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L A S A L U T E S T A N E L P I A T T O A N I D R I D E C A R B O N I C A : I N Q U I N A N T E O R I S O R S A ? R E S T I T U I T E D I G N I T A A L L A C A M P A N I A IL NUCLEARE IN UCRAINA: IL NUCLEARE IN UCRAINA: IL NUCLEARE IN UCRAINA: DOPO CHERNOBYL DOPO CHERNOBYL DOPO CHERNOBYL EVOLUZIONE DEL PAESAGGIO EVOLUZIONE DEL PAESAGGIO EVOLUZIONE DEL PAESAGGIO IN MAREMMA IN MAREMMA IN MAREMMA
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n.9 News letter- Liberambiente

Mar 24, 2016

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Page 1: n.9 News letter- Liberambiente

LA SALUTE STA NEL PIATTO

ANIDRIDE CARBONICA: INQUINANTE O RISORSA?

RESTITUITE DIGNITA’ ALLA CAMPANIA IL NUCLEARE IN UCRAINA: IL NUCLEARE IN UCRAINA: IL NUCLEARE IN UCRAINA: DOPO CHERNOBYLDOPO CHERNOBYLDOPO CHERNOBYL EVOLUZIONE DEL PAESAGGIO EVOLUZIONE DEL PAESAGGIO EVOLUZIONE DEL PAESAGGIO IN MAREMMAIN MAREMMAIN MAREMMA

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EVOLUZIONE DEL PAESAGGIO IN MAREMMA di Paola Montomoli

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Newsletter n.9 Luglio 2011 SOMMARIOSOMMARIOSOMMARIO

Presidente Liberambiente Presidente Liberambiente

Roberto TortoliRoberto Tortoli

Direttore Responsabile Direttore Responsabile

Antonio GaspariAntonio Gaspari

Vice Direttore Responsabile Vice Direttore Responsabile

Giorgio StracquadanioGiorgio Stracquadanio

Marcello InghilesiMarcello Inghilesi

Direttore Editoriale Direttore Editoriale

Fernando FracassiFernando Fracassi

Segreteria di RedazioneSegreteria di Redazione

Stefania ZoppoStefania Zoppo

Hanno collaboratoHanno collaborato

Monica FaenziMonica Faenzi

Emilio OlziEmilio Olzi

Alfonso FimianiAlfonso Fimiani

Roberto IrsutiRoberto Irsuti

Paola MontomoliPaola Montomoli

Mario ApiceMario Apice

Fispmed OnlusFispmed Onlus

LA SALUTE STA NEL PIATTO Biodiversità agraria e alimentare di On. Monica Faenzi

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Pagina 2 Informazione, Ecologia, Libertà - Newsletter n. 9 — Luglio 2011

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ANIDRIDE CARBONICA INQUINANTE O RISORSA? di Emilio Olzi

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LA BUONA NOTIZIA di Mario Apice 11

CURIOSITA’ E NEWS Notizie Ambientali da tutto il Mondo 13

www.liberambiente.com

Visitate anche il nostro sito web www.liberambiente.com

NEWS DAL MEDITERRANEO a cura di Fispmed Onlus 12

IL NUCLEARE IN UCRAINA DOPO CHERNOBYL di Roberto Irsuti

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RESTITUITE LA DIGNITA’ ALLA CAMPANIA di Alfonso Fimiani

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Pagina 3 Informazione, Ecologia, Libertà - Newsletter n. 9 — Luglio 2011

LA LA LA SALUTESALUTESALUTE STASTASTA NELNELNEL PIATTOPIATTOPIATTO: : : BIODIVERSITÀBIODIVERSITÀBIODIVERSITÀ AGRARIAAGRARIAAGRARIA EEE ALIMENTAREALIMENTAREALIMENTARE

di On. Monica Faenzi - Commissione Agricoltura Camera dei Deputati

C iascuno di noi mangia oltre 800 chili di cibo e beve litri e litri di bevande in un anno. Pas-siamo oltre 15 anni della nostra vita a tavola. Ciò vuol dire che la salute sta nel piatto.

Ma anche la cultura e l’economia arrivano ogni giorno sulla nostra tavola. Si sta, tuttavia, perdendo il rapporto tra la produzione agro-alimentare e i consumi degli alimenti. In questo scenario, primario per la nostra salute e la no-stra economia, si è inserito l’ultimo “scandalo” dei bat-teri intestinali che sono stati capaci di ucci-dere ben 37 persone e di infettarne altre migliaia. Il cetriolo e i germogli di soia sono solo un depistaggio per nasconde-re ben altro: il virus che pro-viene dalla carne e dagli antibiotici che vengono fatti assumere al bestiame. Oc-corre un nuo-vo orizzonte nell’agricoltura italiana ed europea per la salute pubblica e ritrovare la validità della biodiversità agraria e alimen-tare italiana. E’ altresì importante che il mondo della medicina viva in maggior contatto con il “campo” dell’agricoltura. La biodiversità delle specie vegetali e animali, tipiche dei nostri territori, rappresenta il “gusto” italiano della vera dieta mediterranea. L’intento che voglio propormi è proprio quello di recu-perare e valorizzare le nostre biodiversità agrarie, che sono state emarginate per coltivare varietà di prodotti a maggiore resa in campo, ma con minore potere nutrizio-nale. L’attuale Legislatura sta producendo un quadro normativo innovativo, foriero di significativi cambia-menti per l’agricoltura italiana e per gli stessi consuma-tori. Due sono i provvedimenti legislativi in grado di posizio-nare l’Italia in modo nettamente diverso in Europa, ri-spetto all’attuale assetto normativo che regolarizza la produzione agro alimentare, la trasformazione primaria,

il commercio, la sicurezza e qualità alimentare tra Italia ed Europa. Esistono, infatti, marchi di qualità ricono-sciuti in Europa, datati al 1991-92 (DOP, IGP, STG, BIO) e marchi di qualità validi in Italia e non riconosciuti in Europa (PAT, DOCG, DOC, IGT), una palese discrepanza che andrebbe al più presto sanata. Il primo provvedimento legislativo in merito a: “Disposizioni in materia di etichettatura e di qualità dei prodotti alimentari” è stato già approvato il 18 gennaio 2011. L’art.4, nello specifico, “Etichettatura dei prodotti

alimentari” pone l’Italia all'avanguar-dia in Europa e nel mondo. La legge pre-vede una de-cisa innova-zione, favore-vole alla tra-dizione agro-alimentare italiana: ana-grafe nazio-nale della biodiversità di interesse agricolo, in prospettiva di un modo di-verso di fare agricoltura.

Nei decreti attuativi, per ogni prodotto, filiera per filiera, previsti entro sessanta giorni dall'approvazione della legge, potranno essere previste modalità di etichettatura nutrizionale in linea con le indicazioni del “Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio del 24 dicembre 2006 relativo alle indicazioni nutrizio-nali e sulla salute fornita sui prodotti alimentari”. L’etichettatura è un importante veicolo attraverso il qua-le i produttori alimentari possono comunicare informa-zioni essenziali sul valore nutrizionale e sulla composi-zione dei loro prodotti, è la carta di identità degli ali-menti e deve essere di facile e immediata lettura per ga-rantire una scelta sana e motivata della propria alimenta-zione giornaliera. Il secondo provvedimento sta per essere portato in di-scussione nelle aule parlamentari per diventare legge “Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della bio-diversità agraria e alimentare” che creerà una nuova cor-nice per l’agricoltura e per la trasformazione primaria degli alimenti in Italia.

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Questo intero assetto normativo costituisce un’azione sul come riuscire a portare sulla tavola italiana, europea e mondiale la biodiversità agroalimentare italiana, nella cornice di una ritrovata dieta mediterranea, della quale l’Italia è il principale testimone, ma, paradossalmente, tale dieta, tanto che, da alcune ri-cerche realizzate dall’Università di Firenze è stato evidenziato come il Giappone abbia un indice di ade-guatezza alla dieta mediterranea mag-giore rispetto all’I-talia. L’indice di ade-guatezza mediter-ranea è un ricono-sciuto indicatore generato dal rap-porto tra la dose giornaliera di pa-ne, cereali, legu-mi, patate, vegeta-li, frutta, pesce, vino rosso, olio extra vergine di oliva e altri ali-menti: latte, for-maggio, carne, uova, grassi ani-mali, margarina, bevande dolci, biscotti e torte, zucchero. La proposta di legge “Disposizioni per la tutela e la valo-rizzazione della biodiversità agra-ria e alimentare” prevede l’istituzio-ne di “Itinerari della biodiversità agraria e alimentare”, nonché la realizzazione di periodiche campagne promo-zionali atte ad evidenziare la stretta relazione tra biodi-versità agricola e biodiversità alimentare nella tutela della salute dei consumatori e dei cittadini. L’obiettivo è quello di sviluppare ogni intervento legi-slativo e scientifico per valorizzare la nostra migliore

tradizione agro-alimentare e portare le biodiversità ve-getali e animali nella tavola degli italiani, attraverso la grande distribuzione commerciale, garantendo un ade-guato reddito economico ai nostri agricoltori, salute pub-blica e recuperare il “gusto” a tavola degli italiani. Con

la biodiversità il piacere di man-giare italiano si sposa con la sa-lute. Perché salu-te (medicina) e alimentazione (agricoltura) camminino di pari passo, sem-pre di più.

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T roppe volte ho sentito la frase “effetto serra: si deve eliminare l’anidride carbonica dall’at-mosfera” Per un po’ di tempo ho lasciato cor-rere, ma ad un certo punto prevale la chimica

e la biologia sulla demagogia e sulle chiacchiere, e quin-di ho deciso di spiegare alcune cose. L’anidride carboni-ca è di gran lunga la sostanza gassosa prodotta in mag-giori quantità, in quanto prodotta dalla combustione di combustibili fossili che ci sono stati forniti da quella immensa centrale di fusione nucleare che è il sole. La CO2 è considerata essere responsabile del cosiddetto “effetto serra”, responsabile, a sua volta, dell’innalza-mento della temperatura media del pianeta. Ma vediamo di chiarire meglio alcuni aspetti del problema. Dunque. molti non sanno che, se non esistesse l’anidride carboni-ca, l’Homo Sapiens e tutte le altre creature animali non potrebbero esistere. E’ infatti noto che le piante assorbo-no anidride carbonica per crescere; il legno è formato da carbonio che non può provenire se non dalla respirazio-ne delle piante, ossia dall’assunzione di CO2. Ma c’è di più: le piante, oltre a nutrirsi con CO2, emettono ossige-no e quindi permettono all’Homo Sapiens e a tutte le forme di vita animali di vivere, assumendo ossigeno ed emettendo CO2, che è il cibo delle piante. Ovviamente la CO2 emessa dai viventi non basta a nutrire tutte le pian-te, e quindi verrà integrata da altre fonti; la combustione del legno, del carbone, del petrolio, del gas e di tutto ciò che contenga carbonio produce CO2.

In modo un po’ provocatorio potrei dire che la produzio-ne di CO2 è fondamentale alla vita sul nostro pianeta; ovviamente a tutto c’è un limite, e attualmente la produ-zione di CO2 anche di origine antropica è molto elevata e il pericolo dell’effetto serra esiste; non potrei però as-serire con sicurezza che tutti i nostri guai, relativi alle variazioni climatiche, siano da ascrivere all’attività del-l’Homo Sapiens: qualcuno ha notato quello che sta suc-cedendo in Cile per via del vulcano Puyehue, o in Islan-da per quello che ha combinato il vulcano Eyjafjallajo-

kull lo scorso anno? E, per non andare troppo lontano, quello che molto spesso fanno i nostri Etna e Stromboli?

Se si pensa che al momento esistono sul Pianeta Terra alcune migliaia di vulcani attivi e si considera la CO2 e soprattutto le ceneri emesse da tutti questi vulcani ci si rende conto che il povero Homo Sapiens, anche facendo delle cose orribili sulla natura (che devono essere co-munque stigmatizzate), non ce la fa ad essere così poten-te da variare da solo il clima del Pianeta. E i vulcani so-no solo un aspetto secondario dell’inquinamento dell’at-mosfera: non andiamo a fare la guerra alle bombolette di

freon senza vedere prima la vera essenza dei problemi. In conclusione: è giusto, a mio avviso, tenere presente l’impatto umano sulla natura, anche in relazione alla generazione umana di CO2; non a-spettiamoci, però, che la riduzione anche drastica delle emissioni di CO2 possa risolvere tutti i nostri problemi climatici: la natura ha mezzi così potenti che tutti i nostri sforzi di rovinare tutto sono infini-tesimi di ordine superiore rispetto a quel-

le forze di cui il nostro pianeta Terra dispone per farci vedere (se abbiamo l’onestà intellettuale e una prepara-zione scientifica adeguata) la sua potenza.

ANIDRIDE CARBONICA: ANIDRIDE CARBONICA: ANIDRIDE CARBONICA: UN INQUINANTE O UNA RISORSA?UN INQUINANTE O UNA RISORSA?UN INQUINANTE O UNA RISORSA?

di Emilio Olzi - CNR—IENI U.O. Lecco - Comitato Scientifico Mareamico

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RESTITUITE LA DIGNITA’ ALLA CAMPANIARESTITUITE LA DIGNITA’ ALLA CAMPANIARESTITUITE LA DIGNITA’ ALLA CAMPANIA

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di Alfonso Fimiani - Presidente Circoli dell’Ambiente e della Cultura Rurale Onlus

P osso affermarlo con certezza perché ci vivo ed ogni giorno, quando esco di casa, mi ritrovo di fronte a cumuli di rifiuti ai bordi delle strade: in Campania siamo ritornati ai

livelli emergenziali del 2006, quando le discariche era-no sature, non veniva autorizzata l’apertura di nuovi siti, le altre Regioni non acco-glievano i nostri rifiu-ti ed, allora come oggi, non erano stati co-struiti i termovalo-rizzatori e le altre in-frastrutture necessarie allo smalti-mento. Lo confesso, sono pur sempre orgoglioso della mia terra, di quella terra in cui sono nato e cresciuto, ma sono stupefatto se non umi-liato dalle proteste dei miei concittadini, che, nono-stante più di quindici anni di emergenza, continuano a dire “NO!” agli impianti per veder bruciare i rifiuti per strada ed immettere in una settimana tante sostanze tossiche nell’atmosfera quanto tre termovalorizzatori in un anno. Che abbia ragione Bossi? “I Napoletani non imparano mai”? I fatti degli ultimi tre lustri e più sembrano confermare la sua versione, ma credo sia, oramai, il caso di non piangersi più addosso e comin-ciare ad agire. È quanto sta tentando di fare l’Assesso-re Regionale all’Ambiente, Giovanni Romano, che ha finalmente dato il via al Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti Urbani (PRGRU): nel pieno spirito che ri-corda i grandi accordi del Grenelle Environnement, le consultazioni non si sono limitate ai soggetti che sie-dono al tavolo del partenariato, ma sono state estese a tutti i soggetti interessati che volessero apportare dei contributi, che l’Assessorato si è impegnato a tenere in

considerazione e a valutare. Al primo incontro sono stato presente in prima persona e sono intervenuto per ribadire le nostre proposte: aprire le discariche, picco-le, medie e grandi, per tamponare l’emergenza, che possano accogliere rifiuto indifferenziato per un totale di 10.000.000 di tonnellate; mettere in campo pesanti

campagne di sensibi-lizzazione, che partano dalle scuole, per la ridu-zione e la differenzia-zione dei rifiuti affi-dandole alle associazioni senza scopo di lucro e monitoran-done i risul-tati; puntare ad introdur-re il sistema

della fiscalità ecologica già adottato in Francia, così da tassare chi inquina e detassare chi non lo fa; costruire, infine, almeno sei termovalorizzatori delle dimensioni necessarie a servire le cinque Province e puntare sugli impianti a biomasse per smaltire il rifiuto organico. Proposte in linea con il Piano elaborato dall’Università di Napoli e con il buon senso. Proposte avversate e derise dall’ambientalismo tradizionale, che alla nostra assunzione di responsabilità risponde con accuse di tentata eversione e vilipendio dei paradigmi della filo-sofia ambientalista. Quella italiana, forse, che noi in-tendiamo rivoluzionare e cambiare. Non quella europe-a, quella francese in primis: nei grandi patti sopra ri-chiamati le associazioni di categoria fanno un bagno di umiltà e, con grande correttezza intellettuale e per non lanciare messaggi sconsiderati e sbagliati ai cittadini, mettono per iscritto che il “NO!” agli impianti ed ai termovalorizzatori è tanto impossibile quanto demago-gico. L’Assessore Romano dovrà combattere ancora, di certo non convincerà gli ambientalisti vetero-

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comunisti figli del Sessantotto che continueranno a far-gli la guerra e che, nella sua “nuova vita”, farebbe bene ad allontanare ed isolare piuttosto che conceder loro l’-ennesima vetrina; ciononostante, ha già convinto noi, nuova generazione di ambientalisti responsabili, quelli che vogliono risolve-re i problemi e non crearli. Nel frattem-po, se questa è la pro-spettiva, il presente è desolante: mentre scrivo ascolto l’auto dei vigili urbani che, anche nel mio Comu-ne, che supera il 65% di raccolta differen-ziata, in una Provin-cia che ha oltrepassa-to la soglia del 50%, passa e rende noto a tutti che “Per motivi igienico-sanitari e fino a nuovo ordine è vietato depositare la busta nera” (rifiuto indifferenziato, ndr). Ciò significa sempli-cemente che chi vive in un piccolo apparta-mento vede occupato parte del suo spazio vitale dall’immondi-zia, non perché non è diligente, ma perché gli amministratori locali non sono stati in grado di trovare una soluzione definitiva per lo smaltimento. E chi pro-prio non ce la fa più decide di commettere un reato e depositare indiscriminatamente dove capita il proprio sacchetto. Anche di fronte alla Procura della Repubblica del Tribunale di Nocera Inferiore (vd. foto del giorno 07.07.2011 ore 9.30, a pochi metri dall’ingresso): che sia un segnale alla Giustizia? Che i cittadini abbiano voluto dire alle Procure che piuttosto di indagare su chi, appena eletto, non ha la bacchetta magica per far sparire

i rifiuti ed è quindi vittima di anni di cattiva amministra-zione pregressa, dovrebbero punire i carnefici? Questo non ci è dato saperlo, ma anche se fosse, sarebbe una protesta incivile che noi condanniamo. Possiamo solo sperare che le Istituzioni tutte, qualunque sia il loro co-

lore politico, col-laborino non solo per risolvere la più grave emer-genza ambientale che l’Italia abbia mai conosciuto, ma anche e so-prattutto per re-stituire dignità a Napoli, alla Cam-pania e a tutto il Sud d’Italia. Una famosa canzone del 1945 di Gal-dieri e Barberis “Munasterio ‘e Santa Chiara”, intonava: “tengo 'o core scuro scu-ro/ ma pecche' pecche'/ ogne sera/ penso a Napule comm'e-ra/ penso a Na-pule comm'è... […] chistu core mme se schianta,/ quanno sento 'e dí da 'a gente/ ca s'è fatto mala-mente/ stu Pae-

se... ma pecché?/ No... nun è overo.../ no... nun ce cre-ro... […] Mme fa paura 'e ce turná!”. Purtroppo stavolta da sola la poesia della musica napole-tana classica non basterà

Ingresso del Tribunale di Nocera Inferiore. Foto scattata il 7 luglio 2011 alle ore 09.30

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IL IL IL NUCLEARENUCLEARENUCLEARE INININ UCRAINA, UCRAINA, UCRAINA, DOPODOPODOPO CHERNOBYL CHERNOBYL CHERNOBYL

di Roberto Irsuti

L a tragedia di Chernobyl ricorda, a noi tutti, il maggiore disastro nucleare causato dall’uti-lizzo dell’energia atomica nella generazione di energia elettrica. Sulle origini tecniche e

sulle cause umane del disastro (comportamenti in tota-le violazione delle norme di sicurezza, già di per sé inadeguate sotto il regime sovietico) e sugli effetti sul-la salute e l’ambiente, nei passati 25 anni, 21mo Seco-lo ha pubblicato il vo-lume dell’Ing. Ugo Spezia “Chernobyl, 20 anni dopo il disastro”. Il volume raccoglie le conclusioni raggiunte e pubblicate nei rapporti del Chernobyl Forum e dall’UNSCEAR, il Co-mitato Scientifico delle Nazioni Unite sugli Effetti delle Radiazioni Atomiche. I dati raccol-ti non dovrebbero la-sciare dubbi sulla reale dimensione degli effetti del disastro: i morti immediati furono 3 e le dosi acute di radiazioni ricevu-te causarono 28 morti nei primi 3 mesi ed altri 20 nei mesi successivi; ma, come sottolinea lo stesso UN-SCEAR, le discussioni sulle morti “stocastiche”, ovve-ro quelle misurate negli anni successivi dalla statistica e dall’epidemiologia, non avranno termine per la diffi-coltà nel misurare un numero di decessi molto minore (centinaia o alcune migliaia rispetto ad alcune decine di milioni di casi) rispetto al numero di morti che le malattie tumorali causano normalmente tra la popola-zione; ciò vale sia per alcune centinaia di migliaia di “liquidatori” che lavorarono a Chernobyl nei mesi suc-cessivi, sia per le decine di milioni di abitanti di Bielo-russia, Ucraina e Russia che subirono gli effetti dell’in-quinamento radioattivo. Così, in Italia, a seconda della sede in cui si tiene il dibattito, vi è chi parla di mi-gliaia, decine di migliaia, centinaia di migliaia o milio-ni di morti, causati dall’incidente di Chernobyl. A que-sto punto tutti i lettori si chiederanno quali drastiche contromisure abbiano preso le autorità ucraine per ban-dire la causa (le centrali nucleari) di tale ecatombe tra i propri cittadini. Ecco qui i dati: al momento dell’inci-dente di Chernobyl erano in funzione in Ucraina dieci reattori nucleari, di progetto sovietico, e nella centrale di Chernobyl erano in funzione quattro reattori tutti di tipo RBMK, uno dei quali, il numero 4 subì l’insensato esperimento che il 26 aprile 1986 causò il disastro. Nei mesi successivi gli altri reattori nucleari, compresi

quelli situati nella centrale di Chernobyl, accanto a quello del disastro, continuarono a generare l’elettricità indispensabile per i cittadini e le industrie dell’Ucrai-na. Successivamente i tre reattori RBMK, anche grazie a finanziamenti internazionali, sono stati progressiva-mente fermati, ma quando? L’unità n.2 nel 1991 a se-guito di un incendio scoppiato nell’edificio turbina; l’unità n.1 nel 1997 e l’unità n.3 alla fine del 2003, in

seguito alle pressioni internazionali ma ben 17 anni dopo il disastro del 1986. Nel frattempo, grazie anche alla caduta del muro di Berlino ed allo sviluppo della colla-borazione internazionale sulla sicurezza dei reat-tori nucleari, la sicurez-za dei 6 restanti impianti nucleari è stata signifi-cativamente migliorata ed i 4 impianti chiusi sono stati sostituiti attra-verso la realizzazione di ben 9 nuovi impianti

nucleari (altri 2 sono in costruzione). Avete letto bene, nella patria di Chernobyl l’energia nucleare fornisce oggi il 48% del fabbisogno elettrico, il numero delle centrali nucleari è stato praticamente raddoppiato nei passati 25 anni ed ancor più ambiziosi sono i program-mi per il futuro: un ulteriore raddoppio degli impianti entro il 2030, per aumentare la potenza nucleare dagli attuali 13,9 Gwe a 29,5 Gwe: il programma approvato dal governo nel 2006 prevede, in totale (entro il 2036), il completamento di 2 reattori in costruzione, la costru-zione di 11 nuovi reattori nucleari e la sostituzione, con altri reattori nuovi, di 9 reattori vecchi oggi in fun-zione. Sorge spontanea una domanda: ma i governanti dell’Ucraina ed i cittadini che li eleggono sono impaz-ziti tutti quanti? O, forse, l’ecatombe di centinaia di migliaia o milioni di morti causati dalle centrali nucle-ari, annunciata a casa nostra da noti esponenti dello pseudo-ambientalismo nostrano, non trova conferma nella realtà sociale ed industriale dell’Ucraina? Al di là delle ideologie e delle mode, resta l’equilibrio di scelte concrete fondate sui dati offerti dalla realtà: i governati ed i cittadini dell’Ucraina non vivono sulle nuvole ma sanno bene (e sulla loro pelle) che, nonostante tutto, il nucleare comporta per la salute e per l’ambiente rischi minori di quelli associati all’utilizzo del carbone e del gas, che sono le altre due principali fonti energetiche del Paese; non rischi teorici ma misurati negli anni in feriti, morti e patologie.

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EVOLUZIONE EVOLUZIONE EVOLUZIONE DELDELDEL PAESAGGIOPAESAGGIOPAESAGGIO INININ MAREMMAMAREMMAMAREMMA di Paola Montomoli

L a zona compresa tra l’Arno e il Tevere era il territorio degli Etruschi o Tuschi nell’epoca preromana. Il nome della Regione in quei tem-pi era Etruria o Tuscia. Successivamente da

Tuscia si formò il nome di Toscana. Molteplici sono gli aspetti che offrono un armonioso paesaggio composto da montagne, colline e pianure. Le montagne fitte di vegetazione sono coperte di querce, castagni, faggi e abeti. Nelle cime collinose trovia-mo gli ulivi, i cipressi, oppure grandi distese coltivate a vigne-ti, dove sono co-struite in modo isolato case colo-niche o piccoli borghi. Le città, ricche di storia, sono situate nelle aree pianeggianti del fondo valle e mantengono an-cora conservati numerosi monu-menti e tesori artistici. Zone di spiaggia ancora selvag-gia si alternano con zone balneari moderne. Numerose sono le aree naturali e le zone umide che sono state mantenute intatte e che costituiscono una forte attrattiva turistica. Il terreno e il clima favoriscono l’agricoltura. La presenza dell'uomo nelle campagne ha plasmato il paesaggio rurale, creando uno straordinario sistema in cui l'azione della natura e l'opera dell'uomo si sono inter-secate in modo armonico e non distruttivo. Nelle aree rurali, infatti, il rapporto fra uomo e campagna, sino al secolo scorso, è rimasto nei limiti di un sostanziale equi-librio, anche per la, sino ad allora, limitata capacità del-l'uomo di produrre trasformazioni rilevanti sul territorio. Inoltre, le conoscenze in campo agronomico, negli ulti-mi due secoli, si sono sviluppate parallelamente con gli altri settori produttivi, e l'agricoltura ha potuto fare sem-pre più uso degli strumenti messi a disposizione dalla conoscenza e dalla tecnologia. Questo sviluppo ha con-sentito di far aumentare in modo esponenziale la produt-tività delle colture agricole, attraverso le tecniche dell’a-gricoltura industriale, sino a consentire, specialmente per alcune colture, la moltiplicazione della produttività.

Negli anni recenti, però, è cominciato un periodo di re-visione di tale tendenza, anche per i consistenti effetti negativi (desertificazione, inquinamento, perdita di bio-diversità, eccedenze alimentari, ecc.) che una agricoltura produttivistica esasperata può produrre sull’ambiente, oltre che per il crescere di una nuova coscienza ecologi-ca nelle società occidentali. Sono stati identificati e per-seguiti allora nuovi criteri ai quali ispirare la produzio-

ne. Per questo diventano sempre più importanti gli obiettivi della qualità finale dei prodotti e della tutela dell’am-biente, che per-mettono anche una riscoperta delle tecniche tradizionali e di modalità “eco-compatibili” di coltivazione e allevamento: le pratiche dell’agri-coltura biologica

e biodinamica, la difesa integrata e biologica delle coltu-re, sistemi oggi accettati e condivisi, erano considerati utopistici solo 20 anni fa. In parallelo a tale visione an-che la qualità dei prodotti, intesa sia in termini di capaci-tà di soddisfazione organolettica, sia di sicurezza ali-mentare, sia di certezza dell’origine, è nel frattempo di-venuta elemento distintivo apprezzato e riconosciuto dai consumatori, che acquistano sempre più volentieri pro-dotti “tipici”, riconoscendo in essi una serie di attributi anche legati all’identità culturale. Per quanto riguarda la visione di un’agricoltura “sostenibile”, cioè un’agricol-tura che utilizza le proprie risorse nel rispetto delle ge-nerazioni future, lo sfruttamento economico delle aree rurali deve permettere un mantenimento delle sue com-ponenti ambientali, ciò che peraltro è, di fatto, sempre successo sino a un secolo fa, quando l’agricoltura veniva attuata con metodi meno intensivi di oggi. Per questo si può affermare che la propensione alla sostenibilità del mondo rurale è strutturale e che l’azienda agraria, laddo-ve sia gestita in modo corretto, contribuisce al manteni-mento dell’equilibrio ambientale delle aree agricole, che costituiscono dei sistemi seminaturali antropizzati. In tal

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caso all’obiettivo di produzione economica, proprio del-l’azienda, si affianca quello ecologico e paesaggistico. In questo modo sono nati e sopravvivono, grazie al per-manere anche della loro funzione economica, alcuni dei paesaggi agrari più caratteristici del nostro paese, con i vigneti, gli oliveti e i campi di grano che tutti possono ammirare percorrendo il territorio toscano. Per questo anche l’Unione Europea, nonostante la già fondamentale centralità del settore agricolo rispetto agli interessi co-munitari sin dal Trattato di Roma, ha identificato nello sviluppo rurale una delle basi fondamentali della politi-ca dell’Unione stessa. Infine, il mondo rurale ci ha an-che tramandato l’enorme patrimonio architettonico del-l’architettura rurale, che costituisce uno degli elementi culturali di maggiore importanza della nostra civiltà e della nostra cultura. Il paesaggio rurale è forse il più si-gnificativo fra i paesaggi formati dall’uomo. Nelle for-me del paesaggio rurale l’uomo, quasi sempre, è riuscito a coniugare le esigenze della natura con le necessità del-l’uso del territorio e della sopravvivenza. Per questo, per la crescente pressione del sistema produttivo sull’am-biente, diventa sempre più urgente la tutela delle aree rurali e l’applicazione delle metodologie dello sviluppo sostenibile alla gestione del territorio e del paesaggio nelle aree rurali e urbane. Per raggiungere questo obiet-tivo i molti fattori di sviluppo nella tutela devono essere potenziati e incentivati: l’agricoltura biologica, la gestio-ne forestale e il governo delle aree naturali, ma anche una razionale pianificazione del territorio rurale, dal punto di vista urbanistico, attenta a tutelarne le specifi-cità e i valori produttivi, ambientali, culturali, e gli inter-venti di rivalorizzazione dell’attività agricola attraverso la tutela dei prodotti tipici, ma anche grazie allo svilup-po dell’agriturismo e del turismo rurale, oppure le misu-re di valorizzazione delle attività rurali non agrarie (artigianato, commercio, trasformazione). Malgrado il mondo rurale abbia registrato una perdita costante di abitanti e di addetti, spostatisi progressivamente verso le aree urbane dotate di maggiori opportunità in termini di occupazione e di servizi, l’importanza economica e cul-turale del mondo rurale è cresciuta di pari passo con lo sviluppo economico e con il miglioramento delle condi-zioni sociali, portando in più momenti alla riscoperta e ad una tendenza al ritorno verso le campagne. Anche per questo l’Unione Europea, nata negli anni ‘50 con l’o-biettivo principale di regolamentare e stabilizzare i flussi produttivi e commerciali dei prodotti agro-forestali, pur nell’attuale fase di grande rilievo, con i nuovi fronti del-

l’Unione politica e monetaria, sta rivolgendo alle aree rurali una crescente attenzione, nell’ottica di un nuovo sviluppo integrato del mondo rurale, basato sul poten-ziamento sinergico di agricoltura, turismo, artigianato, piccola industria, servizi e così via. Il riferimento al pae-saggio rurale non è solo quello che riguarda il paesaggio caratterizzato dall’intervento antropico, ma comprende anche quel paesaggio naturale sempre più conservato e salvaguardato attraverso le aree naturali protette che, pur mantenendo, al loro interno, spazi assolutamente vietati alla presenza umana, hanno ormai maturato la consape-volezza che parte del loro territorio può viceversa essere ammesso alla presenza e all’attività antropica, purché questa si svolga nel totale rispetto dell’ambiente circo-stante e quindi in un’ottica di sostenibilità ambientale e paesaggistica. La Toscana risulta essere una delle Regio-ni più ricche per la presenza di aree protette sul proprio territorio. Le aree protette odierne, a differenza del pas-sato, ammettono oggi, la presenza e lo svolgimento di attività umane, riconoscendo alle stesse di essere un uti-le supporto allo sviluppo sostenibile agro-silvo-pastorale e per attività connesse quali l’agriturismo, l’artigianato ed il commercio di prodotti tipici locali. Solo salvaguar-dando il paesaggio agrario può essere perseguito uno sviluppo sostenibile che limiti il consumo di territorio e l'uso delle risorse ambientali e nel contempo tuteli le produzioni alimentari e la biodiversità. Questo può av-venire solo tramite una produzione agricola rispettosa delle peculiarità paesaggistiche e ambientali; la progetta-zione di qualità delle frange urbane, in cui città e tessuto rurale possano convivere con rispettivi vantaggi; la sal-vaguardia dei paesaggi italiani come presidi ambientali con i loro valori e specificità territoriali. Il paesaggio toscano, sia agricolo che naturale, ha percorso la storia subendo i vari sviluppi ambientali, agricoli e paesaggi-stici, con alternanza di situazioni talvolta anche negati-ve, ma nonostante tutto arrivando ai giorni nostri con una realtà che possiamo definire “bella da vedere e da vivere”. I piccoli e numerosi borghi medioevali, le diste-se di campi di grano e di girasole, le colline disegnate dagli oliveti e dai vigneti, la biodiversità animale e vege-tale delle aree naturali. Tutto questo è la Toscana di og-gi, che è lo specchio di quella Toscana tramandataci dal passato; un passato che si ripropone nell’azione dell’uo-mo mantenutasi, nel tempo, rispettosa di quei valori tra-dizionali legati all’identità di un popolo e del suo rispet-to per le proprie ricchezze naturali, ambientali e paesag-gistiche.

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L a buona notizia di oggi si riferisce ad un recente avvenimento di grande rilevanza scientifica na-zionale, che non mancherà di avere positivi ri-svolti anche in campo internazionale: la creazio-

ne, lo scorso 22 maggio, dell’Osservatorio della Biodiver-sità dell’Ambiente Marino e Terrestre, un organismo e-stremamente importante che permetterà all’Italia l’in-gresso nel novero delle nazioni più avanzate al mondo per quanto concerne gli studi e le ricerche soprattutto nel settore marino. In perfetta sin-tonia con gli obiettivi della strategia na-zionale di tutela della B iodivers i tà varata dal Governo ita-liano, l’Osser-vatorio nasce come frutto dell’accordo di programma firmato tra il Consiglio Na-zionale delle Ricerche, il Dipartimento dell’Ambiente della Regione Sicilia, l’Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambien-te, l’Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale. L’Osservatorio si avvarrà anche del coinvolgimento attivo dell’ARPA, aumentando, così, il proprio grado di autore-volezza tecnico-scientifica e ponendosi, a buon diritto, tra gli organismi internazionali di settore che maggior-mente sono attivi, nel fornire un indispensabile contribu-to di informazioni per la salvaguardia della vita sul nostro pianeta. Sulla base di un protocollo d’intesa con l’Asses-sorato del Territorio e dell’Ambiente della Regione Sicilia è stata scelta come sede dell’Osservatorio l’ex tonnara di

Capo Granitola in provincia di Trapani, un sito di grande interesse storico e naturalistico che, già dal 2010, ospita l’Istituto per l’Ambiente Marino Costiero (IAMC) del CNR. La realizzazione dell’Osservatorio è finalizzata ad una in-tensa attività di sperimentazione e ricerca nella Biodiver-sità sul territorio siciliano per un uso sostenibile delle risorse naturali e per la valorizzazione delle risorse pae-saggistico-ambientali. Capo Granitola, che può rappre-sentare un centro di eccellenza internazionale per quan-

to concerne la divulga-zione delle conoscenze scientifiche, si pone, per la peculiari-tà della sua p o s i z i o n e s t r a t e g i c a dal punto di vista geogra-fico, come insostituibile ponte con i Paesi che si a f facc iano sul Mar Me-diterraneo, specialmen-te quelli del Nord Africa. Le risorse

stanziate dalla Regione Sicilia nell’ambito del Programma del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale 2007-2013, che ammontano a otto milioni di euro, e la fondamentale sinergia che si instaurerà tra le migliori competenze e professionalità nel settore ambientale in generale e quel-lo marino in particolare, consentiranno all’Osservatorio di poter sviluppare agevolmente la propria attività di stu-dio e ricerche diventando, di fatto, un organismo essen-ziale in ambito mediterraneo per ciò che si riferisce so-prattutto alla diffusione dei saperi scientifici.

di Mario Apice

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A cura di

NEWS DAL MEDITERRANEO NEWS DAL MEDITERRANEO NEWS DAL MEDITERRANEO

Aiutare le aziende delle tre sponde del Mediterraneo a crescere nei nuovi mercati. Questo l'obiettivo primo del Centro Euro-Mediterraneo di Sviluppo delle Mpmi (micro e piccole e medie imprese), promosso dalla Camera di commercio di Mila-no, con il sostegno della Commissione Ue e della Banca Europea di Investimento (Bei). L'accordo firmato fra Promos (l'azienda speciale della CCIAA di Milano per l'internazionalizzazione) e la Bei mira a far partire la fase di pre start-up del Cen-tro che, probabilmente, nascerà nel prossimo mese di ottobre nel capoluogo lom-bardo. "I Paesi della sponda Sud sono andati verso la democrazia e ora serve la stabilità economica, serve lo sviluppo", ha commentato il ministro degli Affari E-steri, Franco Frattini, che insieme al Ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, ha presenziato a Milano alla firma delle Parti coinvolte. Seguendo un

modello a rete con un’unità centrale a Milano e una serie di centri nazionali nei Paesi del Mediterraneo, il Centro di Sviluppo nasce come iniziativa sovranazionale pubblico-privata che potrà disporre di un network nei Paesi delle spon-de nord, sud ed est del Mediterraneo - dal Cairo a Barcellona e Marsiglia, da Istanbul a Beirut e Rabat - svolgerà fun-zioni istituzionali e di coordinamento e coinvolgerà gli Stati dell'Unione per il Mediterraneo, le istituzioni finanziarie eu-ropee di sviluppo e gli istituti finanziari. In particolare, mirando ad integrare progetti e strutture già esistenti, avrà il compito di assistere le imprese, con servizi avanzati di consulenza, financial facility, assistenza per l'accesso e il con-solidamento della presenza nei nuovi mercati e la formazione del capitale umano. "Lo sviluppo delle Mpmi del Mediter-raneo è fondamentale fattore di stabilità socio-economica, a sostegno dell'occupazione e di concrete prospettive so-prattutto per la gioventù mediterranea, protagonista di questa fase storica di trasformazione" ha dichiarato Bruno Er-molli, presidente di Promos. "Il Centro farà da 'integratore' fra i vari centri per le piccole e medie imprese, favorirà le iniziative in rete e l'accesso alle fonti finanziarie". Si tratterà di un aiuto particolarmente significativo "dopo la tragedia delle guerre per il rilancio di quei Paesi, limitando anche il processo di immigrazione" ha aggiunto. D'altra parte, il vice-presidente della Bei, Dario Scannapieco, ha sottolineato come occorra concentrarsi anche su azioni che consentano un maggiore accesso al credito e un maggiore accesso a mercati diversi da quelli puramente locali. Sul tema si è e-spresso anche il vicepresidente della Commissione europea, Antonio Tajani, secondo cui "è essenziale dare prospetti-ve concrete alle nuove generazioni di questi Paesi promuovendo l'imprenditorialità e lo sviluppo di Pmi locali anche attraverso investimenti e partenariato con imprese dell'Unione".

Centro Euro-mediterraneo: Bei e Promos insieme per le imprese

Acqua: i Paesi sotto l’occhio del satellite GIORDANIA - La sorveglianza sarà mirata a individuare le aree a rischio sicci-tà, paragonando la situazione attuale a quella del passato. Le rilevazioni con-sentiranno anche di prevedere arrivo e intensità delle piogge, in modo tale da consentire alle popolazioni interessate di prepararsi e proteggere campi e ani-mali. LIBANO - I dati della rete satellitare serviranno soprattutto a monitorare l'impat-to del riscaldamento globale e la diminuzione delle precipitazioni nevose. Que-st'ultimo dato consente di prevedere come sarà condizionato il livello dell'acqua in sorgenti, fiumi e falde acquifere. Il controllo del calore al suo aiuta a prevede-re i periodi di siccità e gli incendi boschivi di origine naturale. MAROCCO - Il problema e' quello di verificare l'uso e la disponibilità delle risor-se idriche, in un'area che in 40 anni ha registrato sensibili cambiamenti climati-

ci, con aumento della temperatura e diminuzione delle precipitazioni. Se non si invertirà questa tendenza gli scienziati temono gravi siccità. Importante anche l'utilizzo delle immagini satellitari per monitorare i fattori ambientali che favori-scono la diffusione di locuste e quindi aiutare gli agricoltori. Il telerilevamento serve a valutare il rischio di una immi-nente invasione e anche di prevedere l'ampiezza dei danni. Grazie alle rilevazioni, sarà anche possibile capire l'effica-cia dei sistemi di irrigazione e, quindi, evidenziare quali sono le colture a più alto consumo idrico. TUNISIA - Nel Paese i satelliti eseguiranno un costante controllo sulle variazioni d'acqua nei bacini e sull'impatto del-l'agricoltura nelle falde e corsi d'acqua sotterranei EGITTO - Quando l'Egitto entrerà a fare parte dei Paesi del progetto, sarà il Nilo l'osservato speciale. Esso sarà con-trollato, alla luce dei cambiamenti climatici e di come essi intervengano sul delta fertile.

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CURIOSITA’ E NEWS LIBERAMBIENTECURIOSITA’ E NEWS LIBERAMBIENTECURIOSITA’ E NEWS LIBERAMBIENTE

I m a s c h i delle ba-lene me-

gattere al largo della costa o-rientale dell'Au-stralia impara-no i canti di corteggiamento p e r 'passaparola', dopo averli udi-ti attraverso l'oceano da

altre colonie della stessa specie. Lo hanno scoperto ricerca-tori dell'Università del Queensland, secondo i quali si tratta della prima dimostrazione di un rapido trasferimento di cultu-ra a grande distanza fra creature non umane. Per gli alta-mente competitivi maschi delle megattere, scrive l'autrice dello studio Ellen Garland sulla rivista Current Biology, questo significa la differenza fra successo e fallimento nella riproduzione. Il canto è un elemento cruciale nei rituali di ac-coppiamento e ogni anno tutti i maschi di una popolazione adottano lo stesso. Il complesso insieme di grida, gemiti e fischi del loro canto viene registrato dagli studiosi sin dagli anni 1960. La studiosa ha scoperto una 'fabbrica di canzoni' a est dell'Australia che ne ha prodotte una dopo l'altra nell'ar-co di 11 anni, adottate da diversi branchi, sempre più a o-vest."I nostri dati rivelano una trasmissione culturale di vasta scala", scrive Garland. "Numerosi canti hanno viaggiato co-me onde culturali da una popolazione all'altra, inducendo tutti i maschi del branco a passare alla nuova versione".Vi è an-che l'esempio di un canto registrato attorno al 1990 nell'Oce-ano Indiano a ovest del continente e ritrovato nel 2001 al largo della Polinesia francese: uno scambio culturale attra-verso 10 mila km. Con l'inizio della migrazione annuale delle balene dai mari antartici verso le acque tropicali a nord, dove le femmine partoriranno, certe strettoie lungo il percorso, co-me lo stretto di Cook in Nuova Zelanda, daranno alle balene la possibilità di condividere l'ultimo successo della stagione, spiega la studiosa.

Balene maschi imparano canti d’amore con il passaparola Ansa

Lampedusa: un progetto all’altezza delle sue straordinarie risorse ambientali Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del Mare

“P e r

Lampedusa è necessa-rio un pro-getto all’al-tezza delle sue straordi-narie risorse ambientali e paesaggisti-che”. Lo ha affermato il Ministro del-

l’Ambiente Stefania Prestigiacomo, coordinatrice degli inter-venti per la riqualificazione di Lampedusa al termine del suo sopralluogo nell’isola. “Esistono le condizioni – ha affermato il Ministro - per fare delle Pelagie un magnifico polo naturalistico e turistico un “arcipelago verde” europeo. Il programma di riqualificazione del Governo deve rappresentare il “Masterplan” per la tra-sformazione e valorizzazione dell’immagine e della qualità dei servizi di Lampedusa. C’è certamente molto da fare ma ci sono le risorse per farlo e la possibilità di avviare tutto in tem-pi brevi. Lampedusa deve esaltare il suo paesaggio con in-terventi quali il piano del colore e la creazione di itinerari che esaltino la bellezza dei luoghi e la suggestione dei panorami. Lampedusa deve qualificare la sua ospitalità intervenendo su servizi quali la mobilità sostenibile e l’infrastrutturazione turi-stica legata alla sua risorsa più preziosa ed esclusiva : il ma-re. Lampedusa deve rafforzare il suo connubio con l’arte e la musica enfatizzando la sua vocazione ad essere oasi di arti-sti e quindi luogo di eventi attorno alla fondazione O’scià di Claudio Baglioni”. “Lampedusa – ha rilevato infine Stefania Prestigiacomo - è un tesoro per i suoi abitanti e per l’Italia, deve diventare una perla preziosa sul mercato turistico - mediatico internaziona-le, prendendosi quel ruolo che la sua straordinaria natura le ha regalato”. Nel corso della sua “missione” a Lampedusa il Ministro Prestigiacomo, che è stata accompagnata dal sinda-co Dino De Rubeis, dall’assessore regionale Gianmaria Sparma, da tecnici e funzionari ministeriali, ha visitato anche il centro di accoglienza dell’isola che ospita i migranti giunti negli ultimi giorni. Al termine il Ministro ha presieduto un ver-tice cui ha partecipato il Prefetto di Agrigento Francesca Fer-randino. Presente durante la giornata lampedusana della Prestigiacomo anche il cantautore Claudio Baglioni, cittadino onorario dell’isola e animatore della fondazione “o’ Scià”.

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Che cos’è LIBERAMBIENTEChe cos’è LIBERAMBIENTEChe cos’è LIBERAMBIENTE

“LIBER’AMBIENTE” è un’associa-zione politico/culturale/ambientale che nasce per in-terpretare e dare voce a tutti quei moderati che sono interessati ad affermare, nel Paese, una nuova ecolo-gia umanista, una nuova cultura ambientale che guar-di all’Uomo con più ottimismo. Un Uomo che non è maledizione ma benedizione del pianeta, un Uomo che è ricchezza e non impoverimen-to del mondo. Un Uomo che ha l’esaltante missione di rendere compatibile lo sviluppo economico e il pro-gresso umano con l’ambiente, la natura, gli animali, la vita su questa terra. La globalizzazione dei processi economici, sociali, culturali, religiosi, etici e politici ci pone tutti di fronte a nuove sfide e difficoltà e, come ogni cambiamento, ci offre dei rischi ma anche delle opportunità. Nel settore ambientale si può razionalmente intrave-dere la possibilità di un concreto governo dell’am-biente che sappia dare risposte efficienti al degrado ecologico di importanti aree del nostro pianeta; rispo-ste efficienti a fenomeni come la desertificazione, l’ef-fetto serra, la scarsità delle risorse idriche che coin-volgono tutta l’umanità. Noi siamo pronti ad accettare questa sfida lottando contro le culture catastrofiste e nichiliste che sono alla base dell’ideologia ambienta-lista dominante che ha teso a privilegiare o gli aspetti contemplativi e conservativi dell’Uomo sull’ambiente o a ricercare un’egemonia politica dei problemi, indi-rizzando la questione ambientale in un solco di prote-sta prima anti-capitalista e poi semplicemente anti-sistema. In antitesi ad una cultura di sostanziale conservazio-ne, di negazione di ogni ragionamento attorno allo sviluppo dell’ambiente e del vero rapporto tra Uomo e Natura, noi di Liber’ambiente, siamo per una cultura di sviluppo dell’ambiente in un continuo confronto tra esigenze della Natura ed esigenze dell’Uomo. Siamo per porre i problemi ma anche per limitarli e risolver-

li. L’associazione Liber’ambiente ha come scopo prio-ritario quello di riunire tutte le realtà associative e tutti quelli che nella società civile, a diverso titolo, si sono impegnati e s’impegnano per una più avanzata cultura ambientale, avvalendoci della collaborazione di un importante Comitato Scientifico che sarà il vero valore dell’iniziativa che si adopererà per fronteggia-re la cultura ambientale dominante. Siamo contro i catastrofismi a buon mercato e la no-stra attenzione è rivolta a tutti gli studi dei fenomeni naturali e artificiali, prodotti dalle attività umane. Siamo per non trasformare le tendenze verificabili, in destini fatali. Siamo per non attribuire, ai pareri di tutti quelli che studiano o parlano di ecologia e am-biente, la patente di scientificità obiettiva, perché la scienza è studio e confronto continuo e non dogma a piacimento. Nel concreto vogliamo approfondire tutti i temi oggi posti dal rapporto Uomo-Ambiente per cer-care di trovare sempre la migliore soluzione per la vita di questa terra. Questa impostazione del rapporto Uomo-Ambiente sarà sempre più fattore di sviluppo delle nostre civil-tà: sarà fonte di nuove attività umane, tese alla ricer-ca del benessere dell’umanità intera, sarà strumento di comprensione dei limiti dello sviluppo e del suo controllo affinché esso sia sempre al servizio dell’Uo-mo e non viceversa. “LIBER’AMBIENTE” sarà un laboratorio di proposte e di dibattito tra le varie esperienze. Si occuperà di formazione sui temi ambientali più scottanti per uni-formare i comportamenti degli amministratori del cen-tro-destra sul territorio. Le sfide e gli interrogativi in campo ambientale richie-dono un ampio e approfondito dibattito al quale inten-diamo dare il nostro contributo con impegno e con la forza delle idee.