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National Geographic Italia

Jul 05, 2018

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  • 8/16/2019 National Geographic Italia

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    Mozambico: ritorno al paradiso O  Troppa folla sull’Everest

    Australia, aborigeni tra modernità e tradizione

    Gli ultimi balenieri vichinghi O  I professionisti del rischio

    JAMES CAMERONregista di Titanic

    ESCLUSIVO

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     4,50  GIUGNO 2013

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    Alcuni giovani aborigeni

    australiani, tornati

    nelle terre ancestrali,

    contemplano il tramonto,

    in comunione con la natura.

    FOTO: AMY TOENSING

    C’è folla sull’EverestCresce la tensione sul tetto del mondo;

    la montagna è invasa dalle spedizioni e dai rifiuti,

    ed è ormai un esempio negativo per l’alpinismo.

    di Mark Jenkins

    Miracolo in MozambicoDevastato dalla guerra e minacciato dalla

    deforestazione, il Parco di Gorongosa rinasce.di Edward O. Wilson fotografie di Joel Sartore

    Gli ultimi balenieri vichinghiLa caccia alle balenottere minori in Norvegia è

    sostenibile, ma i giovani non ne vogliono sapere.

    di Roff Smith fotografie di Marcus Bleasdale

    La caccia alla balena Tutte le specie di balene cacciate nel mondo,

    nonostante la moratoria globale.

    Il mistero del rischioPerché giocarsi la vita e la reputazione in nome

    dell’esplorazione? La risposta non è scontata.di Peter Gwin

    Gli esploratori raccontanoFaccia a faccia con l’uomo che cadde dallo spazio,

    Felix Baumgartner, e altri celebri temerari.

    fotografie di Marco Grob

     Avanti tutta, negli abissiSpedizione sul fondo della Fossa delle Marianne

    con il Deep Sea Challenger .

    di James Cameron fotografie di Mark Thiessen

    I primi australiani Un villaggio aborigeno invita il giornalista in visita.

    «Cosa posso portare?». «Da mangiare per 25».

    di Michael Finkel fotografie di Amy Toensing

    70- r /0 (*6(/0

    In copertina James Cameron, regista ed esploratore di National Geographic. Fotografia di Marco Grob, ritocchi digitali Suesstrunk & Jericke.

    I REPORTAGE

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    Editoriale

    Qui Italia 

    nationalgeographic.it

     Anteprima 

    Manuale di sopravvivenza 

    VISIONS

    In edicola National Geographic in TV 

    In lettura 

    L’istante

    Flashback 

    La mia fotoFotodiario Stefano Morelli

     Archivio italiano

    NEXT

    SPECIALE ESPLORAZIONI

    70- r /0 (*6(/0

    LE RUBRICHE

    RIVISTA UFFICIALE DELLA

    NATIONAL GEOGRAPHIC SOCIETY

    “INSPIRING PEOPLE TO CARE

     ABOUT THE PLANET”

    JOHN FAHEY, Chairman and CEO

    EXECUTIVE MANAGEMENT

    Terrence B. Adamson, Legal and InternationalEditions

    Terry D. Garcia, Mission Programs 

    Stavros Hilaris, Chief Technology officer  Betty Hudson, CommunicationsAmy Maniatis, Chief Marketing officer  Declan Moore, President, PublishingBrooke Runnette, Television ProductionTracie A. Winbigler, Chief Financial Officer Bill Lively, Development 

    BOARD OF TRUSTEES

    Joan Abrahamson, Michael R. Bonsignore,Jean N. Case, A lexandra Grosvenor Eller,Roger A. Enrico, John Fahey, Daniel S. Goldin,Gilbert M. Grosvenor, William R. H arvey,Maria E. Lagomasino, George Muñoz,Reg Murphy, Patrick F. Noonan, Peter H. Raven,Edward P. Roski, Jr., James R. Sasser,B. Francis Saul II, Gerd Schulte- Hillen, Ted Waitt,Tracy R. Wolstencroft

    INTERNATIONAL PUBLISHING

    VICE PRESIDENTS

    Yulia Petrossian Boyle, Magazine Publishing Rachel Love, Book Publishing

    Cynthia Combs, Ariel Dei aco-Lohr, Kelly Hoover,Diana Jaksic, Jennifer Liu, Rachelle Perez,Desiree Sullivan

    COMMUNICATIONS

    Beth Foster, Vice President 

    RESEARCH AND EXPLORATION

    COMMITTEE

    Peter H. Raven, Chairman John M. Francis, Vice Chairman Paul A. Baker, Kamaljit S. Bawa, Colin A. Chapman,Keith Clarke, J. Emmett Duffy, Philip Gingerich,Carol P. Harden, Jonathan B. Losos, JohnO’Loughlin, Naomi E. Pierce, Jeremy A. Sabloff,Monica L. Smith, Thomas B. Smith, Wirt H. Wills

    EXPLORERSINRESIDENCE

    Robert Ballard, James Cameron, Wade Davis,Jared Diamond, Sylvia Earle, J. Mi chael Fay,Beverly Joubert, Dereck Joubert , Louise Leakey,Meave Leakey, Johan Reinhard, Enric Sala,Paul Sereno, Spencer Wells

    La National Geographic Society è stata fondataa Washington, D.C. come Associazione scientificae pedagogica senza fini di lucro. Dal 1888 ,la Society ha sostenuto oltre 9000 esplorazionie progetti di ricerca per contribuire allaconoscenza della terra, dei mari e del cielo.

    Copyright © 2013 National Geographic Society.All rights reserved. National Geographic andYellow Border: Registered Trademarks ® MarcasRegistradas. National Geographic assumesno responsibility for unsolicited materials.Printed in U.S.A .

    CHRIS JOHNS, Editor in Chief 

    Victoria Pope, Deputy Editor Bill Marr, Creative Director  

    Executive Editors:Dennis R. Dimick (Environment )Jamie Shreeve (Science)

    David Brindley, Managing Editor

    Ken Geiger, Deputy Photography DirectorMarc Silver, Deputy Text DirectorKaitlin Yarnall, Deputy Creative Director 

    DEPARTMENT DIRECTORS

    Juan Velasco, Art Margaret G. Zackowitz, DepartmentsDavid C. Whitmore, DesignLisa Lytton, E-Publishing

    INTERNATIONAL EDITIONS

    Amy Kolczak, Deputy Managing Editor  Darren Smith, Deputy Editorial DirectorLaura Ford, Photographic LiaisonAngela Botzer, ProductionSharon Jacobs, Adminis trat ionMaureen Flynn, Ron Williamson,Contributing NG Staff FOTO DALL’ALTO: STEFANO MORELLI; LAWSON PARKER , NGM ILLUSTRAZIONE; JOEL SARTORE

    Miele a coloriAnche le api amano le caramelle.Lo si nota dal colore dei favi.

    Obiettivo Big Bang Nel 2018 il telescopio spazialeJames Webb tenterà di osservare

    la nascita dell’universo.

    Strani pesciGrazie agli incroci selettivi, ogni annonascono nuove varietà di pesci rossi.

    Lettera d’addioSpunta dagli archivi segretidel Vaticano la richiesta di divorziodi Enrico VIII a papa Clemente VII.

     A tutto vaporeEnergia “all’antica” (e più pulita)con il sistema della cogenerazione.

    Pontili a rischioDopo la tempesta Sandy,vale la pena di ricostruire?

    Pennellate bestialiL’arte orientale deve molto a gatti,topi, cavalli e altri animali.

    Gli apripista 

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    DAL DIRETTORE

    FOTO: CARSTEN PETER

    Studiosi sotto al vulcano Nyiragongo, Repubblica Democratica del Congo.

     A metà del Settecento, racconta Richard Conniffnel suo libro Cercatori di specie, Linneo convinse una ventina

    di discepoli ad avventurarsi ai quattro angoli del pianeta per scoprirenuovi esseri viventi. Metà di questi “apostoli”, come lui li chiamava,

    persero la vita nel compimento della loro missione. E così accadde

    a navigatori, scalatori e professionisti del pericolo di ogni genere.

    Eppure nulla ha spento il nostro desiderio di esplorazione.

    Nemmeno oggi che sembra sia rimasto poco da scoprire. Ma solo

    all’apparenza. Imprese come quella di James Cameron, giunto in

    solitudine sul fondo della Fossa delle Marianne, o di Felix Baumgartner,

    con il suo volo da 39 chilometri di quota, fanno appena intravedere

    quelle nuove frontiere dell’esplorazione a cui è dedicato il 125°

    anniversario di National Geographic. Ma anche storie che hanno meno

    risonanza, come il lungo, ostinato lavoro dell’oceanografa Sylvia Earle,

    o il viaggio di sette anni sulla rotta delle migrazioni umane dall’Africa

    appena intrapreso da Paul Salopek (http://www.outofedenwalk.com ).

    Grazie alle imprese di questi temerari, dai secoli passati ai giorni

    nostri, abbiamo imparato a conoscere e apprezzare l’inestimabile

    patrimonio di bellezza del nostro pianeta. Che forse ci sembrerà

    più piccolo. Ma al tempo stesso sempre più prezioso.

    Per scrivere alla redazione

    [email protected] 

    SUPERVISORE EDITORIALE Daniela Hamaui

    DIRETTORE RESPONSABILE

    Marco Cattaneo

    CAPO REDATTORE 

    Marina Conti

    REDAZIONE

    Michele GravinoStefania Martorelli, Vice caposervizio Marco PinnaMarella Ricci, Grafica e layout 

    SEGRETERIA E

    COORDINAMENTO EDITORIALE

    Anna Maria Diodori

    MARKETING 

    Lorenzo d’Auria

    EDITORIALISTA

    E SENIOR EDITORIAL CONSULTANT

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    TRADUTTORI

    Elena Bernacchi

    Paola GimiglianoPer Scriptum, Roma: Irene Inserra,Claudia Valeria Letizia

    VIDEOIMPAGINAZIONE 

    Computime S.r.l.

    PUBBLICITÀ 

    A.Manzoni & C. S.p.A. Via Nervesa, 2120139 Milano (italia)Tel. (02) 574941 Fax (02) 57494953www.manzoniadvertising.it

    STAMPA 

    ILTE - Via Postiglione, 14 Moncalieri (TO)

    ABBONAMENTI E ARRETRATI 

    Somedia S.p.A. Tel. 199.78.72.78(0864.25.62.66 per chi chiama da cellulari)ll costo massimo della telefonata da rete

    fissa è di 14,37 cent di euro al minuto più 6,24cent di euro di scatto alla risposta (Iva inclusa).Per chiamate da rete mobile il costo massimodella chiamata è di 48,4 cent di euro al minutopiù 15,62 cent di euro di scatto alla risposta(Iva inclusa). Fax 02.26681991(dal lunedì al venerdì ore 9-18)email: [email protected]: [email protected]

    Registrazione del Tribunale di Roma n. 652/97

    del 2 dicembre 1997

    Gruppo Editoriale L’Espresso SpA 

    CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE

    PRESIDENTE Carlo De Benedetti

     AMMINISTRATORE DELEGATO Monica Mondardini

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    Giorgio Di Giorgio, Francesco Dini, Sergio Erede,

    Maurizio Martinetti, Elisabetta Olivieri, Tiziano Onesti,

    Luca Paravicini Crespi, Michael Zaoui

    DIRETTORI CENTRALI

    Pierangelo Calegari (Produzione e Sistemi informativi),

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    REDAZIONE NATIONAL GEOGRAPHIC ITALIA

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    ILLUSTRAZIONE: MICHELANGELO PACE

    QUI ITALIA

    Un’occasione da non perdereQuanta importanza avranno le politiche culturali e ambientali del nuovo

    governo guidato da Enrico Letta? Di certo non sono state scelte personalità

    di primissimo piano per dirigere i due ministeri, rispettivamente Massimo

    Bray e Andrea Orlando. Sarà loro dovere dimostrare di essere all’altezza

    dell’incarico ricevuto (anche se la competenza non s’inventa da un giorno

    all’altro). Eppure c’è una grande novità che va colta: i ministeri di Beni

    Culturali e del Turismo, sempre divisi, ora sono un tutt’uno.

    Questo significa che patrimonio artistico e turistico

    saranno valorizzati all’interno di un progetto globale.

    Che ha come risorsa di base le straordinarie ricchezze

    nazionali che tutti conoscono.

    Più volte ho scritto che, per rilanciare l’economia,

    dovremmo puntare in primo luogo su ciò che

    ci appartiene. E che, purtroppo, maltrattiamo.

    I beni culturali, artistici, paesaggistici sono sempre

    stati considerati come i soprammobili di pregioche teniamo in casa: ogni tanto leviamo un po’

    di polvere, però non li mettiamo mai in bella

    mostra. Semmai facciamo di tutto per romperli.

    Adesso, se alla forma seguirà la sostanza, si presenta

    un vera opportunità. Che in parte può rispondere alla drammatica

    domanda di occupazione.

    Le esperienze di altri paesi - Francia e Spagna per esempio - dimostrano

    che investire in progetti culturali e turistici ha un bell’effetto moltiplicatore

    di reddito. Non a caso il turismo rappresenta il terzo settore economicoin tutta Europa (produce oltre il 10 per cento del Pil). E in Italia. Altro che

    industria metallurgica, siderurgica. Nel turismo lavorano (con l’indotto) 2,3

    milioni di italiani (fonte: Associazione iItaliana compagnie alberghiere della

    Confindustria). Inoltre al contrario di un’altra attività trainante - le costruzioni -

    colpita dalla crisi, il turismo è avvantaggiato da una domanda crescente.

    Ma richiede una politica che migliori nettamente la qualità dell’offerta.

    Altri settori sono fondamentali per la crescita di un paese. Penso a ricerca

    e sviluppo. Che da noi sono proprio l’ultima ruota della carro. Per non

    sottovalutare l’ambiente (sul quale tornerò). Intanto però per il nostro

    “Made in Italy” si presenta un’occasione storica. Da non perdere.

    Noi saremo osservatori attenti del nuovo che verrà. —Guglielmo Pepe

    [email protected] 

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    FOTO DALL’ALTO: ANDREA BONAVITA DAVIDE LOPRESTI; GIUSEPPE D’ANGELO, FINALISTI CONCORSO FOTOGRAFICO NATIONAL GEOGRAPHIC ITALIA 2012

    INOLTRE

    NEWS

    Ogni giorno nuovi articolie gallerie fotografiche suciò che accade nel mondo.

    IL MIO VIAGGIO

    Il 15 giugno scade il termineper inviare i vostri reportage,ma continueremo a pubblicarele gallerie dedicate all’iniziativa“Il mio viaggio” fino a luglio.

    LA MIA FOTOInvia la tua foto cliccandoil link sul menù: potrebbeessere inserita nellafotogalleria mensile sul nostrosito o pubblicata sulla rivista.

    NATIONALGEOGRAPHIC.IT

    Concorso 2013Come ogni anno, è giunto

    il momento più atteso dalla

    comunità fotografica di National

    Geographic Italia: entro breve

    sarà possibile inviare le vostre

    immagini al nostro concorso

    fotografico annuale. Realizzata

    in collaborazione con Mercedes

    Viano e Nikon, l’ottava edizione

    del concorso NGI  offrirà nuovi ericchissimi premi e, come ogni

    anno, la possibilità di sbizzarrirvi

    in diverse categorie tematiche.

    Ce n’è per tutti i gusti,

    quindi armatevi di macchina

    fotografica e uscite a scattare,

    la data è ormai prossima e

    verrà annunciata a breve sul

    nostro sito. Come lo scorso

    anno, le immagini andrannoinviate on line compilando

    l’apposito modulo che troverete

    su nationalgeographic.it .

    Mantenetevi aggiornati sulla

    sezione speciale dedicata

    al concorso sul sito, dove

    pubblicheremo tutte le

    informazioni necessarie

    e il regolamento completo.

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    ANTEPRIMA 

    I classici della fotografiaLa sua formula vincente era un sapiente equilibrio tra realismo giornalistico e sensibilità, caratteristica

    che l’ha portata a essere la fotoreporter di punta di grandi riviste come Life eFortune e che l’ha consacrata

    tra i fotografi più importanti della storia. Margaret Bourke-White era una pioniera, in più di un senso. Non solo

    perché fu una delle prime donne a fare carriera in un mondo, quello del fotogiornalismo, esclusivamente

    maschile, ma anche e soprattutto per il suo ardente desiderio di trovarsi nei luoghi e nei momenti in cui

    veniva scritta la storia. Un impulso irrefrenabile che la portò nell’Unione Sovietica nel 1930 per raccontare

    le conseguenze della rivoluzione, in Cecoslovacchia nel 1939, poco prima dell’invasione nazista, poi in tutti

    i teatri di guerra europei fino al 1945 (lavorando per Life, fu la prima donna nordamericana accreditata come

    corrispondente di guerra autorizzata a volare in missioni di combattimento), quando documentò la liberazione

    dei campi di concentramento nazisti da parte delle truppe alleate. In seguito si recò in India, dove realizzòuno dei più celebri ritratti di Gandhi, due anni prima del suo assassinio. Ma Bourke-White non si limitava

    a fotografare gli eventi; ne documentava anche le conseguenze umane, con una sensibilità fuori del comune

    che le ha permesso di realizzare immagini simbolo di un ventennio chiave della storia recente. Il volume

    dedicato a Margaret Bourke-White sarà in edicola a fine mese con National Geographic a soli € 9,90 in più.

    FOTO: MARGARET BOURKEWHITE/TIME & LIFE PICTURES/GETTY IMAGES

    Bourke-White in tuta di volo nel 1943 poco prima di fotografare il bombardamento USA suTunisi; fu la prima giornalista americana autorizzata a volare in missioni di combattimento.

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    ILLUSTRAZIONE: ISTVAN BANYAI. FOTO: PATRICK DRUCKENMILLER

     Vento del NordNell’Artide è il clima il nemico numero

    uno. Anche in estate la temperatura è

    sui 4,5 °C, e per evitare gli orsi polari

    dobbiamo accamparci in montagna,

    dove il vento è molto forte.

    La mia squadra scava buche

    grandi come autobus in cerca di fossili

    di rettili marini giganti. Scaviamo a

    mano: in un anno possiamo rimuovere

    anche 80 tonnellate di sedimenti.

    I miei colleghi sono spesso così

    stanchi che si appisolano nella buca.

    Nelle estati belle scaviamo per 1,5-2

    metri prima di toccare il permafrost,

    in quelle brutte solo tra 30 e 60

    centimetri. Nel periodo del sole

    di mezzanotte non c’è differenza tra

    giorno e notte, così possiamo lavorare

    quando ne abbiamo voglia; anzi di

    solito lavoriamo di più in quella che

    in teoria sarebbe la notte, quando

    il vento è un po’ meno forte.Un anno, sull’isola di Spitsbergen,

    lo scavo distava dal campo un’ora

    di cammino, tutto in salita. Potevamo

    vedere il campo dall’alto mentre

    portavamo alla luce un pliosauro.

    Una notte vedemmo che sul campo

    si abbatteva una tempesta: il vento

    stava portando via la nostra tenda-

    cucina, a forma di iurta, che

    conteneva tutto il cibo e l’attrezzatura.

    I paletti stavano per saltare. Eravamo

    troppo lontani per gridare e avvisare

    gli altri: qualcuno di noi si precipitò giù

    dalla collina per cercare di salvarla.

    Nell’Artide, senza una tenda si è

    in balia degli elementi; per procurarci

    altro cibo avremmo dovuto

    camminare otto ore, e un elicottero

    di soccorso non ci avrebbe portato

    provviste, ma solo fatto evacuare.

    Per fortuna, giù al campo, due colleghi

    si accorsero del disastro. Quando

    arrivammo erano aggrappati alle funi

    per impedire che la tenda volasse via.

    Ora usiamo paletti fatti a mano, lunghipiù di mezzo metro. Non abbiamo

    più rischiato di perdere una tenda.

     Jørn HurumNational Geographic

    Emerging Explorer

    CAMPO DI RICERCA Paleontologia artica

    L OC AL I TÀ Norvegia

    MANUALE DI SOPRAVVIVENZA

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    VISIONS

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    Cina

    Come figure di un teatro

    d’ombre, questi manichini

    - illuminati da lampadine a

    incandescenza e coperti

    da uno spesso velo rosso -

    attirano i clienti nella cittàdi Guilin. Nell’affollato

    mercato notturno si

    vendono vestiti, cibo,

    bigiotteria e altre merci.

    FOTO: MAX FORSYTHE

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    Polonia

    Le ombre del tramonto si

    allungano sui campi di Nowe,

    in Pomerania, che esplodono

    di colori a primavera.

    Il fotografo ha usato unparapendio per ottenere uno

    scatto quasi astratto: una

    pennellata rossa di papaveri

    in fiore tra verdi germogli.

    FOTO: KACPER KOWALSKI, PANOS PICTURES

     Altre immagini a: www.nationalgeographic.it/visions/

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    VISIONS | LA MIA FOTO Per inviare le vostre foto collegatevi a:http://www.nationalgeographic.it/lamiafoto/

    Rahul Tailor 

    Surat, India

    Camminando nella

    sua città nello Stato

    del Gujarat, Tailor

    si è imbattuto in questa

    scena di fronte al muro

    rosa di una moschea.

    Di fronte all’edificio due

    uccelli erano appollaiati

    con le teste nascoste

    da una tettoia, che

    forniva alla scena un

    elemento di intimità.

    Tore Serra  Sassari

    Una domenica mattina, nel giardino di casa, Tore Serra ha atteso oltre due ore prima di scattare

    questa foto in cui, racconta, «il bruco si avvicina a una foglia a forma di farfalla , come un preludio

    di ciò che diventerà». Serra, che vive in periferia, scatta abitualmente macro nel giardino di casa.

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    VISIONS | FOTODIARIO Stefano Morelli

    Distretto industriale tra Mirandola e San Giacomo Roncole (Mo). Questo capannone di una piccola

    impresa, come molti altri edifici e strutture produttive della zona, ha subito danni irreversibiliin seguito al terremoto dell’anno scorso, che ha messo a dura prova l’economia dell’intera regione.

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    Luci nelle tenebreUn anno fa, il 20 e 29 maggio 2012, la Terra

    ha tremato in Emilia. L’epicentro del secondo

    terremoto era vicino a Mirandola, che è stata

    gravemente danneggiata: sono stati colpiti

    il castello, il palazzo comunale, il duomo

    e la chiesa di San Francesco, oltre al distretto

    biomedicale, parte sostanziale della nuova

    realtà economica di questa cittadina del

    modenese. Stefano Morelli ha voluto realizzare

    un servizio in notturna “per gettare luce su ciòche la notte provava a celare”.

    In tenda era caldo. Umido. La pelle sempre

    sudata. Fuori una brezza primaverile dava

    refrigerio e ingentiliva i pensieri. Con Andrea

    Braghiroli, amico e architetto di Mirandola,

    iniziammo a camminare tra le rovine della

    sua città. Il centro era transennato, così da

    delineare la Zona Rossa. A notte inoltrata

    nessun abitante era in giro. Solo volanti delle

    forze dell’ordine, protezione civile e volontari,

    impegnati nei controlli antisciacallaggio.

    Non c’erano grida. Le tenebre sembravano

    nascondere la sofferenza e i pianti del giorno.

    Tutto diventava lento. E un dramma immenso

    assumeva connotati quasi onirici.

    Con l’auto arrivammo nelle zone industriali

    di Cavezzo e Medolla. L’Emilia Romagna è una

    delle regioni più industrializzate d’Italia. Vanta

    autentiche eccellenze nel campo alimentare,

    aceto balsamico e parmigiano reggiano, e in

    quello biomedicale, ma quasi tutte le fabbriche

    hanno subito danni. Così come i cascinali,

    le fattorie e gli allevamenti dell’importante

    mondo contadino della Bassa Modenese.

    Il terremoto ha messo in ginocchio

    imprenditori e operai, obbligando le famiglie

    a lottare per la sopravvivenza. Riuscire a

    fotografare il crollo dell’economia e la sua

    lenta rinascita attraverso le architetture delle

    industrie danneggiate e i nuovi magazzini

    ancora in costruzione significava descrivere il

    dramma di un popolo, l’allegoria di un’umanità.

    Senza ospedali e tendopoli. Senza sangue.

    Senza violenza. Per un anno intero. Gettandoluce su ciò che la notte provava a celare.

    Sotto un cielo sempre diverso nella sua

    ciclicità stagionale. Solo lui, discreto testimone

    di questo dolore. —Stefano Morelli 

    Fotogiornalista laureato in psicologia, collabora con alcuneONG e con l’Università di Firenze.

    IL FOTOGRAFO

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    r  

    Questa casa nella

    campagna tra

    Cavezzo e Medolla

    era l’abitazione dei

    proprietari di un’azienda

    agricola. In seguito al

    sisma il tetto dell’edificio

    è crollato rendendolo

    completamente inagibile.

    Anche il ricovero per gli

    attrezzi, davanti alla

    casa, è andato distrutto.

    Un’altra azienda agricola gravemente danneggiata dal sisma nelle campagne intorno a San Felice sul Panaro.

    In questo caso si sono salvati i silos per il cereali, ma l’edificio accanto è completamente crollato su se stesso.

    VISIONS | FOTODIARIO Stefano Morelli

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    r  

    Il terremoto ha causato

    danni piuttosto gravi

    al caseificio sociale

    Quattro Madonne diLesignana di Modena.

    Molte delle forme di

    Parmigiano Reggiano

    messe a stagionare sono

    state danneggiate dal

    terremoto, ma l’azienda

    le ha comunque

    rivendute per cercare

    di limitare l’ingente

    danno economico.

    Campagne nei dintorni di San Felice sul Panaro. Un ricovero per gli attrezzi andato totalmente distrutto durante

    la seconda scossa del 29 maggio 2012.

    VISIONS | FOTODIARIO Stefano Morelli

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    Cividale, frazione di Mirandola. La concessionaria Carletti, nel tentativo di ripristinare

    la normalità, ha ricominciato a lavorare con la struttura ancora danneggiata.

    San Felice sul Panaro, distretto industriale. I pannelli di r ivestimento delle pareti di una fabbrica, piegati e contorti

    dal peso delle macerie, sono stati rimossi e ammassati nel parcheggio adiacente l’industria.

    VISIONS | FOTODIARIO Stefano Morelli

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    ARCHIVIO

    Santi, poeti e pescatori Magari nonavremo una tradizione di caccia alla balena come gli americani

    o i norvegesi (vedi l’articolo sugli ultimi balenieri vichinghi

    pubblicato in questo numero), ma in Italia la pesca è stata dasempre un’attività importante, generatrice di reddito come di

    “prodotti” culturali: leggende, racconti, canzoni che hanno come

    protagonisti i pescatori. Basti pensare a I Malavoglia, che nella

    storia della nostra letteratura ha un’importanza paragonabile

    a quella di Moby Dick  nella letteratura statunitense; o a tutti i

    fotografi che, negli anni, hanno immortalato la mattanza, l’epica,

    crudele e molto scenografica pesca del tonno che si teneva

    nelle tonnare sarde e siciliane. Quella tradizione è ormai finita

    o ridotta a pura esibizione per turisti: il tonno rosso, già a rischio

    di estinzione per via della pesca eccessiva, è ormai catturato

    dai pescherecci delle multinazionali secondo quote stabilite daaccordi internazionali. Ma è tutto il settore italiano della pesca a

    non passarsela bene: solo il 30 per cento del pesce consumato

    in Italia, viene da imbarcazioni italiane, come se dal 15 aprile

    fino a fine anno mangiassimo solo pesce importato. —MG

    FOTO: MAURO GALLIGANI, CONTRASTO IN ALTO; RACCOLTE MUSEALI FRATELLI ALINARI

    Favignana, 1997: pescatori tirano a bordo un tonno rimasto intrappolato nella tonnara durante la mattanzadel 1997, una delle ultime svoltesi sull’isola. Questa tradizionale, cruenta forma di pesca è ormai praticamentescomparsa. Sotto, una cartolina del primo Novecento ritrae un piccolo pescatore napoletano in costume tipico.

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    FOTO: HERBERT LIST, MAGNUM/CONTRASTO IN ALTO A SINISTRA; HULTONDEUTSCH COLLECTION/CORBIS IN ALTO A DESTRA; LEONARD FREED, MAGNUM/CONTRASTO

    A sinistra, le dimensioni di un tonno catturato a Favignananel 1951; altre tonnare erano sparse lungo le coste sicilianee nel Sud della Sardegna. Sopra, la più tranquilla pescaalla lenza di tre monaci camaldolesi, ritratti nel 1933;sotto, la bancarella di un  pesciaiuolo a Napoli nel 1958.

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    FOTO: VINCENT KESSLER, REUTERS

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     Miele a colori  In genere le zampe delle api sono

    colorate di giallo per via del polline. Lo scorso autunno a Ribeauvillé,

    in Francia, si sono presentate all’alveare colorate di sciroppo verde,

    blu e rosso, dopo un’incursione nell’impianto di trattamento dei rifiuti

    delle pastiglie al cioccolato M&M’s. Il risultato è che gli apicoltori

    della regione non hanno potuto vendere i favi multicolori. In quasi

    tutti i paesi, infatti, la legge stabilisce che il miele può contenere

    solo nettare “lavorato” dalle api; il miele va dal bianco al marrone

    e colori diversi sono segni di adulterazione, spiega Tim Tucker

    della Federazione degli apicoltori americani. Le api preferiscono

    il nettare allo zucchero di canna perché è più facile da scomporre

    e trasformare in nutrimento. Ma quando c’è siccità o le fioriture sonoscarse, va bene tutto. «Se il flusso di nettare si ferma, raccolgono

    lo zucchero dove possono», spiega Tucker. Come ad esempio nelle

    lattine di bibite o negli incarti di caramelle che trovano nei rifiuti.

    «Noi speriamo sempre che non li trovino», aggiunge. —Johnna Rizzo

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    Il pannello

    posteriore

    sostiene 3.400kg di strumenti

    scientifici.

    I pannelli solari

    forniscono energiaper far funzionare

    il telescopio.

    L’antenna consente

    la comunicazionetra JWST e la Terra.

    La struttura portante

    ospita computer ecomponenti elettroniche

    per il telescopio.

    Gli Star tracker

    sfruttano lestelle guida per

    puntare JWST.

    Lo specchio secondario

    dirige la luce dallospecchio primario

    agli strumenti.

    Cinque strati

    di schermi solari

    impedisconoalla luce solare

    di surriscaldarespecchi e strumenti.

    Circa 24 metri

    Lo specchio primario, del diametro di 6,5 m,

    cattura la luce da stellee galassie distanti.

    Obiettivo Big Bang   Togliti di mezzo, Hubble!Tra qualche anno verrà lanciato il telescopio spaziale James Webb, progetto

    congiunto di NASA, Agenzia spaziale europea (ESA) e Agenzia spaziale

    canadese, che supererà il vecchio telescopio e si posizionerà a un milione

    e mezzo di chilometri dalla Terra. Lì un enorme schermo solare lo proteggerà

    dal calore del Sole e della Terra, portandolo a -220 ºC per far funzionare

    i suoi stumenti agli infrarossi. «Speriamo davvero di vedere le prime stellenate nell’universo», dice Mark McCaughrean dell’ESA. —Elizabeth Preston

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    Si aprono i sistemidi ritenuta.

    Bracci meccaniciaprono lo schermo

    solare.

    Si separanogli strati dello

    schermo solare.

    Lo specchio secondariosi ribalta; si aprono le ali

    dello specchio primario.

    TELESCOPIO SPAZIALEJAMES WEBB JWSTGrazie agli infrarossistudierà tutti i periodinella storia dell’universo.

    LANCIO  Un vettore Ariane 5 dovrebbe portare il telescopio nello spazio nel 2018 .

    ILLUSTRAZIONE: DON FOLEY. GRAFICO: LAWSON PARKER, NGM. FONTE: LYNN CHANDLER, NASA

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    La fantastica varietà dei pescirossi, frutto degliincroci selettivi

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    3

    4

    CARPA DI PRUSSIA

    5

    UN MONDO DI POSSIBILITÀ 

    Nella casa dei pesci rossidell’Ocean Park di Hong Kong,

    le vasche sono accese di colori

    sgargianti e pinne svolazzanti,

    occhi bulbosi e corpi stravaganti.

    Non si tratta certo dei pesciolini

    rossi che si vincono al luna park.

    Eppure appartengono

    alla stessa specie. Allevati

    inizialmente da buddhisti cinesi

    della dinastia Tang, i pesci rossi

    discendono tutti dalla carpa di

    Prussia (Carassius gibelio, in

    alto) e da sempre sono «simboli

    di pace, amicizia e fortuna»,

    spiega il curatore di Ocean Park

    Charlie Young. Nel X secolo

    erano ricercati come animali da

    compagnia, mentre nel XVI si

    cominciò a fare incroci selettivi

    per ottenere varietà nel colore,

    nella forma, negli occhi e nella

    coda. Presto l’hobby contagiò il

    Giappone e in seguito l’Europa.Oggi esistono centinaia

    di club per gli appassionati

    degli incroci in tutto il mondo,

    spiega l’esperto americano

    Dave Mandley. Parte del

    fascino sta nella probabilità:

    con due corredi cromosomici

    per ogni genitore, le mutazioni

    abbondano. «Con tutto quel

    bagaglio recessivo», dice

    Mandley, «ci possono esseremolte sorprese se non si

    conoscono la nonna e il nonno».

    E nuove varietà compaiono

    ogni anno. —Jeremy Berlin

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    FOTO: JOEL SARTORE. GRAFICO: ÁLVARO VALIÑO. FONTE: SMITHSONIANImmagini non in scala

    Ci sono circa 1,4 miliardi diinsetti per ogni essere umano.

    1. RANCHU TRICOLOR 2. RED PEARL-

    SCALE 3. CALICO RYUKIN 4. BLACK

    DRAGON-EYE 5. RED CELESTIAL-EYE

    6. RED BUBBLE-EYE 7. CHOCOLATE

    WHITE BUTTERFLY MOOR 8. TRICOLOR

    DORSAL-FINNED BUBBLE-EYE

    9. RYUKIN TRICOLOR 10. CALICO ORANDA

    6

    7

    9

    Gli allevatori cinesi preferisconosembianze da drago, mentrei giapponesi cercano lasimmetria. Ecco un esempiodelle circa 300 varietà esistenti,alcune delle quali valgono decinedi migliaia di euro.

    8

    10

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    FOTO: ARCHIVUM SECRETUM VATICANUM, A.A., ARM. IXVIII 4098A

    Lettera d’addioQuesta pergamena, oggi conservata nell’Archivio

    Segreto Vaticano, testimonia un momento

    importante nella disputa tra il re inglese Enrico VIII

    e la Chiesa cattolica apostolica romana. Firmato

    nel 1530 da 83 nobili e religiosi inglesi, il documentochiedeva a papa Clemente VII di annullare

    il matrimonio tra Enrico e Caterina d’Aragona,

    colpevole di non avergli dato un erede maschio.

    Al rifiuto del papa, il re andò dritto per la sua strada:

    divorziò da Caterina e sposò Anna Bolena.

    In seguito, la scomunica di Clemente gettò

    le basi per lo scisma e la fondazione della Chiesa

    d’Inghilterra, di cui Enrico si proclamò capo.

    «Il fascino del documento sta anche nelle

    vicende dei suoi firmatari», spiega Marco Maiorino,archivista del Vaticano, che l’ha studiato per tre

    anni. «Alcuni di loro appoggiarono il re, ma

    dopo lo scisma presero le distanze e finirono

    per pagare con la vita». —  —Cathy Newman

    La supplica inviata al papaa sostegno di Enrico VIIIera corredata dai sigilli inceralacca di tutti i firmatari.

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     A tutto vapore  Non è solo la tecnologia digitale a farprogredire il nostro mondo. Con l’aumento dei costi energetici

    è tornato in auge un sistema ottocentesco per sfruttare il vapore

    che fuoriesce da impianti e stabilimenti per la climatizzazione

    degli ambienti. I vantaggi? Risparmio energetico, meno gas serra

    e minore dipendenza dalla rete commerciale. Diversi campus

    di università americane, gli edifici della Smithsonian Institution

    e una fabbrica della BMW stanno già utilizzando il sistema della

    cogenerazione, o CHP. Un grande albergo di Las Vegas ottiene

    il 40% dell’energia elettrica e il 65% del riscaldamento da un’unità

    CHP alimentata a gas naturale. Esistono anche sistemi in gradodi incanalare vapore o acqua calda e fredda dagli impianti CHP

    ad altri edifici vicini. L’ultima moda è la microgenerazione: unità

    residenziali delle dimensioni di un armadietto che possono

    far risparmiare il 25% sulla bolletta elettrica. —John Briley 

    FOTO: REBECCA HALE, NGM. NGM ART

    FONTE: INTERNATIONAL DISTRICT ENERGY ASSOCIATION

    Produzione energetica tradizionale

    EFFICIENZA NELLA

    PRODUZIONE DI ENERGIA

    Cogenerazione/CHP

    Perdite

    33%

    67%

    80%

    20%

    Energia utilizzata

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    Pennellate bestiali  Nell’arte cinese i pennelli si fanno soprattutto conpeli di animali. E ognuno ha la sua specialità: coi peli di lupo si ottengono tratti più

    duri, con quelli di capra più morbidi. Le vibrisse di gatto (sotto) o di topo vengono

    usate per disegnare dettagli minuti... magari proprio i baffi di un gatto. I pennelli

    giapponesi hanno altrettanta varietà: pelo di tasso o di scoiattolo, criniera di cavallo

    selvatico o penne prese dal collo del martin pescatore. —Johnna Rizzo

    FOTO DALL’ALTO: MARIO TAMA, GETTY IMAGES; REBECCA HALE, NGM

    GRAFICO: ÁLVARO VALIÑO. FONTE: HARVARD MEDICAL SCHOOL

    Pontili a rischio  I famosiboardwalks, i pontili in legno delle località di mareamericane, non reggono i fenomeni estremi. Latempesta Sandy dello scorso anno ne ha devastatialmeno 20 sulle coste del New Jersey e dello Statodi New York, tra cui il Casino Pier di Seaside Heights(sopra). La FEMA, l’ente USA per la protezione civile,stima che ci vorranno oltre 50 milioni di dollari per

    ricostruirli con materiali più durevoli.

    Gli amministratori locali sostengono chei boardwalks sono fondamentali per l’economia:Belmar, nel New Jersey, ricava almeno tre milionidi dollari l’anno dal turismo estivo, una mannaper i suoi 5.800 abitanti. Ma è saggio ricostruirli?«Crolleranno di nuovo», dice il geologo Orrin Pilkey,che sconsiglia di erigere strutture più permanentianche in vista dell’innalzamento dei livelli del mare

    previsto dai modelli. —Daniel Stone

    I muscoli costituiscono circametà del peso corporeo umano

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     1  d. C. 

     2 5 0 0  a. C.

    Viaggi esplorativi

    Conquista e colonizzazione

    Scambi e commercio

    Navigazione e spedizioni cartografiche

    Esplorazione subacquea

    Aria e spazio

    Collegamenti storici

    33 4 -323  a.C

     L E  C O N Q U I

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    GLI APRIPISTA

    «L’esplorazione è l’essenza dell’animo umano»,

    ha detto l’astronauta Frank Borman. La cronologia

    in queste pagine sintetizza gli eventi principali

    di questa grande avventura. Con la trasformazione

    dei primi insediamenti in civiltà, crebbe il desiderio

    di scambiare merci, conquistare terre, capire che

    cosa ci fosse al di là dell’orizzonte. Un percorso

    che ha portato all’incontro tra culture distanti, alla

    mappatura del pianeta, alla scoperta delle stelle.

    Prime spedizioni2.500 a.C. – 450 d.C. circa

    Le civiltà dei grandi fiumi (Mesopotamia,Egitto, India, Cina) aprono vie commerciali

    per mare (nell’Oceano Indiano) e per terra.I marinai fenici producono mappe

    del Mediterraneo. I polinesiani naviganoper lunghe distanze tra le isole del Pacifico.

    Circa 60.000 a.C.

    L’uomo comincia

    a migrare dall’Africa,

    muovendosi verso est

    attraverso l’Asia fino

    all’Australia, in Europa,

    e infine nelle Americhe

    e nelle isole del Pacifico.

    MATTHEW TWOMBLY E JANE VESSELS, NGM; AMANDA HOBBS

    CONSULENTE: RAYMOND HOWGEGO, ENCYCLOPEDIA OF EXPLORATION 

    COPYRIGHT © GIUGNO 2013 NATIONAL GEOGRAPHIC SOCIETY

    LA NUOVA ERA DELL’ESPLORAZIONE

     Arco cronologico dell’esplorazione

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     45 0 d. C. 

          I      V

                  I     C     H    I    N    G      H      I      S    B   A    R   C   A   N  O

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          B    R    E    T   A   G   N  A

     

    1206–1227

    GENGIS K HAN FONDA

    L’IMPERO MONGOLO,

    CHE NEL 1242 SI ES TENDE 

    FINO ALL’EUROPA ORIEN TALE

    1375

    Abraham Cresques

    crea il suo

    Atlante Catalano

    1300 ca

    I portolani

    mappano i porti

    e le coste

    1154

    Il geogra fo Al-Idrisi

    compila una mappadel mondo cono

    sciu to

    per il re di Sicilia

    1300 ca

     Viene messo

    a punto in Europa 

    l’astrolabio per marinai

             1     2     7   0 

       I   n a  v igat o r  i   e  u   

    r     o     p    

    e     i              u       s  a  n  o

     l      a   b    u   s    s     o  l     a       m     a

         g     n    e       t

         i      c      a

    1100 ca 

    L ’ago magne tico 

     viene usa to 

    dai cinesi 

    per la na vigazione

      7  0  0

      c  a

     L  ’            as      t          r          

    o     l          a    b   

    i      o    a  

    r    a  b o 

     

    v i ene  s  v  i   l  u  p

      p   a    t    o

        p     e

            r 

        l

        ’

          o           r

                   i      e      n

           t     a     m     e

         n    t     o 

    6 0 0–8 0 0

     I  MO NAC I  I R

     LA N D ES I 

     NA V IGA NO  N E L L ’A T LA N T ICO, 

    A R R I VA N DO A L L ’ IS

     LA N DA

    1000 ca 

     L E I F  E R I KSSO N 

     RAGG I U NG E  L ’AM E R I

    CA 

    CO N T I N E N TA L E

    1300

    I POLI NESIA NI SI SO NO 

    I NSEDIATI S U 31 MILIO NI 

    DI KM2  NEL PACIFICO

    1325–1354

    IBN BATTUTA VIAGGIA 

    PER 120.000 KM ATTRAVERO ASIA, 

    AFRICA ED EUROPA 

    1271–1295 

    MARCO POLO ESPLORA 

    L’IMPERO MO NGOLO

     7 0 0  ca

    I l commerc io e  la co lo

    n izzaz ione 

    seguono  la rap ida esp

    ans ione de l l ’Is lam

    Sviluppo commerciale450–1400 

    Attraverso la Via della Seta e il mare,

    i mercanti musulmani consolidano i legami

    tra Asia, Africa ed Europa. L’impero mongolo

    garantisce stabilità, incoraggiando viaggi

    come quello di Marco Polo. I Vichinghi sono

    i primi europei a sbarcare in Nord America.

    Continua alla pagina successiva

  • 8/16/2019 National Geographic Italia

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    1400

                         E                    d

                    m               o                 n

                        d                     H

                   a                     l                     l

                   e                y     

                         b                r               e                v               e

                        t                    t               a

                         l               a               c               a                m                p                    a                n               a

                        d                     ’                     i                m

                    m               e                r               s

                         i               o                 n               e

    16 9 1

    1543Coper nico pubblica 

    la sua teor iasecondo cui la T er r agir a intor no al Sole

    160 9 – 1619 Le le

    ggi sul motoplanetar io di K epler odescr iv ono or bite ellittiche attor no al sole

    17 8 3 P r i mo v ol o umano: i l  pal l one d ei  f r at el l i  Mont gol fi er  a P ar i gi 

    15 13 BALBOA AT T RAV ERSA L’IST MO DI PANAMA;È IL PRIMO EUROPEOA V EDERE IL PACIF ICODALLE AMERICHE

    16 0 7  JOHN SMIT H F ONDALA P RIMA C OLONIA P E RMANE NT E  INGLE SE  IN AME RIC A DE L NORD: JAME ST OW N, V 

    IRGINA

    15 2 4 – 15 3 3 P IZ ARRO CONDUCE

    SP EDIZ IONI IN AMERICADEL SUD E DIST RUGGE

    L’IMP ERO INCA

    15 2 1CORT ÉS CONQUIST A 

    LE AMERICHE

    15 3 5 – 3 6 JAC QUE S C ART IE RC ART OGRAF AIL F IUME  

    SAN LORE NZ O

     XV  secolo

    Nuove navi – caravelle e caracche – portano 

    i portoghesi attorno all’Africa e Colombo attraverso l’Atlantico

    159 5Il quadr ante

    di Dav is deter minala latitudine 

    misuìr ando l’ altez z a del Sole sull' or iz z onte1570

    Abr aham Or telius compila il pr imo atlante moder no

     di Me r c a t o r e  m o s t r a  latitud i n e  e  l o n g i t u d ineper la nav i g a z i o n e  m ar ina

    La map p a  d e l  m o ndo

    15 6 9  

    17 6 0 I l  cr onomet r o per met t e al l e nav i  d i  d et er mi nar e con esat t ez z a 

    l a l ongi t ud i ne

    M e t à  X V I I I  s e c o l o Il  sest ant emi sur a 

    l a l at i t ud i ned i  gi or no e d i  not t e e st i ma l a l ongi t ud i ne

    1400 ca

    Il bastone di Giacobbe

    determina la latitudinemisurando l’altezza 

    di una stella sull’orizzonte

       1 4  9  2

      –  1 5 0

     4  I  V I  AG  G  I   D  I    C   O   L   O   M   

    B    O    

     N    E     L      L      E      

      A      M E   R I     C

      H  E

    157 6 –16 32I  M AR I N AI  I N G L ESI , T R A C U I   F R OBI SH ER , H U DSON  E BAF F I N ,  C ER C AN OU N A V I A C OM M ER C I AL E P ER  L ’ ASI A A N OR D-OV EST 

    1488BAR TOLOMEU  DIAS 

    DOPPIA IL CAPO 

    DI BU ONA SPER ANZA

    16 0 6 W I L L EM  J AN SZ OON È I L  P R I M O 

    EU R OP EODOC U M EN T AT O A M ET T ER EP I EDE I N  AU ST R AL I A

    17 6 8 –17 7 9 J AM 

    E S C O O K  AT T R AV E R SA I L  P AC I F I C O 

    17 9 9 –18 0 4 I L  N AT U R AL I ST A V O N  H U M BO L D T  R AC C O G L I E  SP E C I E  I N  AM E R I C A L AT I N A E  M AP P A I L  F I U M E  O R I N O C O 

    1498V ASCO DA GAMA TR ACCIA 

    U N A R OTTA MAR IN A DALL’EU R OPA ALL’ASIA

     O  R E LLAN  A E SP L O  RA L’ AM  A Z  Z  O N I A

    15 4  1 – 42

    1519–1522MAGELLAN O

    CIR CU MN AV IGA  IL GLOBO

        w   o   o  f

    1405–1433Le armate dell'ammiraglio 

    cinese Zheng Hearrivano fino all'Africa

      I n  i z  i o

      1 4 0 0

     I  l  P o r t

     o g a  l  l o  fi n a n

     z  i a

      i  l  p r  i m

     o  d  i  m o  l t  i

     v  i a g g  i

      c o m e

     m r c  i a

      l  i , 

     d a n d o

       i  l  v  i a  a

      l  l  ’ e r a 

     d e  l  l  ’ e s

     p  l o r a z

      i o n e  e

     u r o p e a

    Nuovi mondi

    1400–1800 

    Portogallo e Spagna esplorano il mondo

    con le loro navi e si spartiscono le terre “non

    rivendicate”. Gradualmente, gli obiettivi di

    quest’epoca di esplorazione cambiano: dalla

    ricerca dell’oro e la conquista alla conoscenza

    scientifica, come nei viaggi di James Cook.

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    VENERE

    40 missioni

    MERCURIO

    2 missioni

    SOLE

    8 missioni

    Diretto a Mercurio,

    Mariner 10 è passato

    accanto a Venere

    nel 1974, scattando

    foto e sfruttando la

    gravità del pianeta

    per accelerare.

    Messenger 

    Venere sfruttamento

    della gravità

    (2 volte)

    Terra

    sfruttamento

    della gravità

    Terra

    voli

    ravvicinati

    (2 volte)

    Venere

    voli

    ravvicinati

    19701970

    19801980

    2000200020102010

    FRONTIERA SPAZIOGli esseri umani sono arrivati ai confini del Sistema Solare

    con gli occhi dei robot: astronavi, sonde e rover hanno

    inviato dati e immagini sempre più stupefacenti. Le linee

    colorate illustrano le circa 200 missioni senza equipaggio

    effettuate dal 1958: passaggi ravvicinati, orbite, atterraggi“morbidi” e incidenti voluti, nonché missioni fallite. Nel

    1972 la NASA lanciò l’ Apollo 17 , nona e ultima missione con

    equipaggio sulla Luna. Da allora nessun uomo è più andato

    oltre l’orbita terrestre bassa. Ma forse una missione privata

    manderà un uomo e una donna nell’orbita di Marte nel 2018.

  • 8/16/2019 National Geographic Italia

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    LUNA

    72 missioni

    MARTE

    38 missioni

    19601960

    19701970

    1980198019901990

    20002000

    20102010

    19701970

    19801980

    19901990

    20002000

    20102010

    IL SISTEMA SOLARE INTERNO

    Nel 1959 i sovietici furono i primi a raggiungere

    la Luna facendo precipitare Luna 2 sulla

    superficie. Mariner 2, lanciato dalla NASA

    nel 1962, effettuò il primo passaggio ravvicinato

    di Venere. Nel 1965 Mariner 4 inviò immagini

    da Marte. Messenger è la prima sonda a orbitare

    intorno a Mercurio e a mapparlo. Oggi una

    flotta di sonde controlla l’attività del Sole.

    MISSIONI NEL SISTEMA SOLARE INTERNO

    NASA

    U.R.S.S./RUSSIA

    FALLIMENTOSUCCESSO

    AGENZIA SPAZIALE EUROPEA

    GIAPPONE

    CINA

    INDIA

    Continua alla pagina successiva

  • 8/16/2019 National Geographic Italia

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     ASTEROIDI

    E COMETE

    17 missionI

    EUROPA CALLISTO

    PIONEER 10:

      Lanc io  2/ 3/ 7

     2

    V OY  AGER 2:  L

    anc io  2 0/ 8/ 7

     7

    PIONEER 11:

      Lanc io 6/ 4/ 7

     3

    V OY  AGER 1:  L

    anc io 5/ 9/ 7 7

    Pioneer 10

    Primo velivolo

    a superare

    la Fascia

    Principale

    Juno raggiungerà

    l’orbita di Giove

    nel luglio 2016

    Galileo

    esplora le lune

    di Giove

    IO GANIMEDE

    GIOVE

    8 missioni

    (inclusa Juno)

    Il 21 settembre

    2003 Galileo

    si schianta

    intenzionalmente

    su Giove

    AMALTEA

    NEAR-Shoemaker  della

    NASA è stata la prima

    astronave a posarsi su un

    asteroide, Eros, nel 2001

    2007: New Horizons

    fotografa Giove e le sue

    lune sfruttando la sua

    gravità e accorciando

    il viaggio verso Plutone

    di tre anni.

     G A  L  I  L

      E O :     L a

      n c  i o

       1  8  /

      1  0  /   8

       9

     C A S S

      I  N  I :  

      L a  n c

      i o   1  5  /

      1  0  /  9   7

      N  E  W 

      H O  R  I  Z

     O  N  S   :

       L a  n

     c  i o   1  9

      /  1  /  0  6

     J  U  N O

      :    L  a  n

      c   i  o   5 /  8

     /  1  1

    Volo

    ravvicinato

    dell’asteroide

    Ida; scoperta

    di Dattilo,

    1993

    ASTEROIDI E COMETE

    Nel 1991, mentre era in viaggio verso

    Giove, la sonda Galileo inviò le prime

    immagini ravvicinate di un asteroide

    (Gaspra) e scoprì il primo satellite

    di un asteroide, Dattilo, che orbita

    intorno a Ida. Dawn, lanciata dalla

    NASA, raggiungerà l’asteroide/

    pianeta nano Cerere nel 2015.

    La sonda Rosetta, dell’Agenzia

    spaziale europea, tenterà di

    atterrare su una cometa nel 2014.

    VERSO GIOVE, E OLTRE...

    Dopo aver raggiunto Giove nel 1995, Galileo inviò per

    otto anni immagini e dati del pianeta e delle sue lune.

    La sonda Juno ci arriverà nel 2016. Cassini  ancora

    trasmette immagini di Saturno e delle sue lune; la

    sua sonda, Huygens, atterrò su Titano nel 2005. Nel

    2015, a nove anni dal lancio, New Horizons studierà

    Plutone e i detriti planetari della Fascia di Kuiper.

    MISSIONI NELLO SPAZIO PROFONDO

    NASA

    NASA E AGENZIA SPAZIALE EUROPEA

    1 2 3 4 51 2 3 4 5

    SOLE

    MARTE

    GIOVE

    FASCIA

    PRINCIPALE

    SATURNO URANO NETTUNO PLUTONETERRA

    VENERE

    MERCURIO

    FASCIA DI KUIPER

    NEW 

    HORIZONS

    MILIARDI DI

    CHILOMETRI  0

  • 8/16/2019 National Geographic Italia

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    TITANO

    REA

    GIAPETO

    DIONE

    TETI

    Pioneer 11

    scopre un nuovo

    anello di Saturno

    18 marzo 2011:

    New Horizons

    supera l’orbita di Urano.

    Raggiungerà Plutoneil 14 luglio 2015

    Nel 1986Voyager 2

    è la prima

    astronave

    ad avvicinarsi

    a Urano

    Nel 1989

    Voyager 2

    è la prima

    astronave

    ad avvicinarsi

    a Nettuno

    Cassini 

    esplora le

    lune diSaturno

    La sonda

    Huygens lanciata

    verso Titano

    SATURNO

    5 missioni(inclusa la sonda

    Huygens)

    URANO

    1 missione

    NETTUNO

    1 missione

    ILLUSTRAZIONI DI SE AN MCNAUGHTON,SAMUEL VELASCO, 5W INFOGRAPHICS.MATTHEW TWOMBLY E JANE VESSELS,NGM; AMANDA HOBBS

    FONTI: NASA; CHRIS GAMBLE IMMAGINIDEL SOLE, ASTEROIDI, E COMETE:

    NASA/JPL

    Le immagini non sono in scala.

    Missioni lanciate entro la fine

    del 2012 che hanno raggiunto

    l’orbita terrestre; molte altre

    sono fallite durante il lancio.

    106 7 8 9 106 7 8 9

    PIONEER 11 PIONEER 10VOYAGER 2

    SPAZIO

    INTERSTELLARE

    VOYAGER 1

    OBIETTIVO: SPAZIO INTERSTELLARE

    Pioneer  10 e 11, lanciate nel 1972 e ’73, furono le

    prime a superare Marte e a catturare immagini

    ravvicinate di Giove; la missione è conclusa, ma

    le sonde proseguono. Voyager  1 e 2 partirono

    nel 1977 per studiare Giove e Saturno; Voyager 2 

    ha inviato le prime immagini ravvicinate di Urano

    e Nettuno. Entrambe continuano a trasmettere

    mentre lasciano il Sistema Solare.

  • 8/16/2019 National Geographic Italia

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    LA NUOVA ERA DELL’ESPLORAZIONE

    Paul Salopek si incammina

    nel deserto dell’Afar insieme

    ad alcune guide locali,

    prima tappa del suo viaggio

    a piedi di 35.400 chilometri

    sulle orme delle migrazioni

    dei primi esseri umani.

    JOHN STANMEYER

  • 8/16/2019 National Geographic Italia

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    Perché

    rischiamo? Che

    cosa spinge

    un esploratore

    ad affrontare

    pericoli che

    farebbero

    desistere

    chiunque altro?

  • 8/16/2019 National Geographic Italia

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      r  

    L,di Peter Gwin

    durante la Guerra civile americana. Eppure dopo

    il conflitto esplorò vasti tratti delle MontagneRocciose, visse tra bande di indiani ostili, discesein zattera il fiume Green e il Colorado, e percorsegli anfratti ancora inesplorati di un sistema dicanyon tra i più vasti al mondo. Chi non lo cono-sceva poteva giustamente domandarsi che cosaavesse spinto questo esile professore universitariocon un braccio solo a imbarcarsi in una delle esplo-razioni più rischiose della sua epoca.

    Ci si sarebbe potuti porre la stessa domanda

    a proposito di ciascuno dei 32 uomini che il13 gennaio 1888 si riunirono con Powell alCosmos Club di Washington. Molti di loroavevano già intrapreso viaggi pericolosi interre inesplorate e selvagge. C’erano reducidella Guerra civile e delle campagne controgli indiani, ufficiali di Marina, alpinisti, me-teorologi, ingegneri, naturalisti, cartografi,etnologi e anche un giornalista che aveva por-tato a termine la traversata della Siberia. Uo-

    mini rimasti intrappolati nell’Artide, soprav- vissuti a tempeste marine, scampati ad attac-chi di animali selvatici e a valanghe; che peresplorare quelle terre remote avevano soffertofame e solitudine devastante.

    Quella sera si erano riuniti per fondare la Na-

    tional Geographic Society e avevano concordatoche la missione della nuova organizzazione -“ampliare e diffondere la conoscenza della geo-grafia” - comprendeva anche difficili missioni interritori sconosciuti. Un brano scritto da Powell

     venti anni prima, durante la spedizione sul Co-lorado, sintetizza bene la loro filosofia: dopo unaserie di spaventosi passaggi di rapide e cascate abordo di piccole imbarcazioni, tre dei parteci-panti avevano deciso di abbandonare l’impresa

    e tornarsene indietro, risalendo la parete delcanyon e tentando di attraversare il deserto. “Ciscongiurano di non proseguire, dicendo chequesto viaggio è una pazzia”, scrisse Powell. Ma“lasciare la spedizione incompiuta, ammettereche c’è una parte del canyon che non possoesplorare quando sono ormai vicino alla fine, èpiù di quanto io sia disposto a fare, perciò decidodi andare avanti”.

    Tutte le esplorazioni si basano sull’assun-

    zione di una dose di rischio, dalla navigazionedi un capitano in acque sconosciute alla ricercadi uno scienziato su una malattia pericolosa,fino all’investimento di un imprenditore in unanuova attività. Ma che cosa, di preciso, spinse

    LA NUOVA ERA DELL’ESPLORAZIONE

    uomo che per primo navigò sul fiume Colorado per

    tutta la lunghezza del Grand Canyon non somigliava

    affatto a un affascinante avventuriero dell’Ottocento.John Wesley Powell era alto solo un metro e 68, aveva

    una zazzera di capelli ispidi e una barba incolta e mac-

    chiata dal tabacco che gli si apriva sul petto. La manica

    destra gli penzolava a vuoto: aveva perso il braccio

  • 8/16/2019 National Geographic Italia

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    pensione al rischio, afferma Larry Zweifel, unneurobiologo della University of Washington. «Perchi si espone a rischi per ottenere un obiettivo -scalare una montagna, fondare un’impresa, can-

    didarsi alle elezioni, entrare nei corpi specialidell’esercito - le azioni sono indotte dalla motiva-zione, e la motivazione è sollecitata dal sistemadella dopamina. Questo è il meccanismo chespinge gli esseri umani ad andare avanti».

    Quando portiamo a termine un compito la do-pamina suscita in noi un senso di soddisfazione:più rischioso è il compito, maggiore sarà il rilasciodi dopamina. Uno dei motivi per cui non tuttiscaliamo montagne o ci candidiamo alle elezioniè che non disponiamo tutti della stessa quantità

    di dopamina. Sono gli autorecettori, molecole chesi trovano sulla superficie delle cellule nervose, acontrollare quanta dopamina produciamo e uti-lizziamo, in sostanza controllando anche la nostrapropensione al rischio.

    In uno studio condotto alla Vanderbilt Uni- versity i partecipanti sono stati sottoposti a scan-sioni cerebrali per dare modo agli studiosi diosservare il comportamento degli autorecettorinell’area dei circuiti associati alla gratificazione,

    all’assuefazione e al movimento. Le persone cheavevano meno autorecettori - e quindi menocontrollo sul flusso di dopamina - sono risultatepiù propense alla ricerca della novità, e quindiad attività come l ’esplorazione.

    Ma non bisogna confondere le persone chehanno una sana propensione al rischio con gligli amanti del brivido o i drogati di adrenalina.Anche l’adrenalina - un ormone - è un neurotra-smettitore, ma a differenza della dopamina serve

    a farci sfuggire al pericolo, non a farcelo affron-tare. Funziona così: quando percepisce una mi-naccia, il cervello comincia a rilasciare adrena-lina nel sangue, e il sangue a sua volta stimola ilcuore, i polmoni, i muscoli e altre parti del corpo

    Cristoforo Colombo a imbarcarsi per la traver-sata dell’Atlantico, Edward Jenner a sperimentaresu un bambino il suo vaccino contro il vaiolo oHenry Ford a scommettere sul fatto che le auto-

    mobili potevano rimpiazzare i cavalli? E perchéPowell ignorò gli avvertimenti dei suoi uominie i pericoli evidenti che aveva di fronte per ad-dentrarsi ancora negli anfratti più selvaggi delGran Canyon?

    Alcune delle motivazioni che ci fanno corrererischi sono ovvie: guadagni economici, fama, van-taggi politici, la necessità di salvare una vita. Moltidi noi si espongono volontariamente a diversigradi di rischio per raggiungere questi obiettivi.Ma man mano che il pericolo aumenta, il numero

    di persone disposte ad andare avanti diminuisce,finché a restare sono solo gli amanti del rischioestremo, quelli disposti a mettere in gioco tutto:reputazione, beni materiali, la stessa vita. È questoil mistero del rischio: cos’è che induce alcuni esseriumani a rischiare tanto e a non desistere anche difronte a conseguenze disastrose?

    Oggi, a 125 anni da quella serata al CosmosClub, la scienza ha cominciato ad aprire la “scatolanera” in cui sono racchiusi i meccanismi neuro-

    logici che determinano la propensione al rischio,per capire i fattori biologici che, forse, induconoalcuni individui a diventare esploratori. La ricercasi concentra sui neurotrasmettitori, le sostanze checontrollano lo scambio di informazioni all’internodel cervello; e soprattutto sulla dopamina, che haun ruolo nel controllo delle capacità motorie maanche nella spinta alla scoperta e all’apprendi-mento, e nell’elaborazione di emozioni come l’an-sia e la paura.

    Chi ha un cervello che non produce abbastanzadopamina, come le persone affette dal morbo diParkinson, deve spesso combattere contro apatiae demotivazione. Viceversa, un’alta produzione didopamina potrebbe contribuire a spiegare la pro-

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    a una reazione di fuga o di lotta. La sostanza ge-nera una sensazione di euforia che continua an-che dopo che la minaccia è passata, perché l’adre-nalina sgombera il sistema. Qualcuno finisce per

    considerare questa “botta” di adrenalina comeuna ricompensa per il cervello, da stimolare an-dando a vedere film dell’orrore, dedicandosi asport estremi, o assumendo stupefacenti.

    Ma non è l’adrenalina a motivare gli esplora-tori. «Chi arranca per mesi sui ghiacci dell’Artidenon è spinto dall’adrenalina che gli scorre nelle

     vene», sostiene Zald, «ma dalla dopamina chegli “schizza” nel cervello».

    Un elemento fondamentale del processo è ilmodo con cui il cervello valuta il rischio. Il foto-

    grafo Paul Nicklen racconta come la sua defini-zione di “rischio accettabile” si sia evoluta neltempo. “Da ragazzo, quando vivevo sul MarGlaciale Artico, salivo sui lastroni di ghiaccio epagaiavo, come se fossero zattere: probabilmenteera rischioso. Poi ho cominciato a fare immer-sioni e a voler andare sempre più giù, restare inacqua sempre più a lungo, avvicinarmi sempredi più agli animali».

    «Per molto tempo», continua Nicklen, «mi

    sono detto che non mi sarei mai immerso as-sieme ai trichechi dell’Atlantico. Se non esistonomolte fotografie di trichechi che nuotano sottoi ghiacci è perché è molto pericoloso fare un bucoin uno spesso strato di ghiaccio, tuffarsi in un’ac-qua che supera di poco gli zero gradi e provaread avvicinarsi ad animali che pesano quasi 1.500chili e, se disturbati, possono diventare moltoaggressivi. Ci sono molti modi di morire facendouna cosa simile».

    Correndo tutti quei rischi, Nicklen è statoricompensato dalle foto che ha scattato, così rav-

     vicinate e quasi tridimensionali da incantarechiunque le guardi. «Voglio che i lettori si sen-tano come trichechi che nuotano accanto adaltri trichechi. È quello che a volte, per brevi

    istanti, provo anch’io. E il solo modo che ho perdescrivere questa sensazione straordinaria è at-traverso le foto. Credo di esserne in qualchemodo diventato schiavo».

    Il cervello di Nicklen, spiega Larry Zweifel,sposta in avanti la “soglia del rischio” sulla basesulle esperienze passate. «Il fotografo è moltosicuro nel riconoscere le situazioni di potenzialepericolo e nel riuscire a evitarle. Il suo cervellocalcola i rischi e la possibile ricompensa, facili-tato dal suo sistema della dopamina, che poi gli

    dà la motivazione per immergersi».Eppure, continua lo studioso, «se il fotografo

    rischiasse più volte la vita ma continuasse a im-mergersi con questi animali pericolosi senzatener conto delle possibili conseguenze, allorasaremmo in presenza di un comportamentocompulsivo che può diventare patologico, comequello di chi perde tutto al gioco d’azzardo».

    : è una cosa che fac-

    ciamo tutti nella vita di ogni giorno, per esem-pio quando impariamo a guidare. Magari daneopatentati abbiamo paura di guidare inautostrada, ma dopo aver fatto sufficienteesperienza ci immettiamo nel traffico velocecon disinvoltura, senza pensare troppo ai pos-sibili pericoli.

    «Quando un’attività diventa di routine noiabbassiamo la guardia, soprattutto se per un po’di tempo non succede nulla di brutto», spiega

    Daniel Kruger, psicologo evoluzionista all’Uni- versità del Michigan. «Abbiamo un sistemaprogettato per reagire ai rischi a breve termine,ma se lo teniamo sempre acceso il nostro corpopuò subire danni», come l’aumento della glice-

    Peter Gwin ha scritto l’articolo La guerra del corno ,apparso sul numero di marzo 2012 del magazine.

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    ley», sostiene. Salopek ha intrapreso un viaggioa piedi, che durerà sette anni e coprirà 35.400chilometri, sulle orme di quegli antichi progeni-tori che dall’Africa si diffusero in tutto il pianeta.

    È il percorso seguito da quelli che rischiaronoper primi, assaggiando piante sconosciute e carnidi animali mai visti, imparando ad attraversaretratti d’acqua profonda, scoprendo come fare persopravvivere al freddo.

    Anche Salopek con questo viaggio si sta espo-nendo a seri rischi. «L’idea è di coprire quotidia-namente la distanza percorsa dai nomadi chelasciarono l’Africa tra 50 mila e 70 mila anni fa:circa 16 chilometri al giorno, calcolano gli stu-diosi», ha spiegato a gennaio, prima di incammi-

    narsi nella regione dell’Afar, nel nord-est dell’E-tiopia, dove sono stati scoperti alcuni dei fossilidei primi esseri umani anatomicamente mo-derni. A questo ritmo, Salopek conta di attraver-sare tre continenti e una trentina di confini in-ternazionali, incontrando lungo il tragitto decinedi gruppi etnici e linguistici, catene montuose efiumi, deserti e altipiani, città in declino e nuovemetropoli frenetiche.

    «Uno degli scopi del mio viaggio è convincere

    i lettori a concentrarsi di meno sui pericoli chepotrebbero incontrare nel mondo», dice lo scrit-tore. «Che tu stia a casa o vada in giro, il mondopuò ucciderti in un istante». Lui, invece, spera «dispingere i lettori a pensare agli orizzonti più vasti,alle possibilità più ampie che offre la vita, ai per-corsi intrapresi e a quelli scartati; e soprattutto asentirsi più a proprio agio nell’incertezza».

    Salopek insomma vuole ricordarci che nellanostra essenza più intima siamo tutti amanti del

    rischio, anche se alcuni lo sono più degli altri. Edè questa propensione a esplorare il pianeta a tenereunita la nostra specie, fin dagli albori.

    È un’idea nobile, anche se ad alimentarla è ladopamina. j

    “Per molto tempo mi sono detto che non misarei mai immerso con i trichechi. È molto

    pericoloso avvicinarsi ad animali che pesanoquasi 1.500 chili e possono diventare molto

    aggressivi. Ci sono molti modi di morirefacendo una cosa simile.” —Paul Nicklen

    mia o la soppressione del sistema immunitario.Lo stesso principio si adatta anche alla sensazionedi paura: più si pratica un’attività rischiosa, spiegaKruger, più si impara a controllare il timore che

    nasce in quelle situazioni. «I funamboli comin-ciano imparando a camminare su un’asta poggiataa terra, poi passano a una corda appena sollevatadal terreno e infine alla fune sospesa. Al pubblico,che non ha mai fatto niente del genere, l’impresasembra molto più pericolosa che a loro».

    Questo principio è stato portato all’estremo daFelix Baumgartner, l’ex paracadutista austriacoche nell’ottobre scorso è salito fino alla stratosferaa bordo di una capsula attaccata a un pallone aelio e poi si è lanciato da un’altezza di circa 39 mila

    metri. Prima di aprire il paracadute è sceso in ca-duta libera per quattro minuti e mezzo, raggiun-gendo i 1.357 chilometri l’ora. Per prepararsiall’impresa Baumgartner e la sua équipe hannopassato cinque anni a perfezionare l’attrezzatura,usando una camera ipobarica per simulare le tem-perature e la pressione che avrebbe incontrato edeffettuando lanci di prova da varie quote.

    «A chi guarda da fuori sembrano rischi in-credibili», spiega Baumgartner, «ma se si fa at-

    tenzione ai dettagli si capisce che il rischio èstato minimizzato il più possibile».

    Per dimostrare di essere una persona dispostaa rischiare, sottolinea però Kruger, non occorrenecessariamente lanciarsi in caduta libera dallospazio. «Correre rischi fa parte della storiadell’uomo. Siamo tutti motivati a sopravviveree a riprodurci, e per ottenere entrambi gli scopidobbiamo fare scelte che potrebbero avere con-seguenze negative: correre rischi, in sostanza».

    da persone propenseal rischio: lo scrittore Paul Salopek è affascinatoda questa idea. «I primi grandi esploratori furonogli uomini che per primi lasciarono la Ri Val-

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    Viaggio nell’ignoto

    fotografie di Marco Grob

    SYLVIA EARLE ha trascorso quasi un anno della sua vita, complessivamente, nelle

    profondità dell’oceano. Negli anni Sessanta ha dovuto lottare per partecipare alle

    spedizioni: le donne non erano gradite. Oggi, a 77 anni, la leggendaria oceanografa

    combatte ancora, ma per le riserve marine.

    Ha avuto l’impressione di correre un rischio a diventare una scienziata

    in un’epoca in cui nel settore non c’erano molte altre donne?

    No, perché era quello che volevo fare sin da bambina. Non sapevo neanche

    come chiamarlo. Sapevo solo che dovevo stare nella natura. È come se non

    fosse stata una scelta.

    Fa ancora immersioni?

    Sì. Mi bastano maschera e pinne. Ho un paio di pinne rosse, le chiamo le mie pinne rubino.

    Si è mai trovata, per così dire, con l’acqua alla gola?

    Una volta, al termine di un’immersione, sono risalita e la barca non era più dove l’avevo

    lasciata io. Mi sono dovuta prendere cura di un compagno di immersione che era stato

    colto dal panico. Ma ero certa che la barca sarebbe tornata.

    Ha mai paura?

    Faccio del mio meglio affiché sia tutto sotto controllo. Mi fido dei tecnici che hanno

    realizzato il veicolo, e so che ci sono attrezzature di riserva e procedure d’emergenza.

    In caso di problemi si seguono i protocolli. Poi lascio le preoccupazioni in superficiee mi godo il privilegio di trovarmi in fondo al mare, dove i primati in genere non vanno.

    C’è qualcosa sulla superficie terrestre che trova più stressante delle

    immersioni nelle profondità oceaniche?

    Guidare l’automobile. La gente pensa che sia rischioso andare in acqua con un piccolo

    sottomarino, sparire sotto la superficie e fare affidamento sui sistemi di supporto vitale,

    come fanno gli astronauti o come facciamo tut ti noi quando saliamo su un aereo.

    Ma c’è un rischio che mi preoccupa, ed è l’autocompiacimento.

    Com’è cambiato l’oceano nel corso della sua carriera?

    Abbiamo imparato molte cose, e ne abbiamo perse molte altre. Metà delle barriere

    coralline sono scomparse o sono in cattive condizioni . È come una corsa: siamo

    in grado di prendere provvedimenti finché c’è ancora tempo?

    INTERVISTA DI RACHEL HARTIGAN SHEA

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    Oltre la barriera

    INTERVISTA DI MARC SILVER

    FELIX BAUMGARTNER è il primo a infrangere la barriera del suono con una

    semplice... caduta. Lo scorso ottobre un pallone aerostatico lo ha portato fino alla

    stratosfera, da dove, a un’altezza record di 39 mila metri, si è lanciato in caduta libera

    col paracadute, toccando i 1.357 km orari. Oggi, a 44 anni, vuole diventare pilota

    di elicotteri da soccorso.

    C’è chi dice che il suo sia stato solo un numero da circo.

    Voglio i nomi!

    Era sponsorizzato dalla Red Bull. E un lancio da 39 mila metri sembra

    un’acrobazia.

    Anche se il termine non mi piace, che cos’è in fondo? Il tentativo di fare qualcosa

    di molto rischioso, che richiede preparazione e ha come priorità la sicurezza.

    Tutto sommato, la stessa cosa.

    Se non è stata una bravata, cosa le ha fatto scoprire?

    Abbiamo dimostrato che si può sopravvivere ad altissima quota e testato le tute

    pressurizzate di nuova generazione. La NASA è interessata ai dati sugli effetti

    del superamento della velocità del suono sul corpo umano.

    Era nervoso?

    Non avevo paura. Non ho pregato. Mi ero allenato. Il rischio può sembrare pazzesco,

    ma non è stata una cosa improvvisata. Abbiamo messo su un progetto enorme,

    avevamo una camera ipobarica, ci abbiamo messo dentro tutta la capsula e abbiamo

    fatto i test là dentro. Bisogna avere fiducia nella propria équipe e nelle proprie capacità.

    Com’è stare nello spazio?

    Ti fa capire quanto siamo piccoli. Stare lassù è stato impressionante. Sei l’unico

    privilegiato al mondo. Allo stesso tempo sai che ti restano solo 10 minuti di ossigeno.

    Perciò vai avanti e vedi se riesci a volare alla velocità del suono.

    Fisicamente ha sofferto?

    Nello spazio non senti dolore finché sei protetto dalla tuta pressurizzata.

    Che pensieri le sono passati per la testa?

    All’inizio sembra di galleggiare, poi guadagni velocità e vai come un fulmine ma,

    non avendo punti di ri ferimento, non te ne rendi conto.

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    Esplorare i limiti

    INTERVISTA DI JEREMY BERLIN

    SIR RANULPH FIENNES è stato definito “il più grande esploratore vivente”. Rifiuta la

    definizione, il suo curriculum dice tutto. Per 40 anni ha condotto spedizioni da record in

    fiumi, deserti, e ai poli. Lo scorso inverno, all’età di 69 anni, avrebbe dovuto attraversare

    l’Antartide a piedi nell’oscurità quasi totale, ma un congelamento lo ha costretto suo

    malgrado ad abbandonare l’impresa.

    Ha perso alcune dita, ha sofferto di attacchi cardiaci, è stato in coma.

    Perché lo fa?

    Parlo anche a nome della mia squadra: perché vogliamo essere i primi. Tra una

    spedizione e l’altra organizziamo anche raccolte di fondi a scopo di beneficenza.

    Ma la mia motivazione principale è che non ho mai fatto ciò he ha fatto mio padre:

    comandare l’ultimo reggimento di cavalleria scozzese.

    Che è successo?

    Non ce l’ho fatta a entrare all’accademia ufficiali inglese perché non ho passato l’esame finale

    di matematica. Mi sono arruolato nell’esercito e insegnavo ai soldati ad andare in canoa, sciare,

    scalare montagne. Attività che sono parte integrante delle nostre spedizioni. Presto, poi, ho

    imparato che è più facile ottenere sponsorizzazioni cimentandosi con imprese mai tentate.

    Quali grandi esploratori considera suoi maestri o modelli?

    Per le traversate desertiche Wilfred Thesiger. Per le esplorazioni polari Douglas Mawson.

    E il capitano Robert Scott, il primo uomo che si è addentrato in Antartide.

    Ha mantra o talismani che l’aiutano a superare la paura quando è sul campo?

    Un peluche di 12 centimetri che porto dappertutto, un maialino rosa, LEP, Little English Pig. Me

    l’ha dato 30 anni fa mia moglie, che oggi non c’è più, mentre partivo per una spedizione polare.

    Qual è stata la più rischiosa tra le sue spedizioni?

    Soffro di vertigini e nel 2007, per affrontarle, ho scalato l’Eiger, in Svizzera. Quando

    sono arrivato in vetta mi sono reso conto che non avevo mai guardato giù: ce l’avevo

    fatta perché non avevo affrontato le mie paure.

    Come si riprende da un fallimento o da un colpo mancato?In 40 anni, metà delle spedizioni è fallita. Non sai mai se riuscirai a battere un primato

    mondiale. Se sei consapevole di questo, sai anche che il più delle volte ci puoi riprovare,

    magari usando un approccio diverso, una diversa angolazione.

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    GERLINDE KALTENBRUNNER è la prima donna che ha scalato tutti gli Ottomila,

    le quattordici vette più alte della terra, senza l’aiuto delle bombole di ossigeno, impresa

    che ha portato a termine sul K2 nell’agosto 2011. L’alpinista austriaca, 42 anni, ha

    camminato immersa nella neve fino al petto, sopportato temperature inferiori allo zero,

    schivato cadute di massi che hanno fatto desistere suoi colleghi, eppure dichiara

    di sentirsi quasi sempre “abbastanza al sicuro”.

    Perché fa alpinismo?

    In montagna con il minimo indispensabile mi sento realizzata: sono concentrata e non

    esiste nient’altro, solo la scalata.

    Qualcosa di speciale che porta sempre con sé?

    Un braccialetto tibetano. Le pietre rappresentano la forza, l’energia, il successo e la salute.

    Quando le è successo di avere davvero paura?

    Nel 2007 sul Dhaulagiri [in Nepal], una slavina mi ha trascinata via con tutta la tenda. Non

    capivo neppure se stavo a testa in su o capovolta; era tutto buio. Ma ho pensato: “Ok,

    almeno riesco a respirare”. Nell’imbracatura porto sempre un coltellino e sono r iuscita

    a fare un buco nella tenda. Avevo il terrore di rimanere soffocata dalla neve. Ma un po’

    alla volta sono riuscita a uscire. Ho cercato tre scalatori spagnoli che avevano montato

    il campo lì vicino. Due di loro erano morti . In quel momento mi è sembrato tutto privo

    di senso. Per la prima volta volevo soltanto andarmene da quella montagna.

    Come ha fatto a superare la terribile esperienza?

    Mi ha aiutato parlare con mio marito, Ralf, alpinista come me. E ho capito che alla

    tragedia avvenuta non c’era rimedio, e che io non potevo smettere di fare alpinismo:

    è la mia vita. Un anno dopo sono tornata nello stesso posto. Ho visto la più bella alba

    che mi sia mai capitato di vedere. A volte la gioia e il dolore possono trovarsi molto vicini.

    È questa la cosa che ha sempre voluto fare?

    Sì. Da ragazzina sognavo di diventare alpinista. Ho fatto l’infermiera fino al 2003, quando

    ho trovato il coraggio di dedicarmi esclusivamente all’alpinismo.

    Che consigli darebbe oggi a un adolescente che ha il suo stesso sogno?

    La passione è fondamentale. Ascolta e segui la tua anima, il tuo corpo, i tuoi istinti

    viscerali. Se ami davvero una cosa, troverai il modo di ottenerla.

    VITE IN GIOCO

    INTERVISTA DI AMANDA FIEGL

    Raggiungere la vetta

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    Fotografo dei ghiacci

    INTERVISTA DI PETER GWIN

    PAUL NICKLEN ha trascorso buona parte dell’infanzia in sperduti villaggi dell’isola di

    Baffin, in Canada, dove esplorava il paesaggio artico insieme ai bambini inuit. Quelle prime

    esperienze lo hanno condotto alla fotografia. Oggi, a 44 anni, immortala la fauna selvatica

    che vive sopra e sotto i ghiacci polari.

    In che modo la sua infanzia l’ha preparata alla sua vita da fotografo?

    Non avevamo radio, telefono né tv. La mia vita si svolgeva tutta all’aria aperta. A 7 anni presi

    la piccozza di mio padre, scavalcai a piedi una montagna e feci un buco nel ghiaccio per

    pescare il salmerino alpino. Andare in cerca di fauna selvatica divenne la mia ossessione.

    Così, mentre mi divertivo, imparavo a sopravvivere in quell’ambiente. Ero un bambino un po’

    bizzarro. Mi piaceva starmene seduto fuori a guardare la marea che risaliva di 12 metri nel

    porto e le ombre della bufera che si muovevano sulla banchisa. Ancora oggi mi piace salire

    a piedi in cima a un monte e starmene lì a guardar