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guida Anzola al tempo delle Terramare Museo Archeologico Ambientale Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna
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Museo Archeologico Ambientale Soprintendenza per i Beni ...online.ibc.regione.emilia-romagna.it/I/libri/pdf/Anzola_al_tempo... · scuole, con grande soddisfazione di docenti e alunni.

Feb 16, 2019

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guida

Anzola al tempodelle Terramare

Museo Archeologico Ambientale

Soprintendenza per i Beni Archeologici

dell’Emilia Romagna

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© 2011 Museo Archeologico Ambientale

Stampato a Bologna Dicembre 2011Centro Stampa della Regione Emilia - Romagna, Bologna

Museo Archeologico AmbientalePorta Garibaldi, Corso Italia, 16340017 San Giovanni in Persiceto (BO)tel 051-6871757 / fax 051-823305

e-mail: [email protected] web: www.museoarcheologicoambientale.it

In collaborazione con

Ministero per i Beni e le Attività Culturali

Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna

Regione Emilia Romagna

Istituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturali

Comune di Anzola dell’Emilia

Museo Archeologico Ambientale

Associazione Centro Agricoltura Ambiente

Si ringrazia per il generoso contributo

Provincia di Bologna

“MUSEO DI QUALITÀ”È RICONOSCIUTO DA REGIONE EMILIA-ROMAGNAISTITUTO PER I BENI ARTISTICICULTURALI E NATURALI

I lavori di ristrutturazione sono stati realizzati da

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Anzola al tempodelle Terramare

a cura di

Paola Desantis

Marco Marchesini

Silvia Marvelli

Museo Archeologico Ambientale

Soprintendenza per i Beni Archeologici

dell’Emilia Romagna

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Coordinamento, progetto scientifico ed espositivoPaola Desantis - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna

Silvia Marvelli, Fabio Lambertini - Museo Archeologico AmbientaleFabrizio Finotelli - Wunderkammer snc

Tiziana Caironi - Collaboratore della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna

Allestimento mostraFabio Lambertini, Laura Pancaldi - Museo Archeologico Ambientale

Paolo Toccarelli - Comune di Anzola dell’Emilia

Testi dei pannelli e guidaPietro Baraldi, Tiziana Caironi, Paola Desantis, Patrizia Farello, Fabrizio Finotelli, Marco Marchesini, Silvia Marvelli, Giuliana Steffè, Paolo Toccarelli, Lucia Urbinati

Restauri Franco Andreani, Anna Musile Tanzi, Monica Zanardi

Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna

Disegni, ricostruzioni, computer graficaFrancesca Argentina, Tiziana Caironi, Patrizia Faccenda, Fabrizio Finotelli,

Fabio Malossi, Maria Agnese Mignani, Vanna Politi, Nives Storci

FotografieRoberto Macrì, Marco Marchesini - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna

Fabrizio Finotelli - Wunderkammer sncFabio Lambertini - Museo Archeologico Ambientale

Indagini archeoambientali Patrizia Farello, Marco Marchesini - Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna

Silvia Marvelli, Elisabetta Rizzoli - Laboratorio Archeoambientale, C.A.A. Giorgio Nicoli srl

Analisi chimiche (vetro e ambra)Pietro Baraldi - Dipartimento di Chimica dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

Scavi archeologiciDirezione scientifica di Giuliana Steffè, funzionario responsabile per la preistoria della

Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia RomagnaScavi eseguiti da Ars Archeosistemi Scarl, Prometeo Scarl (1993), A & R Archeologia e Restauro

S.a.S. (1996, 1999, 2000, 2001), Wunderkammer snc (2008) Finanziamenti di Anzola Domani, Coop Adriatica, Coop Costruzioni,

Consorzio Lavinello, Opera Pia dei Poveri Vergognosi

Ricerche GeofisicheC.G.A. Studio, Carotaggi Geoprobe

Progetto grafico guida e pannelliStudio MCS di Marco Cocchi

Stampa guida Centro Stampa della Regione Emilia Romagna

Si ringrazia per la preziosa collaborazioneFiamma Lenzi - Regione Emilia - Romagna, Istituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturali

Carla Conti, Massimo Morara, Maria Teresa Pellicioni Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna

Giovanni Albertini - Centro Culturale Anzolese

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Anzola al tempo delle Terramare

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Presentazioni

L’apertura di questa sezione museale è il punto conclusivo di un lungo lavoro di valo-rizzazione delle testimonianze terramaricole anzolesi, che si è esteso per oltre un de-cennio e ha coinvolto, oltre al nostro Comune, la Soprintendenza per i Beni

Archeologici dell’Emilia Romagna, l’Istituto per i Beni Artistici, Culturali e Naturali della RegioneEmilia-Romagna, il Centro Culturale Anzolese, l’Istituto comprensivo De Amicis di Anzola del-l’Emilia e, nell’ultima decisiva fase, anche il Museo Archeologico Ambientale. In particolare, vor-remmo ricordare il prezioso supporto tecnico e scientifico fornito dall’IBC fin dal 2003 nella primaipotesi progettuale di un museo ad Anzola dell’Emilia, progettualità che si è concretizzata in questianni ed è oggi arrivata alla sua completa realizzazione. Il fine di questo lavoro comune di istituzioni,volontari, docenti ed alunni, era mettere in luce una parte significativa del passato del nostro terri-torio, perché interessante da conoscere, ma anche perché di sicuro valore simbolico: il rispettocritico del passato può essere uno strumento di edificazione di un presente più umano, più riccodi significato, più vivibile. Il risultato di questo lavoro è quindi un museo dalla forte caratterizzazionedidattica, che fa tesoro dell’intesa attività che in questi anni l’Amministrazione ha promosso nellescuole, con grande soddisfazione di docenti e alunni. Abbiamo cercato, con la collaborazione ditutti, di progettare e realizzare spazi «contemporanei», che facciano un uso intelligente delle nuoveopportunità che la tecnologia informatica propone e nei quali si possa fare, oltre che vedere. Lastruttura esterna dedicata ai laboratori didattici di scavo simulato ne è un esempio: le classi in visitapotranno cimentarsi nella professione dell’archeologo, conoscendone ed applicandone le principalitecniche. Investire in una struttura che ha il suo cuore nella didattica dell’archeologia può sembrareazzardato, e probabilmente lo è. L’Amministrazione ha utilizzato in gran parte risorse non comunaliper la progettazione e l’arredo degli spazi, pubbliche e private, fra cui desideriamo ricordare il ge-neroso sostegno dalla G.D S.p.A., e ha ipotizzato un sistema di gestione, accentrato sul MuseoArcheologico Ambientale, che permetterà di ottimizzare risorse e personale.

Come ricordato, questo lungo lavoro non sarebbe stato possibile senza il coinvolgimento dimolti. Vorremmo ricordare non tanto le istituzioni, quanto le persone che hanno lavorato gomitoa gomito, con tanta passione: fra le molte non possiamo non citare Paola Desantis, Fiamma Lenzi,Giovanni Albertini, Paolo Toccarelli, Marco Marchesini e Silvia Marvelli, ai quali va il nostro sentitoe affettuoso ringraziamento. Questo risultato comune è, come ogni risultato, solo la premessa diun ulteriore lavoro di cui si farà carico in futuro l’Amministrazione comunale.

Loris Ropa Giulio SantagadaSindaco del Comune di Anzola dell’Emilia Assessore alla Cultura

Comune di Anzola dell’Emilia

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Una fortunata scoperta casuale, un attento e delicato lavoro di scavo e re-cupero, condotto dal personale della Soprintendenza, dagli operatori delleimprese specializzate e dai volontari talvolta anche in condizioni difficili

sul piano operativo ed in un complesso dialogo con soggetti pubblici e privati, un pa-ziente lavoro multidisciplinare di analisi, studio e restauro dei reperti, l’esposizione ela pubblicazione dei risultati grazie anche alla sensibilità di più amministrazioni locali.Come molti casi di ricerche archeologiche in Emilia-Romagna in questo ultimo ven-tennio, anche l’avventura della scoperta, dello studio e della presentazione al pubblicodella Terramara di Anzola dell’Emilia può essere scarnamente sintetizzata in tale se-quenza, che inevitabilmente lascia in ombra il grande numero di protagonisti la cuidisponibilità, professionalità, passione e voglia di contribuire ad un conseguimentoimportante per tutta la collettività hanno cooperato con energia e continuità per arri-vare a questa prima tappa di condivisione estesa dei risultati.

Non è la prima volta che accade e nondimeno è sempre fantastico il poter festeg-giare un nuovo traguardo, anche perché in particolare per la Terramara di Anzoladell’Emilia il bilancio è davvero entusiasmante: un insediamento dell’età del BronzoRecente, databile nella prima metà del XIII secolo a.C., è individuato, compreso nellesue attività principali, correttamente inserito nel territorio e nell’ambiente dell’epocasecondo la finalità caratterizzante del Museo Archeologico Ambientale, presentato informa sintetica ma chiara ed esaustiva. Emergono anche attività artigianali particolari,come la variegata produzione ceramica, la lavorazione di ornamenti in pasta vitrea ela buona documentazione dell’attività metallurgica, ma soprattutto la chiara compren-sione delle dinamiche del rapporto con il territorio, a partire dalla non sempre facilegestione del reticolo idrico. Diciotto anni di lavoro, pur non continuativo, non sonopassati invano e questa agile ma ricchissima pubblicazione lo testimonia ampiamente.

Nel ringraziare tutti coloro, singoli ed amministrazioni, che hanno così efficace-mente e sinergicamente cooperato perché questo libro fosse possibile e venisse rea-lizzato, saluto anche con vivo compiacimento, istituzionale e personale, l’apertura diun nuovo polo ad Anzola dell’Emilia nell’ambito della rete del Museo ArcheologicoAmbientale, che concorre a configurare questo straordinario museo multicentricocome un esempio innovativo, di notevole coraggio e sensibilità, che lascia ben sperareanche in momenti di ridotte risorse sulle grandi prospettive e potenzialità del sistemadei musei archeologici territoriali in Emilia-Romagna.

Filippo M. GambariSoprintendente per i Beni Archeologici dell’Emilia - Romagna

Presentazioni

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S e è concesso esemplificare il senso del paesaggio come messa a sistemadel territorio da parte delle società umane che vi si sono insediate, riu-scirà più agevole comprendere che si sta parlando del teatro dinamico

della nostra stessa esistenza e, come tale, non di un’opera immutabile nei millenni,ma anzi di una grandiosa realizzazione punteggiata da finestre temporali coinci-denti con i momenti salienti di costruzione/rigenerazione di questo immane mo-numento scaturito dalla fusione di uomo e natura.

Potendo concepire il paesaggio come un fluire filmico, scorrerebbe infatti da-vanti ai nostri occhi una transizione di scene, che senza bruschi passaggi d’imma-gine dissolvono ed evolvono le une nelle altre, restituendoci la percezione di uninsieme unitario, la cui continuità è iscritta proprio nel diuturno agire degli uominie nel dialogo da essi intrecciato con i luoghi dell’abitare, elemento unificante e di-stintivo delle diverse comunità locali, ovvero - come meglio recita la Convenzioneeuropea del Paesaggio sottoscritta nel 2000 - «componente essenziale del contesto di vita

delle popolazioni, espressione della diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale e

fondamento della loro identità».Questa storia, ancora costantemente alimentata - talvolta anche troppo! – dalla

nostra quotidiana azione, ha il suo certo inizio nell’età del Bronzo e ne riconoscel’artefice nel mondo terremaricolo, la civiltà che già oltre quattro millenni fa hasaputo realizzare una precoce, consapevole e razionale modificazione degli eco-sistemi originari e impostare la prima forma in assoluto di pianificazione e ge-stione territoriale attuata a grande scala nel comparto padano.

È dunque, in un certo senso, una condizione imprescindibile che la rete mu-seale, ideata e progettata per essere la rappresentazione viva e veritiera delle co-munità che oggi si raccolgono e si identificano nell’Associazione IntercomunaleTerred’Acqua, dia vita ad Anzola dell’Emilia al terzo dei suoi poli espositivi, dopoquelli di San Giovanni in Persiceto e di Sant’Agata Bolognese, impostandone ilfocus ancora una volta proprio su questo momento cruciale della storia padana.

Dal punto di vista topografico, il territorio anzolese appare inserito sin da epo-che remotissime in un distretto di forte interesse antropico e insediamentale, inciò favorito dai requisiti e dalle risorse ambientali della zona compresa entro i do-mini fluviali del Panaro e del Samoggia. La sua principale evidenza - la Terramarasorta sulle sponde della Ghironda - ne testimonia la stabile adesione al modellodi popolamento fra i più diffusi e culturalmente rilevanti dell’antica demografiaregionale. Ciò fa dell’origine demica di Anzola dell’Emilia e della genesi del suocontesto territoriale non episodi isolati ma tasselli primari del più vasto mosaicodi fisionomie e accadimenti che compongono il paesaggio archeologico emiliano-romagnolo.

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Presentazioni

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Da tempo, instaurando una stretta collaborazione con l’IBC, l’Amministrazioneanzolese ha espresso la volontà di conferire continuità all’opera di valorizzazionedel proprio passato attraverso un’organica azione di politica culturale fondata sulsostegno, la mediazione e l’uso di un presidio museale, fortemente connotato davocazioni didattiche e educative, nel solco delle iniziative promosse negli ultimianni, con esiti eccellenti, sulla rivisitazione della storia collettiva e la riscopertadelle evidenze storico-archeologiche locali.

Il progressivo consolidamento della rete museale di Terred’Acqua, grazie al-l’impegno congiunto dei Comuni aderenti e dell’IBC, e l’ingresso ivi del nuovopolo museale rappresentano – a nostro avviso – non solo la risposta concreta alleistanze espresse da Anzola dell’Emilia, ma anche la chiave di lettura privilegiataper inserirne la vicenda temporale, l’identità e la memoria in una trama conoscitivapiù complessa, più ricca di stimoli e suggestioni, fondamentale se si vuole inne-scare quel corretto processo di interpretazione e riappropriazione nel quale «tutto

si tiene, tutto si lega, con il filo della storia».

Fiamma LenziServizio Musei e Beni CulturaliIBC - Regione Emilia-Romagna

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Anzola al tempo delle Terramare

I n questi ultimi anni, fra gli obiettivi che l’Associazione Intercomunale Terred’ac-qua, composta dai Comuni di Anzola dell’Emilia, Calderara di Reno, Crevalcore,San Giovanni in Persiceto, Sant’Agata Bolognese e Sala Bolognese ha perseguito,

compare la realizzazione di una Rete Museale finalizzata a ottimizzare e migliorare la va-lorizzazione e la fruizione delle diverse strutture culturali esistenti nei propri territori. Perquesto motivo il Museo Archeologico Ambientale, in collaborazione con gli Enti preposti,si è impegnato nella attuazione di una vera e propria “politica archeologica” organica e di largorespiro che si prefigge di affrontare in modo esaustivo e completo diverse problematiche,a partire dalla tutela del territorio fino alla valorizzazione dei contesti rinvenuti nel corsodel tempo. Infatti solo in questo modo è possibile “allargare” gli orizzonti della disciplinaarcheologica che da una ristretta cerchia di studiosi diventa un patrimonio fruibile per tutti,valorizzando la storia di una comunità e andando a ritroso nel tempo per scoprirne leradici e le antiche identità. Da questa premessa è nato il primo nucleo del Museo Archeo-logico Ambientale, inaugurato nel 2004 a San Giovanni in Persiceto, che raccoglie materialidall’età romana fino al periodo rinascimentale. Perseguendo questo obiettivo, nel 2010 èstata inaugurata l’esposizione dei materiali dell’età del Bronzo a Sant’Agata Bolognese checoncentra i risultati di recenti ricerche su aspetti insediativi e paleoambientali dei principalisiti archeologici dell’area persicetana. In continuità con gli obiettivi della rete museale eparte integrante di questo percorso di valorizzazione nasce la nuova sede espositiva di An-zola dell’Emilia. Fulcro del nuovo polo espositivo sono i materiali della terramara, fruttodi numerose ricerche condotte nel territorio anzolese a partire dagli anni Ottanta del secoloscorso. I numerosi e interessanti dati emersi dalle indagini archeologiche e ambientali con-sentono di ricostruire vicende e caratteristiche di un territorio occupato da un nucleo in-sediativo che aveva raggiunto una certa prosperità, grazie alla fertilità del suolo e ad unanuova forma di organizzazione sociale ed economica che rappresenta una peculiarità diqueste popolazioni. E’ stato possibile realizzare questo nuovo polo espositivo grazie allatenacia, volontà e all’impegno di numerose persone, alla fattiva collaborazione con la So-printendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna, alla consulenza e al sostegnotecnico-scientifico ed economico dell’Istituto per i Beni Artistici Culturali e Naturali dellaRegione Emilia-Romagna che, attraverso il contributo della L.R. 18/2000 ha concorso afornire quel supporto senza il quale non sarebbe stato possibile realizzare questa nuovasezione espositiva. Infine, un particolare ringraziamento va alla G.D S.p.A. che, grazie alprezioso contributo, ha consentito la realizzazione della suggestiva aula didattica che ci ri-porta, con un salto nel tempo, in una scenografica ambientazione di vita quotidiana dell’etàdel Bronzo.

Silvia MarvelliDirettore del Museo Archeologico Ambientale

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Storia di una scoperta

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Storia di una scoperta

Nella primavera del 1992, l’avvio dei lavori nel Comparto residenziale n. 4, piano edifi-catorio di grande ampiezza, portò al rinvenimento di un sito archeologico dell’età delBronzo fino ad allora sconosciuto: le condizioni geo-morfologiche locali e lo spessoredella copertura sedimentaria lo avevano infatti reso non percepibile né all’osservazione di-retta con la ricognizione superficiale, né all’analisi aerofotogrammetrica.

In realtà, le verifiche di archivio rivelarono successivamente che un precedente esisteva;dieci anni prima, a qualche centinaio di metri di distanza, gli scavi per le fondazioni dinuovi edifici a Nord di via XXV Aprile avevano incontrato un livello di età romana (a 1,60m di profondità) e sotto a questo, tra 1,80 e 2,40 m di profondità, uno strato antropizzatopiù antico, contenente reperti databili a un momento avanzato dell’età del Bronzo. Suc-cessivi interventi edilizi, forse perché avevano inciso il terreno a minore profondità, nonavevano ulteriori segnalazioni che avrebbero potuto mettere sull’avviso amministratori eprogettisti.

Il 6 ottobre 1992 fu emesso il Decreto Ministeriale di importante interesse ai

Primi affioramenti dei livelli archeologici in occasione degli scavi di fondazione di edifici nei pressi del

vertice Nord Est della Terramara (1982).

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sensi della legge 1089/1939 e quindi, definitivamente sancita la tutela del sito estabilite le prescrizioni cui ottemperare in caso di lavori; nella primavera 1993 l’at-tività edilizia nel Comparto 4 poté così riprendere. Questa prevedeva come operapreliminare l’interramento dello scolo Lavinello, che attraversava l’area in tutta lasua lunghezza da Nord a Sud. Per procedere al suo inscatolamento era necessarioampliarne l’alveo (ai lati e in profondità) e fu nell’iniziare questa operazione chegli scavatori andarono ad intaccare la stratificazione antica, portando in superficieil terreno fortemente antropizzato, contenente abbondanti materiali ceramici eresti faunistici, ed evidenziando nelle sezioni la presenza di più livelli antropicisovrapposti e sul fondo i riempimenti di numerose sottostrutture.

Venne così a delinearsi la morfologia sepolta di un insediamento dell’età delBronzo particolarmente esteso, con uno spessore conservato dell’antropico tra i35 e i 150 cm ca. e una profondità dal piano di campagna attuale compresa tra unminimo di 80 e un massimo di 230 cm circa. Come già emerso nel primo rinveni-mento del 1982, era ben visibile l’incidenza, sulla parte superiore degli strati prei-storici, della frequentazione di età romana, con interventi di natura per lo piùagricola.

L’Immobiliare Anzola Domani decise di rinunciare all’edificazione in alcuni deilotti vincolati allo scavo archeologico preventivo e di predisporre, con l’accordodel Comune, una Variante per spostare i volumi relativi in un’area più occidentale,a minore rischio archeologico.

Nell’ottobre 1993 l’Opera Pia dei Poveri Vergognosi si attivò per far effettuareindagini geognostiche a Ovest e a Nord del Comparto 4, in terreni di possibileespansione urbanistica. L’anno successivo, prima di procedere a una risistema-zione del verde in un’area posta a Sud-Est del Comparto 4, compresa tra la viaEmilia, la via XXV Aprile e il Torrente Ghironda, il Comune di Anzola dell’Emiliaconcordò l’esecuzione di alcuni sondaggi che, oltre a confermare la presenza dellastratificazione preistorica, documentarono i resti di una probabile struttura abi-tativa di età romana.

Nel 1996 uno scavo estensivo interessò un lotto posto nella parte Sud del Com-parto, a Est del Lavinello (Lotto 3), mentre nella fascia occidentale, a seguito degliesiti di alcune trincee di accertamento, che confermavano l’attenuarsi dell’antro-pizzazione ma la presenza di numerose sottostrutture, fu decisa l’esecuzione delloscavo nell’intera area di sedime di tre lotti (18, 19 e 21 fra il 1998 e il 1999). Neglistessi anni, dal lato opposto, sondaggi e successivamente ricerche sistematiche fu-rono condotte in un’area destinata, con l’utilizzo parziale di un precedente edificio,a centro commerciale Coop (1999-2001). Più recentemente (2008) alcune indaginisono state eseguite nei lotti 20-21 del Comparto C 2.1 (il prolungamento a Ovestdel Comparto 4).

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Va dato atto e merito all’Amministrazione Comunale di Anzola dell’Emilia, sindall’inizio di questa vicenda e già dai primi convulsi momenti del confronto svi-luppatosi sul destino del Comparto 4, di avere dimostrato una grande sensibilitàe consapevolezza. Impulso importante è venuto anche dal felice incontro con ilvolontariato locale e con gli istituti scolastici. L’avere accettato e, anzi, perseguitouna mediazione tra le esigenze della tutela e quelle della comunità e del “mercato”ha consentito alla Sopraintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagnadi non abdicare al ruolo di tutela del bene culturale e contemporaneamente di po-tersi avvalere delle risorse messe in campo da enti e da privati per ampliare le co-noscenze e farne attivamente partecipe la popolazione locale.

Da questo momento in poi i lavori edilizi e di urbanizzazione sono proseguiti,sempre sotto il controllo degli archeologi che hanno potuto raccogliere una messedi informazioni e contribure alla migliore definizione della paleomorfologia e stra-tigrafia del sito (struttura dell’abitato, presenza di eventuali elementi di perime-trazione o di partizione interna, grado di conservazione, ecc.).

Scavo del fossato del lotto 21, comparto C2. L’altezza della falda idrica anche in piena estate rende

indispensabile l’uso di pompe.

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Le vicende geomorfologiche del sito

La Terramara di Anzola dell’Emilia è situata al margine Ovest dell’abitatomoderno, in un’area morfologica descrivibile come una depressione posta frale conoidi del torrente Samoggia ad Ovest e quella composita del torrente La-vino-Fiume Reno ad Est. All’interno di questa fascia scorrono i due corsi mi-nori, torrente Martignone ad Ovest e il Ghironda ad Est.

L’evoluzione “naturale” dei corsi d’acqua nella fascia pedeappenninica dellaPianura Padana vede abitualmente lo spostamento degli assi da Ovest verso Est,ma in quest’area sia il Lavino che i torrenti minori Martignone e Ghironda mo-strano un’evoluzione contraria. Lo scorrimento a tratti lungo percorsi coerenticon la centuriazione romana fa pensare che la responsabilità di quest’anomalospostamento degli assi sia da attribuire all’intervento dell’uomo, forse già in etàromana, per migliorare il drenaggio superficiale della depressione. Per quantoriguarda il Martignone, invece, lo spostamento più evidente consiste in una de-cisa deviazione verso Ovest del corso d’acqua, che lo porta a confluire nel tor-rente Samoggia immediatamente a Nord-Ovest dell’abitato moderno di Anzoladell’Emilia. Tale spostamento deve essere avvenuto in tempi relativamente re-centi, dato che in una mappa del 1666 il Martignone risultava confluire ancoranel torrente Ghironda nei pressi dell’attuale affluenza dei torrenti Lavino e Ghi-ronda nel Samoggia.

I fossati irrigui di età romana, che tagliano lo strato dell’età del Bronzo, te-stimoniano come la superficie topografica antica sia rimasta stabile per secoli.Solo in età post-romana, probabilmente già durante la fase climatica “critica”fra VI e VIII secolo d.C., cominciarono ad accumularsi i sedimenti che, attual-mente, ricoprono i livelli archeologici per uno spessore medio di almeno 1,5 m.

Dai dati di scavo si è accertato che la Terramara era solcata da un corso tor-rentizio. Sebbene la copertura sedimentaria non consenta una ricostruzione pre-cisa della paleo-idrografia dell’area è comunque accertato come il canale perdurianche in età romana pur se con un andamento lievemente diverso. La conser-vazione parziale della centuriazione nella fascia compresa fra il corso attuale deltorrente Samoggia ed il Martignone e l’ipotesi che fino all’intervento antropicoi torrenti abbiano spostato il proprio asse verso Est, fa supporre che l’apportoidrico al fossato della Terramara fosse fornito da quest’ultimo.

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Le vicende geomorfologiche del sito

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Ipotesi di riscostruzione paleoidrografica (da Fuoco, Pizzoli, Sola, modificata).

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Il villaggio terramaricolo: impianto e strutture

Le dimensioni e la forma dell’antico abitato di Anzola dell’Emilia, attualmente se-polto sotto una coltre sedimentaria di spessore compreso fra 1,5 e 2 m circa, si sonopotute ricostruire grazie a diversi tipi d’indagine condotte nell’arco degli ultimi 18anni, comprendenti trincee, carotaggi meccanici e scavi archeologici.

Le indagini archeologiche hanno consentito di individuare e circoscrivere un’areainsediativa di forma quadrangolare di circa 13,5 ettari di estensione (450 m in sensoNord Ovest - Sud Est e 300 m Nord Est - Sud Ovest), posta su un alto morfologicoe circondata da un fossato profondo fino a 2,5 m e largo mediamente da 4 a 6 m. Ilfossato è stato interpretato, per struttura e dimensioni, in quanto privo di aggere, ter-rapieno o palizzata, non come opera difensiva ma come collettore perimetrale per ildrenaggio delle acque superficiali.

L’area circoscritta dal fossato era attraversata trasversalmente in senso NordSud da un corso torrentizio, probabilmente l’antico torrente Martignone, che ali-mentava sia il fossato perimetrale sia un altro fossato, profondo fino a 4,3 m elargo 12 m, interno al villaggio. Tale fossato interno circoscriveva un’area di circa

2,5 ettari (180 m NordOvest - Sud Est e 130m Sud Ovest - NordEst), il cui margineorientale era costituitodal corso d’acqua na-turale ed il marginemeridionale coinci-deva con il perimetroesterno dell’abitato.Lungo la sponda in-terna di questo fos-sato si sono trovatetracce di una palizzata,interpretata comestruttura difensiva.

All’interno dell’areacircoscritta dal fossatosono state rinvenutetracce di strutture di

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Localizzazione dell’insediamento su CTR, in rosso tracce di centuria-

zione e in verde la via Emilia.

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diversa natura e tipologia comebuche di palo (circa 500), pozziper l’emungimento idrico, cana-lette per il drenaggio e la distribu-zione dell’acqua, buche didiscarica. Le aree indagate sonocaratterizzate da numerose con-centrazioni di manufatti, prevalen-temente ceramici ma anchebronzei, nonché da resti tipicidella frequentazione ed attivitàantropica, come carboni, con-cotto, frammenti ossei e ciottoliutilizzati come inzeppatura per pali o come strumenti (ad esempio macine e ma-cinelli). Il suolo che anticamente costituiva il “piano di calpestio” della Terramara,prima di essere coperto dai terreni alluvionali, venne profondamente alterato siadai processi naturali sia dalle attività umane, in particolar modo dalle arature, chefino a tutta l’epoca romana interessarono l’area.

Nonostante le alterazioni, è stato possibile riconoscere alcuni allineamenti dibuche di palo interpretabili come resti di strutture rettangolari, larghe 7-8 m elunghe fra i 15 ed i 18 m, interpretabili, sulla base di confronti noti in ambitoterramaricolo, come strutture abitative a terra. Nella parte nord - occidentale delvillaggio queste abitazioni risultano coerenti con l’orientamento del villaggio,mentre nell’area compresa fra fossato interno e torrente Martignone non hannoun orientamento concorde né fra loro né rispetto agli assi di simmetria generali

Il villaggio terramaricolo: impianto e strutture

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Buche di palo, a destra sezionate, a sinistra buca di palo svuotata. Sono evidenti i frammenti ceramici

utilizzati come inzeppature.

Pozzetto silos svuotato tagliato da canaletta successiva.

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Anzola al tempo delle Terramare

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del villaggio. L’attestazione dell’originaria presenza di alzati di strutture murarieè supportata anche ad Anzola dell’Emilia, come in numerosi altri siti terramari-coli, dal rinvenimento di numerosi frammenti di graticcio (argilla con incannuc-ciato interno), mentre consistenti resti di piani in argilla cotta documentano lapresenza di focolari.

Il villaggio terramaricolo: impianto e strutture

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Sezione di un tratto svuotato dei canali perimetrali della Terramara (in bianco) con l’intersezione di

un fossato irriguo di età romana (in rosso).

Intersezione delle canalizzazioni romane (in rosso) con la fascia dei fossi dell’età del Bronzo (in bianco).

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Le attività artigianali nella Terramara

Produzioni ceramiche

L’attività artigianale più dif-fusa all’interno del sito risultaessere quella della produzioneceramica. Oltre alla straordina-ria presenza di vasi pressochéintegri sono stati rinvenuti nu-merosi frammenti ceramici dimedie e grandi dimensioni chesi caratterizzano per una buonaconservazione.

I contenitori in impastogrossolano rappresentano lacasistica più diffusa all’internodel sito (70%); tra questi visono alcuni di grandi dimen-sioni che sono riconducibili per tipologia a dolii e orci. Questo tipo di contenitore era so-litamente utilizzato per la conservazione delle derrate alimentari, mentre i contenitori didimensioni più piccole, come gli orcioli, erano destinati alla cottura dei cibi o alla lavora-

zione dei derivati dell’agricol-tura e dell’allevamento. Tra icontenitori di grandi dimen-sioni sono presenti di vasi condiverso profilo, troncoconico,ovoide, cilindrico e che rag-giungono diametri massimianche di 60 cm.

I vasi di impasto grossolanopresentano il repertorio deco-rativo più variegato; infatti lamaggior parte dei recipienti èdecorato da cordoni semplici oimpressi applicati sotto l’orlodei vasi o talvolta con anda-

Anzola al tempo delle Terramare

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Scodella con ansa sopraelevata a corna di lumaca.

Tazza con ansa a sopraelevazione cilindro - retta.

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Le attività artigianali nella Terramara

Anse con sopraelevazione a corna di diverse tipologie (da 1 a 10).

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mento verticale e orizzontale volti aformare motivi angolari, obliqui o areticolo, i quali dovevano avere oltre auna valenza estetica, anche una finalitàfunzionale legata al conferimento diuna maggior robustezza alla parete delvaso. Talvolta è presente anche il dop-pio cordone parallelo oltre a un nu-mero discreto di orli digitati aimpressioni e a tacche.

La tipologia dei contenitori in cera-mica fine, presente in percentuale mi-nore (30%), risulta composta inprevalenza da tazze, scodelle e, più ra-

ramente, da biconici. Questo tipo di recipienti era utilizzato solitamente per la consuma-zione dei cibi, ad eccezione di casi particolari, come il biconico con tipica decorazioneterramaricola a bugne e solcature che, vista la raffinata fattura, deve essere consideratocome un vaso di grande importanza, legato non certamente all’uso comune da mensa.

Le tazze spesso erano caratterizzate dalla presenza di anse sopraelevate, che presentanole caratteristiche terminazioni “a corna” tipiche degli abitati di tipo terramaricolo. Le ter-minazioni di questo tipo di anse sono di diverse varietà: “a orecchie di lepre”, spatuliformi,a profilo circolare, falcate.

Inoltre vi è la presenza di anse a corna di lumaca, di un’unica maniglia con appendicicilindriche, di un cospicuo numero di anse cilindro - rette con terminazione sia concavache convessa, mentre risultano quasi del tutto assenti le anse a corna tronche.

La tazza si attesta come la tipologia più diffusa tra i recipienti in ceramica fine, soprattuttola variante con parete esoversa è la più rappresentata a conferma di una maggior diffusionedi questo tipo durante il Bronzo Recente. Risultano poco presenti i vasi biconici in ceramicafine, mentre sono maggior-mente attestati quelli in cera-mica grossolana, talvolta anchecon cordone orizzontale.

Raramente, nel sito di An-zola dell’Emilia, i recipienti inceramica fine risultano deco-rati, probabilmente perché ilsenso estetico veniva ricercatonell’impasto, nel colore e nellaconformazione delle anse

Vaso biconico con bugne e decorazioni a fasci di solcature.

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Anzola al tempo delle Terramare

Ricostruzione di una fornace (F. Malossi, 2011).

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Tipologia di tazze con anse a sopraelevazione a corna (2, 6, 7) e cilindro - retta (1, 3, 4, 5).

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Le attività artigianali nella Terramara

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Anzola al tempo delle Terramare

Tipologia di vasi di impasto grossolano: orci (1, 2) e orcioli (3-5) con decorazioni a cordoni plastici e bugne.

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prima ancora che nella decorazione della superficie che solo talvolta risulta essere caratte-rizzato da solcature orizzontali o da impressioni sull’orlo o da piccoli cerchielli impressi. Ilrepertorio ceramico del sito di Anzola dell’Emilia trova confronti nelle classiche tipologiediffuse in ambito terramaricolo presenti in siti quali Santa Rosa di Poviglio, Ca dè Cessi,Montale, Cavazzoli, Forno del Gallo - Beneceto, Bellaguarda, senza discostarsi da questise non per la presenza massiccia di alcuni elementi presenti di derivazione subappenninicacome le anse cilindro - rette o a corna di lumaca, che denotano contatti molto forti conl’area supappenninica, in particolar modo con l’ambito romagnolo e marchigiano, comeS. Maria in Castello, S. Giuliano di Toscanella, Cortine di Fabriano.

Produzioni metallurgiche: i bronzi

Sono stati rinvenuti diversi oggetti in bronzo che risultano ben inseriti nell’ambito deicontesti noti per l’età del Bronzo in particolare in area padana.

Tra gli strumenti vi è la presenza di un falcetto a lingua da presa con base a coda di ron-dine, che presenta ancora tracce delle fibre residue del fodero in cui era conservato e che ri-marca la notevole importanza che l’attività agricola aveva all’interno dell’economia del sito.

Sono presenti inoltre sei punte di lesina a sezione circolare e due punteruoli a sezionequadrangolare, privi dell’immanicatura originale, che venivano utilizzati per lavori di pre-

cisione come l’intarsio del legno.Tra gli oggetti rinvenuti vi sono

inoltre quattro pugnali, di cui unodi piccole dimensioni di tipo mi-niaturistico e tre con immanicaturadi tipo Manaccora, Merlara e Redù.

Gli oggetti ornamentali inbronzo sono rappresentati daquattro spilloni di diversa tipologia,ritrovati in stato frammentario dicui il primo presenta una termina-zione a doppia spirale assimilabileal tipo Peschiera, un secondo è deltipo a spirale e cappi ad otto sotto-stanti del tipo S. Caterina, un terzoin stato frammentario presentacapi ad otto assimilabile probabil-mente al tipo Bacino Marina.

Vi è poi uno spillone di piccoledimensioni che presenta capocchia

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Le attività artigianali nella Terramara

Falcetto in bronzo al momento del ritrovamento negli scavi all’in-

terno del Lavinello, sulla sponda meridionale del fossato interno.

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Anzola al tempo delle Terramare

Bronzi: pugnali (1 - 6) e spilloni (7 - 10).

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globosa decorata con tacche verticali e collo decorato a tacche orizzontali del tipo Colom-bare.

La presenza inoltre della forma di fusione per ascia ad alette mediane in arenaria denotacome nel sito di Anzola dell’Emilia la produzione degli oggetti in bronzo venisse effettuatain loco.

I bronzi della Terramara di Anzola dell’Emilia presentano tipici confronti sia con diversiinsediamenti di tipo terramaricolo, come ad esempio Santa Rosa di Poviglio e Beneceto,sia con altri contesti noti nell’età del Bronzo come la necropoli dell’Olmo di Nogara.

La lavorazione della pasta vitrea

La pasta vitrea rappresenta in epoca preistorica, e soprattutto in ambito occidentale, unmateriale di assoluta eccezionalità fra quelli prodotti artificialmente, sia per la sua trasparenzache per la facilità di renderlo colorato, soprattutto nelle sfumature dell’azzurro verde, conl’aggiunta di ossidi di metallo.

Il ritrovamento di perle di vetro risulta non raro in ambito terramaricolo e due vaghi inpasta vitrea translucida di colore verde azzurro chiaro sono stati portati alla luce anche nelsito della Terramara di Anzola dell’Emilia, e in particolare nel settore centrale fra fossato etorrenti, caratterizzato dalle strutture abitative. Sottoposti a specifiche analisi chimiche, i repertianzolesi hanno rivelato una composizione ad alcali misti (potassico calcica) analoga a quelladelle perle di vetro rinvenute nelle altre terramare.

Tale composizione, che si distacca invece nettamente da quelle ad alto contenuto di ma-gnesio, che caratterizzano i vetri dell’Italia meridionale e insulare, legati alle produzioni egee,

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Le attività artigianali nella Terramara

Forma di fusione per ascia ad alette mediane (1), falcetto in bronzo (2).

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ha sostanziato da tempo l’ipotesi che i vetri ad alcali misti con alta quantità di potassio, comequesti di Anzola dell’Emilia, siano da considerarsi prova oggettiva di una lavorazione delvetro specifica dell’ambito centro europeo, parallela, e forse indipendente, da quella orientale.

Per i siti padani, in particolare, la relativa frequenza di questi particolari manufatti già dallafase di Bronzo pieno, ha fatto ipotizzare da tempo la possibilità di una produzione in loco diquesti piccoli oggetti ornamentali, quanto meno nei siti dove è accertata la pratica delle attivitàmetallurgiche, di natura ben più complessa di quelle che dovevano presiedere alla lavorazionedelle paste vitree.A fronte di queste ben ragionevoli ipotesi non si hanno comunque a tutt’oggiattestazioni certe di lavorazioni in loco del vetro prima di quelle del Bronzo Finale nel sito ve-

neto di Frattesina, dove sono stati rinvenutimolti strumenti (crogioli) nonché scartidella lavorazione.

Nuovi elementi a riguardo potrebberocomunque venire da un singolare repertorinvenuto nella Terramara di Anzola del-l’Emilia, in un pozzetto di scarico situatoall’estremità nord orientale della Terra-mara, immediatamente all’interno del suofossato perimetrale. Si tratta di un manu-fatto frammentario in argilla, di forma an-golata, con coppella oblunga pressoParticolare del prelievo n°1 del manufatto in argilla.

Manufatto in argilla per la lavorazione della pasta vitrea, con indicazione dei punti di campionamento

per le analisi chimiche.

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Anzola al tempo delle Terramare

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l’angolo integro, la cui superfi-cie interna appare caratterizzatada una patina traslucida di co-lore verde chiaro-azzurro, scre-polata in molti punti, con unafitta craquelure. Specifiche analisichimiche concentrate su talepatina ne hanno appurato lanatura vetrosa, nonché unacomposizione (potassico-cal-cica) del tutto simile a quelladelle perle di vetro anzolesi conle quali condivide identitàanche per quanto riguarda leimpurezze.

Pur con le cautele derivatedalla mancanza di riscontrianche formali si potrebbe ipo-tizzare per il manufatto unafunzionalità legata alla lavora-zione del vetro. In tal caso,escludendo per esso una fun-zione di crogiolo sia per laforma, non idonea, sia per l’assenza di qualsiasi traccia di combustione, sembrerebbe più ve-rosimile pensarlo legato alle operazioni di avvolgimento su asta metallica del filo di pastavitrea fusa per realizzare la perla.

Nella Terramara di Anzola dell’Emilia si troverebbe dunque la più antica attestazione diquella lavorazione in loco della pasta vitrea, già variamente ipotizzata in vari siti terramaricolie più possibile in un insediamento come quello in questione, dove si praticava con certezzal’attività metallurgica.

Perline in pasta vitrea.

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Le attività artigianali nella Terramara

vago colore XRF spettro Raman elementi

Anzola 39 US 6c bianco 1497b Zi, Gy Fe Ca K Si Ti Sr (Mg) (Pb) Zn

1497b Fe Ca K Sr Ti Si (Pb)

Anzola 38 US 226 bianco 1498b Zi, Ca, Go, Gy, C Zn Fe Si Mg K (Ti) (Sr) (Cu)

1498b Zn Ca Si Fe Cu (K) (Mn) (Sr)

Analisi chimiche delle perline in pasta vitrea.

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Anzola al tempo delle Terramare

La lavorazione di osso,corno e conchiglie

La lavorazione del corno, insieme a quelladell’osso, è una delle industrie maggiormentecaratterizzanti della cultura terramaricola, chetrovava nei palchi di cervo, decidui ad ogniprimavera, il materiale ideale per realizzare siastrumenti che oggetti di ornamento. Se pochisono i manufatti in corno di cervo rinvenutia tutt’oggi nello scavo della Terramara di An-zola dell’Emilia, il dato risulta coerente anchecon la relativa scarsità in questo sito di fram-menti di corno con tracce di lavorazione econ l’assenza, a tutt’oggi assoluta, di cornoallo stato naturale. Non risulta qui attestataquella industria su corno più o meno specia-lizzata chiaramente riconducibile alle pratiche

agricole, che trovavano nella robustezza delcorno, e in particolare quello caduto natural-mente, il materiale più adatto alla realizza-zione di percussori, zappetti appuntiti,falcetti ecc. così frequenti in ambito terrama-ricolo. L’analisi dei resti faunistici ha del restoappurato l’assenza nell’insediamento anchedelle stesse ossa di cervo e il fatto che questaspecie animale non caratterizzasse il sito ap-pare coerente con il quadro di un’economiaincentrata in massima parte sull’allevamentodi ovicaprini e suini, piuttosto che su agricol-tura e caccia.

Pertanto appare legittimo ipotizzare che ipalchi di cervo costituissero merce di impor-tazione, che doveva altresì venire lavorata sulposto, come attestano i frammenti contracce di lavorazione (scarti?) e quelli non fi-niti. Fra questi ultimi spicca in particolare il

Manici di lesina in corno di cervo: con decorazione

a cerchelli (1, 2 frammento), non decorato (3).

Corno di cervo con tracce di lavorazione.

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manico di lesina del tipo a testa circolare e corpo a losanga solo sommariamente rifinito, evi-dentemente spezzatosi nella parte distale mentre era in corso di realizzazione. Gli altri ma-nufatti rinvenuti, il manico di lesina pressochè integro e i frammenti di almeno tre elementirecettivi, tutti decorati a occhi di dado, sono comunque prodotti tecnicamente piuttosto mo-desti, frutto di una produzione locale non particolarmente specializzata e forse addiritturadomestica, come più frequentemente ipotizzato per la massima parte dei siti terramaricoli.Sebbene i macini di lesina mostrino ampia diffusione nella generalità dei siti dell’età del Bronzoa Sud del Po, è stata comunque rilevata una particolare concentrazione di quelli a testa sago-mata negli insediamenti dell’Emilia centro orientale del Bronzo Recente

Nessuna delle immanicature aveva conservato il pertinente strumento ma va comunquesottolineato come nel sito siano stati nel contempo rinvenuti vari strumenti in bronzo prividi impugnatura, e cioè sei punte di lesina a sezione circolare e due punteruoli a sezione qua-drangolare, che contribuiscono a sottolineare la pratica evidentemente diffusa di lavori diprecisione come l’intarsio del legno.

Realizzata in corno di cervo è anche la rotella a 4 raggi con foro centrale. A questo tipo dimanufatto, che può presentare anche 6 raggi, è più diffusamente attribuita una funzione or-namentale come testa di spillone, anche se le dimensioni talvolta notevoli, come nell’esemplaredi Anzola dell’Emilia del diametro di 6 cm, farebbero pensare anche a vere e proprie ruotein scala ridotta, evocatrici dei carri cultuali o dello stesso carro del sole.

Sono stati rinvenuti molluschi fossili con superfici abrase allo scopo di ottenere fori passantiper poterli utilizzare come vaghi per collane (vedi infra p. 48).

Tessitura e filatura

Si hanno solo testimo-nianze indirette dell’artigia-nato tessile, cui sonoriconducibili con evidenza al-cune fusaiole e pesi realizzatiin argilla. A fronte dellagrande quantità di ceramicavascolare restituita dagli scavinell’insediamento, colpisce loscarso numero di fusaiolerinvenute. Sono infatti solosette, cinque delle quali diforma tronco-conica a baseconcava e due, più piccole, diforma globulare. Solo una

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Le attività artigianali nella Terramara

Fusaiole in argilla da vari settori dello scavo.

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Anzola al tempo delle Terramare

Fusaiole (1- 4), peso da telaio (7), sferette (5, 6).

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proviene da una buca di discarica in rapporto diretto con probabili strutture di abi-tato, mentre le altre sono state rinvenute in settori diversi.

Poco numerosi anche i pesi da telaio, poco più di una dozzina fra integri e fram-mentati. Prevale la forma lenticolare anche se diversificata per dimensioni. Dal puntodi vista dei contesti di provenienza non si rileva alcuna particolare concentrazione esi può solo osservare come provengano da contesti intatti dell’età del Bronzo, conl’unica eccezione del peso, rinvenuto in un contesto rimaneggiato in età romana.

Il basso numero di fusaiole e pesi da telaio rinvenuti, pur considerando la parzialitàdell’area scavata, induce ad ipotizzare che filatura e tessitura fossero attività artigianaliscarsamente praticate in loco, a differenza di quanto riscontrato nella generalità deisiti dell’età del Bronzo. Una tale ipotesi apparirebbe per altro in contraddizione anchecon i risultati delle analisi paleofaunistiche, che hanno accertato una massiccia pre-senza nella Terramara di ovicaprini, naturalmente collegati alle attività di lavorazionedella lana. Similmente le analisi archeobotaniche hanno riscontrato negli strati di vitadel sito la presenza di canapa (Cannabis sativa) per la quale è ipotizzabile un utilizzotessile che affiancherebbe quello della lana. Il diversificato peso delle fusaiole (dagli8 ai 25 gr. ca) e dei pesi da telaio (da kg 1, 090 l’unico integro a 700-450 ipotizzabileper gli altri) è stato per altro già ritenuto probabile indizio di lavorazione di filati, divaria consistenza e finezza.

Sebbene dunque laparzialità dei dati nonpossa ecludere chealtri settori della Ter-ramara non ancora in-dagati conservinomaggiori attestazionidi artigianato tessile,si potrebbe comun-que verosimilmenteipotizzare che la ric-chezza di lana, com-provata dai moltiovicaprini rinvenuticostituisse anche pre-ziosa merce di scam-bio.

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Le attività artigianali nella Terramara

Ricostruzione della tessitura mediante telaio verticale (F. Malossi, 2004).

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I segni dello scambio

Importazione dei modelli nella ceramica

Relativamente alla produzione ceramica del sito emergono alcuni aspetti legati al-l’importazione di modelli che tra il Bronzo Medio e il Bronzo Recente circolano al-l’interno del territorio peninsulare.

Vi è infatti la presenza di un frammento, eseguito con la tecnica dell’incisione e in-taglio, di fattura non particolarmente curata, che rimanda genericamente per il reper-torio decorativo e la tecnica di esecuzione, all’ambito della cultura appenninica.

Vi sono inoltre tre frammenti eseguiti ad incisione con linee e piccoli cerchielli,oltre a un frammento di piccolo biconico in ceramica fine, decorato da una sequenzaverticale di triangoli racchiusi da linee incise.

Questi frammenti in ceramica di impasto fine, rientrano nella circolazione di alcunimodelli diffusi in area appenninica, come nel Lazio, nelle Marche e in Romagna e rap-presentano un repertorio decorativo raffinato, pur non essendo estremamente curatal’esecuzione.

Anzola al tempo delle Terramare

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Vasi a beccuccio (1, 2) e fondo cribrato (3).

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La non particolare cura della fatturadelle decorazioni appenniniche del sito diAnzola dell’Emilia si potrebbe imputarea un’importazione di modelli decoratividalle aree di cultura appenninica che ve-nivano poi imitati ed eseguiti in loco da ar-tigiani locali probabilmente meno abilinell’utilizzare questo tipo di tecniche.

Allo stesso ambito culturale apparten-gono anche cinque frammenti di vasi cri-brati, solitamente collegati ad attivitàdella lavorazione del latte e quindi gene-ralmente ad attività di pastorizia, oltre aquattro frammenti di vaso a beccuccioutilizzato per versare sostanze liquide.

Va sottolineato come sia stato rinve-nuto un discreto numero di frammenti diquesta tipologia di oggetti che non si ri-trova molto frequentemente in contesti

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I segni dello scambio

Ansa cilindro - retta.

Frammenti ceramici con decorazioni ad incisione di tipo appenninico.

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di scavo dell’età del Bronzo.I vasi con beccuccio, pur comparendo nelle fasi iniziali dell’età del Bronzo, incre-

mentano la loro distribuzione nel Bronzo Recente, infatti il sito di Anzola dell’Emiliaattribuibile alla fase iniziale del Bronzo Recente confermerebbe questo trend.

Altri indicatori tipici del Bronzo Recente sono le anse cilindro - rette che nella Ter-ramara si ritrovano in quantità elevata (105 esemplari), oltre alle anse cosidette a “cornadi lumaca” presenti con tre esemplari.

Questo tipo di anse rappresenta un chiaro indicatore della cultura subappennica,che si diffonde estesamente in area peninsulare all’inizio del Bronzo Recente, con par-ticolare diffusione in area romagnola e marchigiana.

Il sito di Anzola dell’Emilia rappresenta in area terramaricola un contesto estrema-mente importante, in quanto si ritrova una chiara convivenza di caratteri più tipica-mente terramaricoli con quelli di tipo subappenninico, rendendolo quindi un sito “diconfine” tra le due aree culturali.

Ambra

Le campagne di scavo hanno restituito a tutt’oggi cinque vaghi in ambra, duedei quali troppo frammentari per consentire una precisa determinazione dellaforma. Gli altri tre, conservati ciascuno per una buona metà, sono tutti classifica-bili, sulla base delle recenti tipologie, come “vaghi discoidali a profili laterali con-vessi e basi piatte”, ben attestati anche in numerosi corredi della necropoliall’Olmo di Nogara. La tipologia di questi vaghi, ampiamente diffusi in ambitoterramaricolo, non sembra particolarmente caratterizzante dal punto di vista cro-nologico, tanto che i tipi più semplici possono essere datati solo sulla base deicontesti. E’ stato per altrovariamente ipotizzato chedall’età del Bronzo Medio aquello Recente le perle subi-rebbero un evidente rimpic-ciolimento.

Sta di fatto comunqueche le perle d’ambra da con-testi abitativi sono prevalen-temente di dimensioni assaimodeste e pertanto nella ca-sistica generale i vaghi diAnzola dell’Emilia risultanodi grandezza piuttosto si-

Anzola al tempo delle Terramare

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Vaghi in ambra.

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gnificativa rispetto alla media.Marcatore per eccellenza di commerci ad ampio raggio, l’ambra sembra carat-

terizzare i luoghi di scambio particolarmente recettivi e vivaci soprattutto perquanto riguarda il Bronzo Medio e Recente. Se infatti sul volgere del Bronzo Re-cente i ritrovamenti di ambra nelle terramare si infittiscono sia in senso distribu-tivo che quantitativo, nella fase immediatamente precedente sono ancora piuttostorari. La presenza di ambra in contesti insediativi di fine Bronzo Medio ma anchedelle fasi iniziali di Bronzo Recente sembra denunciare l’esistenza, all’interno ditali insediamenti, di individui di alto rango, socialmente dominanti, ai quali il ba-gliore dorato dell’esotica ambra doveva conferire particolare prestigio.

Per quanto riguarda la provenienza di questo prezioso materiale, va sottolineatocome l’ambra presente nel Centro e Sud Italia fin dalla fine dell’Eneolitico sia si-curamente di provenienza italica (Appennino emiliano-romagnolo e Sicilia). L’am-bra baltica (succinite) non risulta attestata nell’Italia del Nord prima di una fasemolto avanzata del Bronzo Antico, mentre sul versante adriatico non sembra com-parire prima dell’inizio del Bronzo Medio. E’ stato di recente precisato a questoriguardo come l’attuale distribuzione delle succiniti in Italia nel Bronzo Medio eRecente sembrerebbe indicare il versante adriatico come principale via di pene-trazione di questa preziosa resina, che risulta particolarmente attestata nella Pia-nura Padana centrale, dal Lago di Garda all’Appennino.

Ben si inserisce in questo contesto l’ambra di Anzola dell’Emilia, la cui prove-nienza baltica è stata accertata con specifiche analisi. La presenza nella Terramaraanzolese di questo fossile guida dei commerci con il Nord, consente di inserire apieno titolo il sito nel novero dei centri terramaricoli ad alto tenore di scambi.

Dal punto di vista deglispecifici contesti di prove-nienza dei cinque vaghi vaosservato come tutte leperle d’ambra provenganoda quel settore centroorientale dell’abitato nelquale particolari allinea-menti di buche di palohanno consentito di ipo-tizzare la presenza di strut-ture abitative.

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I segni dello scambio

Vaghi in ambra frammentari, di forma discoidale.

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Reperti lapidei dall’Appennino

Lo scavo della Terramara ha restituitouna quantità piuttosto modesta di “stru-menti” litici, per la maggior parte rinve-nuti nelle inzeppature di buche di palooppure dispersi nel terreno senza unacollocazione strutturale. Non sono maistati comunque rinvenuti in contestistrutturali legati ad un focolare o ad unforno.

Questi manufatti solo in pochi casipresentano tracce di surriscaldamentomentre spesso sono fratturati in scheggeche potrebbero essere dovute alla vici-nanza di forti fonti di calore.

Sebbene non siano con ogni evidenza di provenienza strettamente locale, litologica-mente sono comunque tutte rocce compatibili con le vicine formazioni appenniniche.Si tratta prevalentemente di arenarie, marne e quarziti, raccolte dai corsi montani o daitratti prossimali alle vicine aree di conoide dei torrenti Samoggia e Lavino, con percorsid’importazione probabilmente all’interno dei 5-15 km.

La selce è rappresentata da ciottoli di piccole dimensioni, privi di evidenti tracce d’uso,provenienti dalle formazioni calabriane ed arrivati sulle antiche spiagge dell’attuale pe-deappennino emiliano grazie alle correnti lungo costa. Si sono rinvenute alcune scheggedovute a termoclastismo e solo due ottenute intenzionalmente, una è un frammento dilama, l’altra uno strumento su scheggia laminare. Le osservazioni condotte sui reperti,morfologia ed usure delle superfici hanno consentito di riconoscere macine, macinelli,pestelli, mortai e cote.

Frammento di lama in selce (2,4 cm).

Macinello in ciotolo arenaceo (21 cm).

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Aspetti simbolico-religiosi

Ben pochi sono i dati restituiti finora che consentano di aprire una finestra sullospecifico mondo ideologico-simbolico di questa comunità che comunque, a giudi-care dalle ricche attestazioni di vita quotidiana, sicuramente doveva uniformarsi alquadro generale della cultura terramaricola anche nelle credenze e riti.

Non si ha alcun dato sulla sua necropoli, che doveva consistere in tombe a cre-mazione in vasi biconici o olle, i cui resti andranno comunque cercati al di fuoridel perimetro del suo abitato, in un raggio anche di qualche centinaio di metri.

Dal contesto della città dei vivi si enucleano comunque alcuni oggetti che pos-sono essere letti in chiave simbolico - rituale come gli oggetti miniaturistici e alcune

decorazioni.Sebbene manchino al momento ri-

trovamenti dei minuscoli vasetti in ce-ramica piuttosto diffusi nei villaggiterramaricoli, è invece presente unarappresentazione miniaturistica di ani-male che bene si inserisce nella schieradi figurine tipiche di abitati consimili in-terpretate come offerte votive legate aculti domestici. Particolarmente signifi-cativi a questo riguardo sono i venti ca-vallini fittili rinvenuti nella Terramara diPoviglio in un’area limitata, evidente-mente destinata alla deposizione di of-ferte votive.

Fra questi animaletti, spesso di resacosì affrettata da non consentirneun’esatta identificazione, le figurine piùfrequentemente rappresentate sono icavalli, ma anche bovini, suini e cani. Inquesto panorama il votivo di Anzoladell’Emilia, identificabile come pecoragrazie al musetto allungato ben caratte-rizzato, appare a tutt’oggi un unicum ecertamente sottolinea in modo emble-matico l’importanza attribuita agli ovininell’insediamento.

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Aspetti simbolico-religiosi

Figurina ceramica miniaturistica raffigurante una pecora.

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In chiave simbolico-religiosa deve certo essere letta anche la rotella a quattroraggi in corno di cervo, evocatrice dei carri cultuali o dello stesso carro del sole,che mostra la recezione anche ad Anzola dell’Emilia del cosiddetto emblema so-lare presente con la massima evidenza dell’oro nelle lamine dei non lontani sititerramaricoli di Borgo Panigale, Redù e Casinalbo.

In chiave religiosa va si-curamente letto anchequello che rappresenta ilmotivo in assoluto più ri-corrente sulla ceramica an-zolese come degli altricentri terramaricoli, vale adire l’ansa con termina-zione a corna bovino-tau-rine, elemento distintivo ecaratterizzante di una civiltàagricola basata sulla forzadegli animali che consenti-vano di conquistare semprepiù spazi all’agricoltura e direnderne sempre più pro-duttivi i terreni.

Ansa con terminazioni a corna bovine. Rotella in corno di cervo, probabile testa di spillone.

Fondo di tegame a coperchio con decorazione a cordone plastico

a forma di croce.

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Il paesaggio vegetale e l’agricoltura

Gli studi archeobotanici condotti negli scavi archeologici di Anzola dell’Emiliahanno permesso di focalizzare un importante tassello dell’evoluzione del paesaggiovegetale e dell’ambiente nell’area compresa fra Reno e Samoggia nell’età del Bronzo.Queste analisi hanno fornito inoltre importanti dati sull’economia dell’area, sulle at-tività di trasformazione dei prodotti agricoli e sulla dieta alimentare.

Nel complesso, il paesaggio vegetale nell’età del Bronzo risulta mediamente aperto,i taxa arborei rimangono infatti sempre sullo sfondo del paesaggio e quindi abbastanzadistanti dall’area indagata, anche se è probabile la presenza di alberi singoli o in grupponella prima fase dell’insediamento nella zona del torrente Ghironda. Solamente neilivelli pre-insediamento è presente un ricoprimento arboreo più prossimo al sito. Que-sti dati sono in accordo con gli studi di sintesi effettuati in altre terramare da Crema-schi, Nisbet e Rottoli, che documentano per l’area emiliana già a partire dal BronzoMedio una forte flessione del tasso di afforestamento; tendenzialmente sotto al 30%nell’insediamento del Montirone a Sant’Agata Bolognese (BO), a Poviglio (RE), Mon-tale (MO), Noceto (PR) e Tabina di Magreta (MO). Questi valori si riducono ulte-

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Il paesaggio vegetale e l’agricoltura

Bosco mesofilo.

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riormente nel Bronzo Recente, a te-stimonianza di un forte impoveri-mento della copertura arborea, convalori inferiori al 20% negli insedia-menti del Montirone, Crocetta aSant’Agata Bolognese e Poviglio.Valori inferiori al 10% per il BronzoFinale sono raggiunti a Coccanile(Copparo - Ferrara) (dati inediti).Questo quadro vegetazionale coin-ciderebbe quindi con l’ipotesi che gliinsediamenti terramaricoli fosserocircondati da un’ampia area defore-stata destinata a pascoli e coltiva-zioni; considerato il rilevantenumero di abitati ipotizzati constudi recenti è perciò pensabile chebuona parte della Pianura Padana ri-sultasse fortemente antropizzata. Lacomponente arborea è costituita daLatifoglie Decidue rappresentate

prevalentemente da Querce caducifoglie accompagnate da Carpini (fra cui Carpinocomune e Carpino nero-Carpino orientale), Frassini con Frassino comune e Orniello,Olmo, Nocciolo, ecc. La presenza delle Conifere e, in particolare, dei Pini, è discretasolamente nel livello pre-insediamento, mentre in tutta la sequenza i Pini sono presentiin tracce insieme ad Abete bianco e Abete rosso.

Discreta è la presenza di piante tipiche di aree umide, tendenzialmente sempre in-feriori al 15%; le igrofite arboree, con Ontani, Salici e Pioppi, sono sempre inferiorialle erbacee, documentate in prevalenza da Ciperacee con carice, lisca e giunco nero.Rilevante in alcuni livelli sono le idro/elofite, attestate da giunco fiorito, lisca marittima,cannuccia di palude, morso di rana, lenticchia d’acqua, ninfea gialla, ninfea comune,brasca, lisca a foglie strette e lisca maggiore, ecc. Questi dati confermano la presenzanel sito di un canale e di un corso d’acqua, come risulta anche dalle rilevanze archeo-logiche.

L’attività antropica è già documentata nei livelli precedenti l’insediamento: con lacostruzione dell’abitato si verifica un forte aumento delle attività connesse alla pre-

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Area umida.

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senza dell’uomo e, in particolare, si ha unincremento delle aree coltivate a cereali(grano, spelta, orzo e panico) con valoriche raggiungono l’11, 6%. Una forte inci-denza dei cereali è stata riscontrata anchenella Terramara di Montale, in quella diParma e nell’abitato di Monte Castellaccio.Questo dato suggerisce che oltre alla loro colti-vazione in loco avvenivano anche processi di ac-cumulo inerenti operazioni dilavorazione/immagazzinamento delle cariossidio dei sottoprodotti dei cereali.

Fra le leguminose è stata rinvenuta a li-vello pollinico la fava, specie scarsamentepollinifera e poco aerodiffusa, motivo percui la sua presenza negli spettri testimoniacon certezza la sua coltivazione nell’abi-tato nel Bronzo Recente.

Fra le specie tessili sono documentatela canapa e il lino. La canapa è segnalatain numerosi siti del Bronzo: Montale,Noceto, Poviglio, Crocetta e Canàr, il linoinvece è stato rinvenuto solamente a No-ceto. Il lino produce una modesta quan-tità di polline che sedimentavelocemente, per cui ritrovamenti anchemodesti possono indicare la sua coltiva-zione nell’area prossima al rinvenimento,oppure la macerazione dei suoi fusti perottenere fibre.

Fra le specie da frutto sono presentiNoce, Gelso e Vite. Il rinvenimento dellaVite è molto importante perché si fa ri-salire in questo periodo la sua domesti-cazione. Nonostante la difficoltà a

Il paesaggio vegetale e l’agricoltura

Campo di grano.

Campo di panico.

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distinguere il polline di Vite coltivato da quello di Vite selvatica, il contesto di rinve-nimento in livelli all’interno del sito anzolese potrebbe far propendere per la sua col-tivazione più o meno diffusa come prima forma di vite paradomestica. Il polline diGelso testimonia per la primavolta la presenza di questa piantanell’Età del Bronzo in EmiliaRomagna. La presenza di nume-rose piante che producono fruttieduli spontanei ci permette didire che nell’economia dell’abi-tato la raccolta di frutti spontanei(nocciole, ghiande, frutti delSambuco, ecc.) aveva una certarilevanza.

Il rinvenimento di alcuni gra-nuli pollinici di bietola, cicoria,lattuga, angelica e pastinaca po-trebbe indicare la presenza nel-l’area dell’abitato di piccoli ortiin cui venivano coltivati ortaggi,che andavano ad integrare ladieta alimentare degli abitanti Orti.

Ricostruzione dell’aratura (F. Malossi, 2011).

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Il paesaggio vegetale e l’agricoltura

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della Terramara. Si può quindi affermare che la dieta alimentare in questo periodo era abbondante

e diversificata: infatti i diversi tipi di cereali, abbinati a legumi, venivano probabilmenteimpiegati per produrre sfarinati per focacce o per nutrienti zuppe alle quali si aggiun-gevano verdure, frutti spontanei, ecc.

Sono inoltre documentate varie piante che accompagnano le attività dell’uomo fracui alcune specie spontanee caratteristiche di luoghi calpestati quali piantaggini conpiantaggine lanciuola, piante ruderali/nitrofile come Chenopodiacee, ortiche e pari-tarie, ecc.

L’abbondante presenza di Cicorioidee e Graminacee spontanee, abbinata a Legu-minose, Labiate, diverse Piantaggini, Ranuncolacee, ecc. testimonia l’esistenza nellevicinanze dell’abitato di vaste aree estese lasciate a prato e destinate probabilmente alpascolo/allevamento del bestiame. Questi dati sono in accordo con l’abbondante pre-senza di animali da pascolo testimoniati dalle analisi archeozoologiche e suggerisceun probabile sfruttamento non intensivo dei coltivi che venivano periodicamente ab-bandonati e lasciati incolti.

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Incolto prativo.

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La fauna della Terramara

Lo studio delle ossa animaliè stato eseguito su circa 5.000frammenti, provenienti sia dagliscavi COOP e Lavinello sia daivari saggi effettuati.

La composizione generaledella fauna è del tutto simile aquella degli altri siti del BronzoRecente della Pianura Padana,in cui sono presenti in grandemaggioranza animali domesticie pochi animali selvatici. Anchele razze sono le stesse che si ri-trovano negli altri insediamenti.

I bovini sono in media alti circa cm 110 al garrese con corna abbastanza corte, chemostrano che non vi è stata nessuna ulteriore selezione rispetto a quelli del BronzoMedio. Anche le pecore, prive di corna, e le capre, con invece corna dritte falcate, ap-partengono sempre allo stesso gruppo di bestiame. I suini non sono particolarmenterobusti e dunque ben distinguibili dai cinghiali. Venivano macellati di solito attorno alsecondo anno di vita, quandoavevano superato i 130 kg, maanche in età ben più giovaneallo scopo di portare sullamensa carne tenera e succu-lenta.

La maggior parte dei canipresenta un raccorciamentodel muso, dovuta forse a rein-croci locali fra consanguinei.

I cavalli, che incominciano acomparire nella fauna proprioin questo periodo, sono alti inmedia cm 133 al garrese e le

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La fauna della Terramara

Pecore.

Cervo.

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pieghe della dentina sui molari inferiori permettono di ricollegarli al gruppo dei cavallitedeschi occidentali, ponendoli sulla stessa linea di sangue di quelli che saranno allevatipoi dai Veneti.

Seguendo l'evoluzione della composizione della fauna attraverso l’arco di vita delsito si possono ricostruire sia l'utilizzo delle risorse che l'ambiente immediatamentecircostante. Subito dopo l'occupazione del territorio la grande quantità di ovini, conle pecore presenti in numero triplo rispetto alle capre, segnala come attività principalela pastorizia volta ad ottenere in particolare la lana. La presenza di castrati tra i boviniè da collegarsi al loro utilizzo per l'agricoltura, ma anche, poiché il 50% veniva uccisoprima dei tre anni, ad un loro allevamento per fornire carne. Infatti lo studio dellaresa in carne degli animali consumati nella struttura abitativa li pone al primo postocon più del 60% seguiti dai suini con circa il 25% e gli ovini con poco più del 10%.

Solo in questa fase sono presenti grossi mammiferi selvatici come il cinghiale, ilcervo e il capriolo a dimostrazione che l'ambiente circostante è ancora, almeno inparte, forestato. Sono presenti anche zone acquitrinose ove è possibile catturare leanatre. Si riscontra successivamente un cambiamento sia nella quantità che nella com-posizione delle greggi con le pecore in numero pari alle capre, indice del peggiora-mento della qualità dei pascoli. Scompaiono i grandi mammiferi selvatici sostituiti

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Maiali.

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dalla lepre e dalla tartaruga.Questo fatto, unito alla pre-senza della faina, che abitaluoghi aperti, è legato ad unaestesa deforestazione.

Il momento dell’abban-dono del sito appare caratte-rizzato dalla presenza dellasola capra, probabile conse-guenza di un ulteriore peg-gioramento della qualità deipascoli, mentre cessa qual-siasi attività di caccia tranneche per la faina, forse perchéla sua pelliccia può rappre-

sentare una merce di scambio. Un' ulteriore conferma della drastica riduzione dellerisorse viene data dall'età di morte dei cavalli. Infatti, mentre in precedenza venivanoabbattuti circa attorno l'età di otto anni, nel periodo in questione gli esemplari rinvenutipresentano i denti consunti fino alla radice a riprova della mancanza di disponibilitàeconomica ad acquistarne dei nuovi.

Questi dati possono contribuire a comprendere meglio l’ultima fase di vita dellaTerramara specie se associati, al periodo di siccità, attestato anche dai dati archeobo-tanici.

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La fauna della Terramara

Capra al pascolo.

Molluschi fossili provenienti dalle argille plioceniche appenniniche. Lamellibranco - Cardium (a si-

nistra), gasteropode - Conus (a destra).

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Cronologia della Terramara

Lo studio dei materiali, basato sull’analisi delle associazioni tipologiche delleceramiche e dei bronzi in relazione alla loro posizione stratigrafica all’interno delsito, ha evidenziato un’omogeneità culturale riferibile a un’unica fase di BronzoRecente (BR1).

Tale affermazione trova sostegno nella notevole presenza all’interno del sitodell’ansa cilindro - retta, considerata “fossile guida”in area subappenninica dellaprima fase del Bronzo Recente. Tale tipo di terminazione si ritrova ad Anzoladell’Emilia in associazione ad altri elementi datati alla fase iniziale di questo pe-riodo, quali varie anse di facies terramaricola, tipi di tazze con parete esoversa e lageneralità dei bronzi.

Il sito trova confronti in area emiliana occidentale principalmente con lo stratoIX di Cavazzoli, con gli strati sopra il terrapieno di Vicofertile, con il villaggiogrande di Santa Rosa di Poviglio (strati basali e a cumuli di cenere), con la fase IXdi Montale e con il sito di Forno del Gallo a Beneceto.

Nell’area bolognese i confronti più evidenti sono con il sito di Villa Cassarini,

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Sezione di scavo del Lavinello. Sulla sponda meridionale del fossato interno sono visibili in sezione

i frammenti ceramici dispersi nello strato fortemente antropizzato.

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S. Giovanni in Persiceto e Calderara di Reno Fondo Boschi.Numerosi riferimenti, per quanto riguarda gli elementi subappenninici, datati

quindi al Bronzo Recente, si ritrovano in area romagnola in siti come San Giu-liano di Toscanella, Solarolo, Santa Maria in Castello e, in area marchigiana, conCortine di Fabriano.

Vi sono poi evidenti contatti sempre all’interno dell’areale di distribuzioneterramaricolo sia con la Lombardia occidentale, in particolare con il sito di Cade’ Cessi fase 1 e Bellaguarda trincea B, sia in area veneta con la necropoli del-l’Olmo di Nogara e il sito di Fabbrica dei Soci.

La conferma che tutti i materiali sono comunque riconducibili ad una fase diBronzo Recente viene dalle analisi al radiocarbonio, eseguite su campioni dilegno carbonizzato di media pezzatura, provenienti dalle due principali UnitàStratigrafiche del sito (US 26 e US 27) e dal riempimento di una struttura (US2010).

Considerando la curvatura degli anelli, i carboni usati per le datazioni dell’US26 e dell’US 27 rispettivamente di Frassino e di Farnia provengono da tronchidi grosse dimensioni, che potevano avere una età media di ca. 80-100 anni.

Tenuto conto della forma biologica arbustiva del Bosso e della curvatura degli

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Cronologia della Terramara

Siti terramaricoli bolognesi di pianura

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anelli, si può dire che il tronchetto da cui derivano i carboni analizzati dell’US2010 aveva ca. 30-40 anni.

Per cui, considerando che la datazione al radiocarbonio data l’anno di for-mazione dell’anello, la data ottenuta è sicuramente più antica di quella di com-bustione del legno, evento quest’ultimo in fase con la frequentazione del sito.Tutto ciò permette quindi di affermare che i livelli indagati sono cronologica-mente più recenti e considerando l’età dei tronchi da cui provengono i carbonianalizzati, le datazioni fornite dalle analisi al radiocarbonio dei materiali anzo-lesi, coincidono con quelle generalmente riconosciute per il Bronzo Recente 1(BR1).

L’età del sito quindi coincide con alcuni altri contesti terramaricoli della stessafacies culturale per i quali si dispone di date radiocarboniche analoghe. Per l’Emi-lia Romagna si ricordano le ultime due fasi (fase X, XI) dell’abitato terramari-colo di Montale. La fase X datata al radiocarbonio al 1410-1315 BC (1σ) ècollocabile secondo gli autori al Bronzo Medio 3b (?) e sicuramente al BronzoRecente 1. La fase XI datata 1415-1315 BC (1σ) rientra invece nel Bronzo Re-cente 1. Date similari, o leggermente antecedenti, sono invece quelle della vascavotiva di Noceto, che hanno un intervallo compreso fra 1420-1320 B.C. (1σ).

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Codice

Laboratorio

Nome

Campione

Età radio-

metrica

(anni B.P.)*

δ13C Età anni BC

cal. 1σ

Età anni BC

cal. 2σ

LTL4347A Anzola

US 2010

3.051 ± 40 -26.4 ± 0.5 1 .390-1 .260

(68.2%)

1.420-1.200 (95.4%)

LTL4348A Anzola

US 27

2.976 ± 45 -25.2 ± 0.4 1 .300-1 .120

(68.2%)

1.380-1.330 (5.2%)

1.320-1.050 (90.2%)

LTL4349A Anzola

US 26

3.092 ± 45 -24.7 ± 0.5 1 .420-1 .310

(68.2%)

1.460-1.250 (94.3%)

1.240-1.210 (1.1%)

Analisi effettuate presso il CEDAD (Università del Salento).

(*) Con BP si intende una datazione convenzionale al radiocarbonio non calibrata il cui calcolo implica l’uso deltempo di dimezzamento di Libby (5.568 anni) rispetto al valore corretto di 5.730 anni, l’anno 1950 come anno di ri-ferimento e l’utilizzo diretto o indiretto dell’acido ossalico come standard di riferimento.

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Calibrazione della data convenzionale al radiocarbonio.

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Le vicende del sito in età moderna

Anzola dell’Emilia non possiede siti archeologici esposti. Le scoperte, dal XVI se-colo ai giorni nostri, sono state occasionali, in concomitanza di lavori agricoli e di re-centi interventi di urbanizzazione. Il materiale archeologico rinvenuto in antichità èin gran parte andato perduto o forse finito nella disponibilità di privati, poco altro èconservato al Museo Civico Archeologico di Bologna.

L’unico scavo sistematico in zona è stato a tutt’oggi quello della Terramara, sepoltada un’abbondante copertura di sedimenti e pertanto l’indagine sulle vicende del sito

in età moderna è stata condottaessenzialmente sul piano della ri-cerca bibliografica e d’archivio,nel tentativo di comporre unquadro il più possibile completodelle trasformazioni avvenute inquesto preciso ambito territorialedel Comune di Anzola dell’Emi-lia nel corso del tempo.

Dalla ricerca è emerso comeil territorio ove insiste la Terra-mara abbia mantenuto pressochéimmutata la propria vocazioneagricola fino all’ultimo quarto delsecolo scorso, quando gli inter-venti di urbanizzazione hannomesso in luce gli strati profondidella più antica frequentazione.

Il podere è stato identificatonegli ultimi tre secoli come Pos-sessione, termine identificativodi grandi superfici, impiegato nellessico per classificare la tipologiafondiaria. La Possessione Ca’ oCasa Rossa si estendeva su unasuperficie di circa 128 tornaturebolognesi, ovvero poco più di 26ettari.

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Carta di D’Antonio di Paolo Masini, in Bologna per-lustrata, 1666.

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Le testimonianze iconografiche più affidabili per conoscere le caratteristiche delsito sono certamente le carte degli agrimensori, che con ricchezza di particolari hannotrasmesso l’immagine della sistemazione del paesaggio agrario nei secoli passati. Pro-prio il confronto di due pregevoli carte acquerellate della possessione Ca’ Rossa, nelladisponibilità del fondo archivistico dell’ASP Poveri Vergognosi permette di coglierele persistenze ed i mutamenti, nell’assetto del territorio rurale dal XVIII al XIX secolo.In tali mappe, nelle quali gli edifici colonici sono disegnati in pianta, le essenze in al-zato, si coglie come la dimensione dei poderi non sia mutata, rispetto a quella prece-dente all’urbanizzazione. Infatti la maglia è pressoché identica, mentre un importantesentiero il “cavedagnone” divide ortogonalmente la possessione volgendo a Nord.Gli eleganti cartigli, contenuti nelle carte, definiscono le tipologie di seminagioni epiantagioni e la loro estensione in tornature bolognesi e ci evidenziano come la colti-vazione prevalente della Possessione Cà Rossa, irrigata da scoline, sia stata il frumentoe poi la canapa, assieme a filari di alberi da frutto, pioppi lungo l’argine del torrente,filari di mori lungo il sentiero.

Le differenze maggiormente evidenti sono nella rappresentazione del corso deltorrente Ghironda, che appare sinuoso nella carta più antica e rettilineo nella carta

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Le vicende del sito in età moderna

Carta attribuita ad Angelo Trebbi, 1791, ASP Poveri Vergognosi, inv. N. 392, vol. 33.

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più recente, ove, inoltre, scompare la via Nova che dalla via Emilia, diretta a Nord,giungeva allo stradello detto delle Casette o Casetti. Il collegamento verrà ripristinatosolo nel XIX secolo seguendo un percorso più occidentale, volto a favorire la viabilitàdella borgata Casetti.

Solo con la formulazione del Catasto Boncompagni prima e del Catasto Gregorianoo Pontificio dopo, si delineò la mappatura completa della zona bolognese, quindianche di Anzola dell’Emilia, con il metodo geometrico puro affidato ad un apparatostatale. Dalla comparazione delle carte peritali con quella del Catasto Pontificio, risultaevidente la persistenza perimetrale della possessione Ca’ Rossa con i medesimi edificirustici; le coltivazioni annoverano soprattutto seminativo, in misura minore vite e ca-napa. Dalla comparazione delle carte peritali con quella del Catasto Pontificio risultaevidente la persistenza perimetrale della possessione Ca’ Rossa con i medesimi edificirustici; le coltivazioni annoverano seminativo, in misura minore vite, canapa, prato. Èscomparsa la via Nova, convertita ad uso agricolo, ma persiste il “cavedagnone”.

Successivamente, in ottemperanza ad una legge nazionale del 1868 che disciplinavai tracciati viari in funzione degli allacciamenti alla ferrovia e ne stabiliva l’importanza,il Comune di Anzola dell’Emilia riclassificò le proprie strade tra obbligatorie e nellatoponomastica sarà da allora annoverata come via Nuova una strada volta ad Est deltorrente Ghironda, tra le vie dell’Olmo e di Sora.

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Panoramica del Torrente Martignone in località Paltrone (Foto L. Urbinati).

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A scuola di terramare

Il Comune di Anzola dell’Emilia opera dal 2004, in convenzione con la Soprinten-denza per i Beni Archeologici dell’Emilia Romagna, l’Istituto Comprensivo «E. DeAmicis» e il Centro Culturale Anzolese per introdurre la didattica dell’archeologia neiprogrammi della scuola primaria. L’obiettivo è di guidare i bambini alla conoscenzadei meccanismi con cui si ottengono dati storicamente significativi tramite la ricercaarcheologica. Questo li aiuta a comprendere, anzitutto, il più lontano passato, anchein relazione ai rinvenimenti locali, e scoprire così le proprie radici rinsaldando il legamecon il territorio. Questo percorso li esorta anche a ragionare sui meccanismi con cuiil dato storico viene definito e scritto sui loro libri di scuola, a partire dallo studio dellefonti. I percorsi che le classi terze, quarte e quinte della scuola primaria svolgono, in-fatti, non sono lezioni di storia, ma attività laboratoriali incentrate sull’analisi dellefonti - archeologiche in primo luogo, ma anche iconografiche e scritte - e delle meto-dologie con cui queste sono discipline studiate. Questo permette ai bambini di svi-luppare capacità critica e di imparare a valutare la storia dell’uomo come un processosempre sottoposto a nuove e più approfondite analisi capaci di mostrarne aspetti sco-

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A scuola di terramare

Simulazione di uno scavo archeologico.

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nosciuti o poco evidenti o, addirittura, di riscrivere gli accadimenti. I percorsi sonoimpostati e organizzati dal Comune, condotti da specialisti del settore, ognuno conspecifiche competenze, e da volontari del Centro Culturale Anzolese.

Un ulteriore obiettivo che il progetto intende raggiungere è quello di far crescerenei bambini, cittadini di domani, il rispetto e l’attenzione per il proprio territorio. Unterritorio fatto non solo di terra e strade su cui essi camminano e giocano, ma anchedi un passato, di una storia quotidiana e nascosta, origine della sua forma attuale. Ilterritorio, in sintesi, come prodotto dell’azione umana che l’archeologia testimonia.Gesti quotidiani passati che parlano di vita vissuta - di strategie economiche, di tecni-che di sopravvivenza - e generano affetto per la terra su cui i bambini vivono, e chel’archeologia svela ai loro occhi.

Le strutture didattiche e le esperienze maturate in questo lavoro saranno inserite,a partire dal 2012, nell’offerta didattica del Museo Archeologico Ambientale disponi-bili così per tutte le scuole della Regione.

Studenti al lavoro.

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Bibliografia essenziale

Bibliografia sulla terra-mara di Anzola

Finotelli F., MoRico G., steFFè G., Anzola

Emilia (BO), in Le terramare. La più antica

civiltà padana, catalogo della Mostra, BeR-naBò BRea M., caRdaRelli a., cReMaschi

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Finotelli F., MoRico G., steFFè G., Anzola

Emilia (BO), in Archeologia dell’Emilia Ro-

magna, i-ii, Bologna 1997, pp. 32-34.

aRGentina F., desantis P., Finotelli F.,schneideR F., Il sito dell’Età del Bronzo di

Anzola dell’Emilia in Archeologia in Valle

del Samoggia. Studi e ricerche sul popola-

mento antico, atti del convegno, Ravasio

t. (a cura di) in Quaderni della Rocca 9,Bazzano (2001) 2002, pp. 39-80.

desantis P., BiGoni M., Faccenda P., Fino-telli F. (a cura di), Anzola prima dell’Emi-

lia: più di tremila anni fa…un villaggio

sulle sponde della Ghironda: materiali e

studi dalla terramara di Anzola, Guida allaMostra, anzola dell’emilia 2004.

Bibliografia essenzialerelativa ai vari temi trat-tati

BeRnaBò BRea M., caRdaRelli a. cReMa-schi M. (a cura di), Le terramare. La più an-

tica civiltà padana, catalogo della Mostra,BeRnaBò BRea M., caRdaRelli a., cReMa-

schi M. (a cura di), Modena 1997.

Balista c., Bellintani P. (a cura di), Canàr

di San Pietro Polesine. Ricerche archeo-am-

bientali sul sito palafitticolo, in Padusa

Quaderni, 2, centro Polesano di studi sto-rici archeologici ed etnografici, Rovigo1998.

Balista c., Bondavalli F., caRdaRelli a.,laBate d., Mazzoni c., steFFè G., Dati

preliminari sullo scavo della terramara di

Gaggio di Castelfranco Emilia (Modena).

Scavi 2001-2004 in Archeologia ad alta ve-

locità, atti del convegno, Parma 9 giugno2003, Quaderni di Archeologia dell’Emilia

Romagna 22, 2008, pp. 113 -138.

Bellintani P., Frattesina: l’ambra e la pro-

duzione vitrea nel contesto delle relazioni

transalpine, in Ori delle Alpi, catalogo dellaMostra, endRizzi l. e MaRzatico F. (a curadi), trento 1997, pp. 117-129.

Bellintani P., anGelini i., aRtioli G.,Polla a., Villaggio delle Macine. Le più

antiche perle in vetro e ambra dell’Italia

centrale, in atti Xl Riunione scientifica(2005), Firenze 2007, pp. 891-895.

BeRnaBò BRea M., cReMaschi M. (a curadi), Il villaggio piccolo della Terramara di

S. Rosa di Poviglio. Scavi 1987–1992, inOrigines, Firenze 2004.

Bibliografia essenziale

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Anzola al tempo delle Terramare

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BeRnaBò BRea M., cReMaschi M. (a curadi), Acqua e civiltà nelle terramare. La

vasca votiva di Noceto, università deglistudi di Milano, skira, Milano 2009.

BeRnaBò BRea M., MiaRi M., Bianchi

P.e., et alii, La terramara di Forno del

Gallo a Beneceto (Parma), in Archeologia

ad Alta velocità in Emilia. Indagini geolo-

giche e archeologiche lungo il tracciato

ferroviario, atti del convegno, BeRnaBò

BRea M., valloni R. (a cura di), Parma2003, Firenze 2008, pp. 87-113.

Bianchi P., Capanne e spazi domestici del

Bronzo Recente avanzato nel villaggio

grande della Terramara S. Rosa a Fodico

di Poviglio, in Rivista Scienze Preistoriche,liv, 2004, pp. 411-486.

caRdaRelli a. (a cura di), Modena dalle

origini all’anno Mille. Studi di archeologia

e storia, vol. i-ii, edizioni Panini, Modena1988.

caRdaRelli a. (a cura di), Parco archeo-

logico e Museo all’aperto della Terra-

mara di Montale, Museo civicoarcheologico etnologico, comune diModena, 2004.

cattani M., MaRchesini M., MaRvelli s.(a cura di), Paesaggio ed economia nell’età

del Bronzo. La pianura bolognese fra Sa-

moggia e Panaro, centro stampa dellaRegione emilia Romagna 2010.

cocchi Genik d. (a cura di), L’età del

Bronzo Recente in Italia, atti del conve-gno nazionale, lido di camaiore (2000),viareggio 2004.

Fuoco M., Pizzoli P., sola s., Evolu-

zione paleoidrografica della pianura

compresa fra Samoggia e Reno in Tra

Reno e Samoggia: soluzioni per due

fiumi, Bologna 1999.

PacciaRelli M. (a cura di), La Colle-

zione Scarabelli. 2. Preistoria. Musei ci-vici di imola, imola 1996.

Pizzi c., L’abitato dell’età del Bronzo di

Santa Caterina Tredossi (Cremona), Mi-lano 2006.

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Indice

Presentazioni 3

Storia di una scoperta, Giuliana Steffè 9

Le vicende geomorfologiche del sito, Fabrizio Finotelli 13

Il villaggio terramaricolo: impianto e strutture, Fabrizio Finotelli 15

Le attività artigianali nella Terramara 19

Produzioni ceramiche, Tiziana Caironi 19

Produzioni metallurgiche: i bronzi, Tiziana Caironi 24

La lavorazione della pasta vitrea, Pietro Baraldi e Paola Desantis 26

La lavorazione di osso, corno e conchiglie, Paola Desantis 29

Tessitura e filatura, Paola Desantis 30

I segni dello scambio 33

Importazione dei modelli nella ceramica, Tiziana Caironi 33

Ambra, Paola Desantis 35

Reperti lapidei dall’Appennino, Fabrizio Finotelli 37

Aspetti simbolico-religiosi, Paola Desantis 38

Il paesaggio vegetale e l’agricoltura, Marco Marchesini e Silvia Marvelli 40

La fauna della Terramara, Patrizia Farello 46

Cronologia della Terramara, Tiziana Caironi e Marco Marchesini 49

Le vicende del sito in età moderna, Lucia Urbinati 53

A scuola di Terramare, Paolo Toccarelli 56

Bibliografia essenziale 58

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