, del 21 settembre 1222, in cui compaiono come testi Ulrico e Giovanni de Portis e che mette

fine a una controversia tra Giovanni appunto da una parte e il Capitolo di Cividale dall’altra per alcuni possessi in città, fissando l’ammontare dei censi dovuti al Capitolo. I nobili Giovanni del fu Nicolò e Nascinguerra del fu Enrico Savorgnan, testimoni in una carta del 9.I.1378, si dicono residenti a Cividale, pur se assai di rado compaiono attivi nella vita cittadina (AOC, FP, 224), così come, più tardi, Bartolomeo, Antonio e Francesco, figli di Nascinguerra (AOC, FP, 341, del 9.X.1423, e n. 345, del 20.VII.1429, dove compare anche Giorgio di Francesco).

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e lo vedremo presto, altre stirpi che crescono proprio all’ombra della città e si potenziano al suo servizio, come i de Portis e i Boiani. Si tornerà allora a vedere in maniera nettamente differenziata, come da tradizione, la nobiltà feudale “di castello” (quella dei Zuccola, dei Varmo o dei Savorgnan) dall’aristocrazia eminentemente cittadina, rappresentata in primis dai de Portis e dai Boiani? Non esattamente, sembra, anche se neppure ci si può riferire, per Cividale, alle interpretazioni storiografiche prospettate per città più grandi ed economicamente sviluppate, dove, come si è visto, par di assistere a una sorta di fusione tra nobiltà e ceti professionali cittadini emergenti. Infatti non è certo questo il fenomeno che si presenta in Friuli, pur se qualche raro e assai suggestivo documento parrebbe spingere proprio in questa direzione. Il 22 aprile del 1257, per esempio, Gisla, badessa del ricco monastero femminile cividalese di S. Maria in Valle, investe Blancuccio beccaio di una terra che questi si impegna a tenere «jure livelli et cavalarie mixtim», corrispondendo al concedente un censo in denaro «pro livello, et pro cavalaria exercere officium cavalarie quando fuerit opportunum»13. Ma si tratta in realtà, in questo caso, di una concessione di un feudo ministeriale, come meglio chiarisce un documento consimile di qualche decennio successivo, nel quale Birello del fu Pizolo di Picon vende alla medesima abbazia «quoddam broiulum sive viridarium suum situm in Pyon, quod dicebat se habere iure ministerii cavalarie eiusdem monasterii»14. Interessante in tal senso anche l’atto con il quale Enrico, preposito della collegiata cividalese, rimette a un gruppo di arimanni di Premariacco «omnia servicia, iura, rationes et albergarias que vel quas eidem preposito faciebant et facere tenebantur nomine ermanie», in cambio di un unico censo annuo di 16 conzi di vino15. Siamo dunque quanto mai lontani, in questi casi, dai riti del mondo nobiliare e cavalleresco, giacché ci troviamo solo in presenza di uomini tenuti per servizio a maneggiare le armi in casi di estrema necessità.

L’investitura non è però solo un atto formale, giacché prevede comunque l’instaurazione di un legame personale; e dunque non viene concessa automaticamente, come dimostra il caso del fabbro Sigardo di Udine, il quale, essendo servo di masnada dei signori di Cucagna, è costretto a restituire un pezzo di terra di cui era stato investito dal patriarca Raimondo della Torre, il quale, non conoscendone la condizione personale, glielo aveva concesso sol perché lo reputava già uomo della Chiesa di Aquileia16.

Proviamo anzitutto, allora, per spiegare il caso cividalese, a dare a questo gruppo sociale eminente nella realtà cittadina un’occhiata più da presso, agevolati in ciò dalla parziale ma numericamente cospicua sopravvivenza degli archivi delle due principali nobili famiglie che, come abbiamo già visto, ne facevano parte: i de Portis e i Boiani; ma anche di quello di una stirpe di origine mercantile che però giunse già nella seconda metà del ‘300 a giocare un ruolo di primo piano nella vita politica cittadina e poi anche a nobilitarsi: mi riferisco all’ancor

13 Le carte del monastero femminile, n. 69, p. 107, del 22.IV.1257.14 Ivi, n. 165, p. 278, del 28.VIII.1292.15 MANC, PC, III, n. 46, del 5.II.1223.16 BCU, FP, ms. 899/IX, n. 663.

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più parziale ma comunque significativa conservazione dell’archivio della famiglia Formentini. E occorrerà tentare poi anche di dare una risposta alla difficile domanda sul come la nobiltà si trasmetteva all’interno della stirpe, giacché su questo argomento il vuoto storiografico è assoluto.

La ricca e omogenea documentazione notarile cittadina, per cominciare, abbastanza fitta già a partire dal principio del Duecento, consente di verificare, sulla scorta di qualche illustre modello storiografico, quale fosse il vocabolario utilizzato in città per indicare la preminenza sociale dei membri del ceto eminente, e dunque permette di misurare quale concetto vi si avesse della nobiltà e di chi vi facesse parte17. I nomi dei nobili, infatti, sono sempre preceduti dal titolo di miles o dall’appellativo nobilis, spesso accompagnato dall’aggettivo discretus, mentre personaggi anche ricchi e influenti ma a lungo considerati non nobili, come i membri delle famiglie Formentini18, de Nordis, de Brandis o de Puppi19, devono accontentarsi del semplice appellativo di honorabilis, di egregius o di providus vir, e potranno in qualche caso fregiarsi del titolo di nobiltà solo a partire dal XV secolo o ancora più tardi. Ora, a parte taluni nominativi singoli, di persone delle quali non si riesce a ricostruire la rete dinastica e parentale, tra coloro che sicuramente risiedono con continuità a Cividale si fregiano costantemente e maggiormente ab antiquo di questi titoli appunto i Boiani e i de Portis, così qualificati sin dal principio del XIII secolo, come si farà rilevare di volta in volta, parlando dei singoli membri di queste famiglie; e accanto a essi, ma in anni un po’ più tardi, possiamo annoverare i Canussio e i Claricini20. Va però notato anche che, man mano che si va avanti nel tempo, l’appellativo viene concesso con maggiore disinvoltura, magari in ragione del prestigio che derivava a chi lo detenesse dal conferimento di un ufficio pubblico anche solo temporaneamente ricoperto21. In tal modo, già dalla seconda metà del XIV secolo, l’attribuzione del titolo di nobilis nella documentazione (ma non certo nella consapevolezza giuridica e sociale dei contemporanei) appare alquanto inflazionato. Assai meno diffuso sarà invece sempre il titolo di miles, di cui anzi sembrano potersi fregiare soltanto i membri del ramo principale della famiglia nobile, inducendo perciò a ritenere che di norma esso accompagnasse il primogenito della stirpe, pur se la cautela è d’obbligo, giacché per ragioni particolari possono esserne insigniti anche due membri nello stesso momento o non necessariamente il primogenito, per motivi

17 maire Vigueur, Cavalieri e cittadini, pp. 355-356, ha rilevato come, a partire dal Duecento, le fonti vercellesi e genovesi iniziassero a definire nobiles alcuni membri dell’aristocrazia cittadina. In particolare, però, dobbiamo forse a Benjamin Kedar il primo e più raffinato esempio di utilizzazione in tal senso del vocabolario notarile o più generalmente cancelleresco: cfr. Kedar, Mercanti in crisi, pp. 138 ss.

18 AOC, FP, 143, del 30.V.1428.19 Andrea di ser Enrico de Brandis appare insignito del titolo di nobilis in una carta del 20.I.1414 (AOC, FP, 64) e ancora

in una del 30.V.1428 (ivi, n. 143).20 V. per esempio, per questi ultimi, AOC, FP, 76, del 17.V.1429.21 AOC, FP, 20, del 17.XII.1424, nel quale, accanto a Nicolò de Portis, sono qualificati nobili viri anche un Ermanno e un

Nicola lanario, certamente non nobili ma in quel momento insigniti della carica di consiglieri della confraternita cittadina di S. Maria dei Battuti. Del pari, l’appellativo accompagna quasi costantemente il gastaldo patriarcale della città.

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evidentemente speciali, che fanno preferire avviare all’esercizio della milizia un altro rampollo della famiglia.

Ma come si giunge alla nobiltà? Anzitutto, è da notare come, a un livello ovviamente inferiore rispetto al patriarca, anche la Chiesa cividalese – per la precisione sia il Capitolo che la prepositura della locale collegiata di S. Maria Maggiore o, e lo si è già visto, alcuni monasteri cittadini –, distribuisse largamente benefici sia iure ministerii (legati cioè alla corresponsione di servizi reputati poco onorevoli) sia iure prepositure (è opportuno a questo punto ricordare come la prepositura avesse a Cividale una propria struttura amministrativa, separata da quella capitolare) sia iure iusti (o recti) et legalis feudi, quelli considerati più prestigiosi, e perciò concessi dietro regolare e solenne cerimonia di investitura, a tutta una serie di persone che non facevano certamente sempre parte del notabilato cittadino e i cui obblighi, oltre a quello di prestare il prescritto giuramento di fedeltà, si limitavano alla corresponsione di censi. Il fenomeno, chiaramente rilevabile a partire dalla seconda metà del XII secolo, consentiva alle istituzioni ecclesiastiche di poter contare su di una numerosa clientela e dava il via a un vorticoso giro dei beni appartenenti a questi enti, gravati soltanto da un censo poco più che ricognitivo e dal consueto giuramento di fedeltà al concedente; beni che cambiavano di mano con facilità, vivacizzando fortemente il mercato immobiliare e un po’ tutta l’economia locale, e che proprio in virtù di questa alta volatilità rischiavano di perdere memoria della propria natura originaria: tanto che, e lo si farà notare al tempo, in qualche caso saranno venduti dei possedimenti di cui non era ormai più certa la natura feudale o allodiale22.

Le istituzioni ecclesiastiche sembra incoraggiassero la dedizione di beni e persone, anche attraverso forme di concessione molto vicine a quelle del feudo oblato. Il 26 dicembre del 1191 Ropretto di Premariacco, la moglie e i tre figli, vendono al Capitolo della collegiata di Cividale un loro allodio sito in Premariacco, di cui sono poi subito investiti «ad iustum et rectum feudum et effecti sunt vassalli eius» (cioè del rappresentante del Capitolo, che nel caso specifico era il preposito Pellegrino)23. Anche in questo modo, come si accennava, si formano le clientele patriarcali, le quali possono così contare ancora su di un ceto di vassalli cittadini: persone benestanti, legate al patriarca da vincoli di fedeltà personale, le quali però non detengono ovviamente poteri giurisdizionali, e quindi restano lontani dal livello raggiunto dalla più alta e antica nobiltà. Anche se è ancora da notare che neppure l’esercizio di prerogative giurisdizionali, da solo, conferisce il diritto di fregiarsi del titolo di nobiltà: Lippo e Piero Capponi di Firenze, per esempio, dichiarano come il patriarca Raimondo abbia riconosciuto di aver ricevuto dallo stesso Lippo e da Camporino Capponi 170 lire di veneti grossi, concedendo loro in cambio la giurisdizione su alcune ville24. E il medesimo genere di pagamento, come chi

22 Sono innumerevoli le pergamene capitolari conservate in MANC che si riferiscono a transazioni di investitura di beni fino alla metà del XIII secolo almeno. Più avanti esamineremo in dettaglio come questo meccanismo sia all’origine delle fortune di alcune famiglie dell’aristocrazia cittadina.

23 MANC, PC, II, n. 32.24 ASU, Fondo della Torre Valsassina, busta 1.

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scrive ha dimostrato illustrando in questo medesimo volume la storia economica della città, è attestato anche a favore di numerosi altri membri di società commerciali toscane, che in tal modo erano garantiti del denaro che prestavano al patriarca.

Benefici venivano poi concessi normalmente, e per le medesime ragioni, anche dalle maggiori stirpi nobiliari, come si avrà modo di vedere. Non si riscontra invece usualmente il ricorso alla concessione del cosiddetto feudo d’abitanza se non da parte del patriarca, l’unico che in realtà, a ben guardare, potesse concepire in regione un’ampia e generale politica dell’insediamento.

Non basta però, ovviamente, entrare a far parte della clientela del patriarca, di un Capitolo canonicale o di un conte, un marchese o un feudatario d’alto rango per assurgere la nobiltà. Come narrano ancora nel corso dell’ultimo quarto del Trecento alcune novelle emblematiche del Pecorone, una poco conosciuta raccolta fiorentina dell’epoca – per esempio la novella che narra l’avventurosa vicenda che sarà poi ripresa alla lettera nel Mercante di Venezia shakespeariano – il ricco figlio del mercante che tenta la fortuna nel commercio e in tal modo riesce a divenire ricchissimo o, in altra novella, lo scudiero che dimostra valore e fedeltà straordinari, per sposare poi le nobili fanciulle da loro amate hanno bisogno di ricevere formale investitura del titolo cavalleresco da chi abbia il potere giuridico di conferirla25.

Occorre adesso, preliminarmente, avvertire il lettore che le tavole genealogiche che seguono, specie per quanto riguarda i de Portis, i quali danno vita a una dinastia particolarmente ramificata, intendono costituire soltanto uno strumento ausiliario per la lettura, e non fornire la trama della storia genealogica familiare. Troppi sono infatti i vuoti che si incontrano nella documentazione e troppe le lacune, specie per il XIII secolo, per consentire di disegnare tavole genealogiche complete e attendibili, tanto più in presenza di vari rami che usano attribuire ai propri rampolli i medesimi nomi, come i frequentissimi Giovanni o Enrico, per restare all’interno della famiglia de Portis, e di non rarissime morti premature, che rendono quanto mai incauta un’attribuzione congetturale delle testimonianze scritte a un membro piuttosto che a un altro omonimo della dinastia26; segno comunque, questo della circolazione, all’interno della medesima cerchia familiare, di un ristretto numero di nomi, è bene sottolinearlo ancorché appaia ovvio, della forte coesione e solidità della stirpe27; coesione che si manifesta anche nella scelta di eleggere un ente ecclesiastico privilegiato quale sede di sepoltura dei membri della stirpe (sede che nel caso dei de Portis sarà la collegiata cittadina di S. Maria); e ancora, quasi naturalmente, in due corollari che

25 ser gioVanni, Il Pecorone, Giornata IV, Novelle 1 e 2, pp. 86 ss.26 Nonostante gli sforzi è infatti doveroso avvertire il lettore che tali tavole genealogiche (la cui costruzione ha costituito

un vero e proprio rompicapo, un gioco d’abilità non sempre coronato da successo) conservano un certo margine di incertezza, giacché in qualche caso aperte a un sia pur controllato uso della congettura e del concetto di probabilità.

27 All’interno della sterminata bibliografia sulla famiglia medioevale si vedano più specificatamente i contributi pionieristici svolti sulla trasmissione onomastica nel caso toscano raccolti in Klapisch ZuBer, La famiglia e le donne.

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pure i documenti qui presentati si incaricheranno di dimostrare in maniera doviziosa: in primo luogo, la scelta di insediarsi in un quartiere cittadino determinato, al fine di controllarlo completamente attraverso la fortificazione dello spazio, e in secondo luogo la capacità, da parte della dinastia, di programmare una strategia comune, che si trasmetta ai posteri e ne rafforzi patrimoni e potere28. Si sono perciò tracciate qui soltanto quelle linee che appaiano abbastanza solide, sicuramente basate su documentazione coeva originale e che risultino utili alla comprensione dei concreti esempi che via via si faranno29. Ciò non significa, in ogni caso, che lo studioso non si trovi davanti a quadri dinastici comunque molto ampi e ben documentati, che possono fornire una solida cornice entro la quale disegnare in futuro, a seguito di ulteriori approfondimenti archivistici, genealogie più ampie, precise e ramificate. Inoltre, di ciascuna delle persone menzionate non si è ovviamente tracciata la biografia completa ma si sono solo forniti gli elementi identificativi e caratterizzanti giudicati più significativi30. Infine, va detto che spesso non si è accennato, in questa sede, alle cariche

28 V. in questo senso il bell’esempio, storiograficamente stimolante, offerto qualche anno fa da allegreZZa, Organizzazione.

29 Non è parso perciò opportuno riproporre note e pur benemerite genealogie del passato, come quelle Joppi e Del Torso, che si conservano manoscritte presso la BCU, giacché non tutti i dati in esse contenute derivano dall’analisi di documentazione coeva originale.

30 Di molte delle persone citate (assolutamente non di tutte, come pure sarebbe stato opportuno) vi sono anche brevi schede informative contenute nel commento de I libri degli anniversari, costruite in gran parte sulla bibliografia corrente, i cui dati, per non appesantire il presente saggio, non sono stati in genere ripresi in questa sede, e che sono perciò utili in qualche caso a integrare con alcuni particolari tali note biografiche. In altra sede (Figliuolo, I Toscani a Cividale, p. 42, in nota n. 83, oltre che nel capitolo VI, nota 352 del presente volume) ho già espresso critiche sostanziali a questa edizione; un'analisi ancor più approfondita del lavoro mi costringe ad aggiungerne altre e a rincararne, se possibile, la dose. Occorre anzitutto rilevare come non sia possibile al lettore della fonte identificare a chi appartengano i nomi di battesimo ricorrenti in una famiglia per molte generazioni, dal momento che il curatore non ha ritenuto di dover identificare anche solo con un numero le singole mani che si sono succedute sui manoscritti commemoriali, tranne le più antiche; la ricerca su cui si basa il commento, poi, è troppo esile, condotta com'è in massima parte sulla documentazione edita, sicché la maggior parte dei nomi di membri di stirpi anche nobili resta priva di identificazione; l'indice, ancora, cosa gravissima in un lavoro di edizione del genere, in cui l'analisi dei nomi è tutto, risulta fuorviante, giacché i nomi stessi sono spesso trascritti con grafie diverse, come Nodino, Nodono o Tearda, Tiarda (con sdoppiamento, in quest'ultimo caso, della moglie di Francesco Zotti, Toscano, scomparsa nel 1400 e segnalata come due persone diverse) e la stampa è stata fatta in automatico, con il criterio alfabetico più assoluto, vale a dire quello scelto dal computer: per esempio, sicché, i nomi propri semplici, come Giacomo, non si trovano all'inizio dell'elenco di quel nome, ma a un certo punto, dove li inserisce la macchina, collocati magari dopo tutti i cognomi con le lettere a, b, c, sol perché dopo quel nome vi è la lettera D, che indica semplicemente che essi sono menzionati nel necrologio dei domenicani (v. p. 918b, dove tre diverse persone di nome Giacomo sono per questa sola regione meccanica indicizzati tra Giacomo Cavallo e Giacomo da Bologna). Tra i Zugliani, indicizzati tra i luoghi e non fra i nomi, non si troverà per esempio Tommaso, che si reperirà solo sotto il nome di battesimo. Assai forte è poi la diseguaglianza nell'adozione dei criteri utilizzati, che appunto disorienta il lettore: i de Portis sono per esempio indicizzati tra i luoghi della città di Cividale, come se Portis fosse un luogo, mentre i Canussio non lo sono né tra i luoghi né tra i nomi, ma vanno cercati affannosamente lungo tutto l'indice. Basti, per valutare la cura con cui è stato edito il volume, il caso di Francesco, decano (p. 913a), che è accompagnato dalla nota: "da identificare". Il curatore, dunque, sa che avrebbe dovuto identificarlo, non vi è riuscito e non si è neppure curato di correggere le bozze di stampa. Altre perle del genere saranno di volta in volta notate nel corso del presente lavoro (cfr. infra, note 31, 79, 85, 86, 88, 118, 266, 315, 324, 326, 418, 432 e 442).

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pubbliche ricoperte dalle persone qui menzionate, giacché esse sono elencate nel saggio sull’amministrazione comunale redatto da Elisabetta Scarton per questo stesso volume.

2. I de Portis

Uno dei primi atti superstiti in originale in cui compaia un membro della famiglia de Portis, una stirpe dal marcato carattere cittadino cividalese, pur se quasi certamente non originaria della città sul Natisone, giacché cresciuta al servizio militare del patriarca31, risale al 29 aprile del 1161, allorché, in un documento di conferma di una donazione, rilasciato dal patriarca Pellegrino, tra i testi, oltre a Carlo de Pertica si incontra un Giovanni de Portis32. Il 13 novembre del 1186, sempre come teste, in un atto solenne, compare Ulrico de Portis, laico, fratello di Giovanni33. Egli è padre di Ermanno e Giovanni, come si vede da un atto del 1213 in cui agisce in qualità di testimone ancora un non meglio noto Mainardo de Portis, forse fratello di Ulrico34; ed è padre anche di Ulrico, il quale, avviato alla carriera ecclesiastica, diventerà più tardi vescovo di Trieste. Giovanni già il 7 aprile del 1210 era definito miles in una carta di investitura feudale di beni concessa da Ottone, decano del Capitolo cividalese, a favore di un Woluradus quidem Bebe, in cui egli compare di nuovo come teste35. Secondo la traduzione erudita locale, egli era stato solennemente nominato cavaliere solo pochi anni prima, in una cerimonia svoltasi ad Aquileia nel 120536. Ancora come teste è menzionato in un atto in cui è protagonista, nel 1211, Sofia, badessa del potente monastero femminile cittadino di S. Maria in Valle37.

31 Il curatore de I libri degli anniversari sorprendentemente la indicizza tra le località e non tra i nomi, come si è accennato, evidentemente erroneamente immaginandone l’origine nel minuscolo borgo di Portis, sito un paio di chilometri a nord di Venzone.

32 MANC, PC, II, n. 8. Sempre in qualità di teste egli compare ancora in un atto patriarcale del 16 gennaio del 1165 (ivi,

II, 44) e ancora il 12 luglio del 1182 e in due carte del 1185, rispettivamente del 16 luglio e del 15 settembre, in tre

documenti privati (ivi, II, nn. 11, 15 e 17); e ancora il 20 gennaio e il 26 dicembre 1191 (ivi, II, nn. 30 e 32). Nel 1191 è

tra coloro che offrono di più in favore del duomo danneggiato da un incendio nel 1186: ben 4 libbre contro una media

dai 4 denari in giù. Ancora ci si imbatte nel suo nome il 9 agosto del 1192 (ivi, II, nn. 35 e 40).33 MANC, PC, II, n. 18; e ancora il 29 dicembre 1186 (ivi, II, n. 19) e il 26 dicembre 1191 (ivi, II, n. 32), 9 agosto 1192 (ivi,

II, n. 35), 27 aprile 1202 (ivi, III, n. 6).34 Figliuolo, Swicherio, pp. 121-122. Nel 1213 Giovanni compare come teste anche in un atto patriarcale: Diplomi

patriarcali, n. 9, p. 37. Mainardo de Portis, per parte sua, risulta proprietario di una casa a Cividale nel 1231 e di un manso in Casale nel 1237, già di proprietà del nonno: MANC, PC, III, nn. 76 e 101 bis, rispettivamente del 11.IV.1231 e del 23.II.1237.

35 MANC, PC, III, n. 18: «Iohannes de Portis, Conradus Botiç, milites, et alii testes rogati». Pochi giorni più tardi, il 23 aprile, compare come teste in un atto di Corrado de Pertica. (MANC, FB-P01-001). Il 14 dicembre dello stesso anno è però definito di nuovo semplicemente Iohannes de Portis (MANC, PC, III, nn. 26 e 37, del 25 giugno 1218, in cui si dice che era proprietario di una terra sita in città, presso la Porta di S. Silvestro).

36 di manZano, Annali, II, pp. 209-210.37 BCU, FP. ms. 1227/1, n. 1, del 15.VIII.1211.

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GiovAnni ulrico mAinArdo

Enrico ulrico († 1254) GiovAnni miles ErmAnno miles ∞ vescovo di Trieste († 13.VII.1236) († 14 VI.1260) PAlmA ∞ ∞

PAlmA BErlindA

mAinArdo GiovAnni iuvenis ∞ († ante 20.V.1234) V. FIGURA 2 WrimBurGA di iPPlis

(† 30.V.1278)

PiEtro GiovAnni iuvenis († 23.V.1248)

Enrico GiovAnni ulrico

(† ante 18.III.1277) († 12.IX.1298) ∞ ∞ mAttiussA AdElmottA († 21.III.1318) († 6.IX.1320)

mAinArdo AGnEsE FiliPPo nobilis milesFEdErico Enrico luvisino AdElmottA nicolò cAtArussA

(† 20.VII.1348) († 13.VII.1315) († 13.VII.1315) († 24.IX.1349) ∞ ∞ AldA Piccolomini cAtArussA († 1352) († 28.XII.1314)

GiovAnni GiovAnni rodolFo GuGliElmo († 11.XII.1349) († 2.XII.1349) ∞ AdElAidE

rodolFo FEdErico nicolò FiliPPo

(† 26.IV.1381) ∞ († 17.X.1359) († 6.VII.1381) ∞ cAtErinA fu ∞ ElisABEttA di PorciA ulrico zAnolA cAtErinA di († 15.IX.1393) († 30.X.1349) cAstEl PorPEtto († 4.V.1401)

GiovAnni nicolò FiliPPo AmBroGio nicolò († 21.IV.1386) († 22.VI.1426) († 8.VIII.1382)

FIGURA 1: Genealogia della famiglia de Portis (I)

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Ermanno e Giovanni sono nominati nel 1213, unitamente al loro parente Swicherio, anche nel ristretto consiglio del patriarca Wolfger38. Forse a seguito di tale elevazione, Ermanno è definito dominus in una carta del 121439. Giovanni, il fratello Ermanno e Mainardo de Portis compaiono poi tutti insieme in una carta del 4 agosto 121640, e Giovanni da solo in una del 122441. Egli è menzionato per l’ultima volta nella documentazione superstite nel 1235. Muore il 13 luglio dell’anno successivo42. Aveva sposato una tale Palma, che incontriamo già nel 1230, allorché acquista per tre marche una vigna sita a Purgessimo, mentre nel 1237 perfezionerà, presso i medesimi venditori, l’acquisizione di una seconda vigna nella medesima località, gravata da un censo a favore del Capitolo collegiale cividalese e del cui possesso viene perciò regolarmente investita nella circostanza dal decano ecclesiastico, Corrado43. Nel 1255 ella donerà i suoi beni in Purgessimo all’abbazia di S. Maria in Valle44.

In una carta del 1227 Giovanni è definito senex45, giacché fa la sua breve comparsa nella documentazione anche un Giovanni de Portis iuvenis, che nel 1222 agisce due volte come teste46 e nel 1227 rinuncia nelle mani del decano del Capitolo collegiale cividalese ad alcune terre in Plaino47, ma che però muore prematuramente prima del 20 maggio del 123448. Pochi anni più tardi, però, il 13 gennaio del 1239, un altro Giovanni de Portis iuvenis, figlio presumibilmente del primo iuvenis omonimo, è documentato a Cividale, coinvolto in una lite49. E proprio con lui, l’anno successivo, è a sua volte in lite Palma, vedova del più anziano Giovanni, per la proprietà di quattro mansi, tre dei quali siti in Purgessimo e uno in Moimacco50. Scompare anch’egli piuttosto prematuramente, il 23 maggio del 124851. Lascia probabilmente un figlio anch’egli di nome Giovanni, il quale, unitamente al fratello Ulrico, nel 1269 è coinvolto in una lite per dei beni siti sul monte Jelençe52. Si tratta di quello stesso

38 Figliuolo, Swicherio, p. 116.39 MANC, PC, III, n. 28, del 18 febbraio del 1214.40 MANC, PC, III, n. 31, dove è menzionato anche Enrico di Canussio. Giovanni de Portis agisce ancora in qualità di

teste il giorno 8.VIII.1223 (ivi, III, n. 48); e Mainardo il 24.X.1242 (BCU, FP, ms. 1227/1, n. 8).41 Diplomi patriarcali, n. 10, p. 39, del 10.VI.1224. Né si può escludere che sia ancora a lui a fungere da teste in un altro

documento patriarcale del 30 ottobre 1243 (ivi, n. 13, p. 45).42 MANC, PC, III, n. 95, del 13.III.1235; I libri degli anniversari, I, p. 365.43 MANC, PC, III, nn. 104, del 8.X.1230, e 106, del 7.VII.1237.44 Le carte del monastero femminile, n. 60, p. 89, del 24.V.1255.45 MANC, PC, III, n. 61, 8.X.1227.46 MANC, PC, III, n. 42, non meglio datato; Le carte del monastero femminile, n. 14, p. 22, del 17.VIII.1222. Iohannis

senior de Portis e Iohannis iunior de Portis compaiono insieme come testi in una carta di domenica 3 o 10 gennaio del 1227 (MANC, PC, III, n. 55).

47 BCU, FP, ms. 1228/3, n. 2, del 27.III.1227.48 MANC, PC, III, n. 91, allorché, tra i confini di una casa sita in Cividale si menziona la «domus heredum condam

Iohannis iunioris de Portis».49 MANC, PC, III, n. 118.50 Le carte del monastero femminile, n. 24, p. 38, del 17.VI.1240 o 1241.51 I libri degli anniversari, I, p. 323. 52 Le carte del monastero femminile, n. 123, p. 198, e n. 124, p. 200, rispettivamente del 30.V e 21.VIII.1269; BCU, FP,

ms. 1229, n. 2, del 11.VIII.1269.

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Giovanni che, di nuovo assieme a questo suo fratello Ulrico, nel febbraio del 1272 si ribellerà al patriarca ed entrerà manu militari a Cividale, introducendovi fraudolentemente Federico di Pinzano, vicario di Filippo di Carinzia, capitano del Friuli53. Nel 1292 egli si impegna a versare al Capitolo cittadino 4 marche annue in occasione dell’anniversario della morte prematura del figlio Francesco54. Morirà a sua volta il 12 novembre del 1298, lasciando forse un figlio: Rinaldo, prete55. Era sposato con Adelmotta, la quale gli sopravviverà per oltre vent’anni56.

Un fratello di quest’ultimo Giovanni, Enrico, il 9 ottobre del 1287, con il consenso della moglie Mattiussa di Ianisio di Braida di Cividale vende per 53 marche al Capitolo cittadino due mansi in Basaldella57. Egli riveste una carica di notevole delicatezza nell’ambito dell’amministrazione capitolare, giacché nel 1288 risulta «collector solidorum mansorum» a quello appartenenti, e il 2 luglio di quell’anno riceve ben 346 libbre, 6 soldi e 8 veronesi dal decano Bernardo di Ragogna, al quale rilascia quietanza: denaro raccolto appunto nelle proprietà dell’ente58. Ha un figlio di nome Mainardo, attestato nel 1297, quando egli risulta già morto, il quale possiede una selva in Grions59.

A sua volta Ermanno, fratello di Giovanni senex, era anch’egli miles, così definito nel 123660 e di nuovo nel 1238, quando è coinvolto in una lite con il Capitolo della collegiata cividalese per delle terre non meglio specificate61. L’anno successivo egli compare citato in giudizio davanti al patriarca62, e nel 1243, insieme al figlio Guarnerio, restituisce al Capitolo cividalese un manso a Premariacco, ricevendone in cambio uno sito poco fuori Porta Brossana, a Cividale, gravato del censo di 12 lire di piccoli veronesi63. Nel 1241 è nominato tra i confinanti di alcuni beni oggetto di transazione: egli, in particolare, è menzionato come proprietario di una terra pare in Cividale e di una terra vineata a Zuccola. In questo atto compaiono come testi altri due membri della famiglia: Guarnerio, forse il già ricordato suo figlio, e Filippo64. Qualche anno più tardi, nel 1249, Ermanno compare come fideiussore in un atto nel quale

53 Juliani Canonici Civitatensis Chronica, p. 8.54 MANC, PC, IX, n. 1, del 26.I.1292.55 BCU, FP, ms. 1227/1, n. 28, del 27.I.1271; I libri degli anniversari, I, p. 485.56 Scompare infatti il 6.IX.1320: I libri degli anniversari, I, p. 423.57 MANC, PC, VIII, n. 55. Va comunque detto che la sicura esistenza di questo Enrico si interseca e confonde con quella

di un suo omonimo, Enrico di Guarnerio, di cui si dirà tra breve, e che risulta quindi impossibile, fino a che vivranno entrambi, distinguere gli atti compiuti dall’uno rispetto a quelli compiuti dall’altro.

58 MANC, PC, VIII, n. 67.59 ASU, ANA, 669/9, f. 16r, del 18.III.1297: «iuxta silvam Meynardi quondam domini Henrici de Portis».60 MANC, FB-P01-010, del 10.IV.1236, e 011 del 6.VIII dello stesso anno. Prima di quella data compare non di rado come

teste nella documentazione cittadina: cfr. Le carte del monastero femminile, n. 17, p. 26, del 16.II.1223; n. 18, p. 28, del 25.I.1225; n. 23, p. 36, del 28.II.1235; n. 24, p. 38, del 17.VI.1240 o 1241; n. 28, p. 44, del 14.VII.1243; n. 39, p. 59, del 6.XI.1250; n. 46, p. 69, del 6.X.1251; n. 48, p. 72, e n. 50, p. 75, rispettivamente del 30.IV e del 28 o 29.VI.1252.

61 MANC, PC, III, nn. 111 e 114, rispettivamente del 24.V e 18.VI. 1238. Cfr. pure ivi, n. 103, del 19.IV.1237, in cui appare come proprietario confinante di beni terrieri siti in Prepotto.

62 BCU, FP, ms. 1228/2, n. 2, del 2.III.1239.63 MANC, PC, IV, n. 16, del 6.VI.1243.64 MANC, PC, VII, n. 11, del 6.XI.1241.

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suo fratello Ulrico, vescovo di Trieste e tutore dei figli minorenni dell’altro loro fratello, Giovanni senex, vende al Capitolo cividalese un manso in Gagliano e mezzo a Vernasso per 3 marche e mezza65. Nel 1251 è fideiussore in un acquisto effettuato dal figlio Enrico66. Tra 1259 e 1260 appare nuovamente in lite con il Capitolo cittadino, relativamente a delle case site a Cividale, in contrada S. Silvestro67. Egli è un devoto dell’ordine dei predicatori, cui nel gennaio di quello stesso 1260 cede a livello una terra nei pressi di Cividale, fuori Porta S. Silvestro, e cui, due mesi più tardi, si ricorderà che aveva lasciato in dono ben 40 marche68. Egli era scomparso infatti il 14 febbraio del 126069. Non gli era rimasta estranea l’attività feneratizia, giacché, come veniamo a sapere da un documento del 1267, era stato coinvolto in un giro di prestiti promosso dalla compagnia di Raniero Rustichino di Siena e soci70.

Pochissimo si sa dell’ultimo dei figli di Ulrico, Enrico, se non che nel febbraio del 1234 aveva sposato Palma, figlia di Giovanni baraterius, la quale gli aveva portato in dote 36 marche e due famuli: l’uno di sesso maschile, l’altro femminile71. Verosimilmente è suo figlio quel Mainardo che il 16 giugno del 1256 sposerà Wrimburga di Ipplis72.

Ermanno, che aveva sposato una tale Berlinda73, oltre al già menzionato Guarnerio, il quale compare ancora come semplice teste in un atto del 1252 e di nuovo in un altro ovviamente databile ante 126474, anno della sua morte75, ebbe due figlie, Adelaide e Agata, cui si farà presto cenno, e almeno tre altri figli: Enrico76, detto Birbiz, che incontriamo per la prima volta il 6 aprile del 122777, Barba, menzionato 1236 e di nuovo nel 1244, in due

65 MANC, PC, IV, n. 75, del 14.VI.1249. Ulrico scompare nel 1254: v. Vidulli Torlo, I vescovi di Trieste, pp. 130-131.66 BCU, FP, ms. 1227/1, n. 11, del 4.IV.1251.67 MANC, PC, VI, n. 6, due pergamene cucite insieme relative alla medesima questione, rispettivamente del 16.X.1259

e del 13.II.1260.68 BCU, FP, ms. 1230, pergamene non numerate, rispettivamente del 3.I e 22.III.1260.69 I libri degli anniversari, I, p. 242, sotto la data del 14 febbraio. Congetturale che si tratti dello stesso Hermannus

registrato senza ulteriori appellativi nel necrologio dei domenicani cittadini come scomparso il 16 febbraio (ivi, II, p. 553).70 BCU, FP, ms. 1227/1, n. 26, del 29.IX.1267.71 BCU, FP, ms. 1228/2, n. 1.72 I patti dotali sono in ASU, Archivio de Portis, 1.3.3. Da Wrimburga, che scompare il 30.V.1278 (I libri degli anniversari,

I, p. 327), nascerà un Pietro che il 9.XII.1297, in un atto di acquisto di una partita di frumento, si definirà figlio della fu Wrimburga di Cividale e nipote di Giovanni de Portis (ASU, ANA, 669/16, f. 70r).

73 Ella è protagonista di un atto del 17.V.1273 (AOC, FP, 374). Scompare il 13.XI.1274 (I libri degli anniversari, I, p. 485, dove è però erroneamente indicizzata come madre e non moglie di Ermanno).

74 BCU, FP, ms. 1229, n. 1 bis, del 6.X.1252; AOC, FP, 417.75 Egli scompare l’11.XII.1264: I libri degli anniversari, I, p. 509.76 In due documenti entrambi rogati il 22.IX.1252 dal medesimo notaio, Martino, viene menzionato un Azzone de Portis,

detto Birbiz (TilaTTi, Benvenuta Boiani, nn. 1 e 2, pp. 129 e 130 rispettivamente). In tutti gli altri atti che lo menzionino, invece, anche del medesimo fondo archivistico (BCU, FP, ms. 1230, del 14.III.1258; e ms. 1227/1, nn. 11, 19 e 28), egli viene sempre definito, e da notai diversi, Enrico detto Birbiz. Che si tratti della stessa persona non è dubbio, giacché entrambe menzionano un fratello detto Bonatto. Anche il figlio Quoncio si dichiarerà sempre nato da Enrico detto Birbiz (oltre ai documenti citati più avanti, v. per esempio ancora ASU, ANA, 669/16, ff. 27v-28r, del 26.III.1297).

77 MANC, PC, III, n. 56, in un atto rogato in presenza, tra gli altri, «Henrici domini Hermanni de Portis».

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documenti in cui compare come semplice teste78, e Leonardo, detto Bonat79. Enrico ‘Birbiz’ de Portis acquista un allodio nel 1251, per la somma di 20 marche; l’anno successivo compra per 7 marche un manso dal fratello Leonardo ‘Bonat’; nel 1257 riceve a livello dal padre, assieme al detto fratello Leonardo, un pezzo di terra nei pressi della città, fuori Porta S. Silvestro, per il censo annuo di 40 denari80; e nel 1258 compra una terra con vigna nei pressi della chiesa cividalese di S. Mauro81. Nel 1271, in seconde nozze (la prima moglie,

78 MANC, FB-P01-I, n. 10, del 10.IV.1236, e n. 16, del 6.XII.1244.79 Erronea la sua identificazione come canonico e notaio con due diverse persone proposta in I libri degli anniversari,

I, pp. 221 e 513).80 BCU, FP, ms. 1227/1, nn. 11, 13 e 19, rispettivamente del 4.IV.1251, 28.I.1252 e 8.IX.1257.81 BCU, FP, ms. 1230, pergamena n. n. del 14.III.1258.

Enrico di AquilEiA

(† 5.X.1271)∞

BErtolottA

(† 12.VI.1259)

nicolò PiEtro FondAno

(† 10.VI.1329) († 20.IX.1328)∞

ElisABEttA

(† 20.X.1348)

GErtrudA WrimBErGA corrAdo TrAmontAno tommAso

(† 26.VI.1360) († 4.X.1360) († 13.XI.1348) († 10.VI.1329) († 17.X.1343)

Nicolòdetto Petoros

(† 19.VII.1360)

GiovAnni detto vAlEsio

(† 17.XI.1330)

Enrico detto FurmiA

(† 10.V.1335)

ErmAnno miles(† 14.II.1260)

∞BErlindA

(† 13.XI.1274)

AGAtA AdElAidE lEonArdo detto BonAt Enrico detto BirBiz BArBA GuArnErio († 30.XII.1258) († 25.XII.1288) († 11.XII.1264) ∞ ∞ 1. ElisA († 30.VIII.1266) GinEvrA

2. PAlmA († 13.V.1291) 3. corrAdinA († post 27.V.1292)

quoncio AndrEA utussio AdElAidE Enrico ulvino († 3.XI.1297) († 14.V.1329) († 4.III.1301) († 30.V.1305) vescovo di Trieste

∞ ∞ ∞ ∞ († 6.V.1285) FrAncEscA GErdrussA PrinzivAllE BEnvEnutA fu († 8.XII.1319) († 27.V.1313) d’ArcAno mAttiussA

uGo luvisino Enrico FiliPPo miles AlBAniA AvEnEntE cAtErinA († 29.XII.1334) († 8.I.1312) († 21.III.1343) († 10.XII.1327) († 22.IX.1312) († 8.VIII.1327) († 8.III.1341) ∞ liccArdA di Attimis

FiliPPo orlAndo rinAldo zEnonE

∞ († 10.I.1331) († 9.VII.1361?) († 3.II.1357) mArGhEritA dEllA torrE

(† 15.XI.1365)

FiliPPo miles AmBroGio (naturale) († 23.VI.1382) ∞ cAtErinA

cAtErinA orlAndo zEnonE scotto

(† 11.IV.1453) († 9.XI.1396) († 21.VIII.1444) († 26.XI.1435) ∞ ∞ 1. ElEnA di Marcuzio beccaio tEArdA di Giovanni di († 26.VII.1406) Francesco da Firenze

2. GrAziosA di Dionigi di Cividale

FIGURA 2: Genealogia della famiglia de Portis (II)

Page 52: Nobiltà e aristocrazia cittadina

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200

Elisa, era morta il 30 agosto del 1266)82, e dietro corresponsione della dote pressoché simbolica di due marche, sposerà Palma, sorella di Ulrico, decano del capitolo cividalese83.

Nel 1275 viene registrato tra coloro che hanno ottenuto feudi in beneficio dal patriarca; feudi siti per lo più nelle Valli del Natisone e in territori presso l’Isonzo, attualmente oltre confine84. Morirà il giorno di natale del 128885.

Un figlio di Birbiz ebbe nome Quoncio86, il quale nel 1285 divenne gastaldo di Cividale87. Morirà il 3 novembre del 129788. Un figlio di questi, Filippo, miles, gastaldo di Cividale, marchese d’Istria e podestà di Trieste, sposerà nel 1304 Liccarda, figlia di Artuico di Attimis, che gli porterà in dote, jure feudi, cinque mansi in territorio di San Canzian d’Isonzo e in quello di Monfalcone89. Scompare il 10 dicembre del 132790. Un suo nipote, Filippo del fu Rinaldo fu Filippo, nel 1362, in quanto membro più anziano della famiglia, fa stilare anche a nome dei fratelli l’inventario dei beni di casa, tra i quali, oltre a quelli mobili, si distinguono due mansi presso Tapogliano, una braida in Togliano e l’altra in Rubignacco. Due anni più tardi egli acquista una casa in Cividale e una braida in Zuccola91. Muore il 23 giugno del 138292. Aveva sposato una tale Caterina, la quale, il 17 maggio del 1391, vende varie case e beni in Cividale per la cospicua somma di 124 marche, in presenza di Nicolò del fu Rodolfo de Portis, probabilmente figlio di Giovanni, del quale diremo presto, e di Ambrogio, figlio naturale del fu Rinaldo de Portis93. Torneremo in chiusura di capitolo sulle vicende di questo ramo familiare,

82 I libri degli anniversari, II, p. 672.83 BCU, FP, ms. 1227/1, n. 28, del 27.I.1271.84 Thesaurus, n. 122, p. 78.85 I libri degli anniversari, II, p. 747, identificato come Azzone.

86 V. per esempio su di lui MANC, PC, VIII, n. 47, del 11.VIII.1287, in cui egli vende al capitolo cividalese un manso in

Togliano per 30 marche. Cfr. pure BCU, FP, ms. 1227/1, n. 39, del 3.VIII.1287, e n. 50, del 13.VIII.1292. Il 9 agosto

del 1289 riceve dal Capitolo collegiale cittadino una braida sita fuori Porta S. Silvestro, gravata da un censo annuo di

due staia di frumento e, a scelta, 20 denari oppure un conzo di vino (MANC, PC, VIII, n. 81). Il 17 maggio del 1297

egli acquista per 50 marche tre mansi del conte di Gorizia, «iure recti et legalis feudi», siti sul Carso, evidenziando

già la tendenza di quel ramo della famiglia a concentrare i propri interessi oltre Isonzo (ivi, n. 54). Fu procuratore

del convento cittadino dei domenicani e prese in moglie una Francesca, morta l’8.XII.1319: I libri degli anniversari,

II, p. 740. Da notare come nel suo sempre assai approssimativo lavoro, il curatore abbia scisso in due Francesca,

indicizzandola la prima volta come fosse figlia di Quoncio, e la seconda, correttamente, come moglie, ma facendola

morire dieci anni più tardi, l’8.XII.1329. 87 MANC, PC, VIII, n. 12, del 11.V.1285. Ebbe almeno tre figlie: Albania, cui si farà cenno, Avinente, scomparsa l’8.

VIII.1327, e Caterina, morta l’8.III.1341 (I libri degli anniversari, I, p. 391, e II, p. 565); e quattro figli: oltre a Filippo e Ugo, di cui si dirà subito, sono documentati Luvisino ed Enrico (morti rispettivamente l’8.IX.1312 e il 21.III.1343: cfr. I libri degli anniversari, II, p. 679 e p. 572). Su Luvisino cfr. pure BCU, FP, ms. 1227/1, n. 68, del 10.VI. 1304; e su Ugo ivi, n. 127, del 12.XII.1322.

88 I libri degli anniversari, II, p. 718, dove erroneamente viene però identificato come figlio di Azzone, e non di Enrico de Portis.89 ASU, Archivio de Portis, 1.3.1.90 I libri degli anniversari, II, p. 741.91 BCU, FP, ms. 1228/2, rispettivamente n. 36, del 8.VII.1362, e n. 38, del 10.VII.1364.92 I libri degli anniversari, I, p. 349, e II, p. 624.93 BCU, FP, ms. 1228/2, n. 74.

Page 53: Nobiltà e aristocrazia cittadina

cap. VIIINobiltà e aristocrazia cittadina

201

limitandoci per ora a ricordare come un nipote di Filippo e suo omonimo, figlio del fratello Ugo, sposerà nel 1338 Margherita della Torre94.

I de Portis, come già si può evincere da quanto sin qui detto, sono sempre stati legati in maniera particolarmente stretta al Capitolo collegiale cittadino, da cui ricevono benefici e cui forniscono non pochi dei suoi membri. Ricordiamo, a titolo di esempio, come negli anni Cinquanta del XIII secolo un Rinaldo vi ricoprirà la carica di decano95 e si distinguerà per aver acquistato, sempre in quegli anni, tutta una serie di beni a Prestento, Grupignano e Moimacco96. Negli anni Settanta è la volta di Ulrico, nipote di Guarnerio de Portis, a detenere quella carica97; canonico nel 1294 e ancora nel 1316 e 1317 è Nicolò di Enrico de Portis di Aquileia, fratello di quel Pietro detto Fondano di cui subito si dirà98; nel 1332 incontriamo insignito di quel titolo un altro Nicolò, forse figlio di quel Giovanni di cui pure presto si dirà99.

94 ASU, Archivio de Portis, 1.3.1, del 9.VIII.1338. Ugo scompare il 29.XII.1334 (I libri degli anniversari, I, p. 521, sotto il 1335, e II, p. 748); Margherita il 15.XI.1365 (ivi, II, p. 726).

95 Egli scompare il 23.V.1258 (I libri degli anniversari, I, p. 324). Sappiamo che aveva un fratello di nome Mainardo: v. TilaTTi, Benvenuta Boiani, n. 4, p. 132. Egli potrebbe dunque essere figlio di Enrico di Ulrico.

96 MANC, PC, V, nn. 34, 38 e 151, rispettivamente del 3.IX e 15.X.1253 e del 2.XII.1258. Su di lui v. pure ivi, IV, n. 20, del 23.III.1244, e n. 100, del 12.IX.1250. Rinaldo, in questo secondo atto, può fregiarsi del titolo di decano della collegiata cividalese; un titolo che conserverà ovviamente anche in seguito (v. per esempio MANC, PC, V, n. 5, del 1253).

97 MANC, PC, VII, n. 10, del 1.VIII.1273, e n. 76, del 26.X.1277.98 Nicolò, pievano di Krainburg, in Carniola, e di Codroipo, e preposito di S. Pietro in Carnia, scompare il 10.III.1329

(I libri degli anniversari, I, p. 261). Credo che il padre sia da identificare con Enrico di Guarnerio, su cui torneremo. Su di lui, sulla notevole rendita che gli procura la pieve di Krainburg (rendita ben più alta di qualsiasi altro beneficio canonicale), v. ASU, ANA, 669/14, ff. 49r-v, del 8.VII.1316 (in cui lo vediamo vendere vino per il valore di tre marche), 59r, del 14.XI.1316 (in cui concede una marca in prestito a Odorico Longo) e 70v-72r, del 30.VI.1317, dove sono elencati i benefici di tutti i canonici cittadini con le rispettive rendite

99 ASU, 669/14, ff. 59r e 81r-82r: il beneficio gli rende la notevole rendita di una marca e mezza annua, molto più alta della media di resa degli altri benefici canonicali; Registri e imbreviature di Meglioranza da Thiene, n. 267, p. 347, del 9.IX.1322.

Enrico di AquilEiA

(† 5.X.1271)∞

BErtolottA

(† 12.VI.1259)

nicolò PiEtro FondAno

(† 10.VI.1329) († 20.IX.1328)∞

ElisABEttA

(† 20.X.1348)

GErtrudA WrimBErGA corrAdo TrAmontAno tommAso

(† 26.VI.1360) († 4.X.1360) († 13.XI.1348) († 10.VI.1329) († 17.X.1343)

Nicolòdetto Petoros

(† 19.VII.1360)

GiovAnni detto vAlEsio

(† 17.XI.1330)

Enrico detto FurmiA

(† 10.V.1335)

ErmAnno miles(† 14.II.1260)

∞BErlindA

(† 13.XI.1274)

AGAtA AdElAidE lEonArdo detto BonAt Enrico detto BirBiz BArBA GuArnErio († 30.XII.1258) († 25.XII.1288) († 11.XII.1264) ∞ ∞ 1. ElisA († 30.VIII.1266) GinEvrA

2. PAlmA († 13.V.1291) 3. corrAdinA († post 27.V.1292)

quoncio AndrEA utussio AdElAidE Enrico ulvino († 3.XI.1297) († 14.V.1329) († 4.III.1301) († 30.V.1305) vescovo di Trieste

∞ ∞ ∞ ∞ († 6.V.1285) FrAncEscA GErdrussA PrinzivAllE BEnvEnutA fu († 8.XII.1319) († 27.V.1313) d’ArcAno mAttiussA

uGo luvisino Enrico FiliPPo miles AlBAniA AvEnEntE cAtErinA († 29.XII.1334) († 8.I.1312) († 21.III.1343) († 10.XII.1327) († 22.IX.1312) († 8.VIII.1327) († 8.III.1341) ∞ liccArdA di Attimis

FiliPPo orlAndo rinAldo zEnonE

∞ († 10.I.1331) († 9.VII.1361?) († 3.II.1357) mArGhEritA dEllA torrE

(† 15.XI.1365)

FiliPPo miles AmBroGio (naturale) († 23.VI.1382) ∞ cAtErinA

cAtErinA orlAndo zEnonE scotto

(† 11.IV.1453) († 9.XI.1396) († 21.VIII.1444) († 26.XI.1435) ∞ ∞ 1. ElEnA di Marcuzio beccaio tEArdA di Giovanni di († 26.VII.1406) Francesco da Firenze

2. GrAziosA di Dionigi di Cividale

FIGURA 3: Famiglia de Portis, ramo di Enrico di Aquileia

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Nel 1328 è canonico Tramontano de Portis, figlio di Pietro Fondano. Qualche anno più tardi, nel 1332, Corrado del fu Pietro, fratello di Tramontano, riceve dall’abate di S. Maria di Rosazzo l’assegnazione della pieve di S. Giorgio di Brazzano100. Nel 1327, nel proprio testamento, il canonico Nicolò nomina eredi universali proprio questi suoi due nipoti che avevano abbracciato la carriera ecclesiastica: Tramontano e Corrado, figli di Pietro Fondano101 Non è certo un caso se i membri della dinastia – ulteriore segno della sua coesione – si faranno appunto seppellire, con pochissime eccezione, tutti nella collegiata cittadina, e se tutti saranno ricordati nel necrologio del Capitolo di essa.

I membri della famiglia sono in quegli anni anche tra i maggiori benefattori del più importante monastero femminile della città: quello di S. Maria in Valle (benché essi risultino ovviamente legati, pur se in misura assai minore, anche ad altri enti ecclesiastici)102. Non poche donne della dinastia sono qualificate come dominae dell’abbazia o vi sono registrate come monache, raggiungendovi spesso il grado di badessa103; e nel 1416 gastaldo e giudice del monastero è Nicolò de Portis104.

Un fratello di Enrico 'Birbiz', Guarnerio, sposato con una certa Ginevra, la quale scompare il 13 maggio del 1291105, ha a sua volta almeno una figlia, Adelaide106, e quattro figli: oltre a Utussio, di cui subito si farà cenno, Ulvino, il futuro vescovo di Trieste107, Enrico e Andrea, i quali nel 1278, «pro remedio anime», manomettono due loro femine de

100 Atti della Cancelleria, p. 81; Registri e imbreviature di Meglioranza da Thiene, n. 218, p. 281.101 MANC, PC, XI, n. 129, del 13.III.1327. Tramontano morirà il 26.VIII.1346, Corrado il 13.XI.1348 (cfr. I libri degli

anniversari, rispettivamente I, pp. 409 e 485). Pietro muore il 20.IX.1328 (ivi, I, p. 437). Egli aveva anche almeno quattro altri figli, Giovanni detto Valesio, scomparso il 17.XI.1330, Tommaso, morto il 17.X.1343, Enrico detto Furmia, deceduto il 10.V.1335, e Nicolò detto Petoros, morto il 19.VII.1360; e due figlie, Gertrude, morta il 28.VI.1360, e Wrimburga, scomparsa il 4.X.1360 (ivi, I, rispettivamente p. 488, p. 463, 314, 371, p. 352 e p. 452). Pietro è sposato con una Elisabetta, defunta il 20.X.1348 (ivi, I, p. 465). Per alcuni suoi atti patrimoniali, v. ASU, ANA, 669/12, f. 31r, del 2.III.1310. Quello stesso anno egli ricopre insieme a Odorico Longo la carica di provvisore del Comune (ivi, f. 194v, del 24.X).

102 Albania di Quoncio de Portis, la quale scompare il 22.IX.1312, è monaca nel cenobio di S. Maria della Cella (I libri degli anniversari, II, p. 690).

103 Adelaide de Portis, probabilmente figlia di Ermanno, scomparsa il 30.XII.1258 (I libri degli anniversari, II, p. 748), che la badessa dell’epoca, Sofia, definisce una delle sue dominae, compare in vari documenti monastici a partire dal 1222 e fino al 1234 (Le carte del monastero femminile, n. 16, p. 25, n. 18, p. 28, n. 22, p. 34); e così Agata, sorella di Adelaide (ivi, n. 22, p. 34, del 12.V.1234), mentre Alzubetta vi figura come monaca (ivi, n. 164, p. 276, del 20.III.1292; n. 168, p. 287, e n. 174, p. 297, rispettivamente del 9.II e del 16.VII.1294; n. 183, p. 319, del 24.VI.1297 e n. 196, p. 346, del 20.III.1298). Almeno tre donne della famiglia sono poi nominate badesse: Palma nel 1241, Alzubetta nel 1343 e Speronella nel 1421 (BCU, FP, ms. 1223/1).

104 BCU, FP, ms. 1223/2, n. 179, del 8.X.1416. Si tratta probabilmente di Nicolò di Nicolò. Un suo figlio, Antonio, scompare il primo ottobre 1428 (I libri degli anniversari, I, pp. 449-50).

105 I libri degli anniversari, I, p. 317.106 Ella, andata in sposa a Princivalle di Ulrico d’Arcano, morirà il 4.III.1301 (I libri degli anniversari, II, p. 563).107 Vidulli Torlo, I vescovi di Trieste, p. 131: egli sarà vescovo dal 1281 al 6.V.1285, anno della sua morte (I libri degli

anniversari, I, p. 310, e II, p. 600). Precedentemente era stato pievano di Mortegliano: MANC, FB-P01-I, n. 62, del 30.X.1267.

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cap. VIIINobiltà e aristocrazia cittadina

203

masnata, cedendole alla Chiesa aquileiese108. Qualche anno prima, il giorno 11 dicembre del 1264, Enrico aveva ben chiarito la propria genealogia, nel fornire assicurazione al Capitolo cividalese per tutti i censi e i livelli che la sua famiglia, dall’avo Ermanno al padre Guarnerio, aveva ricevuto da esso109. Nel 1274 egli compra una casa in Cividale, gravata da un censo a favore del Capitolo della collegiata110. Compare poi come teste, in un atto del 2 febbraio del 1282111 e ancora in altri del 1287, 1291, 1292 e 1297112. Nel 1285 presta assicurazione al Capitolo della collegiata di Cividale relativamente al versamento, per la salvezza dell’anima del defunto fratello Ulvino, il già noto vescovo di Trieste, di 100 libbre di piccoli veronesi113. Nel 1298 egli è gastaldo di Cividale114. Nel 1299 riceve l’investitura patriarcale per tutti i suoi feudi, e l’anno successivo risulta detenere in beneficio dal patriarca ben tre mansi in Cosizza e cinque a San Giovanni al Natisone115. Nel 1303 prende denaro in prestito116; l’anno successivo vince, davanti alla curia patriarcale, una causa per insolvenza117. Muore il 30 novembre del 1305118. Un inventario redatto nel 1300 ci consente di vedere quali siano i beni da lui detenuti in feudo di diverso genere. Si tratta di ben 15 mansi e mezzo più un mulino, siti in un’area molto vasta, che comprende tra l’altro beni a Cosizza, San Giovanni al Natisone, Grions del Torre119.

Dominus Henricus de Portis de Civitate recognovit habere ab Ecclesia Aquilegense in feudum quod

hereditat masculus et femina tres mansos in Cusiça;

item, iure recti et legalis feudi, quinque mansos in Sancto Iohanne de Mançano;

item in villa de Craston duos mansos;

item in villa de Occulis duos mansos et unum sedimen molendini;

item unum mansum in Grilons, iuxta Povoletum;

item duos mansos super Monte de Luch;

item medium mansum in Avorça, sicut de predictis constat publico instrumento scripto anno Domini

MCCC, signato per (S).

108 BCU, FP, ms. 1229, n. 3, del 25.VII.1278.109 MANC, PC, VI, n. 58.110 MANC, PC, VII, n. 22, del 7.X.1274.111 BCU, FP, ms. 1234, fasc. I, perg. n. 6.112 BCU, FP, ms. 1227/1, n. 39, del 3.VIII.1287; n. 47, del 20.VII.1291 e n. 50, del 13.VIII.1292; ASU, ANA, 669/9, f. 30r,

del 8.V.1297, in cui egli testimonia assieme al fratello Utussio.113 MANC, PC, VIII, n. 12, del 11.V.1285.114 Le carte del monastero femminile, n. 201, p. 358, del 20.X.1298.115 Thesaurus, rispettivamente n. 689, p. 257, e n. 109, p. 72.116 ASU, ANA, 669/5, f. 19r, del 5.VIII.1303.117 Registri e imbreviature di Meglioranza da Thiene, n. 5, p. 55.118 I libri degli anniversari, I, p. 499, e II, p. 735. Sembra lasci una figlia di nome Ginevra, che scompare il 31.XII.1321

(ivi, I, p. 522); ma in realtà si tratta di illazione del curatore, che così la indicizza, peraltro sbagliando l’anno di morte e attribuendolo al 1320. In effetti, il necrologio registra solo la morte di una Ginevra de Portis.

119 BCU, FP, ms. 1229, n. 8, in copia.

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Sei anni più tardi, all’indomani della sua morte, il fratello Utussio si vedrà confermare tutti questi feudi, con l’aggiunta di non pochi altri, sempre, dunque, tenuti iure recti et legalis feudi, che allargano ulteriormente lo spazio geografico degli interessi patrimoniali familiari. In un inventario analogo, infatti, dopo l’elenco appena riportato, si trovano aggiunti120:

item duos mansos in Quals, sub Savorgnan;

item unum mansum in Sitinisio;

item unam quantitatem terre circa quatuor campos in Bultinicho;

item tres mansos in Trivignano, salvo plus etc., un constat instrumento publico scripto anno Domini

Millesimo Tricentesimosexto, signato per (S).

Pochi anni dopo ancora, nel 1313, Utussio risulta detenere anche in feudo, diretta-mente dal patriarca, alcuni mansi siti nelle pertinenze di Vipacco121. Egli era comparso per la prima volta nella documentazione, in qualità di teste, nel 1291122. Nel 1301 aveva venduto per 8 marche due terre «in pertinentiis Sancti Georii ad Portam Brosanam»123; aveva ancora ven-duto nel 1305, per 13 marche, una terra con casa sita in città, fuori Porta Brossana, e un manso in Gagliano124. Risulta poi in lite con Guglielmo fu Baldachino per un manso in Grions, quando nel 1313 la vicenda si compone125. Nel 1329 egli fa rogare il proprio testa-mento, nel quale elegge il Capitolo cittadino come luogo della propria sepoltura126. Di un altro loro fratello, Andrea di Guarnerio, si sa che nel 1272 interviene a un rogito in veste di testimone e che nel 1298 possedeva una vigna sul monte Sclavonich127.

In quegli anni, a cavallo tra XIII e XIV secolo, compaiono poi nella documenta-zione alcuni altri rampolli della famiglia, che è però assai difficile collocare al loro posto nella tavola genealogica. Nel 1270 si accenna a terre di proprietà di Pizolo di Ottolino de Portis e di Giacomo de Portis128. Un atto notarile è rogato in casa di Tom-maso del fu Leonardo de Portis il giorno 11 ottobre 1303129. Francesco del fu Artuico de

120 BCU, FP, ms. 1229, n. 7; Thesaurus, n. 126, pp. 80-81. Utussio, il 17.I.1293, aveva venduto per 4 marche e mezza un orto in Cividale: BCU, FP, ms. 1228/2, n. 7; il 16.VIII.1312 compare come teste (BCU, FP, ms. 1228/2, n. 10).

121 Thesaurus, n. 108, p. 72.122 Atti della Cancelleria, p. 51, del 5.IX.1291. Lo incontriamo ancora, nella stessa veste, nel 1304 (ASU, ANA, 669/5, f.

6v e f. 19r) e nel 1312 (BCU, FP, ms. 1228/2, n. 10).123 BCU, FP, ms. 1228/3, n. 1 n. n.124 BCU, FP, ms. 1227/1, n. 74, del 5.I.1305; MANC, PC, X, n. 50, del 26.IX dello stesso anno. La vendita del manso,

gravato di un censo annuo di 16 denari a favore del capitolo cittadino, deve servire a far fronte alle spese necessarie a celebrare l’anniversario della madre Ginevra, moglie di Guarnerio.

125 ASU, ANA, 669/7, ff. 3v-4r, del 29.I.1329.126 MANC, PC, XI, n. 146, del 8.V.1329. Muore pochi giorni più tardi, il 14 maggio (I libri degli anniversari, I, p. 318). Sua

moglie Gerdrussa lo aveva preceduto nella tomba il 27.V.1313 (ivi, p. 326).127 Rispettivamente MANC, FB-P01-I, n. 71, del 7.III.1272, e Le carte del monastero femminile, n. 192, p. 338, del 15.I.1298.128 Le carte del monastero femminile, n. 126, p. 204, del 12.XI.1270.129 ASU, ANA, 669/5, f. 30r.

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cap. VIIINobiltà e aristocrazia cittadina

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Portis riceve in prestito, il 5 settembre del 1304, una marca e mezza da Ulrico de Portis130.Torniamo ora al ramo della stirpe discendente da Giovanni senex. Federico del fu

Giovanni de Portis, marito di una tal Caterina131, il 12 novembre del 1298 si impegna nei confronti del Capitolo collegiale cividalese a onorare l’anniversario del padre, defunto quel giorno stesso, acquistando da esso rendite per il valore annuo di 10 marche132. L’anno successivo egli riceve dal patriarca l’investitura per i feudi a lui pervenuti in eredità133. Compare poi come teste in un documento del 10 maggio del 1305134. Il 6 aprile del 1310 viene risarcito dal Comune cittadino «de quodam suo roncino deperdito in servicio Communis apud Sanctum Danielem»135; e il 10 settembre dello stesso anno, con il consenso della madre Adelmotta e del fratello Filippo, vende a Lotaringio di Firenze un suo grande prato sito in Senirimella, gravato di uno jus livelli di cui lo investe136. Il 16 agosto del 1312, insieme alla madre, vende per 32 marche una braida fuori Porta S. Silvestro, confinante con terra di Utussio de Portis. L’atto è ratificato dai suoi fratelli, Enrico e Filippo137. Il primo febbraio del 1313 riceve iure feudi un manso in Azzida138. Un paio d’anni più tardi, per la precisione il 13 luglio del 1315, egli e il fratello Enrico, partigiani del conte di Gorizia, scomparvero entrambi, vittime di un celebre scontro armato avvenuto a Cividale139.

Giovanni e Adelmotta hanno ancora almeno due altri figli: Luvisino, che compare insieme al fratello Filippo in veste di testimone in un rogito del 21 aprile 1300140, e Nicolò, del pari teste insieme al fratello Filippo in un documento del febbraio del 1307141 e un paio d’anni più tardi rimasto implicato, insieme a Federico Boiani, in una lite con Pildussio del fu Amedeo di Cividale per denari dovuti da un Rodolfo de Portis, forse suo nipote, figlio del fratello Federico, come subito si dirà142. Luvisino e Filippo possiedono anche una torre in città, che viene attaccata nel maggio del 1308 dalle truppe patriarcali143. Si ricordano infine tre figlie della coppia: Agnese, la quale ha a sua volta un figlio, Giovanni, e fa testamento il 13.IV.1329144, Cattarussa, che muore il 24 settembre del 1349145, e Adelmotta, che va a nozze nel 1312146.

130 ASU, ANA, 669/5, f. 60r.131 Scomparsa il 28.XII.1314: I libri degli anniversari, I, p. 520.132 MANC, PC, IX, n. 87.133 Thesaurus, n. 696, p. 257.134 ASU, ANA, 669/5, ff. 101v-102r.135 ASU, ANA, 669/12, f. 68v136 ASU, ANA, 669/12, f. 158r-v.137 BCU, FP, ms. 1228/2, n. 10.138 ASU, ANA, 669/7, f. 6v.139 I libri degli anniversari, I, p. 366; Juliani Canonici Civitatensis Chronica, p. 55. Cfr. pure MANC, PC, IX, n. 91. 140 MANC, PC, IX, n. 105.141 ASU, ANA, 669/8, f. 13r.142 ASU, ANA, 669/8, ff. 21v-22r e 31v, rispettivamente del 6 e del 15.III.1309.143 Juliani Canonici Civitatensis Chronica, p. 40.144 BCU, FP, ms. 1228/3, n. 2 n. n.145 I libri degli anniversari, I, pp. 441-42.146 ASU, Archivio de Portis, 1.3.1, del 16.VIII.1312.

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Federico ha tre figli: Guglielmo, Rodolfo e Giovanni; teste, quest’ultimo, in un documento del 1326147, e insieme al fratello Rodolfo in una carta del 13 aprile del 1329148. Giovanni sposa una certa Adelaide, che muore piuttosto giovane, prima dell’11 agosto del 1334149. Nel 1337 egli dona al fratello Rodolfo alcuni suoi diritti patrimoniali, a causa di un cavallo non pagato150; e l’anno successivo acquista un manso in Tapogliano per 46 marche151. Rodolfo muore il 2 dicembre del 1349152. Il fratello Guglielmo nel 1359 vende un manso per 77 marche153. Giovanni scompare l’11 dicembre del 1349, lasciando quattro figli: Nicolò, che scompare il 17 ottobre del 1359154, Filippo, Rodolfo, sui quali torneremo subito brevemente, e Federico, che nel 1342 impalma Caterina del fu Ulrico Zanola di Cividale155.

Il nobilis miles dominus Filippo di Giovanni de Portis, che incontriamo nel 1315 compiere un pio lascito a favore del Capitolo della collegiata della città156, sposa Alda di Bartolomeo Piccolomini157. Il 30 gennaio del 1339 acquista per la grossa cifra di 200 marche la gastaldia di Antro dal Fiorentino Azzolino Viviani158. Nel gennaio dell’anno successivo vende al Capitolo cittadino tre mansi siti in Pozzuolo e già appartenuti al suocero, per l’ammontare di 180 marche e 16 denari159. Il 28 novembre dello stesso anno vende per 5 marche una casa con corte in Cividale160; nel 1344 rilascia quietanza per i proventi delle usure offertigli in segno di pentimento da Giustino di Oppieno di Milano, abitan-

147 BCU, FP, ms. 1227/1, n. 152, del 18.II.1326.148 BCU, FP, ms. 1228/3, n. 2 n. n.149 Il giorno 11 di quel mese e anno egli fa un lascito al Capitolo cittadino per far celebrare messa per la salvezza della

di lei anima (MANC, PC, XII, n. 7).150 BCU, FP, ms. 1228/3, n. 4 n. n., del 1.IV.1337.151 BCU, FP, ms. 1227/1, n. 218, del 15.XI.1338: documento sul quale peraltro si tornerà più avanti, quando si tratterà

delle attività della famiglia Formentini.152 I libri degli anniversari, I, p. 502.153 BCU, FP, ms. 1227/2, n. 139, del 9.VII.1359.154 I libri degli anniversari, I, p. 509 per Giovanni, e p. 463 per Nicolò. Quest’ultimo lascerà a sua volta un figlio, pure di

nome Nicolò, che morrà l’8.VIII.1382 (ivi, I, p. 391). 155 ASU, ANA, 669/13, ff. 7v-8v, del 9.I.1342, in cui sono menzionati Filippo de Portis e Federico di Giovanni. Sulle nozze

tra Federico e Caterina, v. ivi, ff. 230v-232r, in cui Adalisia, moglie del fu Ulrico, dota la figlia Caterina con 32 marche e due mansi, l’uno sito in Purgessimo e l’altro in Remanzacco. Cfr. pure ASU, Archivio de Portis, 1.3.1, copia tarda con data certamente errata, che rimanda al 3.VI.1332. Caterina scompare il 30.X.1349: I libri degli anniversari, I, p. 474.

156 MANC, PC, X, n. 166, del 14.VII.1315, in cui dona sei marche appunto al Capitolo collegiale.157 Atti della Cancelleria, p. 117, del 5.IV.1331, nel quale Salomone Piccolomini presenta appello al legato pontificio

avverso a una sentenza patriarcale relativa a una lite giudiziaria che egli ha con la sorella Alda, moglie di Filippo de Portis, sull’eredità del padre Bartolomeo. Cfr. pure BCU, FP, ms. 1228/3, n. 6 n. n., del 12.VI.1340, con il quale Filippo de Portis restituisce alla moglie alcuni beni pervenutigli attraverso il cognato, Salomone Piccolomini. Nella dote vi sono anche due mansi che egli, col consenso della moglie, permuterà con altri il 10.V.1338 (BCU, FP, ms. 1227/1, n. 213). Alda muore nel 1352. Una delle copie del suo testamento è edita in saccheTTi, L’eredità, pp. 78-88.

158 Atti della Cancelleria, p. 152.159 MANC, PC, XII, n. 79, del 11.I.1340.160 BCU, FP, ms. 1228/3, n. 7 n. n.

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cap. VIIINobiltà e aristocrazia cittadina

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te in Cividale161. Morirà pochi anni più tardi, il 20 luglio del 1348, sembra senza aver procreato figli162.

Rodolfo di Giovanni de Portis compare come teste in un atto del 28 giugno 1349163, e di nuovo nel 1374, in qualità di tutore di alcuni rampolli minorenni di casa Formentini164. Nel 1371 sposa Elisabetta di Porcia. Muore il 26 aprile del 1381165. Il fratello, Filippo del fu Giovanni, convola a nozze nel 1377 con Caterina di Castel Porpetto166. Nel 1379 egli risulta procuratore e sindaco del Comune di Cividale, e in questa veste acquista per ben 6000 marche la gastaldia di Tolmino167. Muore soltanto due anni più tardi, il 6 luglio del 1381168.

Abbiamo poi notizia di due figli, entrambi, ritengo, rampolli di Rodolfo di Giovanni: il primo, di nome Giovanni, il quale scompare il 21 aprile del 1386169; il secondo, Nicolò, che come si ricorderà abbiamo già menzionato, il quale sposa nel 1388 Giovannina, figlia del nobile Giacomuzzo di Vipulzano (odierna Vipolže)170, della quale, due anni più tardi, sarà procuratore in una lite giudiziaria171. In quello stesso 1390 egli è testimone delle nozze di Caterina fu Filippo fu Rinaldo fu Filippo fu Quoncio de Portis172. Il 28 febbraio del 1401, assieme al fratello Filippo, acquista quattro campi in Sant’Andrat173. Nicolò ha a sua volta almeno una figlia, Adelmotta, che nel 1410 sposerà, come vedremo, Nodino di Adamo Formentini174. Egli morirà poi il 22 giugno del 1426175.

Conviene infine analizzare l’operato dei fratelli Zenone e Scotto, del fu Filippo fu Rinaldo fu Filippo fu Quoncio de Portis, fratelli della Caterina poco più su menzionata (oltre che di un Orlando di cui sappiamo solo che morì, giovane, nel 1396)176, giacché esso è assai abbondantemente documentato, e testimonia di una notevolissima vivacità imprenditoriale. Il ritmo degli acquisti è in particolare assai sostenuto. Il 16 dicembre del 1403 Zenone stipula i patti dotali con il ricchissimo Marcuzio beccaio, sposandone la figlia Elena, che gli

161 BCU, FP, ms. 1228/2, n. 25/1, del 26.XI.162 I libri degli anniversari, I, p. 372.163 BCU, FP, ms. 1234, fasc. V, perg. n. 12.164 BCU, FP, ms. 1227/2, n. 229, del 8.IV.1374.165 I libri degli anniversari, I, p. 301. La moglie Elisabetta, non identificata dal curatore del necrologio, lo seguirà nella

tomba il 15.IX.1393: ivi, I, p. 433.166 ASU, Archivio De Portis, 1.3.5, memoria delle nozze di Rodolfo, e 1.3.6, documento dotale di Caterina, del 17.V.1377.

Il suo decesso è fissato al 4.V.1401 (I libri degli anniversari, I, p. 309). Elisabetta, vedova di Rodolfo, è menzionata ancora in MANC, PC, XV, n. 19, del 2.IX.1381. Morirà il 15.IX.1393: I libri degli anniversari, I. p. 433.

167 BCU, FP, ms. 1227, n. 27, del 16.V.1379; MANC, PC, XV, n. 3, della medesima data.168 I libri degli anniversari, I, p. 358.169 I libri degli anniversari, I, p. 297.170 ASU, Archivio De Portis, 1.3.7, patti dotali, datati 9.II.1388.171 BCU, FP, ms. 1227/3, n. 54, del 1.X.1390.172 BCU, FP, ms. 1228/3, n. 28, del 1390. Su di lei, v. I libri degli anniversari, II, p. 585.173 BCU, FP, ms. 1228/1, n. 227.174 BCU, FP, ms. 1227/3, n. 138, del 30.VI.1410.175 I libri degli anniversari, I, p. 347, e II, p. 623.176 I libri degli anniversari, II, p. 722, sotto la data 9 novembre.

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porta in dote 140 marche177. Nel 1409 egli compra due possessioni in Fauglio e una braida in Rubignacco178; nel 1414, insieme al fratello Scotto, che in quel momento ricopre la carica di commissario patriarcale, acquista un possedimento terriero in Soffumbergo179. Il 4 marzo del 1415 è nominato dal suocero suo erede universale180. L’anno successivo i due fratelli comprano terra a Madriolo per 17 marche181; e nel 1418 il solo Zenone acquista una braida in Sanguarzo182. L’anno successivo egli acquisisce un censo annuo garantito su di una terra in Moimacco183. Nel 1421 acquista all’incanto una possessione sita a Dolga, che era stata di Ulvino Canussio e della moglie di questi, Matilda184, e, in tre diversi momenti, dei censi annui, rispettivamente per mezzo staio di frumento in Moimacco, per due staia su di una braida in San Giovanni di Migea (questo acquisto è fatto insieme al fratello) e di nuovo per mezzo staio in Purgessimo185. Nell’agosto del medesimo anno, egli concede parecchi suoi beni in enfiteusi nella zona di Conoglano186. Nel 1423 acquista beni in Azzida da Antonio Formentini, e ancora un terreno a Orzano e un ronco in Campeglio187. Il giorno 11 gennaio 1425 Zenone liquida tutte le pendenze relative all’eredità del suocero, acquistandone i diritti da Giovannutto Babo di Attimis. Nello stesso anno, l’inventario delle entrate dei due fratelli de Portis registra importi sia in denaro che in natura provenienti da una trentina di località diverse188. Nel 1428 Zenone compra due censi vitalizi, il primo per l’ammontare di uno staio di frumento, garantito su di un campo a Gagliano, e il secondo, insieme al fratello Scotto, per due staia gravanti su di una terra a Cormons189. Quell’anno il doge veneziano Francesco Foscari conferma l’investitura di tutti i loro feudi a favore di Zenone e Scotto de Portis190. In quello stesso 1428 Zenone acquista anche mezzo campo in Gagliano191, mentre nel 1429 il fratello Scotto, che ha sposato Tearda, figlia di Giovanni di Francesco da Firenze192, compra una canipa in contrada S. Silvestro, a Cividale193. Prima di quell’anno, Zenone doveva essersi sposato per la seconda volta, dopo la prematura morte della prima moglie, Elena194, con Graziosa, figlia di Furlana e di ser Dionigi di

177 BCU, FP, 1228/2, n. 92; ivi, 1228/3, n. 32, stessa data.178 BCU, FP, ms. 1228/1, n. 203, del 4.XI.1409.179 BCU, FP, ms. 1228/1, n. 225, del 14.XI.1414; MANC, PC, XVI, n. 107, del 28.I.1414.180 BCU, FP, ms. 1228/2, n. 104.181 Due originali: BCU, FP, ms. 1229, n. 110, e ms. 1228/1, n. 172, del 23.XI.1416.182 BCU, FP, ms. 1228/1, n. 222, del 30.VIII.1418.183 BCU, FP, ms. 1228/1, n. 135, del 2.X.1419.184 BCU, FP, ms. 1228/1, n. 80, del 18.II.1421.185 BCU, FP, ms. 1228/1, rispettivamente nn. 136, 212 e 173, del 15.I, 5.III e 3.IV.1421.186 BCU, FP, ms. 1228/3, n. 8 n. n., del 31.VIII.1421. 187 BCU, FP, ms. 1228/1, n. 6, del 20.V, n. 160, del 19.VIII, e n. 74, del 9.XII.1423.188 BCU, FP, ms. 1228/2, rispettivamente nn. 119 e 118.189 BCU, FP, ms. 1228/1, rispettivamente n. 95, del 9 gennaio, e n. 59, del 14 febbraio 1428.190 BCU, FP, ms. 1228/3, n. 38, del 18.III.1428.191 BCU, FP, ms. 1228/1, n. 96, del 27.XII.1428.192 ASU, PN, busta 3, n. 491, del 26.II.1418, nel quale nomina il marito Scotto e il cognato Zenone suoi procuratori.193 BCU, FP, ms. 1228/2, n. 126, del 15.I.1429.194 Deceduta il 26.VII.1406: I libri degli anniversari, II, p. 646.

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Cividale, giacché il 15 marzo di quell’anno la suocera roga il proprio testamento, nel quale lo beneficia largamente195. Nel 1430 acquista ancora il censo di uno staio di frumento garantito su terra sita in Carraria196. Nella medesima località comprerà poi una casa e un terreno nel 1436197.

Si tratta, con ogni probabilità, di una strategia per lui usuale al fine di entrare patrimonialmente in possesso di una località: egli vi acquista preliminarmente dei censi in natura, come accade nel 1438, quando in pochi mesi ne acquisirà tre198, contando sulle difficoltà economiche in cui potrebbe trovarsi il venditore, allo scopo di impadronirsi poi di quei beni; tanto che nella stessa area compra poi non di rado terre messe all’incanto, come avverrà, oltre che nel caso già evidenziato, nel 1437, allorché acquisirà in questo modo una braida a Grupignano199, mentre nel 1439 comprerà un censo garantito su di una casa in Borgo San Pietro200; casa di cui probabilmente entrerà poi in possesso, giacché nel 1442 ne vende una nella stessa contrada201. I suoi possedimenti aumentano ancora allorché la seconda moglie, la già menzionata Graziosa, con atto del 22 marzo 1440, lo nomina proprio erede universale202.

I due fratelli de Portis, come si è visto, non disdegnano l’attività feneratizia ad alto livello: nel 1429, per esempio, Zenone concede un prestito di 50 marche203; e nel 1433 Scotto risulta creditore di ben 200 marche nei confronti di Antonio de Nordis204. Alcuni dei beni in loro possesso, infine, vengono fatti fruttare in maniera ancora differente, immettendoli cioè nel giro tutto politico delle concessioni feudali: è il caso di un manso in San Giovanni al Natisone, di cui Zenone investe nel 1402 il nobile Florino di Attimis205. Quando nel 1444, pare il giorno 17 di agosto, redigerà il proprio testamento, Zenone de Portis risulterà in possesso di uno dei patrimoni più ragguardevoli della regione206. Morirà il 21 agosto di quell’anno207. Scotto era intanto scomparso precedentemente, il 26 novembre del 1435208.

195 BCU, FP, ms. 1228/3, n. 37. Graziosa è ricordata il 17.IV.1441: I libri degli anniversari, II, p. 588. 196 BCU, FP, ms. 1228/1, n. 67, del 14.IV.1430.197 BCU, FP, ms. 1228/1, n. 68, del 11.III.1436.198 BCU, FP, ms. 1228/1, nn. 97-99, rispettivamente del 9 gennaio, genericamente del gennaio e del 21 aprile, nel primo

caso per mezzo staio di frumento e negli altri due per uno.199 BCU, FP, ms. 1228/1, n. 114, del 17.I.1437.200 BCU, FP, ms. 1228/2, n. 136, del 14.II.1439.201 BCU, FP, ms. 1228/2, n. 140, del 8.VI.1442. Il primo gennaio del 1441 Giovanni Gallo gli aveva ceduto in fitto

perpetuo un’abitazione in Cividale confinante con la sua (ivi, n. 139).202 BCU, FP, ms. 1228/2, n. 138.203 BCU, FP, ms. 1228/2, n. 127, del 24.V.1429.204 BCU, FP, ms. 1228/2, n. 130, del 20.V.1433.205 BCU, FP, ms. 1228/1, n. 235, del 7.VIII.1402.206 BCU, FP, ms. 1228/2, n. 142, privo di indicazione del mese e del giorno. Lo si trova in copia anche in ASU, Archivio

De Portis, 1.4.14, con la data 17.VIII.1444.207 I libri degli anniversari, II, p. 665 e p. 817.208 Ivi, I, p. 495, e II, p. 733.

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3. La famiglia Boiani

I Boiani sono stati di recente fatti oggetto di complessiva attenzione, in una monografia pur dedicata specificatamente a una delle più insigni rappresentanti della famiglia: la beata Benvenuta209. Per svelare, nei limiti del possibile, le più remote origini della dinastia, occorre partire da lontano. Bisogna cioè anzitutto analizzare la linea dinastica dei de Pertica: una famiglia che deriva il proprio nome da una località sita nelle immediate vicinanze di Cividale, probabilmente destinata in epoca longobarda ad area sepolcrale. Un Carlo de Pertica compare nel 1169210, ma ignoriamo in quale relazione di parentela egli fosse con i discendenti più noti della dinastia. Di un altro membro della schiatta, Swicherio, chi scrive ha tracciato un breve profilo biografico e patrimoniale, ipotizzando in quella sede che le origini della famiglia andassero rintracciate in area germanica, probabilmente in Carniola. «Swicherius quidem miles de Civittate Austria», così egli è definito il primo agosto del 1213, allorché roga il proprio testamento in vista di un viaggio di carattere politico e diplomatico che sta per intraprendere verso Gerusalemme, è figlio di un Egidio non distinto da alcun titolo; e lo stesso Swicherio, d’altra parte, in un atto del 16 febbraio del 1207 è ancora definito semplicemente dominus. Proprio nel 1213 il patriarca Wolfger, però, crea una serie di consiglieri, tra i quali, come si ribadirà, oltre a Swicherio sono anche altri membri della famiglia211.

Purtroppo, non è possibile fissare un posto nella tavola genealogica della dinastia a Swicherio. Solo con Corrado, che incontriamo per la prima volta nel 1194212, e con coloro che da lui e dalla moglie Werera discendono, possiamo tentare di ricostruire abbastanza esattamente lo sviluppo di questo ramo della famiglia, ripercorrendo inizialmente in linea di massima, ma anche arricchendola significativamente e proseguendola fino al XV secolo inoltrato, la vicenda genealogica già tracciata da Andrea Tilatti fino circa al primo terzo del XIV secolo213. Corrado divenne ben presto canonico e poi decano della collegiata cittadina, e in questa veste lo incontriamo spessissimo, nell’arco di tempo che va dal 1207 al 1227214. Scompare certamente prima del luglio 1235215. Sappiamo che aveva una casa in Cividale, per la quale, nel 1210, si trova coinvolto in una lite giudiziaria216; e che ebbe almeno quattro figli: Vecelio, canonico cividalese anch’egli, che probabilmente gli premorì, giacché appare

209 TilaTTi, Benvenuta Boiani.210 MANC, PC, II, n. 8, del 29.IV.1269.211 L’atto del 1213 è stato edito e soprattutto contestualizzato e interpretato da chi scrive: Figliuolo, Swicherio, pp. 121-

122. La pergamena del 1207 si trova in MANC, PC, III, n. 15.212 MANC, PC, II, n. 42, del 6.III.1194.213 TilaTTi, Benvenuta Boiani, tav. posta dopo la p. 29.214 MANC, PC, III, n. 15, del 16.II.1207 (prima menzione), e ivi, III, n. 60, del 5.VIII.1227 (ultima apparizione nella

documentazione in nostro possesso).215 È menzionato come quondam per la prima volta in una carta del 25.VII.1235 (MANC, PC, III, n. 97).216 MANC, FB-P01-I, n. 1, del 23.IV.1210.

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211

documentato solo tra gli anni 1210 e 1217217, Enrico, morto il 21 settembre del 1241218, Giovanni, che sposa una certa Surut219, e Corrado220.

217 MANC, PC, III, nn. 19 e 36, rispettivamente del 20.IV.1210 e del 7.IX.1217.218 MANC, FB-P01-I, n. 12, del 15.I.1237. Egli vi appare come proprietario di beni fondiari confinanti con quelli dei fratelli

Giovanni e Corrado. Sposato con una domina Sofia e padre di quattro figli, Carluccio, Lorenzo, Benvenuto e Corrado, lascia forse la famiglia in qualche difficoltà economica, giacché il 13 marzo del 1251 i suoi eredi, in pochi mesi, liquidano il proprio patrimonio immobiliare, vendendolo, come si dirà tra breve, a Corrado Boiani (ivi, nn. 28, 29 e 30). Sulla data della sua morte, v. I libri degli anniversari, I, p. 438. I figli Carluccio, Corrado e Benvenuto moriranno rispettivamente il 7.V.1272, il 10.XI.1283 e l’8.V.1316 (ivi, I, pp. 311, 484 e 311 di nuovo).

219 Ella scompare il 24.VII.1265: I libri degli anniversari, I, p. 376. Probabilmente lasciano una figlia, Corradina, scomparsa a sua volta il 19 novembre di un anno imprecisato (ivi, p. 489).

220 Il 20 ottobre del 1236 essi vendono una terra in Cividale, sita presso il Campo Marzio: MANC, FB-P01-I, n. 9. Corrado ebbe almeno due figli: uno cui diede il suo stesso nome (ivi, n. 17, carta del 12.XII.1244, che sarà meglio menzionata più avanti) e un Ermanno, notaio, morto il 29.VIII.1270 (I libri degli anniversari, II, p. 671).

FEdErico miles(† 27.II.1359)

∞1. cristinA

(† 17.XI.1350)2. cAtErinA di Gasparino

di Novate(† 23.XI.1365)

GuGliElmo miles(† 21.XI.1365)

∞AlicE di Castel Porpetto

corrAdo miles PAolo(† 13.IX.1419)

∞mArGhEritA di Prata

(† 17.I.1420)

ElisA GuGliElmo vEncEslAo miles ulrico († 16.X.1412) († 23.VIII.1405) († 1.VIII.1407) († 9.XI.1412) ∞ ∞ ∞ FrAncEscA di cAtErinA di Andrea AnnA di Antonio Gallo Castelraimondo di Venzone († 17.I.1420)

corrAdo mAddAlEnA

corrAdo(† ante VII.1235)

∞WErErA

Enrico corrAdo vEcEllio GiovAnni

(† 21.IX.1241) ∞ ∞ surut

soFiA († 24.VII.1265)

cArluccio corrAdo BEnvEnuto lorEnzo corrAdo ErmAnno corrAdo milesdetto Boiani corrAdinA († 7.V.1272) († 10.XI.1283) († 8.V.1316) († 29.XII.1334) († 29.VIII.1270) († 4.IV.1280) († 19.XI.?) ∞ 1. AlBErtinA di Ulrico di Bottenicco († 30.VIII.1280) 2. PAlmA

3. corrAdinA († post 27.V.1292)

BEAtricE corrAdinA mAtildE BEAtricE PEtris BEnvEnutA PAolo miles GiAcomo AdElmottA mAriA soFiA († 1.V.1263) († 16.VII.1298) († 12.III.1321) († 30.X.1292) († 16.III.1335) († 30.I.1328) († 14.III.?) († 4.IV.1298) ∞ ∞ ∞ Bunussio WAlconE 1. AGnEsE († 3.I.1295) di Rubignacco di Benedetto 2. AvEnEntE († 4.VIII.1336)

nicoluttA GArdiloGA BEnvEnutA corrAdo FrAncEsco ulrico († 29.XI.1348) († 31.V.1354) († 24.VIII.1340) († 15.I.1343) ∞ ∞ ∞ mAinArdo di Egidio FiordElcAmP dE Portis 1. mAtildE di Cividale († 8.V.1347) († 18.XII.1320) († 19.IX.1320) 2. FumiA di Ottone di Sovignacco († 30.X.1384) FEdErico miles († 27.II.1359) ∞ 1. cristinA

(† 17.XI.1350) 2. cAtErinA di Gasparino di Novate († 23.XI.1365)

V. FIGURA 5

FIGURA 4: Genealogia della famiglia Boiani (I)

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212

Vecelio lasciò un figlio, anch'egli di nome Corrado ma piuttosto conosciuto con il soprannome Boiani, con il quale sarà sempre menzionato nella documentazione successiva: un soprannome talmente radicato che passerà come cognome ai propri discendenti, i quali poi si impegneranno sempre a mantenere una notevole coesione nel gruppo parentale, che non a caso sceglierà un proprio ente ecclesiastico di riferimento per la sepoltura; ente che non sarà identificato nella collegiata cittadina, come era per i de Portis ed era stato per gli stessi de Pertica, ma verrà individuato nel convento dei domenicani, di recente fondazione.Nel 1236 Corrado, detto Corraduccio forse per distinguerlo dallo zio o dal cugino, è sposato con Albertina, figlia di una domina Emma e di Ulrico di Bottenicco221, la quale doveva esser membro di una famiglia di rilievo, giacché gli porta in dote un manso in Brazzano, dipendente dal Capitolo cividalese e gravato dal servizio di ufficio di cappella dovuto alla Chiesa aquileiese222; e gli porta anche una quota di quello stesso feudo di «officium capellanie» del patriarca per la quale i due coniugi, molti anni più tardi, nel 1266, si troveranno in lite con un altro figlio di Ulrico, Giovanni, e un nipote del medesimo, Enrico del fu Bertoldo di Ulrico, detentori di altre quote parti di quell’ufficio223. Che si tratti di un beneficio di tutto rilievo, anche sul piano dell’immagine, lo dimostra un’altra lite, stavolta sul diritto di usufruire nelle cerimonie solenni del cavallo della cappella, che nel 1270 contrappose i tre, a vario titolo eredi di Ulrico di Bottenicco, ai marescialli di Tricano, e dalla quale essi uscirono vittoriosi224. Nel 1242 Corrado è investito di una terra a Bottenicco, pure di proprietà ecclesiastica225. Il suo patrimonio si sviluppa in specie attraverso transazioni che egli, così come altri membri della sua famiglia, opera con il Capitolo cittadino. Nel 1244 vende, insieme all’omonimo cugino Corrado, figlio del fu suo zio Corrado, un manso in Grupignano appunto al Capitolo collegiale cividalese, spostando su di esso il censo di due conzi di vino che gravava su di un altro manso, sito in Moimacco, che il Boiani versava annualmente per la salute delle anime del padre Vecelio e della nonna Werera226. L’anno successivo egli dà sette marche e un mezzo manso in Moimacco alla già nota domina Emma e al di lei figlio Paolo, ricevendone in cambio l’investitura di una loro tenuta in Cividale, fuori Porta S. Pietro, «tam de vineis quam de pomerio necnon et terre aratorie atque curie, excepta domo murata», e gravata, manco a dirlo, di un censo a favore

221 La donna gli premorirà, scomparendo l’8.III.1271 (I libri degli anniversari, II, p. 564); Corrado si sposerà poco dopo con una certa Palma, che dovette anch’ella morire presto, e infine con una tale Corradina, che invece appare come vedova ancora nel maggio del 1292 (TilaTTi, Benvenuta Boiani, p. 44).

222 MANC, FB-P01-I, n. 11, del 6.VIII.1236. Il bene, che, si specifica, «spectat ad magisterium capelle» e proviene dalla Chiesa aquileiese, viene loro ceduto da domina Emma col consenso del di lei figlio Paolo in dote, a patto che essi «teneantur facere officium capelle». Sembra molto probabile che domina Emma sia a quella data vedova e sia in qualche modo imparentata con Corrado.

223 MANC, FB-P01-I, n. 58, del 28.VII.1266. Cfr. pure ivi, n. 65, del 8.XI.1268.224 MANC, FB-P01-I, nn. 67 e 68, due copie del medesimo atto, datato 3.I.1270.225 MANC, FB-P01-I, n. 13, del 13.II.1242.226 MANC, FB-P01-I, n. 17, del 12.XII.1244.

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della Chiesa cividalese227. L’area di S. Pietro, dove egli stesso risiede, è ancora oggetto, negli anni seguenti, di compravendite di terre, orti e case che egli effettua, al solito, con le istituzioni ecclesiastiche cittadine228. Ma anche la villa di Bottenicco, fulcro del patrimonio della famiglia della moglie, come si è già notato, suscita il suo interesse imprenditoriale; così come, sia pure in misura minore, altre località della regione, come Treppo Grande e Premariacco. A Bottenicco, nel dicembre del 1256, egli acquista da Andrea di Cauriolo di Cividale un manso che il venditore deteneva in feudo direttamente dal patriarca229. Man mano che le sue proprietà aumentano, si amplia anche il raggio della sua azione imprenditoriale: nel 1267, per esempio, egli acquista da Bernardo di Zuccola, per la cospicua somma di 34 marche, molti terreni nella zona di Premariacco; tutti, al solito, di proprietà ecclesiastica e concessi nella forma del recti et legalis feudi, e per il godimento dei quali deve chiedere, ciò che fa e immediatamente ottiene, l’investitura da parte della prepositura cividalese230.

Nel 1250 Corrado è definito gastaldo dei canonici di Cividale, e in questa delicatissima veste, che gli affida l’amministrazione delle ricche prebende canonicali, vende una notevole quantità di vino e frumento di proprietà del Capitolo, per l’ammontare di 3 marche231. Pochi mesi più tardi viene investito di una casa in Cividale dai canonici cittadini, e l’investitura viene prontamente confermata dal patriarca Bertoldo232. Anche se di preferenza fa affari con enti ecclesiastici, Corrado Boiani non disdegna di intavolare transazioni economiche con membri della sua stessa famiglia. Nel 1251 e nel 1252, a tre riprese ed entro soli dieci mesi, compra infatti, per la bella somma rispettivamente di 7 marche e mezza, 8 e infine 5 e 40 denari, tre campi di terra vineata siti nei pressi di Cividale da Sofia, moglie del suo defunto zio Enrico, e dai cugini Carluccio, Benvenuto, Lorenzo e Corrado, figli della coppia233.

Sembra a questo punto superfluo continuare nell’analisi dettagliata delle singole, innumerevoli transazioni effettuate da Corrado e diligentemente registrate e conservate tra le centinaia di atti dell’archivio di famiglia, giacché, come si vede, esse si muovono tutte all’interno di una ben determinata tipologia, i cui esiti, oltretutto, saranno riassunti in un unico documento di inventario di cui presto si dirà. Richiameremo perciò, ora, soltanto quelle che si

227 MANC, FB, P01-I, nn. 18 e 19 (due copie, del 4.II.1245).228 MANC, FB-P01-I, nn. 21, del 18.VII.1248, e 23 (altre due copie ivi, nn. 24 e 25), del 18.VI.1249; n. 49, del 20.XI.1257;

n. 64, del 11.VI.1269; e n. 76, del 22.IV.1279.229 MANC, FB-P01-I, nn. 48, del 13.XII.1256, e 56, del 12.VII.1265. Cfr. pure ivi, nn. 50 e 51, rispettivamente del

14.XI.1257, per Treppo (transazione che si svolge davanti alla casa di un non meglio identificato Corrado de Pertica: il figlio di Vecelio o più probabilmente quello di Corrado o quello di Enrico?) e del 31.VII.1258, per Premariacco, dove Boiani possiede ben 3 mansi.

230 MANC, FB-P01-I, nn. 61, 60 e 62, rispettivamente del 23, 29 e 30.X.1267. Cfr. pure ivi, n. 63, del 18 dicembre dello stesso anno, atto nel quale Bernardo di Zuccola certifica di aver materialmente ricevuto da Corrado Boiani le 34 marche pattuite per la vendita.

231 MANC, FB-P01-I, n. 26, del 4.II.1250. Un paio d’anni più tardi, il 1.IX.1252, egli è chiamato a distribuire ai vari canonici della collegiata la quota di prebende loro assegnata (ivi, n. 32).

232 MANC, FB-P01-I, n. 27, del 17.VI.1250.233 MANC, FB-P01-I, nn. 28, 29 e 30, rispettivamente del 13.III e del 19.V.1251 e del 9.I.1252.

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discostino da tale tipologia e che consentano perciò di illuminare diversi e nuovi aspetti della sua attività. Sembra interessante in tal senso, per esempio, registrare la vendita che egli fa nel 1252 di un cavallo e nel 1256 di alcuni altri: indice di sicuro interesse imprenditoriale, visto l’alto costo di quella particolare merce, ma forse anche di uno stile di vita almeno contiguo a quello cavalleresco234. Non mancano inoltre prove della sua attività feneratizia, anch’essa indice di una vivace intraprendenza imprenditoriale, giacché espletata su larga scala, per piccole e grandi somme: nel 1253 presta a Eberardo del fu Chisino 1 marca e mezza e 4 denari; nel 1256 a Rafanello di Cividale del fu Marquardo Cazaporc 1 marca e mezza e 13 denari; nello stesso anno risulta anche creditore di Siboto, miles cividalese, per il notevole importo di 34 marche, e via seguitando. E credo che del pari nasconda un prestito il suo acquisto, per un anno, dei proventi delle prebende di un paio di canonici, poi perfezionato pochi giorni più tardi235. Dallo stesso Siboto, alcuni anno dopo, nel 1261, egli comprerà due mansi in Moimacco236. E neppure mancano, infine, testimonianze del suo interesse per il commercio. Non si spiegherebbe infatti se non per l’intenzione di collocare poi la merce sul mercato, l’acquisto, che egli perfeziona, sempre nel 1253, da uno dei nomi più prestigiosi della feudalità patriarchina, Bernardo miles di Zuccola, per la ragguardevole somma di 20 marche, di una assai notevole quantità di vino (100 conzi) e grano (60 sestari): probabilmente buona parte del prodotto che il nobiluomo ricavava dalle sue terre237.

Nel 1258 Corrado cede a Bunussio, figlio del dominus Dietrico di Rubignacco, 20 marche, come dote per la propria figlia Beatrice238, che Bunussio utilizza per comprare da un altro nobile locale, Bernardo di Zuccola, tre mansi in Premariacco, che si impegna ora a consegnare al futuro suocero. Tutto lascia pensare che si tratti di un ottimo affare, per lo scaltro Boiani: fa sposare una delle figlie (tralasciando la celebre Benvenuta, entrata nell’ordine domenicano, noteremo come tre altre, una seconda Beatrice, nata certamente dopo la morte della prima, Petris e Sofia, entreranno nel monastero della nobiltà locale: l’abbazia di S. Maria in Valle)239 a un nobiluomo di campagna dei dintorni e ne sfrutta la dote, attraverso quello che in realtà appare un prestito dissimulato, per entrare dopo poco in possesso di ampi e compatti beni terrieri a Premariacco240. Nel 1264 riceve da Guariendo del fu Eberardo due prati siti lungo il corso del torrente Malina, pertinenti all’ufficio di cappella del

234 MANC, FB-P01-I, nn. 32, del 22.V.1252, e 46, del 3.X.1256.235 MANC, FB-P01-I, nn. 35, 45, 47 e 36, rispettivamente del 24.II.1253, del 24.VIII, del 7.XII.1256 e del 5.III.1253. Cfr.

pure ivi, n. 57, del 20.VI.1266, per un prestito di 10 marche, etc.236 MANC, PC, VI, n. 27, del 29.XI.1261.237 MANC, FB-P01-I, n. 41, del 30.XI.1253.238 Beatrice scompare, molto giovane, il primo maggio del 1263: I libri degli anniversari, I, p. 305.239 Le carte del monastero femminile, n. 95, p. 150, del 20.III.1263. Egli stesso compare spesso come testimone in

atti riguardanti l’abbazia, in due casi come nunzio per immetterla in possesso di alcuni beni (ivi, n. 99, p. 158, del 30.III.1264, e n. 114, p. 182, del 25.X.1267) e in uno in qualità di arbitro (ivi, n. 136, p. 220, del 4.I.1279). Sulla giovane Beatrice, v. TilaTTi, Benvenuta Boiani, pp. 43-44.

240 MANC, FB-P01-I, n. 51, del 31.VII.1258.

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patriarca241; mentre alcuni anni più tardi, nel 1272, vende un manso a Premariacco iure feudi prepositure al Senese Bartolomeo Piccolomini242.

Acquisti di case in città, di terreni nei sobborghi e nelle immediate vicinanze, ottimi rapporti con la Chiesa locale, di cui è amministratore e dalla quale riceve in beneficio molti beni che egli fa immediatamente fruttare con lungimiranza, costruendo in breve una solidissima posizione economica, che aveva in Borgo S. Pietro il suo centro: ecco i cardini della strategia patrimoniale di Corrado Boiani. Nel 1272, al culmine della sua parabola di successo, significativamente accanto a un de Portis, il già noto Enrico, egli appare insignito del titolo di potestà di Cividale243. Più o meno a questi anni (più precisamente tra 1267 e 1271, secondo il suo editore) risalirà un importante documento di ricognizione del suo patrimonio. Si tratta di una testimonianza di estremo interesse, che censisce, distinguendole, le terre da lui detenute in proprietà da quelle godute in beneficio a vario titolo. Egli possiede in piena proprietà una casa a Cividale e un campo e una braida appena fuori della città; e ancora un manso a Moimacco, terre e un manso a Bottenicco, un altro manso a Premariacco e uno a Canto, oltre a una serie di altre proprietà di cui non si specifica la localizzazione ma soltanto il locatario. È inoltre beneficiario di una decina di feudi ministeriali, tra cui si può identificare un manso a Brazzano, portatogli in dote dalla moglie, alcune terre a Bottenicco, pure giuntegli attraverso la famiglia della consorte, oltre ad alcune altre nella medesima località, almeno sei, pervenutegli in vario modo, e due campi a Moimacco. Tre o quattro terre, infine, di cui una a Moimacco e almeno due a Premariacco, sono da lui detenute in feudo su concessione della prepositura cividalese244.

Il necrologio del convento dei domenicani ne fissa la data della morte al 4 aprile del 1280. Il figlio maggiore, Paolo (abbiamo notizia anche di un altro suo figlio, Giacomo, che entrerà nell’ordine domenicano245, e di quattro altre figlie246, oltre a Beatrice e alle quattro religiose già menzionate), fa la propria comparsa attiva nelle superstiti carte di famiglia nel 1287, allorché interviene come teste e come garante in un atto di compravendita del gennaio di quell’anno247. Pur in presenza di una documentazione adesso un po’ più rarefatta, Paolo, una delle figure più inquiete e turbolente, dal punto di vista politico e militare, apparse

241 MANC, FB-P01-I, n. 54, del 4.II.1264.242 MANC, FB-P01-I, 27.II.1272.243 MANC, PC, VI, n. 132, del 3.II.1272, e MANC, FB-P01-I, n. 70, del 27.II.1272.244 MANC, FB-P01-I, n. 66, edito in TilaTTi, Benvenuta Boiani, n. 12, p. 141, con interpunzione però non convincente.

Inoltre, non vi si trova trascritto il termine pissonalia, che è una misura di capacità utilizzata all’epoca per i liquidi. Cfr. pure Thesaurus, n. 125, p. 80.

245 MANC, PC, XI, n. 35, dell’ottobre del 1318. Muore il 30.I.1328 (I libri degli anniversari, II, p. 543).246 Adelmotta, Maria, Matilde e Corradina, quest’ultima andata in sposa a Walcone di Benedetto, e scomparse

rispettivamente il 14.III di un anno imprecisato, il 4.IV.1298, il 12.III.1321 e il 16.VII.1298, e tutte pure sepolte nel locale convento dei frati predicatori (I libri degli anniversari, II, pp. 568, 580, 567 e 638). Una di esse, non specificata, è sposata con un certo Francesco, menzionato come genero di Corrado in una definizione di confini (MANC, FB-P01-I, n. 64, del 11.VI.1269).

247 MANC, FB-P01-I, n. 79, del 24.I.1287.

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216

nella storia della regione248, sembra continuare lungo il percorso tracciato con tanta fortuna dal padre, ampliando anzi l’orizzonte economico e geografico degli investimenti familiari. Egli non si limita ad accumulare ricchezza: razionalizza il patrimonio, in qualche caso vendendo dei beni, come fa nel 1292, allorché cede al Capitolo della collegiata cividalese un manso in Premariacco249. Nel giugno del 1296 vende vino terrano a Tommasino di Rubignacco per l’ammontare di 1 marca e mezza e 22 denari250; nel dicembre del medesimo anno acquista per 300 libbre di veronesi piccoli dal nobile Ulrico di Reyfenberg (l’odierna Branik) «curiam suam de Goricia» con le case che vi si trovano edificate e tutte le pertinenze251. Il 9 maggio del 1297 compra dei panni colorati per l’ammontare di 3 fertoni e 3 denari252. Un mese più tardi egli prende moglie per la seconda volta, dopo la morte della prima sua consorte, Agnese, avvenuta il 3 gennaio 1295253. Sposa in seconde nozze domina Avenente, figlia di Francesco detto Culissino e di Gardiloia, la quale gli porta in dote 40 marche, un paio di panni di colore verde (una tunica e una guarnacca), alcune vesti (tunica, guarnacca e clamide) e una coltre di zendado. I patti dotali prevedono che se la moglie gli premorirà254 egli tratterrà solo 10 delle 40 marche ricevute; se avverrà il contrario, Avenente si vedrà restituito l’intero importo255. Buona parte dei beni di Paolo Boiani, a questa altezza cronologica, sono costituiti da feudi di diverso titolo e gravati da oneri di peso differente, per lo più siti in località non lontane da Cividale, ma con significative eccezioni in direzione dell’oltre Isonzo, man mano che si va avanti nel tempo; feudi che suo padre Corrado, che glieli aveva poi lasciati in eredità, o lui stesso detenevano per concessione della Chiesa aquileiese, come essi stessi riconoscono in alcuni strumenti notarili rogati tra il 1299 e il 1306, pervenutici in copia tarda256.

Dominus Paulus de Civitate recognovit se habere in pheudum ab Ecclesia Aquileiense in villa Brazzani unum

mansum;

item in villa Muimaci unum mansum et duos campos (quas quidem bona dixit se habere in pheudum iure

ministerii capelle ipsius domini patriarche);

item duos mansos in villa Premariaci iure pheudi Prepositurae Civitatensis, quod cadit in masculum et feminam;

item unum mansum in villa Bultinici iure recti et legalis pheudi, ut constat publico instrumento scripto anno

Domini 1299, signato per [S].

248 Sulle sue numerose e bellicose azioni svolte nelle lotte di fazione cittadine, talvolta effettuate a fianco del patriarca, talvolta militando in campo avverso, v. Juliani Canonici Civitatensis Chronica, ad vocem.

249 MANC, PC, IX, n. 5, del 27.V.1292. Già il padre, come si è visto, aveva venduto a Bartolomeo Piccolomini un manso nella medesima località: forse la famiglia intende disinvestire dalla zona.

250 MANC, FB-P01-I, n. 87, del 29.VI.1296.251 MANC, FB-P01-I, n. 89, del 15.XII.1296.252 ASU, ANA, 669/9, f. 31r. 253 I libri degli anniversari, II, p. 530.254 Ciò che non avverrà: Avenente scomparirà infatti oltre un anno dopo il marito, il 4.VIII.1336 (I libri degli anniversari, II, p. 653).255 MANC, FB-P01-I, n. 91, del 23.VI.1297.256 MANC, FB-P01-I, n. 95, di mano del notaio cividalese Francesco Mercatore, datato Aquileia, 12.VII.1652; Thesaurus, n. 124, p. 79.

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217

Recognitio feudorum domini Conradi dicti Boiani de Civitate Austriae

Dominus Conradus dictus Boianus de Civitate Austriae recognovit habere in pheudum ab Ecclesia Aquileiense

iure ministerii capellanie unum mansum in Brazzano apud Cormons;

item duos campos in territorio Bultinici;

item unum pratum in loco qui dicitur Galdirges;

item duas portiunculas terrae sitas in territorio Bultinici;

item novem campos in territorio Bultinici et Noiarcarum, unde solvit mediam urnam olei annuatim domino

patriarche, quam hactenus accipiebat.

Gastaldia Civitatensis

Item iure pheudi ipsius domini patriarche et Ecclesie supradicte (omissis)

Investitio facta domino Paulo Boiano de Civitate de iuribus suis, 1300, die XV ianuarii (omissis)

In rotulo signato per V. Continentem infrascripta instrumenta (omissis)

Investitio facta domino Paulo Boiano de uno manso sito in Pletio, in villa quae dicitur Ultra Isontium, recto per

Roprettum et filios;

item uno manso super monte Sancti Viti, in villa quae dicitur Poiana, recto per Antonium et filios iure recti et

legalis pheudi. Carta per Franciscum Nassutti in Millesimo Tricentesimo Sexto, die decimo decembris.

Paolo, il 15 gennaio del 1300, riceverà poi dal patriarca anche l’investitura della gastaldia della Carnia257, e nel dicembre del 1306 otterrà in concessione, sempre in feudo, un altro manso in Plezzo (odierna Bovec)258.

Paolo Boiani si muove con disinvoltura, e in parte lo si è già visto, anche nel settore feneratizio, sia concedendo che ricevendo prestiti in denaro. Nel 1304 è in lite con un suo creditore, cui pare dovesse 5 marche259. Pochi mesi più tardi presta ben 37 marche al proprio decano della capitania di Tolmino, Sabadino detto Smeden260; nel 1321 prende in prestito 50 marche da Andrea di Vago di Firenze261. Gli stretti rapporti con il patriarca gli avevano infatti presto fruttato la carica di capitano di Tolmino, attestata dal principio del Trecento262, e così pure i suoi interessi patrimoniali cominciano a guardare anche a quell’area. Sfruttando la consueta forma dell’investitura feudale da parte del patriarca, egli acquisisce allora due mansi e mezzo a Craùglio, dichiarando di detenerli «ad rectum et legale feudum a domino patriarcha et ab Ecclesia Aquilegense». Il 5 ottobre del 1309 il patriarca, di sua mano «et cum fimbria

257 Thesaurus, n. 707, p. 259.258 Thesaurus, n. 1124, p. 330. 259 MANC, FB-P01-II, n. 4, del 14.IV.1304.260 MANC, FB-P01-II, n. 5.261 ASU, ANA, 669/8, f. 265v. 262 MANC, FB-P01-II, n. 4, del 14.IV.1304.

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sue cappe, investivit eum et recepit ab eo sacramentum vasallarie secundum quod quilibet vasallus suo domino facere consuevit»263. Nel 1315 Paolo acquista per 16 marche altri due campi nella zona dal cognato Mainardo, di cui tra poco si dirà; il quale Mainardo, manco a dirlo, li deteneva «iure recti et legalis feudi domini patriarche»264; e il 30 giugno del 1317 compra per 29 marche da Federico del fu Endrietto di Udine due mansi, sempre iure feudi, il primo del patriarca e il secondo degli eredi del fu Giovanni di Brazzacco, siti molto vicino a Udine e dei quali si descrivono minuziosamente le rendite in staia di cereali che essi fruttano: il primo si trova a Pozzuolo del Friuli e il secondo a Mortegliano265.

Un figlio, probabilmente il primogenito, a giudicare dal nome, Corrado, destinato a perpetuare il ramo principale della stirpe, sposa nel 1314 Fiordelcamp, sorella di Federico de Portis, il quale la dota riccamente, con 40 marche, alcune vesti e un uomo o una donna di masnada266. Il matrimonio appare significativo e naturale sbocco di un percorso di crescita sociale ed economica comune alle due famiglie, che erano certamente, come si è detto, le più nobili, ricche e influenti della Cividale due e trecentesca. Corrado proseguì nella redditizia politica familiare di appoggio alla curia patriarcale, venendone ricompensato con la concessione di importanti benefici. Il 17 luglio del 1327, proprio in considerazione dei servigi da lui resigli, il patriarca Pagano della Torre «investivit eum iure feudi habitancie Montisfalconis de quodam manso sito in Villa Nova prope Montemfalconem et eius pertinenciis» e «de quodam alio manso sito in villa de Gurich et in pertinenciis Montisfalconis»267. Negli anni successivi Corrado, come già il padre e il nonno, apparirà più di una volta in veste di prestatore di danaro268. Continuerà comunque nel servizio presso il patriarca: nel 1336 e di nuovo nel 1339 rileva per un anno la muda e l’avvocazia della città di Cividale, e nel 1342 gli viene rinnovata per altri sei mesi la carica di podestà di Muggia269. Al Capitolo vende poi, il 14 marzo del 1346, mezzo manso in Brazzano, per 22 marche, e due in Premariacco, nel 1352 e nel 1354, per 24 marche ciascuno270. Scompare il 31 maggio del 1354271.

Un secondo figlio di Paolo, Ulrico, è avviato alla carriera ecclesiastica: nel 1306 riceve la prima tonsura chiericale272. Diverrà canonico cividalese e aquileiese e accumulerà non

263 MANC, FB-P01-II, n. 8, del 5.X.1309.264 MANC, FB-P01-II, n. 13, del 27.X.1315.265 ASU, ANA, 669/14, ff. 81r-82r.266 MANC, FB-P01-II, n. 10, del 19.II.1314. Fiordelcamp scomparirà prima del marito, l’8.V.1347 (I libri degli anniversari,

II, p. 601, dove non la si identifica come una de Portis).267 MANC, FB-P01-II, n. 33.268 MANC, FB-P01-II, n. 76, del 21.X.1341, e n. 82, del 16.X.1344 (in cui beneficiario del mutuo è il miles Filippo de

Portis). Il 12.IX.1331 vende per ben 60 marche un cavallo: Atti della Cancelleria, p. 129.269 Atti della Cancelleria, rispettivamente pp. 145, 156 e 161. 270 MANC, PC, rispettivamente XII, n. 163, e XIII, n. 49, del 11.III.1352, e 73, del 14.III.1354.271 I libri degli anniversari, II, p. 612. 272 MANC, FB-P01-II, n. 6, del 13.IV.1306. Più tardi, divenuto canonico, si muoverà disinvoltamente nel mondo dei benefici

ecclesiastici, accumulando cariche prestigiose e ricche prebende: cfr. ivi, nn. 17, del 1318, 18, del 1319, 29 e 30, del 1326, 32, 34, 35 e 36, del 1327, 39, 40 e 44, del 1328, 46 e 47, del 1329, 50, del 1330 (atto con il quale ottiene il ritiro della scomunica

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pochi benefici ecclesiastici, in Friuli ma anche in Carniola, dove otterrà la pieve di S. Martino di Craynburg273. Lo status ecclesiastico non gli impedisce di operare in campo feneratizio, concedendo somme di denaro anche cospicue in prestito, e di lasciare almeno due figlie274. Appare rilevante notare anche come l’inquisitore pontificio, il frate Francesco da Chioggia, lo sceglierà come proprio socio nell’opera di estirpazione dell’eresia dalla zona di Caporetto, dove le popolazioni slave pare indulgessero a comportamenti quanto meno eterodossi, venerando alberi, frutti e radici275. Il suo decesso è fissato nel necrologio del Capitolo della collegiata cividalese al 15 gennaio del 1343276.

Un terzo figlio di Paolo, Francesco, apparirà come beneficiario nel testamento sia paterno che materno, dei quali subito si dirà. Anch’egli sembra muoversi con disinvoltura nel mondo degli affari, sempre mantenendo comunque i solidi, tradizionali buoni rapporti familiari con il patriarca e con la comunità cividalese. Nel 1334 riceve dal parlamento della patria l’assegnazione delle rendite della gastaldia di Cividale277. Nel 1337 concede un prestito di ben 60 marche, e l’anno successivo subentra nei crediti del defunto fratello Ulrico278. Nel luglio del 1340 egli farà rogare il proprio testamento279: un documento di notevolissimo interesse per almeno due clausole in esso contenute. Egli lascia infatti al nipote Federico, figlio di suo fratello Corrado, la casa forte della consorteria: una torre con case annesse sita nei pressi della Porta di Ponte della città e collegata con la pusterla delle mura, specificando che essa non potrà in alcun modo essere alienata senza il consenso del fratello Corrado, evidentemente il capo famiglia. Difficile trovare un esempio più forte di coesione della stirpe e di indicazione sullo stile di vita militare seguito da alcuni membri della famiglia. La seconda clausola testamentaria illumina un altro aspetto importante della concezione di vita della schiatta: l’attenzione, che si è più volte sottolineata, al commercio e al modo di far fruttare il denaro liquido, di cui essi dispongono in grande quantità. Il testatore, infatti, nel lasciare 10 marche alle nipoti Clara e Daria, specifica che esse dovranno essere depositate presso un buon mercante, che dovrà farle fruttare ad mercatandum. Francesco morirà di lì a poco, il 24 del mese successivo280.

comminatagli giacché, in un momento d’ira, aveva ferito a sangue un suo concanonico). Già un suo parente, il già noto prozio Benvenuto di Giovanni de Pertica, era stato canonico cividalese, e in quella veste aveva acquistato una casa sita in Borgo S. Pietro gravata da un censo annuo a favore appunto del Capitolo cittadino (MANC, PC, X, n. 16, del 17.IV.1303).

273 Oltre ai docc. citati nella nota precedente, v. pure MANC, FB-P01-II, n. 7, del 22.II.1307, nn. 56-59 e 61, tutti del 1323; e n. 65, del 11.IX.1336. Nel 1334 farà un legato a favore dell’altare di S. Lorenzo, nella collegiata cittadina (MANC, PC, XII, n. 8, del 7.VIII.1334).

274 MANC, FB-P01-II, n. 67, del 11.XI.1337, atto con il quale presta 12 marche. Alla sua morte lasciò dei crediti non riscossi, trasmessi in eredità al fratello Francesco, come subito si vedrà.

275 MANC, FB-P01-II, n. 54, del 16.VIII.1331, edito in TilaTTi, Benvenuta Boiani, n. 16, p. 148.276 I libri degli anniversari, I, p. 216.277 Atti della Cancelleria, p. 136.278 MANC, FB-P01-II, rispettivamente n. 68, del 2.XII.1337, e n. 69, del 5.VII.1338. 279 MANC, FB-P01-II, n. 72, del 13.VII.1340.280 I libri degli anniversari, II, p. 667.

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Egli era stato sposato due volte: in prime nozze aveva impalmato Matilde di Guglielmo de Gursipach (Ungrispach?), scomparsa il 18 dicembre del 1320281; in seconde Fumia, di Berta e del fu nobilis militis domini Ottone di Sovignacco; la quale Fumia nel 1324 nominò i nobili cividalesi Folcherio Savorgnan e Filippo de Portis suoi procuratori «ad petendum ab illustri domino duce Karintie» o dal conte Alberto di Gorizia o da chiunque altri la cosa dipendesse, l’investitura dei feudi nel Goriziano che le pervenivano dall’eredità paterna, e per la conferma dei quali ella intendeva prestare il prescritto giuramento di fedeltà282.

Tra le figlie di Paolo di cui si abbia notizia, conosciamo Benvenuta, monaca in S. Maria in Valle di Cividale, Gardiloga, monaca in S. Maria della Cella della medesima città283, e Nicolutta, la quale nel 1315 risulta da poco sposata con Mainardo, nipote del fu Egidio di Cividale. Il 28 ottobre di quell’anno, ella e il marito dichiarano di aver ricevuto dal rispettivo padre e suocero le 40 marche pattuite per la dote, ma non ancora tutto il vestiario stabilito nel contratto284.

Quello stesso giorno, a Tolmino, Paolo Boiani fa rogare il proprio testamento. Nomina sua erede principale la moglie Avenente, cui lascia due mansi a Brazzano, due a Moimacco, uno in Pertica e uno in Rubignacco. Le lascia inoltre la metà di una vigna in Barbana, di cui l’altra metà andrà al figlio Ulrico, canonico cividalese. Destina ancora alla moglie un censo annuo di una marca e venti denari, garantito su di una terra in San Pantaleone. Dopo la di lei morte, tutto questo andrà ai figli Ulrico e Francesco285. Paolo non morì però poco dopo aver dettato il proprio testamento, e continuò perciò a dirigere oculatamente i propri affari. Nel 1316 egli acquista tutti i beni dei nobili spilimberghesi Bregonia e Bartolomeo del fu Walterpertoldo di Spilimbergo per la grossa somma di 130 marche; beni consistenti in uomini di masnada, un manso in Albana, terre presso Cividale, censi livellari e diritti di prestito in denaro286. L’operazione dovette però essere di dimensioni ancora più cospicue di quanto non appaia, se molti anni più tardi, nel 1332, i fratelli Ettore e Federico di Savorgnano si saranno fatti carico di un debito assai ragguardevole contratto appunto da Bregonia e Bartolomeo di Spilimbergo, per il quale riconoscono di dovere a Corrado di Paolo del fu Boiani 120 marche, da restituire in tre rate distanziate di sei mesi, e di essere

281 I libri degli anniversari, I, p. 515. Il 20.XII.1320 Paolo Boiani dona al capitolo cittadino due marche per celebrare l’anniversario della scomparsa di Matilde, moglie di suo figlio Francesco (MANC, PC, XI, n. 67).

282 MANC, FB-P01-II, n. 25, del 10.V.1324. Cfr. pure Kandler, Codice Diplomatico Istriano, III, n. 583, p. 1008. Ella morirà il 30.X.1384 (I libri degli anniversari, II, p. 715). Il 19.VII.1280 il vescovo di Parenzo investe Ottone de Sovignacho del castrum Nigrignani. Il documento originale è in MANC, FB-P01-I, n. 77.

283 Benvenuta è figlia di primo letto di Paolo, Gardiloga di secondo. Entrambe sono beneficiarie del testamento di Avenente, la seconda moglie di Paolo: MANC, FB-P01-II, n. 63, del 1.III.1336, con codicillo dell'11 luglio dello stesso anno, edito in Tilatti, Benvenuta Boiani, n. 17, p. 150.

284 MANC, FB-P01-II, n. 12. Ella scompare il 29.XI.1348; il marito era morto il 19.IX.1320 (I libri degli anniversari, rispettivamente II, p. 734, e I, p. 437).

285 MANC, FB-P01-II, n. 14, del 28.X.1315, edito in TilaTTi, Benvenuta Boiani, n. 14, p. 145.286 MANC, FB-P01-II, n. 16, del 3.IV.1316.

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in debito anche verso altri cittadini di Cividale, fino alla somma di 298 marche e 17 denari.Dopo aver concluso questa grossa transazione, Paolo Boiani sembra rallentare il

proprio impegno negli affari, pur se ottiene ancora significativi successi in questo campo: come nel 1328, allorché riceve dal patriarca Pagano della Torre, come ricompensa per i servigi resi alla Chiesa aquileiese, la prebenda 60 marche da prelevare sugli introiti della mensa patriarcale287. E pochi mesi più tardi, il medesimo patriarca lo investirà a titolo feudale di un manso in Pieris, oltre l’Isonzo288. La sua autorevolezza nella regione, basata in specie sull’esercizio della milizia, è indubbia: nel 1331 l’inquisitore pontificio, il già noto Francesco di Chioggia, gli consente di portare liberamente le armi in tutto il territorio sottoposto alla sua giurisdizione289. Davvero sembra però che ora, già piuttosto anziano e probabilmente stanco, egli si ritiri a vita privata, giacché il 29 aprile del 1333 gli vengono concessi gli ordini minori del clericato290. Morirà in effetti un paio d’anni più tardi, il 16 marzo del 1335291.

287 MANC, FB-P01-II, n. 42, del 14.V.1328. 288 MANC, FB-P01-II, n. 43, del 14.IX.1328.289 MANC, FB-P01-II, n. 53, lettera del 1.VIII.1331.290 MANC, FB-P01-II, n. 55, del 29.IV.1333.291 I libri degli anniversari, I, p. 267.

FEdErico miles(† 27.II.1359)

∞1. cristinA

(† 17.XI.1350)2. cAtErinA di Gasparino

di Novate(† 23.XI.1365)

GuGliElmo miles(† 21.XI.1365)

∞AlicE di Castel Porpetto

corrAdo miles PAolo(† 13.IX.1419)

∞mArGhEritA di Prata

(† 17.I.1420)

ElisA GuGliElmo vEncEslAo miles ulrico († 16.X.1412) († 23.VIII.1405) († 1.VIII.1407) († 9.XI.1412) ∞ ∞ ∞ FrAncEscA di cAtErinA di Andrea AnnA di Antonio Gallo Castelraimondo di Venzone († 17.I.1420)

corrAdo mAddAlEnA

corrAdo(† ante VII.1235)

∞WErErA

Enrico corrAdo vEcEllio GiovAnni

(† 21.IX.1241) ∞ ∞ surut

soFiA († 24.VII.1265)

cArluccio corrAdo BEnvEnuto lorEnzo corrAdo ErmAnno corrAdo milesdetto Boiani corrAdinA († 7.V.1272) († 10.XI.1283) († 8.V.1316) († 29.XII.1334) († 29.VIII.1270) († 4.IV.1280) († 19.XI.?) ∞ 1. AlBErtinA di Ulrico di Bottenicco († 30.VIII.1280) 2. PAlmA

3. corrAdinA († post 27.V.1292)

BEAtricE corrAdinA mAtildE BEAtricE PEtris BEnvEnutA PAolo miles GiAcomo AdElmottA mAriA soFiA († 1.V.1263) († 16.VII.1298) († 12.III.1321) († 30.X.1292) († 16.III.1335) († 30.I.1328) († 14.III.?) († 4.IV.1298) ∞ ∞ ∞ Bunussio WAlconE 1. AGnEsE († 3.I.1295) di Rubignacco di Benedetto 2. AvEnEntE († 4.VIII.1336)

nicoluttA GArdiloGA BEnvEnutA corrAdo FrAncEsco ulrico († 29.XI.1348) († 31.V.1354) († 24.VIII.1340) († 15.I.1343) ∞ ∞ ∞ mAinArdo di Egidio FiordElcAmP dE Portis 1. mAtildE di Cividale († 8.V.1347) († 18.XII.1320) († 19.IX.1320) 2. FumiA di Ottone di Sovignacco († 30.X.1384) FEdErico miles († 27.II.1359) ∞ 1. cristinA

(† 17.XI.1350) 2. cAtErinA di Gasparino di Novate († 23.XI.1365)

V. FIGURA 5

FIGURA 5: Genealogia della famiglia Boiani (II)

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L’anno successivo, per la precisione il primo marzo del 1336, farà rogare il proprio testamento anche la sua seconda moglie, Avenente, la quale nominerà eredi universali i figli Ulrico, Corrado e Francesco, non dimenticando però, come si è visto, di lasciare qualcosa anche alle due figlie monache, Benvenuta (in verità sua figliastra, giacché figlia di primo letto di Paolo) e Gardiloga, alla nuora Fumia (moglie di Francesco), alle nipoti Matilde e Mattiussa, figlie rispettivamente legittima e naturale del figlio Corrado, e alla di lui moglie (e dunque propria nuora), Fiordelcamp292.

Risulterà ormai evidente come i meccanismi di riproduzione della ricchezza e del potere all’interno della famiglia siano ben oliati dalla consuetudine, e quindi ripetitivi. Sembra perciò superfluo seguire in dettaglio le successive operazioni immobiliari e finanziarie dei membri della stirpe. Tra i figli di Corrado II Boiani, si distinguerà in specie in ambito militare Federico, presumibilmente il suo primogenito, il quale prediligerà appunto uno stile di vita guerresco, fregiandosi del titolo di miles e ottenendo nel 1334 dal parlamento del Friuli l’assegnazione per un anno delle rendite della gastaldia di Cividale e poi il titolo di vicedominus del Friuli, essendosi distinto nella campagna bellica che aveva portato alla conquista del castello di Aviano, sottratto alle truppe di Rizzardo da Camino293. Sul piano patrimoniale egli dimostrerà la consueta e tradizionale disinvoltura familiare nell’attività feneratizia, ricevendo e concedendo denaro in mutuo294. La documentazione superstite menziona ancora un terzo fratello, Ulrico, che nel 1355 si dichiara debitore di 6 marche nei confronti di un sarto di Udine, Gurone, presso il quale ha comprato dei panni colorati295; e una sorella, Venuta, la quale, qualche anno più tardi, nel 1358, sposerà un Ulrico dominus di Cormons, di cui purtroppo non ci è stato tramandato il patronimico296. Abbiamo infine notizia di due altre loro sorelle: le già menzionate Matilde e Mattiussa, quest’ultima invero figlia naturale di Corrado.

La famiglia continuerà dunque soprattutto a coltivare la propria vocazione militare e a mantenere saldo il proprio rapporto sia con il Comune di Cividale che con il patriarca e le altre principali istituzioni ecclesiastiche regionali; oltre, naturalmente, che a far fruttare il proprio denaro liquido con attività speculative. Il primo giugno del 1351 una solenne pace, giurata alla presenza del patriarca, Nicola di Lussemburgo, tra i membri della famiglia Savorgnan, quelli della famiglia de Portis e Corrado e Federico Boiani, sancisce il ruolo centrale di tutte queste dinastie nella vita della regione in generale e in quella cittadina cividalese in particolare297.

292 MANC, FB-P01-II, n. 63, del 1.III.1336. Altra copia, ivi, n. 64.293 MANC, FB-P01-II, n. 62, del 21.VII.1334.294 MANC, FB-P01-II, n. 91, del 29.IX.1351, e n. 95, del 28.IV.1352. Egli scompare il 27.II.1359 (I libri degli anniversari,

II, p. 559). Risulta sposato in prime nozze con una domina Cristina, che lo aveva preceduto nella tomba, essendo deceduta il 17.XI.1350, e in seconde con Caterina di Gasparino da Novate, che del pari morirà prima di lui, spegnendosi il 23.XII.1357 (ivi, I, rispettivamente p. 488 e p. 519).

295 MANC, FB-P01-II, n. 99, del 9.II.1355.296 MANC, FB-P01-II, n. 104, del 25.XI.1358.297 Atti della Cancelleria, p. 180. Corrado e Federico vi sono definiti erroneamente fratelli, invece che padre e figlio.

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Il nobile Guglielmo del fu Federico, sposato con la nobile Alice di Castel Porpetto, non farà che ripercorre le vie già battute con tanto successo dai suoi avi: nel 1356 riceve in prestito dalla nobildonna Mabilia, della fu Gaia dei conti di Prata, 18 marche298; nel 1362 acquista un censo vitalizio garantito su di un baiarzo in Prestento299. In questo periodo egli si fregia apertamente del titolo di nobile300. Qualche anno più tardi, il 16 novembre del 1365, fa rogare il proprio testamento, nel quale nomina propri eredi universali i figli Paolo e Corrado301, minori al momento del trapasso del padre, tanto che ancora l’anno successivo sono rappresentati da un tutore anche nella solenne cerimonia che, come subito si dirà, vede protagonisti i rampolli della famiglia: presentare una spada e una croce al nuovo patriarca nel momento in cui questi entri per la prima volta a Cividale302. Guglielmo muore pochi giorni dopo aver fatto testamento: il 21 novembre del 1365, ancora in giovane età303.

Il figlio Corrado, sempre accompagnato nella documentazione dal titolo di miles, sposerà Margherita di Prata304. Sempre seguendo le tradizioni militari di famiglia, diventerà com’è noto uno dei protagonisti della vita politica cittadina. Nel 1386 il doge di Venezia, Antonio Venier, indirizzerà a lui le lettere credenziali dell’ambasciatore inviato in regione, Giovanni Alberti305. L’estesa base di benefici feudali, che costituiscono il nerbo del suo potere e del suo patrimonio, è testimoniata dall’atto di conferma di investitura concessagli dal patriarca Giovanni di Moravia al momento del suo insediamento, nel 1388: beni in Monfalcone, tenuti a titolo di feudi di abitanza e per i quali deve «in exercitu expedire cum uno elmo et uno balistario fideliter deservire», case in Cividale, che costituivano da generazioni il cuore dello spazio familiare, e molti altri feudi tenuti a titolo rectus et legalis. Tra questi si distingue la villa di Talmasinissa, nella gastaldia di Antro (da identificare con l’odierno toponimo Case Talmas, in Comune di Attimis), per la quale egli è tenuto «assignare cuilibet patriarche, in primordiali eius adventum ad hanc nostram Civitatem Austrie, unum gladium magnum ad morem theotonicorum, cum vagena alba»306.

La potenza della famiglia tocca in questi anni il suo apice. Nel 1390 il patriarca, Giovanni di Moravia, promette solennemente, per iscritto, per ricompensare Corrado dei servigi resigli, di investire il di lui figlio Venceslao dei primi feudi che si rendessero vacanti307. Estremamente indicativa della fama raggiunta anche fuori regione da Corrado,

298 BCU, FP, ms. 1234, fasc. I, perg. n. 42, del 3.XII.1356.299 MANC, FB-P01-II, n. 106, del 25.II.1362.300 AOC, FP, 475, del 15.IX.1365.301 MANC, FB-P01-II, n. 110, in copia. 302 MANC, FB-P01-II, n. 111, del 4.I.1366, in copia.303 I libri degli anniversari, II, p. 729, in cui viene appunto definito nobilis iuvenis.304 MANC, PC, XV, n. 122, del 19.VI.1400, e XVI, n. 89, del 23.IX.1412. Il suo decesso è registrato nel necrologio del

Capitolo della collegiata cividalese al 17.I.1420 (I libri degli anniversari, I, p. 218).305 MANC, FB-P01-II, n. 121, del 2.XI.1386.306 MANC, FB-P01-II, n. 123, del 23.X.1388.307 MANC, FB-P01-II, n. 124, lettera del 24.III.1390.

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nel frattempo insignito per volontà patriarcale ancora del titolo di marchese d’Istria, e significativa anche della costante e diuturna vocazione militare della stirpe, appare una decisione del consiglio cittadino del 1392, con la quale si deliberava che il miles Corrado Boiani non dovesse accettare il prestigioso incarico offertogli di capitano del Comune di Firenze: una carica, com’è noto, che comportava il comando delle milizie comunali e aveva come incarico precipuo e delicatissimo il mantenimento dell’ordine in città308. Il successivo patriarca, Antonio Caetani, per parte sua, lo confermerà nel 1396 nell’altissima carica militare di maresciallo patriarcale309, e nell’agosto del 1402 gli concederà in feudo, per i servizi resigli, la braida della zecca patriarcale, sita in Carraria, nei pressi di Cividale310. Un mese più tardi egli, sempre fregiandosi del titolo di maresciallo generale del patriarca, viene definito nobilis et famosus miles311. L’abate della potente abbazia benedettina di S. Maria di Rosazzo, poi, nel 1405 lascerà per testamento a lui la metà delle proprie tazze d’argento, e al di lui figlio Venceslao l’usufrutto di un mulino abbaziale oltre l’Isonzo, dietro corresponsione di un censo annuo di 12 ducati all’abbazia312.

Questo Venceslao aveva intanto fatto un ottimo matrimonio, sposando nel 1402 Caterina di Andrea del fu Giacomo Pittaculi di Venzone, che gli porterà in dote 1000 ducati e un ricco corredo313. Egli premorirà ai genitori, come subito si dirà, lasciando loro in affidamento, sino al momento del matrimonio, una figlia di nome Maddalena.

Un altro figlio di Corrado, Guglielmo, avviato forse alla carriera ecclesiastica nel 1394314, sarà invece destinato pochi anni più tardi a rientrare nello stato laicale e a ottemperare alle logiche della politica della stirpe, sposando nel 1398 Francesca, figlia del fu Francesco di Castelraimondo e di Lisa Savorgnan, sorella a sua volta di Francesco di Giovanni, il quale, morendo senza eredi, aveva destinato i propri beni appunto alla nipote, se si fosse sposata315. La fanciulla gli porterà una dote ricchissima: da parte paterna, beni in Spilimbergo, Basaldella e nel porto di Latisana, e da parte materna in San Canzian d’Isonzo, San Lorenzo presso Manzano, Noax, Ipplis, San Zeno, Gagliano, Grions e Orsaria316. Anch’egli morirà piuttosto giovane, il 23 agosto del 1405317.

308 MANC, FB-P01-II, n. 125, del 5.VII.1392.309 MANC, FB-P01-II, n. 127, del 10.III.1396.310 MANC, FB-P01-III, n. 8, del 10.VIII.1402. Pochi giorni più tardi, il 28 agosto, egli acquisterà per 320 ducati alcune

case site nella platea communis (ivi, n. 9). Tra i suoi beni si registrano ancora una braida in Borgo S. Pietro, a Cividale, e una in Monfalcone (ivi, nn. 13 e 14, rispettivamente del 16.V.1406 e del 14.IX.1407). Quest’ultima è probabilmente quella data in gestione di cui tratta una carta del 27.VII.1418 (ivi, n. 20).

311 MANC, FB-P01-III, n. 10, del 28.IX.1402.312 MANC, FB-P01-III, n. 11, del 4.XI.1405.313 MANC, FB-P01-III, n. 7, del 28.VI.1402.314 MANC, FB-P01-II, n. 126, del 10.III.1394, atto col quale Guglielmo riceve la prima tonsura.315 MANC, FB-P01-II, n. 129, del 22.XI.1397 (testamento di Francesco del fu Giovanni Savorgnan). Che Guglielmo

avesse sposato Anastasia di Egidio, scomparsa il 31.X.1397 (I libri degli anniversari, I, p. 475) è illazione del tutto gratuita del curatore del volume, che così la indicizza, laddove la registrazione nel necrologio segnala soltanto che ella era moglie di un ser Guglielmo.

316 MANC, FB-P01-II, n. 132, del 16.V.1398 (costituzione di dote di Francesca di Castelraimondo).317 I libri degli anniversari, II, pp. 666.

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cap. VIIINobiltà e aristocrazia cittadina

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Un terzo figlio di Corrado, Ulrico, forse pure inizialmente destinato allo stato ecclesiastico in quello stesso 1398318, forse al posto del fratello che si sposava, sceglierà invece del pari di vivere nel secolo, facendo anch’egli un ottimo matrimonio, giacché convolerà a nozze con Anna, del fu nobile Antonio Gallo, la quale gli porterà in dote 1000 libbre di veronesi piccoli e un ricco corredo319. Vittima del crudele destino che sembra perseguitare la famiglia, anch’egli precederà i genitori nella tomba, morendo giovane nel 1412320; e il medesimo fato toccherà a una loro sorella, Ailis (Elisa), pure deceduta nel 1412321.

Il prestigio e l’influenza di Corrado nella vita politica dell’intera regione sono ancora ben vivi nel 1409, allorché il doge di Venezia, Michele Steno, indirizzerà a lui le lettere credenziali per gli ambasciatori inviati nella patria del Friuli: Giacomo Suriano e Paolo Zane322. L’anno successivo, però, egli lascia la vita politica, chiedendo e ottenendo dal pontefice, Gregorio XII, di essere ammesso allo stato clericale323. Nel 1414, nello stesso giorno e davanti al medesimo notaio, Nicolò del fu Francesco Filettino di Udine, sia lui che la moglie Margherita faranno testamento, impegnandosi a lasciare tutti i propri averi al coniuge che sopravviverà all’altro, a mantenere (e a dotare) sino al momento del matrimonio la nipote Maddalena, figlia del loro defunto figlio Venceslao, deceduto nel 1407324, e a nominare come erede universale un altro loro nipote Corrado, figlio del defunto loro figlio Guglielmo, che era anch’egli premorto ai genitori, come si è detto325. Corrado sopravviverà invece ancora di qualche anno al proprio testamento, scomparendo il 13 settembre del 1419326.

4. I Canussio

La terza e ultima stirpe nobiliare che giocò un ruolo centrale nella vita politica e amministrativa cividalese del Trecento di cui ci occuperemo è quella dei Canussio. Tralasceremo infatti in questa sede i Claricini, sia perché le vicende politiche, patrimoniali e amministrative dei

318 MANC, FB-P01-II, n. 131, del 3.V.1398.319 MANC, FB-P01-III, n. 12, del 11.I.1406.320 I libri degli anniversari, II, p. 722, sotto la data del 9 novembre.321 Il 16.X.1412 (I libri degli anniversari, I, p. 462, e II, p. 706). 322 MANC, FB-P01-III, n. 15, del 30.V.1409.323 MANC, FB-P01-III, n. 16, lettera del commissario pontificio per la provincia aquileiese del 30.XII.1409.324 I libri degli anniversari, II, p. 651, sotto la data del primo agosto nel necrologio dei domenicani, nel cui cimitero

fu sepolto; I, p. 353, sotto la data del 29.VI.1413 in quello del Capitolo. Il curatore dell’edizione non indicizza la registrazione del necrologio dei domenicani, e nella nota di commento a quello del Capitolo rimanda sì al necrologio dei domenicani, ma datandone erroneamente la registrazione al 1.VIII.1412.

325 MANC, FB-P01-III, nn. 18 e 19, del 31.X.1414.326 I libri degli anniversari, I, p. 432, e II, p. 683, erroneamente indicizzato come presente nel necrologio dei domenicani

(presso il cui cimitero fu sepolto) anche sotto la data del 12. Occorre però soprattutto notare come, cosa ben più grave, egli non indicizzi la famiglia né tra i luoghi, dove ci si aspetterebbe di trovarla, come nel caso dei de Pertica, né tra i nomi, come in quello dei Boiani; sicché bisogna cercarne i singoli membri tra tutti i nomi propri!

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membri di questa famiglia non apportano novità di rilievo al quadro che già conosciamo sia perché provengono da fuori regione – da Bologna, per la precisione – e la loro apparizione in città è piuttosto tarda, collocandosi in maniera evidente e significativa soltanto tra il primo e il secondo decennio del XV secolo.

Sul finire del XII secolo, in alcuni atti rogati a Cividale, e datati 23 settembre 1184, 13 novembre e 29 dicembre 1186 e 9 e 29 agosto 1192327, compare in qualità di teste Ropretto Canussio. Nella medesima veste incontriamo più tardi, nel 1222, Tommasino ed Enrico328; ed Enrico, da solo, di nuovo nel 1227329. Solo a partire dalla fine del XIII secolo, però, sarà possibile ricostruire con certezza la rete delle relazioni parentali di questa importante famiglia, di sicure origini nobiliari, fondate come di consueto sul controllo di un castrum, appunto quello

327 MANC, PC, II, nn. 14, 18, 19, 35 e 40.328 MANC, PC, III, n. 42.329 MANC, PC, III, nn. 63 e 62, rispettivamente del 26 e 30 dicembre 1227.

simonE di Versa

GiovAnnidetto Formentino lEonArduccio nicolò detto Zugliano* († 7.V.1367) († 12.XI.1362) ∞ GiovAnnA

donAtA simonE ErmAnno PAolo FrAncEsco GABriElE

∞ († 22.IX.1365) ∞ († 11.VI.1381) († 17.X.1397) († 11.X.1397) GiAcomofu ∞ cAtErinA ∞ Leonardo Ribis ursulAfu AGAtA

Giacomo Sottil († post 13.I.1413)

GABriElE mAititA luciA GrEGoriA dorotEA PiEtro AnAstAsiA di nicolussA simonE cAtErinA lEonArdo Antonio († 21.VI.1420) Rolando da Parma († 7.IX.1399) († 13.I.1449) ∞ ∞ († 7.IX.1399) ∞ cAtErinA

mArGhEritA ∞ nicolò detto Scarpa († 8.III.1441) GiovAnni di di Candido Canussio Andrea Canussio († 1.VIII.1405)

utussio simonE

*nicolò detto Zugliano

tommAso AdAmo nodino

(† 19.III.1385) († 3.VIII.1437)

nodino PolissEnA

(† 9.VIII.1437) († 24.VIII.1427) ∞ ∞ AdElmottA dE Portis GiovAnni GAllo

(† 11.X.1449)

AndrEA(† 4 IV.1291)

∞riccArdA

(† 16 V.1304)

ulvino cAndidussio ottolino († 14 VII.1308) ∞ sAFAntinA di Cividale († 5 XII.1304)

cAndido ulvino nicolò AndrEA GiAcomo roPrEtto nicolò (†15.III.1323) († 16.III.1355) († 1.IX.1349) († 2.XI.1339) ∞ ∞ FrAncEscA dE Portis cAtErinA tEutonicA

(† 8.IX.1369) († 12.VII.1329)

chiArA mArGhEritA AndrEA rodolFo lorEnzo nicolò cAndido

∞ († 1.II.1387) († 21.IX.1397) ∞ († 12.II.1342) cArsmAnno fu ∞ ∞ cAtArussA Antonio Canalia cAtErinA mAttiussA fu († 9.IX.1397) Nicolò Colosis († 18.I.1420)

GiovAnni ulvino nicolò detto Scarpa

∞ († 24.II.1408) († 1.VIII.1465) AnAstAsiA di ∞ ∞ Rolando di Parma mAtildE fu nicolussiA fu Giacomo Ribis Leonarduccio († 13.XII.1418) Formentini († 7.XI.1399)

cAndidussio ulvino diAnA

FIGURA 6: Genealogia della famiglia Canussio

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cap. VIIINobiltà e aristocrazia cittadina

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di Canussio, non lontano da Varmo; stirpe però, come si vede, entrata a far parte piuttosto tardi a pieno titolo della vita pubblica cittadina. Le caratteristiche delle azioni dei suoi membri e le modalità del mantenimento della coesione della stirpe, che trova nell’ area dell’antica civitas romana sita immediatamente a ovest della chiesa di S. Silvestro e della zona controllata come si è visto dai de Portis il fulcro del proprio insediamento urbano, e nella collegiata cittadina e poi anche e forse piuttosto nel locale convento francescano (e il fatto è significativo, giacché nessun’altra stirpe nobiliare cividalese l’aveva ancora eletto a luogo di sepoltura prediletto) il proprio ente religioso di culto e di riferimento per la conservazione della memoria familiare, non differiscono in alcun modo da quelle adottate dalle famiglie de Portis e Boiani; il che ci risparmierà di analizzare compiutamente tutti i documenti che li riguardino.

Il nobilis Candido, detto Candidussio, nel 1294 riceve in donazione da Nodino di Cividale una braida a Ribolla330; l’anno successivo si impegna nei confronti del Capitolo della collegiata cittadina a osservare il legato in memoria del padre Andrea, testimoniato dal 1256 e morto il 4 aprile del 1291331; legato stabilito dal defunto fratello Ottolino, evidentemente il primogenito, da poco scomparso332. Nel 1297 Candido acquista panni colorati per l’ammontare di 28 marche333, e compare ancora come teste, nella documentazione in nostro possesso, in vari atti stipulati a cavallo tra la fine del XIII e il principio del XIV secolo334. Fedele devoto, nel 1299 fa erigere un altare dedicato a tutti i santi all’interno della basilica collegiata cividalese335. Il suo patrimonio, quale viene registrato parzialmente nel 1299, è già ragguardevole: egli detiene infatti in feudo dal patriarca una ventina di mansi, sparsi tra le Valli del Natisone, Bottenicco, Brazzano, Fagagna e Fiumicello336. Ma come di consueto tra i nobili della zona dell’epoca, egli non disdegna neppure le attività più propriamente commerciali e finanziarie. Nel 1304 si impegna a prestare o a far prestare a Luvisino del fu Quoncio de Portis un

330 BCU, FP, ms. 1228/2, n. 8, del 11.VI.1294.331 I libri degli anniversari, I, p. 284, dove sono menzionati alcuni atti in cui Andrea interviene come testimone, a partire

dal 1260: in questa veste egli compare però già il 7.XII.1256 (MANC, FB-P01-I, n. 47) e ancora il 2.II.1282 (BCU, FP, ms. 1234, fasc. I, n. 6) e il 22.III.1284 (MANC, PC, VIII, n. 3). Il 10.VII.1277 è garante di Adelaide del fu Guarnerio de Portis, che va in sposa a Princivalle del fu Ulrico di Tricana (AOC, FP, 514). Egli era sposato con una certa Riccarda, la quale riceve in donazione, il 30.XII.1305, una femmina di masnada (ASU, ANA, 669/5, f. 149r) e morirà il13.V.1307 (I libri degli anniversari, I, p. 319). Non è improbabile che avesse un fratello, Ulvino, da cui sarebbe nato quel Candido deceduto il 15.III.1323 (I libri degli anniversari, I, p. 266).

332 MANC, PC, IX, n. 40, del 1.III.1295. Ottolino interviene come teste in documenti del 11.V.1285 (MANC, PC, VIII, n. 12), 27.XI.1289 (BCU, FP, ms. 1229, n. 5) e 21.VIII.1291 (BCU, FP, ms. 1227/1, n. 46).

333 ASU, ANA, 669/9, f. 30r, del 8.V.1297.334 V. per esempio FB-P01-I, n. 91, del 23.VI.1297; ASU, ANA, 669/5, f. 19r, del 5.VIII.1303, e 669/16, ff. 27v-28r, del

26.III.1297; BCU, FP, ms. 1227/1, n. 58, del 27.VII.1299.335 Accenno in MANC, PC, IX, n. 94, del 26.X.1299.336 Thesaurus, n. 38, p. 38.

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cavallo337. Nel 1308 fa rogare il proprio testamento, nel quale ha modo di manifestare nuovamente il suo attaccamento al Capitolo della collegiata cittadina, lasciando a esso in eredità un manso in Moimacco338. Nel maggio dello stesso anno è coinvolto nei già richiamati scontri che si verificarono in quel periodo in città339. Scomparve poco più tardi, probabilmente proprio a seguito delle ferite riportate in quegli scontri: il 14 giugno340.

Ottolino lascia almeno due figli: Ropretto e Nicolò, i quali compaiono come testi il 10 maggio del 1305, in un atto rogato sotto il portico della corte dello zio Candido341. Incontriamo nuovamente Nicolò, di nuovo in veste di testimone, in una carta del 1321342. Egli generò forse quel Candido ricordato nell’obituario di S. Domenico come deceduto il 12 febbraio del 1342343. Difficilmente, infatti, costui può essere figlio di Nicolò di Candido, come vedremo scomparso nel 1349, giacché egli viene registrato nel suddetto obituario come figlio del fu Nicolò. Da questo Candido presumibilmente nacque Nicolò detto Scarpa, del fu Candido fu Nicolò Canussio, menzionato come nobile nel 1401 e nel 1403344. Questi, il 15 dicembre del 1366, compra da Matteo de’ Mozzi, canonico aquileiese, due mulini siti in San Canzian d’Isonzo per ben 160 fiorini d’oro345. Nel 1368 acquista redditi per una marca e mezza su due mulini siti nella medesima località346. Lo incontriamo poi nel 1370, allorché intenta causa a un suo parente, Ulvino di Nicolò, di cui presto diremo, e alla madre di questi, Cattarussa, per dei diritti che la nonna dello Scarpa, di nome Caterina, aveva ceduto, ingiustamente, a dire del nipote, appunto a Ulvino347. Nel 1403, in un documento nel quale cede in fitto, per il censo di 37 staia di grano annui, un mulino in San Canzian d’Isonzo348, egli si dichiara abitante di Monfalcone. Sposerà nel 1366 Nicolussa del fu Leonarduccio Formentini, la quale scompare nel 1399349. Nicolò la seguirà nella tomba qualche anno più tardi, il primo agosto del 1405350. Dal suo testamento, rogato il 28 luglio di quell’anno, sappiamo che essi lasciano un figlio probabilmente minorenne, Ulvino351, giacché erede universale viene nominato non lui ma l’omonimo e già noto

337 ASU, ANA, 669/5, f. 57r, del 6.VIII.1304.338 Il codicillo è in MANC, PC, X, n. 85, del 15.V.1308.339 Juliani Canonici Civitatensis Chronica, p. 40.340 I libri degli anniversari, I, p. 340. Sposa Safantina di Cividale, che muore qualche anno prima di lui: il 5.XII.1304 (ivi, p. 504).341 ASU, ANA, 669/5, ff. 101v-102r; 669/12, f. 63r, del 31.III.1310; BCU, FP, ms. 1227/1, n. 74, del 5.I.1305.342 AOC, FP, 368, del 20.I.1321.343 I libri degli anniversari, II, p. 763.344 MANC, FB-P01-III, n. 5, del 6.VI.1401; AOC, FP, 146, del 18.X.1403.345 AOC, FP, 147.346 AOC, FP, 142, del 1.V.1368.347 AOC, FP, 49, del 31.V.1370.348 AOC, FP, 146, del 18.X.1403.349 BCU, FP, ms. 1227/2, n. 189, del 8.VII.1366; I libri degli anniversari, I, p. 482, registrazione del 7 novembre.350 I libri degli anniversari, I, p. 385.351 Il 30.V.1428 lo incontriamo impegnato con la confraternita di S. Maria dei Battuti in questioni inerenti la restituzione

di parte della dote della madre Nicolussa (AOC, FP, 143).

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cap. VIIINobiltà e aristocrazia cittadina

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consanguineo Ulvino del fu Nicolò Canussio. Abbiamo anche notizia di due altri figli della coppia: Candidussio e Diana, scomparsi prematuramente, e presso la cui tomba, sita nella collegiata cittadina, il padre chiede di essere inumato352.

Candidussio lascia a sua volta almeno quattro figli: Ulvino, Nicolò, Andrea, canonico della collegiata353, e Giacomo354. Andrea ebbe a sua volta almeno un figlio, cui diede nome Nicolò355. I beni familiari sono a questa altezza cronologica già cospicui, come appare dalle divisioni che il 16 e 17 gennaio del 1320 i fratelli Ulvino, Andrea e Nicolò fanno di essi; atti nei quali vengono menzionati una cinquantina di fonti di reddito differenziate (mulini, terre, livelli) in una zona molto ampia, che va da Cividale e dalle sue vicinanze (Moimacco, Grupignano, Orzano ...) all’oltre Isonzo (San Canziano, Pieris, Fiumicello ...)356.

Ulvino, probabilmente il primogenito, sposato con Francesca de Portis, si incontra nel 1310, coinvolto in una lite giudiziaria relativa a terre site in Cividale357. Nel medesimo anno, il giorno 11 settembre, egli riceve in pegno dal conte Enrico di Gorizia un destriero già appartenuto a Giovanni di Villalta, in cambio di un altro presentato quel giorno stesso al conte e che gli era stato in precedenza promesso358. Il mese successivo presta una marca di denari aquileiesi a Luvisino del fu Quoncio de Portis359. Nel 1321 acquista un manso e mezzo oltre Isonzo, pare di natura recti et legalis feudi, dal conte di Gorizia, per 28 marche. Ma, si specifica nell’atto notarile, e la clausola la dice lunga sull’avanzato processo di commercializzazione dei feudi nella regione; processo che ne aveva fatto smarrire la cognizione dell’esatta natura giuridica, esso era detenuto «si proprium, iure proprii, et si feudum, iure feudi»360. Ulvino possiede ancora una curia in Cividale, in contrada S. Tommaso, attestata nel 1323361. L’anno successivo egli vende a un Fiorentino, Leone di Volgrano, una casa sita in Borgo Ponte e gravata da un censo annuo di 4 denari362. Nel 1330, insieme a Paolo Boiani, risulta garante di un forte prestito, dell’ammontare di ben 116 marche363. Nel 1342 prende a sua volta in prestito 5 marche da Andreolo Querini, uno dei non molti Veneziani residenti in città364. Tra i suoi incarichi pubblici si annovera quello di provveditore e poi di gastaldo di Cividale. Muore il 16 marzo del 1355365.

352 AOC, FP, 252.353 Questi scompare il 2.XI.1339 (I libri degli anniversari, I, p. 477).354 MANC, PC, X, n. 85, testamento di Candido, rogato il 17.V.1308.355 Teste in un rogito notarile del 14.XI.1342: ASU, ANA, 669/13, ff. 230v-232r.356 Rispettivamente AOC, FP, 144, regestato in leichT, I primordi, IV (1908), p. 138 e AOC, FP, 267.357 ASU, ANA, 669/12, f. 10v, del 19.II.1310.358 Atti perfezionati il 15 di quel mese: v. ASU, ANA, 669/12, rispettivamente ff. 147r e 151v-152v.359 ASU, ANA, 669/12, f. 194v, del 22 ottobre.360 ASU, ANA, 669/8, f. 109r, del 8.V.1321.361 FB-P01-II, n. 24, del 4.XII.1323; per il suo legame matrimoniale con Francesca de Portis, v. BCU, FP, ms. 1223/1, n. 207.362 MANC, PC, XI, n. 106, del 25.IV.1324.363 AOC, FP, 519a e b, rispettivamente del 31.I.1337 e del 21.V.1330.364 ASU, ANA, 669/13, ff. 57v-58r, del 19 febbraio.365 I libri degli anniversari, I, p. 267. La moglie scomparirà l’8.IX.1366 (ivi, II, p. 823).

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Egli ha un figlio, Rodolfo, che è definito puer in un documento del 5 marzo 1310366. Un secondo, Lorenzo, che compare nel 1337367 e di nuovo nel febbraio del 1389368; ricopre cariche pubbliche nell’amministrazione civica locale e sposa Mattiussa del fu Nicolò detto Colosis. Scompare il 21 settembre del 1397369. Ha ancora un terzo figlio, Andrea, menzionato nel 1366 come vicegastaldo della città370, il quale lascia cionondimeno scarsa traccia di sé nella documentazione superstite371, e che ha a sua volta un figlio, Giovanni, che nel 1390 prende in prestito 34 marche372 e che nel 1398 sposa Anastasia di ser Rolando di Parma, la quale probabilmente premorirà al marito373. Egli scompare abbastanza giovane, presumibilmente nel 1409, lasciando delle figlie minorenni e orfane, giacché quell’anno il loro tutore, Pietro Formentini, interviene a loro difesa per ottenere che una casa in Cividale, anziché alla locale confraternita di S. Maria dei Battuti, cui era stata concessa nel testamento del defunto, fosse lasciata a Matilde, come si vedrà moglie di Ulvino Canussio e zia di Giovanni, affinché la consegnasse alle fanciulle da lei rappresentate374. Sappiamo infine che una figlia di Ulvino, Chiara Margherita, era andata in sposa a Carsmanno del fu Antonio Canalia375.

Un altro figlio di Candido, Nicolò, nel 1321 vende un destriero di pelo grigio a Filippo del fu Ossalco di Saciletto, che glielo paga ben 38 marche376. Nel 1334, alla presenza dei fratelli, egli vende per 6 marche e mezza una decima gravante su di un manso in Bottenicco377; nel 1342 vende un manso sito in Villanova a Guglielmo del fu Neri di Firenze, per 32 marche378. Interviene ancora, in qualità di testimone, a rogiti stipulati nel 1343 e nel 1347379. Muore un paio d’anni più tardi, il primo settembre del 1349380.

Credo invece che sia stato generato da Nicolò di Andrea e non da Nicolò di Candido, un po’ troppo vecchio per poter essere suo padre, quell’Ulvino che incontriamo sovente nella documentazione tardo trecentesca, quasi sempre menzionato con la qualifica di nobile381. Nel

366 ASU, ANA, 669/12, f. 32v.367 BCU, FP, ms. 1229, n. 16368 BCU, FP, ms. 1227/3, n. 35.369 I libri degli anniversari, II, p. 827. La moglie lo seguirà nella tomba il 18.I.1420 (ivi, I, p. 219).370 AOC, FP, 537, del 4.VIII.1366.371 Compare in veste di testimone in un rogito del 20.XII.1360 (AOC, FP, 395). Il 14.VIII.1384 riceve come lascito testamentario

da Nicolò di Manfredino della Torre un bene in Zompitta (ivi, n. 412). Sposerà con una certa Caterina, scomparsa il 9.IX.1397. Muore a sua volta il primo febbraio del 1387 (I libri degli anniversari, II, rispettivamente p. 823 e p. 761).

372 BCU, FP, ms. 1227/3, n. 51, del 22.II.1390. Compare come teste in un atto del 9.XII.1402 (AOC, FP, 385).373 BCU, FP, ms. 1229, n. 20, del 12.IV.1398, e n. 1228/2, n. 85, della stessa data. Egli interviene ancora, in qualità di

teste, a un rogito del 14.VI.1402 e a uno del 28.IX del medesimo anno (MANC, FB-P01-III, n. 6 e n. 10).374 AOC, FP, 22, del 13.V.1409.375 ASU, ANA, 669/13, ff. 36v-38r, del 4.II.1342.376 ASU, ANA, 669/8, f. 155r-v, del 3.VII.1321.377 BCU, FP, ms. 1227/1, n. 186, del 9.XII.1334.378 ASU, ANA, 669/13, ff. 140v-141r, del 2.VII.1342.379 AOC, FP, 342, del 20.XII.1343; BCU, FP, ms. 1234, fasc. V, n. 10, del 7.IX.1347.380 I libri degli anniversari, I, p. 417. Risulta sposato con una Caterina Teutonica, scomparsa il 12.VII.1329 (ivi, II, p. 804).381 Così, per esempio, nel 1365, 1376 e 1387 (rispettivamente AOC, FP, 475, 189 e 61).

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cap. VIIINobiltà e aristocrazia cittadina

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1365, quando viene nominato insieme a Guglielmo Boiani tutore di Giovannutto di Stefano di Nicolò di Gorizia, è definito ancora nobilis iuvenis382. Nel 1370, come si ricorderà, è in lite con il nipote Nicolò Scarpa. Nel 1376, in cambio del modico censo annuo di uno staio di frumento e del vino, riceve in concessione dalle monache del convento cividalese di S. Chiara in pezzo di terra pustota (cioè non più a coltura) in Grupignano, confinante con altre sue terre383. Nel 1387 compra per 12 marche e mezza un censo annuo di 5 staia di frumento, garantito su terra sita in Gagliano384. Sposa nel 1366 Matilde del fu Giacomo Ribis fu Leonardo, che gli porta in dote 1000 libbre di piccoli veronesi385. Nel 1371 vende per quattro anni i redditi della gastaldia di Tolmino, di cui deteneva i frutti insieme a cinque consorti, a Ermanno del fu Leonarduccio Formentini386. Il 7 marzo del 1390, «tamquam maior et senior de domo de Canussio», investe di un feudo in Premariacco, «iure pheudi a domo de Canussio», Pietro fu Benedetto fu dominus Guariendo di Attimis, a sua volta «seniorem de domo sua»387. Muore il 24 febbraio del 1408388. Il suo testamento, rogato a favore della moglie Matilde, alla morte di lei, avvenuta il 13 dicembre del 1418389, viene impugnato dagli eredi390. Come si vede, la famiglia detiene anche feudi che ormai amministra in proprio, costruendosi una propria clientela beneficiario-vassallatica, ma ovviamente conserva soprattutto numerosi benefici ecclesiastici, come è evidenziato ancora dagli atti di una lite giudiziaria maturata nel 1458391.

5. Famiglie cividalesi di origini non nobiliari: i Formentini e altri

La famiglia Formentini è, tra le stirpi di origine non nobiliare protagoniste della vita pubblica della città, quella che ha lasciato il maggior numero di testimonianze giunte sino a noi, giacché ci è pervenuto parte del suo archivio392; e anche quella che prima di altre ha raggiunto il traguardo della nobilitazione, arricchendosi prima enormemente attraverso la mercatura e riuscendo così poi a imparentarsi con famiglie come i de Portis, i Canussio o i Gallo. Altre stirpi dell’aristocrazia cittadina, come per esempio i de Nordis, percorrono

382 AOC, FP, 475, del 15.IX.1365.383 AOC, FP, 189, del 20.II.1376.384 AOC, FP, 61, del 8.VII.1387.385 BCU, FP, ms. 1227/1, n. 251, del 7.I.1366.386 BCU, FP, ms. 1227/2, n. 214, del 27.IX.1371.387 BCU, FP, ms. 1229, n. 17.388 I libri degli anniversari, I, p. 248. La madre Caterina muore il 14.VI.1401 (ivi, p. 341).389 Ivi, I, p. 510.390 AOC, FP, 261, del 15.XII.1418. Il documento registra un ricco inventario dei beni.391 AOC, FP, 283, del 16.I.1458.392 15 pergamene, che vanno dal 1354 al 1589, le prime 8 delle quali si collocano entro il 1450, sono in BCU, FP, ms.

1234, fasc. IV. Alcune altre decine si trovano in BCU, FP, ms. 1227.

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vie di elevazione sociale diversa. I membri di questa famiglia, infatti, sembrano piuttosto optare per la strada della professione delle arti liberali, nell’esercizio delle quali del pari incrementano le proprie fortune patrimoniali, raggiungendo poi anch’essi, sia pure un po’ più tardi, il traguardo della nobilitazione. Nicola de Nordis è artium et medicine doctor magister, per esempio, e il figlio Nordio notaio393; un altro Nicola è menzionato quale licentiatus nel 1439394.

L’ascesa della famiglia Formentini si può seguire assai bene e in maniera molto particolareggiata a partire dal secondo quarto del XIV secolo. Le loro umili origini sono ben definite dal soprannome porcarius che molti suoi membri continuarono a portarsi appresso pur dopo essersi arricchiti. Il 18 febbraio del 1326 Leonardo, Giovanni detto Formentino e Nicolò detto

393 BCU, FP, ms. 1228/3, n. 35, del 15.V.1426, e n. 44, del 1439. 394 BCU, FP, ms. 1228/3, n. 44.

simonE di Versa

GiovAnnidetto Formentino lEonArduccio nicolò detto Zugliano* († 7.V.1367) († 12.XI.1362) ∞ GiovAnnA

donAtA simonE ErmAnno PAolo FrAncEsco GABriElE

∞ († 22.IX.1365) ∞ († 11.VI.1381) († 17.X.1397) († 11.X.1397) GiAcomofu ∞ cAtErinA ∞ Leonardo Ribis ursulAfu AGAtA

Giacomo Sottil († post 13.I.1413)

GABriElE mAititA luciA GrEGoriA dorotEA PiEtro AnAstAsiA di nicolussA simonE cAtErinA lEonArdo Antonio († 21.VI.1420) Rolando da Parma († 7.IX.1399) († 13.I.1449) ∞ ∞ († 7.IX.1399) ∞ cAtErinA

mArGhEritA ∞ nicolò detto Scarpa († 8.III.1441) GiovAnni di di Candido Canussio Andrea Canussio († 1.VIII.1405)

utussio simonE

*nicolò detto Zugliano

tommAso AdAmo nodino

(† 19.III.1385) († 3.VIII.1437)

nodino PolissEnA

(† 9.VIII.1437) († 24.VIII.1427) ∞ ∞ AdElmottA dE Portis GiovAnni GAllo

(† 11.X.1449)

AndrEA(† 4 IV.1291)

∞riccArdA

(† 16 V.1304)

ulvino cAndidussio ottolino († 14 VII.1308) ∞ sAFAntinA di Cividale († 5 XII.1304)

cAndido ulvino nicolò AndrEA GiAcomo roPrEtto nicolò (†15.III.1323) († 16.III.1355) († 1.IX.1349) († 2.XI.1339) ∞ ∞ FrAncEscA dE Portis cAtErinA tEutonicA

(† 8.IX.1369) († 12.VII.1329)

chiArA mArGhEritA AndrEA rodolFo lorEnzo nicolò cAndido

∞ († 1.II.1387) († 21.IX.1397) ∞ († 12.II.1342) cArsmAnno fu ∞ ∞ cAtArussA Antonio Canalia cAtErinA mAttiussA fu († 9.IX.1397) Nicolò Colosis († 18.I.1420)

GiovAnni ulvino nicolò detto Scarpa

∞ († 24.II.1408) († 1.VIII.1465) AnAstAsiA di ∞ ∞ Rolando di Parma mAtildE fu nicolussiA fu Giacomo Ribis Leonarduccio († 13.XII.1418) Formentini († 7.XI.1399)

cAndidussio ulvino diAnA

FIGURA 7: Genealogia della famiglia Formentini

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Zugliano, figli del fu Simone de Versa, abitante nella contrada cittadina di Porta Brossana, vendono per 22 marche un manso in villa de Subsilva395. Il 29 novembre dello stesso anno il decano patriarcale, Roberto, compra (se emisse, come egli stesso si esprime) 6 marche e mezza da Leonardo, mercator di Cividale, che agisce anche a nome del fratello Formentino396. Quasi sempre, anche in seguito, i fratelli Formentini saranno definiti appunto mercatores: appellativo, è appena il caso di ricordarlo, assai raro nella documentazione cividalese, che piuttosto si serve del termine, del pari non utilizzato comunque con grande frequenza, di stacionarius; una parola che però ha una valenza semantica un po’ diversa, come è noto. Da ora in avanti l’attività economica dei tre fratelli (oltre a Leonardo e Formentino, come si è detto, opera Nicolò detto Zugliano) si fa frenetica e si sviluppa quasi sempre in operazioni condotte in comune. Nel 1327 essi acquistano per 11 libbre di veronesi piccoli un ronzino di pelo bianco e un livello di 8 soldi gravante su case site in Cividale, nella contrada di S. Pietro397. Il 23 ottobre dell’anno successivo acquisiscono per 15 marche una terra nella zona di Porta Brossana, a Cividale, e nel 1333 comprano una braida nella medesima area, nella contrada di S. Giorgio, per ben 41 marche398. L’anno successivo, oltre a un manso e a una selva in altre zone della regione, essi perfezioneranno la loro espansione patrimoniale nell’area di Porta Brossana, di cui, ricordiamo, sono originari, acquistandovi due terre e alcune case399; e altre case vi compreranno l’anno ancora successivo400.

Gli acquisti si susseguono ininterrottamente. Tra il 1335 e la metà del secolo essi entrano in possesso, attraverso l'esborso di denaro in contanti, di oltre venti tra mansi, ville e campi, sparsi un po' in tutta l'area attorno a Cividale401; e di altri immobili, specie nella loro roccaforte di Porta Brossana402. Il 22 agosto del 1346 Leonardo compra tre mansi in Ialmicco, per ben 120 marche403. Nel 1353, nel momento forse culminante del loro successo economico, essi riescono a farsi rilasciare dall’imperatore Carlo IV di Boemia delle lettere, che presentano poi al patriarca, nelle quali vengono loro confermati tutti i beni che essi «emerint et acquisiverint licite»; ovvero, come subito si specifica, «nonnulla bona feudalia jure feudi eiusdem domini patriarche et Sancte Ecclesie Aquilegensis». Ora essi chiedono al patriarca, forti del pronunciamento imperiale, di esserne da lui investiti, in modo da diventare, essi stessi

395 BCU, FP, ms. 1227/1, n. 152, del 18.II.1326.396 BCU, FP, ms. 1227/1, n. 144, del 29.XI.1326.397 BCU, FP, ms. 1227/1, n. 147, del 10.III, e n. 148, del 4.IV.1327.398 BCU, FP, ms. 1227/1, nn. 159 e 179.399 BCU, FP, ms. 1227/1, nn. 180, 183 e 184, rispettivamente del 2.II, 17 e 21.VII.1334. Quest’ultimo atto testimonia

dell’acquisto dei beni cividalesi, «ubi dicitur Sterpet».400 BCU, FP, ms. 1227/1, n. 192, del 27.X.1335. Il prezzo da essi versato ammonta a 6 marche e 40 denari.401 BCU, FP, ms. 1227/1, nn. 193, 195, 200, 201, 204-206, 210-212, 221, 223-226 (nn. 225 e 226 bis compresi), 228,

230, 242 e 259; ms. 1227/2, nn. 2 e 3, 12.402 BCU, FP, ms. 1227/2, n. 5, del 18.VI.1341.403 BCU, FP, ms. 1234, fasc. IV, n. 8, erroneamente datato sulla coperta al 1406.

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e i loro eredi, «dicte Ecclesie vassallos», ottenendolo404. Il documento, come si vede, oltre che suggestivo, appare molto eloquente sulla strategia di promozione economica e sociale da essi utilizzata: i Formentini, nel tentativo di entrare nel mondo feudale e di nobilitarsi, sembra che scavalchino il patriarca, da cui pure detenevano i loro feudi, rivolgendosi direttamente all’imperatore. L’investitura che essi riescono a ottenere, però, non li fa entrare sic et simpliciter nella gerarchia feudale: come si è visto, passeranno ancora molti anni prima che membri della famiglia possano fregiarsi del titolo di nobilis.

Sino agli ultimi anni della loro vita i fratelli Formentini continueranno ad accumulare feudi, beni e ricchezze, palesando un’assoluta spregiudicatezza e una notevole mancanza di scrupoli morali, come accadde nel 1360, allorché Leonarduccio, nella sua veste di tutore dei figli minori del defunto Giovanni di Antro, ne vendette un manso di proprietà, feudo patriarcale, al proprio fratello Nicolò, per 50 marche405. Il 16 giugno del 1354 Leonarduccio, Formentino e Nicolò detto Zugliano comprano un manso in Ialmicco406. Leonarduccio e Nicolò, un paio di mesi più tardi, acquistano un manso in Castions e un altro nel 1358, stavolta insieme anche a Formentino407. Nel gennaio del 1355 lo stesso Leonarduccio viene investito feudalmente di mezzo manso a Medeuzza da Ulrico Boiani, abate di S. Maria della Beligna408. Lo stesso avviene nel 1360, allorché egli riceve l’investitura feudale di un manso in Ialmicco da parte di Rodolfo di Mels; manso, si specifica, che il concedente «habet in feudo et iure feudi a domo sua». Ricevuto da Leonarduccio il consueto giuramento di fedeltà «quod vassallus domino suo facere consuevit», Rodolfo «de ipso manso iure feudi recti et legalis, cum fimbria sue tunice, legitime [eum] investivit de iure suo»409. Nel 1362 Nicolò riceve in dono da Benedetto, canonico cividalese, un manso a Medeuzza, e qualche anno più tardi ne compra mezzo in Ialmicco410.

Essi non incamerano soltanto nuovi beni: razionalizzano la mappa dei loro possedimenti, talora vendendone anche, come quel terreno di cui si disfano nel 1332 o la villa che vendono per 40 marche dieci anni più tardi411; o permutandone qualcuno, come attestato nel 1338, allorché scambiano con Filippo de Portis e la moglie Alda Piccolomini due mansi, portati in dote da quest’ultima, contro un campo e una braida412; e non mancano di diversificare gli investimenti, prestando non di rado denaro413. Ma soprattutto essi mettono in piedi una società per gestire in comune tutti i loro affari, che

404 BCU, FP, ms. 1227/2, n. 98, del 27.X.1353. La lettera di conferma imperiale è del primo agosto del medesimo anno.405 BCU, FP, ms. 1227/2, n. 146, del 19.VII.1360.406 BCU, FP, ms. 1234, fasc. IV, n. 1.407 BCU, FP, ms. 1234, fasc. IV, rispettivamente n. 2, del 6.VIII.1354, e n. 4, del 17.VIII.1358.408 BCU, FP, ms. 1234, fasc. IV, n. 3, del 7.I.1355.409 BCU, FP, ms. 1227/2, n. 149, del 1.IX.1360.410 BCU, FP, ms. 1234, fasc. IV, rispettivamente n. 5, del 16.XII.1362, e n. 6, del 5.VIII.1366.411 BCU, FP, ms. 1227/1, n. 171, del 9 febbraio; ms. 1227/2, n. 14, del 13.IV.1342.412 BCU, FP, ms. 1227/1, n. 213 (altra copia in n. 214), del 10.V.1338. Cfr. pure ivi, n. 215, sulla medesima transazione. 413 BCU, FP, ms. 1227/1, n. 173, del 17.I.1333; n. 202, del 9.III.1337; ms. 1227/2, n. 9, del 15.IX.1341.

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parzialmente specificano: «tam de lana, drappo lini et lino et societate porcorum quam de aliis omnibus»414. Si tratta, come si vede, di uno spettro di iniziative che ne evidenzia la notevole vivacità imprenditoriale e la grande capacità commerciale. E che essi si muovano con disinvoltura nel mondo degli affari lo testimonia anche un altro documento, datato 15 novembre 1338, in cui è registrata una transazione che coinvolge nuovamente un membro della famiglia de Portis: Giovanni del fu Federico, il quale compra quel giorno per 46 marche un manso in Tapogliano, feudo del patriarca e sul quale grava anche un censo in frumento a favore dei fratelli Formentini. Ebbene, le 46 marche necessarie all’acquisto Giovanni le riceve in prestito quello stesso giorno proprio dai Formentini: facile perciò sospettare che si sia trattato di una vendita per procura, volta a far entrare i tre non nobili fratelli nell’usufrutto del feudo415.

Leonarduccio muore il 12 novembre del 1362416. Uno dei suoi figli, Simone, scompare prematuramente, nel 1365, lasciando la moglie, Ursula del fu Giacomo Sottil417. Si conoscono ancora i nomi di alcuni dei rampolli di Simone: per la precisione, di un figlio di primo letto, Pietro, e della sorella uterina di costui, la già nota Anastasia di ser Rolando del fu ser Simone da Parma, evidentemente primo marito della prima moglie418, i quali avevano già raggiunto la maggiore età, e di un figlio e tre figlie ancora minorenni, avute appunto da Ursula: Simone, Lucia, Gregoria e Dorotea419.

Un altro figlio di Leonarduccio, Ermanno, sposato con Caterina, riceve l’investitura di conferma dei suoi feudi dal patriarca Giovanni il 31 luglio del 1382420. Anch’egli si era dimostrato assai versato negli affari, come si è visto, acquistando nel 1371, per quattro anni, i redditi della gastaldia di Tolmino da un consorzio di sei persone, tra le quali era Ulvino del fu Nicolò Canussio, per la grossa cifra di 100 marche nuove e 104 vecchie421. Egli lascia poi una figlia, Nicolussa, che farà un ottimo matrimonio, andando in sposa nel 1366, come si è accennato, al nobile Nicolò del fu Candido Canussio, detto Scarpa, cui porterà in dote 1000 lire di veronesi piccoli422.

414 BCU, FP, ms. 1227/2, nn. 46 e 47, rispettivamente del 17.VIII e del 28.IX.1346, relativi alla composizione di una lite intercorsa tra i tre fratelli proprio a proposito del funzionamento di questa società.

415 Occoreranno infatti ben tre carte per perfezionare l’operazione: v. BCU, FP, ms. 1227/1, nn. 218, 219 e 220, atti tutti rogati dal medesimo notaio sotto la medesima data.

416 I libri degli anniversari, I, p. 485.417 Simone si spegne il 22.IX.1365 (I libri degli anniversari, I, p. 440, dove viene indicizzato come figlio di Leonarduccio

custode di porci, equivocando sul porcarius, soprannome di famiglia). La moglie Ursula farà testamento il 13 gennaio del 1413: BCU, FP, ms. 1229, n. 25.

418 Cfr., sull’intricata parentela, BCU, FP, ms. 1227/3, n. 98, del 29.VI.1398. Nastasia, come si ricorderà, sposa Giovanni di Andrea Canussio.

419 Il suo testamento, di cui il fratello Ermanno è esecutore, si trova in BCU, FP, ms. 1227/2, n. 184, del 18.IX.1365. Cfr. pure, sull’assetto familiare a quella data, il testamento di Ursula, rogato 23.I.1413 (BCU, FP, ms. 1229, n. 25).

420 BCU, FP, ms. 1234, fasc. IV, n. 7.421 BCU, FP, ms. 1227/2, n. 214, del 27.IX.1371.422 BCU, FP, ms. 1227/2, n. 189, del 8.VII.1366.

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Due altri figli di Leonarduccio, Paolo e Francesco, sono ancora minorenni del 1374, come presto si dirà. Francesco, sposato con una certa Agata, sarà padre di una fanciulla, Caterina, ma morirà prematuramente423. Un terzo figlio, Gabriele, morirà nel 1397424.

Giovanni detto Formentino, sposato con una Giovanna, figlia di Caterina, farà testamento nel 1366 e morirà il 7 maggio dell’anno successivo425, lasciando una figlia, Donata, andata in sposa a Giacomo del fu ser Leonardo Ribis, la quale gli aveva dato due nipoti, un maschio e una femmina, rispettivamente di nome Gabriele e Maitita426.

Tra i figli di Nicola Zugliano, uno, Tommaso, viene nominato in occasione del testamento dello zio Formentino427: si addottorerà in arti e medicina a Bologna428; un secondo, Adamo, colui che sembra aver sviluppato il maggior senso per gli affari, e di cui ancora si dirà, può contare su di un cospicuo gruppo di beni e diritti feudali, che gli vengono assicurati nel 1397429; a un terzo, Nodino, minorenne ancora nel 1374, del pari si farà cenno più avanti.

Per valutare la grande ricchezza della famiglia nella seconda metà del XIV secolo, oltre che per ripercorrerne la genealogia, sarà sufficiente scorrere due elenchi di divisione dei loro beni, intercorsi nel 1369 e nel 1374. Il primo è relativo alla divisione pattuita tra Nicolò detto Zugliano, l’ultimo sopravvissuto dei tre figli di Simone di Versa, e il nipote Ermanno del fu Leonarduccio. Si tratta di una lista imponente, dove si contano decine di mansi, terre, campi, sparsi un po’ in tutta la regione430. Il secondo coinvolge quasi tutti i membri della dinastia. Vi intervengono infatti Ermanno del fu Leonarduccio, per sé e in quanto tutore dei nipoti Pietro e Simone, figli di suo fratello Simone; Gabriele, figlio di Donata di Formentino, e Giovanni, la cui ascendenza non è certa, entrambi maggiori di 14 anni e minori di 25, che intervengono con il consenso del tutore, Rodolfo del fu Giovanni de Portis; e infine Paolo e Francesco, figli del fu Leonarduccio, e Nodino del fu Nicolò Zugliano Formentini, tutti minori di 14 anni. Anche in questo caso l’elenco dei beni la cui proprietà andrà definita è molto molto lungo431. A questi due documenti dovrà essere aggiunto il ricco inventario dei beni di Ermanno di Leonarduccio, stilato nel 1379432.

423 BCU, FP, ms. 1227/3, n. 156, del 4.IX.1413.424 I libri degli anniversari, I, p. 457, sotto la data 11.X.1397. Egli avrà a sua volta due figli almeno: Leonardo, che sposerà nel

1393 Luisa del fu Giovanni di Paolo di Cividale, e Antonio, che vedremo impegnato in una lite giudiziaria con un congiunto, Tommaso del fu Nodino, nel 1432 (ivi, rispettivamente ms. 1227/3, n. 63, del 26.I.1393, e ms. 1227/4, del 25.V.1432).

425 I libri degli anniversari, I, p. 311.426 BCU, FP, ms. 1227/2, n. 185, del 3.II.1366. 427 BCU, FP, ms. 1227/2, n. 185, del 3.II.1366.428 BCU, FP, n. 231, del 11.VII.1374, con il quale gli viene rilasciata solenne licenza di esercitare la professione. Scompare

il 19.III.1385 (I libri degli anniversari, I, p. 270).429 BCU, FP, 1228/3, n. 31, del 1.VII.1397.430 BCU, FP, ms. 1227/2, n. 201, del 23.III.1369 (altra copia ivi, n. 203).431 BCU, FP, ms. 1227/2, n. 229, del 8.IV.1374. Si ricorda un figlio di Paolo, Simone, spentosi il 13.I.1449 (I libri degli

anniversari, I, p. 215). Paolo era deceduto l’11.VI.1381 (ivi, I, p. 338, indicizzato come Paolo Leonarduccio invece che come di Leonarduccio: quondam Lenarducii).

432 BCU, FP, ms. 1227/3, n. 6, del 11.V.1379.

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Nel 1398 Anastasia, sorella uterina di Pietro del fu Simone fu Leonarduccio Formentini, come si è accennato sposa ser Giovanni fu Andrea fu ser Ulvino Canussio, portandogli in dote 500 ducati d’oro e il corredo433. Pietro, a sua volta, godrà di notevole fortuna, giacché vedrà aumentare considerevolmente il proprio patrimonio per via ereditaria. Nel 1398, infatti, nel ricevere l’investitura feudale dal patriarca per i beni detenuti in forma beneficiario-vassallatica, egli risulterà erede, per via paterna, dello zio Ermanno, che a sua volta aveva ereditato dal fratello Francesco e dal giovane Antonio, figlio di Gabriele di Formentino434. Giovanni muore prematuramente, come si è visto, lasciando due figlie: Caterina e Rivignana435.

I tre figli di Nicolò Zugliano, Nodino, Adamo e Tommaso, nel 1378 acquistano insieme una casa nel centro di Cividale, «in contrata ubi venditur herba»436. Nel 1389 Adamo, al termine della consueta, solenne cerimonia, viene investito dei feudi da tempo detenuti dalla sua famiglia. In particolare, oltre due ville feudo patriarcale, si distinguono due mansi in Tapogliano e Ravosa, che derivano alla famiglia «iure feudi marchionatus de Attens»437. Nel 1397 lo incontriamo in veste di prestatore di danaro, per l’ammontare di 24 ducati d’oro438; e nello stesso ruolo viene ricordato in un atto del 1412, nel quale si fa riferimento all’enorme prestito di 822 ducati d’oro da lui concesso a Paolo del fu Giacomo di Tricesimo, abitante in Porta Brossana439. Egli si muove con grande disinvoltura nel mondo feneratizio, caricandosi talvolta anche di onerosissimi debiti, come avviene nel 1411, allorché a più riprese ottiene in prestito dall’ebreo Marcuzio 1210 ducati d’oro, poi 34, poi 200: debiti tanto onerosi che egli non riuscirà poi a saldarli, e nel 1428 si vedrà pignorare i beni dati in garanzia440. Adamo sembra riuscire a condurre a termine con successo il lungo processo di nobilitazione della famiglia: nel 1410, in un atto in cui tutti i membri della dinastia sono definiti nobiles, egli rinsalda i già forti legami della sua stirpe con l’aristocrazia cittadina, ottenendo in sposa per il giovane figlio Nodino una figlia di Nicolò fu Rodolfo de Portis: Adelmotta441; mentre la figlia Polissena sposerà

433 BCU, FP, ms. 1229, n. 20, del 12.IV.1398. La consegna materiale del danaro, effettuata da Pietro a nome della sorella, avviene il 29 giugno successivo (cfr. ivi, n. 1227/3, n. 98).

434 BCU, FP, ms. 1227/3, n. 92, del 15.X.1398. Due suoi figli, Simone e Utussio, sono menzionati in una carta del 17.III.1428 (ivi, ms, 1227/4, n. 26). Antonio del fu Gabriele il 7.XII.1414 vende una casetta a Cividale (BCU, FP, ms. 1234, fasc. II, n. 76). Pietro Formentini, probabilmente il figlio di Simone di Leonarduccio, scompare il 21.VI.1420. Aveva sposato una Margherita, che morirà a sua volta l’8.III.1441 (I libri degli anniversari, I, rispettivamente p. 346 e p. 259).

435 BCU, FP, ms. 1229, n. 5, del 23.I.1413.436 BCU, FP, ms. 1227/3, n. 1, del 11.VI.1378.437 BCU, FP, ms. 1227/3, n. 47, del 31.VII.1389. Verrà nuovamente investito di questi feudi, dal successivo patriarca, il 5.IV.1396

(ivi, n. 180).438 BCU, FP, ms. 1227/3, n. 83, del 16.VII.1397.439 BCU, FP, ms. 1227/3, n. 142, del 15.II.1412.440 ASU, PN, busta 3, nn. 430, 432, 445 e 446. Per alcuni di questi e per altri debiti da lui contratti verso la comunità

ebraica cividalese, cfr. Zenarola pasTore, Gli ebrei a Cividale, n. 259, p. 96, del 4.III.1401; n. 284, p. 98, del 8.III.1401; n. 351, p. 101, del 2.VI.1411, e n. 342, p. 100, del 12.V.1419. Il 15.I.1428 si stabilisce la vendita degli oggetti a lui pignorati, a istanza di Filippa ebrea, vedova di Marcuzio, suo creditore (ivi, n. 294, p. 98).

441 BCU, FP, ms. 1227/3, n. 138, del 30.VI.1410. Nodino muore il 9.VIII.1437; sua moglie Adelmotta l’11.X.1449 (I libri degli anniversari, I, rispettivamente p. 392 e p. 457, dove sono indicizzati, sotto la voce Formentini, sia un Nedono di

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il nobile Giovanni Gallo442. Nel 1415 suo fratello Nodino gli riconosce il diritto di subentrare nei suoi crediti per l’ammontare di 1000 fiorini443. Più volte provveditore del Consiglio comunale cividalese, Adamo scompare il 3 agosto del 1437444.

6. A modo di epilogo

Un contributo scientifico, a parer di chi scrive, non dovrebbe necessitare di parole di spiegazione conclusive, dovendo avere in sé la propria giustificazione, che il lettore deve poter valutare senza imbonimenti e interventi orientativi da parte dell’autore. Pure, in questo caso si farà un’eccezione, giacché colui che pazientemente e diligentemente abbia fin qui seguito le vicende dei rampolli dell’aristocrazia cividalese sarà probabilmente a questo punto tramortito dalla sovrabbondanza dei dati forniti; dati per di più relativi a nomi e operazioni quasi ossessivamente ripetitivi. La stessa ricchezza degli esempi presentati, in effetti, da un lato necessaria, sembra, per fondare solidamente le affermazioni pronunciate, può aver dall’altro narcotizzato il lettore. Pure, senza voler con questo minimamente orientarne il giudizio, dovrebbe apparirgli chiaro che a Cividale sono nobili ed eminenti quelle famiglie che hanno ricevuto dal patriarca formale investitura, e che alla sua ombra, nel servizio militare e in quello di corte, si sono sviluppate. Se si vuole – benché il termine non mi appaia il più perspicuo – le si può definire “di castello”, per indicarne appunto la precipua funzione militare, pur se abbastanza presto, già nel corso della prima metà del XIII secolo, esse hanno poi optato per una scelta di vita cittadina, sancita da una tipologia di insediamento che non saprei definire che consortile, imperniata com’è sulla scelta di fissarsi in contrade specifiche, che ne portano evidenti i segni distintivi: case di proprietà di clan familiari, tra loro collegate, fortificate e munite di torri caratterizzano il paesaggio urbano cittadino anche cividalese, così come quello di qualsiasi altro nucleo urbano del centro-nord dell’Italia. Il borgo S. Pietro, occupato dai Boiani, e quello S. Silvestro, monopolizzato invece dai de Portis, ne sono evidente testimonianza. E sono infatti esclusivamente, in quegli anni, le famiglie de Pertica-Boiani e de Portis a detenere l’effettivo controllo della città e a costituirne l’indubbio e più alto elemento nobiliare: due dinastie i cui ancipiti, sapienti e lungimiranti, ne hanno progettato prima e costruito poi le fortune, sviluppatesi sempre all’ombra dei patriarchi e al servizio di essi. Non sono rari, si obietterà, i casi in cui membri di entrambe queste famiglie si siano ribellati anche militarmente all’autorità patriarcale – e tali casi si sono fatti di volta in volta notare – ma sempre poi essi sono rientrati, fino agli ultimi giorni di vita del principato, sotto la sua egida.

Adamo che un Nodeno di Adamo, come se si trattasse di due persone diverse).442 Ella morirà però prematuramente, il 24.VIII.1427 (I libri degli anniversari, II, p. 668).443 BCU, FP, ms. 1229, n. 26, del 14.II.1415. Un suo figlio, Tommaso, nel 1432, come si è accennato, è impegnato in una

lite giudiziaria con un congiunto, Antonio del fu Gabriele Formentini (ivi, ms. 1227/4, n. 32, del 25.V.1432).444 I libri degli anniversari, I, pp. 386-387.

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A queste due stirpi egemoni si aggiungeranno verso la fine del Duecento e piuttosto al principio del secolo successivo i Canussio, le cui caratteristiche nobiliari, di carattere ancor più eminentemente militare e feudale, non differiscono significativamente da quelle delle famiglie già analizzate. Essi del pari si coaguleranno in un determinato spazio cittadino, dove costruiranno le proprie case, e attorno a un luogo di culto, che sarà inizialmente identificato nella collegiata e poi piuttosto nel convento cittadino dei frati minori, in modo tale che la presenza nobiliare in città ne risulterà polarizzata su tre diverse delle quattro contrade allora esistenti e sui tre nuclei ecclesiastici principali: la collegiata appunto, da sempre preferita dai de Portis, che costituiscono la nobiltà cittadina più antica; il convento di S. Domenico, eletto poi dai Boiani a proprio santuario familiare e luogo di sepoltura, e infine quello di S. Francesco, preferito dai Canussio, ultimi tra i nobili di sangue del patriarcato a fare una scelta insediativa e politicamente strategica sulla città. Le alleanze matrimoniali, cui si fece abbondante ricorso, si incaricheranno poi di cementare l’unione all’interno di questo ristretto gruppo di potere.

Gruppo di potere imperniato su di una strategia familiare rigida e attenta, che salvaguarda l’attribuzione del titolo di miles per il primogenito, e che addirittura tende a identificare con il cognome gentilizio soltanto il ramo principale della famiglia, individuando i cadetti con dei soprannomi o legandone la discendenza al nome della madre, comunque in grado di trasmettere anch’ella nobiltà: tutti segni di una coesione assai forte, all’interno della schiatta. Si ricordino infatti i de Portis e gli stessi de Pertica: alcuni rami, come quello dei Fondani o quello dei Boiani, si distaccano dal ramo principale, abbandonando in breve il loro appellativo dinastico generale, pur senza affatto perdere il senso di solidarietà con il gruppo di provenienza, e si coagulano attorno a un nuovo nome, che dà vita a una nuova famiglia. E si consideri poi il caso dei discendenti domine Gose. Sia l’onomastica che gli stretti rapporti che conservano con essi, lasciano ritenere che si tratti di un altro piccolo ramo staccatosi dai de Portis. Lucarda, detta Gosa, figlia di Corrado da Gagliano, scomparso nel 1199445, risulta sposata con un Giovanni e avere un figlio, Filippo446, che forse ha a sua volta due figli, Giovanni e Filippo, che si definiscono nipoti domine Gose447. Ebbene, in atto del 1285, il defunto figlio Giovanni, oltre che discendente di Gosa, viene menzionato dalle due figlie, Caterina e Adalmotta, e dalla vedova, Lucarda, come figlio della fu Adelmotta448. La linea femminile,

445 I libri degli anniversari, I, p. 360, registrato sotto la data del 9.VII.1199.

446 Egli compare insieme alla madre in un atto di compravendita, il 9.XII?.1245: MANC, PC, VII, n. 93/6. Muore il

4.IX.1252 (I libri degli anniversari, I, p. 420).447 I dati sono tratti da un gruppo di sette pergamene relative a Gosa, cucite insieme, che vanno dal 1245 al 30.XII.1278,

data del suo testamento (MANC, PC, VII, n. 93). Ella muore pochi giorni più tardi: il 15.I.1279 (I libri degli anniversari, I, p. 216). Filippo e Giovanni compaiono insieme in un rogito del 23.X.1267, in cui si definiscono entrambi nepos domine Gose. Dal medesimo documento si evince che Filippo ha anche un figlio, di nome Giovanni (MANC, FB-P01-I, n. 61).

448 BCU, FP, ms. 1228/3, del 19.II.1285, rogato in casa del fu Giovanni domine Gose, presenti Giovanni de Portis e Quoncio di 'Birbiz', tutori delle figlie dicti Iohannis quondam Adalmotte; e dictus non può che riferirsi al Giovanni domine Gose in casa del quale si roga l’atto.

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insomma, pur se in un periodo già caratterizzato da una nettissima prevalenza del modello patrilineare449, può in qualche caso conferire prestigio sociale e trasmettere nobiltà anche a preferenza di quella maschile.

Ancora una parola occorre spendere sull’onomastica familiare: si sarà notato come inizialmente, sin verso la fine del XIII secolo, si preferisca impartire il proprio nome al primogenito, onde tramandarne la memoria, come nel caso dei vari Corrado nella stirpe dei de Pertica-Boiani e dei Giovanni che si susseguono l’uno all’altro tra i de Portis. Dopo quella data, si preferirà piuttosto saltare una generazione, e tramandare il nome principale della stirpe attraverso il nipote, presumibilmente il figlio del primogenito. Si avvicenderanno così con regolarità, per riferirsi ancora al caso emblematico dei de Portis, i Federico e i Giovanni, e anche tra i Boiani i Corrado saranno presenti a generazioni alterne. Appare superfluo, a questo punto dell’analisi, strizzare l’occhio alla problematica affrontata nell’abbondante e qualificatissima storiografia sul concetto di anoblissement, che può contare al suo interno sugli studiosi forse di maggior prestigio del secolo scorso in ambito europeo, anche perché è presumibile che il lettore attento ne abbia colto i rimandi e le citazioni occulte. Particolare della situazione locale sembra invece il disinteresse da parte di queste stirpi, al contrario di ciò che avviene in Cividale città, a radicarsi, al di fuori di essa, in uno spazio preciso e determinato. Gli ampi possedimenti fondiari di cui tali famiglie dispongono, infatti, si collocano un po’ in tutte le aree geomorfologiche della regione, pur se con una netta e ovvia preminenza per quelle non lontane da Cividale; ciò che rende superfluo, sembra a chi scrive, disegnare una carta geografica di questi possedimenti, giacché essa presenterebbe zone di influenza e di interesse patrimoniale diffuse e non collegate, anzi sensibilmente distanziate tra loro, e risulterebbe perciò poco significativa.

Ma c’è ancora un altro aspetto caratterizzante e peculiare della vita della nobiltà cividalese, almeno dall’ultimo quarto del Duecento in avanti, che occorre sottolineare con forza e non senza sorpresa: il vivo interesse che i suoi membri manifestano costantemente verso la mercatura e l’attività feneratizia, evidentemente non considerate in contrasto con la milizia e lo stile di vita nobiliare. E non sono soltanto i rami secondari della stirpe, come si è visto, a indulgere verso l’arricchimento monetario: capacità finanziarie notevoli manifesteranno infatti anche i più bei nomi dell’aristocrazia militare di sangue cittadina, come Corrado e Paolo Boiani e molti dei rampolli di casa de Portis. Lo stile di vita mercantesco, insomma, forse per imitazione della ricca e stimata componente toscana presente in città, non è affatto estraneo alla nobiltà friulana. Non meraviglierà allora notare come, sin dal principio del Quattrocento, il titolo di miles, sino ad allora preferenziale per indicare i membri più influenti della più prestigiosa e antica nobiltà cittadina, cadrà in desuetudine, giacché la loro funzione militare appare ormai sorpassata nel nuovo

449 Per una rapida e chiara illustrazione di questo modello si veda herlihy, La famiglia, pp. 107 ss.

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assetto politico regionale, tanto che anche tra i de Portis e i Boiani tornerà a invalere la consuetudine di servirsi piuttosto, per designare i componenti della schiatta, del semplice appellativo di nobilis.

A Cividale opera dunque un gruppo di potere ristretto di sangue nobile, come abbiamo rilevato. Un ampliamento della cerchia nobiliare si farà infatti strada in regione lentamente e assai tardi, vale a dire verso il principio del XV secolo, quando alcune stirpi non nobiliari ma enormemente arricchitesi grazie al commercio e alle professioni liberali, in virtù anche di buoni matrimoni e di una lunga consuetudine con i patriarchi, cui esse prestavano giuramento di fedeltà per i feudi via via acquisiti, saranno effettivamente nobilitate. Il ceto nobiliare più antico, quindi, corroborato dall’ausilio delle famiglie emergenti, reggerà ininterrottamente le sorti della città per circa due secoli, direttamente, grazie all’esercizio degli uffici maggiormente eminenti, quello di gastaldo e quello di capitano, sia indirettamente, attraverso l’appoggio fornito a membri di famiglie satelliti che amministreranno le cariche cittadine al loro fianco.

Come rileverà alla fine del XV secolo con grande lucidità, nella sua interessantissima e ancora tutta da studiare storia cittadina, uno di questi nobili, Nicolò Canussio, l’autocoscienza civica di Cividale si identifica nella sua nobiltà: la vera e propria costruzione della memoria cittadina che egli offre nella sua storia si impernia infatti sul rimando a una nobiltà di origini romane mai recise, ma arricchita da elementi longobardi e poi patriarcali, i quali non avrebbero rappresentato una rottura nella plurisecolare vicenda cittadina ma si sarebbero piuttosto affiancati, pur senza confondersi, con la vecchia aristocrazia, in certo senso rivitalizzandola. E lo stesso avverrà nel corso del Quattrocento sotto gli occhi attenti dello storico: un ricco e assai numeroso patriziato, come egli lo definisce, proveniente dalla mercatura e soprattutto dalle professioni liberali, si fonderà con la vecchia nobiltà, formando una nuova, attiva classe dirigente cittadina. Nicolò Canussio, si sa, aveva sposato un’esponente di questo patriziato, Maria Formentini450.

450 canussio, De restitutione patriae.

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Storia d

i Civid

ale nel M

edio

evoEconom

ia, società, istituzioni a cura di Bruno Figliuolo

AutoriBruno Figliuoloprofessore ordinario di Storia Medioevale

Università di Udine

Stefano Gasparriprofessore ordinario di Storia Medioevale

Università di Venezia

Stefano Magnaniricercatore di Storia Romana

Università di Udine

Andrea Saccocciprofessore ordinario di Numismatica

Università di Udine

Elisabetta Scartonricercatore di Storia Medioevale

Università di Udine

Federico Vicario ricercatore di Filologia e Linguistica Romanza

Università di Udine

Luisa Villottadocente a contratto di Archivistica

Università di Trieste

I. Fonti archivistiche cividalesi

II. Appunti sul cividalese antico

III. Cividale in età romana

IV. Cividale longobarda

V. I secoli centrali: frammenti di un mosaico

VI. La vita economica e le presenze forestiere

VII. La moneta: produzione e circolazione

VIII. Nobiltà e aristocrazia cittadina

IX. Ospedali e confraternite nel basso Medioevo

X. L’amministrazione civica nel Trecento

€ 25,00