8/16/2019 National Geographic Italia
1/172
Mozambico: ritorno al paradiso O Troppa folla sull’Everest
Australia, aborigeni tra modernità e tradizione
Gli ultimi balenieri vichinghi O I professionisti del rischio
JAMES CAMERONregista di Titanic
ESCLUSIVO
.!4)/.!, '%/'2!0()# ). )4!,)!./ -%.3),% ')5'./ 6/, . s 0/34% )4!,)!.% 30%$ ). !0 $, #/.6 , !24 # $#" -),!./
4,50 GIUGNO 2013
8/16/2019 National Geographic Italia
2/172
8/16/2019 National Geographic Italia
3/172
8/16/2019 National Geographic Italia
4/172
8/16/2019 National Geographic Italia
5/172
8/16/2019 National Geographic Italia
6/172
8/16/2019 National Geographic Italia
7/172
Alcuni giovani aborigeni
australiani, tornati
nelle terre ancestrali,
contemplano il tramonto,
in comunione con la natura.
FOTO: AMY TOENSING
C’è folla sull’EverestCresce la tensione sul tetto del mondo;
la montagna è invasa dalle spedizioni e dai rifiuti,
ed è ormai un esempio negativo per l’alpinismo.
di Mark Jenkins
Miracolo in MozambicoDevastato dalla guerra e minacciato dalla
deforestazione, il Parco di Gorongosa rinasce.di Edward O. Wilson fotografie di Joel Sartore
Gli ultimi balenieri vichinghiLa caccia alle balenottere minori in Norvegia è
sostenibile, ma i giovani non ne vogliono sapere.
di Roff Smith fotografie di Marcus Bleasdale
La caccia alla balena Tutte le specie di balene cacciate nel mondo,
nonostante la moratoria globale.
Il mistero del rischioPerché giocarsi la vita e la reputazione in nome
dell’esplorazione? La risposta non è scontata.di Peter Gwin
Gli esploratori raccontanoFaccia a faccia con l’uomo che cadde dallo spazio,
Felix Baumgartner, e altri celebri temerari.
fotografie di Marco Grob
Avanti tutta, negli abissiSpedizione sul fondo della Fossa delle Marianne
con il Deep Sea Challenger .
di James Cameron fotografie di Mark Thiessen
I primi australiani Un villaggio aborigeno invita il giornalista in visita.
«Cosa posso portare?». «Da mangiare per 25».
di Michael Finkel fotografie di Amy Toensing
70- r /0 (*6(/0
In copertina James Cameron, regista ed esploratore di National Geographic. Fotografia di Marco Grob, ritocchi digitali Suesstrunk & Jericke.
I REPORTAGE
8/16/2019 National Geographic Italia
8/172
Editoriale
Qui Italia
nationalgeographic.it
Anteprima
Manuale di sopravvivenza
VISIONS
In edicola National Geographic in TV
In lettura
L’istante
Flashback
La mia fotoFotodiario Stefano Morelli
Archivio italiano
NEXT
SPECIALE ESPLORAZIONI
70- r /0 (*6(/0
LE RUBRICHE
RIVISTA UFFICIALE DELLA
NATIONAL GEOGRAPHIC SOCIETY
“INSPIRING PEOPLE TO CARE
ABOUT THE PLANET”
JOHN FAHEY, Chairman and CEO
EXECUTIVE MANAGEMENT
Terrence B. Adamson, Legal and InternationalEditions
Terry D. Garcia, Mission Programs
Stavros Hilaris, Chief Technology officer Betty Hudson, CommunicationsAmy Maniatis, Chief Marketing officer Declan Moore, President, PublishingBrooke Runnette, Television ProductionTracie A. Winbigler, Chief Financial Officer Bill Lively, Development
BOARD OF TRUSTEES
Joan Abrahamson, Michael R. Bonsignore,Jean N. Case, A lexandra Grosvenor Eller,Roger A. Enrico, John Fahey, Daniel S. Goldin,Gilbert M. Grosvenor, William R. H arvey,Maria E. Lagomasino, George Muñoz,Reg Murphy, Patrick F. Noonan, Peter H. Raven,Edward P. Roski, Jr., James R. Sasser,B. Francis Saul II, Gerd Schulte- Hillen, Ted Waitt,Tracy R. Wolstencroft
INTERNATIONAL PUBLISHING
VICE PRESIDENTS
Yulia Petrossian Boyle, Magazine Publishing Rachel Love, Book Publishing
Cynthia Combs, Ariel Dei aco-Lohr, Kelly Hoover,Diana Jaksic, Jennifer Liu, Rachelle Perez,Desiree Sullivan
COMMUNICATIONS
Beth Foster, Vice President
RESEARCH AND EXPLORATION
COMMITTEE
Peter H. Raven, Chairman John M. Francis, Vice Chairman Paul A. Baker, Kamaljit S. Bawa, Colin A. Chapman,Keith Clarke, J. Emmett Duffy, Philip Gingerich,Carol P. Harden, Jonathan B. Losos, JohnO’Loughlin, Naomi E. Pierce, Jeremy A. Sabloff,Monica L. Smith, Thomas B. Smith, Wirt H. Wills
EXPLORERSINRESIDENCE
Robert Ballard, James Cameron, Wade Davis,Jared Diamond, Sylvia Earle, J. Mi chael Fay,Beverly Joubert, Dereck Joubert , Louise Leakey,Meave Leakey, Johan Reinhard, Enric Sala,Paul Sereno, Spencer Wells
La National Geographic Society è stata fondataa Washington, D.C. come Associazione scientificae pedagogica senza fini di lucro. Dal 1888 ,la Society ha sostenuto oltre 9000 esplorazionie progetti di ricerca per contribuire allaconoscenza della terra, dei mari e del cielo.
Copyright © 2013 National Geographic Society.All rights reserved. National Geographic andYellow Border: Registered Trademarks ® MarcasRegistradas. National Geographic assumesno responsibility for unsolicited materials.Printed in U.S.A .
CHRIS JOHNS, Editor in Chief
Victoria Pope, Deputy Editor Bill Marr, Creative Director
Executive Editors:Dennis R. Dimick (Environment )Jamie Shreeve (Science)
David Brindley, Managing Editor
Ken Geiger, Deputy Photography DirectorMarc Silver, Deputy Text DirectorKaitlin Yarnall, Deputy Creative Director
DEPARTMENT DIRECTORS
Juan Velasco, Art Margaret G. Zackowitz, DepartmentsDavid C. Whitmore, DesignLisa Lytton, E-Publishing
INTERNATIONAL EDITIONS
Amy Kolczak, Deputy Managing Editor Darren Smith, Deputy Editorial DirectorLaura Ford, Photographic LiaisonAngela Botzer, ProductionSharon Jacobs, Adminis trat ionMaureen Flynn, Ron Williamson,Contributing NG Staff FOTO DALL’ALTO: STEFANO MORELLI; LAWSON PARKER , NGM ILLUSTRAZIONE; JOEL SARTORE
Miele a coloriAnche le api amano le caramelle.Lo si nota dal colore dei favi.
Obiettivo Big Bang Nel 2018 il telescopio spazialeJames Webb tenterà di osservare
la nascita dell’universo.
Strani pesciGrazie agli incroci selettivi, ogni annonascono nuove varietà di pesci rossi.
Lettera d’addioSpunta dagli archivi segretidel Vaticano la richiesta di divorziodi Enrico VIII a papa Clemente VII.
A tutto vaporeEnergia “all’antica” (e più pulita)con il sistema della cogenerazione.
Pontili a rischioDopo la tempesta Sandy,vale la pena di ricostruire?
Pennellate bestialiL’arte orientale deve molto a gatti,topi, cavalli e altri animali.
Gli apripista
8/16/2019 National Geographic Italia
9/172
8/16/2019 National Geographic Italia
10/172
8/16/2019 National Geographic Italia
11/172
DAL DIRETTORE
FOTO: CARSTEN PETER
Studiosi sotto al vulcano Nyiragongo, Repubblica Democratica del Congo.
A metà del Settecento, racconta Richard Conniffnel suo libro Cercatori di specie, Linneo convinse una ventina
di discepoli ad avventurarsi ai quattro angoli del pianeta per scoprirenuovi esseri viventi. Metà di questi “apostoli”, come lui li chiamava,
persero la vita nel compimento della loro missione. E così accadde
a navigatori, scalatori e professionisti del pericolo di ogni genere.
Eppure nulla ha spento il nostro desiderio di esplorazione.
Nemmeno oggi che sembra sia rimasto poco da scoprire. Ma solo
all’apparenza. Imprese come quella di James Cameron, giunto in
solitudine sul fondo della Fossa delle Marianne, o di Felix Baumgartner,
con il suo volo da 39 chilometri di quota, fanno appena intravedere
quelle nuove frontiere dell’esplorazione a cui è dedicato il 125°
anniversario di National Geographic. Ma anche storie che hanno meno
risonanza, come il lungo, ostinato lavoro dell’oceanografa Sylvia Earle,
o il viaggio di sette anni sulla rotta delle migrazioni umane dall’Africa
appena intrapreso da Paul Salopek (http://www.outofedenwalk.com ).
Grazie alle imprese di questi temerari, dai secoli passati ai giorni
nostri, abbiamo imparato a conoscere e apprezzare l’inestimabile
patrimonio di bellezza del nostro pianeta. Che forse ci sembrerà
più piccolo. Ma al tempo stesso sempre più prezioso.
Per scrivere alla redazione
SUPERVISORE EDITORIALE Daniela Hamaui
DIRETTORE RESPONSABILE
Marco Cattaneo
CAPO REDATTORE
Marina Conti
REDAZIONE
Michele GravinoStefania Martorelli, Vice caposervizio Marco PinnaMarella Ricci, Grafica e layout
SEGRETERIA E
COORDINAMENTO EDITORIALE
Anna Maria Diodori
MARKETING
Lorenzo d’Auria
EDITORIALISTA
E SENIOR EDITORIAL CONSULTANT
Guglielmo Pepe
TRADUTTORI
Elena Bernacchi
Paola GimiglianoPer Scriptum, Roma: Irene Inserra,Claudia Valeria Letizia
VIDEOIMPAGINAZIONE
Computime S.r.l.
PUBBLICITÀ
A.Manzoni & C. S.p.A. Via Nervesa, 2120139 Milano (italia)Tel. (02) 574941 Fax (02) 57494953www.manzoniadvertising.it
STAMPA
ILTE - Via Postiglione, 14 Moncalieri (TO)
ABBONAMENTI E ARRETRATI
Somedia S.p.A. Tel. 199.78.72.78(0864.25.62.66 per chi chiama da cellulari)ll costo massimo della telefonata da rete
fissa è di 14,37 cent di euro al minuto più 6,24cent di euro di scatto alla risposta (Iva inclusa).Per chiamate da rete mobile il costo massimodella chiamata è di 48,4 cent di euro al minutopiù 15,62 cent di euro di scatto alla risposta(Iva inclusa). Fax 02.26681991(dal lunedì al venerdì ore 9-18)email: [email protected]: [email protected]
Registrazione del Tribunale di Roma n. 652/97
del 2 dicembre 1997
Gruppo Editoriale L’Espresso SpA
CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE
PRESIDENTE Carlo De Benedetti
AMMINISTRATORE DELEGATO Monica Mondardini
CONSIGLIERI
Agar Brugiavini, Rodolfo De Benedetti,
Giorgio Di Giorgio, Francesco Dini, Sergio Erede,
Maurizio Martinetti, Elisabetta Olivieri, Tiziano Onesti,
Luca Paravicini Crespi, Michael Zaoui
DIRETTORI CENTRALI
Pierangelo Calegari (Produzione e Sistemi informativi),
Stefano Mignanego (Relazioni esterne),
Roberto Moro (Risorse umane)
Divisione Stampa NazionaleVia Cristoforo Colombo, 98 - 00147 Roma
DIRETTORE GENERALE Corrado Corradi
VICEDIRETTORE Giorgio Martelli
REDAZIONE NATIONAL GEOGRAPHIC ITALIA
Via Cristoforo Colombo 90 - 00147 Roma
tel. (06) 49822736 - Fax (06) 49823183
e-mail: [email protected]
Responsabile trattamento dati (d.lgs.30 giugno 2003, n.196):
MARINA CONTI
Accertamento Diffusione StampaCertificato N. 7441 del 10.12.2012
8/16/2019 National Geographic Italia
12/172
8/16/2019 National Geographic Italia
13/172
ILLUSTRAZIONE: MICHELANGELO PACE
QUI ITALIA
Un’occasione da non perdereQuanta importanza avranno le politiche culturali e ambientali del nuovo
governo guidato da Enrico Letta? Di certo non sono state scelte personalità
di primissimo piano per dirigere i due ministeri, rispettivamente Massimo
Bray e Andrea Orlando. Sarà loro dovere dimostrare di essere all’altezza
dell’incarico ricevuto (anche se la competenza non s’inventa da un giorno
all’altro). Eppure c’è una grande novità che va colta: i ministeri di Beni
Culturali e del Turismo, sempre divisi, ora sono un tutt’uno.
Questo significa che patrimonio artistico e turistico
saranno valorizzati all’interno di un progetto globale.
Che ha come risorsa di base le straordinarie ricchezze
nazionali che tutti conoscono.
Più volte ho scritto che, per rilanciare l’economia,
dovremmo puntare in primo luogo su ciò che
ci appartiene. E che, purtroppo, maltrattiamo.
I beni culturali, artistici, paesaggistici sono sempre
stati considerati come i soprammobili di pregioche teniamo in casa: ogni tanto leviamo un po’
di polvere, però non li mettiamo mai in bella
mostra. Semmai facciamo di tutto per romperli.
Adesso, se alla forma seguirà la sostanza, si presenta
un vera opportunità. Che in parte può rispondere alla drammatica
domanda di occupazione.
Le esperienze di altri paesi - Francia e Spagna per esempio - dimostrano
che investire in progetti culturali e turistici ha un bell’effetto moltiplicatore
di reddito. Non a caso il turismo rappresenta il terzo settore economicoin tutta Europa (produce oltre il 10 per cento del Pil). E in Italia. Altro che
industria metallurgica, siderurgica. Nel turismo lavorano (con l’indotto) 2,3
milioni di italiani (fonte: Associazione iItaliana compagnie alberghiere della
Confindustria). Inoltre al contrario di un’altra attività trainante - le costruzioni -
colpita dalla crisi, il turismo è avvantaggiato da una domanda crescente.
Ma richiede una politica che migliori nettamente la qualità dell’offerta.
Altri settori sono fondamentali per la crescita di un paese. Penso a ricerca
e sviluppo. Che da noi sono proprio l’ultima ruota della carro. Per non
sottovalutare l’ambiente (sul quale tornerò). Intanto però per il nostro
“Made in Italy” si presenta un’occasione storica. Da non perdere.
Noi saremo osservatori attenti del nuovo che verrà. —Guglielmo Pepe
8/16/2019 National Geographic Italia
14/172
8/16/2019 National Geographic Italia
15/172
FOTO DALL’ALTO: ANDREA BONAVITA DAVIDE LOPRESTI; GIUSEPPE D’ANGELO, FINALISTI CONCORSO FOTOGRAFICO NATIONAL GEOGRAPHIC ITALIA 2012
INOLTRE
NEWS
Ogni giorno nuovi articolie gallerie fotografiche suciò che accade nel mondo.
IL MIO VIAGGIO
Il 15 giugno scade il termineper inviare i vostri reportage,ma continueremo a pubblicarele gallerie dedicate all’iniziativa“Il mio viaggio” fino a luglio.
LA MIA FOTOInvia la tua foto cliccandoil link sul menù: potrebbeessere inserita nellafotogalleria mensile sul nostrosito o pubblicata sulla rivista.
NATIONALGEOGRAPHIC.IT
Concorso 2013Come ogni anno, è giunto
il momento più atteso dalla
comunità fotografica di National
Geographic Italia: entro breve
sarà possibile inviare le vostre
immagini al nostro concorso
fotografico annuale. Realizzata
in collaborazione con Mercedes
Viano e Nikon, l’ottava edizione
del concorso NGI offrirà nuovi ericchissimi premi e, come ogni
anno, la possibilità di sbizzarrirvi
in diverse categorie tematiche.
Ce n’è per tutti i gusti,
quindi armatevi di macchina
fotografica e uscite a scattare,
la data è ormai prossima e
verrà annunciata a breve sul
nostro sito. Come lo scorso
anno, le immagini andrannoinviate on line compilando
l’apposito modulo che troverete
su nationalgeographic.it .
Mantenetevi aggiornati sulla
sezione speciale dedicata
al concorso sul sito, dove
pubblicheremo tutte le
informazioni necessarie
e il regolamento completo.
8/16/2019 National Geographic Italia
16/172
ANTEPRIMA
I classici della fotografiaLa sua formula vincente era un sapiente equilibrio tra realismo giornalistico e sensibilità, caratteristica
che l’ha portata a essere la fotoreporter di punta di grandi riviste come Life eFortune e che l’ha consacrata
tra i fotografi più importanti della storia. Margaret Bourke-White era una pioniera, in più di un senso. Non solo
perché fu una delle prime donne a fare carriera in un mondo, quello del fotogiornalismo, esclusivamente
maschile, ma anche e soprattutto per il suo ardente desiderio di trovarsi nei luoghi e nei momenti in cui
veniva scritta la storia. Un impulso irrefrenabile che la portò nell’Unione Sovietica nel 1930 per raccontare
le conseguenze della rivoluzione, in Cecoslovacchia nel 1939, poco prima dell’invasione nazista, poi in tutti
i teatri di guerra europei fino al 1945 (lavorando per Life, fu la prima donna nordamericana accreditata come
corrispondente di guerra autorizzata a volare in missioni di combattimento), quando documentò la liberazione
dei campi di concentramento nazisti da parte delle truppe alleate. In seguito si recò in India, dove realizzòuno dei più celebri ritratti di Gandhi, due anni prima del suo assassinio. Ma Bourke-White non si limitava
a fotografare gli eventi; ne documentava anche le conseguenze umane, con una sensibilità fuori del comune
che le ha permesso di realizzare immagini simbolo di un ventennio chiave della storia recente. Il volume
dedicato a Margaret Bourke-White sarà in edicola a fine mese con National Geographic a soli € 9,90 in più.
FOTO: MARGARET BOURKEWHITE/TIME & LIFE PICTURES/GETTY IMAGES
Bourke-White in tuta di volo nel 1943 poco prima di fotografare il bombardamento USA suTunisi; fu la prima giornalista americana autorizzata a volare in missioni di combattimento.
8/16/2019 National Geographic Italia
17/172
ILLUSTRAZIONE: ISTVAN BANYAI. FOTO: PATRICK DRUCKENMILLER
Vento del NordNell’Artide è il clima il nemico numero
uno. Anche in estate la temperatura è
sui 4,5 °C, e per evitare gli orsi polari
dobbiamo accamparci in montagna,
dove il vento è molto forte.
La mia squadra scava buche
grandi come autobus in cerca di fossili
di rettili marini giganti. Scaviamo a
mano: in un anno possiamo rimuovere
anche 80 tonnellate di sedimenti.
I miei colleghi sono spesso così
stanchi che si appisolano nella buca.
Nelle estati belle scaviamo per 1,5-2
metri prima di toccare il permafrost,
in quelle brutte solo tra 30 e 60
centimetri. Nel periodo del sole
di mezzanotte non c’è differenza tra
giorno e notte, così possiamo lavorare
quando ne abbiamo voglia; anzi di
solito lavoriamo di più in quella che
in teoria sarebbe la notte, quando
il vento è un po’ meno forte.Un anno, sull’isola di Spitsbergen,
lo scavo distava dal campo un’ora
di cammino, tutto in salita. Potevamo
vedere il campo dall’alto mentre
portavamo alla luce un pliosauro.
Una notte vedemmo che sul campo
si abbatteva una tempesta: il vento
stava portando via la nostra tenda-
cucina, a forma di iurta, che
conteneva tutto il cibo e l’attrezzatura.
I paletti stavano per saltare. Eravamo
troppo lontani per gridare e avvisare
gli altri: qualcuno di noi si precipitò giù
dalla collina per cercare di salvarla.
Nell’Artide, senza una tenda si è
in balia degli elementi; per procurarci
altro cibo avremmo dovuto
camminare otto ore, e un elicottero
di soccorso non ci avrebbe portato
provviste, ma solo fatto evacuare.
Per fortuna, giù al campo, due colleghi
si accorsero del disastro. Quando
arrivammo erano aggrappati alle funi
per impedire che la tenda volasse via.
Ora usiamo paletti fatti a mano, lunghipiù di mezzo metro. Non abbiamo
più rischiato di perdere una tenda.
Jørn HurumNational Geographic
Emerging Explorer
CAMPO DI RICERCA Paleontologia artica
L OC AL I TÀ Norvegia
MANUALE DI SOPRAVVIVENZA
8/16/2019 National Geographic Italia
18/172
VISIONS
r
8/16/2019 National Geographic Italia
19/172
Cina
Come figure di un teatro
d’ombre, questi manichini
- illuminati da lampadine a
incandescenza e coperti
da uno spesso velo rosso -
attirano i clienti nella cittàdi Guilin. Nell’affollato
mercato notturno si
vendono vestiti, cibo,
bigiotteria e altre merci.
FOTO: MAX FORSYTHE
8/16/2019 National Geographic Italia
20/172
Polonia
Le ombre del tramonto si
allungano sui campi di Nowe,
in Pomerania, che esplodono
di colori a primavera.
Il fotografo ha usato unparapendio per ottenere uno
scatto quasi astratto: una
pennellata rossa di papaveri
in fiore tra verdi germogli.
FOTO: KACPER KOWALSKI, PANOS PICTURES
Altre immagini a: www.nationalgeographic.it/visions/
8/16/2019 National Geographic Italia
21/172
8/16/2019 National Geographic Italia
22/172
VISIONS | LA MIA FOTO Per inviare le vostre foto collegatevi a:http://www.nationalgeographic.it/lamiafoto/
Rahul Tailor
Surat, India
Camminando nella
sua città nello Stato
del Gujarat, Tailor
si è imbattuto in questa
scena di fronte al muro
rosa di una moschea.
Di fronte all’edificio due
uccelli erano appollaiati
con le teste nascoste
da una tettoia, che
forniva alla scena un
elemento di intimità.
Tore Serra Sassari
Una domenica mattina, nel giardino di casa, Tore Serra ha atteso oltre due ore prima di scattare
questa foto in cui, racconta, «il bruco si avvicina a una foglia a forma di farfalla , come un preludio
di ciò che diventerà». Serra, che vive in periferia, scatta abitualmente macro nel giardino di casa.
r
8/16/2019 National Geographic Italia
23/172
8/16/2019 National Geographic Italia
24/172
r
VISIONS | FOTODIARIO Stefano Morelli
Distretto industriale tra Mirandola e San Giacomo Roncole (Mo). Questo capannone di una piccola
impresa, come molti altri edifici e strutture produttive della zona, ha subito danni irreversibiliin seguito al terremoto dell’anno scorso, che ha messo a dura prova l’economia dell’intera regione.
8/16/2019 National Geographic Italia
25/172
Luci nelle tenebreUn anno fa, il 20 e 29 maggio 2012, la Terra
ha tremato in Emilia. L’epicentro del secondo
terremoto era vicino a Mirandola, che è stata
gravemente danneggiata: sono stati colpiti
il castello, il palazzo comunale, il duomo
e la chiesa di San Francesco, oltre al distretto
biomedicale, parte sostanziale della nuova
realtà economica di questa cittadina del
modenese. Stefano Morelli ha voluto realizzare
un servizio in notturna “per gettare luce su ciòche la notte provava a celare”.
In tenda era caldo. Umido. La pelle sempre
sudata. Fuori una brezza primaverile dava
refrigerio e ingentiliva i pensieri. Con Andrea
Braghiroli, amico e architetto di Mirandola,
iniziammo a camminare tra le rovine della
sua città. Il centro era transennato, così da
delineare la Zona Rossa. A notte inoltrata
nessun abitante era in giro. Solo volanti delle
forze dell’ordine, protezione civile e volontari,
impegnati nei controlli antisciacallaggio.
Non c’erano grida. Le tenebre sembravano
nascondere la sofferenza e i pianti del giorno.
Tutto diventava lento. E un dramma immenso
assumeva connotati quasi onirici.
Con l’auto arrivammo nelle zone industriali
di Cavezzo e Medolla. L’Emilia Romagna è una
delle regioni più industrializzate d’Italia. Vanta
autentiche eccellenze nel campo alimentare,
aceto balsamico e parmigiano reggiano, e in
quello biomedicale, ma quasi tutte le fabbriche
hanno subito danni. Così come i cascinali,
le fattorie e gli allevamenti dell’importante
mondo contadino della Bassa Modenese.
Il terremoto ha messo in ginocchio
imprenditori e operai, obbligando le famiglie
a lottare per la sopravvivenza. Riuscire a
fotografare il crollo dell’economia e la sua
lenta rinascita attraverso le architetture delle
industrie danneggiate e i nuovi magazzini
ancora in costruzione significava descrivere il
dramma di un popolo, l’allegoria di un’umanità.
Senza ospedali e tendopoli. Senza sangue.
Senza violenza. Per un anno intero. Gettandoluce su ciò che la notte provava a celare.
Sotto un cielo sempre diverso nella sua
ciclicità stagionale. Solo lui, discreto testimone
di questo dolore. —Stefano Morelli
Fotogiornalista laureato in psicologia, collabora con alcuneONG e con l’Università di Firenze.
IL FOTOGRAFO
8/16/2019 National Geographic Italia
26/172
8/16/2019 National Geographic Italia
27/172
r
Questa casa nella
campagna tra
Cavezzo e Medolla
era l’abitazione dei
proprietari di un’azienda
agricola. In seguito al
sisma il tetto dell’edificio
è crollato rendendolo
completamente inagibile.
Anche il ricovero per gli
attrezzi, davanti alla
casa, è andato distrutto.
Un’altra azienda agricola gravemente danneggiata dal sisma nelle campagne intorno a San Felice sul Panaro.
In questo caso si sono salvati i silos per il cereali, ma l’edificio accanto è completamente crollato su se stesso.
VISIONS | FOTODIARIO Stefano Morelli
8/16/2019 National Geographic Italia
28/172
8/16/2019 National Geographic Italia
29/172
r
Il terremoto ha causato
danni piuttosto gravi
al caseificio sociale
Quattro Madonne diLesignana di Modena.
Molte delle forme di
Parmigiano Reggiano
messe a stagionare sono
state danneggiate dal
terremoto, ma l’azienda
le ha comunque
rivendute per cercare
di limitare l’ingente
danno economico.
Campagne nei dintorni di San Felice sul Panaro. Un ricovero per gli attrezzi andato totalmente distrutto durante
la seconda scossa del 29 maggio 2012.
VISIONS | FOTODIARIO Stefano Morelli
8/16/2019 National Geographic Italia
30/172
8/16/2019 National Geographic Italia
31/172
r
Cividale, frazione di Mirandola. La concessionaria Carletti, nel tentativo di ripristinare
la normalità, ha ricominciato a lavorare con la struttura ancora danneggiata.
San Felice sul Panaro, distretto industriale. I pannelli di r ivestimento delle pareti di una fabbrica, piegati e contorti
dal peso delle macerie, sono stati rimossi e ammassati nel parcheggio adiacente l’industria.
VISIONS | FOTODIARIO Stefano Morelli
8/16/2019 National Geographic Italia
32/172
ARCHIVIO
Santi, poeti e pescatori Magari nonavremo una tradizione di caccia alla balena come gli americani
o i norvegesi (vedi l’articolo sugli ultimi balenieri vichinghi
pubblicato in questo numero), ma in Italia la pesca è stata dasempre un’attività importante, generatrice di reddito come di
“prodotti” culturali: leggende, racconti, canzoni che hanno come
protagonisti i pescatori. Basti pensare a I Malavoglia, che nella
storia della nostra letteratura ha un’importanza paragonabile
a quella di Moby Dick nella letteratura statunitense; o a tutti i
fotografi che, negli anni, hanno immortalato la mattanza, l’epica,
crudele e molto scenografica pesca del tonno che si teneva
nelle tonnare sarde e siciliane. Quella tradizione è ormai finita
o ridotta a pura esibizione per turisti: il tonno rosso, già a rischio
di estinzione per via della pesca eccessiva, è ormai catturato
dai pescherecci delle multinazionali secondo quote stabilite daaccordi internazionali. Ma è tutto il settore italiano della pesca a
non passarsela bene: solo il 30 per cento del pesce consumato
in Italia, viene da imbarcazioni italiane, come se dal 15 aprile
fino a fine anno mangiassimo solo pesce importato. —MG
FOTO: MAURO GALLIGANI, CONTRASTO IN ALTO; RACCOLTE MUSEALI FRATELLI ALINARI
Favignana, 1997: pescatori tirano a bordo un tonno rimasto intrappolato nella tonnara durante la mattanzadel 1997, una delle ultime svoltesi sull’isola. Questa tradizionale, cruenta forma di pesca è ormai praticamentescomparsa. Sotto, una cartolina del primo Novecento ritrae un piccolo pescatore napoletano in costume tipico.
8/16/2019 National Geographic Italia
33/172
FOTO: HERBERT LIST, MAGNUM/CONTRASTO IN ALTO A SINISTRA; HULTONDEUTSCH COLLECTION/CORBIS IN ALTO A DESTRA; LEONARD FREED, MAGNUM/CONTRASTO
A sinistra, le dimensioni di un tonno catturato a Favignananel 1951; altre tonnare erano sparse lungo le coste sicilianee nel Sud della Sardegna. Sopra, la più tranquilla pescaalla lenza di tre monaci camaldolesi, ritratti nel 1933;sotto, la bancarella di un pesciaiuolo a Napoli nel 1958.
8/16/2019 National Geographic Italia
34/172
8/16/2019 National Geographic Italia
35/172
FOTO: VINCENT KESSLER, REUTERS
NEXT
Miele a colori In genere le zampe delle api sono
colorate di giallo per via del polline. Lo scorso autunno a Ribeauvillé,
in Francia, si sono presentate all’alveare colorate di sciroppo verde,
blu e rosso, dopo un’incursione nell’impianto di trattamento dei rifiuti
delle pastiglie al cioccolato M&M’s. Il risultato è che gli apicoltori
della regione non hanno potuto vendere i favi multicolori. In quasi
tutti i paesi, infatti, la legge stabilisce che il miele può contenere
solo nettare “lavorato” dalle api; il miele va dal bianco al marrone
e colori diversi sono segni di adulterazione, spiega Tim Tucker
della Federazione degli apicoltori americani. Le api preferiscono
il nettare allo zucchero di canna perché è più facile da scomporre
e trasformare in nutrimento. Ma quando c’è siccità o le fioriture sonoscarse, va bene tutto. «Se il flusso di nettare si ferma, raccolgono
lo zucchero dove possono», spiega Tucker. Come ad esempio nelle
lattine di bibite o negli incarti di caramelle che trovano nei rifiuti.
«Noi speriamo sempre che non li trovino», aggiunge. —Johnna Rizzo
8/16/2019 National Geographic Italia
36/172
8/16/2019 National Geographic Italia
37/172
Il pannello
posteriore
sostiene 3.400kg di strumenti
scientifici.
I pannelli solari
forniscono energiaper far funzionare
il telescopio.
L’antenna consente
la comunicazionetra JWST e la Terra.
La struttura portante
ospita computer ecomponenti elettroniche
per il telescopio.
Gli Star tracker
sfruttano lestelle guida per
puntare JWST.
Lo specchio secondario
dirige la luce dallospecchio primario
agli strumenti.
Cinque strati
di schermi solari
impedisconoalla luce solare
di surriscaldarespecchi e strumenti.
Circa 24 metri
Lo specchio primario, del diametro di 6,5 m,
cattura la luce da stellee galassie distanti.
Obiettivo Big Bang Togliti di mezzo, Hubble!Tra qualche anno verrà lanciato il telescopio spaziale James Webb, progetto
congiunto di NASA, Agenzia spaziale europea (ESA) e Agenzia spaziale
canadese, che supererà il vecchio telescopio e si posizionerà a un milione
e mezzo di chilometri dalla Terra. Lì un enorme schermo solare lo proteggerà
dal calore del Sole e della Terra, portandolo a -220 ºC per far funzionare
i suoi stumenti agli infrarossi. «Speriamo davvero di vedere le prime stellenate nell’universo», dice Mark McCaughrean dell’ESA. —Elizabeth Preston
NEXT
Si aprono i sistemidi ritenuta.
Bracci meccaniciaprono lo schermo
solare.
Si separanogli strati dello
schermo solare.
Lo specchio secondariosi ribalta; si aprono le ali
dello specchio primario.
TELESCOPIO SPAZIALEJAMES WEBB JWSTGrazie agli infrarossistudierà tutti i periodinella storia dell’universo.
LANCIO Un vettore Ariane 5 dovrebbe portare il telescopio nello spazio nel 2018 .
ILLUSTRAZIONE: DON FOLEY. GRAFICO: LAWSON PARKER, NGM. FONTE: LYNN CHANDLER, NASA
8/16/2019 National Geographic Italia
38/172
NEXT
La fantastica varietà dei pescirossi, frutto degliincroci selettivi
1
2
3
4
CARPA DI PRUSSIA
5
UN MONDO DI POSSIBILITÀ
Nella casa dei pesci rossidell’Ocean Park di Hong Kong,
le vasche sono accese di colori
sgargianti e pinne svolazzanti,
occhi bulbosi e corpi stravaganti.
Non si tratta certo dei pesciolini
rossi che si vincono al luna park.
Eppure appartengono
alla stessa specie. Allevati
inizialmente da buddhisti cinesi
della dinastia Tang, i pesci rossi
discendono tutti dalla carpa di
Prussia (Carassius gibelio, in
alto) e da sempre sono «simboli
di pace, amicizia e fortuna»,
spiega il curatore di Ocean Park
Charlie Young. Nel X secolo
erano ricercati come animali da
compagnia, mentre nel XVI si
cominciò a fare incroci selettivi
per ottenere varietà nel colore,
nella forma, negli occhi e nella
coda. Presto l’hobby contagiò il
Giappone e in seguito l’Europa.Oggi esistono centinaia
di club per gli appassionati
degli incroci in tutto il mondo,
spiega l’esperto americano
Dave Mandley. Parte del
fascino sta nella probabilità:
con due corredi cromosomici
per ogni genitore, le mutazioni
abbondano. «Con tutto quel
bagaglio recessivo», dice
Mandley, «ci possono esseremolte sorprese se non si
conoscono la nonna e il nonno».
E nuove varietà compaiono
ogni anno. —Jeremy Berlin
8/16/2019 National Geographic Italia
39/172
FOTO: JOEL SARTORE. GRAFICO: ÁLVARO VALIÑO. FONTE: SMITHSONIANImmagini non in scala
Ci sono circa 1,4 miliardi diinsetti per ogni essere umano.
1. RANCHU TRICOLOR 2. RED PEARL-
SCALE 3. CALICO RYUKIN 4. BLACK
DRAGON-EYE 5. RED CELESTIAL-EYE
6. RED BUBBLE-EYE 7. CHOCOLATE
WHITE BUTTERFLY MOOR 8. TRICOLOR
DORSAL-FINNED BUBBLE-EYE
9. RYUKIN TRICOLOR 10. CALICO ORANDA
6
7
9
Gli allevatori cinesi preferisconosembianze da drago, mentrei giapponesi cercano lasimmetria. Ecco un esempiodelle circa 300 varietà esistenti,alcune delle quali valgono decinedi migliaia di euro.
8
10
8/16/2019 National Geographic Italia
40/172
8/16/2019 National Geographic Italia
41/172
FOTO: ARCHIVUM SECRETUM VATICANUM, A.A., ARM. IXVIII 4098A
Lettera d’addioQuesta pergamena, oggi conservata nell’Archivio
Segreto Vaticano, testimonia un momento
importante nella disputa tra il re inglese Enrico VIII
e la Chiesa cattolica apostolica romana. Firmato
nel 1530 da 83 nobili e religiosi inglesi, il documentochiedeva a papa Clemente VII di annullare
il matrimonio tra Enrico e Caterina d’Aragona,
colpevole di non avergli dato un erede maschio.
Al rifiuto del papa, il re andò dritto per la sua strada:
divorziò da Caterina e sposò Anna Bolena.
In seguito, la scomunica di Clemente gettò
le basi per lo scisma e la fondazione della Chiesa
d’Inghilterra, di cui Enrico si proclamò capo.
«Il fascino del documento sta anche nelle
vicende dei suoi firmatari», spiega Marco Maiorino,archivista del Vaticano, che l’ha studiato per tre
anni. «Alcuni di loro appoggiarono il re, ma
dopo lo scisma presero le distanze e finirono
per pagare con la vita». — —Cathy Newman
La supplica inviata al papaa sostegno di Enrico VIIIera corredata dai sigilli inceralacca di tutti i firmatari.
NEXT
8/16/2019 National Geographic Italia
42/172
NEXT
A tutto vapore Non è solo la tecnologia digitale a farprogredire il nostro mondo. Con l’aumento dei costi energetici
è tornato in auge un sistema ottocentesco per sfruttare il vapore
che fuoriesce da impianti e stabilimenti per la climatizzazione
degli ambienti. I vantaggi? Risparmio energetico, meno gas serra
e minore dipendenza dalla rete commerciale. Diversi campus
di università americane, gli edifici della Smithsonian Institution
e una fabbrica della BMW stanno già utilizzando il sistema della
cogenerazione, o CHP. Un grande albergo di Las Vegas ottiene
il 40% dell’energia elettrica e il 65% del riscaldamento da un’unità
CHP alimentata a gas naturale. Esistono anche sistemi in gradodi incanalare vapore o acqua calda e fredda dagli impianti CHP
ad altri edifici vicini. L’ultima moda è la microgenerazione: unità
residenziali delle dimensioni di un armadietto che possono
far risparmiare il 25% sulla bolletta elettrica. —John Briley
FOTO: REBECCA HALE, NGM. NGM ART
FONTE: INTERNATIONAL DISTRICT ENERGY ASSOCIATION
Produzione energetica tradizionale
EFFICIENZA NELLA
PRODUZIONE DI ENERGIA
Cogenerazione/CHP
Perdite
33%
67%
80%
20%
Energia utilizzata
8/16/2019 National Geographic Italia
43/172
Pennellate bestiali Nell’arte cinese i pennelli si fanno soprattutto conpeli di animali. E ognuno ha la sua specialità: coi peli di lupo si ottengono tratti più
duri, con quelli di capra più morbidi. Le vibrisse di gatto (sotto) o di topo vengono
usate per disegnare dettagli minuti... magari proprio i baffi di un gatto. I pennelli
giapponesi hanno altrettanta varietà: pelo di tasso o di scoiattolo, criniera di cavallo
selvatico o penne prese dal collo del martin pescatore. —Johnna Rizzo
FOTO DALL’ALTO: MARIO TAMA, GETTY IMAGES; REBECCA HALE, NGM
GRAFICO: ÁLVARO VALIÑO. FONTE: HARVARD MEDICAL SCHOOL
Pontili a rischio I famosiboardwalks, i pontili in legno delle località di mareamericane, non reggono i fenomeni estremi. Latempesta Sandy dello scorso anno ne ha devastatialmeno 20 sulle coste del New Jersey e dello Statodi New York, tra cui il Casino Pier di Seaside Heights(sopra). La FEMA, l’ente USA per la protezione civile,stima che ci vorranno oltre 50 milioni di dollari per
ricostruirli con materiali più durevoli.
Gli amministratori locali sostengono chei boardwalks sono fondamentali per l’economia:Belmar, nel New Jersey, ricava almeno tre milionidi dollari l’anno dal turismo estivo, una mannaper i suoi 5.800 abitanti. Ma è saggio ricostruirli?«Crolleranno di nuovo», dice il geologo Orrin Pilkey,che sconsiglia di erigere strutture più permanentianche in vista dell’innalzamento dei livelli del mare
previsto dai modelli. —Daniel Stone
I muscoli costituiscono circametà del peso corporeo umano
8/16/2019 National Geographic Italia
44/172
1 d. C.
2 5 0 0 a. C.
Viaggi esplorativi
Conquista e colonizzazione
Scambi e commercio
Navigazione e spedizioni cartografiche
Esplorazione subacquea
Aria e spazio
Collegamenti storici
33 4 -323 a.C
L E C O N Q U I
S T E
D I A L E
S SA N D R O
MA G N O
E S PA N D O N O L E C O
N O S C E N Z E
G E O G RA F I C
H E G R E C H E
1 5 0 a. C. c a
L ’ a s t r o n o m o
g r e c o
I p p a r c o i n v e n
t a
l ’ a s t r o l a b i o p
e r t r a c c i a r e
l a p o s i z i o n e d
e l l e s t e l l e
5 0 0 a. C. c a
I n a v i g a t o r i g r e c i
c o m p i l a n o l
e p r i m e g u i d e
a l l a n a v i g a z i o
n e c o s t i e r a
3 4 0 a. C. c a
A r i s t o t e l e, i n
s e g n a n t e
d i A l e s s a n d
r o M a g n o, f o
r n i s c e
p r o v e s c i e n t
i fi c h e d e l f a
t t o
c h e l a T e r r a
è s f e r i c a
1 4 0 d. C. ca
Ad A lessa nd r ia
d ’ Eg i t to
To lo meo desc r i v
e u n s is te ma
pe r ca r tog ra fa re
i l mo ndo co n l i n
ee
d i la t i t ud i ne e lo n
g i t ud i ne E r a t o s t e n e
c a l c o l a
l a c i r c o n f e r e n z a
d e l l a T e r r a
2 4 0 a.
C. c a
L ’ EG I Z IA N O H A
R K H U
F ES P L O R A
I L N I L O
2 2 7 0
a. C. circ a
2 5 0 0 a. C.
c i r c a
V IA G G I V
IA MA R E
DA L LA
M E S O P O
TA M IA A L
L ’ I N D IA
A T T RA V E R
S O I L G O L
F O P E R S I
C O
3 3 9- 41 4 d. C.
I L M O NA C O C I
N E S E
FA X IA N C E R CA
T E S T I
B U D D H I S T I I N
I N D IA,
S R I LA N KA E G
IA VA
1 0 0 0
a . C
.
c a
I P O L I N E
S IA N I
R A G G I U
N G O N O
S A M O A
E T O
N GA
3 2 5 a. C. c a
P I T EA
NA V I GA D
A L
M E D I T E R R
A N E O
A L LA G RA
N B R E TA G N
A
1 0 0 a. C. c a
Co n so l id a to i l p
e rco r so
de l l a V i a de l l a
Se t a
1 0 0 0 a. C.
c a
I F e n i c i a p r o n
o
r o t t e c o m m e
r c i a l i
n e l M e d i t e r r a
n e o
1 3 8 a. C.
Z h a ng Q i a n v i a
gg i a i n A s i a
ce n t r a le pe r c re
a re a l le a n ze
co m me rc i a l i pe
r l a C i n a
GLI APRIPISTA
«L’esplorazione è l’essenza dell’animo umano»,
ha detto l’astronauta Frank Borman. La cronologia
in queste pagine sintetizza gli eventi principali
di questa grande avventura. Con la trasformazione
dei primi insediamenti in civiltà, crebbe il desiderio
di scambiare merci, conquistare terre, capire che
cosa ci fosse al di là dell’orizzonte. Un percorso
che ha portato all’incontro tra culture distanti, alla
mappatura del pianeta, alla scoperta delle stelle.
Prime spedizioni2.500 a.C. – 450 d.C. circa
Le civiltà dei grandi fiumi (Mesopotamia,Egitto, India, Cina) aprono vie commerciali
per mare (nell’Oceano Indiano) e per terra.I marinai fenici producono mappe
del Mediterraneo. I polinesiani naviganoper lunghe distanze tra le isole del Pacifico.
Circa 60.000 a.C.
L’uomo comincia
a migrare dall’Africa,
muovendosi verso est
attraverso l’Asia fino
all’Australia, in Europa,
e infine nelle Americhe
e nelle isole del Pacifico.
MATTHEW TWOMBLY E JANE VESSELS, NGM; AMANDA HOBBS
CONSULENTE: RAYMOND HOWGEGO, ENCYCLOPEDIA OF EXPLORATION
COPYRIGHT © GIUGNO 2013 NATIONAL GEOGRAPHIC SOCIETY
LA NUOVA ERA DELL’ESPLORAZIONE
Arco cronologico dell’esplorazione
8/16/2019 National Geographic Italia
45/172
45 0 d. C.
I V
I C H I N G H I S B A R C A N O
7
9 3
I N
G R A N
B R E T A G N A
1206–1227
GENGIS K HAN FONDA
L’IMPERO MONGOLO,
CHE NEL 1242 SI ES TENDE
FINO ALL’EUROPA ORIEN TALE
1375
Abraham Cresques
crea il suo
Atlante Catalano
1300 ca
I portolani
mappano i porti
e le coste
1154
Il geogra fo Al-Idrisi
compila una mappadel mondo cono
sciu to
per il re di Sicilia
1300 ca
Viene messo
a punto in Europa
l’astrolabio per marinai
1 2 7 0
I n a v igat o r i e u
r o p
e i u s a n o
l a b u s s o l a m a
g n e t
i c a
1100 ca
L ’ago magne tico
viene usa to
dai cinesi
per la na vigazione
7 0 0
c a
L ’ as t r
o l a b
i o a
r a b o
v i ene s v i l u p
p a t o
p e
r
l
’
o r
i e n
t a m e
n t o
6 0 0–8 0 0
I MO NAC I I R
LA N D ES I
NA V IGA NO N E L L ’A T LA N T ICO,
A R R I VA N DO A L L ’ IS
LA N DA
1000 ca
L E I F E R I KSSO N
RAGG I U NG E L ’AM E R I
CA
CO N T I N E N TA L E
1300
I POLI NESIA NI SI SO NO
I NSEDIATI S U 31 MILIO NI
DI KM2 NEL PACIFICO
1325–1354
IBN BATTUTA VIAGGIA
PER 120.000 KM ATTRAVERO ASIA,
AFRICA ED EUROPA
1271–1295
MARCO POLO ESPLORA
L’IMPERO MO NGOLO
7 0 0 ca
I l commerc io e la co lo
n izzaz ione
seguono la rap ida esp
ans ione de l l ’Is lam
Sviluppo commerciale450–1400
Attraverso la Via della Seta e il mare,
i mercanti musulmani consolidano i legami
tra Asia, Africa ed Europa. L’impero mongolo
garantisce stabilità, incoraggiando viaggi
come quello di Marco Polo. I Vichinghi sono
i primi europei a sbarcare in Nord America.
Continua alla pagina successiva
8/16/2019 National Geographic Italia
46/172
1400
E d
m o n
d H
a l l
e y
b r e v e
t t a
l a c a m p a n a
d ’ i m
m e r s
i o n e
16 9 1
1543Coper nico pubblica
la sua teor iasecondo cui la T er r agir a intor no al Sole
160 9 – 1619 Le le
ggi sul motoplanetar io di K epler odescr iv ono or bite ellittiche attor no al sole
17 8 3 P r i mo v ol o umano: i l pal l one d ei f r at el l i Mont gol fi er a P ar i gi
15 13 BALBOA AT T RAV ERSA L’IST MO DI PANAMA;È IL PRIMO EUROPEOA V EDERE IL PACIF ICODALLE AMERICHE
16 0 7 JOHN SMIT H F ONDALA P RIMA C OLONIA P E RMANE NT E INGLE SE IN AME RIC A DE L NORD: JAME ST OW N, V
IRGINA
15 2 4 – 15 3 3 P IZ ARRO CONDUCE
SP EDIZ IONI IN AMERICADEL SUD E DIST RUGGE
L’IMP ERO INCA
15 2 1CORT ÉS CONQUIST A
LE AMERICHE
15 3 5 – 3 6 JAC QUE S C ART IE RC ART OGRAF AIL F IUME
SAN LORE NZ O
XV secolo
Nuove navi – caravelle e caracche – portano
i portoghesi attorno all’Africa e Colombo attraverso l’Atlantico
159 5Il quadr ante
di Dav is deter minala latitudine
misuìr ando l’ altez z a del Sole sull' or iz z onte1570
Abr aham Or telius compila il pr imo atlante moder no
di Me r c a t o r e m o s t r a latitud i n e e l o n g i t u d ineper la nav i g a z i o n e m ar ina
La map p a d e l m o ndo
15 6 9
17 6 0 I l cr onomet r o per met t e al l e nav i d i d et er mi nar e con esat t ez z a
l a l ongi t ud i ne
M e t à X V I I I s e c o l o Il sest ant emi sur a
l a l at i t ud i ned i gi or no e d i not t e e st i ma l a l ongi t ud i ne
1400 ca
Il bastone di Giacobbe
determina la latitudinemisurando l’altezza
di una stella sull’orizzonte
1 4 9 2
– 1 5 0
4 I V I AG G I D I C O L O M
B O
N E L L E
A M E R I C
H E
157 6 –16 32I M AR I N AI I N G L ESI , T R A C U I F R OBI SH ER , H U DSON E BAF F I N , C ER C AN OU N A V I A C OM M ER C I AL E P ER L ’ ASI A A N OR D-OV EST
1488BAR TOLOMEU DIAS
DOPPIA IL CAPO
DI BU ONA SPER ANZA
16 0 6 W I L L EM J AN SZ OON È I L P R I M O
EU R OP EODOC U M EN T AT O A M ET T ER EP I EDE I N AU ST R AL I A
17 6 8 –17 7 9 J AM
E S C O O K AT T R AV E R SA I L P AC I F I C O
17 9 9 –18 0 4 I L N AT U R AL I ST A V O N H U M BO L D T R AC C O G L I E SP E C I E I N AM E R I C A L AT I N A E M AP P A I L F I U M E O R I N O C O
1498V ASCO DA GAMA TR ACCIA
U N A R OTTA MAR IN A DALL’EU R OPA ALL’ASIA
O R E LLAN A E SP L O RA L’ AM A Z Z O N I A
15 4 1 – 42
1519–1522MAGELLAN O
CIR CU MN AV IGA IL GLOBO
w o o f
1405–1433Le armate dell'ammiraglio
cinese Zheng Hearrivano fino all'Africa
I n i z i o
1 4 0 0
I l P o r t
o g a l l o fi n a n
z i a
i l p r i m
o d i m o l t i
v i a g g i
c o m e
m r c i a
l i ,
d a n d o
i l v i a a
l l ’ e r a
d e l l ’ e s
p l o r a z
i o n e e
u r o p e a
Nuovi mondi
1400–1800
Portogallo e Spagna esplorano il mondo
con le loro navi e si spartiscono le terre “non
rivendicate”. Gradualmente, gli obiettivi di
quest’epoca di esplorazione cambiano: dalla
ricerca dell’oro e la conquista alla conoscenza
scientifica, come nei viaggi di James Cook.
8/16/2019 National Geographic Italia
47/172
8/16/2019 National Geographic Italia
48/172
VENERE
40 missioni
MERCURIO
2 missioni
SOLE
8 missioni
Diretto a Mercurio,
Mariner 10 è passato
accanto a Venere
nel 1974, scattando
foto e sfruttando la
gravità del pianeta
per accelerare.
Messenger
Venere sfruttamento
della gravità
(2 volte)
Terra
sfruttamento
della gravità
Terra
voli
ravvicinati
(2 volte)
Venere
voli
ravvicinati
19701970
19801980
2000200020102010
FRONTIERA SPAZIOGli esseri umani sono arrivati ai confini del Sistema Solare
con gli occhi dei robot: astronavi, sonde e rover hanno
inviato dati e immagini sempre più stupefacenti. Le linee
colorate illustrano le circa 200 missioni senza equipaggio
effettuate dal 1958: passaggi ravvicinati, orbite, atterraggi“morbidi” e incidenti voluti, nonché missioni fallite. Nel
1972 la NASA lanciò l’ Apollo 17 , nona e ultima missione con
equipaggio sulla Luna. Da allora nessun uomo è più andato
oltre l’orbita terrestre bassa. Ma forse una missione privata
manderà un uomo e una donna nell’orbita di Marte nel 2018.
8/16/2019 National Geographic Italia
49/172
LUNA
72 missioni
MARTE
38 missioni
19601960
19701970
1980198019901990
20002000
20102010
19701970
19801980
19901990
20002000
20102010
IL SISTEMA SOLARE INTERNO
Nel 1959 i sovietici furono i primi a raggiungere
la Luna facendo precipitare Luna 2 sulla
superficie. Mariner 2, lanciato dalla NASA
nel 1962, effettuò il primo passaggio ravvicinato
di Venere. Nel 1965 Mariner 4 inviò immagini
da Marte. Messenger è la prima sonda a orbitare
intorno a Mercurio e a mapparlo. Oggi una
flotta di sonde controlla l’attività del Sole.
MISSIONI NEL SISTEMA SOLARE INTERNO
NASA
U.R.S.S./RUSSIA
FALLIMENTOSUCCESSO
AGENZIA SPAZIALE EUROPEA
GIAPPONE
CINA
INDIA
Continua alla pagina successiva
8/16/2019 National Geographic Italia
50/172
ASTEROIDI
E COMETE
17 missionI
EUROPA CALLISTO
PIONEER 10:
Lanc io 2/ 3/ 7
2
V OY AGER 2: L
anc io 2 0/ 8/ 7
7
PIONEER 11:
Lanc io 6/ 4/ 7
3
V OY AGER 1: L
anc io 5/ 9/ 7 7
Pioneer 10
Primo velivolo
a superare
la Fascia
Principale
Juno raggiungerà
l’orbita di Giove
nel luglio 2016
Galileo
esplora le lune
di Giove
IO GANIMEDE
GIOVE
8 missioni
(inclusa Juno)
Il 21 settembre
2003 Galileo
si schianta
intenzionalmente
su Giove
AMALTEA
NEAR-Shoemaker della
NASA è stata la prima
astronave a posarsi su un
asteroide, Eros, nel 2001
2007: New Horizons
fotografa Giove e le sue
lune sfruttando la sua
gravità e accorciando
il viaggio verso Plutone
di tre anni.
G A L I L
E O : L a
n c i o
1 8 /
1 0 / 8
9
C A S S
I N I :
L a n c
i o 1 5 /
1 0 / 9 7
N E W
H O R I Z
O N S :
L a n
c i o 1 9
/ 1 / 0 6
J U N O
: L a n
c i o 5 / 8
/ 1 1
Volo
ravvicinato
dell’asteroide
Ida; scoperta
di Dattilo,
1993
ASTEROIDI E COMETE
Nel 1991, mentre era in viaggio verso
Giove, la sonda Galileo inviò le prime
immagini ravvicinate di un asteroide
(Gaspra) e scoprì il primo satellite
di un asteroide, Dattilo, che orbita
intorno a Ida. Dawn, lanciata dalla
NASA, raggiungerà l’asteroide/
pianeta nano Cerere nel 2015.
La sonda Rosetta, dell’Agenzia
spaziale europea, tenterà di
atterrare su una cometa nel 2014.
VERSO GIOVE, E OLTRE...
Dopo aver raggiunto Giove nel 1995, Galileo inviò per
otto anni immagini e dati del pianeta e delle sue lune.
La sonda Juno ci arriverà nel 2016. Cassini ancora
trasmette immagini di Saturno e delle sue lune; la
sua sonda, Huygens, atterrò su Titano nel 2005. Nel
2015, a nove anni dal lancio, New Horizons studierà
Plutone e i detriti planetari della Fascia di Kuiper.
MISSIONI NELLO SPAZIO PROFONDO
NASA
NASA E AGENZIA SPAZIALE EUROPEA
1 2 3 4 51 2 3 4 5
SOLE
MARTE
GIOVE
FASCIA
PRINCIPALE
SATURNO URANO NETTUNO PLUTONETERRA
VENERE
MERCURIO
FASCIA DI KUIPER
NEW
HORIZONS
MILIARDI DI
CHILOMETRI 0
8/16/2019 National Geographic Italia
51/172
TITANO
REA
GIAPETO
DIONE
TETI
Pioneer 11
scopre un nuovo
anello di Saturno
18 marzo 2011:
New Horizons
supera l’orbita di Urano.
Raggiungerà Plutoneil 14 luglio 2015
Nel 1986Voyager 2
è la prima
astronave
ad avvicinarsi
a Urano
Nel 1989
Voyager 2
è la prima
astronave
ad avvicinarsi
a Nettuno
Cassini
esplora le
lune diSaturno
La sonda
Huygens lanciata
verso Titano
SATURNO
5 missioni(inclusa la sonda
Huygens)
URANO
1 missione
NETTUNO
1 missione
ILLUSTRAZIONI DI SE AN MCNAUGHTON,SAMUEL VELASCO, 5W INFOGRAPHICS.MATTHEW TWOMBLY E JANE VESSELS,NGM; AMANDA HOBBS
FONTI: NASA; CHRIS GAMBLE IMMAGINIDEL SOLE, ASTEROIDI, E COMETE:
NASA/JPL
Le immagini non sono in scala.
Missioni lanciate entro la fine
del 2012 che hanno raggiunto
l’orbita terrestre; molte altre
sono fallite durante il lancio.
106 7 8 9 106 7 8 9
PIONEER 11 PIONEER 10VOYAGER 2
SPAZIO
INTERSTELLARE
VOYAGER 1
OBIETTIVO: SPAZIO INTERSTELLARE
Pioneer 10 e 11, lanciate nel 1972 e ’73, furono le
prime a superare Marte e a catturare immagini
ravvicinate di Giove; la missione è conclusa, ma
le sonde proseguono. Voyager 1 e 2 partirono
nel 1977 per studiare Giove e Saturno; Voyager 2
ha inviato le prime immagini ravvicinate di Urano
e Nettuno. Entrambe continuano a trasmettere
mentre lasciano il Sistema Solare.
8/16/2019 National Geographic Italia
52/172
LA NUOVA ERA DELL’ESPLORAZIONE
Paul Salopek si incammina
nel deserto dell’Afar insieme
ad alcune guide locali,
prima tappa del suo viaggio
a piedi di 35.400 chilometri
sulle orme delle migrazioni
dei primi esseri umani.
JOHN STANMEYER
8/16/2019 National Geographic Italia
53/172
Perché
rischiamo? Che
cosa spinge
un esploratore
ad affrontare
pericoli che
farebbero
desistere
chiunque altro?
8/16/2019 National Geographic Italia
54/172
r
L,di Peter Gwin
durante la Guerra civile americana. Eppure dopo
il conflitto esplorò vasti tratti delle MontagneRocciose, visse tra bande di indiani ostili, discesein zattera il fiume Green e il Colorado, e percorsegli anfratti ancora inesplorati di un sistema dicanyon tra i più vasti al mondo. Chi non lo cono-sceva poteva giustamente domandarsi che cosaavesse spinto questo esile professore universitariocon un braccio solo a imbarcarsi in una delle esplo-razioni più rischiose della sua epoca.
Ci si sarebbe potuti porre la stessa domanda
a proposito di ciascuno dei 32 uomini che il13 gennaio 1888 si riunirono con Powell alCosmos Club di Washington. Molti di loroavevano già intrapreso viaggi pericolosi interre inesplorate e selvagge. C’erano reducidella Guerra civile e delle campagne controgli indiani, ufficiali di Marina, alpinisti, me-teorologi, ingegneri, naturalisti, cartografi,etnologi e anche un giornalista che aveva por-tato a termine la traversata della Siberia. Uo-
mini rimasti intrappolati nell’Artide, soprav- vissuti a tempeste marine, scampati ad attac-chi di animali selvatici e a valanghe; che peresplorare quelle terre remote avevano soffertofame e solitudine devastante.
Quella sera si erano riuniti per fondare la Na-
tional Geographic Society e avevano concordatoche la missione della nuova organizzazione -“ampliare e diffondere la conoscenza della geo-grafia” - comprendeva anche difficili missioni interritori sconosciuti. Un brano scritto da Powell
venti anni prima, durante la spedizione sul Co-lorado, sintetizza bene la loro filosofia: dopo unaserie di spaventosi passaggi di rapide e cascate abordo di piccole imbarcazioni, tre dei parteci-panti avevano deciso di abbandonare l’impresa
e tornarsene indietro, risalendo la parete delcanyon e tentando di attraversare il deserto. “Ciscongiurano di non proseguire, dicendo chequesto viaggio è una pazzia”, scrisse Powell. Ma“lasciare la spedizione incompiuta, ammettereche c’è una parte del canyon che non possoesplorare quando sono ormai vicino alla fine, èpiù di quanto io sia disposto a fare, perciò decidodi andare avanti”.
Tutte le esplorazioni si basano sull’assun-
zione di una dose di rischio, dalla navigazionedi un capitano in acque sconosciute alla ricercadi uno scienziato su una malattia pericolosa,fino all’investimento di un imprenditore in unanuova attività. Ma che cosa, di preciso, spinse
LA NUOVA ERA DELL’ESPLORAZIONE
uomo che per primo navigò sul fiume Colorado per
tutta la lunghezza del Grand Canyon non somigliava
affatto a un affascinante avventuriero dell’Ottocento.John Wesley Powell era alto solo un metro e 68, aveva
una zazzera di capelli ispidi e una barba incolta e mac-
chiata dal tabacco che gli si apriva sul petto. La manica
destra gli penzolava a vuoto: aveva perso il braccio
8/16/2019 National Geographic Italia
55/172
pensione al rischio, afferma Larry Zweifel, unneurobiologo della University of Washington. «Perchi si espone a rischi per ottenere un obiettivo -scalare una montagna, fondare un’impresa, can-
didarsi alle elezioni, entrare nei corpi specialidell’esercito - le azioni sono indotte dalla motiva-zione, e la motivazione è sollecitata dal sistemadella dopamina. Questo è il meccanismo chespinge gli esseri umani ad andare avanti».
Quando portiamo a termine un compito la do-pamina suscita in noi un senso di soddisfazione:più rischioso è il compito, maggiore sarà il rilasciodi dopamina. Uno dei motivi per cui non tuttiscaliamo montagne o ci candidiamo alle elezioniè che non disponiamo tutti della stessa quantità
di dopamina. Sono gli autorecettori, molecole chesi trovano sulla superficie delle cellule nervose, acontrollare quanta dopamina produciamo e uti-lizziamo, in sostanza controllando anche la nostrapropensione al rischio.
In uno studio condotto alla Vanderbilt Uni- versity i partecipanti sono stati sottoposti a scan-sioni cerebrali per dare modo agli studiosi diosservare il comportamento degli autorecettorinell’area dei circuiti associati alla gratificazione,
all’assuefazione e al movimento. Le persone cheavevano meno autorecettori - e quindi menocontrollo sul flusso di dopamina - sono risultatepiù propense alla ricerca della novità, e quindiad attività come l ’esplorazione.
Ma non bisogna confondere le persone chehanno una sana propensione al rischio con gligli amanti del brivido o i drogati di adrenalina.Anche l’adrenalina - un ormone - è un neurotra-smettitore, ma a differenza della dopamina serve
a farci sfuggire al pericolo, non a farcelo affron-tare. Funziona così: quando percepisce una mi-naccia, il cervello comincia a rilasciare adrena-lina nel sangue, e il sangue a sua volta stimola ilcuore, i polmoni, i muscoli e altre parti del corpo
Cristoforo Colombo a imbarcarsi per la traver-sata dell’Atlantico, Edward Jenner a sperimentaresu un bambino il suo vaccino contro il vaiolo oHenry Ford a scommettere sul fatto che le auto-
mobili potevano rimpiazzare i cavalli? E perchéPowell ignorò gli avvertimenti dei suoi uominie i pericoli evidenti che aveva di fronte per ad-dentrarsi ancora negli anfratti più selvaggi delGran Canyon?
Alcune delle motivazioni che ci fanno corrererischi sono ovvie: guadagni economici, fama, van-taggi politici, la necessità di salvare una vita. Moltidi noi si espongono volontariamente a diversigradi di rischio per raggiungere questi obiettivi.Ma man mano che il pericolo aumenta, il numero
di persone disposte ad andare avanti diminuisce,finché a restare sono solo gli amanti del rischioestremo, quelli disposti a mettere in gioco tutto:reputazione, beni materiali, la stessa vita. È questoil mistero del rischio: cos’è che induce alcuni esseriumani a rischiare tanto e a non desistere anche difronte a conseguenze disastrose?
Oggi, a 125 anni da quella serata al CosmosClub, la scienza ha cominciato ad aprire la “scatolanera” in cui sono racchiusi i meccanismi neuro-
logici che determinano la propensione al rischio,per capire i fattori biologici che, forse, induconoalcuni individui a diventare esploratori. La ricercasi concentra sui neurotrasmettitori, le sostanze checontrollano lo scambio di informazioni all’internodel cervello; e soprattutto sulla dopamina, che haun ruolo nel controllo delle capacità motorie maanche nella spinta alla scoperta e all’apprendi-mento, e nell’elaborazione di emozioni come l’an-sia e la paura.
Chi ha un cervello che non produce abbastanzadopamina, come le persone affette dal morbo diParkinson, deve spesso combattere contro apatiae demotivazione. Viceversa, un’alta produzione didopamina potrebbe contribuire a spiegare la pro-
8/16/2019 National Geographic Italia
56/172
r
a una reazione di fuga o di lotta. La sostanza ge-nera una sensazione di euforia che continua an-che dopo che la minaccia è passata, perché l’adre-nalina sgombera il sistema. Qualcuno finisce per
considerare questa “botta” di adrenalina comeuna ricompensa per il cervello, da stimolare an-dando a vedere film dell’orrore, dedicandosi asport estremi, o assumendo stupefacenti.
Ma non è l’adrenalina a motivare gli esplora-tori. «Chi arranca per mesi sui ghiacci dell’Artidenon è spinto dall’adrenalina che gli scorre nelle
vene», sostiene Zald, «ma dalla dopamina chegli “schizza” nel cervello».
Un elemento fondamentale del processo è ilmodo con cui il cervello valuta il rischio. Il foto-
grafo Paul Nicklen racconta come la sua defini-zione di “rischio accettabile” si sia evoluta neltempo. “Da ragazzo, quando vivevo sul MarGlaciale Artico, salivo sui lastroni di ghiaccio epagaiavo, come se fossero zattere: probabilmenteera rischioso. Poi ho cominciato a fare immer-sioni e a voler andare sempre più giù, restare inacqua sempre più a lungo, avvicinarmi sempredi più agli animali».
«Per molto tempo», continua Nicklen, «mi
sono detto che non mi sarei mai immerso as-sieme ai trichechi dell’Atlantico. Se non esistonomolte fotografie di trichechi che nuotano sottoi ghiacci è perché è molto pericoloso fare un bucoin uno spesso strato di ghiaccio, tuffarsi in un’ac-qua che supera di poco gli zero gradi e provaread avvicinarsi ad animali che pesano quasi 1.500chili e, se disturbati, possono diventare moltoaggressivi. Ci sono molti modi di morire facendouna cosa simile».
Correndo tutti quei rischi, Nicklen è statoricompensato dalle foto che ha scattato, così rav-
vicinate e quasi tridimensionali da incantarechiunque le guardi. «Voglio che i lettori si sen-tano come trichechi che nuotano accanto adaltri trichechi. È quello che a volte, per brevi
istanti, provo anch’io. E il solo modo che ho perdescrivere questa sensazione straordinaria è at-traverso le foto. Credo di esserne in qualchemodo diventato schiavo».
Il cervello di Nicklen, spiega Larry Zweifel,sposta in avanti la “soglia del rischio” sulla basesulle esperienze passate. «Il fotografo è moltosicuro nel riconoscere le situazioni di potenzialepericolo e nel riuscire a evitarle. Il suo cervellocalcola i rischi e la possibile ricompensa, facili-tato dal suo sistema della dopamina, che poi gli
dà la motivazione per immergersi».Eppure, continua lo studioso, «se il fotografo
rischiasse più volte la vita ma continuasse a im-mergersi con questi animali pericolosi senzatener conto delle possibili conseguenze, allorasaremmo in presenza di un comportamentocompulsivo che può diventare patologico, comequello di chi perde tutto al gioco d’azzardo».
: è una cosa che fac-
ciamo tutti nella vita di ogni giorno, per esem-pio quando impariamo a guidare. Magari daneopatentati abbiamo paura di guidare inautostrada, ma dopo aver fatto sufficienteesperienza ci immettiamo nel traffico velocecon disinvoltura, senza pensare troppo ai pos-sibili pericoli.
«Quando un’attività diventa di routine noiabbassiamo la guardia, soprattutto se per un po’di tempo non succede nulla di brutto», spiega
Daniel Kruger, psicologo evoluzionista all’Uni- versità del Michigan. «Abbiamo un sistemaprogettato per reagire ai rischi a breve termine,ma se lo teniamo sempre acceso il nostro corpopuò subire danni», come l’aumento della glice-
Peter Gwin ha scritto l’articolo La guerra del corno ,apparso sul numero di marzo 2012 del magazine.
8/16/2019 National Geographic Italia
57/172
ley», sostiene. Salopek ha intrapreso un viaggioa piedi, che durerà sette anni e coprirà 35.400chilometri, sulle orme di quegli antichi progeni-tori che dall’Africa si diffusero in tutto il pianeta.
È il percorso seguito da quelli che rischiaronoper primi, assaggiando piante sconosciute e carnidi animali mai visti, imparando ad attraversaretratti d’acqua profonda, scoprendo come fare persopravvivere al freddo.
Anche Salopek con questo viaggio si sta espo-nendo a seri rischi. «L’idea è di coprire quotidia-namente la distanza percorsa dai nomadi chelasciarono l’Africa tra 50 mila e 70 mila anni fa:circa 16 chilometri al giorno, calcolano gli stu-diosi», ha spiegato a gennaio, prima di incammi-
narsi nella regione dell’Afar, nel nord-est dell’E-tiopia, dove sono stati scoperti alcuni dei fossilidei primi esseri umani anatomicamente mo-derni. A questo ritmo, Salopek conta di attraver-sare tre continenti e una trentina di confini in-ternazionali, incontrando lungo il tragitto decinedi gruppi etnici e linguistici, catene montuose efiumi, deserti e altipiani, città in declino e nuovemetropoli frenetiche.
«Uno degli scopi del mio viaggio è convincere
i lettori a concentrarsi di meno sui pericoli chepotrebbero incontrare nel mondo», dice lo scrit-tore. «Che tu stia a casa o vada in giro, il mondopuò ucciderti in un istante». Lui, invece, spera «dispingere i lettori a pensare agli orizzonti più vasti,alle possibilità più ampie che offre la vita, ai per-corsi intrapresi e a quelli scartati; e soprattutto asentirsi più a proprio agio nell’incertezza».
Salopek insomma vuole ricordarci che nellanostra essenza più intima siamo tutti amanti del
rischio, anche se alcuni lo sono più degli altri. Edè questa propensione a esplorare il pianeta a tenereunita la nostra specie, fin dagli albori.
È un’idea nobile, anche se ad alimentarla è ladopamina. j
“Per molto tempo mi sono detto che non misarei mai immerso con i trichechi. È molto
pericoloso avvicinarsi ad animali che pesanoquasi 1.500 chili e possono diventare molto
aggressivi. Ci sono molti modi di morirefacendo una cosa simile.” —Paul Nicklen
mia o la soppressione del sistema immunitario.Lo stesso principio si adatta anche alla sensazionedi paura: più si pratica un’attività rischiosa, spiegaKruger, più si impara a controllare il timore che
nasce in quelle situazioni. «I funamboli comin-ciano imparando a camminare su un’asta poggiataa terra, poi passano a una corda appena sollevatadal terreno e infine alla fune sospesa. Al pubblico,che non ha mai fatto niente del genere, l’impresasembra molto più pericolosa che a loro».
Questo principio è stato portato all’estremo daFelix Baumgartner, l’ex paracadutista austriacoche nell’ottobre scorso è salito fino alla stratosferaa bordo di una capsula attaccata a un pallone aelio e poi si è lanciato da un’altezza di circa 39 mila
metri. Prima di aprire il paracadute è sceso in ca-duta libera per quattro minuti e mezzo, raggiun-gendo i 1.357 chilometri l’ora. Per prepararsiall’impresa Baumgartner e la sua équipe hannopassato cinque anni a perfezionare l’attrezzatura,usando una camera ipobarica per simulare le tem-perature e la pressione che avrebbe incontrato edeffettuando lanci di prova da varie quote.
«A chi guarda da fuori sembrano rischi in-credibili», spiega Baumgartner, «ma se si fa at-
tenzione ai dettagli si capisce che il rischio èstato minimizzato il più possibile».
Per dimostrare di essere una persona dispostaa rischiare, sottolinea però Kruger, non occorrenecessariamente lanciarsi in caduta libera dallospazio. «Correre rischi fa parte della storiadell’uomo. Siamo tutti motivati a sopravviveree a riprodurci, e per ottenere entrambi gli scopidobbiamo fare scelte che potrebbero avere con-seguenze negative: correre rischi, in sostanza».
da persone propenseal rischio: lo scrittore Paul Salopek è affascinatoda questa idea. «I primi grandi esploratori furonogli uomini che per primi lasciarono la Ri Val-
8/16/2019 National Geographic Italia
58/172
VITE IN GIOCO
Viaggio nell’ignoto
fotografie di Marco Grob
SYLVIA EARLE ha trascorso quasi un anno della sua vita, complessivamente, nelle
profondità dell’oceano. Negli anni Sessanta ha dovuto lottare per partecipare alle
spedizioni: le donne non erano gradite. Oggi, a 77 anni, la leggendaria oceanografa
combatte ancora, ma per le riserve marine.
Ha avuto l’impressione di correre un rischio a diventare una scienziata
in un’epoca in cui nel settore non c’erano molte altre donne?
No, perché era quello che volevo fare sin da bambina. Non sapevo neanche
come chiamarlo. Sapevo solo che dovevo stare nella natura. È come se non
fosse stata una scelta.
Fa ancora immersioni?
Sì. Mi bastano maschera e pinne. Ho un paio di pinne rosse, le chiamo le mie pinne rubino.
Si è mai trovata, per così dire, con l’acqua alla gola?
Una volta, al termine di un’immersione, sono risalita e la barca non era più dove l’avevo
lasciata io. Mi sono dovuta prendere cura di un compagno di immersione che era stato
colto dal panico. Ma ero certa che la barca sarebbe tornata.
Ha mai paura?
Faccio del mio meglio affiché sia tutto sotto controllo. Mi fido dei tecnici che hanno
realizzato il veicolo, e so che ci sono attrezzature di riserva e procedure d’emergenza.
In caso di problemi si seguono i protocolli. Poi lascio le preoccupazioni in superficiee mi godo il privilegio di trovarmi in fondo al mare, dove i primati in genere non vanno.
C’è qualcosa sulla superficie terrestre che trova più stressante delle
immersioni nelle profondità oceaniche?
Guidare l’automobile. La gente pensa che sia rischioso andare in acqua con un piccolo
sottomarino, sparire sotto la superficie e fare affidamento sui sistemi di supporto vitale,
come fanno gli astronauti o come facciamo tut ti noi quando saliamo su un aereo.
Ma c’è un rischio che mi preoccupa, ed è l’autocompiacimento.
Com’è cambiato l’oceano nel corso della sua carriera?
Abbiamo imparato molte cose, e ne abbiamo perse molte altre. Metà delle barriere
coralline sono scomparse o sono in cattive condizioni . È come una corsa: siamo
in grado di prendere provvedimenti finché c’è ancora tempo?
INTERVISTA DI RACHEL HARTIGAN SHEA
8/16/2019 National Geographic Italia
59/172
8/16/2019 National Geographic Italia
60/172
VITE IN GIOCO
Oltre la barriera
INTERVISTA DI MARC SILVER
FELIX BAUMGARTNER è il primo a infrangere la barriera del suono con una
semplice... caduta. Lo scorso ottobre un pallone aerostatico lo ha portato fino alla
stratosfera, da dove, a un’altezza record di 39 mila metri, si è lanciato in caduta libera
col paracadute, toccando i 1.357 km orari. Oggi, a 44 anni, vuole diventare pilota
di elicotteri da soccorso.
C’è chi dice che il suo sia stato solo un numero da circo.
Voglio i nomi!
Era sponsorizzato dalla Red Bull. E un lancio da 39 mila metri sembra
un’acrobazia.
Anche se il termine non mi piace, che cos’è in fondo? Il tentativo di fare qualcosa
di molto rischioso, che richiede preparazione e ha come priorità la sicurezza.
Tutto sommato, la stessa cosa.
Se non è stata una bravata, cosa le ha fatto scoprire?
Abbiamo dimostrato che si può sopravvivere ad altissima quota e testato le tute
pressurizzate di nuova generazione. La NASA è interessata ai dati sugli effetti
del superamento della velocità del suono sul corpo umano.
Era nervoso?
Non avevo paura. Non ho pregato. Mi ero allenato. Il rischio può sembrare pazzesco,
ma non è stata una cosa improvvisata. Abbiamo messo su un progetto enorme,
avevamo una camera ipobarica, ci abbiamo messo dentro tutta la capsula e abbiamo
fatto i test là dentro. Bisogna avere fiducia nella propria équipe e nelle proprie capacità.
Com’è stare nello spazio?
Ti fa capire quanto siamo piccoli. Stare lassù è stato impressionante. Sei l’unico
privilegiato al mondo. Allo stesso tempo sai che ti restano solo 10 minuti di ossigeno.
Perciò vai avanti e vedi se riesci a volare alla velocità del suono.
Fisicamente ha sofferto?
Nello spazio non senti dolore finché sei protetto dalla tuta pressurizzata.
Che pensieri le sono passati per la testa?
All’inizio sembra di galleggiare, poi guadagni velocità e vai come un fulmine ma,
non avendo punti di ri ferimento, non te ne rendi conto.
8/16/2019 National Geographic Italia
61/172
8/16/2019 National Geographic Italia
62/172
VITE IN GIOCO
Esplorare i limiti
INTERVISTA DI JEREMY BERLIN
SIR RANULPH FIENNES è stato definito “il più grande esploratore vivente”. Rifiuta la
definizione, il suo curriculum dice tutto. Per 40 anni ha condotto spedizioni da record in
fiumi, deserti, e ai poli. Lo scorso inverno, all’età di 69 anni, avrebbe dovuto attraversare
l’Antartide a piedi nell’oscurità quasi totale, ma un congelamento lo ha costretto suo
malgrado ad abbandonare l’impresa.
Ha perso alcune dita, ha sofferto di attacchi cardiaci, è stato in coma.
Perché lo fa?
Parlo anche a nome della mia squadra: perché vogliamo essere i primi. Tra una
spedizione e l’altra organizziamo anche raccolte di fondi a scopo di beneficenza.
Ma la mia motivazione principale è che non ho mai fatto ciò he ha fatto mio padre:
comandare l’ultimo reggimento di cavalleria scozzese.
Che è successo?
Non ce l’ho fatta a entrare all’accademia ufficiali inglese perché non ho passato l’esame finale
di matematica. Mi sono arruolato nell’esercito e insegnavo ai soldati ad andare in canoa, sciare,
scalare montagne. Attività che sono parte integrante delle nostre spedizioni. Presto, poi, ho
imparato che è più facile ottenere sponsorizzazioni cimentandosi con imprese mai tentate.
Quali grandi esploratori considera suoi maestri o modelli?
Per le traversate desertiche Wilfred Thesiger. Per le esplorazioni polari Douglas Mawson.
E il capitano Robert Scott, il primo uomo che si è addentrato in Antartide.
Ha mantra o talismani che l’aiutano a superare la paura quando è sul campo?
Un peluche di 12 centimetri che porto dappertutto, un maialino rosa, LEP, Little English Pig. Me
l’ha dato 30 anni fa mia moglie, che oggi non c’è più, mentre partivo per una spedizione polare.
Qual è stata la più rischiosa tra le sue spedizioni?
Soffro di vertigini e nel 2007, per affrontarle, ho scalato l’Eiger, in Svizzera. Quando
sono arrivato in vetta mi sono reso conto che non avevo mai guardato giù: ce l’avevo
fatta perché non avevo affrontato le mie paure.
Come si riprende da un fallimento o da un colpo mancato?In 40 anni, metà delle spedizioni è fallita. Non sai mai se riuscirai a battere un primato
mondiale. Se sei consapevole di questo, sai anche che il più delle volte ci puoi riprovare,
magari usando un approccio diverso, una diversa angolazione.
8/16/2019 National Geographic Italia
63/172
8/16/2019 National Geographic Italia
64/172
GERLINDE KALTENBRUNNER è la prima donna che ha scalato tutti gli Ottomila,
le quattordici vette più alte della terra, senza l’aiuto delle bombole di ossigeno, impresa
che ha portato a termine sul K2 nell’agosto 2011. L’alpinista austriaca, 42 anni, ha
camminato immersa nella neve fino al petto, sopportato temperature inferiori allo zero,
schivato cadute di massi che hanno fatto desistere suoi colleghi, eppure dichiara
di sentirsi quasi sempre “abbastanza al sicuro”.
Perché fa alpinismo?
In montagna con il minimo indispensabile mi sento realizzata: sono concentrata e non
esiste nient’altro, solo la scalata.
Qualcosa di speciale che porta sempre con sé?
Un braccialetto tibetano. Le pietre rappresentano la forza, l’energia, il successo e la salute.
Quando le è successo di avere davvero paura?
Nel 2007 sul Dhaulagiri [in Nepal], una slavina mi ha trascinata via con tutta la tenda. Non
capivo neppure se stavo a testa in su o capovolta; era tutto buio. Ma ho pensato: “Ok,
almeno riesco a respirare”. Nell’imbracatura porto sempre un coltellino e sono r iuscita
a fare un buco nella tenda. Avevo il terrore di rimanere soffocata dalla neve. Ma un po’
alla volta sono riuscita a uscire. Ho cercato tre scalatori spagnoli che avevano montato
il campo lì vicino. Due di loro erano morti . In quel momento mi è sembrato tutto privo
di senso. Per la prima volta volevo soltanto andarmene da quella montagna.
Come ha fatto a superare la terribile esperienza?
Mi ha aiutato parlare con mio marito, Ralf, alpinista come me. E ho capito che alla
tragedia avvenuta non c’era rimedio, e che io non potevo smettere di fare alpinismo:
è la mia vita. Un anno dopo sono tornata nello stesso posto. Ho visto la più bella alba
che mi sia mai capitato di vedere. A volte la gioia e il dolore possono trovarsi molto vicini.
È questa la cosa che ha sempre voluto fare?
Sì. Da ragazzina sognavo di diventare alpinista. Ho fatto l’infermiera fino al 2003, quando
ho trovato il coraggio di dedicarmi esclusivamente all’alpinismo.
Che consigli darebbe oggi a un adolescente che ha il suo stesso sogno?
La passione è fondamentale. Ascolta e segui la tua anima, il tuo corpo, i tuoi istinti
viscerali. Se ami davvero una cosa, troverai il modo di ottenerla.
VITE IN GIOCO
INTERVISTA DI AMANDA FIEGL
Raggiungere la vetta
8/16/2019 National Geographic Italia
65/172
8/16/2019 National Geographic Italia
66/172
8/16/2019 National Geographic Italia
67/172
VITE IN GIOCO
Fotografo dei ghiacci
INTERVISTA DI PETER GWIN
PAUL NICKLEN ha trascorso buona parte dell’infanzia in sperduti villaggi dell’isola di
Baffin, in Canada, dove esplorava il paesaggio artico insieme ai bambini inuit. Quelle prime
esperienze lo hanno condotto alla fotografia. Oggi, a 44 anni, immortala la fauna selvatica
che vive sopra e sotto i ghiacci polari.
In che modo la sua infanzia l’ha preparata alla sua vita da fotografo?
Non avevamo radio, telefono né tv. La mia vita si svolgeva tutta all’aria aperta. A 7 anni presi
la piccozza di mio padre, scavalcai a piedi una montagna e feci un buco nel ghiaccio per
pescare il salmerino alpino. Andare in cerca di fauna selvatica divenne la mia ossessione.
Così, mentre mi divertivo, imparavo a sopravvivere in quell’ambiente. Ero un bambino un po’
bizzarro. Mi piaceva starmene seduto fuori a guardare la marea che risaliva di 12 metri nel
porto e le ombre della bufera che si muovevano sulla banchisa. Ancora oggi mi piace salire
a piedi in cima a un monte e starmene lì a guardar