CASTELFRANCO«Portiamo la ricerca a Castelfranco»: il professor Pier Carlo Muzzio, fondatore dell' Istituto oncologico veneto che ha diretto dal 2005 al 2013 e cattedratico senior di Radiologia, approva e rilancia la sede distaccata dell' Irccs padovano.Professor Muzzio, cosa pensa dell' allargamento dello Iov all' ospedale San Giacomo di Castelfranco?«Non sono contrario. Se noi guardiamo al resto del mondo, ad esempio, l' Università di California ha cinque sedi: San Francisco, Los Angeles, Berkley, San Diego e Stanford. Come sempre l' importante non è quello che si vuole fare, ma come lo si fa. È fondamentale fare ricerca, non solo assistenza. La questione Castelfranco è antica, se ne parlava il giorno stesso in cui è stato costituito lo Iov. Il contenitore significa poco, l' importante è il contenuto. Basti pensare a come era messo il Busonera quando siamo partiti».E ora non è prevista la ricerca a Castelfranco?«Non è chiaro, il programma non lo specifica. Sono invece poco convinto delle scelte che sono state fatte all' ospedale di Schiavonia (Monselice). A suo tempo avevamo progettato i bunker di Radioterapia a Castelfranco».Come mai non è d' accordo con i bunker a Schiavonia?«Perché ho paura che si verifichi un eccesso di offerta. Avremo una Radioterapia a Padova, una ad Abano e poi i bunker a Schiavonia non mi sembra comodo. Era il caso di progettarli prima a Castelfranco».Le attività delocalizzate a Castelfranco funzioneranno?«Non è la quantità delle cose che fa la differenza, ma la qualità che si traduce in impegno e cultura. Io ho una grande convinzione: il dottor Domenico Mantoan (il direttore generale della Sanità del Veneto, ndr) ha ben presente la situazione. Credo che voglia lasciare un buon segno».Lei andrebbe a lavorare a Castelfranco? «Se avessi cinque o dieci anni in meno, subito. Se si parte con il piede giusto, sicuramente le cose vanno avanti. Attenzione ai professionisti che verranno impiegati a Castelfranco: devono essere persone con entusiasmo, voglia di costruire e di insegnare».Creare un centro Iov in ogni Usl del Veneto è una buona idea?«Ogni Usl ha già una sua unità di Oncologia. Perfezioniamo una rete che localizzi diverse competenze. Nessuno riesce a offrire tutte le specialità oncologiche ai massimi livelli in una sola struttura, serve un coordinamento generale. Avere dei punti Iov in tutte le Usl è prematuro».Lo Iov riesce a competere con il Centro oncologico di Aviano?«Siamo competitivi, non c' è nulla in cui siamo inferiori. Aviano esercita un' attrazione soprattutto per il Bellunese e per l' est Trevigiano. Anche per questo Castelfranco ha un senso: lo Iov lì potrebbe originare un' attrazione inversa, dal Friuli verso il Veneto». Elisa Fais. La Tribuna di Treviso Muzzio: «A Castelfranco anche la ricerca» Dibattito sullo Iov, il fondatore dell' Istituto oncologico veneto è favorevole alla sede distaccata
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CASTELFRANCO«Portiamo la ricerca a Castelfranco»: il
professor Pier Carlo Muzzio, fondatore dell' Istituto oncologico
veneto che ha diretto dal 2005 al 2013 e cattedratico senior di
Radiologia, approva e rilancia la sede distaccata dell' Irccs
padovano.Professor Muzzio, cosa pensa dell' allargamento
dello Iov all' ospedale San Giacomo di Castelfranco?«Non
sono contrario. Se noi guardiamo al resto del mondo, ad
esempio, l' Università di California ha cinque sedi: San
Francisco, Los Angeles, Berkley, San Diego e Stanford. Come
sempre l' importante non è quello che si vuole fare, ma come
lo si fa. È fondamentale fare ricerca, non solo assistenza. La
questione Castelfranco è antica, se ne parlava il giorno stesso
in cui è stato costituito lo Iov. Il contenitore significa poco, l'
importante è il contenuto. Basti pensare a come era messo il
Busonera quando siamo partiti».E ora non è prevista la ricerca
a Castelfranco?«Non è chiaro, il programma non lo specifica.
Sono invece poco convinto delle scelte che sono state fatte all' ospedale di Schiavonia (Monselice). A
suo tempo avevamo progettato i bunker di Radioterapia a Castelfranco».Come mai non è d' accordo
con i bunker a Schiavonia?«Perché ho paura che si verifichi un eccesso di offerta. Avremo una
Radioterapia a Padova, una ad Abano e poi i bunker a Schiavonia non mi sembra comodo. Era il
caso di progettarli prima a Castelfranco».Le attività delocalizzate a Castelfranco funzioneranno?«Non
è la quantità delle cose che fa la differenza, ma la qualità che si traduce in impegno e cultura. Io ho
una grande convinzione: il dottor Domenico Mantoan (il direttore generale della Sanità del Veneto,
ndr) ha ben presente la situazione. Credo che voglia lasciare un buon segno».Lei andrebbe a
lavorare a Castelfranco? «Se avessi cinque o dieci anni in meno, subito. Se si parte con il piede
giusto, sicuramente le cose vanno avanti. Attenzione ai professionisti che verranno impiegati a
Castelfranco: devono essere persone con entusiasmo, voglia di costruire e di insegnare».Creare un
centro Iov in ogni Usl del Veneto è una buona idea?«Ogni Usl ha già una sua unità di Oncologia.
Perfezioniamo una rete che localizzi diverse competenze. Nessuno riesce a offrire tutte le specialità
oncologiche ai massimi livelli in una sola struttura, serve un coordinamento generale. Avere dei punti
Iov in tutte le Usl è prematuro».Lo Iov riesce a competere con il Centro oncologico di Aviano?«Siamo
competitivi, non c' è nulla in cui siamo inferiori. Aviano esercita un' attrazione soprattutto per il
Bellunese e per l' est Trevigiano. Anche per questo Castelfranco ha un senso: lo Iov lì potrebbe
originare un' attrazione inversa, dal Friuli verso il Veneto». Elisa Fais.
La Tribuna di Treviso
Muzzio: «A Castelfranco anche la ricerca»Dibattito sullo Iov, il fondatore dell' Istituto oncologico veneto è favorevole alla sededistaccata
di Elisa Fais«Portiamo la ricerca a Castelfranco»: il professor
Pier Carlo Muzzio, fondatore dell' Istituto oncologico veneto
che ha diretto dal 2005 al 2013 e cattedratico senior di
Radiologia, approva e rilancia la sede distaccata dell' Irccs
padovano.Professor Muzzio cosa pensa dell' allargamento
dello Iov all' ospedale San Giacomo di Castelfranco?«Non
sono contrario. Se noi guardiamo al resto del mondo, ad
esempio, l' Università di California ha cinque sedi: San
Francisco, Los Angeles, Berkley, San Diego e Stanford. Come
sempre l' importante non è quello che si vuole fare, ma come
lo si fa. È fondamentale fare ricerca, non solo assistenza. La
questione Castelfranco è antica, se ne parlava il giorno stesso
in cui è stato costituito lo Iov. Il contenitore significa poco, l'
importante è il contenuto. Basti pensare a come era messo il
Busonera quando siamo partiti».E ora non è prevista la ricerca
a Castelfranco?«Non è chiaro, il programma non lo specifica.
Sono invece poco convinto delle scelte che sono state fatte all' ospedale di Schiavonia. A suo tempo
avevamo progettato i bunker di Radioterapia a Castelfranco».Come mai non è d' accordo con i
bunker a Schiavonia?«Perché ho paura che si verifichi un eccesso di offerta. Avremo una
Radioterapia a Padova, una ad Abano e poi i bunker a Schiavonia non mi sembra comodo. Era il
caso di progettarli prima a Castelfranco».Le attività delocalizzate a Castelfranco funzioneranno?«Non
è la quantità delle cose che fa la differenza, ma la qualità che si traduce in impegno e cultura. Io ho
una grande convinzione: il dottor Domenico Mantoan (il direttore generale della Sanità del Veneto,
ndr) ha ben presente la situazione. Credo che voglia lasciare un buon segno».Lei andrebbe a
lavorare a Castelfranco? «Se avessi cinque o dieci anni in meno subito. Se si parte con il piede
giusto, sicuramente le cose vanno avanti. Attenzione ai professionisti che verranno impiegati a
Castelfranco: devono essere persone con entusiasmo, voglia di costruire e di insegnare».Creare un
centro Iov in ogni Usl del Veneto è una buona idea?«Ogni Usl ha già una sua unità di Oncologia.
Perfezioniamo una rete che localizzi diverse competenze. Nessuno riesce a offrire tutte le specialità
oncologiche ai massimi livelli in una sola struttura, serve un coordinamento generale. Avere dei punti
Iov in tutte le Usl è prematuro».Lo Iov riesce a competere con il Centro oncologico di Aviano?«Siamo
competitivi, non c' è nulla in cui siamo inferiori. Aviano esercita un' attrazione per il Bellunese e l' est
Trevigiano. Anche per questo Castelfranco ha un senso: lo Iov lì potrebbe originare un' attrazione
inversa, dal Friuli verso il Veneto».
Il Mattino di Padova
Iov a Castelfranco, Muzzio dice sì «Portiamoci anche laricerca»Il fondatore dell' Irccs, che ha diretto dal 2005 al 2013, approva l' istituzione della sededistaccata «Non il contenitore, ma il contenuto fa la differenza». E boccia i bunker diRadioterapia a Monselice
VENEZIA Dopo anni di cordoni stretti attorno alla borsa, la
Regione tornerà ad assumere personale. La giunta ha
formalizzato questa possibilità ieri, attraverso una delibera che
accerta la disponibilità di un tesoretto da 1,8 milioni di euro,
spendibile per il reperimento di nuove risorse umane. Con l'
occasione è stato anche aggiunto un tassello al mosaico della
riorganizzazione dell' ente, attraverso la designazione dei
vicedirettori d' area, vale a dire i numeri due dei top manager
già scelti da Palazzo Balbi. L' inaspettata dotazione finanziaria
è emersa dalla ricognizione del personale relativa allo scorso
triennio. «Fra risparmi e pensionamenti spiega l' assessore
Gianluca Forcolin sono spuntati questo milione e 800mila euro
con cui potremo ulteriormente efficientare la macchina,
attraverso bandi per l ' ingaggio di nuove figure che
garantiranno il ricambio generazionale, oltre che mediante la
mobilità da altri enti come ad esempio le ex Province. Entro il
15 settembre i direttori d' area presenteranno un assestamento tecnico sulle esigenze dei singoli
assessorati: in base a quello saranno decisi i nuovi inserimenti». La giunta ha poi accolto le
designazioni proposte da tre dei massimi dirigenti regionali, che avevano chiesto di poter contare su
un vice: si tratta di Giuseppe Fasiol per Alessandro Benassi (capo del Territorio), Diego Vecchiato per
Maurizio Gasparin (Programmazione) e Andrea Comacchio per Mauro Trapani (Sviluppo economico),
che guadagneranno ciascuno 10.000 euro lordi in più l' anno. Hanno invece rinunciato a questa
opportunità Domenico Mantoan (Sanità), Santo Romano (Capitale umano) e Gianluigi Masullo
(Risorse strumentali). A proposito di dipendenti, i consiglieri regionali Claudio Sinigaglia, Bruno
Pigozzo, Francesca Zottis (Partito Democratico) e Franco Ferrari (Moretti Presidente) hanno
presentato un' interrogazione su Veneto Promozione, messa in liquidazione a fine luglio: «Ci sono
venti lavoratori a rischio licenziamento. La Regione si mobiliti per offrire loro una prospettiva
Palazzo Balbi trova 1,8 milioni e torna ad assumereDesignati i vicedirettori d' area per Territorio, Programmazione e Sviluppo. VenetoPromozione, interrogazione sui dipendenti
Zaia inaugura i nuovi servizi ambulatoriali di cardiologia e
ortopedia e annuncia la realizzazione di Hospice e ospedale di
comunità. Il governatore è arrivato puntuale a mezzogiorno
per il taglio del nastro della nuova area dell' ospedale,
ristrutturata e sorta dalle cenere dell' ex terapia intensiva che
qualche mese fa è stata spostata in un' altra zona e con spazi
decisamente più ampi. Si tratta in sostanza di un nuovo
reparto: la ristrutturazione ha interessato una superficie di
circa 530 metri quadrati in cui, oltre ai servizi igienici per l'
utenza e ai locali tecnici per gli impianti, sono state
organizzate due aree funzionali. La prima è destinata agli
ambulatori di Cardiologia: ha una superficie di circa 310 mq,
Ospedale di comunità arrivano altri 7 milioniChioggia. L' annuncio di Zaia all' inaugurazione della nuova piastra ambulatoriale L' area di530 metri quadrati è costata 830 mila euro, via libera anche all' hospice
CONEGLIANO (el.gi) All' ospedale De Gironcoli, la cappella
diventa sala convegni. L' esistenza della piccola chiesetta era
correlata alla degenza ospedaliera, ora non più attiva presso
la struttura di via Manin. E anche alla presenza delle suore
dell' ordine di Maria Consolatrice, proprietarie del De Gironcoli
fino al 2006. Le religiose hanno lasciato il nosocomio nel 2011
dopo 70 anni. Lo spazio occupato dalla cappella (nella foto)
cambierà dunque destinazione d' uso, progetto che va nella
direzione dell' ottimizzazione degli spazi dell' edificio.
Diventerà una sala convegni della capienza di novanta posti
per ospitare riunioni, incontri, seminari del polo universitario
che ha sede nel nosocomio di via Manin, e dell' azienda socio
sanitaria. Oggi, alle ore 18.30, nella cappella si terrà una
Santa Messa conclusiva di ringraziamento, che sarà celebrata
dal vescovo, monsignor Corrado Pizziolo. I lavori di
realizzazione della sala convegni inizieranno a breve. L'
azienda sanitaria conta di terminarli per fine anno. Gli arredi sacri che attualmente ammobiliano la
chiesetta saranno destinati alle suore che gestivano l' ospedale e alla diocesi di Vittorio Veneto. L'
organo, invece, andrà alla cappella dell' ospedale di Vittorio Veneto.
Il Gazzettino (ed.Treviso)
CONEGLIANO (el.gi) All' ospedale De Gironcoli, la cappelladiventa sala convegni.
Faccio riferimento all' articolo di Cristina Giacomuzzo dal titolo
"Disturbi neuropsichici, un bimbo su 5 ne è affetto", pubblicato
sul GDV del 24 agosto, per riportare la voce delle associazioni
dei genitori "Autismo Triveneto" e "Angsa Veneto Onlus",
unitamente a quelle raccolte da fondazioni e cooperative che
gestiscono servizi per minori ed adulti affetti da disturbi dello
spettro autistico.La notizia del "declassamento" del servizio di
neuropsichiatria infantile da "unità complesse" a "unità
semplici" ha suscitato sconcerto, preoccupazione e tristezza.
Fino al 2000 le famiglie spesso si dovevano accontentare di
una diagnosi di "Disturbi Generalizzati dello Sviluppo", ritardo
di linguaggio, disturbi del comportamento, e vagavano in centri
pubblici o privati, in regione o in Italia, per avere maggiori
chiarezza sulle difficoltà del loro figlio. Le Associazioni
periodicamente si facevano carico di organizzare convegni,
seminari, giornate di studio, aperti sia ai professionisti dei
Servizi sanitari delle Ulss, sia agli insegnanti e agli operatori che si occupavano di minori ed adulti
con autismo. Dal 2003 la "Fondazione Brunello onlus" di Vicenza si è impegnata con un' offerta
formativa, per diagnosi e intervento, rivolta ai componenti dei team autismo, Npi, psicologi,
logopedisti, educatori professionali, ovvero le figure professionali che operavano nei Servizi di
neuropsichiatria infantile. E così ha continuato nella sua offerta periodica di aggiornamento e
approfondimento sugli strumenti diagnostici, sulla conoscenza di realtà operative di Servizi di altre
regioni italiane, il tutto per pervenire a diagnosi più precoci e più corrette e favorire la progettazione,
in team, degli interventi abilitativi e riabilitativi rispondenti agli specifici bisogni della persona in carico.
Se oggi si dice che "l' autismo è in aumento" è proprio perché le diagnosi sono più precise e corrette,
frutto dell' attenta osservazione e valutazione dei componenti di un team multi professionale,
dedicando tempi per verifiche, programmazione e rapporti con i contesti di vita, ovvero famiglia e
scuola. A nome di tutte le famiglie e di tutte le istituzioni che si occupano dei bambini e ragazzi con
disturbi del neurosviluppo (autismo, disturbi dell' attenzione e dell' iperattività, disturbi del
comportamento, epilessia, disabilità intellettiva, disturbi alimentari e disturbi neurologici complessi)
chiedo che la posizione della Regione Veneto sia conosciuta anche attraverso questa mia
comunicazione affinché riveda la sua decisione di ridimensionare le Unità Operative di
neuropsichiatria infantile, garantendo la continuità di un lavoro interprofessionale e interdisciplinare,
come quello in atto, e rispondente alle direttive nazionali e regionali, e alle scelte sanitarie delle
Regioni più avanzate.Luciana BrunelloVicenza.
Il Giornale Di Vicenza
«Disturbi infantili e la modifica delle "unità"»
di Alice FerrettiContrarre l ' epatite A, mangiando un
tramezzino. Scoprire che la breve pausa pranzo tra il turno
della mattina e quello del pomeriggio è diventata un' assurda
trappola. È l' incubo in cui sono piombati una quindicina tra
commercianti e professionisti di via Umberto I, a due passi da
Prato della Valle. Qui l' infezione che si contrae consumando
alimenti contaminati dalle feci di un soggetto infetto, si è
diffusa a macchia d' olio. Al momento i casi accertati sono
quindici. I più fortunati sono stati ricoverati per una settimana,
gli altri anche per venti giorni. E tuttora c' è chi sta subendo
strascichi importanti.Ciò che sta rendendo l' atmosfera
esplosiva in via Umberto I, è che c' è anche un indiziato. È il
bar Bacaro Quadri al civico 58, perché è lì che andavano a
mangiare a pranzo tutti coloro che hanno contratto l'
infezione.Il gestore, chiaramente, si difende respingendo ogni
accusa: «Sono solo cattiverie, qui è tutto in regola».Ma rabbia
e malcontento montano, lì nelle vicinanze. «Prima stavo benissimo, l' epatite mi ha debilitato così
tanto che ho subito conseguenze gravi anche su altri organi e ora sono costretto a subire un
intervento chirurgico all' uretra», spiega tanto preoccupato quanto arrabbiato un negoziante della
strada. Arrabbiato, perché come tutti i suoi colleghi commercianti è sicuro di aver contratto l' epatite A
nel bar della via. Tutti i contagiati avrebbero infatti mangiato tramezzini, toast o panini al bar Bacaro
Quadri. Vi si recavano quotidianamente non solo per il caffè ma anche per il pranzo o per un veloce
spuntino pomeridiano. Sono convinti di aver contratto qui la malattia che li ha debilitati in massa, nell'
arco di un paio di settimane, costringendoli a ricoveri ospedalieri e a trafile di cure ed esami del
sangue che si prolungano ancora.«Non è un caso che tutti noi siamo stati contagiati dall' epatite nello
stesso momento, e proprio dopo aver mangiato nel bar in questione», racconta un altro negoziante.
«Abbiamo la certezza di essercela presa mangiando quei tramezzini». Nel rione da oltre un mese tutti
non fanno che parlare di questa storia. Il passaparola è passato di negozio in negozio, di studio in
studio. Anche i residenti, nell' arco di breve tempo, ne sono venuti a conoscenza. Qualcuno ha
pensato che fosse il caso di accertare se il bar rispettasse tutte le norme igienico-sanitarie, se fosse
in regola. E così la segnalazione è arrivata all' Usl. Gli ispettori sono usciti un paio di volte e hanno
controllato da cima a fondo l' esercizio commerciale. Non hanno trovato nulla di irregolare, com' era
prevedibile.Il problema infatti non era tanto di conservazione dei cibi o di mancata osservanza delle
leggi, quanto di contaminazione. Difficile dunque trovare qualcosa che non andasse. Difficile anche
provare di aver contratto la malattia proprio in quel luogo. Dopo essere state sottoposte a tutte le cure
necessarie, le persone contagiate dall' epatite A infatti si sono messe in contatto tra loro con l' intento
di vedere se fosse possibile denunciare il bar. «Il problema è che non è facile dimostrare che
abbiamo contratto il virus proprio in questo bar, anche se la logica dice questo», spiega una
Il Mattino di Padova
Quindici clienti infettati dall' epatite APaura in via Umberto I, sotto accusa il bar Bacaro QuadriAnche in Veneto manca il vaccinoper adulti In Italia 1.400 casi registrati in nove mesiContagio misterioso
professionista con studio lungo la via, «Addirittura il barista, dopo un primo momento in cui ha
respinto qualsiasi responsabilità, è andato personalmente a scusarsi con uno di noi per l' accaduto.
Ma ormai era troppo tardi, la malattia era in corso e molti si trovavano già ricoverati all' ospedale».
L' Ulss 5 deve avere un milione dagli Istituti polesani, oltre a
63.352 euro da Mauro Mantovani, già amministratore delegato
dell' ente, in solido con gli Istituti stessi, e 237.609 euro da
Giampaolo Pecere, direttore dal 2004 dei Distretti sociosanitari
dell' Ulss 18 di Rovigo e Badia, dal 2011 Distretto Medio
Polesine, e dal 2007 al 2010 anche coordinatore sanitario
interno degli Istituti. A stabilire il risarcimento di danno erariale,
la sentenza del maggio scorso della Corte dei Conti,
recependo la quale l' Ulss si è subito messa in moto. E, dopo
le verifiche e la nota del 9 agosto del procuratore regionale
della Corte dei conti, che attesta la sussistenza di «tutti i
presupposti per l' iscrizione ipotecaria giudiziale», l' Ulss
Polesana si è mossa. «Dell' intenzione di avvalersi della
facoltà di iscrivere ipoteca sui beni dei soggetti debitori, gli
stessi sono stati informati con note raccomandate con ricevuta
di ritorno e Pec, datate 11 agosto», si legge nella delibera del
24 agosto del direttore generale facente funzione Gianluigi Barausse, con la quale si dà conto che l'
avvocato Alessio Cervetti sta dando corso alla procedura di iscrizione di ipoteca, e si liquidano i
29mila euro di imposta ipotecaria all' Agenzia delle entrate. L' inchiesta penale per le ipotesi di reato
di abuso d' ufficio ed esercizio abusivo della professione - contestate in concorso a otto fra
responsabili della struttura, dirigenti medici e funzionari della Regione - non aveva superato il vaglio
del giudice per le udienze preliminari, che lo scorso settembre ha pronunciato il non luogo a
procedere. Ma la contestazione della mancanza di alcuni dei parametri richiesti per l' accreditamento,
che secondo l' accusa avrebbe reso illecitamente percepiti i finanziamenti confluiti sulla struttura,
formulata dalla Procura regionale della Corte dei Conti, è sfociata in una condanna. Secondo la
magistratura contabile, sulla base degli atti d' indagine della GdF, il personale impiegato, operatori
socio sanitari, alcuni dei quali impegnati anche nelle pulizie, infermieri, e anche medici specialisti,
sarebbe stato inferiore agli standard richiesti. Un danno per per l' Ulss che avrebbe pagato come se
FICAROLO All' azienda sanitaria spetta un milione come risarcimento per il dannoeconomico Francesco Campi
Istituti, Ulss pronta a mettere un' ipoteca
CORTINA Una storia di malasanità scuote Cortina: la
denuncia depositata ieri in Questura a Belluno è di un paziente
pugliese che lamenta ritardi nel ricovero ospedaliero, disordine
e di essere stato definito «feccia» da un medico. L' Usl 1 però
ribatte subito: «Siamo a conoscenza del caso, gestito con
professionalità. E non ci risulta alcuna offesa». La cronaca è
fresca. Parte da Foggia diretto al Putti di Cortina per farsi
ricoverare per un' osteomielite, ma dopo ore di attesa si ritrova
in ortopedia a Belluno dove è curato per malattia acuta
infettiva recente. «Il 24 agosto scorso sono andato al Putti per
farmi curare, come faccio da ormai 7 anni, per la mia
osteomielite che in quel momento era peggiorata ed essendo
in fase febbrile dovevo essere ricoverato al più presto - ha
raccontato il paziente, Luigi Russi -. Dopo aver visto che il
Putti era stato chiuso, cosa della quale non ero a conoscenza,
siamo andati, verso le ore 9, all' ospedale Codivilla e mi sono
messo in attesa di essere visitato, cosa che è avvenuta
solamente un' ora e mezza dopo il mio arrivo». Continua Russi: «A visitarmi è stato il dottor Darin,
che mi ha riconosciuto in quanto ex paziente del Putti. Mi ha medicato, ma poi mi ha riferito che non
potevo restare lì poiché non c' era l' infettivologo e che quindi dovevo essere trasferito a Belluno.
Dopo aver atteso le 14.30 per l' arrivo dell' ambulanza, una volta arrivato a Belluno, un' ora dopo
quindi, mi si è presentato lo stesso scenario. Mi è stato detto infatti che non potevano accogliermi e
che dovevo tornare al Codivilla. A quel punto mi sono arrabbiato ed è arrivato il primario del reparto
malattie infettive di Belluno dottor Francavilla». Russi nella vicenda è sempre stato affiancato dalla
moglie, la quale ha riferito che «sembrava che la preoccupazione principale fosse perché quel
paziente fosse lì anziché occuparsi di come intervenire per assisterlo e curarlo». L' ospedale di
Belluno ha così preso in carico il paziente, trasferito nel reparto di ortopedia e prima ricevuto in uno
studio, in cui la coppia è stata assistita dalla dottoressa Mondardini, del reparto infettivi. Ed è proprio
lì che, a quanto riferiscono i Russi, si è verificato uno «spiacevole episodio». «Abbiamo assistito ad
una chiamata che Mondini ha ricevuto da Francavilla. Il volume era alto, la voce forte, si sentiva
benissimo: ha chiesto se fossimo ancora lì e che "quella feccia che arrivava da Cortina" doveva
essere ricoverata». A quel punto la coppia è montata su tutte le furie. «Incredulo, ho strappato di
mano il telefono alla dottoressa per poter intervenire ma Francavilla ha agganciato». Ha dovuto
attendere, racconta, 12 ore per il ricovero. «Sono stato visitato solo in tarda serata dal dottor Saffi,
responsabile del reparto di ortopedia, il quale però mi ha subito detto che lui il giorno seguente
sarebbe andato in vacanza e non avrebbe potuto seguirmi». Così è stata Mondardini ad occuparsi
del paziente, tuttora ricoverato all' ospedale di Belluno. Sono accuse gravi quelle contenute nella
Corriere del Veneto (ed.Treviso)
Malasanità, un paziente denuncia i medici «Al San Martinomi hanno chiamato feccia»Coppia pugliese accusa l' ospedale: ricovero dopo 12 ore. L' Usl: nessun insulto
denuncia presentata all' Ufficio prevenzione Generale e Soccorso Pubblico della Questura di Belluno.
«Sono a conoscenza del caso - ha risposto il Direttore Sanitario della Usl 1 Dolomiti, il dottor
Giovanni Pinotti - ma ci tengo a precisare che il paziente è stato trasferito a Belluno poiché si trattava
di malattia acuta infettiva recente e non di una vecchia osteomielite riacutizzata e l' ospedale di
Belluno ha competenze in più per curare un' infezione di questo tipo». Pinotti chiude: «Mi piacerebbe
inoltre pensare che le osteomieliti venissero trattate non come casi a sé ma direttamente nelle città
dove nascono quei problemi. Ogni centro dovrebbe avere medici chirurghi capaci di saper affrontare
complicanze di questo genere. Per quanto riguarda la dichiarazione da parte del dottor Francavilla
sentita al telefono dal paziente non ne sono a conoscenza e non mi risulta che si sia espresso così».
L' Aidm, Associazione interregionale disabili motori onlus,
torna all' attacco sullo stato di salute dell' ospedale di
Malcesine. «La struttura è ormai abbandonata a se stessa»,
sostiene la presidente dell ' Aidm Denis Montagnoli.I
poliomielitici in particolare si lamentano che i lavori di
adeguamento dell' impianto antincendio sono fermi da diversi
mesi. «I pazienti divisi tra i due padiglioni A e B hanno notevoli
difficoltà di spostamento nonostante sia stato messo a
disposizione un vecchio pulmino. Inoltre all' interno gli infissi
cadono a pezzi, le apparecchiature delle palestre sono rotte e
non sono mai state riparate», sottolinea Montagnoli, che
aggiunge: «L' apparecchiatura per la pressoterapia è guasta
da due anni e ad oggi è ancora inutilizzabile». L' elenco dei
disservizi continua: «I bagni per i pazienti disabili sono privi di
sicurezza: i seggiolini per le docce o non ci sono, o vengono
aggiustati alla meno peggio. Diverse porte sono rotte. I lettini
per le palestre sono insufficienti per le terapie costringendo così alcuni pazienti, con grandi difficoltà
di movimento, ad effettuare le terapie da terra».«Quello che dispiace», commenta Montagnoli, «è la
mancanza di comunicazione da parte dell' Ulss, a cui sono state inoltrate diverse email per ottenere
chiarimenti che, però, non sono mai arrivati».La situazione dell' ospedale di Malcesine sarà in primo
piano all' ordine del giorno nella prossima assemblea generale dell' Aidm, fissata per sabato 9
settembre alle 15, al padiglione B dell' ospedale della Val di Sogno.L' Ulss 9 Scaligera, dal canto suo,
fornisce alcuni importanti aggiornamenti sul piano della riqualificazione della struttura ospedaliera di
Malcesine, a partire dall' intervento di adeguamento della struttura alla normativa antincendio con
fondi regionali, intervento già deliberato dal direttore generale Pietro Girardi lo scorso giugno e per il
quale ora si attende il via libera da Venezia.«Prevediamo che verso la fine di settembre la Regione
emetterà il decreto di finanziamento per i lavori», spiegano dall' Ulss 9, fissando anche una possibile
data di ripartenza. «Si ipotizza di iniziare ad organizzare il cantiere a partire dal prossimo 18
settembre».
L'Arena
MALCESINE. Protesta dell' Associazione disabili motori che chiede conto all' Aziendasanitaria
«Ospedale abbandonato a se stesso, ora basta»Tra i problemi, il fermo lavori per la messa a norma antincendio L' Ulss: «Presto ilfinanziamento si ipotizza di partire in settembre»
padova Esiste un tratto comune a tutte le chiacchierate e a
tutte le telefonate sul nuovo ospedale di Padova. Un non
detto, anzi un non scritto. Alla fine, prima di salutare o di
chiudere la chiamata, tutti gli interlocutori - più o meno
qualificati - concludono con un sospiro e un «tanto non si farà
mai». Perché la strada del nuovo polo sanitario della città del
Santo che dovrebbe racchiudere in sé la sapienza
universitaria, la speranza della ricerca e un' assistenza di
eccellenza capace di convogliare tutta la popolazione sanitaria
regionale è sempre stata in salita anche quando i terreni su cui
doveva essere realizzato erano qualche metro sotto il livello
del mare. Ma lasciando alle spalle la vicenda di Padova Ovest
che ha riempito per anni documenti ufficiali e pagine di
giornale per poi finire in una bolla di sapone, anche San
Lazzaro non sembra destinato a un futuro migliore (e anche
San Lazzaro ha riempito documenti e giornali, per non farci
mancare nulla). La cessione di parte dei terreni di San Lazzaro
di proprietà del consorzio Urbanizzazione Quadrante Nord-Est al Comune (per raggiungere l' area di
400 mila metri quadrati da consegnare alla Regione per consentire la realizzazione del policlinico)
doveva essere fatta entro il 6 luglio di quest' anno come previsto dalla delibera comunale. «Basta con
queste polemiche ridicole sullo stallo di Padova Est - interviene secco il consigliere regionale e
segretario del Pd padovano Claudio Sinigaglia -. A oggi mancano i terreni e manca un progetto
esecutivo. La mancata firma del Comune è un falso problema. Stiamo parlando di una cosa che non
esiste». In effetti, carte alla mano, la cessione dei terreni da parte dei privati al Comune doveva
avvenire entro il 6 luglio di quest' anno, data in cui il piano urbanistico attuativo del Comune di
Padova e il preaccordo firmato dall' allora amministrazione Bitonci per la cessione dei terreni dei
privati al Comune sono scaduti. «Non è un problema di date - frena l' ex sindaco Massimo Bitonci -.
Come ho firmato io il preaccordo, può benissimo firmarlo di nuovo Giordani. Queste sono tutte scuse,
anche se capisco le sua difficoltà a convincere il suo vice Arturo Lorenzoni e i nove esponenti di
Coalizione Civica che siedono in consiglio comunale a fare un nuovo ospedale visto che sono pronti
a buttare tutto all' aria». Di certo il passare del tempo e il progressivo allontanamento della fattibilità
del policlinico (che fa decisamente contenta una parte dell' elettorato padovano e, di conseguenza, di
una parte della maggioranza di Giordani che insiste sulla realizzazione «nuovo su vecchio») sono
due degli elementi che stanno facendo pensare alla Regione di traslocare al di fuori di Padova e che
mettono in seria difficoltà l' università e la Scuola di Medicina che sul nuovo ospedale si giocano l'
eccellenza della Sanità e della ricerca padovana come ribadito in più occasioni dal presiedente della
Scuola di Medicina Mario Plebani e dal rettore del Bo Rosario Rizzuto. «Ora corriamo il rischio di
restare al palo - riflette il deputato Domenico Menorello - io sono un sostenitore di nuovo su vecchio
Corriere del Veneto (ed.Padova)
Azzerato il nuovo ospedale scaduti i termini per le areeI terreni dovevano essere ceduti entro il 6 luglio, l' iter comunale va rifatto da capo
perché temo che al centro della città resti un ground zero, ma non si può prescindere dal parere dell'
università. Credo che Giordani debba firmare l' accordo magari chiedendo rassicurazioni sul futuro
dell' attuale ospedale». Sulla stessa linea d' onda anche il senatore Udc Antonio De Poli convinto che
«se la strada di nuovo su vecchio dovesse rivelarsi impraticabile sarebbe deleterio porre dei veti. Ora
è il momento del dialogo con l' università». L' allarme della politica però rischia di arrivare fuori tempo.
Tra il 7 giugno del 2016 (data in cui c' è stato l' ultimo incontro del comitatone tecnico per il nuovo
ospedale) è infatti passato più di un anno e nel frattempo (oltre a essere scaduto il termine del
programma attuativo per la cessione dei terreni dei privati al Comune) è cambiato anche il codice
degli appalti che prevede regole più stringenti per gli accordi di programma. «In effetti senza un
progetto dell' opera che comprenda i volumi, i metri quadrati e tutti i dettagli tecnici, l' opera in sé non
esiste - puntualizza l' architetto e docente dello Iuav Umberto Trame che ha seguito tutte le fasi del
comitato tecnico in questi anni -. Credo che la questione non possa essere risolta finché non sarà
chiaro che a Padova servono due ospedali: un policlinico universitario collegato alla Scuola di
Medicina in cui si fa ricerca e assistenza per problemi complessi e un ospedale di città che presti
assistenza per i casi di routine».
VENEZIA Si è insediata ufficialmente ieri a palazzo Ferro Fini
la Commissione d' inchiesta per le acque inquinate del Veneto
i n r e l a z i o n e a l l a c o n t a m i n a z i o n e d i s o s t a n z e
perfluoroalchiliche (PFAS). Il presidente è Manuel Brusco
(M5S), nominato all' unanimità, il vice è Alberto Villanova (Zaia
Presidente), il segretario è Alessandro Montagnoli (Lega
Nord). Gli altri componenti sono Massimiliano Barison (FI),
Sergio Berlato (FdI), Antonio Guadagnini (Siamo Veneto),
Maurizio Conte (Veneto per l' Autonomia), Cristina Guarda
(Alessandra Moretti Presidente) e Andrea Zanoni (Pd). I nove
commissari valuteranno i risultati del monitoraggio su residenti
e alimenti contaminati da PFAS nei 21 Comuni interessati tra
Vicenza, Verona e Padova, per capire se esista una soglia di
tossicità e se tali sostanze si siano insinuate negli animali,
nelle coltivazioni e se siano pericolose. «La Commissione sarà
chiamata ad accertare la verità - dice Brusco - e lunedì
prossimo dovremmo già essere operativi, con l' audizione degli
assessori di Sanità, Ambiente e Agricoltura». (e.r.)
Corriere del Veneto (ed.Padova)
Pfas, insediata la commissione a Ferro Fini Il presidenteBrusco: «Puntiamo alla verità»
VENEZIA Come da previsioni, è Manuel Brusco il presidente
della commissione d' inchiesta sul caso Pfas. Vista la
posizione della maggioranza, ieri hanno fatto un passo indietro
sia Cristina Guarda (Moretti Presidente) che Andrea Zanoni
(Partito Democratico), il quale dopo l' ennesimo bisticcio con
Sergio Berlato (Fratelli d' Italia) ha anzi proposto l' esponente
del Movimento 5 Stelle. «Inizieremo le convocazioni già lunedì
prossimo, con gli assessori e i dirigenti regionali di Sanità e
Ambiente», ha annunciato il grillino. «Dovranno essere
audizioni all' insegna del rigore scientifico», ha aggiunto il suo
vice Alberto Villanova (Zaia Presidente). L' organismo resterà
in carica per due mesi, prorogabili per altri due. «Siccome non
abbiamo tempo da perdere, ho sollecitato l' acquisizione degli
atti della commissione bicamerale di inchiesta sui rifiuti»,
riferisce Zanoni, che ha anche auspicato «una trasparenza
straordinaria» sull' attività dei commissari regionali, anche se
sul punto c' è chi ha invocato maggiore riservatezza «per rispetto delle indagini della magistratura».
Sempre ieri la dem Alessandra Moretti ha incontrato una delegazione del comitato Genitori contro i
Pfas di Lonigo: «Basta rimpalli di responsabilità e omissioni, la Regione deve dare risposte certe alle
è chiamata ad accertare la verità con metodo scientifico». E
Cristina Guarda (Lmp): «L' obiettivo è dare un massiccio
contributo di verità sulla vicenda. Se non avverrà sarà un' altra
presa per i fondelli». Sempre ieri la dem Alessandra Moretti ha
incontrato una delegazione del Comitato anti-Pfas: «Scriverò
ai ministri Lorenzin e Martina : la pazienza di questi genitori è
stata logorata dalle mancate risposte della Regione». Il gruppo incontrerà il governatore Zaia martedì
6 settembre.CRI.GIA.
Il Giornale Di Vicenza
La Commissione di inchiesta regionale sui Pfas è operativa.Lavorerà per due mesi (raddopp
ARZIGNANO Quasi 100mila euro spesi in manutenzione ogni
anno, che vanno ad aggiungersi ai circa 2,4 milioni che dal
2013 ad oggi sono stat i impiegat i per acquistare
strumentazione e realizzare opere di sbarramento ai composti
Pfas. A quattro anni dalla scoperta del maxi inquinamento tra il
Basso Vicentino, il Basso Veronese e la Bassa Padovana,
Acque del Chiampo fa la lista di quanto sia costato finora
tamponare l' emergenza. Il conto presto salirà a 4 milioni di
euro e la società partecipata da alcuni Comuni dell' Ovest
Vicentino nel 2016 aveva chiesto il ristoro delle spese e il
risarcimento dei danni alla Miteni, l' azienda chimica di Trissino
che Arpav imputa come responsabile negli anni passati dello
sversamento nella falda dei composti perfluoroalchilici
inquinanti. L' industria ha rigettato l' istanza, ma Acque del
Chiampo ha aderito all' esposto presentato in procura a
Vicenza dal Consiglio di Bacino. Intanto, a Lonigo, il sindaco
Luca Restello sta preparando una manifestazione popolare
per chiedere «i soldi allo Stato e la definizione dei limiti di concentrazione di Pfas», prevista per l' 8
ottobre. «È una vergogna - commenta - che il governo non abbia risposto in quattro anni alle
interrogazioni fatte dalla senatrice della Lega Nord Erika Stefani e ci sia stato solo silenzio su una
mozione che ha presentato Pierantonio Zanettin ancora nel 2013». In attesa di aggiornamenti sull'
arrivo dei finanziamenti statali da 80 milioni di euro, proseguono i lavori di manutenzione degli
impianti di trattamento, la sostituzione dei filtri a carboni attivi (che costano 98mila euro l' anno) e gli
interventi sulle infrastrutture idriche. Acque del Chiampo, che da poco ha rinnovato i vertici e ha alla
presidenza Renzo Marcigaglia e come consigliere delegato Andrea Pellizzari, ha concluso i lavori di
estensione delle reti idriche dell' acquedotto tra Lonigo e Brendola, raggiungendo un centinaio di
famiglie che prima attingevano a pozzi privati, tramite un allungamento di oltre 12 chilometri costato
1,2 milioni di euro. Il Consiglio di Bacino, presieduto dal sindaco di Arzignano Giorgio Gentilin, si
riunirà il 7 settembre per prendere decisioni su nuove azioni di contrasto ai Pfas.
Corriere del Veneto (ed.Vicenza)
Difese dai Pfas, Acque del Chiampo: spesi 4 milioniMiteni, per ora, nega il risarcimento. Il sindaco di Lonigo prepara una marcia di protesta
FOSSO' - Da qualche tempo, a Fossò, c' è chi trova strano il
gusto dell' acqua che esce dai rubinetti, chi la vede di colore
rosa e addirittura chi pensa sia inquinata dal Pfas. Una sorta di
psicosi diffusasi anche nei social e che ha costretto il sindaco,
Federica Boscaro, ad intervenire. Il sindaco ha chiesto a
Veritas un controllo e l' emissione di uno specifico comunicato
al riguardo. «L' acqua distribuita da Veritas è tra le migliori d'
Italia per qualità, continuamente e attentamente controllata ha
fatto sapere la società attraverso una specifica nota inviata al
Comune - L' acqua, per la maggior parte di falda, è attinta da
una sessantina di pozzi (non situati a Fossò, ndr.) a una
profondità che arriva a 300 metri. La potabile che esce dai
nostri rubinetti è attentamente controllata attraverso il nostro
laboratorio aziendale che preleva 17mila campioni e analizza
200mila parametri. La sua qualità è controllata in maniera
indipendente anche dall' Arpav e dalle Usl competenti. Non vi
è traccia di sostanze perfluoro-alchiliche (Pfas). Dalle oltre 200 verifiche eseguite in proposito con
avanzate tecniche non è mai emerso alcun problema in proposito. (V.Com.
Il Gazzettino
Vittorino Compagno FOSSÒ Dubbi sui social ma Veritas smentisce: «È tra le migliori d'Italia»
«L' acqua è rosa e ha uno strano sapore»FOSSÒ
Due milioni 800mila euro. È la cifra che Acque del Chiampo ha
speso in quattro anni, dall' estate 2013 quando è emersa l'
emergenza ad oggi, per il problema perfluori alchilici. Senza
contributi da Regione, Stato e Miteni, azienda da dove si
sospetta possa essere partito l' inquinamento. Nel dettaglio 2,4
mil ioni di euro di opere e 400 mila per gestione e
manutenzione impianti di trattamento e filtri ai carboni
attivi.COSTI. Il Consiglio di Bacino Valchiampo, che riunisce le
società Acque del Chiampo e Medio Chiampo, ha ribadito più
volte, anche con un esposto, la richiesta alla Miteni di ripristino
ambientale del sito e di compartecipazione alle spese. «Ma
finora nessuna risposta», sottolinea il presidente Giorgio
Gentilin. Anche Acque del Chiampo si è attivata. «C' è un'
azione legale verso la Miteni per il riconoscimento del danno
cagionato - spiega Andrea Pellizzari, consigliere delegato di
Acque del Chiampo - ma senza limiti di legge fissati a livello
nazionale non ci sono obblighi. I 2,8 milioni di euro spesi quindi sono a totale carico di Acque del Chiampo e dei comuni e si sono riversati sul rinvio di opere o sulle tariffe». Nell' Ovest Vicentino si lavora di squadra: il Consiglio di Bacino nel 2014 ha destinato 400mila euro ad Acque del Chiampo per i primi interventi, a fine 2015 altri 300mila euro per il laboratorio. Anche il Consorzio Arica ha sostenuto nel 2013 50mila euro di spesa per analisi effettuate a Francoforte. «Prima di Acque del Chiampo non c' era un laboratorio attrezzato in Italia» precisano.LIMITI. A livello nazionale non esistono ancora limiti chiari sui perfluori alchilici, pfoa e pfas. Nel 2013 il senatore del Pdl Pierantonio Zanettin aveva presentato una mozione sottoscritta da numerosi parlamentari, tra cui i vicentini Erika Stefani Lega Nord, e Rosanna Filippin Pd, per chiedere al Governo di introdurre un limite massimo della concentrazione di pfas nelle acque potabili. «Quella mozione attende ancora una risposta -
precisa la senatrice Stefani - da allora ho presentato diverse interrogazioni parlamentari per sollecitare il Ministero. Niente». «Come Consorzio Arica nel 2013 siamo intervenuti subito imponendo dei limiti in via precauzionale - aggiunge Renzo Marcigaglia, oggi presidente di Acque del Chiampo -
in assenza di legislazione abbiamo operato con buon senso».MANIFESTAZIONE. Il sindaco di Lonigo Luca Restello ha lanciato una manifestazione popolare l' 8 ottobre a Lonigo insieme ai comitati no pfas. «Ho invitato 300 sindaci dei comuni di Vicenza, Padova e Verona interessati dal problema - precisa - mi aspetto tanti cittadini soprattutto. Vogliamo far capire allo Stato che deve pagare, finora non hanno tirato fuori un quattrino, e la stiamo pagando noi che l' abbiamo subita. E che finalmente metta un limite nazionale ai perfluori. Il Governo si deve vergognare. La gente ha paura». «Serve una normativa- ribadisce il consigliere delegato Andrea Pellizzari - è il momento di pretenderla dal Governo».
Il Giornale Di Vicenza
ARZIGNANO/1. Dopo 4 anni dall' emergenza Acque del Chiampo fa il punto su quantorealizzato
Per i Pfas spesi 2,8 milioni «Ma nessun contributo»Pellizzari: «Risorse finora tutte a carico dell' ente gestore e dei comuni» Stefani: «Dalgoverno manca ancora la definizione dei limiti di legge»
PORTOGRUARO - La Regione ha autorizzato all' Ulss 4 l'
acquisto di un angiografo e di un mammografo con
tomosintesi per una spesa complessiva che sfiora i 500 mila
euro. L' angiografo verrà dato in dotazione alla Chirurgia
Vascolare di Portogruaro, diretta dal dottor Antonio Zanon, e
acconsentirà a questa unità di gestire autonomamente il
posizionamento di endoprotesi nei pazienti. Negli ultimi 15
anni spiega Zanon - la chirurgia vascolare si è arricchita di
tecniche che consistono nell' introduzione di cateteri nelle
arterie, su cui sono montati dei palloncini per dilatarle, oppure
degli stent. Queste tecniche endovascolari permettono di
evitare interventi ad addome aperto per ricostruire l' integrità
vascolare. L' agiografo ci consentirà di eseguire l' esatto
posizionamento degli stent e dei palloncini. Il mammografo
digitale con tomosintesi, la cui destinazione non è ancora stata
definita, sarà un fiore all' occhiello nell' ambito dello screening
mammario. Questa strumentazione ha rivoluzionato la mammografia perché associa le immagini
acquisite in due dimensioni alla tomosintesi tridimensionale multistrato. Di conseguenza il
mammografo con tomosintesi può rilevare anche le più piccole alterazioni che indicano la presenza di
un tumore mammario, permette inoltre una minore erogazione di radiazioni al paziente e la tecnologia
digitale acconsente al radiologo di elaborare il contrasto delle immagini aumentando la risoluzione
per la diagnosi. Lavorare con strumentazioni all' avanguardia sottolinea il direttore generale Carlo
Bramezza significa fornire all' utenza diagnosi e cure migliori, puntuali e spesso con tempi più brevi.
Ho inoltrato alla Regione la richiesta di autorizzazione all' acquisto di nuove apparecchiature, tra cui
altri mammografi e due nuove risonanze magnetiche per gli ospedali di Portogruaro e Jesolo. (t.inf.)
ULSS 4 I due importanti macchinari costano 500mila euro
In arrivo angiografo e mammografo
«La Regione mandi gli ispettori all' Ulss 22», chiedeva il
sindacato nazionale dei primari ospedalieri Anpo il 28 febbraio
2014 attraverso un esposto per punti nel quale si elencava
una serie di presunte criticità nella gestione aziendale dell'
Ulss con sede a Bussolengo. Dell' argomento si è scritto
anche sull' Arena, con un articolo del 6 marzo in cui si dava
conto della posizione di Anpo, che elencava a fronte di un
bilancio chiuso con 12 milioni di attivo la presenza di varie
carenze, tra cui la dotazione di tecnologia obsoleta, l'
in terruzione degl i screening ( in part icolare quel lo
mammografico ndr), l' esodo di 22 medici e diverse altre
questioni tutte sollevate da Donatella Noventa, presidente
regionale Anpo, e Marco Pradella, segretario nazionale. Allora
direttore generale dell' Ulss 22 era Alessandro Dall' Ora, oggi
dg di Serit, che all' epoca non aveva gradito l' esposto dell'
Anpo, amplificato negli effetti dagli articoli apparsi sulla stampa
locale e per questo, anche a tutela del buon nome dell' Azienda sanitaria da lui diretta, aveva sporto denuncia contro i medici firmatari per diffamazione.Ebbene, la prima sezione Civile del Tribunale di Verona ha disposto, con sentenza di primo grado pubblicata il 9 agosto 2017, di rigettare la domanda dell' avvocato Dall' Ora e dell' Ulss 22 (ora Ulss 9 Scaligera), di rifondere danni non patrimoniali quantificati in 60 mila euro in favore dell' ex dg e in altrettanti in favore dell' azienda sanitaria.Le 11 pagine di motivazioni, firmate dal giudice Francesco Bartolotti, presentano in parte i contenuti della lettera di Anpo e ripercorrono il clima teso nei rapporti tra sindacati medici e direzione generale, ricordando anche altri fatti specifici risalenti a quei mesi e al 2013. «In tal contesto complessivo», scrive il giudice, «le critiche sviluppate dai medici dell' Anpo e le conseguenti richieste di verifiche contenute nella lettera non appaiono totalmente pretestuose, benché polemiche, né risultano svincolate dai fatti oggetto di pubblico dibattito tra azienda sanitaria e sindacati da almeno un anno». La sentenza fa riferimento ad esempio all' esternalizzazione della lettura dei pap test.Il tribunale non ravvede nella lettera di Anpo nulla da criticare nemmeno in merito al linguaggio utilizzato. «Per quanto riguarda il profilo della continenza formale», si legge infatti in sentenza, «deve osservarsi come il linguaggio impiegato nella lettera del 28 febbraio 2014 appaia misurato, scevro da connotazioni deteriori circa le qualità professionali individuali del direttore generale Dall' Ora, il cui nominativo non risulta neppur menzionato. Le espressioni utilizzate appaiono quindi idonee allo scopo, inteso alla sollecitazione degli amministratori regionali in ordine alla politica gestionale, alla sicurezza degli standard qualitativi dei servizi per i pazienti e alla tutela del personale ospedaliero... senza degenerare in apprezzamenti gratuitamente offensivi o dileggianti della persona del direttore generale e senza censure generalizzate sull' immagine della Ulss 22 dal medesimo presieduta».La sentenza quindi conclude in modo netto a favore di Anpo: «Considerata l' indubbia pertinenza delle critiche sollevate dai medici ad interessi pubblici di primaria importanza, deve ritenersi che il contenuto dell' esposto di cui alla lettera del 28 febbraio sia riconducibile al legittimo esercizio del diritto di critica sindacale».
L'Arena
SANITÀ. Le motivazioni della sentenza civile
Il caso dei primari Respinto il ricorso dell' ex dg Dall' OraIl sindacato Anpo chiese controlli per le carenze nell' ex Ulss 22
Medici contro le vaccinazioni, si indaga per danno erariale. La
Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo) ha
chiesto all' Ordine di Treviso l' invio dei fascicoli del
procedimento che lo scorso aprile ha portato alla radiazione
dall' Albo professionale del dottor Roberto Gava, il cardiologo
dell' ospedale di Castelfranco schierato contro le vaccinazioni. Si apre così un nuovo filone di indagine, parallelo alla radiazione, anche se non è chiara la direzione intrapresa. «C' è un doppio alone di mistero rispetto alla richiesta della Procura» si legge nella circolare interna diramata nei giorni scorsi dalla Fmonceo «in primo luogo, non sembra evincersi se il danno erariale oggetto della ricerca sia da attribuire ai provvedimenti comminati dagli ordini o all' attività dei medici dissenzienti verso la somministrazione di vaccini». Oltre al caso del dottor Gava, sotto la lente della Procura generale della Corte dei Conti è finita anche la posizione del collega
milanese Dario Miedico, radiato per aver tradito - secondo l' Ordine - il giuramento d' Ippocrate
proclamandosi contrario alla vaccinazione di massa. La richiesta di documentazione sarebbe stata
formulata all' inizio di luglio dal viceprocuratore generale Domenico Peccerillo, che ha scritto alla
presidente della Fnomceo Roberta Chersevani invitando l' ente ad acquisire il materiale aggiuntivo
richiedendolo agli Ordini provinciali. «La documentazione del fascicolo in possesso della Procura» si
legge nella circolare dell' Ordine nazionale «necessita di ulteriori elementi utili all' esercizio dell'
azione erariale» e si ritiene necessario «acquisire tutta la documentazione probatoria». Si chiede
pertanto la trasmissione di «tutti i fascicoli afferenti i provvedimenti disciplinari». La Procura sarà
quindi chiamata a ricostruire e ad analizzare la posizione del dottor Gava, valutando l' eventuale
danno erariale, da lui provocato o a lui inferto. Gli atti richiesti dalla Fnomceo all' Ordine trevigiano, a
integrazione del materiale già in possesso della Procura, riguardano il fascicolo aperto nel febbraio
del 2016. Un faldone di prove che a suo tempo era stato completato con le dichiarazioni del dottor
Gava, espresse davanti alla commissione valutatrice. Dopo oltre un anno di lavoro, l' istruttoria aveva
portato a ritenere che l' operato dello specialista dell' ex Usl 8 non fosse conforme alla deontologia
medica. Da qui la decisione di radiarlo dall' esercizio della professione e il ricorso del medico Gava,
che ha fatto appello alla Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie (Cceps).
Medici, indagine per danno erarialeLa Procura generale chiede all' Ordine gli atti relativi alla radiazione del trevigiano anti-vaccini Roberto Gava
Medici contro le vaccinazioni, si indaga per danno erariale. La
Federazione nazionale degli Ordini dei medici (Fnomceo) ha
chiesto all' Ordine di Treviso l' invio dei fascicoli del
procedimento che lo scorso aprile ha portato alla radiazione
dall' Albo professionale del dottor Roberto Gava, il cardiologo
dell' ospedale di Castelfranco che opera anche a Padova
schierato contro le vaccinazioni. Si apre così un nuovo filone
di indagine, parallelo alla radiazione, anche se non è chiara la
direzione intrapresa. «C' è un doppio alone di mistero rispetto
alla richiesta della Procura» si legge nella circolare interna
diramata nei giorni scorsi dalla Fmonceo, «in primo luogo, non
sembra evincersi se il danno erariale oggetto della ricerca sia
da attribuire ai provvedimenti comminati dagli ordini o all'
attività dei medici dissenzienti verso la somministrazione di
vaccini». Oltre al caso del dottor Gava, sotto la lente della
Procura generale della Corte dei Conti è finita anche la
posizione del collega milanese Dario Miedico, radiato per aver tradito il giuramento d' Ippocrate
proclamandosi contrario alla vaccinazione di massa. La richiesta di documentazione sarebbe stata
formulata all' inizio di luglio dal viceprocuratore generale Domenico Peccerillo, che ha scritto alla
presidente della Fnomceo Roberta Chersevani invitando l' ente ad acquisire il materiale aggiuntivo
richiedendolo agli Ordini provinciali. «La documentazione del fascicolo in possesso della Procura» si
legge nella circolare dell' Ordine nazionale, «necessita di ulteriori elementi utili all' esercizio dell'
azione erariale». Si chiede pertanto la trasmissione di «tutti i fascicoli afferenti i provvedimenti
disciplinari». La Procura sarà quindi chiamata a ricostruire e analizzare la posizione del dottor Gava,
valutando l' eventuale danno erariale, da lui provocato. Gli atti richiesti dalla Fnomceo all' Ordine
trevigiano, riguardano il fascicolo aperto nel febbraio del 2016. Un faldone di prove che a suo tempo
era stato completato con le dichiarazioni del dottor Gava, espresse davanti alla commissione
valutatrice. Dopo oltre un anno di lavoro, l' istruttoria aveva portato a ritenere che l' operato dello
specialista dell' ex Usl 8 non fosse conforme alla deontologia e all' etica medica. Da qui la decisione
di radiarlo dall' esercizio della professione e il conseguente ricorso del medico, che ha fatto appello
alla Commissione Centrale per gli Esercenti le Professioni Sanitarie.
Il Mattino di Padova
No-vax, altri guai per Gava ipotesi di danno erarialeNel mirino il medico padovano già radiato dall' Ordine per le sue posizioni L' inchiesta dellaCorte dei conti coinvolge anche un secondo professionista
Ad una dozzina di giorni dalla prima scadenza, sull' obbligo
vaccinale la giunta Zaia ha deciso di non decidere. Ieri il tema
dell' immunizzazione di bambini e ragazzi, a cui è subordinata
l' iscrizione ad asili e scuole, è stato affrontato nella seduta del
martedì a Palazzo Balbi: solo discussione e nessuna delibera,
però, «perché questo decreto l' ha voluto lo Stato, non la
Regione, che infatti ha presentato ricorso». Questo tuttavia
non significa che sarà disapplicata la legge statale, tant' è vero
che le Ulss si sono già messe in moto, per garantire non solo
le iniezioni ma anche le informazioni su documenti e
autocertificazioni da fornire ai plessi. Per ora vale dunque solo
la circolare inviata dalla direzione regionale Prevenzione alle
aziende sanitarie, nella quale sono state indicate le modalità
organizzative con cui gestire le richieste delle famiglie. Entro il
10 settembre per i nidi e le materne, ed entro il 31 ottobre per
gli altri gradi di istruzione, i genitori dovranno infatti
consegnare alla scuola il certificato vaccinale (rilasciato dall' apposito ambulatorio) o un' autocertificazione (il relativo modulo è scaricabile da alcuni siti aziendali), così da attestare le somministrazioni già effettuate, in relazione ai dieci sieri imposti dalla normativa; nel caso in cui il ciclo non sia ancora stato completato, sarà ritenuto valido anche un documento che conferma la richiesta di appuntamento. Qualche Ulss, come ad esempio la 6 Euganea, ha annunciato l' invio a mamme e papà dei bimbi da 0 a 6 anni di un sms che ricorda l' imminente termine e ha stilato un programma di aperture straordinarie degli ambulatori vaccinali per fare fronte all' afflusso dell' utenza. Qualche altra, come la 4 Veneto Orientale, ha rammentato via Internet che il percorso dovrà comunque essere completato per il 10 marzo. Entro dieci giorni a partire da quella data, infatti, le scuole invieranno alle aziende sanitarie l' elenco degli iscritti non in regola: quelli fino a 6 anni saranno esclusi dagli asili, mentre per gli alunni di elementari, medie e superiori scatteranno le sanzioni da 100 a 500 euro, che secondo la norma saranno elevate dalle Ulss ma incassate dal ministero della Salute. «A quel punto si arrangi lo Stato a fare tutto, anche a rispondere alle difficoltà operative delle scuole, perché noi abbiamo un sistema vaccinale d' eccellenza che non necessitava certo di essere appesantito da imposizioni che non condividiamo per nulla», sbotta Elena Donazzan, assessore regionale all' Istruzione, che ieri ha portato l' argomento in giunta. «La nostra anagrafe vaccinale è all' avanguardia, caso unico in Italia, tanto che paradossalmente saremo i migliori anche nell' adeguarci ad un obbligo che comunque contesteremo davanti alla Corte
La giunta Zaia non delibera sull' obbligo che condiziona le iscrizioni. Aziende sanitarie mobilitate
«Il nostro sistema è all' avanguardia, lo Stato risolva i problemi che causa»Entro il 10 settembre per i bimbi da 0 a 6 anni vanno attestate le iniezioni L' Ulss rilascia il documento, ma vale anche la dichiarazione dei genitori
Massima informazione, omogenea per tutte le scuole del
capoluogo. E rigore nell' applicazione del decreto Lorenzin - a
cominciare dalla tolleranza zero per i figli delle famiglie no vax
che manifesteranno l' intenzione di non vaccinare i propri figli:
nessun accesso e nessuna frequenza per loro nei nidi e nelle
scuole dell' infanzia - ma anche un invito a cercare il dialogo e
il confronto con le famiglie più dubbiose e restie e (anche con
quelle intransigenti e dichiaratamente no-vax?), per l' interesse
supremo di far prevalere «la salute dei bambini e la salute
pubblica».E' la linea che sarà adottata nel comune di Treviso
per applicare il decreto Lorenzin. Lo hanno deciso ieri a Ca'
Sugana, nella attesa riunione operativa, l' assessore alla
pubblica istruzione del Comune, Anna Caterina Cabino, e i
dirigenti della scuole dell' infanzia e dell' obbligo della città, sia
pubbliche che paritarie.«Le norme sono chiare e valgono per
tutti», ha ricordato l' assessore della giunta Manildo, «e
I figli dei no-vax fuori da nidi e materneMassimo rigore, tolleranza per chi vorrà mettersi in regola (c' è tempo fino al 15 marzo). Ierisummit operativo a Ca' SuganaL' OBBLIGO DEI VACCINI A SCUOLA
Mentre le Usl si stanno organizzando per rispondere
alle migliaia di richieste di certificati vaccinali, ma anche
di vaccinazioni, presentate in questi giorni dai genitori degli
alunni di età compresa tra zero a 16 anni, la Regione ha
dato mandato all' avvocato Luca Antonini di presentare il
secondo ricorso contro l' obbligo vaccinale imposto dalla
nuova normativa statale come condizione per la
frequenza in asili, elementari, medie e biennio di superiori
e Centri professionali. Lo ha annunciato il presidente Luca
Zaia nel corso della giunta di ieri: all' impugnazione
del decreto Lorenzin davanti alla Corte Costituzionale
decisa lo scorso 13 giugno, nei prossimi giorni seguirà un
secondo ricorso contro la legge di conversione dello
stesso. Con una differenza sostanziale: stavolta il Veneto chiede anche la sospensiva dell' obbligo, per gli studenti da zero a 16 anni, di assumere dieci vaccini: antipoliomelitica, antidifterica, antitetanica, anti-epatite B, anti-pertosse, anti-
Haemophilus influenzae tipo b, anti-morbillo, anti-rosolia, anti-parotite e anti-varicella. Pena sanzioni
da 100 a 500 euro e la non iscrizione a Nido e materne. E la chiede subito, contestualmente all' inizio
dell' anno scolastico. «Siccome il decreto legge è stato convertito in legge con modificazioni è
necessario impugnare anche quest' ultima, che appunto contiene cambiamenti, per esempio il
numero di vaccinazioni obbligatorie scende da 12 a 10 (e le multe sono meno salate, prima
arrivavano ai 7500 euro, ndr ) - spiega il professor Antonini, ordinario di Diritto costituzionale all'
Università di Padova ed esperto di ricorsi in materia di Sanità -. L' obbligo rimane lesivo della
normativa regionale, basata su consenso informato, libero convincimento e alleanza terapeutica. La
legge di conversione mantiene la rigidità dell' obbligatorietà, con numerose contraddizioni interne già
riscontrabili nel decreto legge. Per esempio: secondo la giurisprudenza l' obbligo si giustifica solo
quando c' è un interesse della collettività da tutelare che non può essere tutelato in altro modo. Non
lo ravviso in relazione alla situazione del Veneto - avverte l' avvocato - che vanta un livello di
copertura vaccinale nettamente al di sopra della soglia critica stabilita dall' Oms nell' 85%. Il decreto
legge confonde la soglia critica con la copertura ottimale del 95% (secondo l' Oms necessaria a
garantire l' immunità di gregge, cioè la protezione anche dei soggetti che non possono essere
vaccinati per motivi di salute, ndr ). Nel Veneto il livello di copertura è sopra al 90% e senza alcuna
costrizione. Non c' è emergenza tale da giustificare il ricorso al decreto legge». Quanto alla
sospensiva, precisa il professor Antonini: «L' avevamo solo annunciata con la prima impugnazione,
perchè aspettavamo la legge di conversione, ora la chiediamo ufficialmente. Depositeremo il ricorso
nei prossimi giorni». Insomma, continua la «disobbedienza ideologica» del Veneto, che però, come
Corriere del Veneto (ed.Padova)
Vaccini, secondo ricorso della Regione «Stavolta chiediamola sospensiva»Palazzo Balbi impugna la legge sull' obbligo. Coletto: «La coercizione non serve»
già disse due mesi fa l' assessore alla Sanità, Luca Coletto, nella pratica rispetta la legge dello Stato.
Anche se con una piccola forma di protesta: venerdì scorso il Dipartimento di Prevenzione ha inviato
a tutte le Usl una circolare con le «Prime indicazioni operative regionali per l' applicazione della legge
119 del 31 luglio 2017». «Doveva essere una delibera - rivela l' assessore all' Istruzione, Elena
Donazzan - ma il presidente ha deciso di non emanarla perchè i contenuti non sono di nostra
competenza». «Con la coercizione non si va da nessuna parte - dice Coletto - la copertura di gregge
era già prevista dalla legge regionale 7 del 2007 che aveva sospeso l' obbligo vaccinale. La legge
dello Stato, poi, contiene strane indicazioni. Esempio: da zero a 6 anni se non sei vaccinato non vai a
scuola, da 7 a 16 anni se paghi la multa ci vai. Non ha senso».
Influenza aviaria: mentre nel Basso veronese si susseguono
gli abbattimenti, ieri ne sono stati avviati ben tre in altrettanti
allevamenti, Coldiretti interviene, chiedendo ristoro per i danni
che sta subendo il comparto avicolo. La sezione regionale dell'
associazione di categoria agricola, infatti, ha scritto agli
assessori regionali all' Agricoltura ed alla Sanità, Giuseppe
Pan e Luca Coletto, per esprimere la propria preoccupazione
per i nuovi focolai di contagio scoperti nella pianura scaligera.
«Le misure adottate sono doverose in quanto precauzionali»,
dice la missiva, «ma va tenuto conto che il divieto di
accasamento, ovvero l' avvio di nuovi cicli produttivi, disposto
per i tacchini determina un fermo dell' allevamento che ha
ripercussioni pesanti sul reddito delle imprese». «Si tratta per
la maggioranza di aziende d' avanguardia, con strutture
altamente tecnologiche e sostenibili dal punto di vista dell'
ecosistema che non possono permettersi di non lavorare»,
dice Coldiretti. Secondo la quale la Regione deve considerare anche i danni indiretti e non limitarsi a
riconoscere l' indennizzo per gli abbattimenti. «Si attivino i fondi necessari, perché il perdurare di
questa situazione rischia di mettere in ginocchio un settore di punta che è già provato da eventi
epidemici del passato», afferma Coldiretti. Ieri, intanto, come si diceva sono state avviate, in
ottemperanza di ordinanze disposte dai sindaci in seguito a segnalazioni delle Asl, uccisioni di
pennuti in tre allevamenti. Il primo, è quello di San Pietro di Morubio nel quale lunedì è stata
confermata la presenza del virus. Una struttura in cui c' erano 11mila tacchini. A fianco ad essa ce n'
è una seconda, con oltre 6mila tacchini, e della stessa proprietà è anche un allevamento con circa
2.500 tacchini a Cerea. Anche per questi due impianti è stato disposto l' abbattimento, come forma di
prevenzione della diffusione del contagio. Infine il ministero della Salute, che già aveva chiesto
verifiche in merito ad un' ipotetica correlazione con l' influenza aviaria, ha emanato una nuova nota
relativa ai controlli che devono essere effettuati per verificare l' eventuale utilizzo di insetticidi, Fipronil
ed Amitraz, negli allevamenti di galline ovaiole. Il Veneto è la Regione che sarà sottoposta al maggior
numero di controlli, visto che dovrà effettuarne ben 214, quasi un quarto di quelli previsti a livello
nazionale, di cui 137 in allevamenti a terra e 74 in allevamenti in gabbia. LU.FI.
L'Arena
AGRICOLTURA. Avviati gli abbattimenti in tre allevamenti nella Bassa
Aviaria, nuovi focolai «Servono più aiuti»Coldiretti: «La Regione deve considerare anche i danni indiretti: queste aziende nonpossono fermare tutto»
PADOVANon solo finanziamenti, ma anche collaborazione dal
punto di vista tecnico e gestionale: i privati possono entrare a
gamba tesa nel mondo della cultura, dando origine a esempi
virtuosi. Un caso particolare, a Padova, è il Museo della Storia
della Medicina: nel 2014, a prendere le chiavi dell' ex ospedale
di San Francesco Grande, che fin dal 1414 ospitò il primo polo
della salute padovano, era stato Luca Quareni, imprenditore e
fondatore dell' azienda padovana QbGroup spa. Oggi il museo
è un esempio virtuoso di collaborazione tra pubblico e privato,
e una delle attrazioni tra le più apprezzate dai turisti. «Ci sono
molte ragioni che possono indurre un imprenditore a investire
in cultura» spiega Francesco Peghin, ex imprenditore e attuale
presidente della Fondazione Musme, «per alcuni lo slancio
viene da una particolare sensibilità nei confronti dell' arte o di
specifici progetti. Per altri può esserci un interesse più diretto:
nel caso del Musme, c' è stata un' azienda che lavora nel
campo medico, quindi il settore è lo stesso. A prescindere dalle motivazioni, comunque, è una scelta con molti risvolti positivi: sicuramente in termini di visibilità e di marketing, non solo dell' azienda ma anche personali. Penso a Diego della Valle che ha voluto finanziare il restauro del Colosseo: è stato un investimento molto impegnativo, ma con riscontri importanti». Il caso del Musme, oggi, rimane un esempio un po' a sé stante: «L' impegno economico per il restauro del palazzo era difficilmente gestibile con il solo intervento pubblico» continua Peghin, «e anzi, sarebbe stato forse un po' avventato arrischiarsi in un' impresa che poteva rivelarsi non redditizia. Invece è stato siglato un accordo di collaborazione che ha permesso di arrivare dove siamo oggi: il museo ha molti visitatori, i bilanci sono in equilibrio. E da imprenditore, pur rappresentando in questo caso la parte pubblica, posso dire che la scelta è stata lungimirante. È un modello da replicare». Tanto più che l' ingresso nel progetto (con Università, Regione, Provincia, Comune, Azienda ospedaliera e Ulss) di QbGroup è stato fondamentale anche dal punto di vista tecnico: «L' azienda» conclude Peghin, «ha messo a disposizione la sua esperienza tecnologica: le modalità espositive del Musme sono le stesse che Qbgroup utilizza per le sue attività di formazione medica, e sono anche l' elemento distintivo e più di successo del museo».
Il Mattino di Padova
gli imprenditori
«Musme, modello di sinergia finanziamenti ma anche idee»