ISSN 0027-1691 M motociclismo.it gennaio 2017 - mensile euro 5,00 in Italia VECCHIE GLORIE SUZUKI RG 500 GAMMA 1985: SEGRETI E PRESTAZIONI DI UNA LEGGENDA 13 STIVALI TOURING PROVA PRATICA E IN LABORATORIO ISOLAMENTO TERMICO + IMPERMEABILITÀ + IMPATTO YAMAHA TRACER 900 FATTA A PEZZI Tutti i rilevamenti, i costi, gli inconvenienti LONG TEST 50.000 KM TEST E PROVE EUROPA A DUE CILINDRI KTM 1290 Super Duke R ‹ Ducati Multistrada 950 ‹ Triumph Bobber 1200 ‹ NAKED ACCESSIBILI Kawasaki Z650 ‹ Yamaha MT-09 ‹ FUORISTRADA Honda CRF450RX ‹ Armotia Due X ‹ TEST ANTEPRIMA TRIUMPH BOBBER IO BALLO DA SOLA EM eScape - emSport › PERÙ Cordigliera delle Ande fino a 5.000 m › Appennino Tosco-Emiliano fra tornanti e radar › Eventi e calendario 2017 ALL TRAVELLERS
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ISSN
002
7-16
91
Mmotociclism
o.it
gennaio 2017 - mensile euro 5,00 in Italia
VECCHIE GLORIE SUZUKI RG 500 GAMMA 1985: SEGRETI E PRESTAZIONI DI UNA LEGGENDA
13 STIVALI TOURINGPROVA PRATICA E IN LABORATORIO
ISOLAMENTO TERMICO + IMPERMEABILITÀ + IMPATTOYAMAHA TRACER 900 FATTA A PEZZITutti i rilevamenti, i costi, gli inconvenienti
LONG TEST 50.000 KM
TEST E PROVEEUROPA A DUE CILINDRI
KTM 1290 Super Duke R ‹ Ducati Multistrada 950 ‹
Triumph Bobber 1200 ‹
NAKED ACCESSIBILIKawasaki Z650 ‹ Yamaha MT-09 ‹
FUORISTRADAHonda CRF450RX ‹
Armotia Due X ‹
TEST ANTEPRIMA TRIUMPH
BOBBERI O B A L L O D A S O L A
EM eScape - emSport
› PERÙ Cordigliera delle Ande fino a 5.000 m › Appennino Tosco-Emiliano fra tornanti e radar
› Eventi e calendario 2017 ALL TRAVELLERS
La SV650 Abs è tornata per dettare nuovi standard di divertimento e prestazioni. Unica della categoria con
La notizia ufficiale è che si chiude un 2016 molto positivo per il mondo delle moto. La notizia an-cora più bella è che il traino della ripresa sono i giovani. Un segnale che mancava da tempo.È soprattutto grazie a loro se le patenti per i ciclomotori e quelle di categoria A sono tor-nate a crescere, e con esse le immatricolazioni nelle piccole cilindrate. Basti ricordare che
gli under 21 ne hanno conseguite più di 130.000 solo nel 2016 (fonte Ministero dei Trasporti). E dire che a Eicma , nella fiumana di 650.000 visitatori, avevamo dovuto aguzza-re la vista per individuarli, piccole pennellate di colore qua e là su sfondo grigio-Milano e grigio-‘anta.Eppure sono stati proprio questi meravigliosi sbarbati a de-terminare quel +9% di biglietti venduti. Si tratta del record di sempre per la Fiera di moto più importante al mondo, che si conferma italianissima e al tempo stesso di respiro in-ternazionale. Come il suo Presidente Antonello Montante; come la nostra città che la ospita fin dal 1914. Centodue an-ni dopo, Milano continua a sostenerci per esempio con il 10% di sconto sul bollo e con la riduzione delle strisce blu a paga-mento in favore di parcheggi gratis per i motociclisti. Se que-sta metropoli è davvero il motore dell’economia della moto, allora io dico che ha la schiena di un bicilindrico e l’allungo di un 4 (l’articolo di Tecnica a pag. 130 è proprio in tema).Sotto Natale -per la gioia del direttore Comunicazione Au-tostrade Delzio- abbiamo tagliato lo straordinario traguardo delle 50.000 firme a sostegno della nostra campagna in fa-vore della riduzione del pedaggio autostradale per le moto. Pochi giorni prima, a chiusura del mandato ventennale di Paolo Sesti, abilissimo politico a cui vanno tutti i nostri mi-gliori auguri, abbiamo guadagnato ai vertici FMI un moto-ciclista esperto e appassionato, il neopresidente Giovanni Copioli (lo trovate a pag. 12). Dopo qualche apprensione l’anno si è chiuso bene anche per l’industria italiana più in sofferenza. L’intricata vicen-da che aveva portato Benelli a un passo dal baratro si è con-clusa con la revoca del fallimento. Anche se la situazione in MV appare ancora complicata, l’iniezione di capitali da par-te del fondo di investimento Black Ocean apre a un ragio-nevole ottimismo. Non può che giovare ai due storici Marchi italiani il trend positivo delle immatricolazioni moto, che hanno chiuso l’anno con quasi il 20% in più!
Vanno bene anche gli scooter (+8%), e io credo che l’abbrac-cio sempre più materno di alcune nostre città nei confronti delle due ruote sia determinante. Basti dire che a Savona, Pesaro e Siena le Amministrazioni sono state in grado di mettere in moto un abitante su quattro (servizio a pag. 24). Che cosa guideranno tutti questi motociclisti?Nel 2016 le Case sono tornate a investire nella nicchia tec-nologica delle supersportive senza dimenticare il grande pubblico, attraverso un’offerta sempre più ricca nelle cilin-drate medio-piccole. Per avere a portata di mano una pano-ramica del mercato completa e velocemente consultabile –garantisco che perdi più tempo a cercare con lo smartpho-ne che con la carta- abbiamo raddoppiato lo spazio del no-stro listino. È corredato di foto e arricchito di pregi e difetti che abbiamo ricavato in tanti anni di prove.Una dolente nota c’è. Gli ultimi dati disponibili ci dicono che nel secondo semestre 2015 l’incidentalità in moto è tornata a salire del 7,2%. Non accadeva da 8 anni. Al netto della no-stra incontenibile passione, non dimentichiamo mai che la sicurezza è la priorità assoluta. Anche per il mercato. Tutti gli studi di settore indicano nella paura dei genitori il primo deterrente all’acquisto della moto per il figlio. Purtroppo però l’emendamento in materia di sgravi fiscali del 50% per l’acquisto di paraschiena e airbag è stato respin-to dalla Commissione Bilancio della Camera. Le belle parole spese un paio di mesi fa, proprio davanti a me, dal Vicemi-nistro dell’Economia Casero, sono cadute nel vuoto. Eppure tutti sanno che investire 2,5 milioni di euro in sgravi fiscali consentirebbe di risparmiarne 20 in costi della Sanità. Noi aggiungiamo che una legge ad hoc consentirebbe a quelle 130.000 patenti di diventare forse 200.000, come ai bei tempi. Sul fronte sicurezza non abbiamo risparmiato un’affettuosa tirata d’orecchie nemmeno al funambolo della Rete, Andrea, che ci scrive a pag. 9. E abbiamo messo sotto osservazione tutto il mercato abbigliamento e accessori attraverso in-chieste scottanti (le troverete il prossimo mese) e rigorose prove in laboratorio (comparativa a pag. 50). Per esempio su questo numero uno stivale touring non ha passato il test minimo di sicurezza: non compratelo. Questo il nostro dovere istituzionale. Quanto al piacere… continueremo a non farvi mancare nulla. Ci vediamo pre-sto in Sud America, su un vulcano oltre quota 6.000 metri. Buon 2017 a tutti!
BUONE NOTIZIE(TRANNE UNA)
EDITORIALEdi Federico Aliverti
Motociclismo / gennaio 20172
SSSS
1 Editoriale
8 Lettere al direttore
ATTUALITÀ 12 News
14 Mercato
18 Scoop: KTM 790 Adventure
19 Offerte & Richiami
20 Motor Bike Expo
22 Intervista Davide Zanolini - Gruppo Piaggio
24 Le città delle moto
28 Honda Racing Thanks Day
36 Long Test Yamaha: 50.000 km
50 Comparativa stivali turismo
TEST & PROVE 66 Test Triumph Bobber 1200
76 Test KTM 1290 Super Duke R
86 Test Ducati Multistrada 950
96 Test Kawasaki Z650
106 Test Yamaha MT-09
Anno 103
gennaio 2017
n° 2740ommario
86
76
106
Powered byOfficial Sponsor Developed with
Motociclismo / gennaio 20174
SSSSommario Via Don Luigi Sturzo 7, 20016 Pero (MI)Tel. 02 380851, Fax 02 38010393E-mail: [email protected] lettere: [email protected]: www.motociclismo.it
COLLABORATORI Angelo Barbiero, Aldo Benardelli, Riccardo Capacchione, Mario Ciaccia, Claudio Giovenzana, Marco Gualdani, Luca Nagini, Gualtiero Repossi, Marco Villa
FOTOGRAFIPupi Alifredi, Mario Ciaccia, Claudio Gioven-zana, Aki Kusudo, Lorenzo Marcinò, Luca Nagini, Cristina Pertile, Gualtiero Repossi, Archivio Motociclismo/Edisport
SERVIZIO GRAFICOTamara Viganò, Sabrina Brambilla, Maria Celico, Patrizia Civati, Vincenzo Palmieri, Barbara Zaltieri
DIRETTORE DI PRODUZIONEPaolo Cionti
COORDINAMENTO TECNICOLorenzo Pucci, Alberto Origgi
Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1, S/NA. In caso di mancato recapito si restituisca al mit-tente che si impegna a pagare la relativa tassa. Registrazione del Tribunale di Milano n. 274 del 24/7/1948. Registrazione al R.O.C. n. 56141
EDISPORT EDITORIALE s.r.l.Via Don Luigi Sturzo 7, 20016 Pero (MI)Tel. 02 380851, Fax 02 38010393
AMMINISTRATORE UNICOPiero Bacchetti
M
CENTRO PROVE E SERVIZI S.R.L. Claudio Cortemiglia (responsabile),Michele Foglio, Alessandro Perelli
M
M LO TROVI ANCHE SU
138
178
116 Più Fuori che Strada: Prova Honda CRF450RX
124 Più Fuori che Strada: Armotia e Electric Motion
TECNICA 130 La guida: 2 cilindri contro 4
SPORT 138 Dakar 2017
146 147 Tutti in pista
TURISMO 150 Perù
160 Appennino Tosco-Emiliano
170 Calendario eventi 2017
172 Tendata invernale
174 Traveller del mese
176 Raduni e Tour operator
SUPER WHEELS178 Emporium Garage Auto-Scooter
EPOCA186 Suzuki RG 500 Gamma
194
RUBRICHE 196 Vetrina
199 I listini del nuovo
216 Elenco prove
224 La storia
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Motociclismo / gennaio 20178
Caro direttore, leggo con disappunto
l’articolo “Il freddo sotto controllo” su
Motociclismo di dicembre 2016 relativo
alla comparativa tra pneumatici estivi e
invernali. Il disappunto è iniziato appena
letto il sottotitolo, dove involontariamente
(o per questioni pubblicitarie) scrivete
testualmente che “le WinterGrip Plus di
Anlas, sono le uniche che possono essere
montate sulle grosse maxienduro”. Ebbene,
questo non è vero. Un esempio sono le
tedesche Heidenau K60 Scout M+S, che
guarda caso sono disponibili per le “nuove
maxi mucche” nelle misure 120/70 - 19”
all’anteriore e 170/60 - 17” al posteriore, che
se ricordo bene sono le misure dell’attuale
R 1200 GS. Forse l’indice di velocità di
questi pneumatici (72T) è inferiore alle
WinterGrip Plus (72V), ma credo che il
libretto della 1200 GS consenta indici di
velocità inferiori, come la mia F 800 GS,
su cui uso le Heidenau da ormai 5 anni.
Le K60 Scout sono delle ottime gomme
invernali; io uso la moto 365 giorni l’anno
e con l’asfalto ghiacciato, innevato o
bagnato (anche d’estate) mi hanno salvato
parecchie volte dalla caduta. In fuoristrada
sono ottime e hanno qualche limite solo
con il fango al posteriore, in quanto
per avere tenuta sull’asfalto i tasselli
al centro dello pneumatico non hanno
soluzione di continuità. Per concludere,
mi piacerebbe che o v’informaste meglio
sulle alternative ai marchi ordinari o
che faceste comparative più obiettive,
testando tutto quanto offre il mercato e non
facendo sviolinate alla Michelin, visto che
le Anakee III sono abbastanza mediocri,
leggendo i pareri di chi in moto ci va
davvero.
Andrea Giarrusso - Cambiago (Mi)
Caro Andrea, non si trattava di una
comparativa tra pneumatici invernali
contro “tradizionali”, altrimenti avremmo
messo in comparazione le nuove Anlas
con numerosi altri Marchi che fanno
prodotti “estivi”. Abbiamo semplicemente
imbastito la prova strumentale della prima
gomma invernale disponibile sul mercato.
Non è dunque un prodotto prettamente
da neve come le tue Heidenau, che sono
invece dei tassellati “leggeri” con solchi
profondi nel battistrada, pneumatici
adatti anche all’uso fuoristrada. Se a
confronto con le Anlas è finita Michelin,
il motivo è presto detto: come “banco
prova” abbiamo usato la moto da viaggio
più diffusa d’Italia, che di serie monta
le Anakee III. Michelin è dunque una
scelta di BMW, non una “sviolinata” di
Motociclismo. Il parere dei nostri tester
- che in moto ci vanno davvero - non ha
forse valore scientifico. Ma ha un grado
di attendibilità difficile da mettere in
discussione quando è suffragato, come in
questo caso, dai rilevamenti strumentali
del nostro Centro Prove effettuati in una
struttura come la pista di Lainate, dedicata
proprio a questo genere di test.
INVERNALI STRADALI, NON TASSELLATI
Caro direttore, scrivo per segnalare che
i dati relativi a prestazioni, velocità,
accelerazione e ripresa della BMW F 800
GS da voi pubblicati nella comparativa di
giugno 2016 con Africa Twin e Tiger, sono
identici al centesimo a quelli della vostra
prova del medesimo modello di gennaio
2011. Mi sembra alquanto improbabile…
Paolo Mosca – Milano
Caro Paolo, le due F 800 GS in questione
hanno il medesimo motore Euro 3. Stesse
prestazioni, dunque. Quando arriverà
questa BMW in versione Euro 4 ovviamente
effettueremo nuovamente i rilevamenti. Al
di là del caso specifico, è bene ricordare
che pur ripetendo banco e prestazioni di
qualsiasi moto, teniamo “buona la prima”
a meno che lo scarto non oltrepassi il
3% (lo stesso “spread” ammesso nelle
omologazioni italiane). Se prendessimo
infatti dieci F 800 GS (ma vale per
qualsiasi altro modello) identiche fra loro,
sicuramente registreremmo di volta in volta
dati prestazionali diversi, anche se magari di
un’inezia. Perché nessuna moto è davvero
identica all’altra. Il nostro Centro Prove
deve archiviare un dato univoco, altrimenti
in 60 anni di prove avremmo costruito un
database praticamente ingestibile.
Prestazioni identiche: com’è possibile?
a l d i r e t t o r e
ISTRUZIONI PER CHI SCRIVE Le lettere sono tantissime ogni mese, vi chiediamo perciò di essere sintetici.
Ci riserviamo comunque il diritto di tagliare i testi. Rispondiamo solamente alle lettere complete di nome, cognome, indirizzo e, per quelle arrivate via e-mail [email protected], anche di numero di telefono.LETTERE
Caro direttore, mi piacerebbe che
pubblicaste questa foto. La mia
cagnolina non vede l’ora che arrivi la
bella stagione per qualche giorno di
libertà in moto. Saluti a tutti i bikers che
vogliono bene agli animali.
Andrea Sartor – email
Trasporti eccezionali
gennaio 2017 / Motociclismo 9
Caro direttore, prima di ogni cosa vorrei ringraziarti per l’editoriale
che hai scritto parlando di me, sono rimasto piacevolmente sorpreso
che la vostra rivista, “la Bibbia dei motociclisti”, mi abbia dedicato
tanto spazio. Oltre a ciò, vorrei cogliere l’occasione per provare a
rispondere alla domanda centrale dell’articolo: “Nel mondo parallelo
dei youtuber, che accoglie milioni di ragazzi, ci
son davvero i motociclisti del futuro?”.
E mi piacerebbe farlo raccontando come la
mia esperienza sul web coinvolga centinaia
di migliaia di ragazzi. Per capirci con una
metafora: io vivo il web come un’autostrada a
doppia corsia che mi consente di fare il giro
del mondo in pochi secondi. Attraverso le oltre
13 milioni di visualizzazioni dei miei video, non
solo contribuisco a far conoscere ai giovani
cosa sia la moto e come può essere guidata,
ma anche le sensazioni che può trasmettere
a seconda dei momenti e dei luoghi: andando
a scuola, in centro con gli amici, dispersi
nelle campagne, nel freddo invernale e nel
caldo estivo, nel weekend di allenamento in
pista, e durante una vera e propria gara. Ogni
giorno ricevo centinaia di messaggi sui vari
social media nei quali mi vengono chiesti
consigli su moto da comprare, modificare,
sull’abbigliamento tecnico, e su molti
altri argomenti. Infine credo che il nostro
mondo, come viene definito, e il vostro, non
siano poi così distanti. Sono convinto che
costruire un ponte che li connetta, possa
essere estremamente semplice e utile per tutti, se anche voi
foste dello stesso parere; per me sarebbe un vero piacere incontrarci
e parlarne insieme. Ah, dimenticavo, mi piace pensare che il “pirla”
dell’articolo potrebbe trasformarsi in “perla”, in quanto sotto la felpa
uso indossare regolarmente le opportune protezioni.
Andrea - email
Caro Andrea, pubblico volentieri la tua lettera: la “Bibbia” apprezza il tuo stile appassionato sia nella guida sia nella scrittura. È chiaro che uno come te non ha fame di visibilità su una rivista cartacea, avendo milioni di conferme del proprio talento su web, dove ogni visualizzazione corrisponde a una medaglia. Non me ne vorrai,
dunque, se ometto il tuo cognome. D’altro canto capirai tu stesso che non è importante sapere chi sei ma ciò che rappresenti. Tu sei convinto di rendere un servizio al motociclismo attraverso un processo di identificazione planetaria da parte di centinaia di migliaia di follower (accidenti, avanti di questo passo raggiungi Motociclismo!). Tu svolgi questo servizio con una telecamerina accesa qualche minuto, noi con articoli e servizi fotografici che richiedono magari settimane di lavoro prima di essere pubblicati su carta, sul sito e sui social network. Come vedi i nostri mondi desiderano la stessa cosa, ma non usano la stessa autostrada. Sono percorsi diversi, entrambi appassionanti e rispettabili. La vera domanda però rimane: sei sicuro che la trasgressione estrema di quasi tutti i tuoi video non sia, prima ancora della moto, l’attrazione vera per i tanti giovani che ti seguono? Su Youtube per esempio una Ferrari Enzo che sgomma nel fango fa 26 milioni di visualizzazioni. Questo per dire che fare “il pirla” - te lo dice uno che chiamano “embolo” - insomma
paga. Più ci penso e più mi dico... Niente di nuovo sotto il sole. Non lo scrivo in latino perché lo odiavo, ma le propensioni dei giovani a me sembrano quelle di sempre. La sfida, la trasgressione, l’inosservanza delle regole. Unica novità: l’assuefazione virtuale. Pensiamoci. Parliamone. Ti aspettiamo in redazione quando vuoi.
LE “PERLE” DI YOUTUBE E I “PIRLA” IN IMPENNATA
Caro direttore, chiedo lumi: sono anziano ma
faccio ancora qualche gitarella in moto... Mi
spiegate tecnicamente cos’è una “Bobber”?
Gianni Zanasi - email
Caro Gianni, le bobber nascono nel secondo dopoguerra negli USA. Gli ex-militari, tornati dal fronte, usavano spogliare e ridurre all’osso le moto utilizzate in guerra - Harley-Davidson principalmente - per correre e per utilizzarle nelle loro scampagnate. Uno dei moto club più famosi ancora oggi attivo è quello dei Boozefighters, fondato nel 1946 da veterani motociclisti. Bianco e verde ne sono i colori e una bottiglia di liquore
(booze) il simbolo. Facevano gare clandestine e scorribande su moto alleggerite che oggi definiamo bobber. Prima ipotesi sul nome, il parafango anteriore veniva eliminato, quello posteriore tagliato (bobbed) la coda era così una bob-tail… Leggenda vuole che riciclassero i panciuti pneumatici dei bombardieri per risparmiare (altra ipotesi: bobber è una storpiatura di bomber, bombardiere in inglese). Ed ecco quindi uno stile ridotto ai minimi termini: serbatoio, sella singola, manubrio stretto e ruote ciccione, telaio rigido e niente cromature. Oggi le bobber, sulla base delle cruiser, replicano questi canoni estetici. In pratica sono cruiser essenziali.
Durante Eicma sono stato invita-to insieme ad alcuni “volti no-ti della moto” a correre in sella alla Scrambler una gara di flat track. L’ha vinta Andrea, ragaz-zo bolognese senza pedigree ma molto noto in Rete. Fisicamen-te ricorda un allampanato gio-vanissimo Schwantz, e in moto è matto uguale. Un giovanotto così, se ami la moto, ti sta simpati-co a pelle. Anche quando senza troppi riguardi ti frega il primo posto all’ultimo giro e lo festeggia osannato da orde di coetanei in delirio. Quest’ul-tima cosa mi ha spiazzato però. E non perché sono il “vecchio” che non accetta la sconfitta – comunque cocente, ça va sans dire –, ma perché allarga la riflessione sulle nuove generazioni di motociclisti.
Questi ragazzini adoranti sotto il podio che noi tendenzialmente identifichiamo come appassio-nati di moto - ma lo sono davvero? - sono innan-zitutto nativi digitali. Se non uniamo le due cose continueremo a non capire perché i parcheggi delle scuole sono deserti nonostante la molti-tudine di seguaci dei tanti Andrea, che col loro pubblico sterminato pare abbiano guadagnato “la forza di una testata giornalistica”. Morso dalla curiosità, sono andato in esplorazio-ne sul web. Ho scoperto che Andrea è un you-tuber con centinaia di migliaia di giovanissimi seguaci. In pochi mesi è diventato una star della Rete guidando la moto – devo dire con eccezio-nale abilità – derapando e impennando contro-mano, scappando da una volante dei Carabinieri,
bruciando stop e semafori rossi, gareggiando per strada. Manco a dirlo protetto da una felpa svo-lazzante che fa tendenza, fa ribelle, fa follower. Fa anche un po’ pirla, come dicono a Milano.I giovani vivono sempre più tempo in un mondo parallelo dove puoi sentirti ciò che vuoi senza es-serlo veramente. Davvero difficile vedere oggi un ragazzino col naso incollato a una vetrina davanti al Sogno della vita. Ancora più difficile conoscer-ne uno che si metta a fare qualunque lavoretto per comprarselo. Quasi impossibile trovare quel-lo che passi più tempo in box che al cellulare. La moto è e rimane qualcosa che rimescola un istin-to sensoriale. Nella vita reale la guardi, la tocchi, la desideri. A Eicma, però, queste cose le ho vi-ste fare più ai miei coetanei che ai loro figli, tut-ti presi da Andrea.Allora mi domando: nel mondo parallelo dei you-tuber che accoglie milioni di ragazzi, ci sono dav-vero i motociclisti del futuro?Sia chiaro: ben venga lo smartphone, straordina-rio amplificatore della loro passione. Questo stru-mento rappresenta anche per noi, attraverso una comunicazione più fruibile e immediata, un valo-re straordinario perché complementare a quello “cartaceo”. D’altro canto non è un caso se la no-stra casa editrice ha appena lanciato la EDigital, struttura multimediale dedicata alla gestione dei contenuti digitali su differenti piattaforme web e social. Crediamo fermamente che affiancare alla carta stampata i nuovi mezzi di comunicazione diretta intercetti il cuore dei giovani motocicli-sti là dove sono rintanati.
Poi però li vogliamo portare nel mondo reale.
RAGAZZICHE SBANDANO
AL SALONEDI TRAVERSOSotto, il nostro direttore (n.11) impegnato, sabato 12 novembre, in una gara di flat track corsa su Ducati Scrambler all'ultimo Eicma.
EDITORIALEdi Federico Aliverti
Motociclismo / gennaio 201710
LETTEREa l d i r e t t o r e
Caro direttore, nel vostro ultimo editoriale
di novembre 2016 avete detto “scriveteci,
pungeteci”, e allora mi sono deciso a scrivervi
per sottolineare aspetti della rivista che mi
lasciano perplesso, questo alla luce della
campagna sulle autostrade troppo care.
L’autostrada certo dovrebbe costare meno
per le moto, ma vi dirò che io a volte la
percorro su due ruote e noto una percentuale
di motociclisti che sfiora l’1%, e questo nella
stagione calda. E poi chi la frequenta con moto
da 20.000 euro in su non ha grossi problemi di
pedaggio... Chi invece ha moto più piccole ci
va meno o non ci va proprio, non perché paga
come su un’auto, semplicemente poiché con
una medio-piccola cilindrata non ha pazienza
nel percorrere lunghi rettilinei ed è intimorito
dai sorpassi di mezzi assai più ingombranti.
Ugo Bisagni - email
Caro Ugo, la percentuale di motociclisti che
imboccano frequentemente l’autostrada non
è alta. Siamo intorno allo 0,3-0,4% del traffico
ai caselli. Vero è anche che le moto di piccola
cubatura soffrono le turbolenze e il risucchio
d’aria dei mezzi di trasporto più grossi. Tuttavia,
il problema è molto sentito dai motociclisti e da
chi usa lo scooter, per esempio dai pendolari,
altrimenti la nostra petizione non sarebbe mai
potuta arrivare a 50.000 firme in qualche mese.
“AUTOSTRADE TROPPO CARE? PER LE MOTO NON È UN PROBLEMA”
Caro direttore, vi allego la mia foto più bella
dell’Eicma. Altro che galleria con le bellissime
ragazze. Io la foto ce l’ho con il mio mito Mario
Ciaccia. Un uomo con il cuore senza valvola,
ma “desmotronico”. Mi regalate emozioni a due
ruote ancora oggi a 49 anni. L’ultimo numero
della rivista è ottimo. Lo stand all’Eicma proprio
carino. State andando sapientemente in una
direzione di grande equilibrio. Nel mio viaggio
in treno Milano-Napoli ho letto tutto l’ultimo
numero e devo dirvi che mi sono letteralmente
“arricreato”! Ma non posso solo parlar bene,
altrimenti sembra che sia il commercialista di
Motociclismo...
Paolo Gaeta - email
“Ragazze al Salone? Preferisco il mito Ciaccia!”
Caro direttore, nel luglio 2016
ho acquistato un Kymco People
300 GTi ABS da un rivenditore
di Pescara. Lo scooter
immatricolato il 29/09/15 aveva
una percorrenza di 3607 km e 10
mesi di vita, mostrando la sella
consumata in seduta con alcuni
punti bucherellati e un piccolo
strappo al bordo inferiore. Dopo
la consegna, guidandolo avevo
l’impressione che saltellasse un
po’ nelle frenate, anche a bassa
velocità. L’ABS funzionava in
modo esagerato, secondo me:
un giorno con mia moglie, ci
accorgiamo di fastidiosi colpi
alla schiena, allora scopro che
le sospensioni arrivavano a
fine corsa, sia la forcella che
le posteriori. Mi reco dalla
concessionaria Angelucci a
Spoltore dove lo ricoverano,
l’unica della zona a far rientrare
tutto in garanzia. Vero, ma ci
hanno messo mesi a restituirmi
lo scooter!
Achille Appignani
Spoltore (PE)
KYMCO: Siamo spiacenti
per quanto segnalato dal
cliente. L’Officina autorizzata
di riferimento è intervenuta
da subito per la soluzione di
quanto lamentato dal cliente
in merito agli steli anteriori. Gli
ammortizzatori posteriori invece
sono stati visionati dai nostri
tecnici Kymco e non è stata
riscontrata alcuna difettosità, ciò
nonostante, nell’esclusivo spirito
di fidelizzazione nei confronti
dei nostri clienti, abbiamo
provveduto a inviare una nuova
coppia di ammortizzatori.
Inoltre, dai controlli effettuati
dall’Officina autorizzata, nessuna
ulteriore problematica è stata
ravvisata in quanto il veicolo
rientra pienamente negli
standard del costruttore.
“Garanzia sì, ma il fermo-scooterè eccessivo”
gennaio 2017 / Motociclismo 11
Caro direttore, che un casco
sicuro, una giacca confortevole o
un paraschiena omologato siano
accessori indispensabili per
andare in moto nessuno lo mette
in dubbio, ma non mi venga a dire
che è indispensabile spendere
da 65 a 200 euro per una cerata
(prova comparativa di 15 cerate -
Motociclismo 11/2016). I motociclisti
veri indossano anche la busta della
spazzatura! Perché non provate
nella “lavatrice” anche le cerate che
costano 3,5 euro? Secondo me è il
solito discorso mazzette dalle Case…
Il sottoscritto va in moto davvero,
sempre e con tutti i climi, ama la moto,
ma non la moda che fa spendere i
miliardi a gente che poi trovi al bar.
Gianmaria Angiolillo – email
Caro Gianmaria, sono un motociclista
di lunga data e anche a me è capitato
di usare la busta della spazzatura,
in casi di emergenza. Però la tuta
anti acqua è molto meglio e non solo
per le sue doti di impermeabilità: è
più traspirante (comfort) e visibile
(sicurezza) anche in condizioni
proibitive. Secondo me è più facile
trovarne sprovvisto chi usa la moto per
andare al bar e non per un uso “vero”.
Caro direttore, con la presente vorrei portare alla vostra
attenzione un problema che credo sia ormai largamente
diffuso, ma a cui non credo si dia la giusta risonanza,
cioè la scarsa affidabilità di moto che nell’immaginario
collettivo rappresentano la solidità, spesso e volentieri
per particolari di poco conto. Ho 46 anni e guido moto
dal 2000 e sono da sempre appassionato del marchio
BMW. In totale ne ho avute sei, e attualmente nel
garage ne ho tre. Tutte quante mi hanno lasciato a piedi
tranne una: una R80/7 che è in giro dal 1978. Le batterie
sono a tempo e durano tre anni se le mantieni in carica
(ma non è detto), due se non lo fai, poi rotture del tubo
carburante, consumo smodato di olio, verniciatura
difettosa, assemblaggio mal eseguito, accensione
non corretta in un cilindro, attuatore del cambio
servoassistito defunto dopo 5.000 km e l’ultima in ordine
ti tempo la centralina elettronica che è andata a farsi
benedire sulla mia HP2 Sport (vi lascio immaginare il
costo dell’intervento). Tralascio il numero di campagne
di richiamo che, per altro, sono quantomeno sintomo
di attenzione al cliente, ma che mi hanno comunque
costretto alla gita in officina.
Alessandro Santoro - email
Caro Alessandro, il quadro complessivo che ci fai delle
moto BMW non corrisponde all’affidabilità generale
che invece le tedesche hanno mostrato nel corso
delle nostre prove e delle nostre severe comparative.
Tuttavia, in quei casi non ci siamo mai spinti oltre i
5.000 km di percorrenza complessiva. Ecco perché
ti consigliamo di seguire per tutto il 2017 il Long Test
della BMW R 1200 RT. Saranno 50.000 km fatti “alla
luce del sole”, vale a dire con reportage mensili sulla
rivista e il nostro tester ben identificabile in giro per
l’Italia: se carica la moto sul carroattrezzi, qualcuno
che lo becca c’è di sicuro...
Caro direttore, ogni mese su Motociclismo trovo
l’andamento del mercato. Vedo che ancora vi sono
temerari che comprano moto nuove. Mi domando
come ancora si vendano veicoli “voluttuari” in un
regime di controllo fiscale che ricorda la “DDR”
(la vecchia Repubblica Democratica di Germania,
la famigerata Germania Est) di Honecker! Poi
si lamentano perché i consumi ristagnano,
l’economia langue, manca la “ripresa”. Lo
credo: fanno di tutto per scoraggiarti, se possiedi
qualcosa di “immatricolato” guai a te, non solo
diventi una pecora da tosare, ma un pernicioso
“redditometro” ti spia nel buio… “Dimmi
figliolo… Come giustifichi queste lussuose ruote
che superano il valore di una Trabant?”
Fabio Baldrati – Ravenna
Caro Fabio, che dire… Come potrai leggere nelle
pagine dedicate al mercato, da inizio anno a tutto
novembre, oltre 185.000 italiani non condividono la
tua tesi e “osano” sfidare il sistema acquistando
moto o scooter nuovi. E si arriva a oltre 200.000
includendo i ciclomotori. Dopo 4 anni di faticosa
risalita, siamo tornati (quasi) ai livelli 2012.
Sappiamo che Finanza e Agenzia delle Entrate
possono essere “aggressive”, ma non abbiamo
notizie di particolari controlli mirati sugli acquirenti
di moto e il paragone con la DDR ci sembra
francamente eccessivo. Comunque, abbiamo
trovato una foto che ritrae, oltre alla celebre
Trabant, l’auto 2T dalla carrozzeria in plastica
simbolo della Germania Est, anche un Simson
Schwalbe, iconico scooter tedesco-orientale.
BMW, affidabili solo di nome
“CERATA CARA, MEGLIO LA BUSTA”
Il fisco da DDR e la Trabant
Motociclismo / gennaio 201712
aaattualità
attualità n e w s di Alberto Motti
CHI SALE E CHI SCENDEMICHELE RINALDI
Un "sale" alla carriera per il primo Campione
del Mondo FIM di motocross italiano
(era il 1984) e ora Team Manager del Monster
Energy Yamaha Factory Team, che festeggia i 25
anni di collaborazione con Yamaha, con la
quale ha vinto in tutte le Classi.
GOVERNO ITALIANO
Su Motociclismo di novembre avevamo dato risalto alla proposta di sgravi fiscali sulle protezioni. Piaceva anche al n° 2 dell'Economia Casero (grazie, investi 2,5 milioni e ne risparmi 20, mica è economista per niente...). Non se ne è fatto nulla. Peccato, riproveremo.
È Giovanni Copioli il
nuovo Presidente
della Federazione
Motociclistica Italiana, eletto
in prima votazione con 9.147
voti (ne servivano 7.306 per
la vittoria al primo turno),
precedendo gli altri candidati
Andrea Vignozzi (Presidente
del Comitato Regionale
Toscana, 3.361 voti) e Fabio
Larceri (vicepresidente FMI,
2.001 voti).
"I Tesserati FMI - ha
dichiarato il neo eletto -
sono il nostro patrimonio,
dobbiamo ascoltarli e
rispettare le esigenze
della base, dalla quale
proveniamo e senza cui non
avrebbe ragione di esistere
il palazzo di Viale Tiziano e
tutto ciò che vi è all’interno".
Francesco Zerbi, Presidente
Onorario FMI e FIM, ha
proposto la proclamazione
del Presidente uscente
Paolo Sesti a Presidente
onorario della FMI.
Dallo scorso 29 novembre
la FMI è stata iscritta
ufficialmente nell’Elenco
Centrale delle Organizzazioni
di Volontariato del
Dipartimento della
Protezione Civile.
Il nuovo Presidente eletto al primo turno. L'ex n°1 Sesti avrà un ruolo onorario. L'FMI è ora parte della Protezione Civile
FEDERAZIONE MOTOCICLISTICA ITALIANA
MONDO DEL LAVORO
RISCOSSIONE DEL BOLLO
MULTE 2017
Al via l'era Copioli
In Ducati parte "l'alternanza generazionale": grazie a un accordo
con i sindacati confederali, i dipendenti a 30 mesi o meno dalla
pensione potranno anticipare il ritiro e al loro posto subentrerà
un giovane (o sarà stabilizzato un precario). Il prepensionato
riceverà l'80% dello stipendio fino alla pensione vera e propria.
I dipendenti interessati sarebbero una trentina. Intanto il
progetto Desi (Dual education system Italy) passa dalla fase
sperimentale a quella operativa: 26 studenti dell'ultimo biennio
del professionale Belluzzi Fioravanti di Bologna alterneranno
un mese di scuola a uno in Ducati per specializzarsi come
tecnici meccatronici e operatori macchine CNC. Dopo la fase
sperimentale, a sei studenti era stato proposto un apprendistato.
Pagando on-line si dovrebbe aver
diritto a uno sconto o, quantomeno,
non a una maggiorazione. Invece l'Aci
fa pagare sul bollo auto 1,87 euro per
"costi riscossione" cui si aggiungeva un
extra del 1,2% per pagamenti con carta
di credito. L'Autorità Garante della
Concorrenza e del Mercato ha multato
l'Aci per 3 milioni di euro. Secondo il
Codice del Consumo è vietato imporre
spese aggiuntive ai consumatori che
pagano con strumenti elettronici.
Ogni due anni le multe "adeguano" i
propri importi all'inflazione. Il prossimo
aumento è previsto proprio a gennaio,
ma potrebbe non scattare, visto che
l'utilizzato indice "Foi" vede negli ultimi
due anni un aumento dello 0,1%. E
già due anni fa gli aumenti erano
stati limitati all'1%. In compenso,
visto che aumentano le tariffe postali,
lieviteranno i costi di notifica.
Ducati punta sui giovani. E con “Desi” li forma
Aci, multa milionaria
Quasi niente aumenti
GIOVANNI COPIOLI, 55 ANNI
In Federazione dal 2004, il nuovo n°1 è stato anche vicepresidente federale.
QUADRICICLI
I quadricicli leggeri, quelli assimilabili
ai ciclomotori, guidabili a 14 anni con
la patente AM (la AM per le due ruote
non basta, occorre che la pratica sia
fatta su un quadriciclo) potranno avere
potenze fino a 6 kW (prima erano 4,
come i ciclomotori) e potranno pesare
425 kg a vuoto (batterie escluse,
quindi, per gli elettrici) invece di 325
kg. Saranno in questo modo un po'
più sicuri. Nella foto il Reanult Twizy,
disponibile come quadriciclo leggero o
pesante (patente A1), da noi provato su
Motociclismo di gennaio 2013.
Ora fino a 6 kW
gennaio 2017 / Motociclismo 13
HARLEY-DAVIDSON
GRAB, "UBER" DEL SUDEST ASIATICO
YAMAHA FILIPPINE TOPOLINO
STAMPA 3D
Ingredienti: concessionarie
Harley-Davidson di tutta
Europa, Medio Oriente
e Africa (solo in Italia
sono 40), una Sportster
XL 1200 Roadster, un
budget massimo di 6.000
euro e il 50% di accessori
ufficiali H-D, scelti tra gli
oltre 10.000 del catalogo
ufficiale. Ogni nazione
sceglierà il proprio
Custom King (da noi si
vota on-line su h-d.com/
battleofthekings dal 16
gennaio al 14 febbraio).
A Eicma 2017, a Milano,
verrà eletto il migliore
customizzatore d'Europa.
Honda ha siglato un
memorandum d'intesa con
Grab, fornitore di servizi di
mobilità condivisa, per avviare
una collaborazione nel campo
dello scooter sharing. Grab,
società di Singapore oggi attiva
anche in Malesia, Indonesia,
Thailandia, Vietnam, Filippine e,
attraverso un partner, negli Usa,
mette a disposizione attraverso
una app passaggi in auto o
scooter sia in servizio taxi che
condiviso. Sia per l'auto che
per lo scooter si può scegliere
un veicolo con autista (come
Uber black) o condividere un
passaggio con altri iscritti (come
Uber pop, vietato in diversi
Paesi europei, Italia inclusa).
Il colosso giapponese ha
percepito la prepotente crescita
dell'uso condiviso rispetto al
mero possesso di un bene, e
intende lavorare sulla riduzione
del traffico e dell'inquinamento
attraverso l'utilizzo di proprie
tecnologie telematiche.
Le due società porteranno
avanti "iniziative sperimentali":
che stia per arrivare una sorta di
"Enjoy by Honda"?
Presente nelle Filippine dal 2007 e con uno stabilimento di
produzione dal settembre dell'anno successivo, Yamaha ha
festeggiato lo scorso 1° dicembre il milionesimo scooter uscito
dalla locale linea di montaggio (nella foto sotto il più venduto
Mio i 125). Nell'arcipelago asiatico
si prevede di chiudere il 2016 con
oltre 1 milione di immatricolazioni
(in Italia poco più di 200.000), in
crescita del 20% rispetto all'anno
precedente. Yamaha calcola le
proprie vendite in 260.000 unità, in
crescita del 37% rispetto al 2015.
Sono state battute all'asta da Sotheby's a
favore dell'ABIO, l'Associazione bambino in
ospedale, le 26 statue di Topolino che Disney
Italia ha voluto donare all'associazione di
volontariato. Il ricavato verrà devoluto per la
realizzazione di ludoteche e spazi a misura
di bambino presso gli ospedali che ne sono
privi. Tra le statue battute all'asta, anche
quella di Topolino Vespista, acquistata
dal Programma Vespa for Children del
Gruppo Piaggio e che sarà esposta
al museo Piaggio di Pontedera.
Per dimostrare le potenzialità della stampa
tridimensionale, l'azienda Usa Divergent 3D ha
realizzato telaio, forcellone e serbatoio di una
moto con questa tecnologia. La meccanica
della Dagger, questo il nome della naked
presentata allo scorso Los Angeles Auto Show,
è nientemeno che quella della Kawasaki H2. Il
telaio, stampato in una fibra contenente carbonio,
sarebbe più leggero e resistente dell'originale.
La disfida delle concessionarie
Honda investe nello scooter sharing
Un milione di scooter All'asta per beneficenza
Una Ninja "sintetica"
Motociclismo / gennaio 201714
attualità
mercatoPRIMI 11 MESI
CLASSIFICA MOTO 1 BMW R 1200 GS/Adventure 5.327 2 Honda Africa Twin 2.805 3 Yamaha Tracer 900 2.534 4 Honda NC750 X/S 2.518 5 Ducati Scrambler 800 2.156 6 Honda CB 500 F/X 1.532 7 Yamaha MT-07 1.396 8 Ducati Multistrada 1200 1.301 9 Yamaha XSR700 1.10910 Kawasaki Z800 1.04411 Moto Guzzi V7 96212 Kawasaki Versys 650 95113 Yamaha MT-09 91314 Triumph Street Twin 84215 KTM 125 Duke 82216 Ducati Hypermotard 79917 Harley-Davidson Iron 883 79818 BMW S 1000 XR 71219 Harley-Davidson Forty-Eight 67220 BMW R 1200 R 658
LA MOTO SPINGE FORTE: DAL 2012 AD OGGI +25%Nel grafico a fianco l'andamento dei primi 11 mesi di un lustro di immatricolazioni. Come si vede il gap tra le vendite del 2012 ad oggi è diventato minimo: a gennaio di quest'anno la differenza percentuale era del 9%, ora siamo solo allo 0,7%. Rispetto all'analogo periodo (sempre 11 mesi e ugualmente dal 2012) le moto incrementano le vendite del 25% mentre gli scooter sono ancora in perdita, meno 12,3%.
Motociclismo / gennaio 201716
aaattualità
mercatoPRIMI 11 MESI
VULCANO JAP
La più venduta tra le custom giapponesi è la Kawasaki Vulcan S, che usa il motore della naked ER-6n.
1 Yamaha Tracer 900 2.534 2 Ducati Multistrada 1.301 3 Kawasaki Z800 1.044 4 Yamaha MT-09 913 5 Ducati Hypermotard 821-939 799 6 BMW S 1000 XR 712 7 BMW R 1200 R 658 8 Triumph Bonneville T120 565 9 Ducati Monster 821 54510 BMW R 1200 RT 518
ENDURO STRADALI
1 BMW R 1200 GS 3.303 2 Honda Africa Twin 2.805 3 BMW R 1200 GS Adventure 2.024 4 BMW F 800 GS 631 5 Tiger 800 592 6 BMW F 700 GS 542 7 Suzuki V-Strom 1000 490 8 Ducati Multistrada Enduro 475 9 Yamaha XT1200Z SuperTénéré 45810 Suzuki V-Strom 650 XT 405
CUSTOM CRUISER
1 Harley-Davidson Iron 883 798 2 Harley-Davidson Sportster Forty-Eight 672 3 Ducati XDiavel 423 4 Harley-Davidson Street Glide 421 5 Kawasaki Vulcan S 322 6 Yamaha XV950 308 7 Harley-Davidson Dyna Street Bob 297 8 Harley-Davidson Road Glide 284 9 Harley-Davidson Softail Slim/Slim S 27110 Harley-Davidson Electra Glide 256
HIT PARADE
SCOOTER: LA PREFERENZA VA AI 125 CC Come abbiamo visto nel grafico di pagina precedente, anche il mercato dello scooter si sta riprendendo dal fondo che aveva toccato nel 2013. A far la parte del leone sono i 125 (nella foto a fianco il ruote alte Honda SH, numero uno di questa categoria) che hanno il 37,1% delle vendite, seguiti dai mezzi tra 300 e 500 cc con il 31,2%, per poi arrivare ai 150-250 cc con il 24,5% e quindi agli scooteroni che sono il 7,2% delle registrazioni. Il 125 cc è indubbiamente avvantaggiato dal fatto di poter essere guidato anche con la sola patente automobilistica. Nel grafico qui sotto abbiamo messo a confronto le immatricolazioni 2016 con l'analogo periodo (11 mesi) del 2015: la migliore performance è sempre dei 125, che hanno avuto un incremento del 17,9%.
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ラノデヴW ヵヰヰ II ヲヰヱヶヲヰヱヵ
Sport e GT mentre verso il basso continuano a scendere
oltre a Suzuki anche Aprilia e LML.
Nei segmenti di cilindrata da considerare la continua
crescita delle 125 che hanno migliorato del 32,6% le loro
targature (in totale sono 6.098, che corrispondono all'8,5%
dell'intero immatricolato delle moto. Altra impennata è
quella delle enduro stradali che con 24.031 pezzi hanno
avuto un incremento del 27,3%. Dietro le endurone ci sono
le naked (+21%) poi le custom (+11,4%) quindi le turismo
(segnano un + 4,1%). Solo le supersportive non sono
allineate a questo trend, anzi perdono un 2,7%. �
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Motociclismo / gennaio 201718
attualità
attualitàSCOOP KTM 790 ADVENTURE
Sono quasi dieci anni che gli appassionati di viaggi avventurosi chiedono a gran voce una erede della KTM LC4 640 Adventure che, tra il
1997 e il 2007, ha rappresentato la globetrotter leggera per antonomasia. La Casa austriaca si è sempre rifiutata di progettare una Adv sulla base della ottima monocilindrica 690 Enduro. Evidentemente a Mattighofen già da tempo si covava l’idea di una nuova famiglia di moto che rimpolpasse il vuoto di gamma tra le agili monocilindriche LC4 e le più impegnative V-Twin LC8. La prima mossa è stata compiuta a Eicma dove, accolto nella ciclistica di una naked, è apparso un motore tutto nuovo. Si tratta di un bicilindrico in linea di 790 cc, con distribuzione bialbero, molto compatto e performante. Impossibile pensare che sarebbe stato limitato ad equipaggiare la 790 Duke -attesa in veste definitiva per il prossimo anno- e infatti ecco le prime foto rubate di un prototipo in veste Adventure. Una moto-laboratorio priva di qualunque carenatura, ma è facile presumere che l’estetica del modello di serie rispecchierà da vicino quella delle sorelle maggiori della attuale famiglia Adventure, figlie del design di Kiska. L’anteriore sembra completamente preso in prestito dalla 1090 R; dietro invece c’è un forcellone in alluminio con nervature di rinforzo, apparentemente identico a quello visto sul prototipo della 790 Duke esposta ad Eicma. Il collegamento con il monoammortizzatore, montato in posizione
molto orizzontale grazie allo spazio lasciato libero alle spalle dei cilindri (un’architettura a V non lo permetterebbe) è diretto, ovvero privo di link progressivi. Questa soluzione aiuta anche a migliorare l’accentramento delle masse, per una più efficace guidabilità. Del telaio si vede ben poco, coperto come è da un ingombrante serbatoio: non si tratta per certo di un traliccio, ma più probabilmente di una versione rinforzata del doppio trave discendente in acciaio che sostiene il motore anche sulla 790 Duke. La porzione posteriore (coda e sella) appare generosamente dimensionata, nell’ottica di potervi ancorare borse e valigie laterali per il lunghi viaggi. Delle protuberanze nella parte bassa del serbatoio ne fanno presagire una enorme capacità, ideale per i lunghi raid. La strumentazione sarà completamente digitale, probabilmente TFT. È plausibile pensare che di questa 790 Adventure nasceranno due versioni, una più stradale e l’altra -come quella fotografata, con ruote da 21” anteriore e 18” posteriore- con inclinazione spiccatamente offroad. Nulla ancora si sa di preciso, anche se Stefan Pierer -CEO KTM- ha recentemente confermato le intenzioni dell’Azienda di entrare nel segmento delle globetrotter di 800-1.000 cc. Sarà difficile vederla dai concessionari prima del 2018, ma L’Honda Africa Twin, insieme a BMW F 800 GS e Triumph Tiger 800, dovrà guardarsi le spalle da questa nuova concorrente.�
La famiglia Adventure di Mattighofen si allarga: queste foto rubate ci mostrano la moto-laboratorio della “piccola” 790 con bicilindrico parallelo
ANCHE PER LUNGHI VIAGGISopra: la vista anteriore evidenzia l'ampiezza del serbatoio, proteso verso il basso. Nel dettaglio sotto: il "mono" lavora senza link progressivi.
NASCE NUDAEndurona col bicilindrico in linea di 790 cc, compatto e performante, che ha debuttato a Eicma sul prototipo 790 Duke, qui sopra.TANTO
ATTESA
di Nicolò Codognolaaattuattuualitàaa
gennaio 2017 / Motociclismo 19
attualitàOFFERTE DELLE CASE
BMW C 650 SPORT HUSQVARNA 701 ENDURO SWM SUPERDUAL
Promozioni in corsoAnno nuovo, moto nuova: fioccano le proposte di finanziamento per affrontare il 2017 in sella. Poi, restano ancora alcuni Euro 3 superscontati da immatricolare
BENELLI BN302
Per la bestseller di Pesaro c'è un
finanziamento senza anticipo e con
prima rata a tre mesi a 123 euro
al mese per 36 mesi (Tan 3,95%
Taeg 7,31%). Il prezzo della moto,
3.990 euro fc, è bloccato fino alla
consegna. Il totale da pagare a fine
finanziamento è di 4.425,84 euro.
BMW C 650 SPORT
La proposta di finanziamento per il
maxiscooter bavarese prevede un
anticipo di 1.500 euro, di cui 500 a
carico del concessionario, più 35
rate da 155 euro (Tan 2,10%, Taeg
3,65%). Valore residuo minimo
finale garantito a 36 mesi/30.000
km pari a 5.130 euro. Dopo 3 anni
è possibile tenerlo, restituirlo
o passare ad una nuova moto
BMW. In omaggio c’è un anno di
estensione di garanzia.
HONDA AFRICA TWIN
Finanziamento a tasso agevolato
per l'enduro giapponese, proposta
con rate da 155 euro e primo
pagamento a 120 giorni. Esempio:
Africa Twin (12.400 euro fc), anticipo
4.300, importo finanziato 8.100
euro in 60 rate da 155 euro (Tan
5,06% Taeg 5,67%). La spesa totale
ammonta a 13.600 euro (i 4.300
euro di anticipo, più i 9.300 euro del
finanziamento, più interessi).
HONDA SH 125 / 150 / 125 MODE
Allettante finanziamento a 24
mesi senza interessi in attesa del
di Alberto Motti
I RICHIAMI DEL MESEKTM 1190 Adventure S e R
e 1290 Super Adventure
La Casa di Mattighofen richiama i modelli 1190 Adventure e 1290 Super Adventure dal MY13 al MY16, al fine di verificare il corretto montaggio di un cablaggio dell’impianto ABS. È emerso che potrebbe formarsi un collegamento tra il modulatore ABS e la massa del veicolo
attraverso un contatto con il tubo del freno. Per questo motivo occorre controllare la posa del cablaggio e correg-gerla tramite fascetta serra cavi. I clienti delle motoci-clette interessate e già con-segnate verranno informati individualmente per iscritto attraverso raccomandata e invitati a contattare tempesti-vamente un concessionario autorizzato KTM in modo da concordare un appuntamento per la sostituzione. Chiunque abbia acquistato una delle moto interessate potrà inoltre verificare online se la sua moto è coinvolta o meno nel richiamo, visitando la sezione service del sito www.ktm.com.
Suzuki Inazuma 250
Sulla piccola bicilindrica di Hamamatsu un cortocircuito originato da un interruttore difettoso potrebbe compromet-tere il funzionamento dello stop. Va quindi sostituito il particolare a rischio. Le moto coinvolte sono 854, costruite tra dicembre 2011 e agosto 2016, con numeri di telaio tra LCGDC111101100023 e LCGDC111101100551.
debutto della gamma rinnovata. Il
finanziamento va da 1.500 a 3.200
euro. Esempio: 3.000 euro in 24
rate da 125 euro (Tan 0%, Taeg
1,75%) vengono a "costare" 3.054
euro (incluso il costo del credito).
Il 125 senza ABS Mode costa 2.725
euro, il 125i viene 3.180, e il 150i
3.330 euro. Tutti i prezzi sono fc.
HUSQVARNA
Finanziamento sui model year
2016 e 2017 della gamma enduro
TE 2 tempi, FE 4 tempi, motocross
TC 2 tempi ed FC 4 tempi, più 701
Supermoto e 701 Enduro. Tasso
agevolato con Tan 3,45%. Importo
finanziabile da 1.500 a 12.000 euro,
durata finanziamento 12 o 24 mesi.
KTM GAMMA SX E EXC
Finanziamento "222" dedicato a Tony
Cairloli per l’acquisto di moto della
gamma SX e EXC: il Tan è fisso al
2,22%; con durata fino a 36 mesi e
anticipo 0. Importo massimo 11.000
euro. Esempio per 250 SX-F (9.260
fc): anticipo 0; 36 rate da 270,57
euro, importo totale dovuto 9.881,97
euro. Tan 2,22%, Taeg 4,09%.
SWM EURO 3
Interessante proposta di
finanziamento per le moto Euro
3 (dal 1° gennaio è obbligatorio
l'Euro 4, fatti salvi stock e fine
serie): 24 mesi, Tan 0% Taeg 2,62
per 2.000 euro o 0,87% per 6.000.
In alternativa, vantaggi presso i
concessionari.
SYM JOYMAX 300 ABS S&S
Sconto di 400 euro sul listino dello
scooter medio taiwanese, offerto a
4.850 euro fc, senza rottamazioni o
altri obblighi.
Motociclismo / gennaio 201720
aaattualità
attualitàSALONI LE NOSTRE INIZIATIVE A MOTOR BIKE EXPO
Giunta alla sua nona edizione, la kermesse veneta si conferma come la più importante fiera dedicata alle special. Motociclismo sarà presente con molteplici iniziative: ve le anticipiamo una per una
Zagato sarà giudice speciale del nostro "Concorso di eleganza" con il suo Vice President Design, Mr. Norihiko Harada, "papà" della sublime MV Agusta F4Z vista a settembre
TUTTI I NUMERI DI MBEDal 20 al 22 gennaio 2017 alla
Fiera di Verona, andrà in scena il
Motor Bike Expo, giunto alla sua
nona edizione. 700 espositori e
oltre 150.000 visitatori si danno
appuntamento in sette padiglioni
di Veronafiere, per un totale di
67.000 metri quadri al coperto.
A cui si aggiungono i 21.500 metri
quadri delle aree esterne, sede
di esibizioni, spettacoli, corsi di
guida e test-drive. Gli orari di
apertura sono dalle 9.00 alle 19.00,
da venerdì a domenica. Il biglietto
d’ingresso costa 18 euro; ridotto
14 euro per i ragazzi da 6 a 10 anni,
gratis per gli Under 6. Maggiori info:
www.motorbikeexpo.it e sui profili
ufficiali Fb, Tw e Instagram.
LO SHOW DE I RECORD È A VERON A
Motor Bike Expo è il più grande salone dedicato alle
moto custom e special. Concorsi e premi per decretare
la moto meglio personalizzata ce ne sono tanti.
Ma noi di Motociclismo, con un bagaglio di esperienza
ultracentennale, vogliamo fare qualcosa di più e di
diverso: eleggere la più elegante. E per farlo al meglio
ci affidiamo ad una Azienda leader e super partes del
design automotive: Zagato. Tra tutte le moto esposte
nei padiglioni di Verona, durante il weekend saranno
selezionate dalla redazione le più raffinate, le più
armoniose, le più curate. In una parola: le più eleganti.
Non per forza le più elaborata o quella con la verniciatura
più complicata. Qui si parla di stile, di linguaggio formale
dell’arte su due ruote. Di signorilità, anche, se si può
applicare questo termine ad una motocicletta. Al termine
delle selezioni, nella giornata di domenica, la giuria di
Motociclismo sarà affiancata da Norihiko Harada, Vice
President Design di Zagato, il designer che ha progettato
la MV Agusta F4Z (qui a lato), per decretare la vincitrice.
LA RAFFINATEZZA SU DUE RUOTE
gennaio 2017 / Motociclismo 21
Rodolfo Frascoli realizzerà una concept partendo da una Suzuki Katana
Il contest per le special realizzate dai lettori al pad. 1, con un’ospite speciale: la Laverda SF 750 Scrambler
Hai una giacca di qualsiasi marca che ha bisogno di qualche riparazione? Portala al nostro stand, dove Spidi metterà a disposizione -gratis- il servizio “Tailor & Repair”
Spidi è presente a Motor Bike Expo presso lo stand di
Motociclismo (stand 21K, pad. 6) con alcuni capi della
nuovissima collezione Originals, ma anche con un servizio di
“Tailor & Repair” che vi consentirà, da venerdì 20 a domenica
22, di riparare la vostra giacca (sostituzione di cerniere, piccoli
aggiustamenti), qualsiasi sia la marca e il materiale. Una abile
sarta del laboratorio di Spidi che confeziona le tute dei piloti
sarà presente nei tre giorni di Fiera per offrirvi questo incredibile
servizio gratuito. Il concetto di “Tailor made” è alla base dello
stile e del prodotto Spidi, ed è la forza della qualità italiana che si
esprime in capi realizzati con una lavorazione di tipo artigianale
“cucita addosso” al motociclista, possibile solo grazie al
mestiere di artigiane specializzate. Anche la linea Originals,
che potrete ammirare in parte al nostro stand, nasce con
questa ispirazione e, come lascia intuire il nome, rappresenta
un ritorno alle origini: prevede capi senza tempo che attingono
alla tradizione, ma la rileggono in chiave moderna. A partire dal
simbolo: un gatto stilizzato (simbolo di Vicenza, città della Spidi),
che appariva nel primo logo dell’Azienda.
LA RINASCITA DEL MITO
TORNA THE BIKE FIELD
UNA SARTA A TUA DISPOSIZIONE
Una leggenda del passato reinterpretata per sbarcare nel terzo
millennio. Katana 3.0 è l’iniziativa di Motociclismo che sarà
lanciata in occasione di Motor Bike Expo. Abbiamo scelto un
mito degli anni Ottanta, la Suzuki Katana 1100 (qui di fianco, in
una foto d'epoca) come prima ispiratrice. Partendo da questo
modello, il designer Rodolfo Frascoli, in collaborazione con
Motociclismo, col Centro Stile Suzuki e numerosi partner
"tecnici", traccerà le linee di una concept che potrebbe andare
in produzione. Che cosa nascerà? Non lo sappiamo ancora,
perché voi visitatori di MBE e del nostro stand (21K, pad. 6),
sarete protagonisti con suggerimenti e idee.
Quest’anno ci facciamo in due! Oltre alla presenza di tante iniziative al nostro
stand principale al padiglione 6, avremo uno spazio dedicato (stand 12B, pad. 1) a
The Bike Field, per lanciare l'edizione primaverile (8-9 aprile 2017), le cui iscrizioni
saranno aperte proprio in occasione di Motor Bike Expo. Venite a trovarci:
all'ingresso del padigione ci sarà il nostro salottino informale, dove vi accoglieremo
e dove ospite d’onore sarà la moto vincitrice dell’ultima edizione del nostro contest
riservato alle special realizzate dai lettori di Motociclismo: la Laverda SF 750
Scrambler di Orfeo Ceccarelli (foto qui a lato), votata migliore personalizzazione
durante Eicma dalla redazione insieme a Francesco Agnoletto, patron di MBE.
Motociclismo / gennaio 201722
aaattualità
attualitàINTERVISTA DAVIDE ZANOLINI - DIRETTORE MARKETING E COMUNICAZIONE GRUPPO PIAGGIO
Partiamo dalle cose che più ci stanno a
cuore: ci dica cosa avete in mente per
rilanciare Aprilia
“Oggi in Italia Aprilia non ha una rete capillare e qualificata come meriterebbe. Questo significa non solo che dovremo essere molto più capillari e aumentare il numero dei nostri concessionari (oggi sono circa 80, ndr), ma anche che dovremo fornire un servizio di eccellenza. Voglio essere chiaro: chi compra una moto da 200 CV come la nostra RSV4 non può più essere seguito da un rivenditore che si occupa solo di scooter”. Lei sa meglio di me che la qualità costa: a quali
investimenti pensate per migliorare la rete vendita?
“Stiamo cercando di portare in un unico punto vendita i nostri quattro Marchi (Aprilia, Guzzi, Piaggio, Vespa, ndr). Questi store altamente qualificati si chiameranno Motoplex e saranno presenti su tutto il territorio. A Mantova per esempio il nostro Motoplex ha incrementato in maniera esponenziale la vendita delle moto. C’è gente che viene apposta da Bologna o da Trento, e lo sa perché? Perché lì trova un servizio di grande qualità, gente che sa argomentare una Tuono e non solo un Beverly”.Argomentare una moto di quel livello mica è
semplice: chi forma i vostri rivenditori?
“Aprilia Racing non avrebbe più molto senso di esistere se non fosse anche un centro di
“I punti vendita qualificati e i corsi Aprilia Racing sono il futuro: un qualsiasi rivenditore di scooter non può argomentare una RSV4” - “Abbiamo un prototipo 350 della Gilera: sistemata Aprilia, la rilanceremo. Altrimenti avremmo già venduto il Marchio di Arcore ai cinesi” - “Gli scooter del futuro saranno tre ruote, personalizzabili, connessi e a basso impatto ambientale”
DA 3 ANNI A PONTEDERALaureato in Economia Aziendale, ha ricoperto importanti ruoli in varie aziende internazionali. È nel Gruppo Piaggio dal 2013
“PRESTO NUOVE CILINDRATE PER GUZZI E APRILIA”
gennaio 2017 / Motociclismo 23
eccellenza capace di trasferire il proprio know-how alla rete vendita. Per i concessionari introdurremo training molto approfonditi tenuti dai nostri esperti del Racing: se compri una moto Aprilia, vogliamo garantirti che lì sopra ci mette le mani uno che sa quello che fa”.Ci risulta che per avere un pezzo di ricambio
Aprilia occorre aspettare a volte settimane
“Era vero forse un tempo. Oggi bastano 48 ore. In un mondo dove ordini una cosa su internet e ti arriva a casa la mattina dopo, due giorni sono ancora troppi: puntiamo a fare meglio”.L’identità del Marchio Aprilia oggi non è
chiara come quella di Guzzi: concorda?
“Sì, Aprilia ha un’identità meno precisa ed è percepita principalmente come icona dell’estrema sportività. Ma oggi una connotazione del genere non ti garantisce volumi sufficienti per sostenere un Marchio. Per questo dobbiamo tornare alle moto semplici e alle cilindrate intermedie: non ha senso fare un salto dalla 125 alla 750 o alla 1.000, perché a quel punto il cliente te lo perdi per strada. Non a caso se oggi Aprilia sta in piedi è solo perché è sostenuta da Vespa”.Guzzi è in salute, ma le sembra che
la gamma sia strutturata per reggere
anche le sfide future?
“Abbiamo un trend molto positivo grazie a prodotti eccellenti che hanno anche beneficiato della recente moda vintage. Non dobbiamo dunque dormire sugli allori perché magari fra tre anni questa tendenza sarà finita. Per essere competitivi credo quindi che Guzzi, come Aprilia, non possa prescindere da cilindrate, mi lasci dire, più commerciali. Oggi tra la 750 e la 1400 c’è solo la V9, ed è troppo poco. Manca un tassello intermedio tra queste due cilindrate, ma soprattutto manca una 350 sotto la V7”. Puntare su Aprilia e Guzzi è giusto, ma voi
avete anche altri Marchi meravigliosi come
Gilera e Laverda
“Non dimenticherei Derbi, che forse è il nostro Marchio di moto che vende più unità. Gilera invece è stato volutamente messo in naftalina per un problema pratico: gestire quattro marchi è già complesso, con un quinto o un sesto sarebbe veramente un problema”.
Perché non venderli
allora?
“Io amo questi Marchi. Se volessimo cedere Gilera faremmo due o tre moto furbe e poi venderemmo il Marchio
a un colosso cinese o indiano. Invece sono convintissimo che con questo brand si potrebbero fare moto fantastiche. Abbiamo già una 350 in naftalina: la mission è mettere a posto Aprilia per poi rilanciare Gilera”.Un Marchio così potrebbe intercettare i
giovani, che oggi pensano a tutto fuorché
alla moto
“I giovani di 14-16 anni ci preoccupano per l’allontanamento dal nostro mondo. È un fenomeno sociale perché i ragazzi si muovono molto meno: attraverso la Play Station o lo smartphone giocano e parlano
con gli amici senza uscire. C’è anche una questione pragmatica: la mobilità su due ruote è concepita come un momento di disconnessione. I giovani cioè soffrono per la possibilità di perdersi un post, un whatsapp, una conversazione. Ecco perché alle due ruote spesso preferiscono un mezzo pubblico che magari ci mette 20 minuti in più ma che consente di restare connessi”.Quindi che si fa?
“Bisogna imparare a parlare la lingua dei giovani. Noi stiamo lavorando allo smartphone che sostituisce il cruscotto e ai sistemi di lettura vocale dei messaggi nell’interfono. Occorrerebbe anche un concreto supporto delle istituzioni: penso per esempio a quando si poteva conseguire il patentino a scuola con un esborso di 50-100 euro, quando oggi
magari ne servono fino a 500. La patente dovrebbe essere parte integrante del percorso scolastico perché torna utile conoscere certe regole anche solo se ti sposti in bici o a piedi”.Come sarà lo scooter Piaggio del futuro?
“Se avessi la bacchetta magica direi che deve costare meno di 2.000 euro, essere bello, colorato, connesso e facilmente personalizzabile. Oggi i ragazzi si personalizzano le scarpe da ginnastica, i jeans, la cover del telefono. Insomma vorrei un Si o un Ciao 4.0, qualcosa che se resti senza benzina devi anche poter pedalare fino a casa o al primo distributore. Il futuro passerà io credo da qui ma anche da veicoli elettrici o endotermici a bassissimo consumo. Sono convinto che i giovani oggi guardino con maggiore attenzione all’ambiente che troveranno da grandi e
che lasceranno ai loro figli. Se è vero che gli scooter Piaggio saranno il nostro cavallo di battaglia è pur vero che abbiamo prodotti di una bellezza e di un’attualità ancora straordinarie come lo Scarabeo. Sono di quella generazione, sogno di riportarlo al più presto in vita”.Mi ha descritto qualcosa di simile a
come ci immaginiamo le bici elettriche
tra pochi anni
“No, non la vedo così. Le bici elettriche non sono considerate mezzi di trasporto, ma buoni mezzi di ricreazione. Per capirsi, un ragazzo con la bici elettrica non ci va a scuola o in palestra”.
Mi ha sorpreso l'assenza di riferimenti al tre
ruote, dove peraltro siete leader
“Oggi la nostra gamma non è per un pubblico giovanissimo, ma arriveranno dei tre ruote più piccoli, leggeri e compatti. È fondamentale investire lì perché gran parte della resistenza all’acquisto dello scooter viene proprio dai genitori, che hanno sviluppato una sensibilità alla sicurezza molto maggiore rispetto a quella
che c’era tanti anni fa. Il genitore è un perno fondamentale per le vendite ai più giovani. Tanti ragazzi sarebbero disposti a farsi controllare via GPS dal genitore
pur di avere il motorino. All’interno della famiglia questa, mi lasci dire, negoziazione può essere favorita se sviluppiamo il cosiddetto Parental Control. Ci stiamo già lavorando”.�
I giovanissimi evitano di guidare la moto per
non disconnettersi dallo smartphone
Piaggio affronterà la mobilità urbana con
un Ciao 4.0 e il rilancio dello Scarabeo
Motociclismo / gennaio 201724
attualità
attualitàMOBILITÀ URBANA
LE CITTÀ DELLE MOTO
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di Alberto Motti
gennaio 2017 / Motociclismo 25
Quale Comune ha la più alta concentrazione di moto? E qual è l'amministrazione che più le favorisce? L'Osservatorio 2R, nato all'ultima Eicma, dove ha presentato il suo primo studio, si prefigge di analizzare le politiche riguardanti le due ruote a motore. Roma e Genova non hanno partecipato alla ricerca
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Moto/scooter ogni 100 abitanti
aaattualità
Motociclismo / gennaio 201726
In occasione del Salone della
Moto, Ancma (Associazione
nazionale costruttori moto e
accessori) ha promosso la
nascita dell’Osservatorio 2R, un
monitoraggio della politica delle
varie città italiane nei confronti
delle due ruote a motore, da cui si
possono estrapolare una serie di
dati interessanti. La ricerca è stata
compiuta attraverso l’invio di un
questionario ai 104 comuni capoluogo
d’Italia (attenzione, quindi: le risposte
vengono fornite direttamente dalle
amministrazioni). Gli argomenti su
cui sono stati interpellati gli enti
locali sono: accessibilità ZTL per le
due ruote a motore, accessibilità
corsie riservate al trasporto pubblico,
disponibilità di parcheggi, bike e
scooter sharing, sicurezza, incentivi e
campagne, ricarica veicoli elettrici.
UN CAMPIONE DI 4 COMUNI SU 5Le risposte a questa prima edizione
del Forum sono state numerose,
seppure alcune importanti città non
hanno aderito, come Roma e Genova,
entrambe motociclisticamente molto
importanti. La Capitale durante la
raccolta dati era tra la campagna
elettorale e l’insediamento del
nuovo sindaco. Il capoluogo
ligure, invece, semplicemente ha
ignorato il questionario. Comunque,
l’80% dei comuni ha risposto. Il
primo dato importante è quello
della concentrazione di moto,
cioè quante due ruote a motore
DIFFERENZE LOCALI
DAPPERTUTTO LA MOTO ENTRA IN CENTROCITTÀ ZTL CORSIE RIS. SHARING INCENTIVI VERNICE TOTVenezia ✔ ✔ ✔ 3
Milano ✔ ✔ ✔ ✔ 4
Bologna ✔ ✔ ✔ 3
Firenze ✔ ✔ 2
Torino ✔ ✔ ✔ 3
Bari ✔ ✔ ✔ 3
ZTL indica l'accesso libero nelle zone a traffico limitato. Corsie ris. è l'accesso libero almeno a parte delle corsie del trasporto pubblico. Sharing è la disponibilità di scooter in condivisione. Incentivi rappresenta la disponibilità di fondi locali per contribuire all'acquisto di moto o scooter. Vernice è l'uso di prodotti antisdrucciolo nella segnaletica orizzontale.
attualitàMOBILITÀ URBANA
gennaio 2017 / Motociclismo 27
ci sono per ogni 100 abitanti. La città meno motociclistica d’Italia è, comprensibilmente, Venezia (e fin qui…) con una media inferiore alle 7 moto per 100 abitanti, seguita a ruota da Nuoro, sempre meno di 7, e Potenza, con poco più di 7. All’altra estremità del grafico si piazza Savona, con oltre 24 moto ogni 100 abitanti, tallonata da Pesaro (23,8) e Siena (21,9). A metà classifica c’è Milano, con 12. I grandi capoluoghi hanno Torino (8,1 moto) come fanalino di coda, poi Napoli, con poco più di 13, Bologna è a 14,1, Palermo a 17,8 e Firenze a 19.
ZTL NON SEMPRE GRATIS
Zone a traffico limitato (ZTL): 52 città, il 63% di chi ha risposto, hanno ZTL aperte alle moto. Nella maggior parte dei casi l’accesso è gratuito, solo in 5 città (Ancona, Aosta, Cagliari, Pesaro, Rieti) è a pagamento.L’accesso dei veicoli motorizzati a due ruote nelle corsie riservate ai mezzi pubblici rimane vietato nella gran parte delle città (92%). L’accesso è consentito a Torino, L’Aquila, Lodi e Parma (solo ciclomotori) e, per una parte delle corsie, a Milano e Venezia. Per quanto riguarda la disponibilità di parcheggi, solo il 45% di chi ha risposto ha fornito dati completi. Inoltre, gli “stalli” per moto sono solitamente concentrati in centro “annacquando” i dati riferiti all’intera città. Firenze, Agrigento, Rimini, Messina e Padova superano il 20% dei parcheggi totali (con le ultime due i cui dati sono riferiti alla sola ZTL centrale).Sharing, solo quattro città - Bari, Brescia, Catania e Milano - dispongono di formule di Scooter Sharing (oltre a Roma, che però non ha risposto).
TROPPO POCO PER LA SICUREZZA
Luci e ombre, per quanto riguarda la sicurezza: il 77% delle città che hanno risposto non ha presentato iniziative per il miglioramento della sicurezza di moto e scooter. Solo Catania, Napoli, Terni e Vercelli vedono questo aspetto come unA priorità. Il 17% dei comuni
ha installato guardrail con protezioni “salva-motociclisti”, mentre il 18% dichiara di volerli ampliare o utilizzare in futuro. È molto diffuso l’uso di vernici non sdrucciolevoli in caso di pioggia per la segnaletica orizzontale (84%). Nel triennio 2012-2015 solo Bologna, Catania, Modena, Pesaro e Ancona hanno previsto in modo sistematico misure di incentivazione per l’acquisto o il ricambio di moto o scooter. Il focus è qualcosa che mancava e verrà ripetuto ogni anno, affinandosi. Per completezza di informazioni, sarebbe utile che anche le città che non hanno risposto partecipino. Soprattutto le grandi città ad alto tasso di moto/scooteristi come Roma e Genova. �
E ALL'ESTERO
COME FUNZIONA?
Qui sotto, Barcellona: nel capoluogo catalano è previsto dalla segnaletica che moto e scooter si posizionino davanti alle auto ai semafori. Londra consente alle moto l'accesso alle corsie riservate ai bus. A sinistra, Milano: libero accesso alla preferenziale della circonvallazione esterna.
Motociclismo / gennaio 201728
attualitàattualità
attualitàHONDA RACING THANKS DAY 2016
Per la Honda è la prima domenica di ottobre, quando sul circuito di Motegi riunisce i suoi campioni di auto e moto per una giornata di festa. Si chiama “Honda Racing Thanks Day” ed è un evento fuori stagione che richiama decine di migliaia di appassionati. Il nostro inviato ci racconta come è andata
di Gualtiero Repossi - foto di Gualtiero Repossi e Aki Kusudo
Il giorno del ringraziamento
gennaio 2017 / Motociclismo 29
FOTO RICORDO
CON IL CAPO
Il Presidente della Honda Motor
Takahiro Hachigo, seduto al centro fra Marquez e Alonso, assieme ai piloti (e
team manager) che hanno partecipato
all’Honda Racing Thanks Day 2016.
Motociclismo / gennaio 201730
attualitàHONDA RACING THANKS DAY 2016aaattualità
Solo la Honda può permettersi di
invitare in Giappone una domenica
di dicembre i suoi piloti più forti
che corrono in MotoGP, Formula 1,
IndyCar, Cross, Trial e Superturismo GT, in
una pista di sua proprietà -in questo caso
quella di Motegi- e celebrarli di fronte a
20.000 persone ed ai vertici dell’Azienda
con una manifestazione all’insegna del
divertimento. Dove piloti e team manager,
lontani dalla pressione che normalmente
li accompagna durante i GP, per una volta
si concedono agli appassionati in totale
relax. E dove è possibile veder girare
contemporaneamente in pista Fernando
Alonso in sella alla Honda RC213V e Dani
Pedrosa al volante di una Supercar GT.
Oppure assistere ad una sfida all’insegna
delle "ruotate" con i kart (rigorosamente
depotenziati...) e subito dopo ad una
corsa con macchine ibride dove, almeno
in partenza, l’asso del trial Tony Bou ha
lasciato al palo Jenson Button, ex Campione
del mondo di F1.
L’Honda Racing Thanks Day è pressoché
sconosciuto al di fuori del Giappone -solo
quest’anno la Honda ha deciso di farlo
“scoprire” invitando un ristretto gruppo
di testate italiane e Motociclismo era fra
queste- ma è stato organizzato per la prima
volta nel 2005. Dopo quattro edizioni, in cui
l’affluenza del pubblico ha continuato ad
aumentare, l’evento è stato però cancellato
perché la crisi dei mercati internazionali del
2008 e la conseguente svalutazione dello
yen hanno convinto la Honda a rimandare
feste e ringraziamenti a giorni migliori.
Paradossalmente è stata una disgrazia
ancora più grande della crisi economica,
ovvero il disastroso terremoto con annesso
tsunami che ha sconvolto il Giappone
nel 2011, a far tornare sui suoi passi il
colosso nipponico. L’impianto di Motegi è
stato costruito in una spianata artificiale,
ottenuta sbancando i primi contrafforti della
catena montuosa Hakko nella prefettura di
Tochigi, che dista 120 km dalla tristemente
famosa centrale nucleare di Fukushima,
TALK SHOW E MOTO D'EPOCA
Alonso, Pedrosa e Marquez partecipano infreddoliti -e anche un po’assonnati-al talk-show nel paddock. Ma sono le otto e mezza del mattino... Meglio girare in pista qualche ora dopo con due piccoli gioielli provenienti dalla Collection Hall. Dani è in sella alla RS125RW con cui ha vinto nel 2003 il Mondiale della categoria; la moto di Marc è invece la bicilindrica RC142 del 1959, prima 125 da GP costruita dalla Honda.
DIVERTIMENTO A TUTTO CAMPO
Marquez e Pedrosa, scatenate “wild card” nella gara della CBR250R Cup e all’arrivo della gara di kart. Dani sulle quattro ruote è sembrato più a suo agio del compagno di squadra.
gennaio 2017 / Motociclismo 31
INTERVISTA "DOPPIA" A MARQUEZ E PEDROSA
"IO LO VEDO COSÌ"Chiedere ad un pilota di giudicare il compagno di squadra è un argomento delicato. Chi occupa l’altra metà del box è il primo degli avversari, quindi è meglio non sbilanciarsi nel fare commenti perché si rischia di rompere delicati equilibri. Marc Marquez e Dani Pedrosa di risse non ne hanno mai fatte. Fra i due probabilmente non nascerà mai un’amicizia, ma si rispettano. Professionali e “politicamente corretti” nelle dichiarazioni quando devono parlare uno dell’altro, corrono insieme dal 2013 e -freschi di contratto biennale appena firmato- lo faranno fino al termine del 2018 eguagliando così il record di convivenza in casa Honda stabilito da Mick Doohan e Alex Criville, compagni di squadra dal 1994 al 1999.
PEDROSA RACCONTA MARQUEZ“La miglior qualità di Marc è la determinazione che riesce a mantenere in tutti i diversi momenti di un GP o della intera stagione. Va forte sul bagnato e con l’asciutto, con il freddo o il caldo. È disposto a lottare, prendendosi anche dei rischi, sempre e in ogni condizione per ottenere il massimo risultato: prove, qualifiche, gara per lui non fanno differenza. È un combattente di natura, spinto da una grande motivazione. Come si dice in inglese, ha sempre un ‘average’, una media, molto alta.”
“Ovviamente noi tutti non siamo perfetti. Nessun pilota lo è, nemmeno Marc. Tutti cerchiamo sempre di migliorarci, per raggiungere la perfezione o almeno andarci vicino, in un campionato dove ti si chiede sempre di dare il massimo.”
“La sua capacità di portare a termine senza aver paura di sbagliare un attacco decisivo, magari all’ultimo giro, risolvendo la situazione. Vincere una gara, non mollare e guadagnare punti importanti anche se sei in difficoltà, alla fine fa la differenza in classifica e questo un po’ mi manca.”
“Lo facciamo moltissimo durante i test, specialmente quelli invernali, quando si tratta di sviluppare e mettere a punto la nuova moto. Ci confrontiamo per vedere se abbiamo le stesse sensazioni o il medesimo feeling. Durante la stagione ci parliamo se ci sono problemi da risolvere o se c’è del nuovo materiale da provare, ma sempre in occasione di qualche test e mai durante le gare. Nei week-end di un GP ognuno di noi è concentrato su quello che sta facendo e pensa solamente al risultato che vuole ottenere.”
“Siamo entrambi appassionati di Motocross, parliamo di quello e di moto. Raramente di altro.”
“Intendi quando smetterà? Non lo so. Lui è appassionato di moto e si diverte a fare quello che fa: in pista, a casa, con i suoi amici. Sicuramente farà qualcosa legato alle due ruote, non lo riesco a vedere in un altro ambiente.”
MARQUEZ RACCONTA PEDROSA“Secondo me Dani ha un grande talento. Sappiamo che fisicamente è piccolo e quindi limitato sotto quell’aspetto, ma guida molto bene. Ha uno stile pulito ed è molto sensibile, caratteristiche che gli consentono di trovare degli ottimi set-up. Da questo punto di vista il suo lavoro è importante per la squadra. Quando parli di Dani lo fai sempre con rispetto per quello che fa vedere in pista e perché è capace di inventarsi gare come quella di Misano, dove è partito da dietro ed è andato a vincere.”
“Il suo punto debole? È troppo ‘up and down’ quando la situazione non è perfetta e gli impedisce di esprimersi come vorrebbe. Se la sua moto non è a posto o se le condizioni della pista e magari quelle del meteo cambiano e sono incerte, Dani fatica ad adattarsi. Non riesce a guidare sopra ai problemi, come diceva Wayne Rainey, e questo un po’ lo penalizza.”
“Gli invidio la sensibilità che ha nella guida e la sua capacità di riuscire a trovare set-up efficaci. Dani è capace di sistemarsi bene la moto, mentre io sono esattamente l’opposto e quasi mai la mia Honda al via di un GP è veramente al 100% come la vorrei.”
“Con Dani si va d’accordo, ed è facile parlare. Soprattutto nel 2016 abbiamo discusso a lungo sulla moto perché eravamo in difficoltà. Abbiamo fatto tanti meeting insieme agli ingegneri per riuscire a risolvere i problemi e ad uscire da una situazione che all’inizio della stagione era complicata. Credo che continueremo a farlo anche in futuro.”
“Se non ci sono le moto di mezzo è più difficile trovare argomenti. In ogni caso credo che il nostro sia un buon rapporto da compagni di team.”
“Cosa farà da grande? Resterà nell’ambiente, come fanno quasi tutti i piloti quando smettono. È difficile per chi ha corso al nostro livello riuscire a separarsi da questo mondo allontanandosi dalle moto.”
PREGI
DIFETTI
C’È QUALCOSA DI LUI CHE VORRESTI
AVERE?
C’È DIALOGO FRA VOI, PER RISOLVERE I PROBLEMI?
PARLATE ANCHE DI QUALCOSA
D’ALTRO?
COSA FARÀ LUI DA GRANDE?
Motociclismo / gennaio 201732
attualitàHONDA RACING THANKS DAY 2016aaattualità
dalla quale nel giorno della catastrofe del
2011 si sprigionò una nube radioattiva in
seguito alle violente esplosioni di alcuni dei
suoi reattori. All’epoca i piloti cercarono di
boicottare il GP del Giappone, in programma
nel mese di ottobre proprio a Motegi, ma
non ottennero alcun risultato perché per
dare un forte segnale di “normalità” a tutto
il mondo la Honda, su invito delle autorità
nipponiche, fece pressione affinché si
disputasse la corsa e l‘anno seguente
tornò ad organizzare anche l’Honda
Thanks Day, per convincere i più scettici
che non esisteva nessun pericolo di
contaminazione nucleare.
Nonostante la brutta stagione - in Giappone,
anche se il clima negli ultimi anni si è fatto
più mite come da noi, in questo periodo è
pur sempre inverno – alla tentazione della
giornata di Motegi resistono in pochi.
Così fin dalle prime ore del mattino lungo
le strade che portano al circuito si vedono
ordinate file di auto e motociclette quasi
fosse in programma una prova del Mondiale
velocità. Quest’anno la lista degli invitati
comprendeva Marquez e Pedrosa per la
MotoGP, Bou, Fushinami e Busto per il Trial,
Gajser e Bobryshev per il Cross, Alonso e
Button per la F1, Sato per la F Indy. Più tutti
i piloti giapponesi in orbita HRC impegnati
in Giappone nella velocità e nell’ off-
road e quelli che corrono il seguitissimo
Campionato Superturismo GT. In tutto sono
stati trenta i piloti che hanno partecipato
all’evento. Unico assente l’iridato MXGP
Tim Gajser, ammalato, che a Motegi ha fatto
arrivare il certificato del suo dottore.
“Credo che la chiave del successo di questo evento sia la sua formula particolare, adatta alle famiglie - ci
ha spiegato Carlo Fiorani, manager di
riferimento nella divisione comunicazione di
Honda Europe e nostra guida nella trasferta
giapponese - La Honda è impegnata a 360° nelle competizioni, correndo praticamente
IL TRASFORMISTA
ALONSO SU DUE RUOTEGuidare ad andatura da passeggio per non incappare in una scivolata è il timore dei piloti di auto quando si cimentano con una moto, specie da corsa. Chi in passato ha tentato un approccio professionale con le due ruote - come il povero Schumacher - magari è andato forte ma è anche caduto facendosi male. Di solito si dice che viene più naturale ai motociclisti mettersi al volante e non viceversa, perché l’abitacolo di una monoposto ti protegge e con le quattro ruote è impossibile cadere. Ma a Motegi Fernando Alonso non è sembrato particolarmente timoroso di rischiare un incontro ravvicinato con l’asfalto. Il pilota della McLaren di F1 -presente al “Thanks Day” assieme al compagno di squadra
Button perché la sua monoposto è spinta da un motore Honda- ha indossato casco e tuta in pelle ed è sceso in pista con la RC213V del Test Team usata solitamente da Aoyama. Una manciata di giri in compagnia di Marquez ad andatura allegra ma senza strafare. Come hanno fatto notare molti dei presenti, con il ritiro di Rosberg si è liberato il volante della F1 più ambita giusto un paio di giorni
prima della manifestazione di Motegi. E il nome di Alonso è stato subito messo al primo posto nella lista dei possibili sostituti del Campione del mondo alla Mercedes. È stato poi il pilota spagnolo tramite i social a gettar acqua sul fuoco, dichiarando di voler rimanere anche nel 2017 in McLaren convinto della bontà del progetto.
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4 5 6 CARTOLINE DA MOTEGI
1. Il percorso di trial allestito all’interno del circuito con Fujinami in azione, 2. Takuma Sato, vincitore della gara di kart, con Alonso e Vandoorne, 3. la lunga fila alla biglietteria e
4. il parcheggio moto; 5. Marquez e Pedrosa con l'immancabile maxi-pupazzo giapponese; 6. sentirsi Marquez per un giorno con una foto in piega sulla RC213V del Campione del Mondo, inclinati a 63°!
gennaio 2017 / Motociclismo 33
1. Suhei Nakamoto all’ultima apparizione come Presidente della HRC, assieme a Livio Suppo Team Principal Team HRC e a due dei sostituiti di Nakamoto: Tetsuhiro Kuwata Naoki Hattori.2. I piloti Honda impegnati in Giappone nei team satellite che corrono in SBK, Supersport e alla 8 Ore di Suzuka, da sinistra: Kazuma Watanabe, Shinichi Ito, Hiroshi Aoyama, Ikuhiro Enokido, Kosuke Akiyoshi e Takumi Takahashi. 3. Pubblico e giornalisi in attesa del discorso finale del presidente Honda. 4. Il dominatore assoluto del Trial contemporaneo, lo spagnolo Tony Bou, in attesa del via della gara con le auto a motore ibrido. 5. La NSF250R Moto3 con cui Masaki Tokudome ha vinto il titolo giapponese 2016 della categoria. 6. La NSX Concept GT usata da Pedrosa per una breve esibizione. 7. Piccoli motociclisti crescono sgasando nei box su due minibike accese, sotto l’occhio attento di un addetto. 8. Il box riservato alle RC213V-S. 9. Il concorso di modellismo a tema racing organizzato nella sala lettura della “Honda Collection Hall”. 10. Marquez con la CBR250R verniciata con i colori del Team Repsol MotoGP. Alle sue spalle, la tribuna piena come nei giorni del GP.
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Motociclismo / gennaio 201734
attualitàHONDA RACING THANKS DAY 2016aaattualità
A LEZIONE DI STORIA
“Più si riesce a guardare indietro e più avanti si riuscirà a vedere il
futuro”. La frase, attribuita allo statista inglese Winston Churchill,
potrebbe essere presa in prestito dalla Honda e utilizzata come
slogan per il Museo di Motegi.
La “Honda Collection Hall” è un imponente edificio di due piani
inaugurato nel 1998, dove la Casa giapponese ha raccolto tutta la
sua produzione a due e quattro ruote, dagli esordi nell’immediato
dopoguerra fino all’inizio degli anni Novanta (ma questo limite
non vale per i mezzi da competizione, che infatti arrivano fino ai
giorni nostri). In più, al piano terra, un ampio padiglione è dedicato
agli studi sulla robotica, iniziati negli anni Ottanta e culminati con
l’automa ASIMO, acronimo delle parole inglesi “Advanced Step in
Innovative MObility”, gioiello ipertecnologico proiettato nel futuro
usato per show ed esibizioni. La cosa incredibile della “Collection
Hall” è che tutto il materiale esposto è perfettamente funzionante
e può essere utilizzato in ogni momento, come abbiamo potuto
constatare di persona al “Thanks Day”, dove Marquez e Pedrosa,
assieme ai piloti di F1 Alonso e Button, sono scesi in pista con auto
e moto provenienti dal museo fra l’entusiasmo del pubblico.
E stiamo parlando di circa 350 pezzi fra vetture di Formula 1,
IndyCar, MotoGP, motoda Cross e Trial e veicoli di serie, ma anche
motori marini, mezzi agricoli e di movimentazione terra!
Un numero praticamente identico di auto e moto è invece
conservato in un’ala dell’edificio non accessibile al pubblico, dove
vengono accudite da un gruppo di meccanici specializzati -molti
dei quali ex-dipendenti del Reparto Corse o dell’R&D- per poi
essere collocate, a rotazione, nelle sale.
Con questo sistema una visita alla “Collection Hall” non è mai
uguale all’altra, perché cambiano gli allestimenti e le moto presenti:
un modo per tenere vivo il museo e stupire ogni volta il visitatore.
Un altro aspetto sorprendente è che la Honda non fa distinzione fra
i suoi prodotti e a tutti dedica il medesimo spazio ed importanza,
sia che si tratti di un modesto gruppo elettrogeno o che si
stia parlando di una ipertecnologica F1 di ultima generazione.
Seguendo questa filosofia, anche la fallimentare NR a pistoni
ovali che ha corso saltuariamente -e con risultati disastrosi- nel
Mondiale 500 a cavallo fra gli anni Settanta e Ottanta viene esibita
con orgoglio trovando la sua giusta collocazione. Per sottolineare
fino a che punto fosse arrivata l’azienda in quel periodo a livello di
sviluppo tecnologico ma anche come monito, per evitare in futuro
nuovi passi falsi. E questo, solo una Casa che non dimentica il suo
passato come la Honda può permettersi di farlo.
LA “HONDA COLLECTION HALL” DI MOTEGI
PICCOLO TOUR FOTOGRAFICO
1. L’ingresso della “Collection Hall”. 2. Vista della sala dedicata alla produzione di serie: in primo piano i ciclomotori a quattro tempi della serie Cub. 3. La NR750 "oval piston", gioiello tecnologico del 1992. 4. La NSR 500 con cui Rossi ha vinto il titolo nel 2001 e ha conquistato, lo stesso anno, la vittoria numero 500 in un GP per la Honda.
5. Tre gloriose RC211V MotoGP: quella iridata nel 2003 con Rossi, nella speciale livrea usata nel GP di Valencia, la moto di Tamada che ha portato per la prima volta alla vittoria le gomme Bridgestone e la moto che ha vinto il Mondiale 2006 con Nicky Hayden. Chiude la fila, la RC212V di Pedrosa. 6. Interminabile parata di CR da Cross, ad illustrare i progressi tecnici e le vittorie ottenute dalla Honda nelle ruote artigliate. 7. La sezione delle moto da Endurance che hanno trionfato nel Mondiale e alla 8 Ore di Suzuka.
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gennaio 2017 / Motociclismo 35
UNA FINESTRA SUL FUTURO
dappertutto. E’ quindi molto facile
per gli organizzatori attingere da
un serbatoio sterminato, mettendo
fianco a fianco le Formula 1 e le
piccole vetture del monomarca EZ1 o
far correre Marquez e Pedrosa come
wild-card assieme ai protagonisti
del Trofeo CBR250, mentre nella
collina di fianco al circuito Bou,
Fujinami e Busto fanno scoprire
ai giapponesi il trial. Le esibizioni
si alternano alle gare, ma tutto è
all’insegna del divertimento. In
Italia esiste il WDW della Ducati,
ma è una manifestazione più a
carattere sportivo riservata ad
appassionati di nicchia, che ha il
suo epicentro nell’attività in pista e
dove raramente si vedono famiglie
al completo, con tanto di neonati in
passeggino, passare l’intera giornata
in circuito come invece avviene
qui. A Motegi acquistando un solo
biglietto d’ingresso si può andare
dappertutto: in tribuna, al paddock
show, alla 'Collection Hall'e al 'Moby
Park', dove ci sono i simulatori di
guida assieme alle piste per i kart e
le minimoto elettriche. I bambini si
divertono come se si trovassero in
un parco giochi.”
E intanto, aggiungiamo noi, la Honda
porta a termine con loro un’abile
operazione di marketing, creando fin
dalle nuove generazioni un legame
forte con il marchio, la sua storia, i
suoi prodotti e le molteplici attività ad
essi legate che, in un mondo come
quello attuale dove la mobilità su due
ruote non rientra più fra le priorità
dei giovani, sarà fondamentale
per tenere botta sul mercato e
assicurarsi i clienti del futuro.�
1. Il primo modello della serie ASIMO presentato nel 2000 e ancora oggi in fase di sviluppo. 2. Panoramica degli automi della serie E, sviluppati dalla Honda fra il 1986 e i primi anni Novanta. 3. La seconda generazione di automi, la P, con cui la Honda ha proseguito i suoi studi sulla robotica per tutti gli anni Novanta del XX° secolo (3).
Una delle novità più contestate dalla Honda lo
scorso anno in MotoGP è stata la centralina
unica, colpevole di aver azzerato il suo
vantaggio nella gestione elettronica. Quella
usata dal colosso di Tokyo fino al 2015 era più
evoluta della altre grazie ad una piattaforma
inerziale e ad una centralina “proiettate” nel
futuro. La piattaforma inerziale
rileva la posizione della moto
nello spazio e, attraverso dei
giroscopi e degli accelerometri,
ne determina al centesimo di
secondo il comportamento
dinamico - accelerazioni,
frenate, trasferimenti di
carico, inclinazione in piega e
impennate - trasferendo i dati
alla centralina. Questa, unendoli
alle informazioni degli altri
sensori -temperature, escursione
sospensioni, rotolamento ruote...-
determina la miglior erogazione
del motore. Un sistema poco efficace fa
funzionare la moto come una persona che
cammina senza equilibrio. Una in grado di
fornire più informazioni, magari anche più
dettagliate, le dona invece un equilibrio migliore.
Era questo uno dei segreti della RC 213V:
un sofisticato sistema in grado di analizzare
meglio beccheggio (lo spostamento lungo
l’asse longitudinale) e rollio (lo spostamento
destra-sinistra) della moto derivato dal progetto
ASIMO. Il nome, acronimo di “Advanced Step
in Innovative MObility”, identifica un robot
umanoide che sembra uscito da un film di
fantascienza. ASIMO è in grado di gesticolare,
muoversi, salire le scale, camminare, correre,
saltare, afferrare oggetti, evitare ostacoli e,
addirittura, riconoscere e raggiungere da solo
la piattaforma di ricarica delle
sue batterie quando sono in
esaurimento! Ovviamente, per
giungere alle attuali prestazioni
si è partiti da un primo prototipo
nel 1986, piuttosto impacciato
nei movimenti, fino ad arrivare ai
giorni nostri attraverso tre diverse
famiglie - la E che comprende gli
automi bipedi, la P che riunisce
gli automi a gambe e braccia
non sincronizzate e la ASIMO -
ed almeno una decina di robot
che sono serviti per sviluppare
tecnologia avanzata (il “ride by
wire” e la comunicazione wireless della Honda
arrivano da qui) . Tutti i robot sono esposti nella
“Honda Collection Hall”, dove oltre ad assistere
ad un “live-show” di ASIMO, si possono vedere
anche vecchi filmati che mostrano i modelli
E rotolare dalle scale o cadere dal tapis-
roulant durante la messa a punto. Dopo aver
visto ASIMO in azione vi convincerete che far
stare in strada una MotoGP è una faccenda
decisamente molto più semplice…
ROBOTICA E MOTOGP
CILINDRI PER TUTTI I GUSTI
Le favolose pluricilindriche da GP degli anni Sessanta occupano un’area
piuttosto estesa del Museo e ci sono tutte. Dalla piccola CR110 bicilindrica
50 alla RC181 quattro cilindri 500, passando per la RC149 cinque cilindri
di 125 cc e per le RC 165 e RC174 a sei cilindri di 250 e 350 cc!
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Motociclismo / gennaio 201736
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attualitàLONG TEST 50.000 KM CON LA YAMAHA TRACER 900 di Marco Riccardi, foto Fabrizio Grioni
HIGHLAN La Yamaha Tracer 900 è la prima moto che abbiamo sottoposto a una durissima prova di affidabilità. Da ottobre 2015 a settembre 2016 abbiamo percorso 50.000 km, verificando ogni 5.000 km l'usura, le prestazioni, i consumi e registrando ogni inconveniente. L'abbiamo poi letteralmente smembrata per verificare il deterioramento dei componenti ricavando una massa di dati mai rilevati prima. Risultato? La tre cilindri giapponese è una vera immortale...
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Motociclismo / gennaio 201738
attualitàLONG TEST 50.000 KM CON LA YAMAHA TRACER 900aaattualità
L'ARMATURA
AIRBAG NELLA GIACCADainese ci ha fornito per iniziare il test in pieno inverno un completo impermeabile, caldo e comodo come la giacca Thunderstorm, quella della famiglia D-Air Street, che ha al suo interno un airbag che si attiva elettronicamente grazie ai sensori montati sulla forcella che rilevano l'impatto contro un ostacolo, mentre quelli sotto la sella avvisano la centralina di controllo quando si cade attivando l'airbag. L'abbiamo alternata nei periodi più caldi con il gilet D-Air Street da mettere sotto una tradizionale giacca. Non siamo mai incorsi nella "opportunità" di constatare come funzioni, ma a 28.344 km si è rotto il cavo elettrico proveniente dal sensore della forcella causa una fascetta tagliente e troppo serrata. Il display di controllo del D-Air montato sul manubrio ha subito avvisato del malfunzionamento. Ci siamo recati in uno dei centri di assistenza di Dainese che ha ripristinato il cavo, riportando in piena efficienza l'airbag.
I PROTAGONISTI’L'obbiettivo di questa prova non è stato quello di esasperare il motore o la ciclistica, ma di verificare in modo scientifico quanto accade nei primi 50.000 km, significativo tratto di vita di una moto. Per far questo avremmo potuto buttarci su una pista di alta velocità (in Italia abbiamo l'anello di Nardò) e in poco tempo avere la verifica, ma sarebbe mancato l'indispensabile verdetto della strada, delle sue innumerevoli difficoltà e incognite. Il nostro tester di riferimento è stato Alfredo Rota, stakanovista del manubrio, in moto tutti i giorni per riuscire a completare l'impresa in undici mesi. E per affrontare ogni imprevisto lo abbiamo vestito e protetto con il massimo della tecnologia offerta da Dainese e Shoei
IL PILOTA
TUTTI I NUMERI DI UN VERO "CULO DI PIETRA"Alfredo Rota, milanese 41 anni, da atleta olimpico (scherma, specialità spada: ha vinto un oro a Sidney 2000 e un bronzo a Pechino 2008) a macinatore di chilometri per il Long Test. È il nostro maratoneta, pronto a sobbarcarsi migliaia di chilometri in ogni condizione meteo (molti al freddo, visto che è partito in inverno). Ecco i suoi numeri:- KM percorsi in un solo giorno: 1.250 km, da Roma in Veneto e ritorno - Sosta caffé: in undici mesi solo una al giorno, praticamente sono sempre in moto - Caffè offerti: posso lasciare il portafoglio a casa tanti sono. Un espresso me lo ha pagato anche la Polizia Stradale a Udine- Pizze pagate: una dal proprietario di un locale sul lago d'Idro. Faceva un freddo cane e mi ha detto: "Te la offro io, sei un vero motociclista". Bel complimento- Passi alpini: un centinaio, ma amo San Marco (1.859 m) e Crocedomini (1.895 m) - Multe: a Pavia, per eccesso di velocità. 84 km/h contro un limite di 70 km/h- Follwers su Instagram: prima del Long Test ne avevo 300, dopo 1.024
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IL CASCO
UNA PROTEZIONE FRESCA E COMODAIl nostro "culo di pietra" ha utilizzato i caschi Shoei, anzi come
dice l'azienda giapponese "i dispositivi di sicurezza", sicura -e
noi con lei- del valore offerto da questa protezione.
Rota ha utilizzato il Neotec, un integrale apribile che offre il
massimo della sicurezza grazie alla sua calotta a cinque strati
di fibre composite e un interno in materiale a densità multipla
secondo le zone di maggiore impatto.
Il cinturino è a sgancio rapido con sistema di bloccaggio
micrometrico, ha prese d'aria frontali e nella parte superiore
per garantire il ricambio d'aria oltre la visiera antiappannante.
La lente parasole è inserita in uno spazio ricavato nella calotta,
senza così ridurre il volume del materiale che assorbe gli urti.
Inoltre, abbiamo scelto la colorazione con inserti gialli per
dare il massimo della visibilità combinata con gli inserti
riflettenti della giacca.
Il nostro tester è stato impressionato dall'elevato grado
di confort di questo casco: niente spifferi d'aria e
contemporaneamente una buona ventilazione interna per
permettere il ricambio d'aria.
La visiera ha mostrato una elevata resistenza, tanto è vero che ci
sono pochissime, quasi nulle, tracce degli impatti contro i sassi
sparati dalle ruote.
DATI TECNICI
MOTORE 4T, 3 cilindri in linea, alesaggio per corsa 78x59,1 mm, cilindrata 847 cc, rapporto di compressione 11,5:1, bialbero a camme in testa, 4 valvole per cilindro, raffreddamento a liquido, potenza max 115 CV (84,6 kW) a 10.000 giri/min, coppia max 87,5 Nm (8,9 kgm) a 8.500 giri/min.
ALIMENTAZIONE Iniezione elettronica; capacità serbatoio 18 litri.
TRASMISSIONE Primaria a ingranaggi a denti dritti, rapporto 1,681 (79/47); finale a catena, rapporto 2,812 (45/16); frizione multidisco in bagno d’olio, comando a cavo.
CAMBIO A 6 marce, rapporti 2,667 (40/15) in prima, 2,000 (38/19) in seconda, 1,619 (34/21) in terza, 1,381 (29/21) in quarta, 1,190 (25/21) in quinta, 1,037 (28/27) in sesta.
TELAIO A diamante in allumino, inclinazione cannotto di sterzo 24°; avancorsa 100 mm.
SOSPENSIONI Ant. forcella a steli rovesciati da 41 mm, reg. nel precarico molla e nella frenatura idraulica in estensione, escursione ruota 137 mm; post. monoammortizzatore reg. precarico molla e nella frenatura idraulica in estensione, escursione ruota 130 mm.
RUOTE Cerchi in lega leggera; pneumatici tubeless ant. 120/70-17”, post 180/55-17”.
FRENI Ant. doppio disco da 298 mm con pinze ad attacco radiale a 4 pistoncini; post. disco da 245 mm con pinza flottante a singolo pistoncino. ABS di serie.
DIMENSIONI (IN MM) E PESO Lunghezza 2.160, larghezza 950, altezza 1.345/1375, interasse 1.440, altezza sella 845/860; peso in ordine di marcia 210 kg.
LA MOTO
151 KM AL GIORNO SENZA PROBLEMIPer affrontare questa maratona abbiamo scelto la Yamaha Tracer 900 per il semplice, ma
non banale fatto, che è una delle moto più vendute nel nostro Paese: nel 2016, in 11 mesi
di immatricolazioni, ne sono state vendute 2.534 (è al terzo posto assoluto tra le moto) e
l'anno scorso un totale di 2.618. Sono numeri che ne fanno una delle moto più interessanti,
oltremodo il suo motore tre cilindri è completamente nuovo per Yamaha, poiché è quello
della MT-09, naked entrata in produzione solo alla fine del 2013. Da qui anche la curiosità
di verificare come si poteva comportare questo motore non solo in una normale prova, che
si esaurisce in molti meno chilometri rispetto a questo test.
Rispetto alle varie prove alle quali abbiamo sottoposto la Tracer 900, dove ne abbiamo
apprezzato le minime vibrazioni, l'elevata maneggevolezza e un motore capace di
accontentare sia chi va a passeggio sia lo sportivo, Rota ha evidenziato la comodità della
sella mentre avrebbe voluto più protezione aerodinamica (ma è anche alto 190 cm).
Parere di riferimento, visto che il nostro Alfredo ha percorso in media ogni giorno 151,5 km.
Motociclismo / gennaio 201740
attualitàLONG TEST 50.000 KM CON LA YAMAHA TRACER 900aaattualità
Il tre cilindri è sicuramente il principale protagonista del Long Test, e lo abbiamo smontato fino all'ultima vite nella sede Yamaha Italia di Gerno di Lesmo (MB). Nessuna sorpresa in negativo, anzi ci ha stupito il suo grado di conservazione. Unica nota la presenza di incrostazioni sulle valvole del corpo farfallato dell'iniezione elettronica, un problema già riscontrato a 25.000-30.000 km e che abbiamo ritrovato alla fine del test
IL MOTOREFATTO A PEZZI’
PROPULSORE: IN UN'ORA È VIA DAL TELAIOLa rimozione del motore ha richiesto meno di un'ora e il suo completo smontaggio circa due ore da parte di due tecnici Yamaha (nella foto sopra, da sinistra a destra Fabio Mandelli, Alessandro Chiodini e il nostro Marco Riccardi). Alla fine della verifica di ogni particolare e della completa sessione fotografica il tre cilindri della Tracer è stato rimontato e rimesso in ordine di marcia: sono state sostituite le fasce elastiche dei pistoni e pulito il corpo farfallato.
CILINDRI: QUANDO I SEGNI SONO QUELLI GIUSTI Normalmente -dopo 50.000 km- i cilindri sono quelli che
riportano una certa usura, ma in questo caso non si hanno segni visibili di particolari rigature o di grippaggi. Addirittura
sono ancora visibili sulle canne le lavorazioni delle macchine utensili: sono microrighe che servono a trattenere l'olio per
avere una migliore lubrificazione.
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TESTA: QUALCHE
INCROSTAZIONE
Il tecnico Fabio Mandelli osserva le condizioni della testa. A fianco
quello che ha visto: la camera di combustione
del cilindro n°1 (quella in basso) ha le valvole
di aspirazione (quelle di maggior diametro) con maggiori incrostazioni
rispetto alle altre. È anche la zona del motore che
riceve per prima l'acqua raffreddata dal radiatore
e questo può incidere sulla temperatura
di combustione, abbassandola e creando
maggiori depositi.
ALBERI A CAMME: TUTTO OK
Più che sugli altri pezzi in movimento qui si notano i segni del contatto tra i vari materiali. Piccole striature appaiono sui lobi che premono sui bicchierini mentre sono più evidenti le strisce di appoggio alla testata e ai coperchi che bloccano gli stessi assi a camme. La catena della distribuzione non necessitava di sostituzione.
VALVOLE: DEPOSITI SULL'ASPIRAZIONE
Anche le dodici valvole sono nella tolleranza d'uso sia per il diametro degli steli sia per quello dei funghi a contatto con la camera di
combustione. Solo la coppia di valvole d'aspirazione del cilindro 1 ha evidenti depositi carboniosi alla base del fungo.
Motociclismo / gennaio 201742
attualitàLONG TEST 50.000 KM CON LA YAMAHA TRACER 900aaattualità
IL MOTOREFATTO A PEZZI’
FILTRO ARIA: TUTTO ERMETICO
Il filtro dell'aria è del tipo "usa e getta", nel senso che non richiede il periodico ripristino della sua efficienza col
soffio di una pistola ad aria compressa o il lavaggio di una spugna. Quello della Tracer è leggermente imbevuto
di olio per trattenere la polvere e appare normalmente sporco. All'interno dell'airbox non ci sono tracce di
passaggi d'aria non filtrata (come una scia di polvere) o presenza di umidità.
IMBIELLAGGIO: MINIMI SEGNI DI USURA
L'imbiellaggio si presenta "sano" come il resto del motore. Solo i cuscinetti lisci (sopra) inseriti
nel basamento mostrano segni di usura, ma sono risultati entro la tolleranza di lavoro. Non ci sono
tracce di deterioramento sull'albero motore sia nella zona dove lavora la testa della biella sia in
quella dei supporti di banco.
PISTONI: IN FORMA
Tutti e tre i pistoni non hanno particolari segni di usura sul mantello, sullo spinotto e i depositi carboniosi nella parte superiore o nella zona dei segmenti elastici sono minimi, segno che non ci sono stati passaggi d'olio dalle guide delle valvole o dalle fasce. In effetti non abbiamo mai ripristinato il livello del lubrificante tra un tagliando e l'altro.
ASPIRAZIONE: ECCESSIVI DEPOSITI CARBONIOSI
Non è stata una sorpresa trovare depositi carboniosi sulle valvole a farfalla dell'alimentazione. Lo stesso inconveniente lo abbiamo riscontrato a 20.000 km e provocava problemi di avviamento a caldo oltre ad avere un motore "zoppicante" al minimo. A 29.000 km i corpi farfallati sono stati ancora puliti. In Yamaha imputano il problema alla qualità del carburante, a benzina sporca, ma la ripetizione ciclica dei depositi fa pensare ad altro.
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NmCV
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20.016 km
29.066 km
39.283 km
50.399 km
POTENZA
COPPIA
I RILEVAMENTI DI POTENZA E COPPIA MASSIMACOME CAMBIA L'EROGAZIONE IN 50.000 KM
BANCO PROVA: ALLA FINE DEL TEST È IL 5% PIÙ POTENTEPiù di ogni altra verifica dello stato di salute dei particolari interni del motore, quello che dimostra quanto il tre cilindri sia arrivato in gran forma alla fine del Long Test sono i rilevamenti di potenza e coppia massima. Verificato a 2.000 km, finito il rodaggio, e a 50.399 km, al termine del test, il motore ha guadagnato ben 4,9 CV: sono esattamente 103,83 CV a 9.900 giri, il 5% in più, mentre la coppia sale a 79,58 Nm a 8.600 giri, 2,24 Nm in più. Certamente il motore si è "slegato" del tutto in questa percorrenza ma la sua curva in salita ha conosciuto anche momenti di pausa come a 30.000 km, dove ha perso 0,7 CV di potenza massima (rilevata 102,67) a causa anche della catena usurata (vedi la "trasmissione" a pag. 47) e poi a 35.000 km, dove i CV erano 101,2. Il motore si è ripreso a 40.000 km (102,98 CV) dopo il tagliando e la registrazione del gioco valvole.
Sopra, la differenza tra il motore a 2.000 km (in nero, peggior prestazione assoluta) rispetto ai 50.000 km (in verde, miglior prestazione assoluta).
attualitàLONG TEST 50.000 KM CON LA YAMAHA TRACER 900aaattualità
Ogni 10.000 km abbiamo prelevato un campione di lubrificante e l'abbiamo sottoposto alla verifica del laboratorio Mecoil. Come un esame del sangue che mostra la nostra salute e indica i probabili fattori di rischio, le analisi di questo centro specializzato di Firenze hanno permesso di scoprire lo stato di forma del motore ancor prima dello smontaggio finale. Ecco il certificato e le valutazioni elaborate da Mecoil
ANALISI OLIO MOTORE’
IL CHECK-UP DEL LUBRIFICANTE IL MOTORE STA MOLTO BENE. LO DICE L'OLIO
valori di soglia
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30.000 km
40.000 km
50.000 km
ELEMENTI METALLICIDA USURA
Ferro ppm 200 63 44 33 24 59 Questi test permettono di intuire lo stato di salute di un motore perché indicano la concentrazione dei piccolissimi frammenti di metallo presenti nell'olio a seguito dell'usura dei componenti del propulsore. La dimensione di queste particelle è inferiore a 10 micron; per dare una idea di grandezza, un capello ha un diametro di 80 micron. La Tracer mostra una certa concentrazione di ferro nei primi 10.000 km, data dal consumo di parti in acciaio come albero a gomiti, camme, valvole, etc. etc, ma è un dato riconducibile al rodaggio. Col passare dei km le particelle di ferro (e pure quelle d'alluminio) decrementano costantemente per poi registrare una inversione di tendenza allo scadere dei 50.000 km: lo smontaggio del motore ha comunque evidenziato che i pezzi soggetti a usura erano tutti in tolleranza.
Cromo ppm 40 2 1 <1 <1 <1
Nichel ppm 10 1 <1 <1 <1 <1
Manganese ppm 10 2 1 <1 <1 <1
Allluminio ppm 60 21 27 21 19 36
Piombo ppm 100 <1 2 1 1 1
Rame ppm 60 2 2 1 1 2
Stagno ppm 10 <1 <1 <1 <1 <1
Argento ppm 5 <1 <1 <1 <1 <1
Titanio ppm 15 <1 <1 <1 <1 <1
ELEMENTI ADDITIVI
Calcio ppm 1150-3450 2091 1824 1812 1853 1874 Gli additivi sono utilizzati nel lubrificante per garantire una adeguata viscosità dell’olio al variare della temperatura (modificatori di viscosità), per tenere pulito l’olio ed il motore dai residui della combustione (disperdenti, detergenti) e proteggere i componenti meccanici (anti-usura). Gli additivi utilizzati nel lubrificante della Tracer hanno sempre mostrato una adeguata resistenza, senza avere variazioni eccessive o anomale.
Magnesio ppm 4-12 7 11 12 8 7
Fosforo ppm 500-1500 949 888 920 994 858
Zinco ppm 650-1950 1102 1086 1091 1089 1051
Bario ppm 5 <5 <5 <5 <5 <5
Boro ppm 15 12 6 2 1 <1
Molibdeno ppm 35 19 19 21 19 24
ELEMENTI CONTAMINANTI
Silicio ppm 50 47 12 20 16 20 La presenza di sostanze “estranee” nel motore (sodio, silicio, potassio e vanadio), in quantità eccessiva, può portare una usura dei meccanismi interni. L’ambiente dove viene usata la moto può determinare la presenza di questi elementi: vicino al mare ci può essere sodio, men-tre l’uso su sterrati facilita l'ingestione di silicio. Evidente l’importanza di un buon filtro dell’aria aspirata.
Sodio ppm 150 4 3 3 3 4
Potassio ppm 15 <1 <1 <1 <1 <1
Vanadio ppm 15 1 <1 <1 <1 <1
PARAMETRI CHIMICI
Ossisazione Abs/0.1mm 0,3 0,1 0,22 0,24 0,24 0,25 Questo rilevamento mostra lo stato di salute dell'olio "base" ed evidenzia la presenza di acqua e/o glicole. Il certificato d’a-nalisi indica che la base lubrificante sintetica dello Yamalube 10W-40 ha resistito molto bene alle sollecitazioni, mostrando parametri chimici ottimi in relazione ai vari chilometraggi. Non è stata registrata evidente traccia di acqua o di glicole, escludendo il danneggiamento della guarnizione della testa.
Viscosità a 40°C Cst 50-112 60 55 59 59 52 Le analisi sulla viscosità e la presenza di combustibile hanno indicato una viscosità decrementata, dovuta ai trafilaggi di carburante intrappolati nell'olio. Il fenomeno è causato dal blow by, il passaggio di vapori di carburante dai segmenti dei pistoni. Anche in questo caso siamo nella norma anche se la percentuale del combustibile volatile è vicina alla soglia limite.
Combustibile Volatile % 4 3,7 3,6 3,5 3,5 3,7
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Per i pneumatici ci siamo affidati a Metzeler, marchio che è garanzia di sicurezza e durata. Abbiamo usato quattro diversi modelli di coperture (e cinque treni di gomme),
comprese quelle sportive, scelta giustificata dall'immagine della moto e dal carattere del suo motore. Abbiamo anche
registrato il consumo del battistrada e il comportamento dinamico durante tutto lo svolgimento del test
CONSUMO GOMME
’CONSUMO E RESA CHILOMETRICA GOMME
FINO A 12.000 KM SENZA PROBLEMI
Nella tabella sono riportate le percorrenze raggiunte con ognuno dei pneumatici utilizzati. Abbiamo provato 4 treni diversi senza spingerci al limite del battistrada, se non nel caso dello sportivo M7RR. Per questo abbiamo indicato anche la resa chilometrica per ogni mm di battistrada consumato: moltiplicando il dato per la differenza tra l'altezza del battistrada e il limite minimo consigliato (2 mm) ricaviamo la teorica autonomia.
ant. 4,5 mm 4,0 mm 12.140 4,8 mm 3,6 mm 9.583 4,4 mm 2,3 mm 6.322 3,8 mm 2,9 mm 10.222 4,4 mm 3,1 5.384
post. 6,6 mm 4,8 mm 4.722 6,5 mm 4,2 mm 5.000 6,2 mm 1,3 mm 2.880 6,5 mm 2,8 mm 2.486 6,2 mm 3,4 2.500
SPORTIVO È MEGLIOAbbiamo cominciato montando i Roadtec Z8. Sono gomme longeve: complice la stagione invernale e una mano cauta sull'acceleratore abbiamo avuto un consumo davvero minimo in 8.500 km di test, tanto è vero che hanno una resa chilometrica superiore a ogni altro treno di gomme qui provate. Siamo poi passati al Roadtec 01 dove Rota ha trovato un feeling migliore all'anteriore. Poi il momento dello sportivo M7RR, davvero efficace nell'aderenza e nell'entrare rapidamente nella temperatura d'esercizio, denuncia però il consumo maggiore. Abbiamo montato anche il Tourance Next dalla mescola che "attacca" in tutte le condizioni.
Motociclismo / gennaio 201746
attualitàLONG TEST 50.000 KM CON LA YAMAHA TRACER 900aaattualità
Il RESPONSO DEL BANCO PROVA SOSPENSIONI SULLA FORCELLA
LE SOSPENSIONI’La Tracer 900 ha sospensioni regolabili nel precarico e nell'estensione. Per tutto il test
hanno avuto un comportamento omogeneo come confermato dalla prova strumentale
dello specialista EvolutionBike. Nessun trafilaggio di lubrificante dai paraolio degli
steli forcella o dall'asta dell'ammortizzatore
LA MACCHINA DELLA TORTURASopra, siamo al laboratorio di EvolutionBike, la struttura alle porte di Milano (a Vittuone) che ha collaborato con noi per la valutazione delle sospensioni. Nelle immagini, la forcella e l'ammortizzatore sottoposti alla prova che simula le diverse sollecitazioni di guida. Sopra a destra, sin dal km 10.500 abbiamo notato un gioco all'attacco (indicato dalla freccia) con i leveraggi di collegamento al forcellone della bielletta che aziona l'ammortizzatore. È evidente e rumoroso ma secondo i tecnici Yamaha siamo nella norma: c'è da dire che non è aumentato con il chilometraggio.
LINEE DRITTE E SOSPENSIONI A PUNTOAbbiamo testato il circuito idraulico delle sospensioni, togliendo le molle e imprimendo diverse velocità di scorrimento. Il diagramma circolare si riferisce alla forcella a 50.000 km. Come si nota, l’andamento della forza (in N, scala verticale) che il circuito restituisce lungo l’escursione (in mm, scala orizzontale) e che chiaramente aumenta al crescere della velocità di scorrimento, ha incrementi e decrementi piuttosto lineari, segno di un circuito in buona salute. Anche le prove effettuate a 10.000 e 30.000 km hanno generato praticamente lo stesso andamento.
NESSUN DECADIMENTO SIGNIFICATIVO IN 50.000 KM
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I FRENI
LA TRASMISSIONE
Ai freni affidiamo la nostra sicurezza
e la Tracer 900 è ben messa in
questo campo. Abbiamo sempre
avuto un consumo regolare delle
pastiglie, addirittura minimo per le
posteriori. I dischi hanno mantenuto
la loro planarità senza "svergolarsi"
e si sono ridotti di pochissimo dallo
spessore originale. Anche il sistema
antibloccaggio ABS non ha mai
mancato un colpo
30.000 km è il limite di vita della trasmissione finale, in particolar modo della catena che ha
mostrato segni di usura anche prima di questa percorrenza. Più robusti pignone e corona
CONSUMO MINIMO PER I DISCHIIl manuale d'officina della Tracer 900 riporta per i dischi freni uno spessore minimo di 4 mm per gli anteriori e di 4,5 mm per il singolo posteriore; da nuovi sono, rispettivamente, 4,5 e 5 mm. Alla fine della prova abbiamo misurato uno spessore di 4,3 mm per quelli davanti e 4,9 per quello dietro.
PASTIGLIE CHE DURANOIn 50.000 km abbiamo consumato una coppia di pastiglie freni, quelle dei dischi
anteriori cambiate a 30.000 km, mentre dietro abbiamo percorso tutti i km del test con lo stesso materiale di attrito. È quasi un record di durata e questo
grazie alla guida "felpata" del nostro tester. Da nuove le pastiglie anteriori hanno uno spessore di 4,5 mm, mentre le posteriori misurano 6 mm.
DENTI CHE SI LOGORANOAllo stesso chilometraggio della catena abbiamo sostituito corona e pignone. È corretto cambiare anche questi particolari per avere il massimo di
regolarità di lavoro della trasmissione. Nella foto sotto, si nota come i denti abbiano cominciato
a consumarsi e ad assumere un profilo ad "uncino", ma non sono ancora a fine vita.
MAGLIE CHE SI BLOCCANOLa catena di trasmissione finale è stata cambiata a 30.000 km e come si vede nella foto aveva finito il suo compito: alcune maglie non riuscivano a ruotare regolarmente, quasi grippandosi sui perni interni, e siamo oltre la tolleranza in lunghezza permessa da Yamaha, dove misurando la distanza tra 16 perni si deve avere un limite massimo di 239,3 mm mentre qui siamo a 240,5 mm. Questo deterioramento ha pure influito -tra i 25.000 e i 30.000 km- sulla erogazione del motore ai bassi regimi, che diventava "seghettata" per vincere questi blocchi delle maglie, e anche sulla potenza massima rilevata alla ruota, vista la minore scorrevolezza. Anche il secondo kit di trasmissione installato mostra, a 50.000 km, un accenno di deterioramento delle maglie.
Motociclismo / gennaio 201748
attualitàLONG TEST 50.000 KM CON LA YAMAHA TRACER 900aaattualità
USURA MOTO E COMPONENTI
IL TRAGUARDO FINALE DEI 50.000 KM 5.000 km 10.000 km 15.000 km 20.000 km 25.000 km 30.000 km 35.000 km 40.000 km Potenza max (CV-giri) alla ruota 98,89-9.900 100,50-9.900 100,70-9.900 101,89-10.000 103,39-10.100 102,67-10.200 101,20-10.100 102,98-10.300 Coppia max (Nm-giri) alla ruota 77,37-8.400 77,29-8.500 78,20-8.500 78,21-8.300 80,47-8.500 79,24-8.400 78,49-8.300 78,46-8.500 Usura pastiglie ant in mm (dx–sx): 0,20 – 0,10 0,40 - 0,50 0,90 - 0,80 1,45 - 1,50 2,00 - 2,05 2,15 - 2,20 0,40 - 0,60* 0,80 - 0,90* Usura pastiglie post in mm (dx–sx): ----------- 0,30 - 0,40 0,35 - 0,45 0,45 - 0,50 0,50 - 0,55 0,60 - 0,60 0,70 - 0,75 0,90 - 1,00 Usura dischi anteriori in mm ----------- 0,05 - 0,05 0,10 - 0,10 0,15 - 0,15 0,15 - 0,15 0,15 - 0,15 0,15 - 0,15 0,15 - 0,15 Necessità rabbocchi olio motore: No No No No No No No No Necessità rabbocchi refrigerante: No No No No No No No No Necessità rabbocchi olio freni: No No No No No No No No *Pastiglie anteriori sostituite a 30.000 km
I SEGNI DELL'ETÀ’
RUGGINE ALL'ATTACCOQui a fianco, uno dei telaietti che supportano le borse laterali. È evidente la vernice scrostata e la ruggine che affiora. Gli attacchi si sono rivelati comunque solidi. Una particolarità: le borse sono montate basculanti e hanno una moderata capacità di muoversi lateralmente per compensare le spinte aerodinamiche ad alta velocità che potrebbero interferire sulla stabilità della moto.
ATTENZIONE AL GHIACCIO (E AL SALE) SULLE STRADEA sinistra, il sale antighiaccio sulle strade ha presto intaccato le parti metalliche più vicine all'asfalto. L'ossidazione sui raccordi dei freni e sulle viti che bloccano il parafango è superficiale e non compromette la sicurezza della frenata o il corretto montaggio dei vari particolari. Sotto, il gommino e il paratacchi dei comandi a pedale del freno posteriore: minime abrasioni della gomma e della vernice; lo stesso grado di usura lo ritroviamo sui comandi del cambio.
Oltre ai tanti dati strumentali esistono altri parametri di valutazione: sono quelli evidenti che interessano le parti visibili della moto più che le sue prestazioni. Sulla nostra Tracer la bulloneria in zona ruote, quella più esposta alle intemperie, si è decisamente ossidata, mentre la marmitta di scarico è stata attaccata dalla ruggine
Tagliandi: 1.040 euro (a 1.000 km, 10.000 km, 20.000 km, 30.000 km, 40.000 km e 50.000 km).Carburante: 4.401 euro (2.934 litri x 1,5 euro; la moto ha consumato di media 17,04 km/l)-Pneumatici: 1.525 euro (Costo totale di 5 treni gomme su base di 305 euro a coppia).Ricambi: coppia pastiglie anteriore 43,58 euro;catena di trasmissione 162,17 euro; corona 73,37 euro; pignone 32,53 euro.
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LO SCARICO SI OSSIDAIn alto, il gruppo dei collettori di scarico della Tracer come appariva nei primi chilometri del Long Test e alla fine della prova di durata. Come si nota l'ossidazione sui collettori è evidente, ma può essere ancora rimossa con i prodotti che trattano le superfici cromate. Non altrettanto si può fare per la grande marmitta di scarico la cui lamiera si è nettamente rovinata, sino a mostrare punti di ruggine nella zona vicino all'attacco della sonda Lambda che controlla l'impianto di iniezione-accensione del tre cilindri giapponese.
GLI INCONVENIENTI REGISTRATI
Motociclismo / gennaio 201750
aaattualità
attualitàCOMPARATIVA STIVALI TOURING
Lo stivale da viaggio classico è pensato per essere usato tutto l'anno, quindi è dotato di membrana impermeabile e traspirante. Ha struttura
e aspetto "asciutti", perché il suo contenuto tecnico non ne deve compromettere comfort e stile. Ne abbiamo provati 13 sottoponendoli
a test di impermeabilità, impatto e isolamento al freddo con il supporto dei laboratori della RICOTEST, dal 1994 Organismo Notificato per la
certificazione CE di Dispositivi di Protezione Individuale. Ma la nostra comparativa ha valutato con prove pratiche anche il comfort
COMPAGNIDI STRADA
di Luca Nagini e Paola Verani, foto di Luca Nagini
In moto tutto l'anno". Era lo slogan che tappezzava le pareti dello stand di Motociclismo ad EICMA. Noi siamo abituati a non fermarci mai,
in sella ad una moto, con caldo afoso, freddo pungente, piogge torrenziali (e pure le neve...). Sposiamo e cerchiamo di diffondere questa filosofia: non aspettare le condizioni ideali per usare la moto, l'importante è essere attrezzati nel modo giusto. Non esistono circostanze ambientali difficili, solo cattivi equipaggiamenti. Questa volta prendiamo in considerazione gli stivali da moto, i top di gamma dei modelli da turismo "quattro stagioni". Che caratteristiche devono avere per essere considerati tali? Concettualmente sono stivali che dobbiamo poter indossare tutto il giorno, comodi sia per guidare la moto, che per passeggiare durante le soste, magari per visitare una località. Per assicurare un certo comfort, le Case sono dovute scendere a compromessi con la protezione da impatto: i grossi protettori plastici, che sono presenti sui modelli più sportivi, rendono lo stivale inevitabilmente più rigido e scomodo. In secondo luogo, devono garantire impermeabilità. Anche se usiamo una tuta antipioggia, stivali che
sappiano resistere all'acqua ci permettono di non dover indossare un copristivale esterno, fattore molto importante ai fini della sicurezza di guida (è inevitabile: uno strato esterno fa perdere sensibilità e stabilità al piede). Infine, devono isolare il piede dal freddo, senza farlo sudare troppo con il caldo intenso. Su questi ultimi due punti, ci si affida alle membrane impermeabili e traspiranti con cui sono costruiti tutti gli stivali in esame. Il loro principio di funzionamento si basa sulla microporosità del tessuto: le molecole di vapore acqueo (come il nostro sudore) sono allo stato libero, senza legami, e riescono a fuoriuscire attraverso microscopici pori, dai quali non riesce però ad entrare l'acqua, per via della tensione superficiale che tiene unite tra di loro le molecole H2O nello stato liquido. Ma non dipende solamente dalla membrana: per traspirare, uno stivale deve essere costruito con materiali permeabili. Ecco perchè non dobbiamo spalmare gli stivali dotati di membrana con i classici prodotti per “ingrassare” la pelle: chiuderebbero tutti i pori! Si devono usare prodotti specifici. È bene ricordare che la pelle è un materiale naturale che soffre, si secca, si crepa, se fattto asciugare
vicino a fonti di calore diretto. La membrana più diffusa resta GORE-TEX®, che viene assemblata mediante cuciture termonastrate fino a formare una vera e propria calza, che viene inserita nello stivale come strato più interno, ed incollata solamente in punti specifici (dove c'è la colla, non può traspirare). In questo modo, la calzatura si può inzuppare d'acqua nelle pelle e nell'imbottitura (a seconda dei materiali usati dal costruttore), anche se il piede resterà asciutto. Si può avere la sensazione di essere a contatto con l'umidità, che toglie calore, ed impedisce una perfetta traspirazione. OUTDRY invece ha trovato il modo per applicare la propria “calza” direttamente sotto il primo strato di pelle esterno: la membrana è cosparsa da una serie omogenea di micropunti di colla, che si attiva sotto forte calore, in fase di assemblaggio. In questo modo la membrana può rimanere aderente a tutta la superficie interna, come fosse laminata, e l'imbottitura rimane aderente al piede: l'acqua resta all'esterno, senza inzuppare troppo lo stivale. La funzione di traspirabilità viene svolta nello spazio tutto intorno ad ogni punto di colla. Inoltre, le giunte tra le varie parti di membrana non sono cucite e termonastrate, ma
gennaio 2017 / Motociclismo 51
Per la prima volta una comparativa
di stivali da moto ne rileva
la capacità "termica". Come?
Attraverso una sonda
Motociclismo / gennaio 201752
attualitàCOMPARATIVA STIVALI TOURINGaaattualità
LA NOSTRA PAGELLA unite per saldatura ad ultrasuoni. Altre Membrane come Antex (Stylmartin) e Hipora (Held) non forniscono dettagli su come vengano assemblate. Osservando tutti i 13 stivali in esame, colpisce come siano tutti (tranne Held e SIDI) realizzati secondo la stessa filosofia costruttiva. Come se si fosse raggiunto uno standard ritenuto valido da tutti i costruttori, dal quale non ci si allontana più di tanto: la tomaia in pelle presenta soffietti elasticizzati (in pelle o tessuto) all'altezza della caviglia; l'apertura è una cerniera che corre verticale lungo il lato interno, con o senza patella esterna a richiudere la zip, più un velcro di chiusura in zona polpaccio. Sono sempre presenti degli inserti in gomma all'altezza della leva cambio (speculari su entrambi gli stivali, anche se sul destro non ci sarebbe bisogno...) e, in generale, la linea è molto pulita e minimale, senza protezioni troppo evidenti e regolazioni ridotte al minimo: bisogna trovare quello che calza perfettamente su di noi, perchè non si può regolare il volume del piede, come fosse una scarpa con le stringhe. E sono proposti solo nella colorazione nera. Bisogna riconoscere che le Case produttrici non danno sfogo alla fantasia in questa categoria di prodotti: testandoli tutti insieme, si fa fatica a distinguerli! Non abbiamo espresso giudizi universali sul fattore comfort: è troppo soggettivo, ed è influenzato dalla forma del piede di ognuno
Ogni stivale viene presentato attraverso una scheda identificativa in cui troverete tre tipi di informazioni: i Dati dichiarati dalla Casa che lo produce, fra i quali la voce "Certificazione" riporta la sigla che trovate sull'etichetta (il primo numero si riferisce al livello di protezione nel test di abrasione; il secondo del taglio, il terzo della rigidità trasversale della suola - il livello può essere 1, più basso, o 2, più alto); i Dati rilevati attraverso i test fatti in laboratorio, che approfondiamo alle pagine 54-
55. Aggiungiamo solo che il "Peso" si riferisce alla coppia di stivali e che fra i valori numerici ne trovate uno che non lo è, relativo a '"Impermeabilità", in quanto la prova fatta da Ricotest rileva solo il passaggio o meno dell'acqua, senza valori intermedi. Infine, ne La nostra pagella tramite dei pallini la redazione dà dei voti ai risultati delle prove strumentali (vedi box sopra). Nella foto laterale di ciascun stivale trovate due misurazioni, sono le sue due altezze: quella anteriore e quella posteriore.
La nostra scheda
TENUTA ALL'ACQUA Gli stivali che abbiamo provato sono "quattro stagioni" quindi pensati per affrontare tutte le condizioni climatiche. A garantire questa loro versatilità è soprattutto la membrana che li equipaggia e che abbiamo messo alla prova sottoponendo le calzature a test di impermeabilità dinamico: abbiamo dato due pallini a chi non ha passato la prova, cinque a quelli rimasti all'asciutto.
SICUREZZALa certificazione (EN 13634:2010) richiede come unico test obbligatorio quello di schiacciamento/compressione (rigidità trasversale) della suola che, in pratica, non deve deformarsi troppo sotto una pressione esercitata di lato per passare l'omologazione. Noi ci siamo focalizzati su quello di tibia, malleolo e tallone, facendo una media fra i tre risultati: sotto gli 11,1kN cinque pallini, sopra i 22,1 un pallino.
ISOLAMENTO AL FREDDO (TERMICITÀ)L'omologazione non prevede test che verifichino la capacità della calzatura da moto di isolare il piede dal freddo. È la prima volta che viene rilevato questo dato, attraverso una sonda posta all'interno dello stivale. Abbiamo dato due pallini a chi ha avuto una dispersione termica superiore a 5, 4 °C, cinque pallini se inferiore a 3,7 °C.
CALZATAPer giudicare un capo di abbigliamento per noi è importante verificare quanto agevolmente si indossa. Nel caso di stivali da moto, quanto è facile infilarli e regolarne il volume. Abbiamo avuto già modo di spiegare che l'indossabilità va distinta dalla vestibilità, ovvero quanto un capo ci fa sentire a nostro agio, una volta addosso. La somma delle due dà quella che abbiamo chiamato "calzata". Quest'ultimo parametro è praticamente la misura del comfort del capo ed è ricavabile solo tramite un uso empirico del prodotto. In questo caso dunque i voti scaturiscono anche da una prova pratica.
gennaio 2017 / Motociclismo 53
Direttive, norme e sigleLe calzature da moto sono dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) di seconda categoria e devono essere certificate per poter essere vendute nell'Unione Europea. La conformità di prodotto richiede che vengano compresi gli scopi e le metodologie per raggiungerla. Gli scopi sono spiegati nelle leggi, note come Direttive, che ne definiscono i requisiti essenziali. I modi per raggiungere gli scopi sono spiegati nelle norme tecniche, noti come Norme armonizzate (EN). La direttiva europea di riferimento per i DPI è la 89/686/CEE, la norma armonizzata relativa alle calzature da moto (da strada e da fuoristrada) è la EN 13634:2010. Lo scorso anno è stata pubblicata dal CEN (Comitato Europeo Normazione) anche la versione 2015, ma non è stata ufficialmente armonizzata. L'aggiornamento prevede la possibilità di certificare secondo norma anche calzature "basse" (tipo le sneaker). Il livello di protezione relativo alle prove di abrasione e
taglio da impatto, però, sono legate anche all'altezza della calzatura: quindi anche nel caso in cui una scarpa bassa fosse fatta con materiali molto resistenti,che ottenessero livello 2 nelle due prove menzionate, alla fine in marcatura verrebbe messo il livello 1 perché si è voluto legare il livello di protezione anche all'altezza delle calzature. Quindi la futura versione - che uscirà probabilmente nel 2017 o 2018 - avrà in marcatura quattro numeri anziché i soliti 3: il quarto sarà legato all'altezza della calzatura: 1=bassa, 2=alta; mentre i primi 3 livelli rimarranno legati unicamente ai risultati di prova. I test obbligatori per la certificazione sono: resistenza all'abrasione, al taglio, alla rigidità trasversale. Quelli opzionali sono: protezione dall'impatto di caviglia (IPA) e tibia (IPS), impermeabilità (WR), resistenza agli oli combustibili (FO), capacità antiscivolo (SRA, SRB o SRC), traspirazione (B), capacità di assorbimento e "desorbimento" della suola interna (WAD).
di noi. Però abbiamo potuto valutare la
facilità di infilare e togliere lo stivale,
le regolazioni presenti e la sensazione
generale che si prova nell'indossarlo:
questo è la voce "Calzata". Per tutti gli
altri voti, ci siamo ci siamo basati sui
risultati forniti da RICOTEST, laboratorio
specializzato nell'omologazione degli
stivali moto, mettendo a punto insieme al
suo staff una serie di test più vicini alle reali condizioni d'uso. Quindi una
maggiore quantità d'acqua nella prova
di impermeabilità, test d'impatto su zone
non omologate (in questi modelli) come
protettive, ma che presentano rinforzi ed
inserti che inducono l'utente a pensare di
essere effettivamente al sicuro.
Abbiamo poi valutato l'isolamento dal
freddo, cioé la capacità dello stivale di
mantenere la temperatura interna se
sottoposto a climi rigidi. Nel box sotto,
spieghiamo quale sia la normativa relativa
agli stivali da moto, che si inseriscono
nei dispositivi di protezione individuale,
pertanto richiedono di essere omologati
da laboratori notificati. La normativa
di riferimento prevede un solo test
obbligatorio, sulla suola;
i classici rinforzi su punta e tacco non sono
dei protettori certificati, ma ogni Casa può
liberamente scegliere se e come realizzarli,
per malleoli e tibia è possibile avere una
certificazione "opzionale", che i prodotti da
noi provati non presentano. Sono invece più
vicini ad un utilizzo reale i test di abrasione
da impatto e di taglio da impatto.
Motociclismo / gennaio 201754
attualitàCOMPARATIVA STIVALI TOURINGaaattualità
I N O S T R I T E S TAbbiamo sottoposto gli stivali ad una serie di test che non replicano quelli previsti dalla certificazione: ne abbiamo effettuati alcuni sulla sicurezza che la norma considera "opzionali", abbiamo modificato i parametri di altri rendendoli più in linea con l'uso motociclistico. Abbiamo, infine, introdotto la prova di "isolamento al freddo"
Prima di sottoporre gli stivali ai nostri test li abbiamo dovuti portare tutti alla stessa temperatura, in una parola "acclimatare". Nel nostro caso, il clima di riferimento era quello del laboratorio a cui ci siamo affidati per la nostra prova: 23 °C e 50% di umidità relativa. Questo per evitare che le calzature partissero da condizioni diverse e di conseguenza ottenessero risultati non congrui.
Acc l imatamento
La certificazione di riferimento per gli stivali da moto non richiede un test obbligatorio di impermeabilità, che
compare invece fra le prove "opzionali" (WR). Consiste in un esame dinamico
in cui la calzatura, una volta infilata su un piede meccanico (e tagliata in modo
da poter "vestire" lo strumento), viene sottoposta ad un movimento che simula la flessione della camminata e immersa
in una vasca d'acqua. I test di norma richiedono 80 minuti di attività e tanta
acqua da coprire 2 cm di stivale (dalla suola in su), la nostra prova ha previsto 60 minuti e 9 cm. È necessario rilevare che la prova utile per la certificazione
è "derivata" da quella a cui vengono sottoposte le scarpe da lavoro, che
normalmente sono scarponcini bassi con lacci, quindi il loro taglio e la quantità
di liquido in cui sono immerse sono misurati su quel tipo di prodotto. Per noi era importante perlomeno aumentare la
"dose" d'acqua utilizzata.
Tenuta a l l ' acqua
MEMBRANA AL LAVOROSopra, la vasca in cui viene immerso lo stivale per la prova dinamica di impermeabilità. Di fianco, il taglio della tomaia permette di vedere la membrana.
Tenuta a l f reddo
Assorbimento degli urt i
Nei laboratori di RICOTESTViene chiamato "Cold Insulation" (CI) test e permette di verificare l'isolamento dal freddo delle calzature, ovvero quanto sono in grado di mantenere calore se sottoposte a temperature molto al di sotto dello zero. Si introduce una sonda nella calzatura, che viene riempita con 4 kg di sfere metalliche in grado di trasmettere la temperatura in maniera omogenea, quindi viene inserito un corpo isolante che simula l’ingombro della gamba e chiude termicamente lo stivale. Partendo dalla temperatura ambiente di 23°C, lo stivale viene inserito in un frigorifero certificato con temperatura interna di -17°. Dopo 30 minuti, si rileva quanto è scesa la temperatura interna: maggiore differenza corrisponde ad una minore capacità isolante.
Nessuno degli stivali in esame presenta la certificazione relativa al test di resistenza all'impatto delle protezioni su tibia e malleoli che, a livello di omolagazione, non è una prova obbligatoria, ma opzionale. Tuttavia gli stivali presi in esame presentano dei rinforzi evidenti in quelle zone e quasi sempre sono accompagnati da schede tecniche e cartelle stampa dove vengono descritte tali protezioni, pertanto noi li abbiamo testati come fossero tali. I risultati ci dicono che nessuno supererebbe questo test con energia di ’impatto di 10J e che pone il limite massimo di forza trasmessaa 5 kN, ma le differenze tra i vari modelli sono rilevanti. Il test sul tallone (così come quello sulla punta), non compare fra i test che la normativa prevede come "opzionali", ma nellla nostra prova l'abbiamo voluto inserire.
PROVA FREEZER
Le fasi di preparazione al test: sotto alla pioggia di sfere metalliche da mezzo cm di diametro, è inserita la sonda del termometro, fissata alla soletta interna.Per essere adeguato alla normativa, lo stivale deve essere posto su un piano di rame.
LA MISURA
DELL'ENERGIA
Il test prevede l'impatto di una massa da 5 kg che cade dall'altezza di 20 cm, su una incudine semisferica di raggio 25 mm, su cui è posta la protezione in esame. La macchina rileva quanta energia viene trasmessa dopo l'impatto, ovvero la forza che il protettore non riesce ad assorbire.
I nostri test sono stati effettuati presso RICOTEST, nato nel 1982 come primo laboratorio prove e centro ricerca/collaudi/test per il settore calzaturiero, ha lavorato in particolare a stretto contatto con le aziende dello sportsystem di Montebelluna (TV) ma, nel tempo, ha allargato il suo ambito di attività anche nei settori del tessile/abbigliamento tecnico e dei protettori sportivi da impatto, diventando Istituto di certificazione prodotto di livello internazionale e Organismo Notificato Europeo per la certificazione CE di Dispositivi di Protezione Individuale. Il responsabile del laboratorio Ing. C. Meyer presiede il gruppo di lavoro del comitato CEN TC 162/WG9 responsabile delle norme per abbigliamento moto (www.ricotest.com).
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attualitàCOMPARATIVA STIVALI TOURING
Stivali dalla fattura classica, tomaia in pelle e apertura sul lato interno, tramite cerniera YKK con tirante in velcro. Hanno una limitata regolazione sul polpaccio e la patella di chiusura sopra la cerniera è in pezzo unico: comoda da aprire, ma rende lo stivale più rigido della media (anche se la pelle è morbida). L'ingresso per il piede è abbastanza limitato ma, una volta indossato, rimane spazio intorno alla zona caviglia; il piede si muove dentro allo stivale, che non rimane perfettamente aderente. Supera il test di impermeabilità e ha buone caratteristiche di sicurezza, ma non di isolamento termico.
Svetta per qualità, sicurezza, finiture e caratteristiche tecniche, ma anche per il prezzo. Il design ricorda gli stivali più classici ma, nella sostanza, hanno dei dettagli interessanti. La chiusura avviene tramite un'esclusiva regolazione a cricchetto che avvolge la zona sopra caviglia, lasciandola perfettamente solidale allo stivale. Offrono un alto grado di protezione, confermato dalla sensazione di solidità che trasmettono. Indossarli non è, però, così agevole: l'ingresso del piede è un po' limitato e la chiusura a cricchetto non è semplice da aprire, specialmente con i guanti.
Il velcro di regolazione zona polpaccio nasconde
e tiene ben fermo il tirante della cerniera di apertura.La patella a velcro che la richiude è in pezzo unico.
Tomaia in pelle, con inserti a soffietto su fronte e retro.
La pelle pieno fiore è morbidissima anche al
tatto e ogni finitura è molto curata. Il rinforzo sulla tibia
è integrato nella fascia di chiusura sul polpaccio, che
presenta una regolazione talmente ampia da
permettere di portare i pantaloni dentro o fuori dagli
stavali. Si nota la cinghia dentata di chiusura.
28 c
m30
cm
33 c
m33
cm
A C E R B I S
ALP INESTARS
D A T I D I C H I A R A T I
’ MODELLO JURBY’ MATERIALI Pelle con membrana
impermeabile, inserti in tessuto e TPU in zona cambio
Hanno un taglio molto alto ed una struttura piuttosto rigida, che conferisce
una buona solidità. Di contro, non sono troppo agevoli da calzare, ma si è aiutati dal (piccolo) anello sulla zona polpaccio,
dove è presente una doppia apertura a velcro, con buona escursione. Un
inserto elastico facilita la mobilità, altrimenti un po' limitata dalla rigidezza
generale. La caviglia ha un certo margine di movimento, perché quella zona rimane spaziosa, e non ci sono
regolazioni. Hanno superato bene il test di impermeabilità e resistenza al freddo,
mentre sul fronte sicurezza rimangono nella media.
Comodissimi da mettere e togliere, grazie alla grande apertura in zona
caviglia, la tomaia in pelle di vitello molto morbida e i grandi anelli sul polpaccio, che permettono di "tirare" lo stivale per
indossarlo più facilmente, anche con i guanti. Il velcro in zona polpaccio ha un'ottima regolazione. Non è presente
nessuna patella sopra la zip di apertura, sul lato interno (cosa che, ancora una
volta, agevola la calzata). La leggerezza della struttura non trasmette troppa solidità e non riescono ad eccellere
nella prova sicurezza.
Tomaia in pelle con inserti a soffietto in tessuto. Chiusura a cerniera sul lato interno con tirante in velcro, più patella di copertura in pezzo unico, sempre con velcro.La zona tibia si può aprire completamente, grazie al doppio velcro.
La cerniera è dotata di tirante in velcro, che si va a fissare sotto la chiusura polpaccio. Non è presente una patella di chiusura, quindi bisogna aprire un solo velcro per indossarli.In evidenza, il grande anello che agevola la calzata dello stivale.
Dainese punta sulla ventilazione, tanto da essere l'unica ad avere la parte centrale della tomaia in pelle traforata. Nel test (statico) di isolamento al freddo, hanno comunque dato risultati più che buoni. Pelle morbida e di ottima qualità, che rende questi stivali molto comodi, grazie anche alla suola Skywalk. La sensazione di libertà di movimento (e di leggerezza) è assoluta, un po' a discapito della sicurezza: non ci sono protettori che irrigidiscono lo stivale, tranne i classici rinforzi su tallone e punta. Passaggio piede un poco stretto e nessun anello di tiraggio, ma una volta indossato, rimane ben aderente. Minima regolazione in zona polpaccio.
Le due cerniere laterali permettono di aprire questo stivale completamente, lungo un piano verticale che separa la parte anteriore da quella posteriore: è evidente quanto sia comodo da indossare, e l'ampia regolazione a velcro sul polpaccio permette di tenere il pantalone dentro o fuori lo stivale. Si possono indossare comunque aprendo solo una delle due zip, come nella maggior parte degli altri modelli. Non presenta particolari protettori su tibia e malleoli e il livello di resistenza agli urti è nella media. Non hanno superato benissimo la prova del freddo, per il resto sono stivali curati e ben fatti.
D A I N E S E
F O R M A
D A T I D I C H I A R A T I
’ MODELLO FREELAND GORE-TEX®
’ MATERIALI Microfibra, membrana in Gore-Tex®, inserto in TPU in zona cambio
assicurare maggiore libertà di movimento: ricopre la cerniera di apertura sul lato interno che, senza
tirante in tessuto, non è molto pratica da afferrare.
30 c
m33 c
m
La doppia apertura è la caratteristica principale
dei Forma Cortina. Ognuna delle due cerniere ha
un tirante in velcro, che si fissa sotto alle due rispettive zone di
regolazione polpaccio. La cerniera esterna ha
una patella di chiusura, in pelle e velcro, mentre
quella interna no.
29 c
m32 c
m
CE
RT
IFIC
AT
OC
ER
TIF
ICA
TO
prezzo 229,95 euro
prezzo 219,90 euro
gennaio 2017 / Motociclismo 59
Sono stivali dalla fattura classica, all'apparenza semplici ed essenziali, ma
curati nei materiali e nelle finiture: la cerniera sul lato interno non ha patella
esterna a velcro di chiusura (più veloce da indossare), mentre la zip presenta il
tirante il velcro, che va ad agganciarsi sotto la chiusura sul polpaccio. Questa ha in
realtà poca regolazione, ma ad aumentare il comfort ci pensano due inserti elastici.
Leggeri ma con una suola piuttosto rigida, hanno resistito al test d'impatto più che
bene, meno a quello di isolamento dal freddo. Lo spazio per infilare il piede è
limitato, ma sono presenti due piccoli anelli sul polpaccio per agevolare questa fase. Vestono molto aderenti e sono ben fatti.
Uno stivale innovativo, l'unico che si differenzi nettamente in questa comparativa. Ha una struttura in plastica rigida, con uno snodo ad altezza caviglia che limita la flessione eccessiva. Il tutto “avvolto” dalla tomaia
in pelle, che si chiude grazie ad una lunga cerniera obliqua che termina sul collo del
piede. L'interno è una vera e propria scarpetta imbottita e separata, che si chiude e si
regola con due chiusure a velcro. Indossarli è più laborioso rispetto ai modelli classici, ma le regolazioni sono abbondanti. Sono i più pesanti, ma offrono una sensazione di sicurezza unica: il piede non può fare
movimenti “sbagliati”, ad altezza caviglia. Superano con il massimo dei voti tutti i test,
mentre non risaltano per la qualità delle finiture. Vestono molto stretti.
G A E R N E
H E L DD A T I D I C H I A R A T I
’ MODELLO Conan’ MATERIALI Pelle, membrana
Hipora®, inserto paracambio’ CERTIFICAZIONE Non presente’ TAGLIE 40-47
Nessun orpello: questi stivali sono semplici e ben fatti. Veloci da aprire e chiudere, hanno chiusure in velcro limitate (e poca regolazione). Si possono notare i due inserti elastici, in foto messi in estensione forzata per farli notare meglio, altrimenti rimangono chiusi ed invisibili.
28 c
m
30 c
m
La pelle esterna si può aprire e sfoderare fino a questo punto. Si nota bene la struttura in plastica, con lo snodo caviglia in evidenza. La protezione tibia si può rimuovere. Sul polpaccio è presente questa grande regolazione a velcro.
34 c
m
34 c
m
CE
RT
IFIC
AT
Oprezzo 199,90 euro
prezzo 299,95 euro
Motociclismo / gennaio 201760
attualitàCOMPARATIVA STIVALI TOURINGaaattualità
Nello stivale Honda il marchio è presente sulla zona tibia; in quello Triumph, invece, è posizionato sul collo dello stivale e su un'inserto in gomma sulla caviglia, oltre ad avere una bandiera inglese impressa sulla pelle del lato interno. La cerniere di chiusura ha il tirante in velcro ed è coperta dalla patella divisa in tre sezioni.
H O N D AD A T I D I C H I A R A T I
’ MODELLO WEBB’ MATERIALI Pelle, membrana Gore-Tex®
’ CERTIFICAZIONE 222 WR’ TAGLIE 36-50
D A T I D I C H I A R A T I
’ MODELLO T3 GTX’ MATERIALI Pelle, membrana Gore-Tex®
’ CERTIFICAZIONE 222 WR’ TAGLIE 40-47’ PREZZO 235 euro
Alpinestars fornisce lo stesso stivale sia a Honda che a Triumph, con minime differenze estetiche. Più che buone le doti di protezione, hanno doti di isolamento al freddo addirittura superiori rispetto ai cugini Alpinestars ben più costosi. Non hanno caratteristiche tecniche salienti rispetto alla concorrenza, se non per la patella copricerniera divisa in tre parti: agevola il movimento della caviglia, con le sue sezioni separate, ma risulta più scomodo indossare e togliere lo stivale perchè bisogna aprire il velcro tre volte. Anche lo spazio di ingresso del piede non è abbondante ma, una volta indossati, restano ben aderenti alla caviglia.
La zip non ha il tirante e la grande patella, in pezzo unico, funge anche da regolazione per la zona polpaccio, che rimane sempre poco aderente. La protezione plastica sulla caviglia è moto evidente, ed ha dato i risultati migliori.
28 c
m32 c
m
Le chiusure sul collo del piede presentano delle strisce di plastica dentellata, che si agganciano a vicenda, annegate da un contorno in velcro, per assicurare una buona tenuta. Si possono regolare a piacere. La suola a carroarmato è la stessa dei SIDI Adventure.
34 c
m
34 c
m
prezzo 149 euro
prezzo 176,90 euro
Motociclismo / gennaio 201762
attualitàCOMPARATIVA STIVALI TOURINGaaattualità
Sono stivali di qualità: pelle pieno fiore che dona morbidezza e flessibilità ed una soletta interna a spessori differenziati per aumentare il comfort (la suola è piuttosto sostenuta). Hanno la patella di chiusura con cerniera divisa in tre settori per migliorare la flessibilità (ma risultano un po' macchinosi da aprire). L'assenza di particolari protettori rigidi li rende i più leggeri di tutti, insieme ai Dainese, ma il prezzo da pagare sono i non buonissimi risultati nei test di resistenza all'impatto. Anche l'isolamento termico non è al top, ma indossarli risulta agevole malgrado il poco spazio a disposizione.
T C XD A T I D I C H I A R A T I
’ MODELLO X- Five Evo Gore-Tex®’ MATERIALI Pelle pieno fiore,
I Navigator sono nella media come isolamento termico e protezione, e risultano curati e ben fatti. La pelle è morbida e la regolazione sul polpaccio (dove sia aprono completamente, grazie al doppio velcro) è molto buona. Non c'è nessun tipo di tirante sulla cerniera di apertura e il passaggio caviglia è stretto quindi non semplicissimi da infilare, ma rimangono molto ben aderenti, una volta indosso. Non hanno passato il test di resistenza all'acqua, nonostante la presenza di una membrana impermeabile.
S T Y L M A R T I ND A T I D I C H I A R A T I
’ MODELLO NAVIGATOR’ MATERIALI Pelle nappa,
membrana impermeabile e traspirante, paraleva in PU
e, senza un tirante sulla cerniera, non sono troppo
comodi da aprire. Il rinforzo sulla tibia si apre
completamente grazie al doppio velcro laterale, che permette di avere un'ottima regolazione
sul polpaccio.
30 c
m32 c
m
Classico sistema di apertura e chiusura:
cerniera con tirante in velcro che va a fissarsi
sotto la patella di chiusura, divisa in tre parti.
Buona la regolazione del volume del polpaccio.
26 c
m
29 c
m
CE
RT
IFIC
AT
O
prezzo 218 euro
prezzo 219,99 euro
gennaio 2017 / Motociclismo 63
TIRIAMO LE SOMME
VOTO VOTO
I voti di seguito riportati risultano dalla somma dei “pallini” dati a ciascuna voce nella pagella di ogni prodotto.
Alle quattro voci considerate (tenuta all'acqua, termicità, sicurezza, calzata) abbiamo dato un ugual peso.
I M I G L I O R ILa tedesca e "generalista" Held
supera a pieni voti i nostri tre test di laboratorio, seguita da Alpinestars,
brand nato come "specialista" di stivali da moto e poi diversificatosi.
Il marchio stellato si può dire occupi anche il terzo posto con il modello
(lo stesso!) fornito a Honda e Triumph per le loro collezioni. Molto bene
anche BMW, Dainese e Gaerne
ACERBIS: 13
Fra i più economici e sicuri, ma non primeggiano in comfort
ALPINESTARS 17,5
Elevata qualità e buona protezione agli impatti, migliorabile la calzata
AXO 14,5
Struttura un po' rigida, non sono molto protettivi, ma piuttosto isolanti
BMW 15
Comodi da indossare, facili da regolare, non così attenti alla sicurezza
DAINESE 15
Sensazione di libertà, leggerezza e comfort, ma protezioni all'osso
FORMA 14,5
Pratica apertura con doppia zip, la termicità non è il loro forte
GAERNE 15
Curati nelle finiture e protettivi, non eccellono in isolamento e calzata
HELD 18
Innovativi, hanno grandi prestazioni, finiture non eccelse
HONDA/TRIUMPH 16
Resistenti al freddo, buona protezione, non così pratici da indossare
PREXPORT 12
I migliori per protezione offerta alla tibia, fra gli ultimi per impermeabilità
SIDI 15
Ottimo isolamento e calzata, scarso rendimento nell'ambito sicurezza
STYLMARTIN 11
Buona fattura, pelle morbida, membrana impermeabile inaffidabile
TCX 14
Leggerezza e comfort ottimi, ma sicurezza e termicità da implementare
2
HELD punteggio 18
ALPINESTARS punteggio 17,5
HONDA/TRIUMPH punteggio 163
1
TEST
GUIZZA TRA LE CURVE L’AGILE KAWASAKI Z650;
MA ENTUSIASMANO ANCHE TRIUMPH BOBBER 1200, KTM 1290
SUPER DUKE R, DUCATI MULTISTRADA 950 E YAMAHA MT-09. IN
FUORISTRADA CON LA NUOVISSIMA HONDA CRF450RX
E DUE ELETTRICHE, ARMOTIA ED ELECTRIC MOTION
PROVE
Motociclismo / gennaio 201766
testTRIUMPH BONNEVILLE BOBBER
IN PILLOLE CILINDRATA 1.200 cc
POTENZA 77 CV
PESO A SECCO 228 kg
PREZZO INDICATIVO C.I.M. 12.950 euro
Guarda alle moto minimaliste degli anni Cinquanta conservandone filosofia e personalità. Comoda, facile e divertente da guidare con un bicilindrico che è garanzia di prestazioni brillanti. Un concentrato di buone qualità da godere in beata solitudine però, perché è solo monoposto...
ESSENZIALE
di Aldo Benardelli
tt
gennaio 2017 / Motociclismo 67
Motociclismo / gennaio 201768
testTRIUMPH BONNEVILLE BOBBERtt
Motociclismo / gennaio 201768
Proprio bella l’hanno fatta. Eh sì, è il caso di dirlo: da Hinckley - quartier generale di Triumph - hanno sfornato una moto tanto affascinante quanto particolare. È la Bobber, la più anticonvenzionale rappresentante della sobria e “very english”
famiglia Bonneville. Il nome incuriosisce sicuramente i non addetti ai lavori, o quantomeno quei motociclisti che non hanno tempie - e non solo - spruzzate di grigio: per le origini dello stile bobber bisogna infatti risalire alla seconda metà degli anni Quaranta quando giovani reduci di guerra americani, spesso disadattati, senza soldi, ma con tanta voglia di vivere, trasformavano motociclette residuati bellici - per lo più Harley-Davidson - alleggerendole il più possibile per renderle veloci su strada, per diporto, ma anche per sfidarsi in corse clandestine. Il telaio rigido a vista era enfatizzato dalla sella monoposto; il parafango anteriore veniva ridotto al minimo se non eliminato del tutto; il posteriore era monco, tagliato, in inglese: bobbed, come una fluente chioma ridotta ad un taglio “a spazzola”. Nascevano così le bobber. E che le moto inglesi, geneticamente leggere e filanti oltre che veloci, si prestassero al meglio per questo genere di trasformazione,
apparve evidente nel decennio successivo.Oggi Triumph esce coraggiosamente dagli schemi propo-nendo questa bobber del terzo millennio, dalla personalità esclusiva e dalla tecnica raffinata. L’ultima nata della fami-glia Bonneville - la piattaforma del motore è la stessa del-la T120 - affascina o lascia perplessi, senza vie di mezzo. È lunga e bassa, con la sella monoposto a sbalzo e un riu-scito contrasto estetico offerto dal serbatoio di dimensioni contenute. Il telaio sembra un hard-tail - posteriore rigido - ma di fatto il forcellone posteriore sostiene un cinemati-smo progressivo servito da un monoammortizzatore che si intravvede in posizione orizzontale sotto la sella. Quest’ul-tima, realizzata in pelle su un supporto di alluminio, è rego-labile sia in altezza che nella distanza dal serbatoio. Si può anche regolare l’inclinazione dello strumento sul manubrio per offrire la migliore visibilità alle stature più diverse. Tutta la ciclistica e la componentistica sono realizzate apposita-mente per la Bobber: c’è tanta qualità, grande cura costrut-tiva ed attenzione ai particolari con finiture di alto livello. Qualche esempio? Il vano che accoglie la batteria chiuso da una fascia di acciaio inox; il copri pignone con coper-chio di ispezione asportabile; i corpi farfallati che simulano
OLD-STYLE MA
SOLO NEL LOOK
Sotto, a sinistra, il "mono" ha il leveraggio progressivo e il mozzo si rifà a quelli con freno a tamburo. A destra, il motore è il twin di 1.200 cc in versione High Torque già utilizzato sulla T120. L'aspetto classico (notate i corpi farfallati a forma di carburatore) cela contenuti quali il raffreddamento a liquido e la gestione ride-by-wire multimappa. Il blocchetto di accensione si trova davanti alla scatola filtro.
IL TELAIO HA UN ELEGANTE ASPETTO "HARD TAIL," MA LA SOSPENSIONE
gennaio 2017 / Motociclismo 69
STUART WOOD - CHIEF ENGINEER
Il forcellone finto-rigido vi ha posto
dinnanzi dei problemi di progettazione?
“L’idea di fare il forcellone in questa
maniera è venuta subito, al primo giorno
di progettazione. Il link è parte centrale
di questo componente, perché abbiamo
voluto fare una moto con look hard-tail,
ma che fosse effettivamente guidabile. E
abbiamo voluto metterlo in mostra, non
volevamo che fosse una finta-rigida: la
Bobber è una moto moderna.
Il monoammortizzatore ha corpo ampio
e molto fluido scorre all’interno delle sue
valvole, per un rendimento migliore. Tutto il
resto della progettazione della moto è nato
insieme: il posizionamento del link, della
scatola filtro, del supporto della sella”.
Perché una sella singola?
“La scelta della sella singola ha
consentito di concentrarci sul comfort e
sul controllo della moto. Grazie a questa
soluzione, abbiamo tanta “aria” tra la
seduta e la ruota posteriore: dal punto
di vista estetico abbiamo linee pulite,
da quello tecnico invece c’è spazio
per posizionare in maniera ottimale
l’ammortizzatore e il link che, a fronte
di una buona escursione della ruota,
comprime poco il mono. E quando hai una
corsa ridotta della sospensione, ottieni
una minore variazione delle masse. Inoltre
sono tutte concentrate vicino al motore e
al baricentro. Così abbiamo, in un colpo
solo, guidabilità, linee pulite, comfort e
controllo. E se cambi una di queste cose,
la moto smette di andare bene.
La sella singola quindi non è solo look, ma
è piacere di guida”.
Il sound, in una bobber, è fondamentale:
come avete lavorato in questo senso?
“L’impianto di scarico è, come il resto
della moto, frutto di accurati calcoli e
simulazioni al computer. Con questi si può
fare in modo di sapere in anticipo che
tipo di rumore produrranno i silenziatori
e abbiamo voluto che suonassero come
quelli di una volta. Ma per conoscere
davvero l’effetto finale devi produrli e sugli
elementi finiti abbiamo valutato la qualità
del suono. Ovviamente sempre con la
priorità di ottimizzare le emissioni”.
“LA SELLA MONOPOSTO NON È SOLO LOOK, MA È PIACERE DI GUIDA”
È LASCIATA IN VISTA PER TRASMETTERE L'IDEA DI UNA MOTO MODERNA
Motociclismo / gennaio 201770
AAAAAPPPAA PRPRPRPP OFFFFFFFFOONOONNONNO DDDIIMEMMMMEEMM NNTNTNTOOOO:O:: LLL LL AAA A A STTTTTOROOOROO IIIAIAAII
Con 115 anni di tradizione motociclistica,
la Triumph può attingere ad un vastissimo
bagaglio tecnico e stilistico, soprattutto
in un periodo come quello attuale in cui
l’heritage va di gran moda. Così, se il nome
Bonneville vive da quasi sessant’anni e
ancor oggi è sulla cresta dell’onda, con la
neonata Bobber a Hinckley hanno ripescato
linee e design di una delle più iconiche
moto del Marchio, la Speed Twin 500.
Progettata da Edward Turner (uno dei più
prolifici e geniali ingegneri della sua epoca,
noto per le sue “effervescenti capacità
tecniche, stilistiche e anche manageriali”,
come scrive Carlo Perelli su Motociclismo
d’Epoca 2/2012) venne presentata nell’estate
del 1937. Bicilindrica in linea di 498,5 cc,
aveva distribuzione ad aste e bilancieri, con
valvole inclinate di 45°, secondo uno schema
classico che garantiva massima robustezza.
Il manovellismo, secondo gli standard
dell’epoca, era a 360°. Era un “corsa lunga”
con alesaggio e corsa rispettivamente di
63 e 80 mm, alimentato da un carburatore
singolo Amal da 23,8 mm. Esprimeva 27 CV
ed aveva una erogazione doclissima. Questo
motore andò ad equipaggiare anche la Tiger
100 del 1939, con un aumento di potenza del
20% (33 CV a 6.500 giri), mentre la versione
Corsa Gran Prix con doppio carburatore,
arrivava ad esprimere addirittura 42 CV.
La Speed Twin era molto leggera (165 kg)
e ospitava il motore in un telaio quasi da
monocilindrica, con retrotreno rigido e
forcella telescopica. Rimase in produzione
fino al 1966. Oggi la Bobber ne ricalca la
semplice eleganza, con richiami evidenti.
Le misure relativamente compatte della
attuale 1200 esaltano la maestosa presenza
del bicilindrico; il telaio finto-rigido con
sella singola e parafango posteriore a
filo ruota sembrano ripresi pari-pari dalla
agile twin d’un tempo. E poi i dettagli: le
cover dei corpi farfallati che sembrano
carburatori d’antan, la forma arrotondata
del serbatoio pare uscita dalle mani di un
sapiente battilastra, lo strumento singolo
tra faro e manubrio è un evidente richiamo
agli Smiths d’epoca. E i dettagli! Guardate il
sistema di ritegno della batteria: non sembra
proprio lo stesso?
L’ISPIRAZIONE ARRIVA DA UNA TWIN VECCHIA DI 80 ANNI
testTRIUMPH BONNEVILLE BOBBER
- molto bene - l’aspetto di tradizionali carburatori; il mozzo
posteriore con design ispirato ai freni a tamburo; lo scari-
co sdoppiato con terminali a fetta di salame e altri ancora.
Che sorpresa tra le curve!Con la sella vicinissima a terra, mettere i piedi saldamente
al suolo è facile anche per i meno dotati in fatto di statura.
Rispetto alla Bonneville T120, l’interasse cresce da 1.445 a
1.510 mm, ma la guida sembra proprio non risentirne, com-
plici un riuscito assetto di guida e il perfetto compromesso
tra inclinazione di cannotto e avancorsa. In sella alla Bob-
ber si sta comodi, grazie alle pedane avanzate quel tanto
che basta, all’ergonomia della sella e alla conformazione
e distanza dal busto del manubrio dritto con leve regolabi-
li. Un assetto che consente anche veloci trasferimenti au-
tostradali poco affaticanti, dove l'impatto all'aria è meno
fastidioso di numerose naked. Un comfort a cui contribui-
scono anche le sospensioni, rigide sulle piccole asperità,
ma efficaci nell’idraulica sugli avvallamenti affrontati a ve-continua a pag. 75
gennaio 2017 / Motociclismo 71
IN COMPAGNIA DELLA DIVA
A destra, la foto che venne usata per la copertina di Motociclismo d’Epoca 2/2014. Scattata a Hollywood, ritrae il progettista inglese Edward Turner insieme all’attrice Rita Haywort, in sella alla Triumph Speed Twin 500. Era il 1947. Il Direttore Generale della Casa inglese non era solo un capace progettista, ma anche un abile -diremmo oggi- communication manager…
Motociclismo / gennaio 201772
testTRIUMPH BONNEVILLE BOBBERtt
MONOPOSTO, MULTIREGOLABILE
Sopra, la strumentazione (foto 1) è composta da un singolo strumento che indica la velocità in modalità analogica, completo di spie e di un display a cristalli liquidi in grado di fornire una notevole quantità di informazioni: marcia inserita, autonomia, consumi, modalità di guida impostata (Road o Rain). Le varie voci si scorrono tramite il pulsante "info" (2) sul blocchetto elettrico sinistro. Le manopole riscaldabili sono optional e costano 220 euro con IVA. All'avantreno lavora una forcella KYB con steli da 41 mm ed escursione di 90 mm (3), dotata di soffietti in gomma di voluta immagine old-style; i cerchi a raggi ospitano pneumatici dedicati Avon Cobra con camera d'aria della snella misura di 100/90-19" (anteriore) abbinata al muscoloso radiale 150/80-16" (posteriore). Il comparto freni può contare su un disco anteriore da 310 mm con pinza Nissin flottante a due pistoncini, mentre dietro c'è un disco da 255 mm con pinza Nissin flottante e pinza a singolo pistoncino; l'ABS è di serie. Molto bello il tappo del serbatoio (4), dotato di serratura. La capacità è limitata: 9,1 litri. La sella (5) è in pelle con guscio in lega leggera. Si può regolare in altezza e avanzamento. Nella posizione più bassa è a soli 690 mm dal suolo. La cura dei dettagli si vede anche dalla chiusura del vano batteria (6), operata tramite una fascia di acciaio inox.
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gennaio 2017 / Motociclismo 73
TRA LE CURVE, LA SOPRESA: CON LA BOBBER CI SI PUÒ
DIVERTIRE DAVVERO
MIMILELES S PEPEPERKKKKINII S - BRANDND M MMANANNAGAGAGEERERERR
La nuova Bobber si inserisce a metà strada
tra le “vecchie” America e Speedmaster e
la Thunderbird. Le prime sono fuori listino:
che ne sarà della 1.700 cc?
“La Thunderbird continua la sua presenza nella nostra gamma perché viene ancora venduta bene in diversi mercati e non abbiamo al momento progetti in merito al suo futuro”.Quali sono le concorrenti della Bobber?
“Riteniamo di non avere concorrenti dirette. Il modello più vicino alla nostra filosofia è la Harley-Davidson Sportster Forty-Eight, ma voglio ricordare anche la Indian Scout che non è propriamente una cruiser pura”.A quale utente si rivolge la Bobber?
“È una moto che ha più chiavi di lettura. Si rivolge al motociclista a cui piace la Bonneville ma desidera qualcosa di più personale e performante, soprattutto in termini di coppia; a chi desidera tornare in sella dopo anni e preferisce un prodotto esclusivo, usabile però sia in città che fuori; al trentenne o quarantenne che
vuole distinguersi e divertirsi alla guida di una moto facile, performante e sicura. E può essere ovviamente la seconda moto da affiancare alla più impegnativa cruiser". Perché una bobber e quale ispirazione ha
avuto il design?
“Abbiamo in listino la T120 e la Thunderbird, volevamo un prodotto unico, inconfondibile. Il mercato delle moto monoposto esiste ed è più fiorente di quello che si pensi: abbiamo guardato al passato, quando le nostre moto erano le preferite per essere personalizzate nello stile bobber. Una storia iniziata con la Speed Twin alla fine degli anni Quaranta e poi continuata con l’iconica Bonneville dal 1959. I nostri tecnici e designer sono ‘geneticamente’ appassionati dello stile bobber e si sono dedicati con entusiasmo alla gestazione, durata due anni, di questo modello: riaffermiamo con orgoglio la nostra storia”.Sella regolabile: perché?
“Non è una mossa di marketing fine a se stessa: l’intento reale è offrire il massimo
comfort a persone con caratteristiche fisiche diverse, che potrebbero essere perplesse di fronte alle inusuali fattezze della Bobber. Che si rivela invece molto più comoda di tante naked solo apparentemente confortevoli. E poi c’è un riferimento specifico ai due assetti di guida caratteristici: la sella rialzata e più vicina al serbatoio identifica una posizione ‘roadster’; la sella bassa e più lontana dal serbatoio è più da ‘cruiser' ma sempre in una filosofia bobber”.E per il passeggero?
“Le bobber hanno uno stile a sé stante, non possono condividere caratteristiche comuni alle naked, cruiser o quant’altro: abbiamo in listino magnifiche moto che possono ospitare il passeggero, ma la Bobber, pur regalando simili soddisfazioni di guida, nasce pensata e disegnata per il solo pilota e non può compromettere queste sue qualità dinamiche con l’aggiunta di un passeggero. Rimarrà tale, anche se non escludo altre novità per il futuro”.
“RIAFFERMIAMO CON ORGOGLIO LA NOSTRA TRADIZIONE”
Motociclismo / gennaio 201774
testTRIUMPH BONNEVILLE BOBBERtt
IL "TWIN" È DOLCE, CON UNA BUONA COPPIA E UN ALLUNGO DECISO
MOTORE bicilindrico in linea frontemarcia, 4T, alesaggio per corsa 97,6x80 mm, cilindrata 1.200 cc, rapporto di compressione 10:1, distribuzione monoalbero a camme in testa, 4 valvole per cilindro, lubrificazione a carter umido, raffreddamento a liquido, potenza massima 77 CV (57 kW) a 6.100 giri/min, coppia massima 106 Nm a 4.000 giri/min.
ALIMENTAZIONE iniezione elettronica, corpi farfallati da 38 mm di diametro comandati tramite ride-by-wire multimappa, capacità serbatoio carburante 9,1 litri.
TRASMISSIONE primaria a ingranaggi, finale a catena; rapporti n.d.
CAMBIO a 6 rapporti; rapporti n.d.
FRIZIONE multidisco in bagno d’olio, comando a cavo.
TELAIO doppia culla in acciaio; inclinazione cannotto di sterzo 25,5°, avancorsa 105,2 mm.
SOSPENSIONI anteriore forcella KYB tradizionale con steli da 41 mm senza regolazioni, corsa ruota 90 mm; posteriore monoammortizzatore KYB regolabile nel precarico, corsa ruota 77 mm.
RUOTE cerchi a raggi con canale in acciaio, anteriore 2,5x19”, posteriore 3,5x16”; pneumatici Avon Cobra 100/90 - 150/80.
FRENI Anteriore disco da 310 mm con pinze Nissin flottanti a due pistoncini; posteriore disco da 255 mm con pinza Nissin a singolo pistoncini. ABS di serie.
DIMENSIONI (IN MM) E PESO Lunghezza 2.235, larghezza 800, altezza (senza specchietti) 1.025, interasse 1.510, altezza sella (minima) 690, peso a secco 228 kg.
PREZZO E DISPONIBILITÀ 12.950 euro indicativo chiavi in mano, in vendita da febbraio.
locità sostenuta. Ma la sorpresa arriva guidando la Bobber
sul misto dove ci si può realmente divertire per la maneg-
gevolezza, la facilità nell’impostare le traiettorie volute e il
confortante grip offerto dai pneumatici di primo equipag-
giamento. Si deve prediligere la guida rotonda, inutile cer-
care staccate e pieghe troppo decise per non rischiare
sonore grattate delle pedane sull’asfalto. I freni, con un
ABS poco invasivo, sono adeguati al carattere della moto:
l’anteriore è ben modulabile ma esige una certa decisio-
ne nello stringere la leva per ottenere una decelerazione
soddisfacente.
Il motore, il bicilindrico parallelo frontemarcia 1200 Hi-
gh Torque, vibra in modo insignificante, il comando
dell’acceleratore ride-by-wire restituisce una pron-
ta risposta a qualsiasi regime e con qualunque rap-
porto innestato. Come la Bonneville, anche la Bobber
è equipaggiata anche con due riding mode - Road e
Rain - che non cambiano la potenza, ma intervengono
sull’erogazione, più dolce la mappa per i fondi bagnati,
avvertibilmente più pronta l’altra. Un bell’ausilio alla si-
curezza attiva, cui contribuisce anche il controllo di tra-
zione, disinseribile. In ogni caso il twin inglese conquista
con un’erogazione esemplare. Fluida ai bassi regimi, di-
venta quasi rabbiosa in allungo, arrivando velocemente
all’intervento del limitatore posto a quota 6.900, sem-
pre accompagnata da una robusta sonorità di scarico.
I rapporti sono lunghi, soprattutto dalla terza in su, e la
sesta marcia ha funzione di overdrive per limitare i con-
sumi. Va osservato però che l’autonomia è forzatamen-
te ridotta dalla modesta capacità del serbatoio (9,1 litri)
e attestabile sui 200 km di percorrenza con un pieno. Il
cambio è dolce e preciso, con un’escursione della leva
un po’ lunga; la frizione servoassistita è morbidissima e
molto ben dosabile. �
SUPER SNELLAA destra, la vista dall'alto dà un'idea precisa di quanto sia snello il serbatio nella zona di giunzione con la sella. Permette anche di realizzare come molti dei principali elementi della moto siano "concentrati" nella zona tra le ruote, a favore di accentramento del baricentro e quindi guidabilità. A sinistra, le sospensioni garantiscono una una corsa piuttosto limitata alle ruote (90 mm davanti, 77 mm dietro). Sono infatti un po' rigide sulle asperità, ma efficaci per la precisione di guida in velocità.
segue da pag. 70
testKTM 1290 SUPER DUKE R
Così si chiama la nuova modalità di guida della Bestia di Mattighofen; un'impostazione dedicata alla pista che coordina un'elettronica nettamente migliorata, e che insieme al motore (ancora...) più potente e "cattivo", al cambio elettronico up&down e alla ciclistica modificata, la rende (ancora...) più efficace, veloce e godibile tra i cordoli
di Fabio Meloni
Circuito di Losail, Qatar: due e minuti e 9 secondi con
la Kawasaki H2R con gomme slick, due minuti e 13
secondi con la nuova Super Duke R con gomme
stradali (Metzeler Racetec K3). E sinceramente,
detto questo potremmo pure mettere il punto
all'articolo, perché quando una naked con la quale puoi pure
sbrigare le commissioni - "ricordati di passare in posta!" - è un
misero 3% più lenta di una mostruosa sportiva tutta in carbonio
rigurgitante decibel e cavalli, su una pista veloce, con gomme
nemmeno paragonabili e una differenza di quasi 60 km/h in
fondo al rettilineo, beh, c'è poco altro da aggiungere. Però
vi diremo di più: con una Super Duke R elaborata con parti
del catalogo Power Parts (sospensioni WP ultraperformanti,
scarico completo con mappatura dedicata) e gommata "giusta"
(appiccicosissime Pirelli Diablo Superbike), in soli quattro giri -
gli unici che, purtroppo, abbiamo avuto a disposizione - siamo
stati due secondi più veloci che con la versione di serie. E si
poteva fare meglio, garantito. Forse anche scendere sotto il
muro del 2'10".
E allora fuori le birre, perché tutto questo è terreno fertile per
le infinte e appassionanti riflessioni che tanto piacciono a noi
appassionati. Da un lato il tempo della Super Kappa dimostra
che i cavalli non sono tutto, quando si parla di cronometro. La
H2R ne ha 320 secondo Kawasaki - e se anche non fossero
davvero 320 ne ha abbastanza da risultare sconvolgente - e
Motociclismo / gennaio 201776
TRACKMODE
IN PILLOLE CILINDRATA 1.301 cc
POTENZA 177 CV
PESO IN ORDINE DI MARCIA 195 kg
PREZZO INDICATIVO C.I.M. 16.850 euro
gennaio 2017 / Motociclismo 77
Motociclismo / gennaio 201778
testKTM 1290 SUPER DUKE R
Motociclismo / gennaio 201778
SULLA "VECCHIA" SUPER DUKE R IL TC METTEVA AL PRIMO POSTO L'INTEGRITÀ DELLE TUE OSSA. ORA GARANTISCE (ANCHE) LA MASSIMA ACCELERAZIONE
TESTERFabio Meloni(180 cm, 75 kg).
ABBIGLIAMENTO’ Casco X-Lite ’ Tuta Spidi’ Guanti Spidi’ Stivali XPD
"SGUARDO" UNICO
Il nuovo faro è un bell'esempio di come funzione e design possano fondersi. La struttura portante centrale in alluminio, fissata direttamente alle piastre di sterzo, assicura lo scambio di calore necessario a tenere sotto controllo la temperatura dei circuiti dei LED e fa da supporto alle due "metà" dei riflettori.
POSTURA PIÙ SPORTIVA
KTM ha modificato la posizione in sella in modo da renderla più adatta alla guida in pista. Il nuovo manubrio (impugnatura 20 mm più larga, 5 mm più bassa e 18,5 mm più avanzata) invita il pilota a protendersi maggiormente verso l'avantreno, portando così più carico verso la ruota anteriore.
gennaio 2017 / Motociclismo 79
CHRISTOS FILIPPIDIS - PRODUCT MARKETING
Come mai avete scelto di non
utilizzare sospensioni elettroniche?
"Naturalmente è un pensiero che abbiamo, e stiamo lavorando con WP in quella direzione. Le abbiamo già sulla Super Duke GT per esempio, così il pilota può regolare l’assetto semplicemente con un click. Pensiamo però che il pilota che sceglie la Super Duke R sia più sportivo, più orientato alla pista, e che preferisca avere il massimo controllo sull’assetto della moto".
Perché non fornite di serie una
forcella col registro del precarico
molle? C’è una motivazione tecnica?
"No, nessuna motivazione tecnica. Crediamo che il setting che abbiamo definito sia valido per un ampio range di situazioni, dalla pista alla strada".Cosa vi chiedevano di migliorare
i possessori della “vecchia”
Super Duke R?
"Sicuramente erano contenti delle performance, anche se,
come amiamo ripetere, aumentarle è sempre una buona cosa. Siamo pur sempre la Casa “ready to race”. Le note erano rivolte più che altro alle sospensioni, in particolare alla risposta del monoammortizzatore, ed è per questo che abbiamo lavorato
sul set-up, che ora è molto più sportivo. È una modifica
che comporta un piccolo miglioramento su strada e un grande vantaggio in pista".
di nuovo. Ha una posizione di guida piuttosto particolare, qua-
si motardistica, non il massimo per "mordere" come si deve i
cordoli insomma. Poi le manca il quickshift, ergo c'è più lavo-
ro per il pilota. E nonostante la cavalleria non è velocissima
sui rettilinei più lunghi; o meglio, lo è, ma non quanto le qua-
dricilindriche Aprilia Tuono e BMW S 1000 R. Infine, ha un'e-
lettronica efficace ma più orientata alla sicurezza che alla
performance. In particolare, controllo di trazione - e di conse-
guenza dell'impennata, visto che non sono indipendenti - ten-
gono più alle ossa del pilota che all'accelerazione, una cosa
in generale apprezzabile ma leggermente limitante quando
bisogna "limare il decimo" . La cosa più curiosa di tutto ciò è
che, nonostante gli aspetti migliorabili, è riuscita in ogni oc-
casione a fare segnare tempi sul giro stupefacenti. Andate a
rileggervi Motociclismo 07/2014 e Motociclismo 08/2016 e tro-
verete nero su bianco quanto detto fin qui.
Che poi potesse definirsi un difetto il fatto che una nuda
ha pure una ciclistica efficace, eppure una nuda molto meno
dotata può arrivarle incredibilmente vicino anche su una pi-
sta scorrevole; è la rivincita della velocità in curva e della tra-
zione sulla capacità di andare forte in linea retta.
Dall'altro i tempi ottenuti dimostrano che la nuova Super Duke
R è insospettabilmente veloce, e ci portano dritti alla conclu-
sione che, con questa versione, KTM ha fatto un passo avan-
ti. Un bel passo avanti, in verità. E non era facile. La "vecchia"
Super Duke R, nata nel 2013 (su Motociclismo di novembre di
quell'anno il primo test), è tutt'ora una moto pazzesca. Una
nuda capace di strapparti le braccia tra i cordoli e di accom-
pagnarti docilmente sul lago la domenica; di terrorizzare qua-
lunque mezzo su due ruote su un bel misto e di muoversi nel
traffico senza particolare affanno. Ci ha sempre, e ripetiamo,
sempre stupiti, quando abbiamo avuto a che fare con lei. Se
ha mai mostrato dei piccoli limiti questi erano nella guida in
pista, ma se ci leggete ogni mese non vi stiamo dicendo nulla
HERMANN SPORN - PROJECT MANAGER MOTORI LC8
Può cresce ancora questo motore?
Da voi potremmo aspettarci persino
una Super Duke 1400…
"In verità no, è arrivato al limite. Potrebbe cresce ancora di qualche centimetro cubico, ma poca roba. In realtà la scelta che abbiamo fatto nelle prime fasi del progetto era tra questa versione e una di 1.190 cc da 150 CV. Le abbiamo provate entrambe e poi ci siamo detti: scegliamo quella da uomini. Per noi la potenza non è mai abbastanza, e
infatti in questa versione abbiamo migliorato ancora le performance, dando 500 giri extra di spinta e 4 CV in più. Così la Super Duke è tornata ad essere la super naked più potente del mercato".Come mai la potenza che
dichiaravate all’inizio era
di 180 CV, e poi avete
corretto in 173?
"I nostri rilevamenti davano oltre 178 CV di potenza per la prima
versione, così abbiamo dichiarato una potenza di 180 CV. Mentre in fase di omologazione è stata rilevata una potenza di 173 CV, che è quella che è sempre stata riportata sul libretto. Semplicemente appena possibile abbiamo deciso di uniformarci a
quel dato, ma il motore è rimasto sempre uguale.
Che si prendano come riferimento 178 o 173 CV, questa nuova versione ha sempre 4 CV in più".
"POTEVAMO FARLA DI 1.190 CC, MA ABBIAMO FATTO GLI UOMINI"
"SERVIVANO SOSPENSIONI MIGLIORI. ORA CI SONO"
continua a pag. 82
testKTM 1290 SUPER DUKE Rtt
Motociclismo / gennaio 201780
MOTORE CORNETTI "CORTI", VALVOLE IN TITANIO, PIÙ COMPRESSIONE, NUOVO QUICKSHIFTIl cuore resta il leggero (62 kg) e poderoso bicilindrico a V di 75° di 1.301 cc, con carter secco, distribuzione a doppio albero a camme in testa, iniezione elettronica, accensione a doppia candela e frizione antisaltellamento. Si tratta però di una versione aggiornata, ancora più potente ed efficiente. In particolare è la testata ad aver ricevuto più attenzioni: ci sono nuove valvole di aspirazione in titanio (pesano 39 grammi ognuna, 19 in meno rispetto a quelle precedenti in acciaio) e camere di scoppio ridisegnate con rapporto di compressione che cresce da 13,2:1 a 13,6:1. La linea di aspirazione vede l’adozione di
nuovi cornetti, 10 mm più corti, che insieme alle altre modifiche permettono al motore di “girare” 500 giri/min più in alto, ampliando la fascia utile di erogazione; dal lato scarico, c’è ora una valvola parzializzatrice che ha effetto anche sulla dolcezza di erogazione. Il guadagno in termini di potenza massima è di 4 CV, da 173 a 177, mentre la coppia massima resta (quasi) invariata, e passa da 144 Nm (14,7 kgm) a 6.500 giri/min a 141 Nm (14,4 kgm) a 7.000 giri/min. Altra novità è la possibilità di avere il quickshifter “up&down”, optional che permette di salire e scendere di rapporto senza usare la frizione.
TECNICA 4 CV E 500 GIRI/MIN IN PIÙ, ABS CORNERING DI
gennaio 2017 / Motociclismo 81
CICLISTICA PIÙ PRECARICO DIETRO, NUOVE MOLLE DAVANTITelaio (traliccio di tubi in acciaio), telaietto (anch’esso un traliccio di tubi in acciaio) e forcellone (monobraccio in lega leggera) non cambiano. Ci sono invece delle novità nell’assetto, quindi a livello di sospensioni. Per migliorare l’efficacia in pista i tecnici KTM hanno voluto “portare” più peso verso l’asse anteriore, e per farlo hanno modificato il settaggio standard del monoammortizzatore - che è completamente regolabile - e adattato di conseguenza la forcella - regolabile in compressione ed estensione. Il primo ha un maggior precarico della molla e un’opportuna taratura dell’idraulica, la seconda una molla più rigida (la
costante elastica passa da 9,5 N/mm a 10 N/mm) e, ovviamente, un’idraulica adatta(ta). Come sulla versione precedente l’ammortizzatore di sterzo è di serie e si regola autonomamente in base alla velocità. Nessuna novità nemmeno nell’impianto frenante, se non per l’introduzione dell’ABS Cornering di serie, di cui abbiamo parlato. Sarebbe comunque stato difficile fare di più visto che si parla di un impianto frenante full-Brembo, che all’avantreno sfrutta dischi da 320 mm, pinze monoblocco M50 e pompa radiale al manubrio. Al retrotreno c’è un disco da 240 mm lavorato da una pinza a due pistoncini.
ELETTRONICA COL "TRACK MODE" CONTROLLO DI TRAZIONE SU 9 LIVELLI, ANTIWHEELIE E AIUTO PER LE PARTENZE LANCIATEDi serie la SD-R mette a disposizione del pilota tre modalità di guida (Sport, Street e Rain) che combinano in modo diverso risposta al gas, carattere del motore (Rain limita anche la potenza massima, a 130 CV) e l’intervento - ovvero il livello di attenzione - del controllo di trazione, che regola il proprio funzionamento in base all'angolo di piega, in virtù della piattaforma inerziale presente sulla moto. Lo stesso fa l'ABS, che diventa cornering e che come sul modello precedente ha tre modalità di funzionamento selezionabili: attivo, attivo solo sulla ruota anteriore (KTM ha
giustamente chiamato questa modalità Supermoto) e non attivo. La gestione dell'acceleratore è, ovviamente, by wire, ovvero non esiste collegamento diretto tra manopola del gas e corpi farfallati. Come sulla versione precedente, in optional si può avere il MSR (Motor Slip Regulation), sistema elettronico che regola il freno motore per evitare perdite di aderenza, per esempio quando si scalano rapidamente più marce. La novità più interessante e... golosa è la (opzionale) modalità di guida Track, molto utile in pista. Dà la possibilità di selezionare tre differenti risposte al
gas (Street, Sport e Track), di regolare il controllo di trazione su nove livelli (che si possono selezionare anche in movimento, comodamente, tramite il blocchetto sinistro) e di disattivare l'antiwheelie insito nel controllo di trazione. Prevede anche un sistema di aiuto per le partenze lanciate, che limita il regime massimo allo start e gestisce la spinta del motore fino in terza per avere la migliore accelerazione possibile. Tra le dotazioni di serie, invece, ci sono il cruise control e i sensori per il controllo della pressione di gonfiaggio delle gomme.
m, pinzeradiale al mun disco da 24
topinza a due pist
SERIE E DISTRIBUZIONE DEI PESI RIVISTA
Motociclismo / gennaio 201782
testKTM 1290 SUPER DUKE Rtt
espressamente sviluppata e messa a punto per dare il mas-
simo su strada avesse qualche aspetto migliorabile in pista,
non siamo così convinti. Troviamo anzi ammirevole che una
moto così duttile nell'utilizzo di tutti i giorni fosse così veloce
in circuito. Una filosofia forse più condivisibile, o razionale se
preferite, di quella della Aprilia Tuono, che sacrifica (quasi)
qualunque tipo di praticità per dare il massimo in pista.
Di più è meglioTuttavia a Mattighofen prendono sul serio il motto "ready to
race", una vera e propria filosofia di vita dimostrata, se anco-
ra ce ne fosse bisogno, dal prossimo ingresso in MotoGP e in
Moto2. E così, complice anche il recente lancio della Super
Duke GT, la sorella stradale al 99%, hanno deciso di migliora-
re le performace in pista della Bestia, tentando, di pari pas-
so, di mantenerne inalterate le qualità stradali. La lunga serie
di modifiche di cui si fregia la nuova versione, noterete, coin-
cide con quella dei punti migliorabili emersa in anni di test e
prove, una cosa che ci fa piacere constatare. Riassumendo
quello che trovate descritto nel dettaglio nella parte dedica-
ta alle novità tecniche, la nuova Super Duke R ha un motore
più "cattivo" e con più allungo, il quickshift up&down, una po-
sizione di guida più sportiva, un'elettronica (nettamente) più
adatta alla guida in circuito e un assetto rivisto e corretto. Sa-
remmo stati curiosi di provare la moto anche su strada, per
PREZZO CHIAVI IN... TASCA
A sinistra, la strumentazione (foto 1) è a colori e riporta informazioni utili sia in strada sia in pista: livello benzina, marcia inserita, mappatura, livelli dei vari sistemi elettronici, pressione di gonfiaggio delle gomme (i sensori sono di serie), più molte altre. Luminosità dello schermo e colori vengono regolati automaticamente in base alla luce dell'ambiente. La disposizione delle informazioni cambia a seconda della modalità di guida; su Track avremmo preferito contagiri e marcia più in evidenza. L'accensione (2) è key-less: per avviare la moto basta avere le chiavi in tasca. Finiture e componenti di livello (3 e 4): pompa freno radiale Brembo, frecce a LED, forcellone monobraccio in alluminio. Sotto, il (bel) telaietto reggisella ora è tutto in vista.
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gennaio 2017 / Motociclismo 83
capire se, davvero, i tecnici austriaci siano riusciti a mantene-
re l'ottima guidabilità, ma non ne abbiamo avuto la possibilità.
Fatto salvo un brevissimo giretto per le vie di Doha, durante il
quale l'unica impressione che abbiamo avuto è stata quella
di guidare la stessa, ottima, Super Duke che conoscevamo,
tranne che per lo sterzo avvertibilmente più "pesante" a bassa
velocità. Impressione che troverebbe una conferma nel mag-
gior carico sull'avantreno dato dalla nuova posizione di guida
e dall'assetto più "puntato" in avanti.
Verso i 270 km/h. E oltre...Se non avete mai avuto la fortuna di guidare una SD-R, do-
vete sapere che quello che succede in rettilineo è qualcosa
di memorabile. Avrete di certo visto quella famosa fotogra-
fia che ritrae un faro disperatamente aggrappato agli scogli
mentre l'oceano in tempesta lo travolge con onde colossali.
Bene, voi siete il faro aggrappato al manubrio, la Bestia è il
mare che cerca di strapparvi dal vostro appiglio. Questa for-
za tumultuosa disponibile a qualunque regime sopra il minimo,
in pochi secondi vi spara ben oltre i 200 km/h, affievolendosi
soltanto contro il massiccio muro d'aria dei 250-260 km/h - o
quantomeno, questo è quello che accadeva fino a ieri. La ver-
sione 2017 è ancora più brutale, e lo si nota in particolare con
le marce lunghe, nella zona alta del contagiri. Laddove, avvi-
cinandosi al limitatore, la spinta calava suggerendo il cambio
di rapporto, ora c'è una riserva di grinta e cattiveria che non
ti aspetti da un motore tanto portentoso anche ai bassi e me-
di. Ora il V2 corre verso la zona rossa urlando, con gli occhi
fuori dalle orbite, mentre grosse vene pulsanti spuntano sot-
to la pelle d'acciaio dei suoi grossi bicipiti. E nel frattempo tu
preghi che i muscoli del tuo collo siano tanto forti da regge-
re tutto ciò, perchè mentre il tachimetro punta deciso - e su-
pera con nonchalance - i 270 km/h, hai l'impressione che la
testa sia pronta a staccarsi dal corpo modello cartone anima-
to. Fortuna vuole che il punto di staccata arrivi in fretta a que-
sta velocità, e che tu abbia a disposizione quello che serve
per tornare a più miti consigli il più in fretta possibile. Ovvero
freni potentissimi e modulabili e un assetto che ti permette di
"strizzare" la leva a due mani senza preoccupazioni - se non
quella di aver impostato l'ABS sulla modalità Supermoto, al-
trimenti finirai "lungo"con la leva che pulsa.
In più ci sono un quickshifter che ti autorizza a dimenticarti
della frizione e un sistema di antisaltellamento efficace che
mantiene la ruota posteriore in linea anche nelle scalate più
"cattive", mica scontato quando c'è da fare i conti con la cop-
pia di un twin di 1.300 cc a 10.000 giri. Lo dicevamo prima, la
"vecchia" Super Duke è una moto con un'impostazione di gui-
da particolare, fuori dai canoni se si parla di pista. Busto dritto,
manubrio vicino. Va forte perché ha un gran motore e un'ot-
tima ciclistica, ma il feeling non è immediato. Con la 2017 la
situazione è un po' diversa. Non è come guidare un'Aprilia
CHE LAUNCH!
Da non confondersi con "che lunch"...Sotto, la modalità di guida Track prevede il launch
control, l'aiuto per le partenze lanciate, che KTM ci ha fatto provare sul rettilineo di Losail in una vera e propria simulazione della partenza di una gara. Il sistema limita automaticamente i giri del motore e gestice il controllo dell'impennata, lasciando al pilota l'unico compito di modulare il rilascio della frizione (in partenza) e di azzeccare il regime ottimale di cambiata. Si disattiva in terza.
testKTM 1290 SUPER DUKE R
DATI TECNICI
MOTORE bicilindrico a V di 75°, 4T, raffreddamento a liquido, alesaggio per corsa 108x71 mm, cilindrata 1.301 cc, rapporto di compressione 13,6:1, distribuzione bialbero a camme in testa, 4 valvole per cilindro, lubrificazione a carter secco con tre pompe rotative, potenza max 177 CV a 9.750 giri/min, coppia max 141 Nm (14,4 kgm) a 7.000 giri/min.
ALIMENTAZIONE iniezione elettronica Keihin, diametro corpi farfallati 56 mm, gestione ride-by-wire multimappa; capacità serbatoio carburante 18 litri.
ACCENSIONE elettronica digitale, due candele per cilindro.
TRASMISSIONE primaria a ingranaggi a denti
dritti, rapporto 1,900 (76/40); finale a catena, rapporto 2,235 (38/17).
CAMBIO a 6 marce con funzione quickshifting up&down.
FRIZIONE multidisco in bagno d’olio con antisaltellamento, comando idraulico.
TELAIO traliccio di tubi in acciaio, inclinazione cannotto di sterzo 24,9°; avancorsa 107 mm.
SOSPENSIONI anteriore forcella WP a steli rovesciati da 48 mm, regolabile nella frenatura idraulica in compressione ed estensione. Escursione ruota 125 mm. Posteriore monoammortizzatore WP-PDS (senza leveraggio progressivo), completamente regolabile. Escursione ruota 156 mm.
RUOTE cerchi in lega leggera, anteriore 3,5x17”, posteriore 6,0x17”; pneumatici 120/70-190/55. Primo equipaggiamento: Metzeler Sportec M7 RR.
FRENI anteriore doppio disco da 320 mm con pinze Brembo monoblocco M50 ad attacco radiale a 4 pistoncini; posteriore disco da 240 mm con pinza Brembo a 2 pistoncini. ABS di serie, regolabile.
DIMENSIONI (IN MM) E PESO lunghezza 2.178, larghezza 810, altezza 1.131, interasse 1.483, altezza sella 835; peso 195 kg in ordine di marcia (senza carburante).
GAMMA COLORI nero, bianco/arancione.
PREZZO E DISPONIBILITÀ 16.850 euro indicativo c.i.m., da febbraio.
Motociclismo / gennaio 201784
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Tuono, che ha un'ergonomia perfetta per affrontare i cordoli,
ma perlomeno ora hai il busto più proteso e un manubrio più
basso e largo, ovvero una maggior padronanza dell'avantre-
no che giova in particolare in inserimento e percorrenza. Che
poi ciò siginifichi, in queste fasi di guida, essere veloci come
con la V4 italiana, diremmo di no, perlomeno se parliamo della
versione Factory; a memoria ha un avantreno che offre un so-
stegno ancora migliore e soprattutto ha più luce a terra, quin-
di velocità di percorrenza. Ma c'è anche da dire che il tempo
fatto dalla nuova Super Duke R è stupefacente, soprattutto
considerando che è stato ottenuto con gomme stradali. Se
c'è una cosa certa, quindi, è che in un modo o nell'altro rie-
sce a essere comunque velocissima. E che quando saranno
una contro l'altra ci sarà da divertirsi.
Elettronica 2.0Dove la Kappa ha fatto un bel salto avanti è nella capacità di
gestire l'aderenza dal momento in cui prendi (timidamente) in
mano il gas a centro curva al momento in cui l'hai aperto fino
al fondo corsa, con la moto ancora piegata e lanciata come
una furia verso il cordolo esterno. Quello che succedeva sul-
la vecchia versione, molto semplicemente, è che il controllo
di trazione preferiva sacrificare qualche Nm di spinta piuttosto
che avvicinarsi (o superare) il limite di aderenza della gomma;
e che lo stesso faceva il controllo di impennata, soprattutto,
va da sé, in uscita dalle curve più lente. Quello che succede
ora - a patto di avere la modalità di guida opzionale Track - è
che il pilota può decidere quanto e come sfruttare l'aderenza
della gomma e se tenere o no il controllo dell'impennata. In-
vece dell'unica selezione possibile ci sono ben nove livelli di
intervento per il TC, che vanno, ovviamente, da quelli più at-
tenti alla sicurezza a quelli che ti permettono pure di sfruttare,
se ne sei capace, il sovrasterzo di potenza. Oltretutto gli inter-
venti del sitema sono molto più "soft" rispetto a prima. Quello
che più conta di tutto ciò è che la Super Duke ha guadagnato
una grande efficacia nella prima, delicatissima parte dell'ac-
celerazione, importante per essere ancora più veloce sui retti-
linei. Anche il quickshift contribuisce alla causa, permettendo
di snocciolare un rapporto dopo l'altro senza usare la frizione.
Dobbiamo dire che ce lo aspettavamo un po' più veloce nel
cambio marcia: l'intervallo, necessario all'innesto, che sepa-
ra l'interruzione della spinta e la sua ripresa, è avvertibilmente
più prolungato di quello, quasi uno "sparo", di una Ducati Pani-
gale, tanto per rimanere nell'ambito dei grossi bicilindrici da
pista. Il tema non è tanto l'effetto sull'accelerazione, quanto
più quello sull'assetto in caso di cambiate a "full-gas" a moto
piegata. Esempio perfetto è il lunghissimo "sinistra" di Losail
dove si accelera dalla terza alla quinta col ginocchio che sfio-
ra terra. Un cambio veloce permetterebbe di impostare la mi-
glior traiettoria e stop; con questo quickshift invece si disegna
la linea in funzione della cambiata, per poter mettere quarta
e quinta a distanza dal punto di massima piega, pena cambi
di carico (ovvero oscillazioni) che ti portano fuori traiettoria.
C'è da dire una cosa, però. Quando il problema di una nuda
stradale è quello di uscire da un curvone da quinta marcia a
217 km/h "veri" con la ruota posteriore che - parole testuali di
un certo Jeremy McWilliams, che ci ha seguito nell'ultimo
turno - "ha disegnato una riga nera lunga centinaia di metri",
quando con un cambio elettronico più rapido potrebbe farlo
a, che so, 223... beh, forse si può anche fare finta di niente. �
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E SE TI AVANZASSERO 9.000 EURO...
Sopra e a sinistra, chi pensasse che la Super Duke R di serie non è abbastanza, col catalogo Power Parts può migliorare le performance e dar fondo al conto in banca con la stessa stupefacente rapidità. Noi ne abbiamo guidata una con protezioni per le leve (1), piastre di sterzo anodizzate (2), sospensioni WP di eccelsa qualità (2-4), pedane zigrinate (3), codino "racing" (5), scarico completo (6) e gomme slick. Il risultato: 9.000 euro di elaborazione, 9 CV in più e quasi altrettanti kg in meno, 2" guadagnati nel tempo sul giro in sole 4 tornate, 260 km/h "veri" in fondo al rettilineo contro i 255 della versione di serie e, in generale, una guida ancora più esaltante.
VIENI "ON-BOARD"!
Se ti stai domandando come possa essere guidare la Super Duke R "kittata" a Losail, in notturna, vieni sul sito Motociclismo.it e scrivi "Super Duke video" nel campo di ricerca: troverai l'on-board che abbiamo realizzato durante l'ultimo turno di guida del nostro test in Qatar.
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testDUCATI MULTISTRADA 950
LE MILLE E
una Multi
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IN PILLOLE CILINDRATA 937 cc
POTENZA 113 CV
PESO COL PIENO 227 kg
PREZZO INDICATIVO C.I.M. 13.940 euro
La storia dell'iconica crossover bolognese assomiglia a una raccolta di racconti; questo parla del ritorno, undici
anni dopo la 620, della versione di “piccola” cilindrata. Ora ha un bicilindrico di quasi 1.000 cc, un prezzo
di circa 14.000 euro e la ruota anteriore da 19". Quasi identica nell’aspetto alla 1200, offre lo stesso comfort (elevato) e una guida facile e coinvolgente, anche se ci saremmo aspettati un assetto un po’ più sportivo
di Fabio Meloni
Oggi, in Italia, due delle prime tre top seller del
2016 sono tourer col manubrio alto di “media”
cilindrata. Le virgolette sono d’obbligo, visto
che parliamo di moto tra 800 e 1.000 cc Una
è enduristica (Honda Africa Twin), l'altra è
più sportiva (Yamaha Tracer 900). Alla luce di questo è
superfluo dire che Ducati, con la nuova "Multistradina",
vuole ritagliarsi uno spazio in quello che è uno dei
segmenti più rilevanti (come numeri) e interessanti (come
crescita) del momento. Forse è un po’ più intrigante
ragionare sul perché endurone e crossover di questa
fascia appaiano tutto d’un tratto così attraenti, anche se, in
fondo, tutti conosciamo la risposta. Semplice, sono ben più
razionali delle maxi e (quasi) altrettanto belle. La libidine
di possedere e guidare mezzi da 25mila euro e 160 CV non
si discute, così come quella di disporre dei più recenti
dispositivi elettronici; a chi non piace l'idea? Ma quando
sul piatto della bilancia c’è una Multistrada 950 molto
simile nel look a una 1200 Enduro, dotata di ABS, controllo
di trazione, mappature e sospensioni regolabili, spinta da
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testDUCATI MULTISTRADA 950
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un Testastretta da 113 CV, più leggera e facile da guidare,
7.000 (diciamolo insieme: settemila) euro più economica,
beh, qualche dubbio viene anche al più incorruttibile dei
motociclisti “top-di-gamma-dipendenti”.
A questo punto permetteteci di deviare un attimo dal discor-
so per una riflessione, che riteniamo importante, che ha a
che fare con la coerenza. Per chi scrive è comodo affer-
mare “le moto più piccole sono meglio!” quando si parla di
una cilindrata contenuta, salvo poi esaltare il gusto di avere
un’infinità di cavalli o di coppia quando si sale in sella a una
“maxi”. La nostra opinione non è che le piccole cilindrate
siano meglio delle grosse, né che sia vero il contrario. Cre-
diamo semplicemente che ogni moto abbia una storia a sé.
Per esempio, secondo noi la Yamaha MT-07 è più divertente
della MT-10, e la BMW R 1200 GS è più gustosa della sorelli-
na F 800 GS. In pista? Meglio una Kawasaki Ninja ZX-10R di
una Ninja ZX-6R, mentre per un week-end in montagna una
KTM 1090 Adventure non ha nulla da invidiare a una 1290. In-
somma, generalizzare è sbagliato; e con ciò torniamo a bom-
ba sulla protagonista del test. Anche perché - va da sé - ora
più che mai sarete impazienti di sapere come sia rispetto al-
la sorella maggiore.
FACCIA DA 1200
Sotto, per distinguere la
950 dalla 1200, di fronte, bisogna
far caso alla ruota anteriore
da 19", al "becco" e al parafango
che non sono in tinta. La griglia sul radiatore è
optional.
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FEDERICO VALENTINI - PRODUCT MANAGER
"LA MULTI NASCE COL 17 MA IL 19 RENDE LA GUIDA PIÙ FLUIDA"Prima domanda scontata: non avete paura che "cannibalizzi” la 1200?“Diciamo che come contenuti tecnologici, per esempio il sistema
DVT, e prestazionali, la 1200 è di un altro livello. Non dimentichiamo
poi che Ducati, con le cilindrate inferiori, ha sempre ricalcato
esteticamente la moto grande. Ti faccio l’esempio della 959 Panigale
con la 1299, il Monster piccolo col Monster grande, in passato
la 748 con la 916. Abbiamo sempre fatto moto più accessibili che
assomigliano alla sorelle maggiori. Quindi no, non abbiamo questa
paura. Crediamo che il prezzo di acquisto molto allettante ci aiuterà a
conquistare clienti che adesso sono della concorrenza, piuttosto che
rubarli alla 1200.”
La Multistrada 1200 nasce nel 2010; perché la 950 arriva solo ora?“Ti ricorderai che alla World Premiere dell’anno scorso il nostro
slogan era More Than Red, che per noi ha significato estendere il
bRand, aprire Ducati a una clientela più vasta. Pensa alla famiglia
Scrambler, a una moto come la X-Diavel, alla Multistrada Enduro.
E come sai ci vogliono determinati tempi per sviluppare e produrre
moto. La Multi 950 è semplicemente il passo successivo in questo
ampliamento di Ducati. Se consideri tutte le moto nuove che sono
uscite negli ultimi anni, di carne al fuoco ce n’è stata tanta… e ce n’è
ancora! Sarebbe bello poter riempire nel giro di poco tutte le nicchie
di mercato, ma purtroppo non è possibile. Nella nostra strategia a
lungo termine questo era il momento giusto per lei.”
Storicamente la Multistrada ha sempre avuto il cerchio anteriore da 17”. Perché sulla 950 c’è il 19”?“Con la 1200 Enduro abbiamo aperto Ducati a questo mondo del
19”, una misura che nell’immaginario dei motociclisti è associata
all’off-road, ma che in realtà rende la guida più fluida. Quindi
nell’ottica di rendere la 950 più accessibile e versatile abbiamo voluto
mantenere questa scelta, che comunque, anche senza avere una
ciclistica da fuoristrada come la 1200 Enduro, permette di affrontare
le asperità con una maggiore confidenza. Per noi la Multi 950 è una
moto accessibile e versatile, queste sono le due parole chiave. Per
ottenere tali obiettivi il cerchio da 19” e il Testastretta 11° erano due
aspetti fondamentali.”
Perché il cruise control non si può avere nemmeno come accessorio? È un contenuto molto comodo per il turismo che si può implementare facilmente col ride by wire.“Le nostre moto top di gamma hanno cruise control e una gamma
di elettronica ricca. La 950, essendo la versione di accesso alla
famiglia, forzatamente non può avere tutti i contenuti delle 1200,
anche, per tornare alla prima domanda, per evitare che ci sia una
sovrapposizione tra le due.”
Come si giustifica una differenza di 4.000 euro tra Multi 950 a Multi 1200 “base”, visto che condividono moltissimi elementi?“Prima di tutto sulla 950 abbiamo risparmiato sull’elettronica. Non c’è
la piattaforma inerziale, quindi non ci sono controllo dell’impennata e
cornering ABS. E poi il motore: il Testastretta DVT è molto sofisticato,
e quindi costoso. Ma anche le finiture sono diverse. Tante cose
insieme insomma.”
Take it easyLa prima cosa importante da mettere a fuoco, lo abbiamo ac-
cennato anche prima, è che la “Multistradina” riesce a es-
sere ben più facile della versione di 1.200 cc. Ecco un altro
termine inflazionato, “facile”, che ha senso solo se spiega-
to a dovere. Innanzitutto ha la sella più bassa: sei alto 1,75?
Tocchi bene. Non è per nulla scontato, in questa categoria.
Poi ha un peso percepito tutto sommato gestibile e un raggio
di sterzata davvero ridotto. Per esempio l’idea di una mano-
vra tipo inversione nel vicoletto non preoccupa più del do-
vuto. E infine ha la frizione morbida e un’erogazione dolce e
MANUBRIO ALTO E CICLISTICA
EQUILIBRATA: UN MIX IRRESISTIBILE,
NELLO STRETTO
continua a pag. 93
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testDUCATI MULTISTRADA 950
TECNICA PIÙ CHE "MULTISTRADINA" È UNA PICCOLA 1200 ENDURO
PARTE ANTERIORE E TELAIO: prelevati dalle 1200Serbatoio (da 20 litri), fiancatine, “becco”,
faro, “plexi” e paramani con frecce integrate sono quelli delle Multistrada 1200/1200S.
Gli specchietti, con bracci in lega leggera, sono quelli della Enduro. Il telaio a traliccio di tubi in acciaio è esattamente lo stesso di
Multistrada 1200, 1200 S e 1200 Enduro.
SOSPENSIONI: stessa corsa di 1200/1200 SLa forcella è KYB, il monoammortizzatore
è Sachs; entrambe le unità sono completamente regolabili. Il precarico
del “mono” si gestisce tramite il comodo pomello, mentre la regolazione della
compressione è più macchinosa: bisogna togliere la sella e sollevare uno sportellino.
La corsa garantita alle ruote è di 170 mm, esattamente come sulla Multistrada 1200.
Sulla 1200 Enduro, invece, è di 200 mm.
CERCHI: misure identiche a quelli della 1200 EnduroIn lega, disegnati espressamente per la Multi 950, hanno le stesse misure di quelli a raggi della 1200 Enduro (che infatti si possono montare come accessorio): l’anteriore è da 19” con canale di 3” e monta una gomma 120/70; il posteriore è da 17” con canale di 4,5” e monta una gomma 170/60. Per evitare che il cerchio anteriore, in frenata, possa toccare il radiatore - l’escursione della ruota è quella della Multi 1200, che però ha il cerchio da 17” -, Ducati ha realizzato piedini forcella con un offset del perno ruota di 20 mm. Le coperture di primo equipaggiamento sono Pirelli Scorpion Trail II, e sono omologate anche le Scorpion Rally, tassellate.
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MOTORE: 113 CV e 9,8 kgm gestibili con quattro mappatureIl cuore (foto a destra) è il bicilindrico a L Testastretta 11° di 937 cc già utilizzato sulla famiglia Hypermotard e che verrà sfruttato anche sulla nuova Supersport, qui dotato - ovviamente - di linee di aspirazione e scarico dedicate. In questa configurazione sviluppa 113 CV a 9.000 giri/min e 9,8 kgm (96 Nm) a 7.750 giri/min, valori pressoché identici a quelli della Hyper (prova completa su Motociclismo 10/2016), che ha la stessa potenza massima e una coppia massima di 10 kgm (98 Nm) a 7.500 giri/min. La gestione dell’acceleratore è di tipo by wire, ovvero senza collegamento diretto tra manopola del gas e corpi farfallati. Questo permette di avere diversi livelli di potenza massima (113 o 75 CV) e di risposta all’acceleratore (sportiva o normale), che combinati in vari modi caratterizzano l’erogazione nei vari riding mode: ad esempio in Sport si ha la massima potenza e una risposta pronta, in Touring massima potenza e risposta normale e in Urban e Enduro 75 CV con risposta normale.
TELAIETTO E BIBRACCIO: presi dalla 1200 EnduroTranne che per il “mono” e il cerchio in lega, la sezione posteriore è ereditata dalla versione Enduro poiché offre alcuni vantaggi rispetto a quella di 1200/1200S: il forcellone - un bibraccio in lega leggera - dà la possibilità di montare i cerchi a raggi, cosa impossibile col monobraccio delle 1200 stradali; il telaietto, una bella struttura anch’essa in lega leggera, permette di montare (anche) le belle borse in alluminio sviluppate con Touratech per la 1200 fuoristradistica, cosa che non
è possibile su 1200/1200 S. L’unica rinuncia derivante dall’utilizzo del telaietto della Enduro
è quella della regolazione dell’altezza della sella, prevista (solo) sulla 1200/1200 S che ha un telaietto con ingombri - ma anche possibilità - maggiori.
FRENI: l'impianto è quello delle sorelle maggiori, ma l'ABS non è corneringLa dotazione “hardware” è la stessa della Multistrada 1200 e della 1200 Enduro: davanti ci sono due dischi da 320 mm con pinze ad attacco radiale Brembo M4.32, dietro c’è un disco da 265 mm con pinza flottante Brembo a due pistoncini. Diversamente dalle sorelle maggiori l’ABS non è cornering, ovvero non si regola in base all’angolo di piega, ma è comunque un valido sistema Bosch 9.1MP con tre livelli selezionabili: sportivo, turistico e off-road, quest’ultimo che lascia la possibilità di bloccare la ruota posteriore.
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PRONTA
A PARTIRE
A sinistra, in senso orario, la strumentazione è ben leggibile e riporta varie informazioni oltre a quelle "classiche": livello carburante, autonomia, consumi, marcia inserita e temperatura ambiente. Sopra il display c'è il comodo meccanismo per regolare il plexi, sulla destra c'è la presa a 12V. I nuovi blocchetti elettrici permettono di gestire le impostazioni con buona praticità. Il gommino delle pedane è fissato a incastro. La sella è comoda sia per il pilota sia per il passeggero.
OFF-ROAD
E NON SOLO
Come per ogni Ducati, la lista degli
accessori è molto ricca. Si possono
acquistare in "pacchetti" (vedi pagina a fianco) o singolarmente, e permettono di
personalizzare la 950 anche in chiave
fuoristradisitca. Nella foto qui a destra, la Multi
monta i cerchi a raggi tubeless (1.710 euro con
IVA), il silenziatore Termignoni (975),
le frecce a LED (98 la coppia),
il paramotore e il "plexi " basso
(per questi ultimi il prezzo non è
dichiarato). Disponibili anche
sella "comfort" (219 euro) e varie parti
in carbonio.
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lineare fin dal basso. Vero, non parliamo né di un quattro né
di un tre cilindri, coi quali davvero puoi “scendere” fino al
minimo senza un lamento, ma per essere un bicilindrico di
quasi 1.000 cc la fluidità ai bassi regimi è molto buona, e per-
mette di riprendere senza scossoni da 2.000 giri o poco più
su. Ma “facile” è un aggettivo che calza bene anche riferi-
to alla guida. Devi immaginare di essere su una moto che ha
una posizione di guida rilassante: busto dritto, fianchi stret-
ti, manubrio posizionato in modo naturale e gambe non trop-
po flesse. Soprattutto quando togli il gommino isolante dalle
pedane, operazione semplice che permette di guadagnare
almeno 10 mm di agio. La moto protegge bene dall’aria fino
a velocità piuttosto elevate (ben oltre i 130 km/h) e mescola
in modo azzeccato prestazioni e maneggevolezza. Da un la-
to c’è questo motore che spinge sempre il giusto: non si tira
indietro quando deve guadagnare velocità partendo dalla zo-
na bassa del contagiri - pur senza avere la grinta di KTM 1050
Adventure, Suzuki V-Strom 1000 e Triumph Tiger Sport - e al-
lo stesso modo gradisce “frullare” in alto, raccordando que-
sti due estremi con medi regimi utili per fare un po’ di tutto,
dal divertirti tra le curve al passeggiare tenendo una marcia
lunga. La sua caratteristica migliore è la prevedibilità: nes-
sun buco, incertezza o “impennata” di coppia. Ti basta ascol-
tare il regime e sai già cosa aspettarti quando prenderai in
mano il gas. Dall’altro lato c’è una ciclistica che ci piace de-
finire “ad ampio spettro”, abusando di un termine farmaceu-
tico che inquadra un antibiotico ad ampio campo di azione.
A bassa velocità ha quella leggerezza nei movimenti e quel
bilanciamento indovinato che ti permettono, per esempio, di
infilare un tornante dopo l’altro con naturalezza, fischiettan-
do dentro il casco mentre ti guardi intorno. Allo stesso modo,
quando viaggi più spedito puoi contare su una rassicuran-
te stabilità e sulla piacevole sensazione di avere tra le mani
una moto sincera, pronta ad assecondarti se serve fare una
correzione e sempre capace di farti percepire fin dove puoi
spingerti. Insomma, che la tua intenzione sia quella di scirop-
parti un lungo trasferimento o di goderti una bella strada gui-
data, la Multi 950 si dimostra una compagna valida, che non
manca di riservati premure da vera “maxi”. Puoi per esem-
pio scegliere tra quattro modalità di guida (Sport, Touring,
OPTIONAL...
A PACK!
Sopra, la 950 col pack Touring (cavalletto centrale, borse, 730 euro con IVA). Disponibili anche l'Enduro (1.400 euro: paramotore, pedane e tubi protezione in acciaio, protezione radiatore, faretti a LED), lo Urban (580 euro: bauletto, borsa da serbatoio) e lo Sport (1.160 euro: terminale Termignoni, parti dal pieno).
segue da pag. 89
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testDUCATI MULTISTRADA 950
Urban e Enduro) che modificano sensibilmente risposta del
motore e intervento di ABS e controllo di trazione, regolare
l’altezza del “plexi” in un attimo, con una sola mano anche
in movimento, contare su un serbatoio da 20 litri e mettere
sotto carica smartphone o altri dispositivi tramite le due pre-
se USB e la presa a 12V.
Tutto bene, ma...Quanto di buono detto fin qui non può però farci dimenticare
che, per quanto “economica” possa essere rispetto alla so-
rella maggiore, la Multistradina è pur sempre una sport-tou-
rer da 14.000 euro (quasi 15.000 con borse laterali e cavalletto
centrale), cifra che giustifica aspettative elevate che, è giu-
sto dirlo, in alcuni casi non vengono soddisfatte pienamen-
te. Per esempio ci sono alcuni aspetti pratici che, crediamo,
Ducati avrebbe potuto curare di più. La leva della frizione non
è regolabile nella distanza; quella del freno anteriore sì, ma il
meccanismo di regolazione è ostico da gestire coi guanti in-
dossati. Migliorabile è anche l’ergonomia del pedale del fre-
no: per via del carter frizione un po’ sporgente è necessario
“cercarlo” con la punta del piede, non lo si trova in una po-
sizione naturale. Oltretutto il freno posteriore è meno poten-
te di quello che ci si aspetta su una moto di questo tipo, sulla
quale sarebbe corretto utilizzarlo molto, soprattutto quando
si viaggia a pieno carico. O meglio: la potenza c’è, ma biso-
gna applicare troppa forza sul pedale per disporne. Segnalia-
mo pure vibrazioni superiori a quanto avremmo immaginato,
anche se, per fortuna, si fanno sentire da 6-7.000 giri in su,
ovvero quando si tirano le marce: a 130 km/h si è abbondan-
temente entro la comfort-zone. Ed è leggermente più inten-
so del previsto pure il calore trasmesso dal motore durante
le soste, anche se, a onor del vero, bisogna dire che rimane
a distanza di sicurezza dalla soglia del fastidio. Perlomeno
quando la temperatura è intorno ai 22-24°C, come nel ca-
so di questo test.
Che poi tutto questo incida ben poco sul piacere di guida è
un dato di fatto, ed è opportuno ricordarlo. In verità crediamo
che la 950 abbia un solo aspetto migliorabile nel comporta-
mento dinamico, aspetto di cui peraltro crediamo si accor-
geranno solo i motociclisti più esigenti in fatto di sportività.
Il punto è che la taratura delle sospensioni è piuttosto soft,
ben più di quanto, onestamente, ci saremmo aspettati da una
Multistrada. Ovvero da una moto che è nata (in versione di
1.200 cc) come “alternativa comoda alle supersportive”. Va
detto che la 950 riesce a essere molto confortevole anche
in virtù del suo assetto, che garantisce un efficace assorbi-
mento delle asperità; tuttavia avremmo gradito trasferimen-
ti di carico meno evidenti, così come un maggior sostegno
nelle frenate e nelle accelerazioni più decise. Agire sui regi-
stri aiuta, ma non risolve.
Ad ogni modo ciò non ci impedisce di promuovere a pieni vo-
ti la piccola Multi, soprattutto in virtù della filosofia che c'è
alla base del progetto, che impone di dare maggior peso ad
aspetti quali la naturalezza nei movimenti e la capacità di of-
frire una guida piacevole senza particolare impegno. II vero
esame della Multistradina, quindi, arriva ora, ed è il confron-
to con le avversarie. Il suo prezzo e le sue caratteristiche la
mettono in competizione diretta con concorrenti terribilmen-
te valide: la KTM 1090 Adventure e la Suzuki V-Strom 1000
se vogliamo limitarci a quelle col cerchio anteriore da 19”,
la Triumph Tiger Sport, la Kawasaki Versys 1000, la Honda
Crosstourer e la (decisamente meno costosa) Yamaha Tra-
cer 900 se allarghiamo lo sguardo alle crossover sportive.
Ma per leggere di questo confronto, dovrete aspettare an-
cora un po’. Non molto: promesso. �
DATI TECNICI
MOTORE bicilindrico a L, 4T, alesaggio per corsa 94x67,5 mm, cilindrata 937 cc, rapporto di compressione 12,6:1, distribuzione a doppio albero a camme con comando valvole desmodromico, 4 valvole per cilindro, lubrificazione a carter umido, raffreddamento a liquido, potenza max 113 CV (83,1 kW) a 9.000 giri/min, coppia max 9,8 kgm (96,2 Nm) a 7.750 giri/min.
ALIMENTAZIONE iniezione elettronica Bosch, corpi farfallati da 53 mm di diametro comandati tramite ride-by-wire multimappa; capacità serbatoio carburante 20 litri.
ACCENSIONE elettronica digitale.
TRASMISSIONE primaria a ingranaggi a denti dritti, rapporto 1,84; finale a catena, rapporto 2,86 (corona 43, pignone 15).
CAMBIO a 6 marce. Valore rapporti: 37/15 (2,466) in prima, 30/17 (1,764) in seconda, 28/20 (1,4) in terza, 26/22 (1,181) in quarta, 24/23 (1,043) in quinta, 23/24 (0,958) in sesta.
FRIZIONE multidisco in bagno d’olio, antisaltellamento, comando meccanico.
TELAIO traliccio di tubi d’acciaio, telaietto in alluminio. Inclinazione del cannotto di sterzo 25,2°; avancorsa 105,7 mm.
SOSPENSIONI anteriore forcella KYB con steli rovesciati da 48 mm completamente regolabile, escursione ruota 170 mm; posteriore monoammortizzatore Sachs con leveraggio progressivo, completamente regolabile, escursione ruota 170 mm.
RUOTE cerchi in lega d’alluminio, anteriore 3”x19”, posteriore 4,5” x17”; pneumatici Pirelli Scorpion Trail II, 120/70 - 170/60
FRENI anteriore doppio disco flottante da 320 mm con pinze ad attacco radiale Brembo monoblocco a quattro pistoncini; posteriore disco da 265 mm con pinza flottante Brembo a due pistoncini. ABS di serie, regolabile.
DIMENSIONI (IN MM) E PESO lunghezza, larghezza e altezza n.d.; interasse 1.594, altezza sella 840; peso col pieno 227 kg.
COLORI rosso, bianco (+ 200 euro).
PREZZI E DISPONIBILITÀ 13.940 euro indicativo c.i.m., già in vendita.
La ER-6n cambia nome, ma anche aspetto e spirito, avvicinandosi a quello delle naked sportive di Akashi.
Ha più schiena, meno peso e un’ergonomia più aggressiva. La trasformazione non è però completa: di invariato rimangono infatti le buone qualità come il carattere
amichevole, la facilità di guida e il buon equilibrio generale
IN PILLOLE CILINDRATA 649 cc
POTENZA 68 CV
PESO IN ORDINE DI MARCIA 187 kg
PREZZO C.I.M. 7.040 euro
Motociclismo / gennaio 201798
testKAWASAKI Z650
Motociclismo / gennaio 201798
Nel 2005 ero fresco praticante, entrato da poco
nella redazione di Motociclismo, e il direttore mi
spedì in trasferta a provare una novità Kawasaki.
Era inizio estate e ai Saloni del precedente
autunno non si erano viste novità in questo
senso. Le indiscrezioni parlavano di una bicilindrica in linea,
650 cc, raffreddamento a liquido, distribuzione bialbero. Una
erede moderna della W650? Quando arrivarono le prime foto,
capimmo che si trattava di qualcosa di veramente nuovo.
L’aspetto era originalissimo, a partire da quel faro allungato
che sembrava il muso di un qualche fantastico animale;
il telaio con monoammortizzatore laterale era un’altra
caratteristica inedita per Kawasaki. E il motore? Sembrava
la naturale e splendida evoluzione dei twin 500. La ER-6n
mandava definitivamente in pensione l’onestissima, ma
-consentiteci- scialba ER-5. Negli anni la ER-6n si è evoluta,
affinata. Ed ora, a undici anni e mezzo di distanza, rieccomi in
sella alla sua discendente che cambia nome per avvicinarsi
alle sorelle più grandi della famiglia Zeta, più sportive e
“cattive”, ma la metamorfosi è solamente parziale.
Heritage e modernitàDurante la conferenza stampa che precede il test, spunta
un termine che mai ci saremmo aspettati da Kawasaki, so-
prattutto per parlare di un modello dal carattere giovane e
moderno: heritage. Ormai tutte le grandi Case hanno ripe-
scato la “tradizione”; sembra che sia obbligatorio avere in
gamma delle moto vintage o post-moderne che ripeschino
dal proprio passato. BMW R nineT, Ducati Scrambler, Honda
CB1100, la famiglia delle Yamaha Faster Sons; senza contare
la Fantic Caballero, la Mondial HPS, la Benelli Leoncino…
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ADESSO È TUTTA DIGITALENella foto grande sopra, la strumentazione, ben leggibile anche in piena luce. Mantiene la disposizione degli elementi della ER-6n, ma ora è completamente digitale: al posto della lancetta del contagiri, una serie di cristalli liquidi che si accendono a ventaglio. Nel mezzo il contamarce e il tachimetro a grosse cifre. Non mancano gli indicatori di livello carburante e temperatura del liquido di raffreddamento. Nelle foto sotto 1. L'avantreno identico alla ER-6n, con dischi da 300 mm e pinze a due pistoncini; 2. Il "mono" centrale con link progressivo. 3. La sella su due piani e il codino più compato, senza maniglioni per il passeggero. 4-5. Le leve di freno e frizione sono regolabili su cinque posizioni. 6. Nel piccolo vano sottosella trova spazio la trousse degli attrezzi (ben fornita) e il lucchetto ad U (optional).
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testKAWASAKI Z650
KENJI IDAKA - PROJECT LEADER
Quanto è durato il processo di sviluppo
della Z650?
“Quasi due anni; 23 mesi, per l’esattezza”.
E quale è stata la sfida maggiore per
rientrare nell'Euro 4?
"La potenza. Nelle medie cilindrate si
rischia di soffocare troppo le prestazioni
per ottenere parametri che ottemperino
alle normative antinquinamento. Abbiamo
lavorato in questo senso; ora la Z650,
rispetto alla ER-6n, ha più coppia e potenza
ai medi regimi, sacrificando solo di poco
il picco massimo agli alti regimi e l allungo".
Non c è il Ride by Wire: molte altre moto
Euro 4 lo usano...
"Ci abbiamo pensato, anche in prospettiva
della futura Euro 5, ma il RBW non è l unica
soluzione; preferiamo un approccio più
convenzionale".
Non avete pensato ad un -pur minimo-
aumento di cilindrata, per allinearvi con la
concorrenza?
“Tecnicamente si potrebbe fare, ma è
un'opzione che non abbiamo preso in
considerazione durante lo sviluppo di
questo modello".
Con quali concorrenti si scontra la Z650?
"Il confronto diretto è con la Yamaha
MT-07. Ma anche la stessa ER-6n,
che vanta ancora una folta schiera di
affezionati”.
E basta? Dove mettiamo la Ducati
Monster e la Suzuki SV650, solo per
citarne un paio? Il mercato delle medie
naked è ricco...
“Sono moto diverse, per configurazione del
motore e per carattere. Differente è anche
il target cui si rivolgono .
Quali sono allora i punti di forza della Z650
rispetto alla concorrenza?
"Il primo e più importante è senza dubbio
la grande maneggevolezza, unita ad
un'ottima stabilità. Aggiungerei anche la
buona schiena del motore ai medi regimi
e l'altezza della sella, che strizza l'occhio
alle fasce di utenza più disparate".
Quindi la Z650 non è rivolta solo ai neofiti?
"Non solo. Chi vuole entrare nel mondo
delle Z trova nella 650 una perfetta
compagna: facile, maneggevole,
manovrabile, economica. Ma anche chi
ha già una certa esperienza gradirà le
sue doti ciclistiche, la
generosità del motore, la
dotazione di qualità".
Una dotazione più ricca però non avrebbe
stonato: perché non renderla un po'
più sportiva con delle regolazioni alla
forcella, ad esempio?
"Su questo genere di moto le regolazioni
delle sospensioni sono superflue, così
come era per la ER-6n. Riteniamo poi che
il setting di serie sia già buono, un ottimo
compromesso per la guida di tutti i giorni
e quella sportiva: accontenta tutti senza
inutili complicazioni".
Ok, però dell'elettronica al servizio della
sicurezza, oltre che per una migliore
gestione dello spirito sportivo, non
guasterebbe. Senza arrivare a diverse
mappature, perché non ha almeno il
traction control?
“Abbiamo concepito questo modello con
un pacchetto elettronico adeguato sia alle
prestazioni sia al prezzo; riteniamo che sia
appropriato anche senza traction control.
Però non escludiamo che in futuro possa
evolversi".
ttt
“SPOSA LO SPIRITO DELLA FAMIGLIA Z, MA CON UN APPROCCIO CONVENZIONALE”
FAMILY FEELINGIl designer Norimasa Tada è la matita che ha disegnato anche il resto della famiglia Zeta di Kawasaki. Nello schizzo qui a lato, la familiarità con le quattro cilindri naked di Akashi è evidente. La moto di serie però perde un po' della "cattiveria" delle sorelle maggiori, soprattutto per l'adozione di un faro meno caratteristico.
gennaio 2017 / Motociclismo 101
Kawasaki, che ha tolto dal listino la W800 (ormai non più in
grado di sostenere le limitazioni imposte dalla Euro 4), va a
stuzzicare i giovani -e non solo- con una moto moderna in
tutto e per tutto, ma che "attinge a piene mani dalla tradizio-
ne Zeta" , dicono gli uomini di Akashi. Così, insieme alla nuo-
va bicilindrica Z650, alla presentazione stampa è affiancata
una Z650 quattro cilindri del 1976. Esteticamente del tutto si-
mile alla maxi di quegli anni -la mitica Z1 900- era nata per
avvicinare i meno esperti al mondo Kawasaki mettendo sul
piatto prestazioni più contenute, una maggiore facilità di gui-
da e, nel complesso, un approccio più “smart”. Proprio come
la moderna pronipote bicilindrica. Ecco allora che di herita-
ge c’è solo il concetto, lo spirito, e non l’estetica o la dotazio-
ne tecnica. Oggi la Z650 fa come la sua antenata: si avvicina
alle sorelle maggiori con linee tese e aggressive dettate dal
design Sugomi, ma poi si rivela amichevole e accessibile.
Snella tra le gambe e bassa di sella, questa bicilindrica è an-
che bella leggera. Rispetto alla ER-6n ci sono 17 kg di diffe-
renza in favore della nuova naked e si sente: in manovra e
40 ANNI E NON SENTIRLI
Oltre 50 modelli Kawasaki sono stati battezzati con la sigla Z negli ultimi 40 anni. In questa foto, la Z650 del 1976, alternativa più accessibile alla maxi Z1.
Motociclismo / gennaio 2017102
testKAWASAKI Z650 tt
a basse andature sembra quasi di guidare una moto di cu-
batura inferiore. Con il manubrio abbastanza ampio -ma non
troppo- e avanzato, la posizione di guida è leggermente più
caricata sui polsi rispetto al passato, ma nulla che possa
stancare le braccia. Anzi: la sensazione di controllo è anco-
ra maggiore. La sella, molto ben sagomata e con un’imbot-
titura tutt’altro che mollacciona, sostiene egregiamente, e
quella del passeggero, su un piano rialzato, offre adeguato
supporto lombare in accelerazione. Il rivestimento ha tanto
grip, ma c’è poco da scivolare comunque, perché lo spazio
longitudinale non è molto. Le pedane sono poco più basse e
avanzate di prima, in accordo con la riduzione d’altezza del
piano seduta, ed io (superio i 180 cm di statura), pur non trop-
po rannicchiato, mi trovo a dover sgranchire di tanto in tanto
le gambe. Esiste (in optional, a prezzo da definire) una sedu-
ta 35 mm più alta: da provare.
LA PRIMA VERSIONE
Sopra: la ER-6n (Motociclismo 11/2005) nasce così, con forme morbide e un inedito telaio con tubi di acciaio che abbracciano il motore. Il forcellone, sempre in acciaio, ha una capriata di rinforzo superiore e lavora senza link con un ammortizzatore laterale molto inclinato. Sin da subito è proposta una versione depotenziata per i neopatentati. Nel 2009 il primo resyling (foto qui sotto), che interessa principalmente la zona del faro e i supporti pedane passeggero.
CAMBIO ESTRAIBILE
Molto compatto, il bicilindrico frontemarcia ha distribuzione
bialbero con quattro valvole per cilindro. Le misure di alesaggio
e corsa sono superquadre: 83x60 mm. L'alimentazione è
affidata a due corpi farfallati da 36 mm (38 sulle ER-6n), mentre
il cambio -di tipo estraibile- è a sei rapporti. La frizione è
assistita e antissaltellamento.
CAMBIA IL TELAIO
Sempre più orientato verso uno stile sportivo, il design Sugomi si ispira al mondo animale e trasporta nelle linee della moto l'immagine di una belva pronta a compiere un balzo: avantreno carico, serbatoio "gobbuto", codino leggero. La vera novità sta nel telaio, sempre in acciaio e con ammortizzatore laterale, ma realizzato con tubi di acciaio che paralleli corrono dritti dal cannotto al sottosella. Anche il forcellone, asimmetrico e "a banana" segue questo disegno. Lo sterzo è più aperto (+0,5°) e l'avancorsa maggiore (da 102 a 110 mm). La prova su Motociclismo 09/2012.
2005
2009
2012
gennaio 2017 / Motociclismo 103
CURA DIMAGRANTE
Altra svolta per il telaio (pesa 15 kg, contro i 25 del precedente!), un traliccio in acciaio che abbraccia il motore e che si sviluppa verso il basso per concentrare le masse. Per lo stesso motivo il monoammortizzatore è posizionato centralmente, rimanendo nascosto alla vista. Lavora con un leveraggio progressivo. Il forcellone è scatolato in acciaio ed è 2,7 kg più leggero di quello in tubi della ER-6n. Identico l'avantreno, con forcella non regolabile con steli da 41 mm. Il cannotto è però più chiuso (da 25° a 24°) e ridotta la misura dell'avancorsa (da 110 a 100 mm). Il motore perde 4 CV, ma guadagna schiena ai medi regimi e soprattutto l'omologazione Euro 4. Invariata la posizione del silenziatore e della voluminosa pre-camera, sotto il motore, per mantenere il baricentro rasoterra.
2017
Motociclismo / gennaio 2017104
testKAWASAKI Z650
CURVA. UN'ALTRA.
UN'ALTRA ANCORA.
VORRESTI NON
FINISSERO MAI
TESTERNicolò Codognola (182 cm, 72 kg).
ABBIGLIAMENTO’ Casco Givi 50.4 Spectrum ’ Giacca Spidi Symbol Leather’ Guanti Spidi Urban Leather’ Scarpe XPD X-Zero R
gennaio 2017 / Motociclismo 105
Z come zig zagNonostante l’adeguamento alla normativa Euro 4, il motore
non riserva sorprese: come sulla ER-6n spinge con dolcez-
za sin dalla primissima apertura del gas, con buona elastici-
tà e poche vibrazioni (solo agli alti regimi si avvertono, ma
non sono mai davvero fastidiose). Accompagnato da cam-
bio e frizione morbidi e precisi, si esprime al meglio ai medi
regimi, dove la scheda tecnica dichiara un incremento della
schiena, in realtà difficilmente avvertibile senza un confron-
to diretto con la ER-6n. L’allungo è buono, ma non è fatto per
girare in alto, questo Twin: le lancette luminose del contagi-
ri cominciano a lampeggiare come impazzite a quota 10.000,
ma la spinta si fa meno decisa già oltre gli 8.000. Ogni rotazio-
ne del gas è accompagnata da un suono di aspirazione coin-
volgente e piacevole, mai fastidioso. Apri, chiudi. Apri, chiudi.
Una sinfonia il cui spartito -note alte e basse, durata e pause-
è dettato dalla successione e dall’ampiezza delle curve che
incontriamo. Maneggevolissima, in città si districa nel traffi-
co senza problemi ed esalta il pilota appena la strada si con-
torce. L’equilibrio generale è ottimo, la distribuzione dei pesi
pure: buttare la Zeta da una parte all’altra in una rapida suc-
cessione di curve è facile come tracciare una S su un foglio
con la biro. Sembra di avere tra le gambe una moto di cuba-
tura più piccola, persino. Guizza veloce come una biscia nei
cambi di direzione e sui curvoni veloci pennella salda traiet-
torie pulite. L’anteriore è preciso, il posteriore infonde fidu-
cia. Solo quando si chiede di più guidando al limite -e non è
il suo mestiere- la Z650 avrebbe bisogno di maggiore soste-
gno alle sospensioni, specie la forcella che affonda quando
si strizza il freno, potente e molto ben dosabile. Meno incisi-
vo il posteriore, che ha bisogno di essere azionato con forza.
In ogni caso l’ABS non risulta mai troppo invasivo.
Insomma, la Z650 ha un generoso bagaglio di buone quali-
tà: leggerezza, agilità, erogazione elastica e buona frena-
ta. Senza contare il prezzo: 7.040 euro c.i.m. la mettono a
diretto confronto con una delle best seller del momento, la
Yamaha MT-07. I difetti oggettivi si riducono ad una abita-
bilità migliorabile per i piloti più alti e all’assenza di validi
appigli per il passeggero. Soggettivamente poi troviamo la
Z650 poco “personale” a livello estetico, meno della prima
ER-6n certamente. Ma è solo questione di gusti. �
DATI TECNICI
MOTORE 4T, bicilindrico in linea raffreddato a liquido, alesaggio per corsa 83x60 mm, cilindrata 649 cc, rapporto di compressione 10,8:1, distribuzione a doppio albero a camme in testa; lubrificazione a carter umido; potenza max 68 CV (50,2 kW) a 8.000 giri/min; coppia max 65,7 Nm (6,7 kgm) a 6.500 giri/min.
TRASMISSIONE primari a ingranaggi a denti dritti, rapporto 2,095 (88/42); finale a catena, rapporto 2,438 (39/16).
CAMBIO estraibile a 6 marce; rapporti 2,438 in prima, 1,714 in seconda, 1,333 in terza, 1,111 in quarta, 0,966 in quinta, 0,852 in sesta.
FRIZIONE multidisco in bagno d'olio, assistita e antisaltellamento; comando a cavo.
TELAIO traliccio perimetrale in acciaio; inclinazione cannotto di sterzo 24°.
SOSPENSIONI ant. forcella tradizionale con steli da 41 mm priva di regolazioni; escursione ruota 125 mm; post forcellone scatolato in acciaio e monoammortizzatore regolabile nel precarico molla con link progressivo; escursione ruota 130 mm.
RUOTE cerchi in lega; pneumatici ant. 120/70-17”, post. 160/60-17".
FRENI ant. doppio disco a margherita da 300 mm con pinze flottanti a due pistoncini; post. disco a margherita da 220 mm con pinza flottante a un pistoncino.
DIMENSIONI (IN MM) E PESO lunghezza 2.055, larghezza 775, altezza 1.080, altezza sella 790, luce a terra 130, interasse 1.410; peso in ordine di marcia 187 kg.
GAMMA COLORI bianco, nero, antracite.
PREZZO 7.040 euro indicativi chiavi in mano; disponibilità immediata.
LARGO AGLI ACCESSORINon manca la possibilità di personalizzare la Z650, sia in chiave turistica (foto sopra) sia sportiva, con numerosi accessori dedicati; in via di definizione i prezzi. Accanto alla Z650 standard, in Italia viene importata anche la versione Performance, equipaggiata con scarico Akrapovic (foto sotto), un piccolo parabrezza sportivo, le protezioni del serbatoio, il coprisella del passeggero: in vendita 8.440 euro indicativi c.i.m.
Motociclismo / gennaio 2017106
testYAMAHA MT-09
Nessun errore, ma un gioco di parole che dice la pura verità: la tre cilindri di Iwata è una “jap” atipica, divertentissima, con tanto carattere e un’irrefrenabile voglia di... sollevare l’avantreno. E da oggi ha anche cambio elettronico e forcella completamente regolabile
SOLLEVANTE
di Fabio Meloni
Qualche segnale sul fatto che non fossero poi così razionali e calcolatori fino alla noia, i giapponesi della Yamaha a dire il vero l’avevano dato anche prima del 2013, anno del lancio della MT-09 (il primo test su Motociclismo di ottobre
di quell'anno). Ma è stato solo allora che hanno deciso di gettare definitivamente la maschera. Quello che hanno fatto è stato passare dal proporre la pur buona FZ8, elogiandone l’equilibrio, la sfruttabilità e le solite cose, al presentarsi a Spalato, in Croazia (dove fu il lancio), vestiti uso Mad Max, con ghigni poco rassicuranti, dandoci in mano le chiavi di una tre cilindri leggerissima e con una coppia da camion. Si impennava in quarta, e non per modo di dire. Per poi dar seguito a questa cannonata di folle freschezza con altri modelli ugualmente interessanti (la MT-07, le Tracer, le Faster Sons), seppure, va detto, meno sconvolgenti della 09 per l’impatto emotivo. È stata lei a cambiare tutto. È vero, si erano già viste moto ricche di carattere coi diapason sul serbatoio - basta dire Vmax o R1, no? - ma erano modelli “di contorno”. La 09 invece era (è) la nuda per tutti, quella del giovane inesperto, quella del motociclista navigato, quella dell’appassionato. Quella di chiunque avesse (ha) in tasca poco più di 8.000 euro: molte persone. È stato un successo. Un lampo di luce in un mercato , quello europeo, in quel momento ingrigito da anni di crisi. Un vero e proprio cambio marcia col quale la Casa di Iwata è usci-ta dal pantano come spinta da un V8 turbocompresso, rug-gendo e spaventando, a suon di vendite, i concorrenti, “jap” e non. Forse quelli che sono rimasti più stupiti (scottati?) so-no stati proprio i connazionali. In qualche modo lo dimostrano le parole del presidente della Casa di Hamamatsu Toshihiro Suzuki, che a EICMA ci ha detto durante un’intervista (la tro-
t
gennaio 2017 / Motociclismo 107
IN PILLOLE CILINDRATA 847 cc
POTENZA 115 CV
PESO COL PIENO 193 kg
PREZZO C.I.M. 9.240 euro
Motociclismo / gennaio 2017108
testYAMAHA MT-09
Motociclismo / gennaio 2017108
vate sul nostro sito Motociclismo.it) che l’obiettivo di Suzuki
è quello di replicare il successo avuto da Yamaha. Un suc-
cesso nel quale la MT-09 ha recitato il ruolo di prima attrice.
Buona la primaPossiamo dire senza timore di smentita che questa tre cilindri
è una moto nata bene. Dal punto di vista della guida, quello
che più ci piace di lei è che non prova a tutti i costi ad essere
perfetta fino all’eccesso - ovvero fino alla noia di cui si par-
lava -, ma si accontenta di offrire un certo equilibrio col qua-
le mette a disposizione un pugno in pancia di emozione. Se
vai piano col gas, di fatto, è una jap. Si guida a occhi chiusi,
curva da sola, ha un’erogazione “morbida”, tanto sterzo, la
sella bassa, cambio e frizione a portata di ragazza. Non vi-
bra, non morde, non consuma in modo esagerato. Mettila in
sesta e puoi fare 300 km senza mai dover né voler cambiare
marcia, avendo l’impressione di guidare che so, una Honda
Hornet, ma con molta più coppia. Al massimo potrai sentire
un po’ di male al fondoschiena a fine giornata perché la sel-
la non è comodissima: sulle prime lo sembra, ma dopo qual-
che ora cambi idea.
La differenza con una tradizionale naked con gli occhi a
mandorla viene fuori quando decidi di ruotare come si de-
ve quell’invitante manopola destra. Quello su cui siedi sono
8,5 kgm di coppia e 112 CV (questi, almeno, i numeri rilevati
dal nostro Centro Prove per la XSR900 - prova su Motocicli-
smo 11/2016 -, che ha lo stesso motore), con rapporti corti e
pochi kg da muovere, per cui è semplice: in prima e secon-
da si alza di gas, in terza le basta una carezza alla frizione, in
quarta un piccolo scollinamento. Potremmo andare avanti,
ma ci fermiamo per pudore. Diciamo solo che se sei uno che
gode della sensazione dell’avantreno che si alleggerisce in
accellerazione, è la moto che fa per te. In verità lo è anche
se di impennare non ti importa nulla, ma apprezzi la grintosa
erogazione di un tre cilindri di grossa cilindrata. Hai riprese
fluide e super intense a partire dai regimi più bassi, oltre a
una regolarità di funzionamento che volendo ti permette di
scendere fino al minimo, e poi di accelerare, senza un sus-
sulto. Tieni conto anche del fatto che il controllo di trazione,
sul livello 2 - il più attento - funziona anche da anti-impen-
nata, quindi non c’è rischio che la situazione possa sfuggirti
di mano. Per tutti gli altri: il livello 1 è attento a controllare le
perdite di aderenza ma permette (quasi sempre) di impen-
nare; oppure si può spegnere.
In più, ora...Quanto detto fin qui, senza grosse differenze, si poteva di-
re anche della vecchia versione. Tra le novità introdotte sul
modello 2017 c’è il quickshift, che permette di passare al rap-
porto superiore senza usare la frizione. Funziona molto bene,
tranne per il fatto che rifiuta di effettuare la cambiata quando
il motore è a regimi molto bassi. In città, insomma, potreste
trovarvi a voler passare dalla terza alla quarta senza riuscir-
ci, almeno non senza usare la frizione o prima di aver rag-
giunto 3-4.000 giri. Da qui in poi il quickshift fa il suo dovere
OK, IL PREZZO È GIUSTONel settembre 2013 la MT-09 venne lanciata con un prezzo di 8.140 euro c.i.m., ma bisognava aggiungere 100 euro per due dei tre colori disponibili e 500 euro per l'ABS. Il prezzo della 2017 (9.240 euro c.i.m.) è lo stesso qualunque sia il colore scelto e include ABS e aggiornamenti quali il quickshifter, per cui, tutto sommato, l'aumento è contenuto.
continua a pag. 112
gennaio 2017 / Motociclismo 109
FARO FULL-LED, CODA ALL'INSÙ E FINITURE MIGLIORI: CON POCHI TOCCHI, IL LOOK DELLA "09" HA FATTO UN SALTO AVANTI
Motociclismo / gennaio 2017110
testYAMAHA MT-09 tt
CODA CORTA E STOP "MALEDUCATO"La parte posteriore è stata
ridisegnata: il telaietto è più corto di 29 mm e punta verso l'alto - prima era
pressoché orizzontale. Nuovo anche il gruppo ottico, composto da 12 LED. Ricorda quello della BMW S 1000 RR, che fa "le corna" a chi viene superato.
La nuova sella è più alta di 5 mm (820 dal suolo), offre una seduta più piatta ed è stata snellita nella zona di
giunzione del serbatoio per rendere agevole posare i piedi al suolo. La porzione
del passeggero, nonostante il telaietto accorciato, è 13
mm più lunga.
PORTATARGA IN "STILE DIAVEL"Per rendere visivamente più corta la moto, Yamaha ha sviluppato un supporto per la targa in alluminio vincolato al forcellone, una soluzione recentemente proposta anche da Ducati sulla Diavel e sulla penultima generazione della Monster. Chi lo trovasse poco riuscito (noi siamo tra quelli: è ingombrante e copre la ruota) può avere in optional un portatarga tradizionale: il codino è già predisposto per il fissaggio e per il passaggio dei cavi.
CAMBIO "RAPIDO" (MOTORE ANCHE...)Nell'equipaggiamento di serie è stato introdotto il quickshift, che permette di passare al rapporto superiore senza usare la frizione. Per il resto il tre cilindri in linea di 847 cc non ha subito modifiche, se non a livello di gestione con una ricalibrazione (non molto evidente) delle mappature di erogazione. Come sulla "vecchia" MT-09 ha 115 CV a 10.000 giri/min e 8,9 kgm a 8.500 giri/min.
Il fondello dello scarico è stato ridisegnato e ha un aspetto più curato.
gennaio 2017 / Motociclismo 111
DISPLAY RIPOSIZIONATOLa strumentazione è stata spostata in avanti e in basso, per essere meglio inserita nel "muso". È molto compatta ma è ben leggibile e dice tutto quello che serve: marcia inserita, livello carburante, mappatura selezionata, consumi, più tutto il resto.
Nessuna novità per l'impianto frenante, che sfrutta dischi da 298 mm con pinze a quattro pistoncini Advics all'avantreno e un disco da 245 mm con pinza a un pistoncino Nissin al retrotreno. L'ABS è di serie e non è regolabile. Confermate anche le quote ciclistiche: interasse di 1.440 mm, inclinazione del cannotto di sterzo di 25° e avancorsa di 103 mm. Il peso col pieno (dichiarato) è di 193 kg.
Compaiono le fiancatine ai lati del radiatore, e fanno da supporto alle frecce, che prima erano posizionate ai lati del gruppo ottico anteriore.
Il faro è inedito e si ispira nel design a quello della MT-10. È interamente a LED, con quattro proiettori principali (due per "occhio") che fanno da abbagliante e anabbagliante, più due piccole strisce che fungono da luci di posizione.
Il faro è incon quattranabbagli
Cladpd
NfremAd24
MEMORIA FERREATramite i blochetti elettrici si gestisce la selezione delle mappature (B, STD, A) e del livello del controllo di trazione (2, 1, spento). La novità è che la combinazione scelta dal pilota rimane in memoria anche quando si spegne la moto.
REGOLAZIONE COMPLETALa forcella guadagna anche il registro della frenatura idraulica in compressione, diventando interamente regolabile. L'escursione che garantisce alla ruota è di 137 mm, valore più abbondante rispetto a quello di classiche naked sportive. Vale lo stesso discoso per i 130 mm garantiti dal "mono" alla ruota posteriore.
Motociclismo / gennaio 2017112
testYAMAHA MT-09
in modo impeccabile, confermandosi come ulteriore miglio-
ramento a un motore che stupisce ed entiusiasma per varie
cose: regolarità ai bassi, schiena poderosa e allungo catti-
vo come si deve. Questo popò di tre cilindri è infilato in una
ciclistica che ne condivide la filosofia. Vuoi andare piano?
Nessun problema, fai come fossi a casa tua. Vuoi divertirti?
Tanto meglio! La parola d’ordine è agilità. La MT-09 è mol-
to leggera nelle varianti, veloce a tuffarsi in curva, efficace
nel girare “stretta”. Le strade tortuose sono il suo pane, e
lo dimostra facendoti divertire come un matto. Pure la posi-
zione di guida suggerisce la sua preferenza a muoversi sui
la stretta e lunga, schiena dritta. Potresti pensare di essere
su una motardona se dovessi basarti unicamente su come
si combinano questi elementi. Noi crediamo che la capa-
cità di divertire a bassa velocità sia una dote, e lei ce l’ha.
Veloce sì, sportiva nìSi è abituati a pensare che una moto potente e leggera sia
anche sportiva, in realtà non è così, e fareste un errore a
ritenere la MT un’alternativa a una Triumph Street Triple R
o a una Aprilia Tuono. Quelle sono naked con cui puoi fare
un curvone a 230 all’ora filando dritto come su un binario,
o una staccata stile ultimo giro della MotoGP con grande
compostezza. Invece questa Yamaha al crescere della ve-
locità perde parte della sua brillantezza. La sua impostazio-
ne vagamente motardistica prevede anche sospensioni con
un’escursione maggiore rispetto a quella di stradali "pure",
con una taratura dell’idraulica più libera. E se questo, co-
me dicevamo, va a vantaggio del guizzo nello stretto e del
gusto di guida anche dove l’asfalto non è un granché, nei
tratti più scorrevoli si riflette in una ciclistica meno precisa
rispetto a quella di moto progettate per correre forte. In fin
TANTA AGILITÀ, UNA POSIZIONE DI GUIDA MOTARDISTICA E UN TRE CILINDRI PRONTO AL DECOLLO
t
segue da pag. 108
gennaio 2017 / Motociclismo 113
dei conti ci si diverte ugualmente - noi, almeno, non possia-
mo negare di esserci gustati anche i tratti più veloci delle
belle strade di Maiorca - ma resta il fatto che bisogna fa-
re i conti con trasferimenti di carico piuttosto evidenti sia
in frenata sia quando si riprende in mano il gas. Traducen-
do, a meno di voler emulare Jonathan Rea quando fa il mat-
to con una Ninja che sembra volergli scappare da sotto le
chiappe, non si può frenare forte “sotto” la curva e accele-
rare altrettanto prontamente; meglio invece rallenatare con
un minimo di anticipo, pennellare traiettorie pulite e usare
un po' di riguardo al momento di chiedere al motore la sua
coppia vigorosa. In tutto questo, la nuova forcella comple-
tamente regolabile (il “mono” resta regolabile in precarico
ed estensione), contribuisce, mettendo mano ai registri, a
rendere la MT-09 un po’ più composta. Non che ora possa
mascherarsi da naked supersportiva, quello neanche per
sbaglio, ma di certo fa un passettino avanti rispetto alla pre-
cedente. Quello che non cambia è il giudizio su freni e map-
pature di erogazione. Riguardo i primi troviamo che il feeling
offerto dall’impianto anteriore sia migliorabile; c’è sempre
una certa sensazione di “spugnosità”, ovvero una correla-
zione un po’ vaga tra la forza che applichi alla leva e la po-
tenza frenante che ne consegue. In verità è un aspetto a cui
ci si abitua in fretta, e che non influise in modo consistente
sul piacere di guida - buoni, invece, ABS e impianto poste-
riore. Sulle mappature di erogazione crediamo Yamaha po-
trebbe fare meglio. Delle tre disponibili a noi piace soltanto
la B, la più dolce, mentre troviamo la STD e la A inutilmen-
te reattive. Peccato che la B preveda una potenza massi-
ma leggermente inferiore alle altre due - anche se la cosa
si nota a fatica. Allora perché, ci chiediamo, non fare una B
relamente depotenziata, adatta a quelle giornate infami do-
GUARDAMI NEGLI OCCHI E (FORSE) TI DIRÒ CHI SEIA sinistra, nel corso del test, osservando la nuova MT-09 uscire da una curva e dirigersi verso di noi, abbiamo avuto un attimo di smarrimento: dove l'ho già visto, quello sguardo? Poi ci è venuto in mente: sulla Kawa Z1000! Effettivamente i fari bassi, "incassati" nella forcella, con "occhi" a LED dal taglio arrabbiato, sono proprio simili.
Motociclismo / gennaio 2017114
testYAMAHA MT-09
ve diluvia e ti trovi a guidare su un fondo scivoloso come le alghe sugli scogli, una STD dalla risposta dolce ma a piena potenza e una A aggressiva? È una domanda che ci faccia-mo (e che facciamo) fin dal lancio, alla quale gli uomini di Iwata oggi rispondono senza scomporsi che “ai clienti pia-
ce così”. Sarà. Invece sul nuovo portatarga non sembrano tanto sicuri che "ai clienti piace così". Stiamo chiaccheran-do con uno dei tecnici della Casa, confessandogli che lo troviamo mal riuscito: a notro parere è grosso, realizzato in modo un tantino approssimativo (i passaggi dei cavi non so-no nascosti) e nasconde allo sguardo parte della ruota po-steriore. Lui ci risponde che si tratta di una soluzione voluta
per accorciare visivamente il codino, considerato interna-mente a Yamaha troppo lungo sulla prima versione. Nem-meno qui siamo d’accordo: lo trovavamo originale. Ed è a questo punto che il nostro compagno di chiacchiere ci sve-la un dettaglio che suggerisce che anche all’interno della Casa non tutti siano convinti delle bellezza del pezzo. Per-chè si affretta a farci presente che, ad ogni modo, tra gli optional c’è un bel portatarga da montare in posizione tra-dizionale, operazione peraltro semplicissima perchè il co-dino è stato perfettamente predisposto sia per il fissaggio che per il passaggio dei cavi. Ma tu pensa. Buono a saper-si, comunque. No? �
VERSIONI SPECIALI NO, OPTIONAL SÌNon vedremo più versioni speciali su base MT-09 come Street Rally e Sport Tracker, ma - oltre ai singoli accessori - si potranno ordinare un kit sportivo (sopra) o turistico (sotto). Yamaha non ha ancora dichiarato i prezzi.
ttt
gennaio 2017 / Motociclismo 115
DATI TECNICI
MOTORE 3 cilindri in linea, 4T, alesaggio per corsa 78x59,1 mm, cilindrata 847 cc, rapporto di compressione 11,5:1, distribuzione a doppio albero a camme in testa, 4 valvole per cilindro, lubrificazione a carter umido, raffreddamento a liquido, potenza max 115 CV (84,6 kW) a 10.000 giri/min, coppia max 87,5 Nm (8,9 kgm) a 8.500 giri/min.
ALIMENTAZIONE iniezione elettronica; capacità serbatoio 14 litri.
ACCENSIONE elettronica digitale.
TRASMISSIONE primaria a ingranaggi a denti dritti, rapporto 1,681 (79/47); finale a catena, rapporto 2,812 (45/16).
CAMBIO a 6 marce, funzione quickshifting nel passaggio al rapporto superiore. Valore rapporti: 40/15 (2,667) in prima, 38/19 (2) in seconda, 34/21 (1,619) in terza, 29/21 (1,381) in quarta, 25/21 (1,190) in quinta, 28/27 (1,037) in sesta.
FRIZIONE multidisco in bagno d’olio, antisaltellamento, comando meccanico.
TELAIO a diamante in allumino. Inclinazione cannotto di sterzo 25°; avancorsa 103 mm.
SOSPENSIONI anteriore forcella upside-down a steli rovesciati da 41 mm, completamente regolabile, escursione ruota 137 mm; posteriore monoammortizzatore con leveraggio progressivo Monocross regolabile nel precarico molla e nella frenatura idraulica in estensione, escursione ruota 130 mm.
RUOTE cerchi in lega leggera; pneumatici 120/70-17” - 180/55-17”.
FRENI anteriore doppio disco da 298 mm con pinze a quattro pistoncini; posteriore disco da 245 mm con pinza a singolo pistoncino. ABS di serie.
DIMENSIONI (IN MM) E PESO lunghezza 2.075, larghezza 815, altezza 1.120, interasse 1.440, altezza sella 820; peso col pieno 193 kg.
GAMMA COLORI grigio, nero, blu.
PREZZO E DISPONIBILITÀ 9.240 euro c.i.m., già in vendita.
Motociclismo / gennaio 2017116
più fuori che stradaPROVA HONDA CRF450RX
gennaio 2017 / Motociclismo 117
Honda torna a mettere il naso nell'enduro, con una moto inedita derivata dalla nuova CRF450R da cross con avviamento elettrico e forcella a molla. Una rivoluzione anche concettuale: la RX non è
completamente dedicata a un pubblico amatoriale
di Marco Gualdani e Angelo Barbiero
FORESTAIL RICHIAMO DELLA
Sono passati 14 anni da quando Honda ha realizza-to l'ultima moto da enduro. Si chiamava CRF450X e vantava l'avviamento elettrico e un carattere docile e mansueto, se paragonata alla sorella da cross. Da al-lora il progetto non è stato più aggiornato e le Honda
da enduro che abbiamo guidato da quel momento sono sempre state realizzate e omologate dall'importatore italiano (HM prima e RedMoto oggi) sulla base delle CRF da MX. Oggi torniamo a vedere una vera Honda "col faro" progettata e costruita in Giappone, nella fabbrica di Kumamoto, colpita in modo profondo da un violento terremoto lo scorso aprile. Per questo siamo qui a testare una novità 2017 con ampio ritardo rispetto alle moderne tempistiche dei modelli offroad, che sono già disponibili a cavallo dell'estate.L'attesa è stata lunga, anche perché le aspettative in merito era-no alte. Honda rinnova ciclicamente le sue moto da cross ogni 4 anni e quindi si sapeva che il model year 2017 sarebbe stato pro-fondamente diverso. La sorpresa è stato scoprire che la gam-ma si sarebbe allargata anche a una enduro. È circolata poi la voce dell'arrivo dell'avviamento elettrico. Questo "dettaglio", più che normale sulle moto stradali, è ancora tabù per il mondo del fuoristrada, in particolare per il motocross (dove lo usano so-lo Husqvarna e KTM). Nessuna Casa jap ha mai realizzato una MX con questo accessorio e quindi Honda, pur avendo scoper-to l'acqua calda, ottiene questo primato. Nell'enduro, invece, è già una cosa più che normale; lo usano tutte le Case europee (Beta, GasGas, Husqvarna, KTM, Sherco) da tempo e anche Ya-maha, sul suo nuovo WR. La stessa Honda lo aveva lanciato con la versione X di cui sopra, addirittura nel 2004. Un'altra scelta trasversale è legata al reparto sospensioni, ri-voluzionate negli ultimi anni con l'arrivo della forcella ad aria (che sostituisce la molla) declinata in varie proposte e soluzioni a seconda del Costruttore. Con la 2017 Honda (che fu una delle
prime a montare l'aria nel 2012) torna sui suoi passi, non solo ab-bandonando le sospensioni Kayaba a favore di Showa, ma sce-gliendo una forcella a molla "tradizionale", con steli da 49 mm. I motivi sono molteplici. La forcella ad aria offre un'ampia possi-bilità di personalizzazione variando semplicemente la pressione degli steli (aumentare o diminuire equivale a montare una molla più o meno sostenuta), ma allo stesso tempo richiede una mag-giore manutenzione (la pressione va controllata a ogni uscita) e una conoscenza dei settaggi più specifica, senza la quale si rischia di prendere strade sbagliate a tutto svantaggio del pia-cere di guida e della sicurezza in sella. Oltre a questo, Honda ha evoluto il motore in modo mirato, an-dando a caccia di CV e il telaio perimetrale in alluminio, giunto alle settima generazione e il design.Il risultato è questo. Una moto tutta da scroprire, che però già dal nome mette le mani avanti. Avrete notato che la preceden-te enduro si chiamava CRF450X, mentre questa prende il nome di CRF450RX. E non è un caso. Quella R in più fa la differenza su ciò che è stato e ciò che è oggi. Della moto calma e tranquilla dei tempi resta poco o niente. Questa nuova RX è una vera bomba!
Guidare con convinzioneNon è una metafora, è davvero così: esplosiva. Leggendo be-ne le specifiche tecniche ci si immaginava già un mezzo per-formante, ma forse non fino a questo punto. Tanto da non raccomandarla a un pilota amatore. Il fatto è che l'indirizzo a cui Honda ha puntato è quello del cross country (gare o allena-menti in spazi aperti) e non esattamente per il nostro tipo di en-duro. Nasce per un utilizzo veloce e scorrevole, dove l’equilibrio tra primissima risposta al gas e modulazione della frizione non è la priorità, mentre lo sono potenza e capacità di scaricarla a terra aprendo al massimo il gas.
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pp più fuori che stradaPROVA HONDA CRF450RX
Il nostro enduro è fatto di sassi, torrenti viscidi e mulattiere.
In queste situazioni emerge lo stacco della frizione e la risposta
al gas. Poter dosare e stabilizzare il numero di giri del motore
sono due caratteristiche fondamentali di una moto da enduro.
La nuova RX non è un drago in questo frangente, e per dosare
si usa molto la frizione, con il risultato di affaticarla. Stressata
perde di precisione nello stacco. Per migliorare il feeling e ri-
sparmiare la frizione bisognerebbe poter gestire meglio con la
manopola del gas, potendo stabilizzare il numero di giri e sen-
za l’ansia di spegnere il motore. Questa è una moto che non
permette tanti tentennamenti: il gas o lo apri o lo chiudi, man-
tenendo sempre una velocità minima di percorrenza che per-
metta di non dover ripartire da zero. Non è una moto fatta per
andare in giro a passeggio. Più smanetti e più ti asseconda, ma
se scendi sotto la soglia di attivazione si fa difficile. Quindi re-
gola numero uno è partire con la "coda dritta", non perdere
la concentrazione e non essere mai in ritardo sui movimenti;
cioè rispettare sempre la sincronia del sistema moto-pilota.
Se guidata correttamente permette di fare delle cose incredibi-
li: ha una trazione eccezionale, un motore entusiasmante e una
ciclistica da riferimento. Se si va a spasso si trasforma in una
moto nervosa, che "sciuffa" (si spegne) e stanca. La tendenza
a spegnersi nei tratti lenti c'è, ma può essere in parte mitiga-
ta alzando un po’ il minimo, cosa che fa ridurre ulteriormente il
freno motore, già di per sé molto contenuto.
IL BOTTONCINO
A sinistra il gruppo dell'avviamento elettrico alloggiato alle spalle del cilindro, che debutta sulle Honda CRF450R 2017. In primo piano il braccetto della frizione che si innesta nel carter. Come vedete, il sistema è rimasto a cavo. A sinistra, anche la nuova mascherina portafaro.
DUE MOTO: LA RX ENDURO E LA RX COUNTRY. LA DIFFERENZA È NEL SERBATOIO,
ENDURO
gennaio 2017 / Motociclismo 119
QUASI UGUALI
1. Il selettore della tripla mappatura informa su quella selezionata in base al numero di lampeggi del LED blu. 2. Il paramotore è in plastica traforata. Nelle altre foto vediamo le differenze dei serbatoi delle versioni 3. Country e 4. Enduro. La prima ha capienza di 8,5 litri, la seconda di 7,3. La differenza non è solo di volume, ma anche estetica.
COUNTRY
MA NON NEL CONCETTO; DUE MODELLI PER FARE ENDURO AD ALTO LIVELLO
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Motociclismo / gennaio 2017120
pp più fuori che stradaPROVA HONDA CRF450RX
Il serbatoio capiente fa allargare le ginocchia quando si cer-
ca una posizione avanzata in sella, ma devo dire che non mi
ha dato troppo fastidio. Al contrario, ci piace meno non vede-
re il livello della benzina, come ormai ci siamo abituati con i
serbatoi trasparenti di altre marche. L’avviamento elettrico è
pronto ed efficace. La moto, comunque, parte bene anche a
pedale. La rapportatura del cambio manca di primina e se-
sta da trasferimento. Se la prima non fosse lunga sarebbe ot-
tima per tutti, così rapportata è più da pilota che da amatore.
Rispetto a come ci è stata consegnata per il test abbiamo
apportato alcune modifiche per adattarla ai parametri del
nostro tester Angelo Barbiero. Abbiamo aumentato il ne-
gativo del monoammortizzatore, salendo a 5 cm, girato in-
dietro i riser del manubrio (arretrandolo) per migliorare la
posizione di guida nel veloce, limitare il sottosterzo e la sen-
sibilità dell’anteriore al sasso; abbiamo poi aperto alte velo-
cità e ritorno del "mono" per migliorare la sensibilità in base
al peso del tester e scelto la mappa più dolce, la supersoft.
gennaio 2017 / Motociclismo 121
TELAIO NUOVO
Sopra vediamo la struttura del telaio perimetrale in alluminio, giunto alla settima generazione. Era il 1997 quando Honda lanciò (per prima) questa tecnologia sulla CR250R. Il telaietto ha la coda in alluminio estruso anziché forgiato. Resta il doppio scarico, più corto. 1. Nuovo anche il link, che lavora in base alle modifiche del telaio, 2. del forcellone rivisto e 3. del mono ammortizzatore più corto. 4. Il cavalletto è fissato sul supporto pedana.
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pp più fuori che stradaPROVA HONDA CRF450RX
DISTRIBUZIONE AGGIORNATA Resta la distribuzione Unicam (monoalbero) che caratterizza la Honda 4T, ma per il resto cambia tutto, a partire dal design.
PIÙ GIRI Le maggiori prestazioni del motore sono figlie anche dell'introduzione di un inedito
bilanciere a dito che gestisce le valvole di aspirazione, modificandone l'alzata, e permettendo un più ampio range di giri, per un massimo di 11.400 con mappa standard.
TUTTO DRITTO Il pistone (sopra) è modificato in base al nuovo
rapporto di compressione di 13,5:1 (prima 12,5:1).In alto, il nuovo collettore di aspirazione è
completamente rettilineo (a confronto con il 2016) perché compie un percorso al di sopra
del monoammortizzatore.
CONDOTTO ASPIRAZIONE 2016
CONDOTTO ASPIRAZIONE 2016
CONDOTTO ASPIRAZIONE 2017
CONDOTTO ASPIRAZIONE 2017
VALVOLE DI ASPIRAZIONE
2016 2017
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Con questa configurazione e due mousse la moto
è pronto-gara, ma per essere pronto-passeggiata
serve qualche intervento in più. La filosofia di Hon-
da nell'enduro, quindi, si discosta un po' dagl'ideali di
assoluta facilità su cui hanno puntato altri. E questo la
caratterizza, nel bene e nel male. Una moto che sa dare
grandi soddisfazioni e dal potenziale molto alto, ma da gui-
dare sempre nelle migliori condizioni psicofisiche possibili.
Stabilità, precisione e sincerità sono da riferimento, così
come le sospensioni, che scorrono molto bene e offro-
no un sostegno adeguato. Ma anche loro contribui-
scono a quell'effetto (insolito per una Honda) per cui
devi "entrare" deciso per far sì che la moto faccia
perfettamente il suo dovere. Ce ne siamo accorti
in un momento di stanchezza e di leggero sconfor-
to, dopo aver spento la moto due volte. Presa di petto
sull'ostacolo successivo sembrava galleggiare su di
un cuscino d’aria. Qualche dubbio rimane sulla trat-
tabilità della frizione, per il resto la moto è davvero
eccezionale: una vera Honda. �
DATI TECNICI DICHIARATI
HONDA CRF450RX ENDURO
PREZZO 10.400 euro indicativo cim
MOTORE Monocilindrico 4T raffreddato a liquido
DISTRIBUZIONE Unicam a 4 valvole
ALESAGGIO x CORSA mm 96x62,1
CILINDRATA TOTALE CC 449,7
RAPPORTO DI COMPRESSIONE 13,5:1
LUBRIFICAZIONE Forzata con pompa di recupero
ALIMENTAZIONE Iniezione elettronica PGM-FI
AVVIAMENTO Elettrico e a pedale
CAMBIO A 5 marce
TELAIO Perimetrale in alluminio
FORCELLA Showa a molla da 49 mm
ESCURSIONE MM 305
SOSPENSIONE POST. Monoamm. Showa con leveraggio
ESCURSIONE MM 314
FRENO ANTERIORE E POSTERIORE, MM 260/240
PNEUMATICI ANT. E POST. 90/90-21, 120/90-18
PESO IN ORDINE DI MARCIA KG 118
INTERASSE MM 1.477
ALTEZZA SELLA MM 959
ALTEZZA MINIMA DA TERRA MM 328
CAPACITÀ SERBATOIO L 7,3 RX Enduro / 8,5 RX Country
DATI RILEVATIPotenza max alla ruota CV - giri/min 50,12 - 8.000 Coppia max alla ruota Nm - giri/min 4,30 - 7.600 Peso a vuoto kg (ant.-post.) 113,25 (54,90 - 58,35)
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NmCV
giri/min x 1000
HARD
STANDARD
SOFTpotenza
coppia
BANCO DINAMOMETRICO
M
in collaborazione con
OVER 50 Il picco di 50,12
CV è un vero recond per
una Honda. La Casa di Tokyo
negli ultimi anni ha puntato su
motori molto trattabili ma
poco potenti. Adesso
si cambia filosofia,
potendo anche contare su un
ottimo supporto dell'elettronica
che permette di variare di molto il carattere del motore, come dimostrano le
curve meno estremizzate
standard e soft (rispettivamente da 48,83 e 48,46).
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CO
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RR
EN
TE
più fuori che stradaOFFROAD ECOSOSTENIBILE
ELECTRIC MOTION EMSPORT
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La propulsione elettrica prende sempre più piede, soprattutto nel fuoristrada, dove l'impatto ecologico è più sentito e criticato. Tra le proposte più fresche e innovative, una enduro a trazione integrale progettata e costruita in Italia, e una trial declinata in versione racing e motoalpinismo, per escursioni "green"
di Nicolò Codognola - foto Pupi Alifredi e Lorenzo Marcinò
ARMOTIA DUE X
Motociclismo / gennaio 2017126
pp più fuori che stradaOFFROAD ECOSOSTENIBILE
Praticare il fuoristrada, in certe zone d'Italia più che
in altre, sta diventando un’impresa difficile per via di
divieti ogni giorno più severi e restrittivi. Il sentimen-
to ecologista porta molti non-motociclisti a vedere le
offroad come deturpatrici dell’ambiente tout court.
Prima di appendere il casco al chiodo e dedicarsi alla biciclet-
ta (alcuni indicano nel mondo delle e-bike una alternativa “le-
gale” alla pratica del fuoristrada, magari ne riparleremo…), si
potrebbe però prendere in considerazione la propulsione elet-
trica, che elimina due fattori che ci rendono odiosi agli occhi
degli escursionisti pedestri: il rumore e i gas di scarico.
Ricordiamo ancora quando, nell'estate del 2008, la Quantya
ci invitò per un test della sua Evo1 in Svizzera, alle porte di
Lugano."Dove pensano di andare a fare fuoristrada? Qui ba-
sta mettere una ruota su un'aiuola per rischiare il carcere a
vita!". Andammo nei boschi intorno al lago, che in quei giorni
d'estate erano popolati da molti escursionisti. Le moto erano
silenziose, ma comunque lasciavamo segni del nostro pas-
saggio sul terreno. Al primo incontro con alcuni gitanti con
pedule e zainetto ci sentimmo colpevoli come un bambino
colto con le dita nel vasetto della marmellata. Invece ci ven-
nero incontro, ci sorrisero sereni e, appurato che si tratta-
va di moto elettriche, ci fecero persino i complimenti: “Biker
ecologisti! Bravi!”. Rimanemmo di sasso. Che l'elettrico sia il
grimaldello per farsi largo tra le coscienze ecologiste e con-
tinuare a praticare l'offroad in totale serenità? L'idea del fuo-
ristrada ecosostenibile -specialmente quello più turistico ed
esplorativo- è stuzzicante. Rimangono dei limiti, però. L'auto-
nomia è il primo: la tecnologia applicata alle batterie agli io-
ni di litio sta facendo passi da gigante, ma per guidare oltre
due ore di fila bisogna essere parsimoniosi con la manetta.
E quando la carica è finita bisogna trovare una presa di cor-
rente e attendere il doppio del tempo di quanto si è guidato
prima di completare il “pieno”. Altra cosa: il prezzo. I costi
dei pacchi batteria incidono molto sul listino e c'è ancora in-
certezza sulla loro durata, in termini di anni. Qui si possono
aprire infinite discussioni di carattere economico ed ecolo-
gico (Cosa fare quando saranno da sostituire? Come smal-
tirle? Le fonti di energia pulita sono ancora poche e produrre
elettricità significa comunque inquinare, non nei boschi, ma
altrove sicuramente...). Ma non è questo lo spazio per discu-
terne. Preferiamo invece metterci in sella e raccontarvi che
cosa propone il mercato. Molte Aziende si sono tuffate nel
segmento della propulsione elettrica (vi presentiamo le prin-
cipali nel box qui sotto). Tra le proposte più innovative ci so-
no due mezzi che stuzzicano il nostro interesse: la italiana
Armotia Due X, enduro con trazione integrale, e la Electric
Motion, moto da trial disponibile anche in versione alpinismo.
LE FUORISTRADA PIÙ "GREEN" CHE CI SIANO
KTM Freeride E-XCCross (in foto), enduro e motard. Eroga fino a 16 kW (22 CV) di potenza e 42 Nm di coppia.
Zero FXL'Azienda americana è tra le più prolifiche, con sei modelli in gamma. La FX esprime 106 Nm di coppia, per un'autonomia di 80 km.
Oset RacingCinque trial (con motori da 600 a 1.400 W) e una cross per bambini e ragazzi nel listino di questa Azienda USA.
Quantya EVO1Compatta, con ruote da 19" e 18",
ha un motore da 8,55 kW (11,6 CV) e 16 Nm. C'è anche la snowbike.
Tacita T-RaceSei modelli made in Italy, tra cui anche uno da raid, visto al Merzouga Rally. Ha 27 kW
(36,6 CV), due riding mode e tanto carbonio.
Alta Motors Red Shift40 CV e due ore di autonomia, per la pista da cross o da motard. Ha partecipato alla
Red Bull Straight Rhythm con Josh Hill.
gennaio 2017 / Motociclismo 127
ENDURO ALL INCLUSIVE
In questa pagina, la Armotia Due X presentata a Eicma (foto sotto) e la versione prototipo che abbiamo
testato in anteprima (foto sopra). Il telaio è un traliccio in tubi ovali
di acciaio. La coppia è ripartita elettronicamente ai due motori e ci
sono 3 riding mode; la potenza totale dichiarata è di 15 CV. La Due X ha una velocità massima di 80 km/h.
Con una ricarica che varia da 2 a 6 ore -in base al livello delle batterie-
si ottiene un'autonomia di 1,5 ore in marcia continua. Il prezzo è
abbastanza elevato: 15.000 euro. È però incluso uno smartphone
che, con l'app dedicata, funziona da strumentazione, diagnostica e
telemetria (foto a destra). Info: www.armotia.com
Motociclismo / gennaio 2017128
pp più fuori che stradaOFFROAD ECOSOSTENIBILE
Due per dueArmotia è una realtà freschissima nel panorama motociclisti-
co: si tratta di una start-up italiana fondata da due ingegneri
-Andrea Andreucci e Antonio Ranalli- accomunati dalla pas-
sione per le due ruote e dall'ambizioso obiettivo di produrre
veicoli elettrici innovativi. La loro proposta è una moto -decli-
nata in versione enduro e motard- con la trazione su entram-
be le ruote. In passato, su enduro con motore endotermico,
si era visto qualche 2WD, ma le complicazioni meccaniche
dovute al trasferimento della trazione sulla ruota anteriore
ne hanno fermato lo sviluppo. Con l'elettrico è più sempli-
ce ed efficace: ci sono due motori (uno alloggiato nel mozzo
anteriore, l'altro nel forcellone) che funzionano in maniera
indipendente, gestiti dalla centralina che ripartisce la cop-
pia in base all’accelerazione, all’inclinazione e ai parametri
di aderenza. La potenza dichiarata è di 15 CV, equiparabile
a quella di una 125 4T, e si può condurre con la patente A1.
Sempre stando al dichiarato, l'autonomia si attesta intorno
ai 100 km, mentre il peso è di 126 kg per l'enduro Due X e 129
kg per la motard Due R.
Le moto sono state presentate ufficialmente alla scorsa edi-
zione di Eicma, ma già abbiamo avuto modo di testare un pro-
totipo (anzi, una moto-laboratorio) in versione enduro. La Due
X non è una moto da gara: divertente nel fettucciato, è però
pensata per rendere facili ai meno esperti anche le escur-
sioni più impegnative. Non è una piuma -in confronto ad altre
moto da fuoristrada di pari potenza- soprattutto all'anterio-
re, dove il motore integrato nel mozzo grava con circa 8 kg in
più rispetto ad un avantreno tradizionale. La doppia trazione
però ripaga con una grande direzionalità in tutte le situazio-
ni. E davanti ad una salita impossibile, quelle dove pensere-
sti di piantarti e dover spingere, l'ausilio dato dalla trazione
integrale fa la differenza.
Motoalpinismo silenziosoIl trial, di per sé, è meno impattante sull ambiente rispetto ad
una moto da enduro: poca potenza, scarsa velocità, rumore
contenuto. Un trialista è generalmente meno malvisto dai se-
dicenti ambientalisti rispetto a chi guida "le moto da cross"
(mettendo sotto questa definizione qualunque due ruote a mo-
tore con i tasselli). Una trial elettrica -pur dovendo sottostare
a tutti i divieti in fuoristrada cui è soggetta una moto a motore
endotermico- è forse la soluzione più ecosostenibile per ar-
rampicarci sui monti. La più recente proposta in questa dire-
zione è della Electric Motion, commercializzata in Italia dalla
Future Trial. Si tratta di una moto declinata sia in versione gara
-la emSport-, sia motoalpinismo -denominata eScape-. Telaio
perimetrale in acciaio, forcella Tech con steli da 39 mm, mo-
noammortizzatore Ollè, plastiche di buona qualità: la compo-
nentistica è pari a quella di una trial tradizionale. Anche il peso
non si discosta da quello di una moto a benzina: 70 kg per la
emSport. Il motore, brushless trifase raffreddato ad aria, eroga
circa 16 CV di potenza e 24 Nm di coppia massima.
La emSport può essere equipaggiata da due tipi di batteria:
una per le sessioni di gara (16A, 75 minuti di autonomia) e una
per l'escursionismo (25°, 110 minuti di durata) che però aggiun-
ge 3 kg di peso. Maggiore durata (e peso) garantisce la batte-
ria della eScape da 40A: da 110 a 200 minuti con una ricarica
completa di tre ore. In ogni caso la sostituzione è rapidissima.
Come è la guida? Con la eScape si trova facile confidenza:
l erogazione è fluida, comunque pronta quando serve e come
ci si aspetta da una moto da trial. Il comando dell'acceleratore
-ma questo è valido per qualunque moto elettrica- è in pratica
un interruttore. Se apri tutto, la moto va a cannone da subito.
Se parzializzi, mantiene l'erogazione desiderata. Il motore non
deve prendere giri e nemmeno li perde, se la mano è ferma sul
gas. Questa costanza di erogazione aiuta molto nel superare
tratti difficili e gravi pendenze in salita. Su questa versione poi,
a fronte di sospensioni meno efficaci nei passaggi più tecnici,
c'è un discreto comfort nei trasferimenti, garantito dalla sella
ampiamente imbottita e abbastanza alta da terra. Più perfor-
mante invece la emSport, che viene usata anche in gara nel
Campionato Italiano Trial nella categoria TR4. La potenza è la
stessa, ma l'erogazione è più pronta. Inoltre questa versione
ha una leva al manubrio là dove solitamente si trova la frizione
(ricordiamo che queste moto non hanno il cambio ) e che ge-
nera un "effetto elastico" se rilasciata rapidamente con il gas
aperto, a moto ferma. In pratica serve a superare ostacoli nelle
"zone" tipiche della disciplina trialistica. Ma c'è anche un'altra
funzione: se azionata mentre si è in movimento, la ruota poste-
riore tende a bloccarsi. In pratica genera una sorta di effetto
"kers" che, in discesa, permette alla batteria di ricaricarsi. �
NON SOLO TRIAL
Della Electric Motion, sia la emSport (in basso a sinistra e nella foto in azione nella pagina accanto) sia la eScape (in basso a destra) costano 8.450 euro; è attesa una versione più economica, la emLite, a 7.420 euro. A catalogo anche una enduro: la eTrek. Le batterie garantiscono 500 cicli di ricarica prima di dover essere sostituite. Info: www.
electric-motion.
fr e www.
futuretrial.com
gennaio 2017 / Motociclismo 129
Motociclismo / gennaio 2017130
tecnicaCONFRONTO 2 E 4 CILINDRI tt
UNA SFIDA
Motociclismo / gennaio 2017130
I motori a due e quattro cilindri sono i più diffusi tra le motociclette. E pure tra le supersportive queste soluzioni tecniche sono al vertice delle prestazioni. Vi spieghiamo come la disposizione dei pistoni e l'effetto giroscopico dell'albero motore intervengono sulla guidabilità della moto
infinita
di Riccardo Capacchione
gennaio 2017 / Motociclismo 131
Tra le molteplici “architetture” possibili per i pro-pulsori motociclistici, il bicilindrico e in partico-lare quello con disposizione dei cilindri a V di 90° longitudinale, è considerato il più performante, eclettico e molto redditizio anche nella guida sul
bagnato. Difficile trovare veri detrattori di questo moto-re. Perché? I motivi sono molteplici, alcuni evidenti, altri molto meno e alcuni quasi sorprendenti.Bisogna precisare che il numero e la disposizione dei ci-lindri nei motori motociclistici hanno anche un’importanza che va al di là della “ragion tecnica”, tanto che le diverse architetture arrivano a tipicizzare pesantemente la Casa costruttrice della moto. Per intenderci e facendo, per con-venzione, riferimento alla disposizione dei cilindri e non a quella dell’albero motore si può, senza timore di essere smentiti, affermare che Harley-Davidson “è” il Twin longi-tudinale a V di 45°, BMW il Boxer, Moto Guzzi il V trasver-sale di 90°, uno schema scelto anche da Ducati, ma con disposizione longitudinale dei cilindri (il noto “L”), Trium-ph è “dispari” con il 3 cilindri trasversale e infine le “giap-ponesi", con i loro 4 in linea. È una grossolana suddivisione quella appena fatta, sia chiaro, perché tutte le Case elencate sopra hanno esplo-rato molte altre soluzioni e architetture, ma non si può negare che oggi a ogni Costruttore corrisponda un moto-re “tipico”. Per molte applicazioni, come le moto da fuo-ristrada, quelle da turismo e le Custom, le scelte relative all’architettura del motore sono condizionate dalla desti-nazione d’uso specifica o, come dicevamo, da motivi legati alla tradizione del Marchio. La sfida tecnica più interes-sante è quella tra i motori sportivi bicilindrici e i plurifra-
DUE O QUATTRO PARI SONO
Qui sotto, l'albero motore della Ducati Panigale R mostra la L ricavata dall'angolo dei cilindri. Nell'altra
pagina, la disposizione crossplane dell'albero motore del 4 cilindri in linea della Yamaha YZF-R1 che ha
manovelle disposte a 90° tra di loro e scoppi irregolari, proprio come un bicilindrico a V di 90°.
Motociclismo / gennaio 2017132
tecnicaCONFRONTO 2 E 4 CILINDRI
DALLA STRADA ALLE CORSE ...
Chaz Davies spinge forte sul bagnato di Assen, nel quarto round del Mondiale Superbike. Il motore della Ducati Panigale R viene utilizzato -ovviamente- anche per la versione che gareggia nel Mondiale Superbike. Con gli ultimi regolamenti tecnici i motori del campionato SBK sono sempre più vicini a quelli di serie. Come si nota, la V ricavata dalla posizione dei cilindri è esattamente di 90°, solo leggermente ruotata all'indietro per non interferire con la ruota anteriore nelle frenate più intense.
gennaio 2017 / Motociclismo 133
LA GESTIONE DELLA RUOTA POSTERIORE NON È SOLO QUESTIONE DI "MANICO"
zionati con 4 cilindri in linea trasversali, una competizione
in cui molti aspetti legati direttamente a principi fisici fan-
no pendere la bilancia a favore di una o dell’altra soluzio-
ne. La tipologia di moto che prendiamo in considerazione
è quella delle sportive stradali, dato che per queste moto
le perfomance pure, e quindi la miglior efficienza tecnica
generale, sono un aspetto importante quanto la capacità
di rendere al meglio sui percorsi più diversi.
2 e 4 irregolariA questo punto bisogna addentrarsi un po’ nella Fisica ma
nessuna paura, qui vogliamo spiegare i riscontri pratici di
alcune leggi che la riguardano, più che enunciare teore-
mi e formule. Partiamo da alcuni esempi: il ciclo completo
di un motore a 4 tempi si effettua con la rotazione di 720°
(2 giri) dell’albero motore. Se consideriamo un motore da
1.000 cc di cilindrata, in un Twin la cubatura unitaria è di
500 cc, che si riduce a 250 cc per il 4 cilindri. Per essere
più chiari ci riferiamo in primis a un motore del tipo utiliz-
zato da Ducati, in cui gli “scoppi” avvengono in maniera
“irregolare”. In pratica, “scoppia” il cilindro verticale su-
bito seguito, dopo 90° di rotazione dell’albero, da quello
orizzontale. Segue poi un lungo intervallo, durante il qua-
le il motore non genera coppia motrice e poi ancora gli
scoppi, ravvicinati di 90° tra loro. Si tratta di una carat-
teristica importante e che differenzia il motore a L in ma-
niera sostanziale rispetto a un altro bicilindrico a V di 90°,
come il motore utilizzato da Moto Guzzi. Nel Twin di Man-
dello del Lario la successione degli scoppi è infatti “re-
... E VICEVERSA
Sopra, magistrale derapata di Valentino Rossi e della sua Yamaha YZR-1M. Il quattro cilindri in linea del nove volte campione del mondo ha l'albero motore "crossplane" della normale R1, ma gira al contrario per avere un minore effetto giroscopico. A fianco, l'ultra compatto motore (solo 40 cm di larghezza) della supersportiva di Iwata, la YZF-R1.
golare”: dopo la fase di combustione del primo cilindro,
l’albero motore ruota di un giro più 90° (270° in totale) e
poi scoppia il secondo cilindro, secondo una distribuzio-
ne più omogenea dei picchi di coppia corrispondenti alle
fasi attive del motore, da cui deriva anche il sound diffe-
rente dei due propulsori.
In un 4 in linea la distribuzione degli scoppi è più regola-
re lungo i 720° di rotazione dell’albero (ciclo completo 4T).
Motociclismo / gennaio 2017134
tecnicaCONFRONTO 2 E 4 CILINDRI tt
Questo comporta che nel bicilindrico a L si registreranno
alti picchi di coppia (dovuti ai cilindri dalla capacità doppia
rispetto a quelli di un “4”) quasi contemporanei, seguiti da
una lunga “inattività”, mentre nel 4 in linea l’andamento del-
la coppia sarà molto più regolare, con i picchi di coppia mo-
trice distribuiti ogni 180°. La spinta applicata alla ruota sarà
più regolare con il 4, il che farebbe supporre che, ad esem-
pio sul bagnato (dove la guida “dolce” premia), il controllo
e l’aderenza del pneumatico sia superiore. Avviene invece
l’esatto contrario, il grip in accelerazione con il motore a L
è superiore. Perché mai? Se si considerano le fasi attive
in effetti la gomma della moto con motore Twin tenderà a
“spinnare” e a scivolare quindi lateralmente più che quel-
la della moto 4 cilindri. Il lungo tempo senza fasi attive, pe-
rò, dà modo al battistrada di recuperare l’aderenza mentre
con il motore 4 cilindri, una volta superato il limite di ade-
renza del pneumatico questi difficilmente “avrà il tempo”
di riprendere il grip perduto, se non alleggerendo il carico
dell’acceleratore. Molti Costruttori di 4 cilindri hanno rea-
lizzato motori denominati “Big Bang”, o a scoppi ravvicinati,
DIFFERENTI ARCHITETTURE
Qui a fianco e sopra, due delle più performanti 4 cilindri supersportive, rispettivamente l'Aprilia RSV4 e la BMW S
1000 RR. Sotto, i loro motori: quello italiano (a sinistra) ha una configurazione a V di 65° mentre quello bavarese è disposto in
linea ma a differenza di quello Yamaha ha gli scoppi regolari.
gennaio 2017 / Motociclismo 135
ALBERO MOTORE PIÙ CORTO UGUALE PIÙ MANEGGEVOLEZZA:
V4 BATTE 4 IN LINEA
Motociclismo / gennaio 2017136
tecnicaCONFRONTO 2 E 4 CILINDRI tt
disponendo diversamente le manovelle dell’albero motore.
Un esempio l’ultima versione della Yamaha R1 che monta
l’albero cosiddetto “Crossplane” con manovelle a 90°
tra loro, esattamente come sul bicilindrico che stia-
mo analizzando. Nella pratica, si è riscontrato che far
perdere aderenza in modo netto, ma per poco tem-
po, al pneumatico ha una resa superiore piuttosto che
farlo scivolare più dolcemente.
Un Momento, pleaseAvete tirato il fiato un attimo? Proseguiamo allora con
un’altra qualità “nascosta” del Twin a L. Questa deriva
da un particolare comportamento delle masse in rotazio-
ne che reagiscono in maniera quasi inaspettata ad alcu-
ne sollecitazioni. L’effetto giroscopico è sotto gli occhi
di tutti quando si osserva una trottola che si mantiene in
posizione verticale fin quando ruota abbastanza veloce-
mente. L’asse di rotazione tende a mantenere la propria
posizione nello spazio e questo comportamento sarà più
evidente con l’aumentare della massa in rotazione, del
raggio e della lunghezza (misurata sull’asse di rotazione)
dello stesso corpo in rotazione.
Però quando si applica una forza sufficiente, il sistema in
rotazione reagisce in modo “strano”: se ruotiamo l’asse di
rotazione si genera una forza a 90° rispetto a quella appli-
L'EFFETTO GIROSCOPICO DATO DALLA ROTAZIONE DELLA RUOTA POSTERIORE
CI VUOLE MASSA
Un altro potente bicilindrico, il KTM 1290 Super Duke R: ha ben 177 CV a 9.750 giri. L'angolo tra i cilindri è di 75° e richiede di contrabilanciare la particolare disposizione: due ingranaggi, in zona frizione e sotto l'alternatore, recano masse a "mezzaluna" per equilibrare il tutto.
gennaio 2017 / Motociclismo 137
L'EFFETTO GIROSCOPICO
cata. Per essere più chiari: pensate di tenere con le mani
l’asse di una ruota che gira veloce. Guardando dall’alto la
ruota, se giriamo verso sinistra il suo perno, lo stesso “ri-
sponderà” spingendo la nostra mano sinistra verso l’alto,
facendo quindi “ribaltare” la ruota verso destra. Esatta-
mente come quando, guidando una moto, ruotiamo lo ster-
zo verso sinistra (con la moto verticale): l’asse della ruota
tenderà a “spingere” la moto in piega verso destra, aiu-
tandoci nella manovra.
Vi sono moto più “dure” da inserire in curva rispetto ad
altre e questo effetto, chiaro e ben avvertibile magari a
parità di pneumatici montati, dipende anche dall’effetto
giroscopico che, se viene in aiuto a “piegare”, richiede
anche uno sforzo da parte del pilota per generare la com-
ponente utile alla guida. Facendo mente locale, quando
effettuiamo questa manovra sullo sterzo, lo stiamo facen-
do anche in riferimento all’albero motore. Quello più corto
e rigido del bicilindrico offrirà meno resistenza rispetto a
quello più lungo del 4 cilindri che, oltretutto, normalmen-
te ruota a velocità superiore al primo (ovvero, il numero di
giri che leggiamo sullo strumento è mediamente più alto
su un 4 che su un Twin con le stesse caratteristiche) au-
mentando l’effetto giroscopico che tende a mantenere la
posizione dell’asse di rotazione dell’albero motore. Questo
è uno dei motivi che spiega perché nei 4 in linea si ricerchi
certosinamente la compattezza laterale, arrivando, come
nel caso della citata Yamaha R1, a contenere la bancata
dei cilindri in poco più di 40 cm, un risultato che ha del fe-
nomenale, motivato da ragioni molto valide, come detto.
L’effetto giroscopico generato dal motore è notevole, anche
se inferiore a quello prodotto dalle ruote della moto, ma net-
tamente avvertibile: lo sanno bene Valentino Rossi e i soci
che guidano la M1, che ha il suo albero motore controro-
tante rispetto a quello di una normale supersportiva come
la "sorella" R1. Questo perché i piloti non hanno bisogno
di tutta quella stabilità generata normalmente dall'albero
motore e dalle ruote in rotazione della moto: preferiscono
che la M1 sia più nervosa per poter gestire al meglio i ra-
pidi cambi di direzione.
Vi sono molte altre considerazioni che si possono rilevare
proseguendo in questa analisi, a cui accenniamo: un bi-
cilindrico a V di 90° è naturalmente bilanciato il che evita
l’utilizzo di contralberi e di sistemi anti vibrazioni, indi-
spensabili invece su un 4 cilindri. Il contralbero genera
un ulteriore effetto giroscopico, anche se di entità mino-
re rispetto a quello proprio dell’albero motore, data la mi-
nor massa e velocità di rotazione. La nostra dissertazione
potrebbe portare a pensare che chi non monta un twin a
L sbagli, ma il bello della moto sta proprio in questo: co-
me nel Poker, non esiste una soluzione vincente in asso-
luto e i “contro” del motore a L non sono pochi, ma questa
è un’altra storia...�
ASSE IN
EQUILIBRIO
Sopra, il disegno schematico di un giroscopio con le forze che intervengono sulla sua rotazione: F è quella applicata allo sterzo, R la reazione del giroscopio e G il senso di rotazione della ruota anteriore.
GIROSCOPIO
E DELL'ALBERO MOTORE È BEN DIVERSO TRA MOTORI A DUE E QUATTRO CILINDRI
REAZIONE R
AZIONE APPLICATA F
G
Motociclismo / gennaio 2017138
sportDAKAR 2017
È il rally più famoso del Mondo e questa si annuncia come l'edizione più difficile di sempre. Tanti i piloti al via: 145 iscritti (di cui 11 italiani), con ben 52 rookie e 5 big team ufficiali. Abbiamo intervistato i top manager di Honda e KTM, le grandi avversarie che si contenderanno la vittoria
L'AVVENTURAC O M E È D U R A
di Nicolò Codognola
ss
gennaio 2017 / Motociclismo 139
GENNAIO TAPPA KM SPECIALE KM TOTALIdomenica 1 Cerimonia di partenza ad Asunción
lunedì 2 Asuncion - Resistencia 39 454martedì 3 Resistencia - San Miguel de Tucuman 275 803mercoledì 4 San Miguel de Tucuman - San Salvador Jujuy 364 780giovedì 5 San Salvador Jujuy - Tupiza 476 521venerdì 6 Tupiza - Oruro 447 692sabato 7 Oruro - La Paz 527 786domenica 8 Giorno di riposo
lunedì 9 La Paz - Uyuni 322 622
martedì 10 Uyuni - Salta 492 892mercoledì 11 Salta - Chilecito 406 977giovedì 12 Chilecito - San Juan 449 751venerdì 13 San Juan - Rio Cuarto 288 759sabato 14 Rio Cuarto - Buenos Aires 64 786
8.823 KM IN DODICI GIORNI
TAPPA KM SPECIALE KM TOTALI 1 Cerimonia di partenza ad Asunción
Asuncion - Resistencia 39 454Resistencia - San Miguel de Tucumang 275 803
ì 4 g j ySan Miguel de Tucuman - San Salvador Jujuy 364 780San Salvador Jujuy - Tupizaj y p 476 521
pTupiza - Oruro 447 692Oruro - La Paz 527 786
8 Giorno di riposo
La Paz - Uyunii 322 622
0 yyyUyuni - Salta 492 892ìì 1111 SaSaSaSaltltltltlta a a aa - - - ChChChChililili ececececititititooo 404040406666 9797979777772 Chilecito - San Juan 449 7513333 SaSan n JuJuan - RRRioii Cuartoo 288 759
Rio Cuarto - Buenos Aires 64 786
3 KM IN DODICI GIORNI
Motociclismo / gennaio 2017140
sportDAKAR 2017
GIÀ VINCENTE ALLA SUA SECONDA DAKAR, TOBY PRICE È L'UOMO DA BATTERE
Marc Coma ha dichiarato che la Dakar 2017
sarà la più dura di quelle disputate in Sud
America. A guardare i numeri (giorni di
gara, km di speciali e totali, altitudini rag-
giunte) non sembra ci sia molto di più o
di diverso rispetto agli anni passati, ma in competizioni
come i rally non sono le fredde cifre a far capire le dif-
ferenze. Coma, che di Dakar ne ha vinte cinque, dallo
scorso anno veste i panni di Direttore Sportivo e, dopo
un'edizione molto "sprint" che ha senza dubbio avvan-
taggiato i piloti più giovani ed esuberanti (il vincitore
Toby Price, esordiente nel 2015, ne è l'esempio più lam-
pante), ha "disegnato" un percorso più simile alle gare
africane. A partire dai terreni di prova: dopo la partenza
da Asunción, in Paraguay (altra novità del 2017), il per-
corso si inoltrerà in territorio argenino e boliviano, con
l'attraversamento del deserto di sale di Uyuni, le dune
sabbiose della regione di Oruro e l'incanto del lago Titi-
caca. Tutto ad altitudini intorno ai 4.000 metri. Ecco l'al-
tra difficoltà: la Dakar ha sempre toccato quote elevate,
anche intorno ai 5.000 metri, ma in Bolivia -5 tappe- si re-
sta quasi sempre sopra i 3.600 metri. La lunghezza delle
tappe, tra trasferimenti e prove speciali, non sembra più
massacrante del passato ma, come abbiamo detto all'i-
nizio, non sono i numeri a fare la differenza. La difficoltà
del percorso porterà i piloti a raggiungere l'accampa-
mento anche a tarda notte, come succedeva in Africa.
Torna poi nel suo formato classico la tappa marathon,
con moto, auto e camion insieme, come non succedeva
dal 2009. Inoltre è stata annunciata l'introduzione di un
nuovo Way Point Control (già sperimentato al Merzouga
Rally): un punto di controllo per consentire all'organizza-
zione di verificare che i piloti stiano seguendo corretta-
mente il road book. E il GPS sarà utilizzato con funzioni
limitate. Ecco quindi che la navigazione torna protago-
nista, così come è stato alle origini di questa corsa, tra-
DREAM TEAM
Nella foto della pagina accanto, il team KTM: Laia Sanz, Antoine Meo (che però non parteciperà alla Dakar per un problema allo scafoide), Matthias Walkner, Toby Price e Sam Sunderland. Qui sotto, il campione 2016, l'australiano Toby Price.
gennaio 2017 / Motociclismo 141
ALEX DORINGER - KTM RALLY TEAM MANAGER
"L'AVVERSARIO PIÙ TEMIBILE? LA DAKAR STESSA”KTM domina la Dakar da 15 anni. Siete
tranquilli per l’edizione 2017? Chi è il
vostro avversario più temibile?
“Siamo preparati nel miglior modo
possibile e onestamente non guardiamo
a quello che fanno gli altri. Pensiamo
solo a fare bene i nostri compiti e
prepariamo team e moto per la sfida
2017. L’avversario più temibile è
sicuramente la Dakar stessa”.
In casa KTM, piloti giovani e talentuosi
(Price) prendono il testimone di grandi
campioni (Despres e Coma). Come sono
le nuove generazioni, in confronto
con i veterani? Si avverte il salto
generazionale?
“Gli obiettivi sono sempre gli stessi.
Le nuove leve corrono per vincere,
proprio come hanno fatto i campioni
prima di loro. Credo che la differenza
risieda nel background delle
competizioni da cui i nuovi piloti
provengono”.
Africa e Sud America: KTM ha vinto in
entrambi i Continenti. Ma che cosa è
cambiato nella tecnica e nei percorsi?
Come avete adeguato le moto?
“La Dakar sudamericana è diventata
più tecnica. Non ci sono molti deserti
aperti e sabbiosi come in Africa. Le moto
sono cambiate di conseguenza: dalle
grosse bicilindriche siamo passati alle
leggere 450, che si adattano meglio alle
necessità delle Dakar odierne”.
Altitudine, sbalzi di temperatura, grande
diversità di fondi: qual è la variabile più
temibile in questa edizione della Dakar?
“Un mix di tutti questi fattori. Senza
dubbio le alte temperature in Argentina
e l’altitudine della catena Andina
metteranno a dura prova sia i piloti sia i
team e tutta la logistica”.
Motociclismo / gennaio 2017142
ss sportDAKAR 2017
MARTINO BIANCHI - HRC GENERAL MANAGER
Dal 2013 la Honda è tornata a impegnarsi
direttamente nella Dakar, con moto e piloti
di primo livello, ma non è riuscita a scalfire
il predominio KTM. In che direzione si lavora
per ribaltare la situazione?
“Il progetto di HRC è giovane, partito con la
CRF450 Rally solo dalla Dakar 2014. Non è
facile essere subito vincenti in una gara come
questa dopo 23 anni di stop. Qui conta tanta
esperienza, un team affiatato, moto affidabili
e piloti “scafati” e veloci. KTM ci ha messo
sette anni prima di diventare vincente e negli
anni Novanta non c’era l’elevato livello di
competizione che c'è adesso. Si lavora tutto
l’anno su ogni fronte: team, piloti e moto per
amalgamare il tutto e correndo il più possibile
nelle condizioni più varie”.
L'affidabilità delle moto è aumentata?
“La CRF è molto complessa e con tanta
elettronica. L'unico modo per renderla
affidabile è macinare chilometri sia in gara
sia in sedute di test. Abbiamo quattro diversi
team satellite per questo: in Giappone,
in Europa, in California e in Sud America.
Quest'anno poi abbiamo partecipato a 7
diverse competizioni con le più variegate
caratteristiche. Ora siamo a buon punto con
l'affidabilità, ma continuiamo a ricercare il
massimo sotto questo punto di vista anche
perché è stata un po' la parte dolente di tutto
il progetto. Nelle ultime tre edizioni della
Dakar abbiamo dimostrato di avere piloti
molto veloci che, se non avessero avuto
problemi meccanici, avrebbero sicuramente
lottato fino a fine gara per la vittoria”.
La CRF450 Rally è equipaggiata con il
controllo di trazione? E l'ABS c'è? Può
essere utile anche nella guida offroad?
“Una delle poche cose che non abbiamo
è l'ABS e pensiamo non sia un elemento
fondamentale nella guida offroad. Per il resto
vi rimando alla scheda tecnica della moto,
perché non mi è consentito dichiarare altro”.
Vi presentate con uno squadrone
imponente. Cinque piloti di diversa
estrazione ed età: dai veterani Goncalves,
Barreda e Metge ai giovani Brabec e
Benavides: come è il rapporto tra loro?
“Siamo veramente soddisfatti di come
si siano amalgamati tra di loro. Abbiamo
il "senatore" Goncalves che è davvero
straordinario e riesce sempre a creare
gruppo. L'entrata nella squadra ufficiale di
Benavides (che però non parteciperà, per
via di un infortunio occorso in allenamento
a metà dicembre, n.d.r.) ha “alleggerito" le
responsabilità di Barreda che ora è molto più
sereno e va molto d'accordo con tutti. Poi
Brabec è il più giovane, ma perfettamente
integrato nella squadra, anche se per lui
porteremo come helper in assistenza un altro
veterano come Johnny Campbell. Metge
infine è sempre stato facile da gestire ed è
l'uomo di fiducia di Barreda con cui ha corso
e si è allenato insieme tutto l'anno”.
Che cosa pensa dei regolamenti? Sarebbe
spettacolare e interessante affiancare alle
450 anche le maxi-bicilindriche, regine del
mercato? Rivedere l’Africa Twin correre
nel deserto farebbe sognare molti.
“Le 450 vanno già troppo forte! E gli
incidenti sono all'ordine del giorno.
Immaginate con un bicilindrico da 200
kg: il rischio è davvero troppo elevato.
Ci vorrebbero gare diverse con tanta
navigazione e con una media oraria più
bassa. Ora con un 450 tocchiamo punte di
oltre 180 km/h. Sicuramente sarebbe una
proposta interessante, ma bisognerebbe
rivedere completamente la formula di gara,
il sistema di navigazione e le medie orarie”.
La Dakar 2017 è annunciata come la
più faticosa delle sudamericane: quali
saranno le insidie maggiori del percorso,
secondo voi, per piloti e logistica?
“Sarà un bel mix dove credo che le
condizioni climatiche faranno la differenza.
Potremmo trovare tanta acqua e freddo, ma
anche l’altitudine in Bolivia è un elemento
da non sottovalutare. Bisognerà sapersi
adattare al meglio alle diverse condizioni,
ma credo che anche la navigazione, a
differenza delle ultime tre Dakar, posso
tornare ad essere un elemento molto
importante. Marc Coma è sempre stato
un maestro della navigazione e avrà
sicuramente messo degli ingredienti molto
interessanti e tutti da scoprire”.
"ABBIAMO LAVORATO PER ACCRESCERE L'AFFIDABILITÀ DELLE MOTO”
gennaio 2017 / Motociclismo 143
sformatasi nelle ultime edizioni in gara "sprint", a tutto
vantaggio della nuova generazione di piloti, provenienti
da altre discipline, enduro e cross in primis.
Moto e piloti: poche novitàSe la formula della gara ha alcune modifiche, poco o nul-
la cambia nei team e nei mezzi. Il livello è molto alto e so-
no tanti i piloti che possono puntare alla vittoria di tappa.
Tuttavia la sfida al vertice è tra KTM e Honda: la prima
è incontrastata dominatrice delle ultime 15 edizioni del-
la Dakar, la giapponese invece è tornata a questa gara
dal 2013 e, nonostante piloti veloci e moto tecnicamente
evolute, non è ancora riuscita ad agguantare la vittoria,
dovendosi accontentare di podi. Il problema maggiore è
stato rappresentato dalla sofisticata -ma poco affidabi-
le- elettronica, soggetta a guasti imprevisti. La moto che
corre nel 2017 è solo un'evoluzione di quella vista sinora:
nessun colpo di testa. Anche KTM (e Husqvarna, le due
450 sono praticamente identiche) non cambia: il proget-
to, nato due anni fa, si è subito rivelato vincente, quindi
solo affinamenti per le austriache. Più evidenti i cambia-
menti attuati da Yamaha, che ora è derivata dall'enduro
WR450F, non più dalla cross YZ450F, alla ricerca di mag-
giore affidabilità e fruibilità nelle tappe lunghe. Tra i te-
am sostenuti direttamente dalla Casa costruttrice, c'è
poi quello di Sherco, supportato dall'indiana TVS. Tra le
altre moto in gara ci sono anche la Hero Speedbrain (la
base è la BMW/Husqvarna di sette anni fa) e la cinese
Zongshen ZX450.
E i piloti? Su 145 iscritti, sono 52 i rookie, ovvero gli esor-
dienti. Undici gli italiani (ne parliamo più avanti) e due le
donne: Laia Sanz (15a l'anno scorso, 9a nel 2015) e Rosa
Romero Font (49 anni, 5 presenze alla Dakar), entrambe
spagnole e tutte e due su KTM. Il campione da battere è
Toby Price, un australiano coriaceo e veloce. Ha esor-
dito nel 2015, arrivando subito 3°. L'anno dopo ha vin-
to, riprendendosi da un pauroso incidente alla colonna
5 PILOTI HRC
Nell'immagine di questa pagina, il deserto in alta quota dell'Atacama Rally è teatro anche di alcune tappe della Dakar. Nella pagina accanto, lo squadrone Monster Energy Honda HRC, da sinistra: Joan Barreda (11), Ricky Brabec (9), Paulo Goncalves (17) e Michael Metge (15). Kevin Benavides (4) è fuori dai giochi per un infortunio.
Motociclismo / gennaio 2017144
ss sportDAKAR 2017
LE MOTO UFFICIALI
HONDA CRF450 RALLY ’Quinto anno alla Dakar per questo prototipo, che poco o
nulla condivide con la CRF450R da cross. Il monocilindrico ha infatti distribuzione bialbero (al posto della Unicam) e misure
superquadre più spinte (97x60,8 mm anziché 69x62,1mm).
HUSQVARNA FR 450 RALLY
Praticamente è una KTM verniciata di bianco e blu. Identico il motore con distribuzione monoalbero e il telaio a traliccio, così come lo scarico (Akrapovic) e le sospensioni (firmate WP). Anche lei ha sponsor "energetico", come KTM e Honda. Forse è quello che ai piloti mette le ali...
SHERCO TVS RTR 450
L'abbiamo vista esposta a Eicma: è la moto di Juan Pedrero Garcia. Tra le peculiarità della moto francese, la sella altissima (supera il metro da terra, ma il pilota sfiora i due...) e il paramotore in fibra di carbonio con ampie prese d'aria per raffreddare anche il basamento.
KTM 450 RALLY ’La moto da battere: potente e affidabile, presentata due
anni fa, è praticamente immutata. Il motore è un 450 cc monoalbero. Serbatoi (33 litri totali) e cupolino sono
realizzati dall'italiana Acerbis. La KTM pesa circa 140 kg.
YAMAHA WR450F RALLY ’Derivata dalla enduro e non più dalla cross, la giapponese è in definitiva più adatta ad assorbire le massacranti prove
speciali della Dakar, con attacchi telaio meno rigidi e sovrastrutture più elastiche, in plastica anziché in carbonio.
gennaio 2017 / Motociclismo 145
vertebrale che lo ha costretto immobile a letto per mesi.
Basta invece una frattura alla mano per tenere fuori dai
giochi Antoine Meo, suo compagno di squadra. Il venta-
glio di partecipanti è variegato: ci sono i giovani virtuosi
(Walkner, Sunderland, Brabec, Quintanilla), gli enduri-
sti (Cervantes, Renet) e i veterani (Goncalves, Barreda,
Rodrigues, Botturi).
Italiani e "fai da te"La Dakar è una gara massacrante. Se poi pensi di volerla
fare tutto da solo, ovvero senza supporto logistico, con la
sola certezza di trovare il tuo bagaglio all'arrivo di tappa,
dove sarai costretto ad arrangiarti per la manutenzione
-e le eventuali riparazioni- della moto, allora devi esse-
re uno con gli attributi quadrati. Eppure non sono pochi
gli iscritti alla categoria malle moto, la più romantica e
affascinante, perché riporta alle origini di questa com-
petizione. Impegnativa anche dal punto di vista econo-
mico: se non sei un pilota ufficiale, devi trovare almeno
50.000 euro di sponsor per una moto, i pezzi di ricam-
bio, la spedizione in Sud America, il carburante... L'anno
scorso ci ha provato anche il nostro Francesco Catane-
se che però, scoraggiato da tre tentativi andati a vuoto,
non si presenterà all'edizione 2017. Sono tuttavia undi-
ci gli italiani attesi sulla griglia di partenza di Asunción,
cinque dei quali iscritti proprio alla malle moto. Tra loro
anche una leggenda della Dakar: Franco Picco, che alla
veneranda età di 61 anni si presenta in sella ad una Ya-
maha. L'anno scorso ha affrontato il percorso a bordo di
un quad, ma 'stavolta il richiamo della moto è stato più
forte di qualunque altra cosa. O forse è stata la prospetti-
va di una gara più "alla vecchia maniera", con tanta navi-
gazione, a soffiare sulla brace della passione. Da questo
punto di vista potrebbe essere la Dakar "buona" anche
per un altro italiano, Alessandro Botturi, pilota ufficia-
le Yamaha e rallysta old style: usa più il cervello dell'e-
suberanza, rischia poco e naviga bene. Tifiamo per lui
e per tutti gli altri italiani in gara, che vorremmo vedere
all'arrivo a Buenos Aires, il prossimo 14 gennaio: Jaco-
po Cerutti (con il team ceco Moto Racing Group insieme
a Milan Engel), Livio Metelli, Diocleziano Toia, Manuel
(che partirà con la Honda ufficiale con cui Kevin Bena-
vides arrivò 4° un anno fa) e i due esordienti Domenico
Cipollone e Alessandro Ruoso. �
TRA I TOP RIDER, L'ITALIANO ALESSANDRO BOTTURI È PORTACOLORI YAMAHA
PUNTANO
AL PODIO
Sopra, Helder Rodrigues con la Yamaha: il 37enne portoghese, negli ultimi dieci anni è arrivato per ben otto volte tra i primi 5 alla Dakar.Sotto, il cileno Pablo Quintanilla, 3° nel 2016, è l'uomo di punta della Husqvarna.
Motociclismo / gennaio 2017146
CALENDARIO MXGP
25 febbraio Qatar Losail
5 marzo Indonesia Pangkal Pinang
19 marzo Argentina Neuquen
2 aprile Messico Leon
16 aprile Italia - Trentino Pietramurata
23 aprile Olanda Valkenswaard
7 maggio Lettonia Kegums
21 maggio Germania Teutschenthal
28 maggio Francia Ernée
11 giugno Russia Orlyonok
25 giugno Italia Maggiora
2 luglio Portogallo Agueda
23 luglio Rep. Ceca Loket
6 agosto Belgio Lommel
13 agosto Svizzera Frauenfeld/Gachnang
20 agosto Svezia Uddevalla
3 settembre Usa Charlotte
10 settembre Olanda Assen
17 settembre Francia Villars sous Ecot
1 Ottobre Motocross Gran Bretagna,
delle Nazioni Matterley Basin
ss sportNEWS
Cambia il regolamento
della Superbike. Per il
2017, le nuove regole
prevedono che il vincitore di
Gara 1, in Gara 2 parta al 9°
posto. I primi nove posti della
griglia di partenza della seconda
corsa saranno infatti stabiliti
dall’ordine d’arrivo parzialmente
invertito della prima, con un
sistema mutuato da alcune gare
automobilistiche come il WTCC
(World Touring Car Championship,
il campionato del mondo turismo).
La decisione è stata presa dalla
Superbike Commission e nello
specifico prevede che la griglia
di partenza di gara 2 dipenda dai
risultati della Superpole solo dalla
decima posizione in giù, mentre
la prima fila vedrà in pole position
il pilota 4° classificato in Gara 1,
seguito dal 5° e dal 6°. Seconda
fila: rispettivamente il 7°, l’8° e il 9°
di Gara 1 e in terza fila ci saranno
i tre piloti sul podio di Gara 1, ma
a posizioni invertite. Cioè, il 1°
classificato partirà dal nono posto,
il 2° dall’ottavo e il 3° dal settimo.
Inoltre, debutta la nuova classe
Mondiale Supersport 300 (che
affiancherà la SBK solo in Europa).
Calendario: addio Malesia, entra
il Portogallo; ridotta a un mese
la pausa estiva. Nella foto sopra,
Jonathan Rea, dominatore dei test
di Aragon, gli ultimi prima della
trasferta australiana.
Modifiche al regolamento: la griglia di gara
2 sarà composta invertendo i piazzamenti di
gara 1. Il primo partirà 9°, il 4° sarà in "pole"
MONDIALE SBK
I primi saranno ultimi
MXGP
Il calendario del Mondiale
Motocross subisce una piccola
modifica, che interessa da
vicino il pubblico italiano del
tassello. Addio GP di San
Marino e vengono scambiate
le date del GP d’Italia (a
Maggiora) e del GP del
Trentino. Proprio quest’ultimo
sarà il primo appuntamento
europeo per i piloti di MXGP e
MX2 dopo ben quattro round
lontano dal nostro continente.
Nella foto, l'uomo da battere, lo
sloveno Tim Gajser, Campione
del Mondo su Honda.
Il via europeo dal Trentino
CALENDARIO MONDIALE SBK
24-26 febbraio Australia Phillip Island
10-12 marzo Thailandia Buri Ram
31 mar-02 apr Spagna Motorland Aragon
28-30 aprile Olanda Assen
12-14 maggio Italia Imola
26-28 maggio Regno Unito Donington Park
16-18 giugno San Marino Misano
7-9 luglio USA Laguna Seca
18-20 agosto Germania Lausitzring
15-17 settembre Portogallo Portimao
29 set-1 ott Francia Magny Cours
13-15 ottobre da assegnare
2-4 novembre Qatar Losail
gennaio 2017 / Motociclismo 147
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IL PASSO DA SCOPRIREIn foto, alcuni “cacciatori di
vette”che hanno partecipato
all’edizione 2016 di Pick The Peaks
salgono sul Passo della Scalucchia
(1.367 m), tra i comuni di Collagna
e Ramiseto, in provincia
di Reggio Emilia.
PICK THE PEAKS È SEMPRE OCCASIONE PER NOI DI SCOPRIRE NUOVE STRADE DI MONTAGNA. SIAMO ANDATI A PERCORRERNE ALCUNE SULL’APPENNINO TOSCO-EMILIANO, SUGGERITE DAI “CACCIATORI DI VETTE”... IL NOSTRO INVIATO OLTREOCEANO, CLAUDIO GIOVENZANA, CI RACCONTA INVECE LA CONQUISTA DELLA CORDILLERA ANDINA
Motociclismo / gennaio 2017150
travellersSUD AMERICA PERÙ
Claudio Giovenzana, il nostro inviato nelle Americhe, prosegue il suo viaggio verso Sud. Dopo Colombia ed Ecuador, è la volta del Perù e della sognata conquista della Cordillera, un’avventura tra cielo e terra, sempre in sella alla sua Guzzi California
testo e foto di Claudio Giovenzana
delle AndeL A C O N Q U I S TA
151gennaio 2017 / Motociclismo
Sto viaggiando sulla costa del Perù e il deserto
che mi aspettavo d’incontrare, poco dopo aver
lasciato l’Ecuador, aveva nella mia testa il
consueto volto della steppa. Pensavo sarebbe
stata una distesa di terra compatta butterata
da qualche cespuglietto e albero nano, con poca erba e
tanto silenzio. Non avrei mai detto che qualcosa di simile
al Sahara, con onde giganti di sabbia e creste pettinate
dal vento, potesse apparirmi davanti agli occhi proprio qui,
in Sud America. Dopo aver superato le risaie tra Tumbes
e Piura ricevo questa sorpresa inaspettata, un diversivo
paesaggistico che accolgo bene nonostante ogni atomo
che mi compone è teso verso luoghi molto diversi e molto
lontani dalla costa in cui mi trovo.
Continuo a guidare tra dune giganti e intanto mi chiedo dove
e, soprattutto, quando incontrerò la strada che mi butterà
nelle fauci di quelle valli selvagge che sogno da tempo.
In quel sogno c’è la Cordillera de los Andes con quelle
cime bianche che sembrano missili puntati sullo spazio.
Soprattutto, in quel sogno, c’è il mio ritorno, motorizzato
questa volta, nel Sud America che visitai per la prima volta
tanti anni fa, quando ero un cucciolo della strada appena
uscito dalla tana per vedere come funzionava il Mondo.
Adesso finalmente il sogno diventa realtà: a distanza di
dodici anni sono tornato, con una motocicletta. Mi sento
come se volessi visitare un vecchio amico di cui ho perso le
tracce, vedere se lo ricordo bene o male e se mi fa l’effetto
della prima volta oppure no.
INTOPPI DI FRONTIERA
Ho ricominciato il viaggio alla fine di settembre. Sono stato
in Italia due mesi, solo 60 giorni, il tempo necessario perché
mia madre memorizzi i miei tratti somatici… per poi vedermi
sparire di nuovo. Una parabola del figliol prodigo che si
ripete, tra struggimenti e nostalgie, da ben otto anni senza
epilogo o soluzione, solo con la coazione a ripetere imposta,
quasi come condanna, da questo stile di vita nomade.
La moto è rimasta in Perù da metà luglio a metà settembre,
sono dovuto andare a riprendermela prima dello scadere del
suo “permesso di soggiorno”. Questo cavillo con le dogane
è quasi sempre la causa di rimpatri così brevi e affrettati.
Ho dovuto rifare la trafila burocratica al confine
settentrionale per avere tre nuovi mesi di permesso. Mi
hanno detto che bastava andare alla frontiera di uscita del
Perù per rinnovare il permesso senza bisogno di entrare
e riuscire dall’Ecuador. Grazie all’agente Luis Diaz, che la
pensa in modo diverso dai suoi colleghi, tutto il processo di
un’ora e mezza, tra code e timbri, è stato reso inutile. Con il
MARE MAGNUM
Claudio Giovenzana, autore di questo reportage, si ferma ad ammirare la "Cordillera", lungo la strada che da Chimbote porta a Caraz (2.256 m),
nella Regione di Ancash.
Motociclismo / gennaio 2017152
travellersSUD AMERICA PERÙ
rifiuto di quest'uomo io e Olga abbiamo dovuto rifare tutto
daccapo e moltiplicato per due: fare la procedura migratoria
di uscita dal Perù e ingresso in Ecuador… poi quella
di uscita dall’Ecuador e di ingresso in Perù. Poi ancora
l’uscita della moto dal Perù, l’ingresso in Ecuador, l’uscita
dall’Ecuador e il nuovo ingresso in Perù. Finiamo per perdere
quasi una giornata mentre, sotto la lente d’ingrandimento
della migrazione, iniziamo ad apparire strani, anzi sospetti.
Gli impiegati si fingono cordiali ma intanto mi fotografano il
passaporto, registrandolo probabilmente in una lista nera
riservata a chi ha collezionato tanti timbri di entrata e uscita
in un lasso di tempo troppo breve.
Le frontiere di terra sono i canali di scolo dove drena
l’ignoranza più qualificata. Se è vero che da un Paese
fuggono i cervelli è anche vero che coloro ai quali è fuggito
il cervello si ritrovano spesso incastrati ai confini tra diverse
nazioni. E qui trovano un posto di lavoro.
LA SALITA SULLA SIERRA
Ok, ora che vi ho raccontato la purga della frontiera
riprendiamo il racconto da dove eravamo: la marcia verso
Sud con la meravigliosa sorpresa di dune quasi africane.
Ogni tanto il deserto scompare alle porte di città antipatiche
come Piura e Ciclaio. Qui dobbiamo fare i conti con un
traffico urbano sregolato e nevrastenico: quando ti fermi
con il rosso ricevi clacsonate da dietro come se stessi
infrangendo la tacita regola di infrangere ogni regola del
codice della strada. Si guida a “stile libero” e con i semafori
sono tutti piuttosto daltonici. Il deserto mi accoglie di nuovo
dopo questi intoppi e rimette tutto a posto, mi calma la mente
e raffredda la moto, mi fa un incantesimo di lentezza, un
tempo fuori dal tempo, dove ho pace. Quando prendo la
deviazione per Cajamarca divento pian piano trepidante,
euforico, impaziente di avvicinarmi alla Sierra. Le prime
colline attorcigliano rapidamente le strade, ne fanno un
groviglio di tornanti, viticci, ghirigori, nodi… Mi arrampico
di corsa. Tutto si trasforma in “moto-alpinismo”, le chiuse
cedono e l’adrenalina sgorga di nuovo abbondante
in un crescendo di tensione, attesa, divertimento e
trattenimento. A un livello più spirituale ho fame di
elevazione, di vettori che vanno all’insù, di aria sottile. Olga è
dietro e cannoneggia con la macchina fotografica contro le
prime tracce di vita andina, cerchiamo di essere discreti ma,
prima ancora, siamo fotografi a caccia di immagini. Siamo
anche poco mimetici: la livrea azzurra della moto, la gobba
di bagagli e le dimensioni pachidermiche ci introducono alla
popolazione della Sierra con le stigma di gente diversa che
viene da lontano.
Qui, in Perù, finisci sempre per essere chiamato “gringo”
o affettuosamente “gringuito”, poco importa che vieni
dall’Europa e, in particolare, da quel Paese, culla di la lingua
madre di tante altre, che dovrebbe qualificarti come più
latino di un latino. Sono un gringo punto e basta. Precisare
le mie origini non serve a nulla, né alle pompe di benzina né
quando saluto i bambini per le strade che gridano qualche
“How are you?” oppure “Hi man!”. Continuiamo a salire, la
Guzzi mostra un respiro affaticato da enfisema polmonare,
non tiene il minimo, ogni tanto sembra scarburato anche
se non ha carburatori. L’altezza gli piomba addosso
decimandogli parecchi cavalli, mi dicono che ogni mille
"NON AVREI MAI DETTO CHE QUALCOSA DI SIMILE AL SAHARA, CON ONDE
DESERTO
INASPETTATO
Sopra, una pausa nel
deserto, lungo la costa settentrionale
del Perù, subito dopo Ciclayo, la quarta città
del Paese, nella regione di
Lambayeque.
t
gennaio 2017 / Motociclismo 153
metri perdi il venticinque percento di potenza. Quindi quando arriverò a 5.000 dovrebbe essere completamente morta? Che importa. Un modo lo troveremo.
LA DONNA DELLO SPAZIO
C’infiliamo in alcune valli strette dove la strada gira svelta su pendenze sino a scollinare. Aggiriamo le prime punte della Cordillera sino al momento in cui questa ci mostra, nel grembo di una piana circondata da montagne, le prime case di Cajamarca. Alle porte della città, mentre cerco di accostare un attimo e riposare la schiena prima d’immettermi nel traffico cittadino, la ruota davanti scivola su una ghiaietta della banchina. Finiamo in terra con la moto che si sdraia sui nostri piedi. Proprio mentre un motociclista si accinge ad aiutarci improvvisando una leva da Archimede per alzare il Guzzi, scorgo la prima foto meravigliosa del viaggio. È già fatta, pronta, basta solo fare click, solo che ho il problema di levarmi prima 300 kg di dosso. Una donna indigena dall’altro lato della strada che, bontà sua, se ne frega del nostro piccolo incidente, continua a tessere un drappo di lana con il suo telaio legato alla vita, l’altro capo della tela lunga parecchi metri è attaccato a un palo della luce. Se strizzi gli occhi per appannare la vista sembrerebbe di guardare qualcuno infilato dentro un fionda gigante che sta per farsi sparare nello spazio. Ok, bello, ma ho ancora il problema della moto addosso, per fortuna si è appoggiata anche sulla borsa, non solo sul mio piede (questo sgravio della pena non mi risparmierà di claudicare per qualche giorno imbottito di antinfiammatori). Olga è caduta dolcemente sull’erba ma non spetta la stessa buona sorte
alla macchina fotografica che porta al collo: si rompe lo zoom e sono solo all’inizio del viaggio, lontano mesi dal prossimo rientro in Italia. Mi deprimo quasi a livello clinico. Scatto la mia foto e mi siedo in silenzio su un marciapiede. Penso a quando in Ecuador ho perso un drone, rotto una macchina e danneggiato il monitor dell’altra. Mi dico mentalmente che per fortuna tutto succede adesso, dopo anni di esperienza. Lo zoom gracchia ma la macchina sembra funzionare, posso ancora lavorare. Non lo so ancora, per fortuna, ma circa un mese dopo una pallonata, probabilmente non di un giocatore ma di un franco tiratore, avrebbe sistemato esattamente nello stesso modo la seconda e ultima macchina fotografica che porto con me. Sono un osservatore della legge di Murphy. Scatto la foto della donna indigena che sta per lanciarsi nello spazio.
UNA CAPRIOLA NEL TEMPO
Entriamo in Cajamarca e forse entriamo anche in un’altra epoca. Siamo alle porte di un mondo, e anche di un tempo, che i nostri nonni europei ci raccontavano sulle sedie a dondolo e che i nostri padri hanno appena intravisto prima che svanisse nel turbine della modernità che ha seguito la seconda guerra mondiale. Qui l’aratro si tira ancora con i buoi, l’acqua calda è rara, i panni si lavano nei catini all’aperto, gli uomini e le donne portano ancora il cappello a falda larga, i pastori fermano il traffico per far attraversare la strada ai loro piccoli greggi, qualcuno con l’asino porta il latte mentre le donne vestite di nero portano il lutto. I bambini hanno le guance bruciate dal freddo, striscioline di muco sulle narici e giocano nei prati con palloni sgonfi.
GIGANTI DI SABBIA (...), POTESSE APPARIRMI DAVANTI"
VISIONI DA
"NUOVO MONDO"
Sopra, Olga ammira la città di Cajamarca, capitale dell'omonima regione, posta a 2.700 m di quota. La sua fondazione (1370) è precedente all'invasione dei conquistadores.
Motociclismo / gennaio 2017154
tt travellersSUD AMERICA PERÙ
Gli sciuscià lustrano scarpe in piazza e gli arrotini affilano
i coltelli agli angoli delle strade. La mia depressione
scivolerà presto in secondo piano insieme ai dolori al
piede, l’attenzione sarà tutta per questa magistrale capriola
indietro nel tempo, per questa ricerca di tracce, non tanto
degli Inca (dopo quasi 9 anni di Latinoamerica sono stufo
delle rovine precolombiane), ma della vita contadina che è
appartenuta anche a noi e al nostro “secolo breve”. Con la
moto giriamo intorno a Cajamarca, per strade che incidono
le facciate rugose delle montagne, sui campi scoscesi ai lati
della strada vediamo mani gelate che cavano patate dalla
terra, mani di donne che vestono colori provocanti come il
turchese del cielo, lo smeraldo della selva e il rosso della
brace, mani consumate dagli affari con la Pachamama, la
madre terra. Il Perù è il più grande produttore al mondo di
patate, ce ne sono 3.000 varietà e quasi tutte preferiscono
crescere in altura, rifugiate in un suolo che con il freddo
diventa una cassaforte.
IL MONDO DI NATASHA
Un giorno abbandoniamo le montagne per andare a
“Baños de los Incas”, vicino a Cajamarca, dove le acque
sgorgano ribollendo dalla terra e si raccolgono in piscine
naturali e artificiali. Finisco per non interessarmi molto alla
possibilità di fare un bagno caldo, invece scatto foto alle
nuvole di vapore che, nella luce ambrata della sera, sembra
che inghiottano persone e rigurgitino fantasmi. Cammino
e fotografo tra silhouette diafane tremolanti, anime che
fluttuano tra mulinelli di nebbia. Ci fermiamo una settimana
a Cajamarca, a casa di Natasha, che ci ospita al terzo piano
di una casa che sta su un’altura tanto ripida che i mototaxi
che vanno a gas rinunciano all’ascesa lasciandoci a piedi
tre quadre prima. Natasha lavora (ci prova almeno) per
il governo belga in un progetto a beneficio del sistema
sanitario peruviano. Sta passando attraverso tutte le
stagioni dell’inefficienza nazionale: prima ci sono i cambi
di governo con dacapitazioni e sostituzioni ai vari ministeri
per mettere gli amici di partito con la conseguente paralisi
semestrale “di assestamento”, poi c’è lo scandalo di chi
ha rubato i soldi pubblici accendendo la miccia d’indagini
colossali che tirano il freno a mano di tutta la macchina
amministrativa e, infine, la burocrazia grippata con tutti i voli
pindarici per ottenere qualunque permesso, autorizzazione
e via dicendo. Insomma, la povera Natasha sta in ufficio,
cerca di fare qualcosa finendo per coltivare la pazienza più
di un monaco buddista in ritiro sull’Himalaya. Festeggio con
lei, con Olga e con Techi, il mio 37esimo compleanno, ancora
una volta lontano dalle mie radici, quasi fosse un’abitudine
alla quale non potrò, sinceramente, mai abituarmi. Dopo un
soggiorno quasi settimanale sul suo pavimento, la lasciamo
in pace e continuiamo verso Huaraz che, per me, è un
ricettacolo di memorie vecchie una dozzina d’anni, risalenti
al mio primo viaggio in Sud America. Quando tentai l’odissea
di un'avventura in solitaria, senza più accompagnatori o
gruppi per schermarmi da quel mondo che mi affascinava
e mi faceva un po’ paura.
I DOLORI DELLA VECCHIA GUZZI
La strada per Huaraz è addomesticata, asfaltata e un po’
apatica, continua dritta senza imprevisti come un binario ma
poi cambia, l’asfalto s’increspa, è punteggiato a sorpresa
da rompivelocità e brevi sterrate. A un certo punto, capisco
che si sta mettendo male per la Guzzi, soprattutto per la
sua gomma anteriore, sempre più liscia. Per l’appunto un
poliziotto che presidia un posto di controllo in mezzo alla
strada ci dissuade dal continuare per la montagna e ci
MUSEI E
TERRAZZI
NATURALI
Nella foto sopra, il bosco di pietra
di Huayllay, considerato
il museo geologico più
alto del mondo: presenta oltre
4.000 formazioni rocciose, formatesi
durante milioni di anni. Nella
pagina seguente, una donna
quechua sui gradini della "Calzada de
Santa Apolonia", una scala che
si arrampica sulla collina che
domina la città di Cajamarca.
gennaio 2017 / Motociclismo 155
Motociclismo / gennaio 2017156
travellersSUD AMERICA PERÙ
manda di nuovo sulla costa… La sento come una piccola
sconfitta, avrei voluto fare tutto il Perù saltando sulle sue
montagne, senza mai ritornare in basso, verso la costa,
come un Barone Rampante che non vuole più scendere
dagli alberi. Intanto, “dentro” la moto, il cavo che dalla
trasmissione va alla strumentazione si rompe mandando in
sciopero il contachilometri che, così, si aggiunge al contagiri,
muto da anni. La Guzzi diventa una “moto impressionista”,
nel senso che ho solo una vaga impressione della velocità,
dell’autonomia e dei chilometri percorsi. Il vento sulla faccia
mi dice se sono nei limiti di velocità, mentre i dolori alle
chiappe da quante ore sono alla guida. Mi accontento,
per ora. Andiamo in direzione di Trujillo fermandoci per
la notte in una desolante città costiera imprigionata nel
piano urbanistico di un maniaco ossessivo delle linee rette,
nemico di ogni forma "curva": Chimbote è un intreccio di
strade che si ripete all’infinito. La mattina scappiamo dal
piattume della costa, che in questo punto ha perso pure il
mantello solenne del deserto, lasciando solo la sconsolata
vuotezza di un piano cartesiano. Incontriamo nuovamente
la via per la Cordillera e la strada diventa una cordata in
salita sulla schiena di montagne brulle, occupate solo
da qualche plotone di cespugli, da qualche gruppetto di
eucalipti o pini nani che sono andati in avanscoperta e
qui si sono fermati. Andiamo avanti e la faccenda diventa
più seria: le salite s’impennano e l’aria diventa rarefatta, la
guida da “bella addormentata” diventa cattiva, chirurgica
nelle curve strette e quasi volgare lungo i pochi rettilinei
dove devo sgassare per non far spegnere il bicilindrico.
Ci fermiamo qualche giorno a Caraz, non ancora il Huaraz
dei miei ricordi ma ci è molto vicino per il nome e per la
geografia. Mancano solo 70 km, che decidiamo di non fare.
La sera cade come una sciabolata che stacca di netto il
giorno dalla notte.
Fa buio e freddo tutt’insieme. Finiamo in un alberghetto
economico da 10 dollari a notte, la moto va nel “garage
privato” dell’Hotel, ovvero nella segheria, all’altro lato della
strada, tra cataste di legno che le trasferiscono volentieri
VIAGGIO NEL
GRANDE NORD
Sopra, la sterrata che conduce
Claudio e Olga al ghiacciaio
Pastoruri (5.100 m), nella
Cordillera Blanca, cioé la parte nord
delle Ande (estesa circa 180 km e
composta da oltre 50 vette che
superano i 5.700 m).
gennaio 2017 / Motociclismo 157
polvere e segatura. La connessione internet collega solo il
mio computer al modem ma questo rimane inerte, separato
dal resto del WorldWideWeb, in uno sterile isterismo di
lucine verdi; l’acqua calda della doccia scende a stento.
Solo questi due elementi potrebbero riassumere un
decennio di pernotti in Latinoamerica.
Proviamo a proporre scambi di foto con l’ufficio turistico
della zona, memori della bellissima collaborazione avuta con
il governo dell’Ecuador. Perdiamo solo tempo e pazienza.
Esploriamo la zona azzardando con la Guzzi sterrati d’alta
quota per raggiungere posti da cartolina, come la Laguna
Yanganuco e il Lago Parón. Ci accampiamo a 4.300 metri
e cerchiamo di schiacciare un sonno fugace tra i brividi
di una notte siderale. Quando esco, a mezzanotte, per la
prima minzione vedo una luna spalancata come un occhio di
cristallo e, quando esco di nuovo, per la seconda minzione,
all’alba delle cinque, questa se n’è andata lasciando al suo
posto una spettacolare e brulicante assemblea di stelle.
Il giorno dopo, ridiscendo i 35 km di sterrati dopo la prudenza
di aver sgonfiato a metà la ruota davanti: la moto cambia
andazzo e l’anteriore invece di pattinare vergognosamente
aderisce in modo felino alla terra battuta senza, quasi mai,
perdere presa. Il trucco l’ho imparato quando, all’inizio del
viaggio nel 2008, cercai di star dietro a un olandese che, con
la moto da cross pesante la metà, alta il doppio e caricata
meglio, s’infilò dentro una rete di canyon di 200 chilometri
con me, povero disgraziato, alle calcagna.
STRADE DA SCALATA
Finalmente arriviamo a Huaraz e dentro questa città
commerciale e sgraziata troviamo l’ospitalità inaspettata e
generosa di quello che, senza dubbio, diventerà il nostro
primo e autentico amico peruviano, Raju, che ha trasformato
la sua casa in un centro di accoglienza e smistamento per
viaggiatori che vanno verso Nord e verso Sud. Chiunque
abbia uno zaino in spalla e stia cercando di conoscere una
fetta di mondo, nella dimora di Raju incontra riparo cibo e
amicizia. La moto va nel suo “garage privato”, cioè viene
CAMERA
CON VISTA
Dall'alto in basso: affaccio sul Lago Parón, il più grande della Cordillera Blanca, dove ci si può accampare e godere di una fantastica vista. Claudio e la mascotte, Toporso, che gli ha tenuto compagnia dall'inizio del suo viaggio (2008), festeggiano la conquista dei 4.000 m.
"INTORNO AI 4.000 METRI GLI ALBERI SCOMPAIONO...
E UN CARTELLO CI DICE CHE IL GHIACCIAIO È VICINO"
Motociclismo / gennaio 2017158
travellersSUD AMERICA PERÙ
spinta su rampe di mattoni e assi di legno, dentro l’internet
point, all’altro lato della strada. L’unica bellezza di Huaraz,
a mio modo di vedere, è ciò che la circonda: la Cordillera
Blanca e la Cordillera Negra. Da questo snodo partono
pulmini traboccanti di turisti che cercano la conquista delle
vette, con trekking morigerati o con eroiche scalate. C’è chi
ha le palle, l’età o la salute di portarsi lo zaino da sé e chi
invece ricorre ai servigi di “arrieros” che possano caricargli
i bagagli sul dorso dei loro asini e fornire altri servizi come
preparargli pasti e montargli la tenda ogni notte. C’è chi
qui impara a far scalate su pareti da quindici metri e chi gli
insegna a farlo dopo aver collezionato quattro “ottomila” in
mezzo mondo, come Victor Rimac, che una mattina intervisto
per capire cosa vuol dire amare la montagna sino al punto
di tornare sull’Everest dopo che una valanga ha ammazzato
quasi tutti i tuoi compagni.
Con la Guzzi cerchiamo di avvicinarci ai ghiacciai, almeno
a quelli sopravissuti al riscaldamento globale. Ci dicono
che una strada “abbastanza” agibile conduce molto vicino
al “Nevado Pastoruri”, senza che siano richiesti giorni di
cammino con piccozza e ghette. Un semplice sterrato ci
potrebbe condurre a soltanto due chilometri dalla meta, il
resto è solo una passeggiata. Un programma perfetto per
una gita di un giorno. Quel “abbastanza agibile” che mi
dicono sta esattamente sullo spartiacque tra “possibile”
e “impossibile” ma è inutile fissarsi sui prognostici di
chi non viaggia con una Guzzi e non ne conosce pregi e
difetti, scandalosi sovrappesi e magie inspiegabili. C’è
anche da dire che con il barbatrucco dello pneumatico
anteriore sgonfio dovrei avere un fantastico grip extra da
spendere proprio in queste situazioni. Quindi decidiamo
che “abbastanza agibile” è “abbastanza” anche per noi e
andiamo a vedere. Usciamo dall’asfalto ed entriamo nella
festa, l’inizio si presenta come uno sterrato tranquillo, timido.
Tengo i 30-40 di media, schivo le buche, ogni tanto non ci
riesco e mi prendo una gragnola di pugni nei reni da parte di
Olga, che durante anni di pessime strade mi si è accorciata
di statura. Piano piano, proprio quando aspetti dallo sterrato
il peggio, una mutazione invece accade al paesaggio: la
valle stretta si dischiude mostrando pareti di velluto verde,
un fiume lento scorre aggirando massi, dissetando bestiame.
Cavalli selvaggi e Alpache e animali che non conoscono la
bardatura o la gabbia si muovono lenti, a distanza ma senza
paura di noi, forse consapevoli di essere i padroni in casa
loro. Non so perché ma mi vengono in mente documentari
sulla Mongolia.
MOTOCICLISTI E "ARRIEROS"
Saremo intorno ai 4.000 m, oltre quella soglia gli alberi
danno forfait, sono tornati indietro per stabilirsi almeno
mille metri più in basso, chi del regno vegetale azzarda
avanscoperte sono alcuni cespugli coriacei, erba setolosa
come pelo di cinghiale e qualche fiore, imparentato con
le margherite, che decora i tappeti di prato. La valle è
un costante propagarsi di terra e di roccia, un lenzuolo
increspato, appeso tra le punte della Cordillera, poggiato
sotto un cielo un po’ plumbeo incupito dalla stagione delle
piogge. La strada continua fino alla fine della valle dove si
piega in tornanti e prende quota. Inizio ad aver freddo sul
serio, una sensazione che minaccia ma non scaccia la
bellezza che ho intorno. Un cartello di legno ci rassicura sul
fatto che il ghiacciaio Pastoruri è vicino, un altro cartello
invece m’inchioda nello stupore: appoggio la moto sulla
sua zampa laterale e mi avvicino per leggere bene, dice
che siamo a 4.850 metri. La Guzzi ha segnato il suo record
di altura. Ne vado fiero, l’iniezione elettronica, presa dalle
Fiat Punto dei primi anni 90, è stata capace di alimentare
il pompone nonostante il fatto misterioso che il sensore
d’altura non abbia mai funzionato e quindi la carburazione è
rimasta quella di 5.000 metri più in basso. Eppure siamo qua
e la teoria del venticinque per cento di potenza in meno ogni
mille metri va a farsi benedire. Raggiungiamo il parcheggio
dove un torpedone vomita turisti che congelano uno ad uno
appena poggiano terra. Ci sono "arrieros" con gli asini pronti
IL GHIACCIAIO
"AGONIZZANTE"
Olga davanti al ghiacciaio
Pastoruri (5.100 m) che,
purtroppo, a causa del
riscaldamento globale, si sta
ritirando a vista d'occhio e, per questo motivo,
è passato dai 100.000 ai 30.000 visitatori l'anno.
gennaio 2017 / Motociclismo 159
a caricare chi non ha gambe e polmoni capaci di funzionare
a dovere e viene preso in ostaggio dal “soroche”, il male
d’altura. Chi non ha asini o cavalli che fanno il lavoro sporco
per 20 soles, ti carica in spalla e ti porta sino al belvedere
davanti a quello che rimane del ghiacciaio. Questi due miseri
chilometri ce li facciamo da soli sulle nostre gambe, anche se
a 5.000 metri non vanno sottovalutati, aggiriamo il belvedere
pieno di una marmaglia di gente con disturbi narcisistici che
usa il ghiacciaio, il sentiero, le pietre e le nuvole come sfondo
per i propri selfie selvaggi. Olga scappa più in basso verso la
laguna e il ghiacciaio, io scappo in alto, cercando di salire
ancora di più. Fotografo Olga che appare nel mirino della
macchina come un cappuccetto rosso davanti alla salma
di un gigante di ghiaccio che sta scomparendo sfaldandosi
in un lago turchese. Sulla via del ritorno, proprio quando ci
accordiamo con un arriero per scattare delle foto, arriva
una bufera di neve. Il dorso dei cavalli si copre di bianco
mentre i loro padroni si riparano, stretti gli uni agli altri,
sotto cellophane azzurri che svolazzano agitati dal vento
sopra le loro teste. Io corro scattando come un pazzo con la
macchina nella mano destra e un sacchetto della spesa (che
uso per proteggerla dalle folate trasversali) nella sinistra.
Quando riprendiamo la strada per Huaraz, veniamo sbrinati
insieme alla moto da un sole pomeridiano che, sotto i 4.000
m, ancora riesce a scaldare. Guido perdendo quota come
un aeroplano che cerca un atterraggio di fortuna, intanto
sento che mi risuona dentro come un diapason quel detto
antico: “Vale un Perù”. Si attribuiva a qualcosa talmente
ricco da essere paragonato ai giacimenti di metalli preziosi
che sono sepolti in questa terra che tanto ha concesso a chi
ha voluto depredarla. Per me la ricchezza è un’altra: quella
che ti spiega daccapo, per l’ennesima volta, perché cavolo
stai ancora viaggiando dopo tanto tempo.
Arrivato a Huaraz, parcheggio la moto e, sulla strada di
casa, lascio una moneta a un mendicante, cieco, che tiene
un cartello con scritto “Oggi è un giorno meraviglioso e non
lo posso vedere”. Mi sento fortunato. �
LA DURA VITA
DI "MULATTIERE"
Gli "arrieros", che potremmo tradurre in "mulattieri", ovvero coloro che trasportano qualsiasi cosa sulla schiena di animali da soma, in questo caso asini, vengono sorpresi da una bufera di neve, che ha colto anche i nostri reporter.
Motociclismo / gennaio 2017160
travellersAPPENNINO TOSCO-EMILIANO
161gennaio 2017 / Motociclismo
Come può nascere una gita in moto: devi fare un servizio di turismo, vorresti condividere un giro con i partecipanti al Pick The Peaks e uno di loro ti dice che il Passo della Scalucchia (RE) è il più bello fra tutti quelli che ha fatto per il contest. E tu rispondi: "Scalucchia che? Mai sentito! Andiamo un po' a vedere..."testo e foto di Mario Ciaccia
PICK THEpasso!
Motociclismo / gennaio 2017162
travellersAPPENNINO TOSCO-EMILIANOtt
Leo Pezzoli è uno che di passi se ne intende. Ha
vinto il Pick The Peaks (iniziativa All Travellers, vedi
a pag. 171) nel 2015 e quest'anno ha partecipato sia
alla classe Single sia a quella Epoca, per un totale
di 30 salite e 59.956 punti totali, record assoluto
(il secondo classificato in questa particolare classifica,
Luca Fonio, è staccato di oltre 14.500 punti). Quest'anno,
pur avendo spaziato lungo tutti gli Appennini in lungo e in
largo, anzi, spingendosi fino all'Etna in Sicilia, ci ha detto che
l'ascesa più bella è stata quella del Passo della Scalucchia,
in Emilia. "Scalucchia?". Confessiamo la nostra ignoranza:
non l'avevamo mai sentito. Abbiamo fatto della nostra
passione (andare in moto, specialmente in montagna) un
lavoro e siamo strafelici quando veniamo a conoscenza di
un passo che, ancora, non conosciamo, perché ci dà il gusto
della sorpresa.
TRE LINEE PARALLELE...
L'Italia, gli Appennini e i suoi passi si possono schematizzare
così: tre linee parallele oblique da nord ovest a sud est
(ovvero la costa adriatica, il crinale appenninico e la costa
tirrenica) e una serie di linee interne perpendicolari a
quella centrale, ovvero il sistema di valichi che consente
i coast-to-coast. Ci sono le valli che scendono dalle vette
al mare e ci sono le strade che le risalgono, che superano
il crinale appenninico tramite passi abbastanza noti e che
scendono nel canalone che si trova sull'altro versante.
Esempi di punti di valico paralleli tra loro che permettono
di fare il coast-to-coast sono il Bocco, il Centocroci, la Cisa,
il Cirone, il Lagastrello, il Cerreto, il Radici, l'Abetone, ecc.
Sono serviti da strade larghe e trafficate, che risalgono valli
molto popolate. Diversi, però, sono collegati tra loro tramite
stradine che superano un valico a loro volta e che sono molto
meno note. Il passo della Scalucchia, ad esempio, collega la
strada che sale al Cerreto a quella che sale al Lagastrello.
Come tutte le volte che qualcuno ci parla di un posto che
non conosciamo, siamo andati a studiarlo con Google Earth.
Questo sistema di mappatura, basato sulle foto satellitari, è
una sorta di gioco perverso, perché non mostra l'aspetto
esatto di un posto, come se agisse su una realtà parallela;
ma, con un po' di esperienza, si può capire com'è fatto
paragonandolo ad altri posti conosciuti. Questo aspetto di
Google Earth ci piace, perché ci lascia comunque spazio
per arrivare alla meta senza sapere esattamente come sia.
Della Scalucchia capivamo che era una strada stretta che,
nella parte finale, era quasi in pianura, sulla costa di una
montagna dai profili tondeggianti e poco più alta. C'è venuta
la voglia di andarci.
I GIUSTI COMPAGNI DI VIAGGIO
Come sapete, su Motociclismo tentiamo di dare lo stesso
spazio ai viaggi da sogno in giro per il Mondo e a quelli dietro
casa, fattibili senza problemi di tempo e soldi. Lo Scalucchia
ricadeva perfettamente in un servizio del secondo tipo. Era
INCONFONDIBILE
Sopra: il profilo della Pietra di
Bismantova si staglia sul crinale tra le valli formate
dai fiumi Enza e Secchia. Siamo
in provincia di Reggio Emilia.
gennaio 2017 / Motociclismo 163
la fine di novembre 2016, quindi autunno pieno, una delle
nostre quattro stagioni preferite per andare in moto (le
altre sono l'inverno, la primavera e l'estate). Si era appena
chiuso il Pick The Peaks, con le premiazioni all'Eicma, ed
era passato poco tempo anche dall'ultima Caccia al Ciaccia,
disputatasi sul Monte Lesima. In quell'occasione gli incontri
con i "picker" erano stati brevi ma intensi e c'era rimasta la
voglia di condividere un vero giro in moto con loro, non un
mordi-fuggi. Sono cacciatori di passi, gente interessante,
abituata a macinare chilometri e a scoprire posti affascinanti,
era normale che volessimo fare una gita in loro compagnia.
Solo che, avendo deciso il tour solamente qualche giorno
prima dell'invito, sapevamo che pochissimi avrebbero detto
di sì. Hanno aderito in quattro, a cominciare dallo stesso Leo
Pezzoli: oltre a lui c'erano Alfredo Malandra, Franco Zoppi
e Lorenzo Stefanetti, che è venuto con la moglie. Quindi due
provenienti dal Novarese, uno da Pisa e uno dalla provincia
di Como.
IL BAGDAD CAFÈ DELLA PIANURA PADANA
Alle 7 di mattina ci siamo ritrovati a Milano in tre: Malandra,
Pezzoli e il sottoscritto. Per essere la fine di novembre faceva
"caldo", 6 gradi sopra lo zero, ma c'era un bel nebbione, di
quelli che non vedi nulla, che si appanna la visiera e che ti
bagni tutto. La maggior parte dei motociclisti, giustamente,
odia la nebbia proprio per questi motivi (inoltre è alto il rischio
di scontrarsi con altri veicoli), ma a noi piace: ammanta tutto
di mistero e abbiamo la speranza che si stia verificando il
fenomeno dell'inversione termica, ovvero nebbia in basso
e sole in alto, per scattare foto spettacolari. Iniziavamo
con i 150 km della tratta autostradale fino all'uscita Terre
di Canossa - Campegine ed eravamo contenti di uscire
qui, perché si tratta di un'uscita "aperta" da pochi anni e
con un nome intrigante: non invoglia al viaggio quel "Terre
di..."? Siamo usciti qui perché era l'imbocco della valle del
fiume Enza, che è la via naturale più veloce e scorrevole
per avvicinarci allo Scalucchia. Nei gruppi di motociclisti
tocca sempre a qualcuno il ruolo di quello che va in ansia
per l'autonomia della propria moto. Alfredo Malandra guida
una delle moto più interessanti del Mondo, la Kawasaki
KLE500. La ricordate? Era un'onesta enduro bicilindrica con
la ruota anteriore da 21", robusta e versatile, ma più leggera
di tutte le altre enduro bicilindriche carenate. Sapete perché
la consideriamo così interessante? Perché, non avendo una
IL CASTELLO DI MATILDELe nebbie insidiano i ruderi del Castello di Canossa, formidabile struttura difensiva che si erge alta sulla Pianura Padana, sopra Reggio Emilia.
IL MANIERO DOVE UN PAPA UMILIÒ UN IMPERATORE, DANDO VITA AL DETTO "TORNARE A CANOSSA"
Motociclismo / gennaio 2017164
travellersAPPENNINO TOSCO-EMILIANO
immerso nella nebbia. Si trattava della versione padana
del "Bagdad Cafè" dell'omonimo film, in cui una stazione
di servizio (con bar e motel annessi) isolata nel deserto
del Mojave (lo stesso di Las Vegas) funge da calamita per
l'umanità di passaggio. Ovviamente la versione padana
non aveva il caldo torrido a spingere la gente a trovare
conforto nel bar, ma il suo opposto: la fredda nebbia.
All'interno c'erano una splendida bionda diciottenne che
ci serviva il caffè con molta gentilezza e una signora sulla
quarantina, che si incuriosiva sul dove stessimo andando in
moto in una giornata simile. Allora ci dava le dritte sul dove
poter "cercare" viste panoramiche con l'inversione termica.
Arrivava anche un crossista, con la moto dentro il furgone:
grande personalità e neanche prestazioni esuberanti, non ha
mai goduto di molta stima e, una volta uscita di produzione,
è finita nel dimenticatoio, o quasi. La cosa ha fatto sì che
oggi sia possibile trovarla usata, a prezzi incredibili: Alfredo
ha pagato la sua, in ottimo stato, 300 euro! Trecento! Una
cifra ridicola, se si pensa che permette di fare le stesse cose
di moto che, da nuove, passano allegramente i diecimila
euro. Con quindici litri di serbatoio e venti chilometri al litro
di media, questa moto consente di viaggiare tranquilli per
almeno 250 km prima di entrare in riserva, ma Alfredo entra
in paranoia verso i 130: a quel punto vuole fare benzina.
La cosa ci faceva approdare a un distributore di Calerno
(RE), isolato in mezzo alla campagna e rigorosamente
IL CASTELLO E LA TORRE DI ROSSENA EMERGONO DALLE NUBI COME VELIERI
gennaio 2017 / Motociclismo 165
"Scalucchia". Rideva: "Io abito da quelle parti, c'è un sole
splendido, ma per fare cross devo scendere in pianura e
mi becco il nebbione. A voi funziona al contrario!". Aveva
ragione, anche se in realtà ci sarebbe una pista dalle parti
del Lagastrello. Ma ci tenevamo all'inversione termica, così
provavamo a salire al Castello di Canossa.
MA PERCHÉ IL PAPA STAVA A CANOSSA?
Si tratta di un rudere isolato su una delle prime colline
appenniniche che si incontrano dalla Pianura Padana. Un
posto piccolo e impervio, eppure è stato sede di uno storico
episodio che vide lo scontro di massimi sistemi come il
Papa Gregorio VII e l'Imperatore Enrico IV di Franconia,
nel gennaio del 1072. Erano anni in cui Chiesa e politica
erano strettamente intrecciate. Enrico doveva stabilire
a chi dare la diocesi di Milano e lo doveva fare senza
scontentare né il Papa né i nobili. Ma la cosa non gli riuscì
molto bene e finì con Gregorio che lo scomunicava e lui
che dichiarava la deposizione del Papa. In questo braccio
di ferro, i nobili tedeschi decisero che la scomunica era
da evitare e convinsero Enrico ad andare da Gregorio a
chiedere scusa. E dove si trovava Gregorio? Giusto giusto a
Canossa, nel castello di Matilde. E perché un Papa avrebbe
dovuto rintanarsi in un posto così impervio? Semplice:
temeva di essere vittima di attacchi proprio dalle milizie di
Enrico, per cui si era rifugiato in questo castello, che era
SUL MARE MOSSO. NON SEMPRE LA NEBBIA VIENE PER NUOCERE!
IL MANIERO IN VENDITAIl castello di Rossena è conservato meglio di quello di Canossa, da cui
abbiamo scattato questa foto. Risale a prima dell'anno Mille ed è stato poi
ampliato. Per saperne di più e per visitarlo, castleofrossena.com. Se, poi, siete così ricchi da poterlo acquistare,
cercate le informazioni sullo stesso sito.
Motociclismo / gennaio 2017166
tt travellersAPPENNINO TOSCO-EMILIANO
QUI CAMBIA
QUALCOSA
La spalla della montagna, a
quota 1.100 m, dove il paesaggio della Scalucchia
inizia a farsi particolare:
iniziano le "dune d'erba".
famoso per la sua difendibilità e per la posizione strategica
a poca distanza da Bologna e dalla Pianura Padana. Nel
950, tanto per dire, il marchese d'Ivrea Berengario II in tre
anni non era riuscito a piegare la resistenza della regina
Adelaide, che s'era asserragliata dentro il castello di
Matilde. Gregorio, comunque, si fece pregare (il che, per
un Papa, è pertinente) lasciando per tre giorni Enrico senza
risposta. La leggenda dice che l'imperatore dovette restare
tutto quel tempo in ginocchio, scalzo, vestito con un saio e
con la cenere sulla testa, mentre nevicava fitto. Sarà vero?
Non importa. Quello che ci serve è una storia suggestiva,
che si leghi al clima cupo e nebbioso che ci accoglie a
Canossa. E siamo stati premiati: il castello stava al di sopra
della nebbia. Abbiamo avuto la visione che speravamo di
trovare, con il vicino castello di Rossena che galleggiava
sulle nuvole come un vascello sul mare mosso.
AVEVA RAGIONE LEO
Tornavamo nella nebbia e risalivamo il corso dell'Enza fino
a Vetto, con splendide viste sul progressivo chiudersi della
valle: è così che nasce un Appennino. La Pianura Padana
sembra infinita, poi ti rendi conto che stai costeggiando
un fiume larghissimo, che la nebbia si sta diradando,
che vedi boschi gialli/arancioni (che bello l'autunno!),
che ci sono delle colline, che queste si alzano intorno
al fiume e poi ti rendi conto che sei in montagna. Ma,
se avessimo proseguito costeggiando l'Enza, saremmo
arrivati allo Scalucchia da nord, mentre Leo ci aveva detto
che il versante migliore era quello meridionale e, quindi,
volevamo godercelo salendo dal basso. Questo comportava
il passare da Vetto a Castelnuovo Ne' Monti, che è sul
crinale che separa la Valle dell'Enza da quella del Secchia.
Da qui si vedeva molto bene la Pietra di Bismantova, una
montagna dall'aspetto inconfondibile: è un parallelepipedo
che si alza per 300 metri sulle colline circostanti. Citato da
Dante nella Divina Commedia (sarebbe, addirittura, il Monte
del Purgatorio!), questo monte è ricco di reperti fossili di
molluschi e alghe marine, perché faceva parte del fondale
marino durante il Miocene. Adesso eravamo sulla strada
del Passo del Cerreto, ma l'abbandonavamo a Collagna,
perché è da qui che iniziava la salita per la Scalucchia: 10
km per passare da quota 757 ai 1.367 m del passo. Qui ci
attendeva al varco Franco Zoppi, che era partito da Pisa la
mattina presto, era arrivato ad Aulla in autostrada, aveva
risalito il Lagastrello ed era arrivato alla Scalucchia dal
versante nord. Passando per Succiso Nuovo s'è fermato
all'Agriturismo Valle dei Cavalieri, un ristorante caldamente
raccomandato da Leo Pezzoli, per chiedere a voce quello
gennaio 2017 / Motociclismo 167
INCONTRI
TRA PICKER
Partita alle 9 da Solbiate (CO), la coppia dei coniugi Lorenzetti si congiunge al resto del gruppo dopo avere valicato il Passo di Pratizzano. Siamo ad appena 2 km dal Passo della Scalucchia.
che il giorno prima avevo chiesto via telefono: se c'era
posto per noi alle 13. Risposta telefonica: "Assolutamente
no, siamo pieni". Risposta de visu: "Certo". Ottimo! Franco
ha poi scollinato ed è sceso fino a Collagna, dove ha trovato
noi tre.
Eccoci così a risalire lo Scalucchia, eccitati perché
sapevamo che era bello, molto bello, ma senza sapere
perché. Iniziavamo subito bene: la strada è stretta e il
tracciato presenta curvoni, curvette, tornanti ed esse. Fino
a quota 1.100 m non succedeva nulla di trascendentale,
poi raggiungevamo una "spalla" della montagna con un
crocifisso e lì il paesaggio iniziava a farsi coinvolgente,
con profili tondeggianti. Non c'era neve, questo minaccia
di essere un altro inverno arido, ma le temperature rigide
avevano reso l'erba dal verde estivo all'oro autunnale,
bellissimo. La pendenza della salita si attenuava.
Oltrepassavamo il minuscolo paese di Valbona, poco sopra i
1.100 metri e il paesaggio migliorava ancora. Ma per capire
l'entusiasmo di Leo bisognava salire ancora, fino al bivio
per il passo di Pratizzano, ad appena 100 m di dislivello
sotto al passo. Erano gli ultimi 2 km di salita, su pendenza
contenuta ed in mezzo a una serie di colline tondeggianti
e morbide come batuffoli, del tipo che ci piace definire
"dune d'erba" (le migliori le trovate in Toscana e Basilicata).
Dune d'erba color oro, che bello! Le vedete nella foto che
apre questo servizio. Bravo, Leo, avevi ragione, questo
Scalucchia è veramente un bel posto, ne valeva la pena.
Qui sostavamo non solo per goderci la visione delle colline
vicine e delle montagne lontane, ma per salutare Lorenzo
Stefanetti, arrivato da Solbiate (CO) insieme alla moglie.
Partito due ore dopo di noi, ha colmato il gap dato che non
ha effettuato alcuna sosta fotografica e perché è passato
per il Pratizzano. Si ripartiva alla volta del pranzo, con la
conferma che il versante settentrionale del valico era meno
attraente di quello meridionale: la strada è quasi sempre
dentro un bosco dall'aspetto non memorabile. L'agriturismo
"Valle dei Cavalieri" (Succiso Nuovo, telefono 0522-892346)
vale la pena per la bontà dei primi e dei secondi che
abbiamo preso: paste fresche a base di funghi e tartufi,
carni arrosto o fritte di manzo e agnello...
TROPOSCATTER: MONUMENTI ABBANDONATI
Bene, la gita sembrava finire qua: avevamo visto Canossa
e la Scalucchia, avevamo mangiato bene, si chiacchierava
sereni. Ma c'era ancora spazio per andare in un posto
interessante. Durante lo scambio di e-mail che ha
preceduto la gita uno dei picker più forti, Marco Morgione,
aveva scritto: "Non posso venire e mi dispiace, perché
Motociclismo / gennaio 2017168
travellersAPPENNINO TOSCO-EMILIANO
ne avrei approfittato per salire alla base troposcatter
della NATO che si trova lì vicino". Quasi nessuno lo ha
capito, ma io sì: Marco si riferiva all'ACE-HIGH Network,
il sistema di comunicazioni radio che la NATO aveva
realizzato in Europa, durante la guerra fredda, per poter
fronteggiare un attacco russo con conseguente taglio
delle linee telefoniche. Se so queste cose non è perché
sono un appassionato di radiocomunicazioni, ma perché
negli anni 90, girando in moto sui monti del Bresciano, a
quota 2.200, sul Dosso dei Galli, avevo trovato una stazione
militare abbandonata, con dei radar enormi. All'interno
c'erano letti, barattoli di conserva ancora chiusi, riviste
porno americane, macchinari stranissimi. Era un posto
dal fascino incredibile, una visione postatomica e avevo
così scoperto l'esistenza di queste stazioni, che sfruttano
il sistema di comunicazione radio troposcatter e sono poste
in cima alle montagne, in posizioni isolate e suggestive,
sparse tra la Norvegia e la Turchia e poste più o meno a
300 km di distanza in linea d'aria. In tutto ce n'erano più
di 150, 18 delle quali in Italia, per un'estensione di 4.000
km. Una volta che il Muro di Berlino è caduto e con lui
la guerra fredda, queste stazioni sono state abbandonate,
divenendo luoghi di culto presso gli amanti delle situazioni
architettoniche di degrado e abbandono (tipo il video della
canzone Faded di Alan Walker). Nel 2008, la stazione del
Dosso dei Galli era stata completamente spogliata di tutto,
persino del rame della gabbia di Faraday. Dopodiché è
stata acquistata da un ex calciatore che vorrebbe farne una
base per allenamenti sportivi in alta quota (calcio, ciclismo).
Pensate che il sistema di onde radio su cui si basavano
queste stazioni era lo stesso che è stato poi utilizzato per
la telefonia cellulare. Quelle stazioni rappresentavano un
mondo particolare, fatto di inverni passati rinchiusi nelle
caserme accanto ai radar, di cui esiste una simpatica
testimonianza. Nel sito www.strettoweb.com dovete
cercare "Monte Nardello" e "Jim Hoose" per avere il
racconto dell'esperienza di un militare americano che
visse nella stazione troposcatter che si trovava sul Monte
Nardello, in Aspromonte, in Calabria, alla fine degli anni 70.
I FANTASMI DEL MONTE GIOGO
La base di cui parla Marco Morgione è quella del Monte
Giogo, sopra il Passo del Lagastrello, già in Toscana.
Comunicava con le basi di Nizza a nord ovest e di
Civitavecchia a sud est ma poi, quando la Francia uscì
dalla NATO, la comunicazione venne deviata a nord
POSTATOMICO
I radar posti in vetta al Monte
Giogo (Comano, MS) fanno
impressione nelle giornate di nebbia (foto Leo Pezzoli). La foto
del ponte è stata invece scattata sul fiume Enza, lungo la strada
per La Chiastra.
gennaio 2017 / Motociclismo 169
est fino a Craviana (MN) che, a sua volta, trasmetteva
al Dosso dei Galli e, da questo, alla Germania. Nella
tratta verso il Monte Giogo qui era tornata la nebbia, a
partire dal valico del Lagastrello, che ha un lago cupo
come quelli scozzesi. Dovevamo arrampicarci fino
a 1.500 m di quota tramite una strada asfaltata tutta
rotta, con buche, rigonfiamenti, spaccature e sassi.
C'erano cartelli di diveto vecchi, arrugginiti e deformati:
risalgono agli anni Sessanta, quando qui nessun civile
doveva neanche avvicinarsi. Adesso, lassù, è tutto in
stato di abbandono, ma i quattro radar che emergono
dalle nebbie creavano un effetto di grande soggezione.
C'è venuto facile facile immaginare film horror
ambientati qui: gente che sparisce, strane impronte
sul terreno, rumori inspiegabili ma terrificanti e cose
così. Eravamo talmente suggestionati che, quando
uno di noi ha detto agli altri: "Ehi, ma in quella baracca
abbandonata c'è un neon acceso..." abbiamo pensato
a cose tipo il Neon Fantasma che si accende quando
arriva un intruso, anticipando un attacco della Bestia, o
il Neon Eterno che resiste dagli anni 70 senza spegnersi
mai. La realtà era meno fantasiosa, come al solito:
questa base non è abbandonata del tutto, perché è gestita
dalla sede di Comano della Associazione Radioamatori
Italiana (www.ik4mgv.it/giogo1.htm), la cui sede centrale
è a Milano in via Scarlatti (www.ari.it) e che raccoglie tutti
gli amanti della comunicazione via onde radio. Si tratta di un
ente morale, con 15.000 aderenti, che si prefigge lo scopo
teorico di abbattere le barriere tra i popoli e quello pratico
di dare una grossa mano alla Protezione Civile durante le
calamità naturali. �
PARMA
USCITA TERRE DI CANOSSA
CALERNO
CASTELLI
DI ROSSENA
E DI CANOSSA
VETTO
PIETRA DI BISMANTOVA
FIUME ENZA
PASSO DELLA SCALUCCHIAMONTE GIOGO
AULLA
||
Motociclismo / gennaio 2017170
tt
A R P Y
ARPY (AO)25/26 FEBBRAIO 2017
1700 M
AA RR PP YYAAAA RR P YYVALLONE DI
WINTER
MALLTRAVELLERS
Ú
travellersCALENDARIO LE NOSTRE INIZIATIVE 2017
Il nuovo anno rinnova le opportunità e la voglia di incontrarsi: anche per il 2017 abbiamo riservato ai traveller eventi esclusivi, in luoghi unici, che saranno il pretesto per conoscere e condividere strade e paesaggi degni di un viaggio
Occasioni d'incontro...
1°GENNAIO 25-26 FEBBRAIO 8-9 APRILEPuntuale come l'anno nuovo, con gennaio torna il nostro contest "Traveller dell'anno", che rappresenta per noi molto più di una sfida fra viaggiatori a colpi di report (i migliori nelle categorie "Strada", Fuoristrada", "Giovani" vincono titolo e premi): è l'occasione per sostenere e incoraggiare nuovi modi di comunicare il viaggio sia attraverso il racconto scritto, sia quello affidato alle immagini (fotografia e video). Fin dalla prima edizione, nel 2014, abbiamo cercato di rimanere coerenti nel nostro intento di puntare sui reporter più innovativi, in grado di aggiungere qualcosa alla letteratura di viaggio su due ruote. Le modalità per partecipare al contest le trovate alle pagine 174-175, ovvero nella rubrica che, ogni mese, dedichiamo a chi, fra di voi, ha caricato sul nostro sito motociclismoalltravellers.com il racconto più avvincente. L'edizione 2016 del contest "Traveller dell'anno" è stata vinta da Lorenzo Braghetto (categoria "Strada"), Lorenzo Piolini (categoria "Fuoristrada") e Mauro Danisi (categoria "Giovani") - foto sotto.
Altro appuntamento molto atteso dalla nostra community di viaggiatori è la tendata invernale. Dopo il Passo Valparola (2.168 m), sulle Dolomiti Bellunesi, e il Passo Sempione (2.005), in Svizzera, è la volta della Valle di Arpy (Colle San Carlo - 1.950 m), nel comune di Morgex, in Valle d' Aosta. Possiamo così dire di aver coperto con le prime tre tendate, tre grandi aree dell'arco alpino. Formula che vince non si cambia, per cui l'evento si svolgerà fra il sabato e la domenica ma, per chi fosse interessato, già dal venerdì sarà possibile campeggiare, in prossimità dell'Ostello Arpy. Quest'ultimo sarà la nostra "base", dove faremo la cena del sabato e dove, chi vorrà dormire al caldo, potrà prenotare un posto letto. Tutte le informazioni le trovate nelle pagine dedicate (172-173), qui ci preme solo ribadire che ogni Tendata è un pretesto per conoscere Passi e paesaggi incantevoli del nostro Paese, e viverli con tenda al seguito e in sella alla nostra moto. Informazioni e aggiornamenti sul nostro sito motociclismoalltravellers.com e sulla pagina Facebook "Tendata in quota 3".
Dopo l'edizione invernale, svoltasi in occasione di Eicma 2016, torna, nel weekend dell'8-9 aprile, l'edizione primaverile di "The Bike Field", l'esposizione/contest riservata alle special dei lettori di Motociclismo. La rassegna viene riproposta in versione "en plai air" e, soprattutto, torna nella location d'origine: il parco di Motociclismo, dove ogni creazione avrà il giusto spazio e dove, per la prima volta, verranno ospitate anche tre candidate al titolo di "Bike Field 4travellers", ovvero tre special allestite per il viaggio. A partire da mezzogiorno di sabato 8 aprile, fino al pomeriggio di domenica 9, apriremo i cancelli della nostra sede (foto sotto) e l'ingresso sarà libero. Vi ricordiamo il nostro indirizzo: Edisport Editoriale, via Don Luigi Sturzo, 7 - 20016 Pero (MI). Ci si può candidare mandando una mail e una foto della vostra moto all'indirizzo [email protected]; ulteriori informazioni sul nostro sito motociclismoalltravellers.com
4 t r a v e l l e r s
gennaio 2017 / Motociclismo 171
7 MAGGIOSpidi in collaborazione con Motociclismo All Travellers propone, per il terzo anno consecutivo, lo SPIDI TOUR, un circuito di itinerari per far conoscere le più belle strade d'Italia e per condividerle con chi, come noi, ama le moto e i viaggi. Ogni Tour è promosso da un dealer diverso, che si occuperà di scegliere il percorso e di organizzare l'evento annesso. Il calendario 2017 prevede sei appuntamenti, in altrettante regioni italiane:7 maggio SPIDI TOUR LAZIOorganizzado da Comi Moto - Viterbo21 maggio SPIDI TOUR LOMBARDIAorganizzato da Spidistore Milano3 giugno SPIDI TOUR PUGLIAorganizzato da Macchia Moto - Brindisi 25 giugno SPIDI TOUR SICILIAorganizzato da Silipigni Motors - Messina 15 giugno SPIDI TOUR PIEMONTEorganizzato da Motoline - Torino10 settembre SPIDI TOUR VENETO organizzado da Moto Area - Vicenza Ad ogni tappa gli iscritti, come di consueto, potranno ritirare il "rider's pack", nel quale troveranno l’adesivo dell'evento, un gilet ad alta visibilità, un pass identificativo. Info e aggiornamenti sulla pagina Facebook "SPIDI TOUR" e su motociclismoalltravellers.com
3rd EDITION
1° MAGGIO 10-11 GIUGNOTerza stagione anche per Pick The Peaks, il contest che richiama i cultori e i collezionisti delle strade d'alta quota e delle grandi vette (e li mette in moto!) da maggio a ottobre. Il gioco, lo saprete, consiste nel raggiungere passi e vette le cui iniziali compongono la parola chiave da noi scelta e comunicata (insieme al regolamento) solo 20 giorni prima dell'inizio della sfida. Ogni anno viene definita la zona geografica entro cui dev'essere circoscritta la sfida: nel 2015 è stato l'arco alpino, nel 2016 gli Appennini. Non possiamo anticiparvi nulla se non che rimangono le categorie storiche: "SOLO", in cui l'iscritto partecipa al contest senza nessun accompagnatore e "TEAM", per cui condivide l'avventura con un altro pilota. Informazioni e aggiornamenti li trovate oltre che sulla rivista anche sulla pagina Facebook "PICK THE PEAKS".
Se per la Tendata invernale siamo costretti a cercare le location nel Nord Italia (per essere sicuri di trovare la neve), per la Tendata estiva manterremo la consuetudine di sceglierla nel Centro Italia, in un luogo che risulti "comodo" ai travellers provenienti da tutta Italia, oltre che paesaggisticamente notevole. Dopo la Forca della Spina (PG), l'Isola d'Elba (LI) e l'Altopiano del Rascino (RI) stiamo valutando varie possibilità; ve le comunicheremo quanto prima, per ora di certo c'è la data: il weekend del 10-11 giugno 2017. Sono previsti ancora il falò+grigliata del sabato, notte sotto le stelle e tour guidati su strada e in fuoristrada. Anche in questa occasione accoglieremo a braccia aperte i traveller che vorranno raggiungere il luogo di ritrovo in bici. Aggiornamenti sul sito e sulla pagina Facebook "Motociclismo All Travellers".
Motociclismo / gennaio 2017172
travellersTENDATA INVERNALE
25 26 FEBBRAIOSABATO
2017COMUNE
DI MORGEX
A R P Y1700 M
VALLONE DI
WINTER
Foto di Diego Cesare
LA THUILE
MORGEX
ARPY
COLLE S. CARLO
PRE ST. DIDIER
|
DOMENICA
DOVENella prima Tendata in quota (2014) abbiamo piantato le
nostre tende a pochi metri dal Forte Tre Sassi, sul Passo
Valparola (2.168 m), costruito dagli austriaci per creare uno
sbarramento agli italiani in cerca di un accesso alla Val Badia.
L’anno successivo abbiamo scelto uno dei valichi di frontiera
più suggestivi, il Sempione (2.005), davanti al grande
Ospizio fatto costruire da Napoleone lungo la strada da lui
voluta per collegare l’Italia al resto d’Europa. Quest’anno,
per il nostro ritrovo invernale, abbiamo scelto il Vallone di
Arpy, in Val d’Aosta, appena sotto il Colle San Carlo (1.951
m), che collega i comuni di Morgex e La Thuile, scendendo
dal quale potrete ammirare il Monte Bianco, il re delle
Alpi. Il Vallone, attraversato da una pista da sci di fondo, è
caratterizzato da un piccolo villaggio con case in pietra e
una cappella settecentesca che, agli inizi del 1900,
si trasformò in un attivo “borgo” di minatori grazie ai
giacimenti di antracite.
EQUIPAGGIAMENTOCome sempre, vi facciamo le massime raccomandazioni
sull’equipaggiamento. Arpy è comodamente raggiungibile in
autostrada (E25) fino a Morgex, ma poi vi aspettano 8,5 km
di strada (asfaltata) tortuosa che, in caso di neve, potrebbe
risultare impegnativa. La Regionale che conduce al luogo del
ritrovo viene pulita regolarmente ma una bufera eccezionale,
tipo quelle che hanno contraddistinto le scorse tendate,
potrebbe rendere l’ascesa problematica. Ovviamente noi
consigliamo l’uso delle catene da neve. Per chi possiede
una moto da enduro potrebbero bastare i tasselli, i migliori
sono quelli a mescola morbida, da agonismo. Ci sono
anche i chiodi da inserire sui tasselli (Best Grip ne produce
di specifici per l’uso quotidiano in moto su asfalto asciutto)
e le gomme termiche Anlas Winter Grip Plus (Prova su
Motociclismo 12/2016) oppure le Heidenau. Naturalmente
va curato anche l’abbigliamento e l’attrezzatura da
campeggio: giacche da moto multistrato, con l’aggiunta
magari di qualche piumino o pile; coprimanopole da
manubrio, la coperta per le gambe. Da considerare l’opzione
“elettrica” (Klan, Techniche, Capit, Heatech), tende con le
falde che arrivano a terra; sacchi a pelo con temperature
“comfort” (non “limite”) intorno ai meno dieci/meno
quindici; materassini gonfiabili a celle chiuse.
NON SOLO TENDA...Come è noto, lo scopo delle nostre tendate è condividere
luoghi spettacolari, raggiungibili con bellissime strade,
dove solitamente non è consentito il campeggio. Ci si
potrà accampare già dal venerdì oppure optare per un letto
caldo all’Ostello d’Arpy, le storiche dimore dei minatori, che
saranno il nostro quartier generale e il “salotto” dei traveller
con tanto di bar e ristorante. Tariffe a persona:
B&B in camera doppia, 40 euro; mezza pensione 43 euro.
In camera quadrupla B&B 32 euro, mezza pensione 37
euro. Tutte le camere hanno bagno, lenzuola e asciugamano
(disponibilità con prenotazione entro il 15 gennaio). La cena
del sabato prevede antipasto valdostano, polente naturali e
conce con contorni misti, dolce, vino sfuso (25 euro).
per il pagamento. Per gli aggiornamenti rimandiamo alla
pagina Facebook dedicata “Tendata in quota 3”, alla quale
vi chiediamo di dare la vostra adesione per permetterci di
contarvi (non occorre iscrizione). Chi verrà da più lontano
sarà omaggiato dal nostro partner tecnico, Spidi, di un
completo intimo tecnico invernale.
NON SOLO MOTO...Ormai, per noi, è una consuetudine: pensare ai nostri eventi
come feste delle due ruote e quindi allargare l’invito anche
ai traveller “senza motore”, ovvero ai ciclisti viaggiatori. �
MALLTRAVELLERS
ÚTI INVITA ALLA
Tendatain quota 3
Lo sapete: non resistiamo al fascino dell'inverno, alle sue atmosfere felpate, siderali. E quindi non rinunciamo al nostro ritrovo più "rigido":
questa volta la meta sono le Alpi Graie, ovvero il Vallone di Arpy (1.700 m), appena sotto il Colle San Carlo (1.951 m), in Valle d'Aosta, a 15 km, in linea
d'aria, dal Monte Bianco (4.808 m) Vi aspettiamo il 25-26 febbraio, nel "borgo dei minatori"... equipaggiati come si deve!
in collaborazione con
gennaio 2017 / Motociclismo 173
Motociclismo / gennaio 2017174
tt travellersIL VIAGGIATORE DEL MESE
Nuova edizione per il nostro contest "Traveller dell'anno": i primi candidati al titolo sono tre amici (un toscano, un romagnolo e un padovano), che decidono di mettere alla prova la loro amicizia affrontando uno dei viaggi più "difficili": i Balcani
Perche'È ci piaceSempre bello vedere che gli amici "resistono" alla prova del viaggio...
Incipit“Quest'anno per la prima volta ho deciso
di fare le mie vacanze con due grandi
amici/compagni di zingarate: Samu
"Il Toscano" e Riccio "Il Romagnolo".
Dopo la bellissima esperienza
dell'Elefantentreffen, fatto con loro a
gennaio, abbiamo organizzato questo
viaggio con destinazione Balcani. Nulla
di pianificato, se non per le tracce GPS
che Riccio aveva tracciato e buttato giù
facendo ricerche su internet e aiutandosi
tramite Google Maps. La mattina del 13
agosto, siamo partiti in direzione Croazia
decidendo di fare un pezzo di autostrada
per evitare il traffico di Ferragosto.
Siamo arrivati per pranzo a Trieste, dove
abbiamo inaugurato la nostra avventura
con un bel panino, una birra fresca e
vista sul porto. Siamo belli carichi, nulla
ci ferma, se non il traffico in Slovenia.
Decidiamo di prendere una strada
alternativa lasciando la lunga colonna di
macchine in coda e scoprendo, qualche
km più in là, di aver bypassato la frontiera
ed essere entrati in Croazia senza alcun
controllo. Essere cittadini europei serve!".
Link all’articologoo.gl/XlEiuQ
CuriositàA'Ture ha 31 anni, è di Padova, fa il postino, ha la passione per la fotografia e il video making. Samuele ne ha 32, viene da Pisa, fa il tecnico caldaista, pratica fuoristrada anche con i 4X4, ma si sgranchisce le gambe con il ballo latinoamericano; infine, Riccio ne ha 29, viene da Ravenna, fa il progettista 3D, ama il rock e i gatti.
www.motociclismoalltravellers.com
costumi e gente del luogo. Samu ha iniziato a praticare il fuoristrada già da piccolo correndo in MTB e, appena raggiunta l'età, ha acquistato la sua prima moto, una Yamaha XT350, seguita poi da una TM125EN, molto più specialistica, con la quale ha iniziato a correre nell'enduro vero; infine, grazie al Ténéré gli si è aperto un mondo totalmente nuovo, quello dei viaggi. Gli piacciono le comodità, avere tutto sempre con sé (finendo sempre con l'essere troppo carico), ma riconosce che per viaggiare occorra grande spirito di avventura e di adattamento. Anche Riccio confessa un passato da mototurista "comodone": "non mettevo
mai le ruote fuori dall'asfalto e dormivo
sempre in albergo". Col tempo, però, si è appassionato al fuoristrada e alle notti sotto le stelle: "oggi, per per me, il viaggio
più bello è quello che va a toccare luoghi
inesplorati, strade non asfaltate e un bel
accampamento di tende con un bel falò al
centro". Ha cominciato ad andare in moto a 16 anni e poi non ha più smesso.�
FAR EAST VICINO A CASADa sinistra: i tre amici allo specchio in uno ostello di Sarajevo; accampamento con "firma" luminosa in Montenegro; le cascate di Štrabacki Buk, in Bosnia e, infine, il Lago di Slansko, ancora in Montenegro.
LE DECLINAZIONI DEL VIAGGIOLe tre categorie del nostro contest prevedono altrettanti "trofei" pensati da Spidi per utilizzi diversi: al miglior traveller "stradista" va un capo dal nome programmatico, 4Season, pensato per essere indossato in tutte le stagioni. Al più promettente giovane reporter spetta la Intercruiser, che si presta anche ad un uso sport-touring. Infine, al viaggiatore che ama sporcare la sua moto sulle sterrate del Mondo, la giacca iperventilata Netstream in rete 3D.
samuele gonelliture romania
luca ricci
STRADA
categoria
Motociclismo / gennaio 2017176
a cura della redazione
Per molti visitatori la regione
del nord rappresenta il meglio che
il Vietnam abbia da offrire, per i suoi
paesaggi, per la sua popolazione e per il mistero che sembra
circondarlo...
Vietnam, sulle tracce dei H'Mong
tt turismoTOUR OPERATOR & RADUNI
Paese dal fascino tradizionale e dalla rara bellezza che si sta aprendo ora al mondo esterno, mantenendo però ancora intatta la ricchezza della sua civiltà e della sua cultura. È il Vietnam
e “12 Gradi est” vi porterà in questa straordinaria terra per 10 giorni di offroad, tra passi di montagna e villaggi tipici, per un’esperienza che lascerà il segno. Si partirà dalla capitale Hanoi, affascinante città storica piccola e compatta, per iniziare il percorso verso nord costeggiando il Thac ba lake e raggiungere il piccolo villaggio di Vu linh, insediamento di etnia Dzao, sulle rive del lago. Entrerete poi nella regione di Ha Giang dove, ottenuti i permessi dalla polizia di frontiera, continuerete il vostro viaggio lungo i territori di confine con la Cina. Percorrerete il Ma pi leng Pass, un passo strepitoso dove le montagne sono avvolte da fitti cumuli di nuvole e, guidando a zig zag, raggiungerete Dong Van,
il punto più a nord del Vietnam. Da qui inizierà la “discesa” in direzione sud-est attraversando il piccolo borgo di Bao Lac fino a raggiungere Cao Bang, stupendo paesino tra le montagne. Di seguito avrete modo di visitare le cascate di Ban Gioc che fanno da confine con la Cina per poi arrivare a Lang Son, l'ultima tappa prima del rilascio delle moto ad Hanoi dove terminerà questo gran bel tour. Durante il viaggio potrete scoprire la cucina e l'ospitalità vietnamita: meravigliosa, insolita, sacra e profana, con spezie che rallegrano il palato e profumi che risvegliano le emozioni. Ma soprattutto saranno le persone che incontrerete e che vi ospiteranno nelle loro case, a lasciarvi incantati e affascinati: il popolo H'mong. Non perdete l'occasione di visitare questo sorprendente Paese, due sono le prossime partenze del 2017, il 23 febbraio e il 23 aprile (altre date su richiesta), ma per scoprire tutti i dettagli visitate il sito www.12gradiest.it. �
Torrita (RI)Il M.C. I Patitori di Latina darà vita alla quindicesima edizione della Motobefana della
solidarietà, quest'anno con un obiettivo speciale. Torrita si trova a pochi km da Amatrice, che sarà il cuore di questo raduno: qui vi darà il benvenuto il sindaco Sergio Pirozzi e ci sarà la benedizione delle motociclette con un ricordo per gli “Angeli Motociclisti”; poi pranzo con i Polentari di Doganella e consegna dei doni ai bambini più piccoli di
Amatrice, donati dalla Polizia Locale di Latina. Inoltre verrà aperto un conto per Amatrice e l'intera somma raccolta sarà donata ai cittadini o sarà impegnata per la realizzazione di un progetto di pubblica utilità nel comune stesso.Per informazioni: M.C. I Patitori di Latina, sito www.motopatitori.org , e-mail [email protected], tel. 338/2323000.6 GENNAIO
MOTOBEFANA DI BENEFICENZA
RomaAperto a tutte le moto; portate generi alimentari, saponi e detersivi per la Casa Famiglia So.Spe
di Suor Paola in zona Bravetta. La raccolta dei pacchi inizia il giorno 5 presso il Bar Panamino (via Panama, Roma).
6 GENNAIO
MOTOBEFANA BENEFIT
Porto Sant'Elpidio (FM)Anche quest'anno gli Hadria Bikers e le loro befane vi aspettano per un evento all'insegna dell'allegria e della beneficenza. Alle ore 9.00 ritrovo in Piazza Risorgimento e inizierà la
raccolta-fondi, poi colazione di benvenuto, motogiro con aperitivo e pranzo convenzionato.Nel pomeriggio
aprirà l'angolo per i più piccini con giochi e animazione, nell'attesa dell'arrivo della befana in motoscopa.Per informazioni: Hadria Bikers, e-mail [email protected], Nunzio cell. 339/8190485, Andrea cell. 328/7827848.6-8 GENNAIO
26° MOTORADUNO WINTERS BIKERS
Faenza
Giro turistico sulle colline romagnole con aperitivo, pranzo, giochi "bikers" nel pomeriggio, poi cena e musica dal vivo.Per informazioni: M.C. Winter Bikers Faenza, sito www.winterbikersfaenza.jimdo.com, e-mail [email protected] GENNAIO
MOTOPANCETTA ANNO 17°
Loc. Prati all'albero Passo della CollaDalle ore 10.30 in poi verranno distribuiti ad
offerta libera uova, pancetta, vino e vin brulé fino ad esaurimento scorte, per
la prima colazione rustica dell’anno.Per informazioni: e-mail [email protected],
tel. 349/1658023.14-15 GENNAIO
1° CINGHIOS TREFFEN
Formazza (VB)Raduno invernale più alto d'Europa, cascata del Toce a 1.675 metri. Sabato alle 11 inizierà "Motoslitte in Località Cascata del Toce" con possibilità di giro sulla neve offerto dal M.C. Alta Val Formazza.Per informazioni: Easy Gisy Urnavass, e-mail [email protected]
Sembra una automobilina degli autoscontri e ne ricalca la guida agilissima, ma tutto parte da un motore
Harley-Davidson e propone qualcosa di nuovo nel panorama delle special. Ha partecipato al Campionato del Mondo per moto custom e siamo i primi a provarla
ragazziUN GIOCO DA
Motociclismo / gennaio 2017180
ss super wheelsEMPORIUM GARAGE AUTO-SCOOTER
PARTI RECUPERATE
1. Il motore è un Harley-Davidson Ironhead 1.000 cc del 1975 originale. Lo scarico ha solo due corti collettori che puntano a terra. 2. Un vecchio pistone di un motore 2T è utilizzato come pomello della leva del cambio, sul lato destro del motore, a sinistra del carrozzino. 3. Il volante è un Luisi degli anni Sessanta, optional racing per auto sportive dell'epoca. Sul piccolo cruscotto in noce ci sono poche spie, l'interruttore della pompa benzina, chiave e interruttore di avviamento. 4. I pedali (frizione, freno e acceleratore) sono realizzati artigianalmente da una piastra d'acciaio.
In tanti anni in redazione a Motociclismo -oltre a quel-li che ho trascorso immerso nel mondo custom- ho avuto modo di guidare i mezzi più singolari e bizzar-ri, dalla cruiser più grossa e pesante mai passata dal Centro Prove (5.660 cc e 556 kg!), la titanica Boss
Hoss con un motore automobilistico Chevrolet V8 (Mo-tociclismo 11/2007), alla moto di legno dell'artigiano ve-neto Renzo Rossi (Motociclismo 09/2010). Ma mai mi era capitato di pilotarne una con quattro ruote e stando se-duto nel carrozzino di un sidecar. C'è persino il volante, ma questa bizzarra creatura che mischia caratteri moto-ciclistici e automobilistici mi ha colpito a tal punto da non poter sfuggire ad un test esclusivo. Intravista la prima volta la scorsa estate ad un raduno -la Biker Fest di Cologno al Serio (BG)- l'ho ritrovata a Inter-mot, Colonia, tra le concorrenti dell'AMD World Cham-pionship, il campionato mondiale riservato ai costruttori di moto custom. E, appena rientrata in Italia, ho voluto provarla a tutti i costi. Alcuni anni fa avevo visto una fo-to di un mezzo simile, e mi incuriosiva l'idea di guidare una moto a quattro ruote. È un giocattolo da usare solo in aree private, me ne rendo conto, ma è comunque af-fascinante. E soprattutto è costruita praticamente da ze-ro, perché non ci sono precedenti, tutto è da inventare.
Tutto rigorosamente hand madeChi l'ha costruita -Daniele Cremonesi di Emporium Ga-rage, lo presentiamo nel box a seguire- è specializza-to in Harley-Davidson, e ha già una certa esperienza su special e pezzi unici. Un bel giorno un suo cliente e amico, Corrado Prandina, gli porta una fotografia di un singolare mezzo a quattro ruote -la stessa che ave-vo visto io qualche anno fa- e gli propone di realizza-re qualcosa del genere per partecipare al Campionato del Mondo per costruttori di moto custom. "Negli ulti-mi anni -rivela Corrado- sono state premiate special con sidecar, basse e allungate. Così abbiamo pensato di percorrere questa tendenza, ma ma con un nuovo punto di vista". In pratica si tratta di un carrozzino di un sidecar con un motore piazzato su un lato e, a tene-re insieme il tutto, un telaio autocostruito con quattro ruote di una Dodge Challenger. A parte le foto, che ri-velano ben poco, non c'è altro. Daniele e Corrado co-minciano così da quello che hanno a portata di mano: una "vasca" o "nave" di un sidecar Harley-Davidson de-gli anni 50 e un motore -sempre H-D- del 1975. Il pro-pulsore è un Ironhead che equipaggiava le Sportster di una quarantina di anni fa: bicilindrico a V di 1.000 cc,
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BARICENTRO RASOTERRA E INTERASSE COMPATTO PER
AGILITÀ E TENUTA DI STRADA
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super wheelsEMPORIUM GARAGE AUTO-SCOOTER ss
distribuzione ad aste e bilancieri, cambio in blocco a 4 marce. I lavori per farlo marciare sono pochi, perché è in ottime condizioni. I problemi arrivano però dallo chassis, per il quale non si hanno riferimenti. Si par-te così dal carrozzino del sidecar, gli si piazza accan-to il motore, si prendono quattro ruote di un vecchio Volkswagen Maggiolino e si disegna da zero un telaio che li unisca su un tavolo di riscontro, mantenendo le misure più contenute possibili. L'interasse quindi è lun-go quanto basta perché le ruote facciano da cornice al V-twin e il carrozzino è piazzato in modo da rimanere entro la sagoma degli pneumatici. Tubi in acciaio inox di 42 mm di diametro e 3 mm di spessore costituiscono l'ossatura che lega tutto. La semplicità è un altro fattore dominante. Così, invece di un differenziale o di un albe-ro di trasmissione unico che unisca le ruote posteriori, la trazione è affidata ad una corona su una sola ruota. Per quello che non c'è, la fantasia rimedia con trovate geniali. Il piantone di sterzo, ad esempio, è realizzato utilizzando un albero e giunto cardanico di una Yama-ha Dragstar; il "bombolone" sul lato destro che ospita batteria e serbatoio dell'olio invece è costruito unendo due wok da cucina con una lastra in acciaio calandra-ta. I ragazzi di Emporium Garage ci lavorano giorno e notte. Quello che non è realizzato in officina, è fatto da amici nel raggio di 10 km: la verniciatura a polvere del telaio e quella rossa del carrozzino (by Domingo e Pa-olo), le decorazioni dell'interno (Accia Skar), l'impian-to elettrico realizzato in otto ore, dal tramonto all'alba (Ale 1450). Nel giro di sei mesi, il mezzo prende vita.
EMPORIUM GARAGE
Facce da pin-up e rockers, quelle di Daniele Cremonesi
(a destra nella foto qui a lato) di sua moglie Nunzia
(al volante) e di Davide Aresi (a sinistra). I primi due
sono i fondatori e titolari di Emporium Garage, officina
specializzata in realizzazione di custom su misura a
Ciserano (BG), il terzo è un artista del legno, intarsiatore-
ebanista che ha contribuito alla realizzazione dell'Auto-
Scooter (ma in passato ha lavorato anche su altri sidecar,
come Union di Abnormal Cycles e Avventura di O.C.
Garage). Vista la raffinatezza e cura delle lavorazioni del
mezzo in prova, ci si aspetterebbe tre "fighetti" artigiani,
di quelli che ti sanno ubriacare con paroloni. Invece
sono tanto modesti quanto bravi nel loro lavoro. Gente
genuina che ha fatto della propria passione un mestiere
con cui sbarcare il lunario, tanto che è un piacere
chiacchierarci insieme a tavola, a fine giornata. "L'idea
di aprire un'officina -confessa Daniele- è stata di mia
moglie Nunzia. Era stanca del proprio lavoro e mi ha
proposto di aprire un negozio di abbigliamento e accessori
"LA SFIDA È STATA REALIZZARE UN PROGETTO (QUASI) SENZA PRECEDENTI:
Piccola e scattanteMicrocar o moto a quattro ruote, poco cambia: per me la Auto-Scooter è di genere femminile. Il suo nome, in lin-gua sinti -quella usata dai giostrai- identifica la macchi-nina degli autoscontri. E la special di queste pagine ne ricalca molto da vicino lo spirito, a partire dalle dimen-sioni. Supero di poco i 180 cm di altezza e a bordo ci sto strettino. Non sono mai salito su un'auto da Formula1, ma la sensazione deve essere molto simile alla contor-sione necessaria ad inserirsi in questo sidecar motoriz-zato. L'interno è spartano, ma ricercato: su tutto spicca il rivestimento in noce Canaletto tinto grigio con finitu-ra opaca, che si abbina alla perfezione al rosso della car-rozzeria. É una essenza pregiata, ma non troppo vistosa, che non altera lo spirito racing della special. Il volante è piccolo e vicino; la pedaliera raccolta, con ac-celeratore e freno a pochissimi centimetri tra loro. Le gambe sono piegate come su un go-kart e le ginocchia spuntano oltre il bordo del carrozzino. Il sedile è ampio e ben imbottito. Il rivestimento in pelle originale degli anni 50, un po' consumato e volutamente mantenuto tale, dà un tocco "vissuto" al mezzo. Con una chiave si ribalta lo schienale e si accede a quello che è nato come vano por-tabagagli del sidecar, che ora ospita il serbatoio. Fare il pieno è un po' macchinoso, ci vuole un imbuto per arri-vare al bocchettone. "Ma non è un mezzo da usare tutti i giorni -spiega Daniele- e il proprietario non ha volu-to forare il carrozzino per realizzare un tappo ester-no. La linea doveva rimanere il più pulita possibile.".
gennaio 2017 / Motociclismo 183
ABBIAMO DOVUTO INVENTARE TUTTO, A PARTIRE DAL TELAIO"
per motociclisti. Una sorta di emporio come
quelli di una volta. Era il 2006 e già avevo una
certa esperienza come meccanico e gli amici
cominciarono a chiedermi di modificare le
moto. Avevamo un box in affitto, all'epoca; poi
abbiamo aperto un'officina vera e propria".
E l'idea dell'Auto-Scooter? A questo punto
interviene Corrado Prandina (foto a destra),
proprietario del mezzo: "Tempo fa mi è capitata
tra le mani la foto di un mezzo stranissimo, una
sorta di go-kart ricavato dalla carrozzina di
un sidecar, con un motore Harley-Davidson
WL Flathead (immagine qui a lato): nonostante
numerose ricerche ho scoperto poco o nulla,
solo che è stato realizzato in Belgio verso
la fine degli anni Settanta. Probabilmente
incidentato, quell'arnese con quattro ruote
è finito nel dimenticatoio e nessuno ha più
pensato di realizzarne uno simile. Quando però
ho trovato una carrozzina di un Panhead e un
motore Ironhead, ecco la scintilla: costruire
una special inusuale, con cui partecipare al
Campionato del mondo AMD. Mi sono rivolto
a Daniele, con cui ho già fatto altre special in
passato e lui, dal nulla, ha inventato tutto: telaio,
1. La trazione è su una sola ruota; il telaio è sufficientemente rigido, ma per scongiurare eventuali torsioni, una biella funge da rinforzo del supporto corona.2. Nel barilotto laterale, chiuso con due cinghie di cuoio, sono alloggiati la batteria e il serbatoio dell'olio separato. 3. Con una serratura si sgancia lo schienale, dietro il quale c'è una tasca portadocumenti. Una volta aperto, si accede 4. Il serbatoio del carburante: si noti l'indicatore del livello.
Le fotografie dinamiche sono state realizzate su una strada privata chiusa al traffico.
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185gennaio 2017 / Motociclismo
Giro la chiave, avvio la pompa carburante e schiaccio lo start. Il motore Harley-Davidson borbotta al mio fianco e, da fuori, fa un fracasso che attira l'attenzione. Dal po-sto di guida invece non è così fastidioso, perché i corti collettori senza silenziatore puntano a terra e il pilota av-verte meno il rombo di scarico. Notevole invece il boato di aspirazione: filtro aria e carburatore sono proprio ac-canto all'orecchio sinistro. Oltre il bordo del carrozzino spunta la leva del cambio: pigio la frizione fino in fondo -dura e non perfettamente modulabile- e ingrano la pri-ma. Parte grintosa l'Auto-Scooter, e immediatamente mi trovo a dover fare i conti con un'inaspettata agilità. Ba-sta ruotare il volante di pochi gradi e lei saetta a destra e a sinistra con lo scatto di un grillo impazzito. Lo sterzo è diretto e preciso; mi basta poco per prendere confiden-za e capire i limiti di questo singolare mezzo meccanico.
La trazione su una sola ruota genera effetti sulla dinami-ca: in accelerazione "tira" leggermente a destra, mentre rilasciando il gas -o nei cambi di marcia- tende dalla par-te opposta. Rapidi aggiustamenti e la traiettoria si mantie-ne dritta. Le sospensioni non ci sono e questo rende tutto ancora più immediato. Solo le gomme filtrano le asperità dell'asfalto, ma il comfort -vibrazioni del motore e buche- è l'ultimo dei miei pensieri su un giocattolo del genere. Il baricentro bassissimo, l'interasse ridotto e la carreggiata compatta ricordano davvero un go-kart o una macchini-na degli autoscontri! Mi viene spontaneo sporgermi con il corpo verso l'interno della curva, perché anche il peso del corpo aiuta a girare. Unica pecca: i freni, quelli originali Volkswagen a tamburo, un po' deboli. Ma, non dovendo-la usare nel traffico, ci faccio poco caso: scalo, rallento e poi ancora gas, per una bella derapata sul brecciolino... �
OK, È POCO ABITABILE, MA CHE IMPORTA?
È TREMENDAMENTE DIVERTENTE!
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epocaSUZUKI RG GAMMA 500e
Motociclismo / gennaio 2017186
Questa ipersportiva 4 cilindri del 1985 è davvero una parente stretta di una 2T da GP. La Gamma 500 ha nel motore e nel telaio le caratteristiche tecniche delle Suzuki che hanno vinto 4 titoli mondiali. Le norme anti inquinamento ne decretarono la fine dopo solo 5 anni di produzione
Race replica
di Gualtiero Repossi - foto di Gianluca Bucci e archivio Motociclismo
gennaio 2017 / Motociclismo 187
“RG 500 Gamma, il mito delle pi-ste. Replica della Suzuki sette volte Campione del mondo, la RG regna incontrastata nell’Olimpo motocicli-stico”. Programma impegnativo da ri-
spettare ma la Suzuki più sportiva del 1984 fin dalla sua prima apparizione in pubblico, al Salone di Co-lonia aveva fatto capire di essere la regina delle su-persportive a due tempi di quegli anni, un segmento di mercato di nicchia che ha visto coinvolti solo tre dei quattro costruttori giapponesi e che ha avuto vi-ta molto breve, a causa anche delle sempre più seve-re norme anti inquinamento. La Suzuki è quella che meglio delle altre ha incarna-to il concetto di “race replica” avvicinandosi alla 500 quattro cilindri che metteva a disposizione dei priva-ti nel Mondiale 500 dal 1976 al 1984. Perché a diffe-renza delle rivali Yamaha RD 500 LC (1983) e Honda NS400R (1984), dalle mezzo litro da GP la Gamma 500 eredita moltissimo: leggerezza, architettura del moto-re, misure di alesaggio per corsa 56x50,6 mm, valvo-le allo scarico, ammissione a disco rotante, cambio estraibile, telaio in lega leggera La Yamaha invece, è pesante, con un telaio non all’altezza dei tanti CV a di-sposizione e in più il suo quattro cilindri non ha l’am-missione a disco rotante come quello della 0W60 del 1982 da cui deriva bensì a lamelle. Non parliamo poi della Honda, che ha 100 cc in meno della moto irida-ta con Freddie Spencer nel 1983 e addirittura lo sche-
NON MI INDURRE
IN TENTAZIONE
Nella foto sotto, difficile resistere alla voglia di
metterla in monoruota. Operazione che con la
Gamma veniva benissimo grazie alla prima marcia
"corta" e al motore potente ma anche ben trattabile
nella erogazione. Qui siamo su uno dei
rettilinei della Pista Pirelli di Vizzola Ticino, teatro delle
nostre prove strumentali fin dal 1972 (la prima è stata la
Benelli 125 2C). A fianco, una superba
"trasparenza" che mette in evidenza quello che la
carenatura nasconde come la posizione dei carburatori.
montati in corrispondenza delle valvole a disco rotante.
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epocaSUZUKI RG GAMMA 500ee
UNA LINEA ESCLUSIVA CHE ABBRACCIAVA SIA LE MOTO DA GRAN PREMIO
ma del motore ribaltato, con due cilindri orizzontali e uno verticale e non viceversa.Il progetto della RG 500 Gamma prende forma all’i-nizio degli anni Ottanta e subisce una forte accelera-zione nel 1983, quando la Suzuki sferra una massiccia offensiva sul mercato delle ipersportive. La decisione della Casa di Hamamatsu coincide con il suo abban-dono delle competizioni in forma ufficiale, per poter dirottare buona parte degli ingegneri e dei tecnici del Reparto corse alla produzione di serie. A decretarne il successo non è solo la nobile discendenza dai GP, ma il mix fra il suo look aggressivo ed inconfondibile, la dotazione tecnica e le prestazioni di cui è capace. Il motore quattro cilindri in quadrato con ammissio-ne a disco rotante, è il suo pezzo forte: potentissimo, grazie ai suoi 95 CV a 10.000 giri è anche trattabile nell’utilizzo quotidiano grazie alle valvole che con-trollano l'apertura delle luci allo scarico (è il SAEC, “Suzuki Automatic Exhaust Control”). Nonostante un comprensibile vuoto ai bassi regimi, guadagna rapi-damente i giri a partire dai 3.000, si produce in una progressione fulminante dopo i 7.000 con solo qual-che lieve incertezza al passaggio dei 10.000, ma solo se la moto non è carburata più che a dovere. La Gam-ma prosegue il suo allungo fino ai 12.000 giri, con la moto lanciata oltre la soglia dei 235 km/h, in sesta marcia. Il tutto assecondato da una frizione estrema-mente resistente agli sforzi mentre le vibrazioni so-no molto contenute grazie all’adozione di un albero di servizio controrotante rispetto ai due principali.
MONOPOSTO
DI RIGORE
Assolutamente racing la linea della Gamma
che attinge dalle carenature delle GP e delle moto
(specialmente nella parte
frontale) delle gare di durata.
Il primo modello sul mercato
italiano arriva nel 1985 e costa
9.266.700 lire. Era disponibile
oltre che in questa
colorazione blu e bianca (quella
più richiesta) anche rossa e
bianca. La sella era biposto ma
la parte per il passeggero era
occultata da una copertura
(in optional) che integrava
la linea.
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SIA QUELLE DESTINATE AL MONDIALE ENDURANCE
MISSILI IN CODA
Bellissimo il codone con gli scarichi dei cilindri posteriori ai lati della sella, mentre i silenziatori bassi sono per gli anteriori. Sopra, il cruscotto con il contagiri al centro, il tachimetro a sinistra e il termometro del raffreddamento dall'altra parte.
Solo il cambio, estraibile dal lato frizione mostra di avere una spaziatura di compromesso: la prima è cor-ta per evitare di sfrizionare in partenza, ma poi si av-verte un vuoto eccessivo nel momento in cui si passa alla seconda. La sesta marcia invece, piuttosto lunga per raggiungere la velocità massima (238,5 km/h con il pilota abbassato), tende a far “sedere” un po’ trop-po il motore nella ripresa da 50 km/h nel rapporto più lungo. Il 4 cilindri - dotato anche di lubrificazio-ne separata assicurata dal sistema CCI (“Crankcase Cylinder Injection”) a portata variabile - è inserito in telaio doppia culla in tubi quadri d’alluminio con una speciale lega a base di zinco e magnesio che aumen-ta la resistenza e ne migliora la saldatura. Il resto del-
Motociclismo / gennaio 2017190
ee epocaSUZUKI RG GAMMA 500
LE PRESTAZIONI EFFETTIVE
Riportiamo di seguito i dati strumentali rilevati all’epoca alla Pista Pirelli di
Vizzola Ticino (VA) e al banco dinamometrico del nostro Centro Prove
Potenza max alla ruota: 81,25 CV a 10.000 giri
Potenza max all’albero: 93,71 CV a 10.000 giri
Coppia max alla ruota: 6,18 kgm a 8.750 giri
Coppia max all’albero: 7,12 kgm a 8.750 giri
Velocità massima: 238,5 km/h
Accelerazione 0-400 m: 11,402 sec con velocità di uscita 191,490 km/h
Peso a vuoto: 170 kg (anteriore 81 kg, posteriore 89 kg)
Consumo extraurbano: 11,4 km/l
Consumo autostradale: 12,1 km/l
UNA VERA IPERSPORTIVA
la ciclistica è completato dalle sospensioni Kayaba e dai freni con pinze a quattro pistoncini all’anteriore e due al posteriore che lavorano su dischi forse un po’ sottodimensionati per le prestazioni della moto, dato che perdono efficacia sotto sforzo. La forcella ha gli steli da 38 mm ed è a funzionamento misto aria-olio. Pluriregolabile e con sistema anti-dive previsto su 4 posizioni, è dotata inoltre di un sistema denomina-to PDF (“Position Damping Fork”) che ne regola l’af-fondamento in funzione dell’azione frenante sui due dischi anteriori. Anche il monoammortizzatore po-steriore Kayaba offre un gran numero di regolazioni e funziona con il sistema di articolazione a progressi-vità variabile Full Floater: è infatti solidale al forcel-lone nella sua parte inferiore, mentre in alto lavora su di un bilanciere.Ovviamente però, la prima cosa che guardano gli ap-passionati è l’estetica della moto. Non è mai succes-so nella storia delle due ruote che un modello dalla meccanica e dalle prestazioni sopraffine, ma non ade-guatamente “vestito”, abbia avuto successo. La Suzu-ki RG 500 Gamma centra anche l’obiettivo di unire prestazioni stratosferiche a un design davvero indo-vinato. Le forme di serbatoio, carena e codone sono quelle della moto da corsa, il cupolino è provvisto di appendici paramani all’altezza dei semimanubri, men-tre il codone - che ospita le espansioni e i silenziatori
È UN TIPO MOLTO QUADRATODa questa trasparenza si nota perfettamente la disposizione dei cilindri, la stessa delle Suzuki RG 500 da Gran Premio. In evidenza, i dischi rotanti che regolano l'alimentazione e le valvole cilindriche elettromeccaniche per variare l'apertura delle luci di scarico.
TANTA POTENZA GRAZIE ALLE VALVOLE ROTANTI
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QUATTRO IN TANDEM
Sopra, i cilindri hanno ben 7 luci di travaso per l'alimentazione e una sola di scarico (senza traversino) controllata dalla valvola rotante che presenta una camera di risonanza. I pistoni hanno un trattamento antigrippaggio sul mantello. Il basamento è tagliato in orizzontale e blocca i cilindri su piani sfalsati. I carburatori Mikuni da 28 mm hanno le valvole piatte, a ghigliottina.
dei cilindri posteriori - è dotato di coreografiche fe-ritoie per far uscire il calore. Se proprio si deve fare un appunto al look della RG Gamma bisogna guarda-re ai freni e alle ruote. I dischi, specie quelli anteriori, non abbondano nel loro diametro (e infatti la frena-ta non è brillantissima) lasciando un po’vuoto il cer-chio, mentre il disegno delle razze delle ruote in lega è troppo esile rispetto al dimensionamento generale.Nonostante la prima impressione sia quella di una moto scomoda per i piloti di statura al di sopra della media a causa della sella bassa, dellle pedane piut-tosto arretrate e dei semimanubri non regolabili, la Gamma si rivela sorprendentemente accogliente per tutti. La posizione di guida azzeccata, i comandi mor-bidi da azionare, la taratura riuscita delle sospensio-ni e l’assenza quasi totale di vibrazioni, assicurano un comfort impensabile per una supersportiva, lon-tano anni luce ad esempio dalla spartana posizione di guida della “sorella” GSX-R 750 o della Ducati 750 F1 di quegli anni. Mentre l’estrema leggerezza della moto (170 kg con tutti i liquidi contro i 154 dichia-rati), la ruota anteriore da 16” e la distribuzione dei pesi a favore del retrotreno (81 kg sulla ruota ante-riore e 89 su quella posteriore) donano alla Suzuki RG 500 Gamma una maneggevolezza eccezionale. L’avantreno è neutro e leggero alle basse andature e sufficentemente stabile sul veloce, mentre l’esube-rante 4 cilindri regala sensazioni uniche, specie se non si hanno timori reverenziali nell’apertura del co-mando del gas. Le note stonate, come anticipato, ar-rivano dai freni, che si vorrebbero più reattivi nella guida sportiva, ma anche dalla scarsa aderenza of-ferta dai pneumatici di primo equipaggiamento (i Mi-chelin A/M 48) e dai consumi. Nel corso della prova di Motociclismo, pubblicata sul numero di dicem-bre del 1985, la RG 500 Gamma riesce a spuntare i 12,1 km percorsi con un litro di miscela - ma ad an-datura costante e in autostrada - mentre in qualsia-si altra condizione di utilizzo si resta sempre ben al di sotto dei 10 km con un litro.
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epocaSUZUKI RG GAMMA 500ee
IN QUADRATO ANCHE IL TELAIO
Il telaio è in lega leggera con tubi a sezione rettangolare (ottenuti per estrusione) e parti di fusione come il cannotto di sterzo e i supporti laterali che servono per il forcellone. Appena dietro allo sterzo si vede l'apertura della scatola filtro e il servomotore per le valvole allo scarico. A destra, la forcella Kayaba dotata di sistema PDF (Positive Damping Fork") regolabile su 4 posizioni che interveniva per evitare l'eccessivo affondamento della sospensione in frenata.
gennaio 2017 / Motociclismo 193
DATI TECNICI
MOTORE quattro cilindri in quadrato, due tempi, raffreddamento a liquido. Teste e cilindri in lega leggera con canne riportate in ghisa. Ammissione regolata da dischi rotanti in acciaio e sistema SAEC (Suzuki Automatic Exhaust Control) allo scarico. Alesaggio per corsa 56x50,6 mm. Cilindrata 498,51 cc. Rapporto compressione 7:1. Avviamento a pedale.
LUBRIFICAZIONE separata con miscelatore automatico CCI con pompa a pistoncino rotante a portata variabile e serbatoio separato da 1,5 litri di olio per miscela. A bagno d’olio per cambio e trasmissione.
ALIMENTAZIONE quattro carburatori Mikuni VM28 da 28 mm di diametro con valvola a ghigliottina e sistema di compensazione SIPC (Suzuki Intake Power Chambre). Capacità serbatoio carburante: 22 litri di cui 4 di riserva.
ACCENSIONE elettronica Suzuki PEI con anticipo automatico. Candele NGK B9ES o BR9ES. Batteria 12V-4Ah, alternatore 12V-240W.
FRIZIONE multidisco in bagno d’olio con comando a cavo.
CAMBIO sei rapporti con ingranaggi sempre in presa e innesti frontali, estraibile dal lato frizione. Valori interni 2,636 in prima (29/11), 1,750 in seconda (28/16), 1,380 in terza (29/21), 1,173 in quarta (27/23), 1,045 in quinta (23/22), 0,956 in sesta (22/23).
TRAMSISSIONE primaria ad ingranaggi elicoidali, rapporto 2,230 (58/26), finale a catena, rapporto 2,500 (corona 40, pignone 16).
TELAIO doppia culla chiusa in tubi estrusi di alluminio a sezione rettangolare uniti a elementi fusi in alluminio. Inclinazione cannotto di sterzo 25°30’, avancorsa 111 mm.
SOSPENSIONI anteriore forcella Kayaba oleopneumatica da 38 mm, escursione 130 mm, regolabile su cinque posizioni di precarico molla e nella pressione dell’aria. Dispositivo antiaffondamento PDF (Positive Damping Fork) regolabile su 4 posizioni. Pressione di gonfiaggio 0-0,4 kgm/cm2. Posteriore forcellone oscillante in lega leggera a sezione rettangolare a sistema Full Floater con monoammortizzatore a funzionamento misto olio/gas, regolabile su 5 posizioni nel precarico molla, escursione 75 mm.
FRENI anteriore a doppio disco flottante da 260 mm (spessore 3,5 mm) con pinze a quattro pistoncini sovrapposti; posteriore a disco da 210 mm (spessore 4 mm) con pinza a doppio pistoncino.
RUOTE a razze in lega leggera, anteriore 2.50-16 e posteriore 2.75-17. Pneumatici: anteriore 110/90-V16 e posteriore 120/90-V17, entrambi tubeless.
DIMENSIONI (IN MM) E PREZZO lunghezza max 2.100, interasse 1.425, larghezza max 695, altezza max 1.185, altezza sella 770, luce a terra 110. Peso a vuoto 154 kg.
PRESTAZIONI Potenza max 95 CV a 10.000 giri, coppia max 6,9 kgm a 9.000 giri, velocità max 230 km/h, consumo medio 13,5 km/l.
Sul mercato italiano la nuova Suzuki debutta nel 1985, pochi mesi prima dell’arrivo della Honda NS4000R e quando la Yamaha RD 500 è in vendita già da un anno. Quest’ultima, nonostante un comportamento poco esaltante nella guida al limite - a causa di un fa-stidioso beccheggio in accelerazione e frenata dovu-to al monoammortizzatore troppo morbido in tutte le sue regolazioni che fa variare sensibilmente il valore dell’avancorsa – si è comunque guadagnata nel corso del 1984 un discreto numero di sostenitori. Il merito va alla riuscita campagna pubblicitaria e di marke-ting della Casa dei tre diapason - che promuove la RD
CINQUE ANNI AL VERTICESalvo poche modifiche di dettaglio per colori e grafiche della carenatura, la RG 500 è rimasta praticamente la stessa dal 1985 al 1989.
500 LC sfruttando i suoi piloti ufficiali Eddie Lawson e Kenny Roberts e rimarcandone le origini corsaiole - ma soprattutto al regime di monopolio in cui è vis-suta. Perché fino alla presentazione della RG Gam-ma, la Yamaha non ha avuto alcun rivale diretto con cui confrontarsi. Ma all’arrivo della nuova Suzuki il trono della RD vacilla pericolosamente già nel corso del 1985 per poi cedere di schianto l’anno seguente. A nulla valgono i richiami della Yamaha al titolo mon-diale della 500 appena conquistato con Lawson o il legame esistente fra la RD stradale e le 0W da corsa: gli appassionati hanno stabilito che la RG Gamma è nettamente migliore ed è quella che vanno ad ordina-re nei concessionari.La RD esce così di scena nel 1987 senza nemmeno tentare di contrastare la rivale con una versione mi-gliorata, ma anche la Honda NS400R non ha sorte migliore e smette di essere venduta in Italia alla fi-ne del 1987 senza aver mai scaldato gli animi. La Su-zuki RG 500 Gamma continua invece indisturbata la sua avventura fino alla fine degli anni Ottanta. Alla prima serie del 1985 segue la seconda dell’anno suc-cessivo e una terza nel 1987. Fra questi “model year” non ci sono praticamente differenze - se non minimi aggiornamenti alle grafiche - perché non è necessa-rio migliorarla vista l’assoluta mancanza di rivali sul mercato. Purtroppo però, le norme antinquinamen-to sempre più restrittive che entrano in vigore anche in Europa alla fine degli anni Ottanta, di fatto metto-no la parola fine a quell’indimenticabile fenomeno di nicchia che sono state le due tempi ipersportive ispi-rate al mondo dei GP, rendendo inutile e antiecono-mico qualsiasi aggiornamento tecnico alla regina di questi modelli. �
Motociclismo / gennaio 2017194
Motociclismo d'Epoca
Giuliano Cogo nel 2004 decise di rilevare tutti i ricambi della Moto Laverda, anche perché aveva ben capito che l’Aprilia e poi il Gruppo Piaggio che nel frattempo aveva rilevato la Casa di Noale, non avevano alcun interesse verso la Laverda. Così la 3Cmoto della famiglia Cogo, acquistando tutto il magazzino ricambi, si è impegnata a garantire il servizio di assistenza tecnica e ricambi per le Laverda di ultima gene-razione, quelle prodotte nella fabbrica di Zanè tra il 1991 e il 2000 nelle varie
versioni: 650, 650 Formula, 668, Ghost, Diamante, Strike e Legend in serie limitata, 750 S, Sport, Formula, Strike.
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GENNAIO
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24° Salone d’inverno, presso Ferrara
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FEBBRAIO
3-5 Torino
Automotoretrò festeggia i suoi 35 anni al Lingotto. Organizza Bea srl in colla-borazione con GL Events Italia-Lingotto Fiere. La manifestazione è prevalente-mente dedicata al mondo delle quattro ruote, ma anche gli appassionati delle due avranno modo di godersi i festeg-giamenti per i 70 anni della Lambretta. Per informazioni, tel. 011/350936; e-mail: [email protected] – Internet: www.automotoretro.it
9 Parigi (Francia)
“Les Grandes Marques du Monde au
Grand Palais“: motociclette d’epoca
d’eccezione, autovetture da col-lezione e oggetti di automobilia all’asta. Valutazioni per l’asta gratis. Organizza Bonhams. Per informa-zioni, cell. 333/5643610; e-mail: [email protected] – Internet: www.bonhams.com/motorcycles
11-12 Rimini
46° mostra scambio per l’automotoci-
clo d’epoca. L’evento si terrà presso la Fiera di Rimini, ingresso Ovest. Organizza Automotociclo. Per informazioni, tel. e fax 0541/731096 oppure cell. 347/1844267; e-mail: [email protected]
19-21 Novegro (MI)
Mostra scambio di auto, moto, ciclo,
ricambi ed accessori d’epoca presso il Parco Esposizioni di Novegro, che si trova vicinissimo all’aeroporto milanese di Linate. Si tratta di uno degli avvenimenti cardine del settore. Orari d’apertura al pubblico: 12-18 (venerdì), 8-18 (sabato) ed 8-17 (domenica). Per esporre è consi-gliata la prenotazione. Organizzazione curata da Comis e dal Club Milanese Automotoveicoli d’Epoca, con il patro-cinio di FMI ed ASI. Per informazioni, tel. 02/70200022, fax 02/7561050; e-mail: [email protected] - Internet: www.parcoesposizioninovegro.it
È in edicola il fascicolo di dicembre 2016/gennaio 2017 di Motociclismo d’Epoca, la rivista leader per gli appas-sionati di storia e motori. In copertina su questo numero una 125 che ha fatto la storia. Si tratta della Aletta Rossa del 1983: una ottavo riccamente equipaggiata che conquistò i giovani per le brillanti prestazioni e le moderne soluzioni tecniche con la quale era equipaggiata: come il motore lamellare raffreddato ad acqua e la sospensione posteriore con singolo ammortizzare. Ne è scaturito un approfondito servizio che è stato arricchito dai ricordi di chi progettò e collaudò la moto alla Schiranna. Motociclismo d'Epoca racconta una moto prestigiosa come la Triumph Tiger 100. Progettata da Edward Turner la versione sportiva della Speed Twin, garantiva pre-
stazioni al top con potenza di 34 CV e una velocità massima di 160 km/h. Al debutto nel 1939 si aggiudicò il prestigioso Maudes Trophy, un severo test di affida-bilità che prevedeva il viaggio da nord a sud della Gran Bretagna e una sessione in pista di sei ore a tutto gas. E per verificare le sue prestazioni l’abbiamo provata al banco dinamometrico del nostro Centro Prove, ricavandone dati sorprendenti.
E per continuare con le curiosità tecniche l'americana Rokon TCR 340 Automatic dotata di motore Sachs con variatore dei rapporti, cerchi in lega e freni a disco. Vi rac-contiamo i pregi e i difetti di una fuoristrada che conobbe una certa fama alla Sei Giorni americana del 1973. La consueta Guida all’acquisto questo numero è dedicata alla Piaggio Vespa PX 200 E Arcobaleno. Consigli e valu-tazioni, ma anche la situazione dei ricambi, per uno scooter sempre affascinante e di grande praticità, anche quotidiana. Per quanto riguarda lo sport, ecco l'analisi della Guazzoni Competizione 125. Nelle intenzioni del Costruttore milanese questa minuta e leggera 2T era destinata ai piloti "privati" di allora. Disputò poche gare con Silvano Rinaldi, prima di essere ritirata e sacrificata per il nuovo impegno a quattro ruote (seppure nei kart) della Guazzoni. Molto interessante è anche la storia della Japauto che nel 2016 ha festeggiato i 50 anni di attività. Il concessionario parigino della Honda fu grande protagonista nel campio-nato Endurance dal 1966 al 1989, ma realizzò anche delle eccellenti special stradali molto ambite ancora oggi.Per l'attualità il Misano Classic Weekend, Auto e Moto d’Epoca a Padova e il Ventoux Classic Trial.Ma non è tutto. 90 anni fa nasceva la Ducati, ancora lontana dall’idea di realizzare delle moto ma votata all'elet-tromeccanica. Moto, che invece, all’inizio del Novecento venivano costruite da altre aziende bolognesi, alcune diventate anche famose. Ecco l'occasione per andarle a riscoprire.
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Motociclismo / gennaio 2017196
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gennaio 2017 / Motociclismo 197
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Motociclismo / gennaio 2017198
Per capire se la nostra moto è classificabile come Euro 0, 1, 2 o 3, dobbiamo leggere il libretto di circolazione, dove viene riportata la norma di omologazione che la identifica. Se non c’è nessuna delle tre indicazioni possibili, significa che la nostra moto è una Euro 0, la classe più penalizzata sul bollo. Euro 1 (omologate a partire dal 17 giugno 1999) sono identificate dalla dicitura 97/24 CE. Euro 2 (ciclomotori omologati dopo il 17 giugno 2002, moto omologate dal primo
aprile 2003) sono individuabili dalla sigla 97/24 fase II (i ciclomotori) e 2002/51 fase A (i motocicli). Euro 3 (motocicli omologati dopo il primo gennaio 2006, ciclomotori omologati dopo il 1° luglio 2015) sono identificate dalla sigla 2002/51 fase B. Per i 50 cc: 2013/60/CE. Euro 4: tutti i nuovi modelli di motociclo (ciclomotori esclusi, quindi) a partire dal 1° gennaio 2016 (ma è possibile omologare Euro 4 dall’1/9/15); modelli già in commercio dall’1/1/2017. Sigla
134/2014/Ue, ma c’è anche la dicitura Euro 4. I ciclomotori arriveranno a Euro 4 nel 2017, per poi “ricongiungersi” alle moto con l’Euro 5 comune previsto per il 2020.
Passaggio di proprietàPER I MOTOCICLIÈ necessario fare il “trapasso” con un atto di vendita ufficiale, che deve essere autenticato e, contemporaneamente, richiede-re alla Motorizzazione Civile, a carico dell’acquirente, un nuovo Certificato di Proprietà (C.d.P.) e l’aggiornamento della Carta di Circolazione. Oggi l’atto di ven-dita può essere autenticato, oltre che dal notaio, da un ufficio co-munale o da uno Sportello Tele-matico dell’Automobilista, che è disponibile presso gli uffici pro-vinciali e delegazioni dell’ACI, la Motorizzazione Civile e le agenzie di pratiche auto. Se vi rivolgete a un’agenzia, questa provvederà direttamente all’autentica dell’at-to di vendita e all’aggiornamento dei documenti di circolazione, naturalmente a fronte del paga-mento del servizio.
PER I CICLOMOTORI Al contrario di una moto, un 50 cc non è registrato al P.R.A. (Pubbli-co Registro Automobilistico) e per esso non è previsto un Certifi-cato di Proprietà. Quindi, per ven-derlo e acquistarlo non sono ne-cessarie procedure particolari. Tuttavia, con l’introduzione della targa a sei numeri, che ha sosti-tuito il vecchio targhino a cinque numeri, il cinquantino è stato do-tato di Certificato di Circolazione che riporta i dati del proprietario. Pertanto è necessario che il ven-ditore presenti alla Motorizzazio-ne una domanda con cui chiede la “Sospensione del Ciclomoto-re per successivo passaggio di proprietà”, accompagnata dalla richiesta dell’acquirente di ag-giornamento del Certificato di Circolazione con i dati del nuovo proprietario, il quale chiederà alla motorizzazione il rilascio di una nuova targa che sarà a sua volta abbianata al Certificato di Circolazione. Il precedente proprietario si tiene la “vecchia targa” che potrà abbinare ad un nuovo ciclomotore, oppure può chiederne la radiazione.Trovate tutti i dettagli sui costi da sostenere e le modalità di presen-tazione dei documenti richiesti sul nostro sito internet, all’indirizzo: www.motociclismo.it/passaggio-di-proprieta-moto-scooter.
MOTOCICLISMO marzo 2011 1
g )gla 2002/51 fase B.
EURO 2 CICLOMOTORI
Be superiore
Data conseguimento motocicli consentiti Validità estero
pre 1/1/86 tutti Sì
1/1/86-25/4/88 tutti No – salvo prova pratica
Dal 26/4/88 Solo in Italia, fino 125 cc e max 11 kW e tricicli oltre 15 kW (dai 21 anni) No
A
pre 1/1/86 tutti Sì
1/1/86-25/4/88 tutti No – salvo prova pratica
26/4/88-30/9/93 tutti Sì
1/10/93-18/1/2013 fino 25 kW di potenza massima con rapporto peso potenza 0,16 kW/kg per due anni dal rilascio della patente e comunque fino al 20° anno di età.
Sì
dal 19/1/2013 tutti se titolari di patente A2 da almeno 2 anni + prova pratica con moto minimo 600 cc e 40 kW. Accesso diretto 24 anni e prova pratica (minimo 600 cc e 40 kW).
Sì
AMdal 19/1/2013 A partire da 14 anni, inclusi tricicli e quadricicli leggeri, fino a 50 cc e
4 kW passeggero solo dai 18 anni. Corsi per l’esame prerogativa solo delle autoscuole.
da 16 anni
A1*1/10/93-18/1/2013 Da 16 anni, fino 125 cc potenza max 11 kW. Quadricicli pesanti. Sì
dal 19/1/2013 A partire da 16 anni, fino 125 cc potenza massima 11 kW (tricicli fino a 15 kW) e rapporto peso/potenza non superiore a 0,1 kW/kg.
Sì
A2dal 19/1/2013 A partire da 18 anni, motocicli con potenze fino a 35 kW e rapporto
peso/potenza non superiore a 0,2 kW/kg che non siano derivati da una versione che sviluppa oltre il doppio della potenza massima.
Sì
PATENTE: CHE COSA GUIDARE A SECONDA DEL DOCUMENTO
“CHIAVI IN MANO”
I prezzi sono riportati con la formula “chiavi in mano” comprensivi di spese di im-matricolazione.IMMATRICOLAZIONE
Le spese di immatricola-zione sono state valutate in 250 euro (450 euro indi-
cativi per i tre ruote LT che pagano l’IPT come le auto), comprensive di messa in strada e spese d’agenzia, ma possono variare da provincia a provincia.CICLOMOTORI
I prezzi dei ciclomotori non comprendono l’im-
matricolazione, stimabile sui 50 euro esclusi i diritti d’agenzia.POTENZA MAX
È espressa in CV;1 CV = 0,736 kW.COPPIA MAX
È espressa in kgm e Nm;1 kgm = 9,8 Nm.
LEGENDA
PER CAMBIO
CICLOMOTORI
A = monomarciaAV = con variatoreA2 = a 2 rapportiLEGENDA PER FRENI
D = disco T = tamburo
* Per guidare i quadricicli pesanti non basta più la patente A1, è necessaria la nuova B1 per quadricicli con peso max 400 kg (550 kg per i veicoli da trasporto di merci), esclusa la massa delle batterie per i veicoli elettrici, e potenza max 15 kW. Da 16 anni, 18 con passeggeri. Limiti di velocità per neopatentati: viene esteso anche ai titolari di patente A2, A e B1 il divieto di oltrepassare la velocità di 100 km/h in autostrada e di 90 km/h sulle strade extraurbane principali per i primi tre anni dal conseguimento della patente.
EMISSIONI, EURO 0-1-2-3 E 4: ECCO COME RICONOSCERLI
Listino chiuso in redazione il 12 dicembre 2016
Non assumiamo alcuna responsabili-tà per eventuali omissioni o variazioni non pervenuteci in tempo utile. I dati sono dichiarati dai Costruttori.
M
&MOTO
SCOOTERListino
p4 da
1aal
EURO 2 CICLOMOTORI
EURO 4
EURO 3
EURO 1 EURO 2
gennaio 2017 / Motociclismo 199
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Copyright by EDISPORT EDITORIALE s.r.l.
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llegra mascherata dei Soci del Moto Club Lombardo. L’anno è il 1921 e l’evento il “Veglione Sport” al Kursaal Diana di Milano. Per inciso, nel 1914, questa è stata la sede dove si è tenuta la
prima Esposizione Internazionale di Motociclismo, ovvero l’Eicma come la conosciamo oggi. Fa sorridere il dignitoso aplomb dei Signori Soci: tutti rigorosamente in smoking e al posto della tuba, altro cappello a forma dei cilindri dei motori raffreddati ad aria delle moto di allora. Ma quello che colpisce non è la tenuta a metà tra rigorosa eleganza e massima goliardia (siamo in zona carnevale ambrosiano) e nemmeno l’abbigliamento obbligatorio per una serata che vuole essere anche di gala, ma quello che è scritto sugli stendardi che accompagnano la foto di rito: “Non vai in motocicletta?! Sparati vigliacco!”
“E per lei si uccise” Siamo in pieno Futurismo - e pure agli albori del ventennio fascista... - e queste frasi esprimono anche il valore che assume in quel periodo la motocicletta, diventata uno degli emblemi di questo movimento artistico e sociale.
È una visione “romantica” che amplifica quell’aurea di temerarietà ed audacia che accompagnava fin dai suoi primi passi la moto e chi la usava. Il Moto Club Lombardo è nato nel 1914 -lo stesso anno della nostra rivista- ed è uno dei più antichi sodalizi delle due ruote. Nel 1921 questo Club è considerato il “Più forte
in tutta Italia”, come afferma Motociclismo. All’epoca, l’associazione milanese vantava il ragguardevole numero di 250 iscritti (in origine erano 33) e organizzava insieme alle varie gite sociali nel Nord d’Italia anche competizioni come il Circuito Del Lario, il Tourist Trophy italiano. Il socio Aldo Finzi, pilota di moto e di aerei (nel 1918 è stato uno degli aviatori del raid su Vienna con il poeta D’Annunzio) lancia l’idea di replicare tra le strade del lago di Como il difficile percorso dell’Isola di Man. Il tracciato lariano si snoda su 36,5 km di curve tutte di ghiaia, più o meno battuta, e se non bastasse c’è il viscido ciottolato che si trova percorrendo un triangolo che parte dal paese di Asso, sale e scende verso Bellagio, affronta il lungolago verso Lecco, lasciandolo a Onno per la Valbrona e di nuovo ad Asso. �
la storiaGLI INIZI DEL MOTO CLUB LOMBARDOrrr di Marco Riccardi
CILINDRI MILANESI
In posa i serissimi soci del Moto Club Lombardo al “Veglione Sport”del 29 gennaio 1921 all’albergo Kursaal Diana a Milano. Il club lombardo organizzerà le prime edizioni del Circuito del Lario, il TT italiano. La gara venne disputata dal 1921 al 1939: quindici leggendarie edizioni sempre accompagnate da un grande spettacolo di folla.
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