MORTI & FERITI GENNAIO 2006
MORTI & FERITI - FEBBRAIO 2006
Ieri è toccato a un giovane edile. La Filca Cisl sottolinea il
triste primato della Capitale: «29 decessi in tre anni» Roma, 3
morti in un mese nei cantieri.
I sindacati: «Intervenga la Regione»
di Diego D'Ippolito. Morire a 28 anni precipitando dal quinto
piano di un palazzo. E' successo ieri a Roma: Fabrizio Bellicampi,
operaio dipendente di una ditta di marmi e graniti, si trovava su
un montacarichi per trasportare una pesante lastra di marmo quando
è caduto nel vuoto da un'altezza di venti metri, morendo sul
colpo.
Le chiamano morti bianche, sono le stragi ingiustificate che
vedono come vittime semplici operai manovali, gente qualunque che
conclude il suo destino sul luogo di lavoro. Ogni volta dovrebbe
essere l'ultima, ma sembra interminabile la catena di tragedie che
come vittime vede i più indifesi.
In questo contesto, Roma si conferma tristemente capitale delle
morti bianche «29 decessi in tre anni, è questo il triste primato
della città». A sottolinearlo è il segretario generale della Filca
Cisl di Roma e provincia, Stefano Macale. «Siamo già a tre ed in un
solo mese nei soli cantieri edili del Lazio», gli fa eco il
segretario generale della Fillea Cgil di Roma e Lazio Sandro
Grugnetti. «Sono cifre da guerra - accusa Grugnetti - non
riconducibili a quella che dovrebbe essere una normale attività di
lavoro dentro un cantiere, la Fillea Cgil - avverte il sindacalista
- non può accettare questa situazione. Dove sono finiti i nostri
appelli? Perchè chi deve assumersi delle responsabilità ancora non
lo fa? Neanche qualche settimana fa avevamo chiesto un intervento
immediato per fermare questo stillicidio».
Difficile come al solito attribuire le responsabilità, anche se
la Fillea sollecita l'intervento della regione Lazio «perchè è nei
suoi compiti istituzionali quello importantissimo di tutelare e
salvaguardare la salute dei lavoratori e di prevenire con adeguate
misure i possibili infortuni sul lavoro».
La protesta del sindacato è subito raccolta dall'assessore al
Lavoro della Regione Lazio Alessandra Tibaldi (Prc) la quale
annuncia che «lunedì prossimo tornerà ad insediarsi il comitato
regionale per la sicurezza previsto dalla 626; comitato che non si
era mai riunito negli ultimi cinque anni.»
Anche in sede di finanziaria sono previsti degli interventi:
«Costituiremo - spiega Tibaldi - un osservatorio regionale sugli
infortuni, che abbia una funzione di coordinamento strutturato tra
tutti i soggetti interessati al tema della sicurezza. E' inoltre
previsto - aggiunge l'assessore - il potenziamento degli ispettori
Asl e l'elaborazione di una legge quadro sugli appalti, perchè il
lavoro precario, non tutelato, fa si che anche i luoghi di lavoro
siano insicuri».
Non solo Roma e non solo Lazio, anche nel resto d'Italia quella
di ieri è stata una giornata drammatica. Nell'ospedale fiorentino
di Careggi è morto un operaio cinquantenne caduto venerdì scorso da
un'impalcatura alta sei metri nel cantiere edile dove stava
lavorndo a Figline Valdarno. Nelle Marche un'uomo di 38 anni,
Rodolfo Mori, originario di Pergola ha perso la vita alle cave
Salvi di Urbania in provincia di Pesaro e Urbino. L'operaio è
rimasto incastrato nel nastro trasportatore della cava nella quale
stava lavorando. Subirà l'amputazione della gamba un agricoltore di
71 anni, P. S., di Porto Cesareo, in provincia di Lecce, per un
incidente provocato dalla motozappa che stava utilizzando in in
terreno di sua proprietà. L'arto è rimasto impigliato nel
mezzo.
Liberazione 1/02/06
VAUDA. SECONDO INFORTUNIO ALLA SAVET COLPITO ALLA TESTA
DALL’ALBERO ABBATTUTO
Un uomo di 41 anni ieri mattina ha rischiato di morire
schiacciato dal fusto di un albero appena abbattuto. Ioan Iliescu,
adesso è ricoverato all’ospedale di Cirié dove i medici l’hanno
giudicato guaribile in una decina di giorni. Le sue condizioni,
però, subito dopo l’infortunio, avvenuto nelle campagne di Vauda
Canavese, sembravano molto più gravi visto che era stato anche
richiesto l’intervento dell’elisoccorso. Per fortuna Iliescu
indossava correttamente il casco di protezione: per questo si è
salvato. L’incidente è avvenuto intorno alle 11 in un prato lungo
la strada che collega Vauda con la frazione Ceretti di Front.
L’operaio romeno è impegnato insieme a degli altri suoi
connazionali in operazioni di abbattimento di alcuni alberi. Tutti
sono dipendenti della ditta Savet di Monteriggione che sta
effettuando dei lavori per conto delloEnel. Improvvisamente, dalla
ricostruzione effettuata dai carabinieri di Barbania, il ramo di un
albero appena abbattuto ha colpito in testa il povero Iliescu. Una
botta secca che ha tramortito l’uomo. L’allarme lo hanno dato i
suoi compagni di lavoro con i telefonini cellulari. Poco dopo a
Vauda sono arrivati i medici e gli infermieri del 118 che hanno
prestato le prime cure all’extracomunitario. Dopo qualche minuto, i
sanitari hanno constatato che le condizioni di Ioan Iliescu non
erano poi così gravi, il ferito infatti era cosciente, quindi è
stato trasportato al pronto soccorso dell’ospedale di Ciriè. Adesso
le indagini sono affidate ai tecnici dello Spresal (Servizio
Prevenzione Sicurezza Ambienti di Lavoro) dell'Asl 6 che ieri hanno
sostenuto un lungo sopralluogo sul posto dove è avvenuto
l’infortunio per capire se i romeni stavano operando nel rispetto
di quando prevede la legge 626. Gli investigatori, però, vogliono
anche capire se gli operai della Savet sono preparati per
affrontare un lavoro duro e rischioso come quello dei taglialegna
che, oltre alla forza fisica, prevede anche un buon bagaglio
tecnico e una certa esperienza soprattutto per quanto riguarda
l’uso di attrezzi come motoseghe. Anche perché, poco tempo fa, un
altro operaio della stessa ditta toscana era precipitato da una
pianta mentre lavorava a Usseglio, comune dell’alta valle di Viù.
Quell’uomo si salvò per miracolo, ma i medici furono comunque
costretti a espiantargli un rene. g. gia.
La Stampa – Torino Cronaca 3/02/06
Cina, nuova esplosione in miniera, 23 morti
Nuovo incidente in una miniera di carbone cinese: 23 persone
sono morte per un'esplosione di gas in un impianto dello Shanxi.
Nella miniera della Sihe erano al lavoro 700 operai, quando si �
creata una sacca di gas che � esplosa. Negli ospedali della zona
sono state portate 53 persone intossicate di gas e dal fumo.
Liberazione 3/02/06
Fino a 350 incidenti mortali ogni anno. La prima causa è la
«caduta dall’alto»Cantieri, troppi infortuni
I dati della Commissione d’inchiesta sulle morti bianche
evidenzia che il record degli incidenti è nell’edilizia, con 350
casi ogni anno.Antonio Pizzinato, vicepresidente della Commissione
osserva che questo il dato che emerge dall’inchiesta della
Commissione sulle "morti bianche" istituita meno di un anno fa in
Senato per fare il punto sull’attuazione della normativa in materia
di sicurezza sul lavoro. Diversi i campi di indagine della
commissione, che sta preparando in questi giorni la sua relazione
conclusiva: edilizia, malattie professionali, agricoltura, lavoro
nero minorile e infortuni domestici.«Il numero degli infortuni -
spiega il senatore Ds Antonio Pizzinato - è ancora, drammaticamente
elevato. Nel solo settore dell’edilizia sono circa 330-350 gli
incidenti mortali ogni anno. Segno che le leggi non sono rispettate
e troppo poco viene fatto sul fronte della vigilanza e della
prevenzione. Gli episodi denunciati sono solo una parte di quelli
realmente accaduti, perchè si riferiscono solo ai lavoratori con un
contratto in regola e assicurati all’Inail». In molti casi il
lavoratore irregolare viene denunciato solo dopo un incidente. Le
situazioni più critiche si trovano al Sud, dove sono moltissimi i
cantieri abusivi.«Nella sola Napoli, dei quattro cantieri che
abbiamo visitato, tutti erano fuorilegge. Tutti i dati raccolti
indicano come il problema della sicurezza sul luogo di lavoro sia
ancora di estrema gravità. Sono necessarie nuove misure come
l’introduzione di un registro generale degli infortuni, per una
rilevazione accurata e puntuale, risorse finanziarie da destinare
alle Asl per la prevenzione, ma anche programmi di formazione e
informazione per i lavoratori, per loro rappresentanti e per le
imprese». Le vittime "ufficiali" nei cantieri edili sono state,
solo nel 2004, 231. Secondo l’indagine svolta da Fillea Cgil
(Federazione Italiana dei Lavoratori del Legno, dell’Edilizia,
delle industrie Affini ed estrattive), sarebbe il settore
costruzioni, con il 25,5% dei casi, ad aver registrato il numero
più alto di vittime: nel 2005 l’amara soglia è stata superata. Tra
gennaio ed ottobre 2004 gli infortuni nel settore che non hanno
comportato perdita della vita sono stati 80.079. Ogni anno,
inoltre, il costo degli infortuni ammonta a circa 5 miliardi di
euro.I dati della Fillea Cgil non confermerebbero, pertanto, i
risultati delle indagini condotte dall’Inail che, contrariamente,
sostiene una diminuzione del fenomeno infortuni sul lavoro. In
aumento sarebbe, in particolare, il lavoro nero che nella maggior
parte dei casi coinvolge i lavoratori stranieri. L’aumento degli
infortuni mortali tra i lavoratori stranieri denunciato da Fillea
Cgil sarebbe del 18,75%: dai 32 del 2003 ai 38 del 2004. Su 231
vittime, il 16,5% (38 persone) era extracomunitario contro l’83,5%
degli italiani. Dati che confermerebbero la scarsa efficacia delle
iniziative per la qualificazione del processo di inserimento al
lavoro, affidato ancora a dinamiche incontrollate come il
caporalato.Lombardia, Piemonte, Sicilia ed Emilia Romagna le
regioni in cui il numero di infortuni è stato maggiore. In Piemonte
le vittime sono passate da 19 nel 2003 a 22 nel 2004. Ma,
nonostante l’impennata dei suddetti dati al Nord, le verità più
allarmanti riguardano il Sud, dove il numero delle vittime sarebbe
passato dal 19% al 35,7% del totale. La prima causa per morte nei
posti di lavoro è la caduta dall’alto (44,16%). Le altre cause
sono: travolto da gru, carrello elevatore o ruspa (25,11%), il
crollo di una struttura (9,96%), colpito da materiali di lavoro
9,52%), folgorato (4,76%). Il restante 6,46% è rimasto vittima per
altri motivi.E il settore costruzioni è al secondo posto, dopo la
lavorazione del legno, nella classifica dei comparti più pericolosi
per i lavoratori. Nel 2003 in Italia sono stati oltre 100mila gli
infortuni e 300 quelli con esito mortale, mentre nell’Unione
europea rispettivamente 800mila e 1.300. Sono questi i risultati
del Rapporto Annuale Inail sulle attività più pericolose nel
2003.
Brescia Oggi 3/02/06
INFORTUNIO A SANDIGLIANO, NON E’ GRAVE ADDETTO AL LAVAGGIO
TRAVOLTO DALL’AUTO CHE STAVA PULENDO
SANDIGLIANO . Un operaio nigeriano di 40 anni, Ifeani A.,
residente a Borgodale è rimasto ferito ieri pomeriggio in un
curioso incidente sul lavoro. Regolarmente assunto dal titolare
della stazione di servizio Agip, da due giorni era addetto al
lavaggio delle auto. E ieri nel primo pomeriggio aveva iniziato a
pulire una vettura ancora da immatricolare di un centro vendita
della zona. L’auto posteggiata nell’apposita piazzola ad un tratto
si è messa in movimento da sola. L’operaio se ne è accorto e
preoccupato per la situazione che poteva innescarsi e magari per le
conseguenze che un incidente poteva avere sul suo lavoro, ha
cercato di fermarla ma è stato travolto dall’auto che in pochi
metri aveva preso un po’ di velocità. E’ stato lo stesso titolare
della stazione di servizio e dare l’allarme e l’uomo è stato
trasferito all’ospedale di Biella. La diagnosi parla di
«politraumi» ma secondo i medici non è in pericolo di vita. Sul
posto sono intervenuti anche i carabinieri e gli esperti dello
Spresal che dovranno accertare le cause dell’infortunio. f. p.
La Stampa – Sezione Biella 4/02/06
OPERAIO MORTO A SAN PIETRO: IL GIP ARCHIVIA
È finita in archivio l'inchiesta della Procura sulla morte di
Costantino Marchionni, l'operaio deceduto nel 2003 per il crollo di
un ponteggio mentre era impegnato in piazza San Pietro nei lavori
di allestimento del palco per l'udienza del mercoledì di Giovanni
Paolo II.
Il gip Romina Incutti ha deciso di mettere la parola fine a ogni
ulteriore accertamento per difetto di giurisdizione: l'unico organo
competente a indagare su un fatto accaduto sul sagrato è l'autorità
del Vaticano. Vanno in fumo, così, le speranze coltivate dagli
avvocati Domenico Battista e Carolina Valensise di sapere come e
perché Marchionni perse la vita.
Il Giornale 5/02/06
CUNICO: IL DRAMMA IERI VERSO LE 17 IN UN ALLEVAMENTO IN PAESE.
IL DIPENDENTE DELL’AZIENDA STAVA CARICANDO IL MANGIME SU UN
RIMORCHIO Soffocato sotto il trinciato di mais. La vittima è un
operaio, 60 anni, di Piovà Massaja
CUNICO . Gli è crollata addosso una «montagna» di trinciato di
mais ed è morto soffocato. Egidio Rondoletto, 60 anni, di Piovà
Massaia, dipendente della «Sara Allevamenti» di Cunico, intorno
alle 17 di ieri pomeriggio stava caricando un cumulo di mangime sul
rimorchio di un trattore nel cortile della ditta. In quel momento
era solo. Ad un certo punto, stando ad una prima e ancora sommaria
ricostruzione, sarebbe sceso dal mezzo, su cui sono posti i comandi
per il controllo dell’escavatrice, ed è andato vicino all’enorme
ammasso di mais. Che cosa sia successo dopo è soltanto intuibile.
Il cumulo è improvvisamente franato e lo ha travolto e ucciso.
L’allarme è stato dato solo qualche minuto dopo da un altro
dipendente, che non lo ha visto rientrare nel deposito
dell’azienda. Il collega di lavoro ha urlato e chiesto l’aiuto di
altri compagni di lavoro. E’ stata una lotta contro il tempo: hanno
cercato di scavare nel mais per estrarre Rondoletto e prestargli i
primi soccorsi. Ma non sono riusciti a portarlo in salvo. Il cumulo
di trinciato di mais continuava a scaricare «detriti». E’ stato
necessario l’intervento dei vigili del fuoco. Per qualche minuto si
è sperato che l’operaio potesse essere estratto ancora vivo. Ma
tutto è stato inutile. I carabinieri di Montiglio, guidati dal
comandante della Stazione, maresciallo Silvio Natoli, stanno
conducendo i primi accertamenti sulla dinamica della tragedia
insieme ai tecnici dello Spresal, il servizio prevenzione infortuni
dell’Asl 19. Il magistrato di turno in procura, Enrico Corucci, ha
disposto l’autopsia. «Il lavoro che stava facendo Egidio
normalmente viene eseguito dal trattore, senza dover scendere dal
mezzo - ha spiegato affranto Luigino Sardo, contitolare della «Sara
Allevamenti», un’azienda zootecnica conosciuta in tutta la zona -
non riesco proprio a capire perchè si sia avvicinato a quel
cumulo». Egidio Rondoletto lascia la moglie Ida e i figli Michele,
23 anni, e Simona, 18. Appassionatissimo di cavalli (ne possiede
due), era noto anche perchè nei mesi estivi amava girare per Piovà
con un calessino. «Siamo molto scossi - racconta Marisa Novelli,
amica di famiglia - è difficile in questo momento pensare che
Egidio non ci sia più». La padrona di casa di Rondoletto, Carla
Razzano, lo ricorda con le lacrime agli occhi: «Sono sconvolta,
incredula. Non posso capacitarmi che Egidio se ne sia andato così,
lui che era una persona solare, piena di vita, sempre disposto ad
aiutare gli altri». Nelle festività natalizie lui era solito
vestirsi da Babbo Natale: un modo per dispensare un po’ di allegria
e di solidarietà a bambini e anziani di Piovà. I carabinieri hanno
posto ieri i sigilli intorno all’area dov’è avvenuto il dramma. Ma
ormai sembrano esserci pochi dubbi sulle modalità della
disgrazia.
La Stampa – Sezione Asti 7/02/06
Grosseto, fulminato durante la potatura
Un giovane operaio è morto fulminato ieri mattina mentre stava
potando con una lunga asta alcuni alberi in una zona del
grossetano. L’asta stessa ha urtato i cavi della linea elettrica.
«C’è una massiccia diffusione di microimprenditorialità e lavoro
precario in agricoltura, selvicoltura ed edilizia - dice Catalano
responsabile Asl 9 - ci sono molte attività di piccole
dimensioni».
Liberazione 7/02/06
Edili, al lavoro come al fronte Nel 2005 sono stati 191 i morti
“ufficiali” nei cantieri italiani. Dall’osservatorio Fillea, le
cifre di una guerra dimenticata
Costruiscono case, scuole, ospedali, strade e ponti, costruttori
di pace che muoiono ogni giorno, in silenzio, in una guerra
dimenticata da tutti. Basti pensare che ancora nel 2005 sono state
191 le vittime nei cantieri edili italiani. A ricordarlo è la
Fillea Cgil, riunita a Pesaro per la seconda giornata del XVI
Congresso Nazionale, che quotidianamente monitorizza sul sito www.
filleacgil. it gli infortuni mortali che si verificano nel settore
delle costruzioni. Cifre drammatiche e tuttavia parziali, poiché i
lavoratori colpiti spesso sono “irregolari” e non vengono
registrati né dall’anagrafe delle Casse Edili, né da quella
dell’Inail. La Commissione parlamentare d’inchiesta sulle morti
bianche ha riconfermato l’edilizia come uno dei settori più
colpiti, con 330-350 morti l’anno. Le statistiche dell’Inail per
l’anno 2004 hanno denunciato 104.918 infortuni e 286 casi mortali
nel settore. Sempre l’Inail evidenzia come nelle piccole e medie
imprese il rischio infortunistico sia più alto rispetto alle
aziende di dimensioni maggiori; anche la gravità degli infortuni è
maggiore nelle microimprese, ben 4,9 denunce su 100 hanno avuto
conseguenze di menomazioni permanenti.
Il costo sociale degli infortuni sul lavoro è pari a 28 miliardi
di euro e oltre 17 milioni di giornate lavorative perse,
equivalenti a circa tre punti di Pil. In proporzione, per quanto
riguarda il settore delle costruzioni il costo degli infortuni è
almeno di circa 3 miliardi di euro, cifra sottostimata se si
considera che gli infortuni in questo settore sono molto più gravi
e quindi hanno un costo maggiore. Altro dato preoccupante è il
crescente aumento dei casi di infortuni, soprattutto quelli
mortali, tra i lavoratori stranieri che lavorano nel settore; la
percentuale sul totale rispetto allo scorso anno è salita, dal 18
al 19. «Seppure rispetto al 2004 si è registrato un leggero calo,
il numero delle vittime nei nostri cantieri nel 2005 - sottolinea
il segretario generale della Fillea Cgil, Franco Martini -
rappresenta ancora un tributo troppo alto pagato dal settore allo
sviluppo ed alla crescita. Per questo la tutela della sicurezza
rimane uno degli argomenti principali per il quale la nostra
categoria continuerà a battersi».
Liberazione 8/02/06
SAVIGLIANO A TUTELA DEI NUMEROSI I LAVORATORI ESCLUSI DAI
BENEFICI DELLA NORMATIVA DEL 1992 «Noi, fuori dalla legge amianto»
Comitato spontaneo si batterà per ottenere i risarcimenti
SAVIGLIANO . Si è costituito un comitato spontaneo che si
batterà per ottenere un risarcimento nei confronti dei lavoratori
esposti al rischio amianto, che non hanno potuto usufruire dei
benefici della legge del 1992, entrata in vigore dopo che loro
erano già andati in pensione. Promotori dell’iniziativa sono due
pensionati della ex Fiat Ferroviaria, da alcuni anni passata nel
gruppo multinazionale francese Alstom: Aldo Scotta, ex consigliere
comunale socialista ed ex assessore nella giunta guidata dal
sindaco Alfredo Dominici dal 1993 al 1995, e Gino Grosso. «Sono
molti i lavoratori che hanno operato a contatto con l’amianto –
dice Scotta – e che non hanno goduto di alcun beneficio: noi
vogliamo cercare contatto con altre realtà simili in Italia e
costituire un gruppo di pressione sui parlamentari affinché i
disegni di legge, già approntati, possano divenire presto
definitivi. Il comitato agirà in tutte le sedi per fare presenti le
proprie istanze». La legge del 1992 prevede che chi è stato a
contatto con l’amianto abbia un premio di anzianità pari a un anno
ogni due lavorati. Per esempio, chi è andato in pensione dopo 35
anni, si vede riconosciuta un’anzianità superiore che si ripercuote
positivamente sulla pensione. In altri casi, può usufruire del
pensionamento prima di aver raggiunto i limiti effettivi di
servizio o di età. Queste agevolazioni, però, non si sono mai
tradotte in vantaggi, per esempio dal punto di vista economico, per
tutti quei lavoratori che andarono in pensione prima del 1992. In
particolare, la data discriminante che venne fissata dalla legge fu
quella del 1° maggio di quell’anno: pertanto, coloro che ebbero la
disavventura di andare in pensione anche solo pochi giorni o
settimane prima di quella data, furono esclusi da qualunque tipo di
beneficio. Purtroppo, la diffusione del tumore al polmone tra essi
è stata molto elevata: l’amianto è uno dei più pericolosi materiali
che possono causare questo tipo di malattia. Esso venne
diffusamente impiegato nelle lavorazioni ferroviarie e navali come
isolante e coibentante, prima che ne venisse scoperta la
pericolosità per la salute umana. Per quanto riguarda, in
particolare, Savigliano, le carrozze dei treni realizzate, in
particolare negli anni Sessanta, dalla allora Snos (Società
Nazionale Officine di Savigliano), divenuta poi Fiat Ferroviaria e
in seguito Alstom Ferroviaria, impiegarono notevolmente i pannelli
di amianto. Più volte la Snos è stata chiamata a rispondere dai
famigliari di ex dipendenti morti per cancro ai polmoni. Secondo le
accuse, sarebbe stato proprio il contatto con il materiale
cancerogeno all’origine della malattia, e della conseguente morte.
Tale situazione era peraltro tristemente comune anche a lavoratori
di altre imprese della provincia di Cuneo, quali la Golden Car di
Caramagna Piemonte, la ex Ita Tubi di Racconigi e la Valeo di
Mondovì. Nel Cuneese sono ancora molte le copertue di edifici che
contengono amianto
La Stampa - Sezione Cuneo 8/02/06
GARDIGIANO DI SCORZÈ. La vittima era al suo primo giorno di
lavoro
Ci sono tre indagati per l'infortunio mortale sul lavoro
avvenuto sabato scorso a Gardigiano di Scorzè nel quale ha perso la
vita Pellumb Hima, 35 anni, di nazionalità albanese, precipitato da
un'altezza di sette metri mentre stava lavorando, nel suo primo
giorno di impiego, come manovale in un cantiere di via Campocroce
14. Si tratta di due operai di nazionalità albanese, Njazi Troca,
43 anni, regolare, residente a Campo San Martino in provincia di
Padova, e Maksim Koci, 47 anni, anch'egli regolare, residente a
Salzano; il terzo, Nicola Zulian, 37 anni, è il titolare della
ditta Senic Montaggi sas di Villa del Conte, sempre di Padova, per
conto della quale era stata ingaggiata abusivamente la vittima. Nei
confronti di Zulian è ipotizzato il reato di omicidio colposo,
mentre Troci anche di autocalunnia. Koci, invece, è accusato di
favoreggiamento personale. Ora spetterà alla procura approfondire
le indagini e verificare le eventuali responsabilità di
ciascuno.
Secondo la ricostruzione dell'episodio, dopo l'incidente,
Pellumb Hima era stato portato in fin di vita all'ospedale di
Mirano dallo stesso Troci che, davanti ai medici, aveva raccontato
di aver investito il proprio connazionale con il proprio autocarro
a Salzano. Ma è toccato ai medici smentire la versione di Troci
verificando che le ferite riportate dal 35enne non erano quelle
dovute ad uno scontro stradale, quanto invece da una caduta
dall'alto.Che il giovane albanese sia morto a causa di una caduta
da notevole altezza è stato confermato anche dall'autopsia disposta
effettuata dal medico legale, il dottor Antonio Cirnelli. Il
sostituto procuratore Giorgio Gava ha già fatto interrogare i tre
indagati dai carabinieri. Il titolare del ditta si è difeso
sostenendo di essere stato completamente all'oscuro della presenza
di Pellumb Hima che, secondo la sua versione, sarebbe stato portato
nel cantiere dai suoi connazionali, a sua insaputa. Ora il
fascicolo d'inchiesta verrà trasmesso per competenza al pm Antonio
Pastore, uno dei magistrati della procura di Venezia che si
occupano degli incidenti sul lavoro.A seguito del grave episodio
sono scese in campo anche le organizzazioni di categoria degli
edili Feneal-Uil, Filca-Cisl e Fillea Cgil. «Crediamo -
sottolineano i sindacati - che le cause siano da ricercare nella
mancata applicazione delle vigenti regole sulla sicurezza nonchè
nelle irregolarità contrattuale e di legge della manodopera. Non
accettiamo il fatto che la morte del giovane albanese fosse una
fatalità, ma poteva essere evitata proprio partendo dai sistemi di
controllo e dalle responsabilità che le normative sulla sicurezza
impongono alle imprese che svolgono i lavori». Sulla stessa
lunghezza d'onda anche Marco Bortolussi e Salvatore Lihard del
dipartimento Salute & sicurezza sui luoghi di lavoro della
Cgil. «Per dare una svolta decisa occorre agire su più fronti. Il
primo anche rafforzando e rendendo efficaci ed operativi i diversi
organismi bilaterali o paritetici che esistono, ma che troppo
spesso non vengono convocati e di fatto svuotati del loro ruolo
rispetto alla formazione dei lavoratori. Il secondo attraverso una
incentivazione per i comportamenti virtuosi accompagnata da
rafforzamento di mezzi e di uomini negli Organi di Vigilanza
(Inail, Inps, Spisal, Direzione del Lavoro) e un conseguente
maggiore coinvolgimento della magistratura nel azione repressiva.
Il terzo attraverso una ripresa decisa della contrattazione nei
luoghi di lavoro».
Gianluca Amadori , Paolo Navarro Dina
Il Gazzettino 8/02/06
PRECIPITA AL SUOLO, GRAVE UN 29ENNE IMOLESE
MEDICINA - Stava lavorando alla linea della Telecom quando
improvvisamente è piombato a terra.Quello avvenuto alle 11 di ieri
è il secondo infortunio sul lavoro in due giorni.E se le
conseguenze per il 21enne di origini pachistane che mercoledì è
stato investito da un muletto all’Arcese di Castel San Pietro sono
fortunatamente di poco conto, per il giovane caduto ieri a Medicina
si parla di prognosi riservata.Sono ancora da chiarire le cause per
cui I.M., operaio 29enne di Sesto Imolese, è caduto al suolo da
un’altezza di 5-6 metri.Il giovane stava svolgendo un intervento di
manutenzione su una linea telefonica per conto della Site, azienda
bolognese di impianti e reti per le telecomunicazioni di cui è
dipendente.L’incidente è accaduto in via San Giorgio, nella
frazione di Portonovo di Medicina, in aperta campagna.Come recita
il verbale del comando dei carabinieri di Medicina i soccorsi sono
stati immediati. Il giovane è stato portato in ambulanza
all’ospedale di Ravenna. Qui i medici gli hanno trovato diverse
fratture e hanno confermato la prognosi riservata.Sono invece
risultate meno pesanti di quanto erano parse in un primo momento le
condizioni del giovane operaio pachistano residente a Bologna che
mercoledì a Castel San Pietro è stato investito da un collega.
Mentre il 21enne stava facendo le pulizie, un muletto che procedeva
in retromarcia gli è piombato addosso. La gamba sinistra è rimasta
incastrata tra ruota e telaio tanto che per riuscire a liberarlo
sono dovuti intervenire i vigili del fuoco di Imola. Una volta che
ha ripreso i sensi, e dopo essere stato visitato al pronto soccorso
di via Montericco, è stato chiaro che le condizioni del giovane non
erano gravi. La prognosi è stata infatti di soli 10 giorni.
Difficile, vista la lieve entità dell’infortunio, che vi siano
conseguenze per il collega che era alla guida del muletto, un
37enne marocchino, anche lui residente a Bologna. Toccherà all’Ausl
stabilire se dal punto di vista delle norme di sicurezza tutto era
in regola.
Corriere Romagna – Cronaca di Imola 9/02/06
Morte nei cantieri, gli edili chiamano l’Unione
Intervista a Franco Martini, rieletto segretario della Fillea,
primo sindacato «multietnico» della Cgil. «Auspico che il
centrosinistra, se vince le elezioni, riveda le norme sugli
appalti»
Roberto Farneti. La guerra dimenticata dei «costruttori di
pace». Così la Fillea Cgil, sindacato dei lavoratori dell’edilizia,
ha definito la strage infinita che ogni anno si consuma nei
cantieri italiani. Anche nel 2005 in questo settore si sono
registrati 191 morti sul lavoro. «E’ vero - spiega Franco Martini,
ieri rieletto a Pesaro segretario del «primo sindacato multietnico
della Cgil» - che statisticamente un po’ gli infortuni in edilizia
sono diminuiti ma le condizioni di lavoro nei cantieri sono
peggiorate. Lo dimostra il fatto che è cresciuta la spesa
dell’Inail per risarcire i danni subiti dai lavoratori. Questo vuol
dire che è aumentata la gravità degli infortuni e le vittime sono
soprattutto gli immigrati, più ricattabili».
Il settore edile, spiega Martini, è cresciuto molto in questi
anni ma nonostante ciò la condizione di vita e di lavoro nei
cantieri e nelle fabbriche non è sostanzialmente cambiata. «Questo
perché - afferma il segretario della Fillea - né le imprese né il
governo hanno tradotto la crescita in innovazione. Il risultato è
che ci ritroviamo con un impianto normativo che invece di
combattere il ricorso al subappalto e al lavoro nero lo ha
sostanzialmente favorito». E’ per questo che gli edili Cgil
lanciano un monito al prossimo governo: «Nessuno pensi - avverte
Martini - che, ereditando il disastro, possano essere rimandate a
tempi migliori le scelte di riqualificazione del lavoro,
dell’impresa e del mercato. Auspico che l’Unione, se vince le
elezioni, riveda le norme sugli appalti»
Perché insistete su questo punto?
Ogni volta che c’è un morto sul lavoro, la discussione che ne
segue è sempre riferita all’applicazione della legge 626 sulla
sicurezza. Ma nel caso dell’edilizia la vera battaglia per la
sicurezza, ancora vista dalle imprese come un costo aggiuntivo, la
si fa soprattutto creando le condizioni affinché la 626 possa
essere applicata. Perché se in un cantiere, anche per realizzare
una grande opera, non c’è l’impresa con migliaia di dipendenti che
è strutturata per gestire il processo di esecuzione dell’opera
stessa ma c’è una galassia di microimprese che lavorano in
subappalto, la maggioranza delle quali non è regolare, è ovvio che
lì non è possibile applicare la legge. Quindi il tema della
normativa sugli appalti è il tema centrale in questo settore.
In che modo può intervenire il legislatore?
La legge obiettivo voluta da Berlusconi ha fatto nascere il
contraente generale, cioè quel soggetto che deve realizzare la
grande opera. Questo ad esempio comporta che Impregilo, che vince
la gara per il ponte per lo stretto, può fare ricorso a una quota
molto alta di subappalto. Il primo punto quindi è una normativa che
limiti il ricorso esasperato al subappalto. Inoltre va combattuta
la logica della gara al massimo ribasso. A causa del continuo
taglio dei trasferimenti operato dal governo, gli enti locali hanno
meno soldi. E siccome i Comuni sono uno dei più grandi committenti
di opere pubbliche, noi riteniamo che gli appalti non vadano
aggiudicati solo in base al criterio dell’offerta economicamente
più vantaggiosa ma anche quella che comprende costi per la qualità
del lavoro nel cantiere. C’è poi la questione della responsabilità
in solido delle imprese.
Di che si tratta?
E’ quella norma, reintrodotta dal governo su nostra spinta, per
la quale se io do un lavoro in subappalto, resto responsabile di
quello che poi accade nel cantiere. L’associazione dei costruttori
ha posto come pregiudiziale al tavolo del rinnovo del secondo
biennio economico la modifica di questa normativa attraverso il
contratto. Il prossimo incontro è il 16 febbraio. O si sblocca la
situazione o partirà la mobilitazione.
Nella relazione hai detto che, con questo congresso, la Fillea
punta a diventare «il primo sindacato multietnico della Cgil». Cosa
significa?
Riteniamo che la nostra organizzazione debba fare un salto
culturale. «Sindacato multietnico» non significa solo mettere
qualche immigrato in più negli organismi dirigenti, ma avere una
nostra visione della cause che sono all’origine dei problemi
migratori e della globalizzazione. Dobbiamo avere una politica di
riequilibrio dello sviluppo. Per questo siamo un sindacato contro
tutte le guerre, comprese quelle di religione, e che si batte per
tutti i diritti di cittadinanza.
Liberazione 9/02/06
OPERAIO QUASI CIECO DOPO UN INFORTUNIO
SAN MARINO - Aveva riportato una lesione permanente all’occhio
sinistro, andando a perdere quasi completamente la vista: dopo le
tante cure, gli è rimasto un solo grado. Sono le conseguenze
dell’infortunio sul lavoro avvenuto in un cantiere nel settembre
2003, quando l’operaio Mario Piva rimase seriamente ferito, mentre
stava lavorando ad una trivella per le perforazioni nel terreno.
Nello svitare la punta, l’uomo stava adoperando una mazza, ma
all’ultimo era volata via una scheggia che l’aveva colpito proprio
nell’occhio sinistro, andando a ledere il cristallino.
Dall’ospedale di Cailungo era stato trasportato a Riccione, ma
anche dopo le numerose cure, la lesione è diventata permanente.Si è
svolto ieri il processo che vedeva imputato il suo datore di
lavoro, Andrea Casadei, chiamato a rispondere di lesioni colpose,
come sempre avviene in questi casi, e di altre violazioni della
legge sull’igiene e sicurezza. Casadei è stato condannato a 400
euro di multa per le lesioni e a 1.300 euro per la prima violazione
amministrativa, assolto invece per la seconda. Il danno era stato
comunque risarcito, quindi era stata ritirata la costituzione di
parte civile.Secondo quanto emerso in dibattimento, in cantiere
erano presenti degli occhiali di protezione, ritenuti idonei dal
Servizio di igiene ambientale, che però gli operai non hanno
indossato. Secondo gli avvocati della difesa, che hanno già
annunciato di voler ricorrere in appello, il caso è basato su tante
ipotesi, ma nessuna prova, mentre il Procuratore del Fisco Roberto
Cesarini ha voluto sottolineare che in ambito di sicurezza sui
luoghi di lavoro c’è l’obbligo di un atteggiamento attivo da parte
del datore di lavoro, che deve anche assicurarsi che determinati
comportamenti vengano effettivamente posti in essere.
Corriere Romagna – Cronaca di San Marino 8/02/06
INFORTUNIO MORTALE A OZZANO: LA VITTIMA E’ UN IDRAULICO CASALESE
DI 54 ANNI .Precipita dal «cestello»
OZZANO .Infortunio mortale. L'altra sera ha perso la vita, a
Ozzano, Luigi Cerastico, 54 anni, titolare dell'omonima impresa
artigianale di termoidraulica, impianti e riscaldamento, in via
Matteotti 23, davanti allo stadio Natal Palli, dove c’è anche
l’abitazione. L'incidente mortale si è verificato mercoledì nel
tardo pomeriggio in via Ormea, 16 nella zona alta di Ozzano.
Secondo una prima ricostruzione - sulla dinamica del sinistro è
stata aperta un'inchiesta -, Cerastico nel corso del pomeriggio
stava effettuando un intervento alla grondaia dell'abitazione di
Bruno Maccapani, 53 anni, noto allenatore monferrino. L'artigiano
casalese era a bordo di un cestello, su un furgone della ditta Nolo
Scavi ed era Maccapani a manovrare il veicolo. Durante uno
spostamento per una tragica fatalità il furgone si è sbilanciato
sul ciglio di uno strapiombo di diversi metri ed è scivolato nella
scarpata, precipitando per alcuni metri. Cerastico è stato sbalzato
dal cestello ed è caduto procurandosi diverse lesioni. Immediata la
richiesta di soccorsi da parte di Maccapani che, nonostante egli
stesso avesse riportato ferite e contusioni, ha cercato di prestare
i primi aiuti all’artigiano. Sul posto sanitari del 118, vigili del
fuoco di Casale e carabinieri della stazione di Ozzano, oltre a
funzionari dell'Ispettorato del Lavoro. Cerastico, che era ancora
cosciente, è stato subito trasportato all'ospedale Santo Spirito e
ricoverato nel reparto di Rianimazione dove purtroppo le sue
condizioni sono peggiorate. È morto in serata. La notizia della
tragedia ha provocato vivo sconforto in città. La moglie collabora
nell'impresa artigiana e la figlia Alice, 29 anni, è impiegata in
una ditta orafa a Valenza, oltre che ballerina nel Laboratorio
Artistico Arabesque. La famiglia Cerastico nel febbraio del 2001
era già stata segnata da una grave tragedia. Il figlio di soli 26
anni era morto in circostanze drammatiche a Padova dove si era
trasferito da alcuni mesi. La salma dell'artigiano è stata composta
nella camera mortuaria dell'ospedale Santo Spirito. Al momento non
è ancora stata fissata la data dei funerali che verranno celebrati
nella chiesa dell'Addolorata. E' atteso nella giornata di oggi il
nulla osta per i funerali da parte della magistratura e le esequie
potrebbero svolgersi nella giornata di domani. Rovesciato nel
dirupo. Il camion con il «cestello» dove si trovava l’idraulico
La Stampa – Sezione Alessandria 10/02/06
Lamezia Terme, grave operaio caduto in pozzo
Incidente sul lavoro a Lamezia Terme, in provincia di Cosenza.
Un dipendente del Comune, impegnato nella riparazione di un
pozzetto idrico, è caduto accidentalmente all’interno del vano ed è
stato colpito al volto dal coperchio. L’uomo ha riportato un trauma
cranico con rottura del massiccio facciale. Ora è ricoverato in
prognosi riservata.
Liberazione 10/02/06
I COSTRUTTORI EDILI VENEZIANI VOGLIONO CHIEDERE I DANNI
I costruttori edili veneziani vogliono chiedere i danni ai
titolari dell'impresa che aveva appena assunto in nero l'operaio
albanese morto in un incidente sul lavoro sabato scorso a
Gardigiano di Scorzè. Chiederanno i danni anche al committente di
quell'impresa e a chi avrebbe dovuto controllare e, se otterranno
un risarcimento, lo devolveranno alla famiglia dell'operaio e ad
iniziative pensate per promuovere la cultura della sicurezza
nell'edilizia.
«Quella morte è un dramma che conferma il livello di
imbarbarimento a cui si è giunti nel settore delle costruzioni,
dove accanto alle imprese che operano nel rispetto delle regole e
delle norme di legge, si muove - pressoché al di fuori da ogni
controllo - una variegata giungla di soggetti che prospera
speculando sul lavoro irregolare e sulla totale violazione delle
norme sulla sicurezza sul lavoro». Non sono parole di un
sindacalista, ma di Giovanni Salmistrari (nella foto), presidente
dell'Associazione costruttori di Venezia (Ance) che ha annunciato
di aver già contattato i legali per avviare l'azione giudiziaria
dopo l'incidente sul lavoro avvenuto sabato scorso.
«La tragica vicenda di quel lavoratore morto per la caduta in un
cantiere edile, con la vergognosa messa in scena della simulazione
di un incidente automobilistico, impone una riflessione che vada al
di là dello sdegno e dell'emozione che l'episodio suscita -
continua Salmistrari -. Lascia allibiti che un settore produttivo
così importante non solo in termini di peso e di numeri, ma anche e
soprattutto per gli effetti che esso genera per il soddisfacimento
dei bisogni della collettività (in termini di abitazioni, strade,
infrastrutture...), sempre più improntati a criteri di qualità, sia
aperto a chiunque senza alcun filtro o alcuna selezione
preventiva».
Secondo il presidente dell'Ance veneziana, insomma, «chiunque
può improvvisarsi imprenditore edile da un giorno all'altro, senza
essere sottoposto a valutazioni o controlli sulla propria capacità
imprenditoriale, esperienza, conoscenza tecnica e delle norme».
Per questo l'Ance si è convinta che non basta più prendere atto
e sbandierare ai quattro venti che il trend degli infortuni in
edilizia è in discesa anche nella nostra provincia, come non è più
sufficiente continuare ad impegnarsi assieme ai sindacati nel campo
della sicurezza sul lavoro.
«La massiccia e crescente presenza di operatori, che con i loro
comportamenti irresponsabili e criminali mettono a repentaglio la
vita e la salute dei propri collaboratori gettando discredito
sull'intero settore delle costruzioni, costituisce un fenomeno non
più sopportabile - continua il presidente dell'Ance veneziana -.
Soprattutto nel settore dei lavori privati, soggetti mossi dalla
perversa equazione "sicurezza uguale costo superfluo" continuano a
infestare pressoché indisturbati questo mercato».
E la conseguenza inevitabile, per l'Ance, è che il mercato viene
distorto e chi commissiona un lavoro chiama le imprese che chiedono
meno soldi; poco male se, in cambio, queste rinunciano alla
sicurezza.
Per questo, secondo Salmistrari, è ora di dare un segnale forte
e di far capire a tutti che, «per la categoria, non è più
tollerabile sentirsi abbinata a chi non si vergogna di trarre
profitto dall'illegalità e dall'irregolarità. Come Associazione
Costruttori di Venezia stiamo valutando insieme ai nostri legali la
possibilità di promuovere un'azione giudiziaria contro i
responsabili della tragedia - non solo il titolare di impresa, ma
anche e soprattutto il committente che di lui si è avvalso, nonché
chi sul rispetto delle norme di sicurezza avrebbe dovuto vigilare -
per ottenere il risarcimento del danno che da episodi come questi
deriva alla nostra categoria».
Il Gazzettino 10/02/06
Bologna, macchinista non sale sul treno con il Vacma
Per il fatto che il macchinista si è rifiutato di usare il
pedale di sicurezza Vacma, l’Eurostar 9311 Bolzano-Roma è rimasto
fermo ieri per mezz’ora alla stazione di Bologna. A riferirlo è
Savio Galvani del coordinamento dei ferrovieri “12 gennaio”, quello
nato a pochi giorni dal disastro di Crevalcore. I sindacati da
tempo contestano il Vacma, sistema inutile e pericoloso e che è
stato riconosciuto nocivo da alcune Asl.
Liberazione 11/02/06
Morti bianche, vittime a Bolzano e Perugia
Un boscaiolo 36enne della Val di Funes, in provincia di Bolzano
è morto dopo una notte in ospedale, dove era ricoverato dopo un
volo di 100 metri su un burrone. L’uomo venerdì era scivolato sul
ghiaccio mentre stava tagliando un albero. Altro incidente mortale
a Perugia, dove un extracomunitario di 39 anni è rimasto travolto
da alcuni bancali di cartone che stava spostando.
Liberazione 12/02/06
Cina, altra fuga di gas in miniera: 12 morti
Una fuga di gas in una miniera cinese ha provocato la morte di
12 minatori e altri 3 risultano dispersi. L’incidente è avvenuto a
Dengfeng, nella provincia di Henan. Al momento della fuga di gas 56
minatori erano al lavoro nella Malingshan Coal Mine: 41 di loro
sono riusciti a fuggire.
Liberazione 12/02/06
TAGLIA L’ALBERO CHE LO TRAVOLGE: LA VITTIMA AVEVA 42 ANNI
SCHIACCIATO DAL PIOPPO
Scorzè .Tragico incidente ieri mattina nelle campagne di Rio San
Martino di Scorzè: è morto Giuseppe Pesce, 42 anni, travolto da un
pioppo che aveva appena reciso con la motosega.
La tragedia è avvenuto verso le dieci sui terreni che erano di
proprietà dell'ospedale di Treviso, e sono stati acquistati da una
famiglia della zona. L'agricoltore, che lavorava anche come operaio
turnista in una ditta di materiali plastici di Badoere (ieri sera
avrebbe dovuto fare il turno di notte), stava tagliando alberi nei
campi dei vicini con l'aiuto di un giovane, il figlio del
proprietario.
A una prima ricostruzione dell'incidente sembra che nel primo
impatto con il suolo il pesante tronco sia rimbalzato su una
prominenza del terreno vicino al fossato. Nel "salto" il tronco
avrebbe colpito il volto di Pesce sulla parte sinistra gettandolo a
terra e successivamente l'albero si sarebbe rovesciato addosso con
tutto il peso.
Strazianti le scene di dolore nella casa della famiglia Pesce
dove la vittima viveva con i genitori.Il quarantaduenne lascia la
moglie Morena Milani di 43 anni, e tre figli: due maschi Nicola di
13 anni e Andrea di 11 e la figlioletta Laura di appena 8 anni.
Renzo Favaretto
Il Gazzettino 14/02/06
CADE DAL CAMION GRAVE UN GIOVANE
CHIVASSO . Un commerciante di Livorno Ferraris è ricoverato in
gravi condizioni al San Giovanni Bosco di Torino, in seguito alle
ferite riportate in un infortunio sul lavoro avvenuto venerdì
scorso a Casalborgone, centro della collina chivassese. Si tratta
di Andrea Audino, di 34 anni, residente in corso Marconi 54,
titolare con un altro socio della locale ditta Brau, che
commercializza materiali per lattonieri. Il giovane, intono alle
14, con un autocarro della propria ditta trasportava diverse gronde
in rame presso un cascinale di campagna in fase di
ristrutturazione, in strada Balestra 3. Nel scendere dal pianale
del mezzo, forse per aver messo un piede in fallo, è scivolato e
perso l'equilibrio è finito a terra battendo la testa sul
pavimento. Andrea Audino si è prontamente rialzato da solo
accusando un lieve dolore alla testa, poi improvvisamente le sue
condizioni sono peggiorate. L'infortunato è stato quindi
trasportato al Pronto soccorso dell'Ospedale di Chivasso, dove i
medici gli hanno diagnosticato un ematoma cerebrale. Considerata la
gravità del caso, i medici hanno disposto il trasferimento
dell'Audino al San Giovanni Bosco. Qui il livornese è stato
sottoposto ad un delicato intervento alla testa per asportargli
l'ematoma. Adesso il giovane si trova ricoverato in Rianimazione. I
medici si sono riservata la prognosi. Il cantiere è stato posto
sotto sequestro dalla magistratura torinese. d. and.
La Stampa – Sezione Vercelli 14/02/06
INFORTUNIO MORTALE: 250MILA EURO NON BASTANO
SAN MARINO - E’ finita ieri la fase istruttoria al processo per
l’infortunio mortale sul lavoro, avvenuto il 27 settembre 2002 alla
Tu.Le di Gualdicciolo. Discussione finale e sentenza sono state
fissate al prossimo 10 maggio. Nell’infortunio perse la vita
l’operaio Lakebir Lakhouiri, 53 anni. Rimase schiacciato sotto 20
quintali di tubi che gli crollarono addosso, dopo essersi staccati
dal carro ponte che li stava trasportando. All’udienza di ieri, cui
erano presenti anche le due figlie, sono stati uditi i periti di
parte e la Polizia civile e il Servizio di igiene ambientale che
effettuarono i sopralluoghi. La famiglia di Lakhouiri e la Centrale
sindacale unitaria, entrambe rappresentate dall’avvocato Gianna
Burgagni, si sono costituite parti civili nel processo perché non
era stato possibile raggiungere un accordo sul risarcimento del
danno: l’assicurazione aveva proposto 250mila euro, che sarebbero
appena bastati a coprire le spese dell’Iss, e per questo non
accettati dalla famiglia.
Il Corriere Romagna 15/02/06
MUORE A OTTO GIORNI DALL'INFORTUNIO
Mauro Maddalozzo di Arta Terme era stato colpito da un tronco.
Donati gli organi
Arta Terme . (fs) Non ce l'ha fatta. Mauro Maddalozzo, l'operaio
residente a Cabia di Arta Terme rimasto gravemente ferito in un
brutto incidente sul lavoro, è morto nella serata di martedì, nel
reparto di terapia intensiva dell'ospedale di Udine dove era
ricoverato da otto giorni. Era infatti lunedì della scorsa
settimana quando il trentacinquenne originario di Socchieve, era
stato colpito alla testa da un tronco, mentre era impegnato con la
ditta per cui lavorava in un disboscamento a Somplago lungo la
strada che conduce ad Alesso. Immediato il soccorso sanitario e il
trasporto in elicottero verso l'ospedale di Udine. Anche se
l'operaio indossava il caschetto di sicurezza, gravissimo è stato
il trauma cranico riportato e le sue condizioni sono apparse subito
disperate.
Seppur nell'immenso dolore della perdita del marito, la moglie
Fabiana ha fatto la scelta generosa di acconsentire all'espianto
degli organi, assecondando una volontà che il compagno aveva
espresso in vita. Nella giornata di martedì era stata chiesta a tal
proposito, nel caso la situazione fosse precipitata, la relativa
autorizzazione anche alla Procura di Tolmezzo, da parte della quale
non vi erano stati ostacoli. Mauro Maddalozzo lascia, oltre alla
moglie Fabiana, anche due bambini piccoli, di soli due e tre anni,
i genitori e un fratello, che vivono a Caprizzi di Socchieve. In
quella piccola frazione aveva abitato anche lo stesso Maddalozzo
fino a quattro anni fa, quando l'amore e il matrimonio con Fabiana
lo avevano portato a trasferirsi nel paese di lei. Il sindaco di
Socchieve, Luciano Mazzolini, molto vicino ai genitori, lo ricorda
come un ragazzo attivo e disponibile. «Anche dopo essersi
trasferito, Mauro tornava spesso a Caprizzi, e soprattutto durante
l'estate veniva a dare una mano alla mamma e al papà nella gestione
dell' attività agricola di famiglia», racconta, esprimendo profondo
dispiacere per la scomparsa e vicinanza ai parenti. Scossi anche il
parroco di Arta Terme, don Ivo Dereani, e il sindaco Somma, che
assieme a tutta la comunità si stringono attorno ai familiari.
Il Gazzettino – Cronaca di Udine 16/02/06
PIOVE DI SACCO . TRAGICO INFORTUNIO
Piove di Sacco . Tragico infortunio sul lavoro nel tardo
pomeriggio di ieri alla "HTP" nella zona industriale piovese. Un
operaio è rimasto schiacciato da una pressa. La vittima è Guerrino
Manfrin, cinquantaquattrenne di Candiana, dipendente dell'azienda
di via Martiri della Mafia, che opera nel settore dello stampaggio
di materie plastiche.
Mancava poco alle sette quando si è verificato il drammatico
incidente. L'operaio, per cause ancora in corso di accertamento, è
finito con il torace sotto il pesante pistone del macchinario.
Neppure il tempo di un urlo. La morte è stata istantanea. Manfrin è
stato soccorso dai colleghi di lavoro che hanno bloccato la pressa
e prestato i primi soccorsi. Ma all'arrivo dell'ambulanza del
servizio di emergenza medica, inviata dall'ospedale di Piove, ormai
non c'era più nulla da fare. I sanitarti non hanno potuto fare
altro che constatare il decesso.
Sul posto sono intervenuti i carabinieri della locale compagnia
e gli ispettori dello Spisal, il servizio di prevenzione
infortunistica dell'Usl 14. Laboriosi e complessi i rilievi del
tragico infortunio, prima che il magistrato, a tarda sera,
autorizzasse la rimozione del cadavere.
Sottoposto a sommarie informazioni testioniali anche
l'amministratore delegato della ditta, Maria Grazia Romanato, che
risiede in paese.
La notizia della morte di Guerrino Manfrin ha fatto
immediatamente il giro di Candiana, piccolo paese della Bassa
Padovana, dove abitava ed era molto conosciuto e stimato. Lascia,
oltre alla moglie Valentina, quattro figlie, la più grande delle
quali si chiama Samanta, ha 30 anni, è sposata e mamma di una
bambina. Le altre tre, Samuela di 26 anni, Elisa di 25 e Martina di
22, vivono ancora in famiglia nella casa di via Stradelle, poco
lontano dalle scuole medie e a ridosso del "borgo" costruito da
Mussolini in epoca fascista. La notizia ha suscitato sconforto in
tutta la via. I vicini si sono stretti attorno al dolore dei
congiunti. Gianni Patella , Stefania Mastellaro
Il Gazzettino – Cronaca di Padova 16/02/06
I DATI DELLA LIGURIA . Più tumori e malattie del lavoro
GENOVA . Aumentano in Liguria le malattie professionali, 1200
casi nel 2004, soprattutto i tumori, tra cui i mesoteliomi da
amianto, legati all’esposizione nei decenni precedenti, e poi le
patologie che derivano da microtraumi ripetuti e posture
inadeguate. I dati, che contrastano con la diminuzione che si
registra in tutta Italia, sono stati diffusi ieri mattina in
occasione della firma di un protocollo d'intesa tra Regione e Inail
in materia di prevenzione, igiene e sicurezza negli ambienti di
lavoro, a partire dalla definizione di un sistema di controllo e di
vigilanza, anche per quanto riguarda l'emersione del lavoro
sommerso. «Con la chiusura di tre impianti inquinanti come Acna,
Stoppani e l'altoforno delle Acciaierie di Cornigliano ci sono
stati dei passi avanti per la riduzione dell'inquinamento, resta
ancora alto però il problema degli infortuni sul lavoro non più
legati alle grandi aziende manifatturiere, ma soprattutto
all'edilizia dove è presente il lavoro sommerso e la conseguente
mancanza di sicurezza» ha detto il presidente della giunta, Claudio
Burlando, presente alla firma con il direttore regionale
dell’Inail, Marina Taurelli e degli assessori regionali alla Salute
e al Lavoro, Claudio Montaldo ed Enrico Vesco. Gli infortuni sul
lavoro denunciati in Liguria sono leggermente diminuiti, passando
dai 33.286 nel 2001 ai 31.743 del 2004, di cui 27 mortali, come nel
2003. Una diminuzione generale significativa se rapportata
all’aumento dei soggetti assicurati all'INAIL, passati dai 389.035
del 1999 ai 444.705 del 2003, ma comunque inferiore al calo
registrato nel resto d’Italia. I settori maggiormente a rischio
continuano a essere quelli delle costruzioni e dei trasporti,
seguono i settori dell'industria dei metalli, della pubblica
amministrazione e del commercio. In generale, comunque, sono le
piccole e microimprese, da uno a 9 dipendenti, che rappresentano il
90% del tessuto produttivo regionale, a essere caratterizzate da un
rischio più elevato di infortuni gravi e mortali.
La Stampa – Sezione Savona 16/02/06
CONDANNA QUATTORDICI LAVORATORI SONO MORTI DI CANCRO CONTRATTO
IN FABBRICA Processo Pirelli, 3 milioni per risarcire i
familiari
Risarcimento milionario per i familiari degli operai morti di
cancro negli stabilimenti torinesi della Pirelli. Nel corso
dell’udienza preliminare di ieri, davanti al Gup Silvia Salvadori,
i legali dell’azienda milanese hanno perfezionato l’indennizzo dei
congiunti di 14 lavoratori deceduti per mesotelioma pleurico e
tumore alla vescica. Una quarantina di familiari, che si erano
costituiti parte civile con gli avvocati Laura D’Amico, Silvia
Boldrini, Ruo Redda, Pozza e Jacoviello, hanno ricevuto una
liquidazione complessiva di circa 3 milioni e mezzo di euro. In
seguito al risarcimento hanno rinunciato a costituirsi parte civile
contro 19 alti dirigenti del gruppo chimico, rinviati a giudizio
per i reati di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose. La
partita degli indennizi, però, è tutt’altro che conclusa. Anche
l’Inail, che a suo tempo ha elargito le pensioni per gli operai
ammalati e quelle di reversibilità alle vedove dei dipendenti
deceduti, chiede di essere rimborsata con circa 1 milione e 300
mila euro. Infine rimangono 9 ex dipendenti che hanno contratto la
malattia in fabbrica ma sono ancora in vita: per loro è stata
avviata una trattativa tra i legali di parte civile e i difensori
dei dirigenti Pirelli, Claudio Morra e Francesco Mucciarelli di
Milano, ma non è ancora stata raggiunta un’intesa. Alla sbarra sono
finiti ex presidenti, amministratori delegati, consiglieri
d’amministrazione e responsabili degli stabilimenti Pirelli di
Torino e Settimo Torinese, accusati dai pm Gabriella Viglione e
Raffaele Guariniello di non mai messo in atto misure di sicurezza
per attenuare i rischi all’interno della fabbrica nel periodo
compreso fra gli anni ‘60 e la metà degli anni ‘90. Le cause di
morte, secondo i consulenti della Procura, erano principalmente
due: la presenza di amianto per coibentare i macchinari usati nelle
lavorazioni a caldo, che avrebbe provocato l’insorgere di
mesoteliomi; e l’assorbimento - sia per inalazione che attraverso
la pelle - di sostanze nocive come le ammine aromatiche e gli
idrocarburi policiclici aromatici utilizzati per la produzione di
gomma. La situazione rimarrebbe grave anche adesso, tant’è vero che
la Procura ha già avviato una seconda tranche d’indagine sugli anni
successivi (dal ‘98 al 2001), riscontrando una trentina di
ulteriori decessi per le stesse patologie tumorali. L’udienza
preliminare continuerà il 29 marzo.
La Stampa – Torino Cronaca 16/02/06
Incidenti lavoro, giovane muore folgorato a Chieti
Era salito sul cestello elevatore di un’autogru con il
dipendente di una ditta che avrebbe dovuto sistemare una insegna
luminosa di una nuova palestra a Sambuceto (Chieti), quando ha
urtato un cavo dell’alta tensione che gli ha provocato il decesso
per folgoramento. La vittima è un giovane di 39 anni, Enzo
Zulli.
Liberazione 16/02/06
Cade da una impalcatura imprenditore pakistano.
Ricoverato in gravi condizioni ma fuori pericolo l’impreditore
pakistano di 33 anni che ieri è rimasto vittima di un incidente sul
lavoro a Bologna. L’uomo, residente a Molinella, titolare di una
impresa edile stava montando una impalcatura quando ha perso
l’equilibrio cadendo da una altezza di cinque metri. Sul posto sono
intervenuti i carabinieri che hanno posto sotto sequestro il
cantiere.
Liberazione 17/02/06
CIRIE’ IL PARTO NELLO STESSO OSPEDALE IN CUI L’IMPRENDITORE, POI
DECEDUTO, ERA STATO RICOVERATO Muore per un infortunio sul lavoro E
il giorno dopo la sua compagna gli dà alla luce il figlio
Carmelo Valenti non vedeva l'ora di stringere al petto suo
figlio Alessio che doveva nascere a giorni. Con la sua compagna
Antonella si stavano realizzando i sogni di una vita. Ma il destino
con lui non poteva essere più crudele e spietato. Valenti, che
aveva 46 anni, è morto l'altro pomeriggio, schiacciato da un
muletto all'Europneus di San Maurizio Canavese, la ditta
specializzata nel commercio di mescolanze in gomma che la vittima
gestiva insieme al fratello Ignazio. Ieri pomeriggio con un parto
cesareo è nato all'ospedale di Ciriè il piccolo Alessio Carmelo.
Una grande gioia, ma, allo stesso tempo un dolore immenso per i
familiari che non potevano fare a meno di trattenere le lacrime
davanti a quel fiocco azzurro sistemato sulla porta di una
cameretta del reparto di ostetricia dell'ospedale di Ciriè. La
tragedia è avvenuta l'altro giorno in un piazzale interno alla
ditta Europneus che ha la sua sede in via Cubito 36, in frazione
Ceretta, nella nuova zona idustriale di San Maurizio Canavese.
Valenti stava camminando tranquillamente quando, improvvisamente, è
stato travolto da un muletto che era guidato da un dipendente. La
dinamica, però, al momento, non sarebbe ancora del tutto chiara
anche se, quasi sicuramente, chi era ai comandi del mezzo non si è
accorto di nulla e non è riuscito ad evitare l'impatto con il
titolare dell'Europneus. Carmelo Valenti, che abitava a Borgaro, è
stato soccorso immediatamente dai suoi compagni di lavoro che hanno
chiamato il 118. In pochi minuti in via Cubito è arrivata
un'ambulanza della Croce Verde ha prestato le prime cure al ferito
e poi trasportato l'uomo all'ospedale di Ciriè con delle gravi
fratture al torace, al bacino e una profonda lacerazione all'aorta.
Un quadro clinico davvero disperato. Lì i medici hanno tentato di
tutto per strapparlo alla morte, ma, il suo cuore ha smesso di
battere qualche ora dopo il ricovero. Adesso restano da chiarire le
cause che hanno innescato l'infortunio sul piazzale dell'Europneus
la ditta che Carmelo, sacrificio dopo sacrificio, aveva tirato su
insieme a suo fratello Ignazio in una trentina di anni di lavoro.
L'autista del muletto è stato interrogato a lungo dagli agenti
della Polizia Municipale di San Maurizio Canavese che hanno aperto
un'indagine insieme ai tecnici del Sevizio di Prevenzione e
Sicurezza sui posti di lavoro dell'Asl 6. Gli investigatori hanno
effettuato un lungo e meticoloso sopralluogo all'interno della
ditta per cercare di capire si l'incidente che è costato la vita a
Carmelo Valenti, si sarebbe potuto evitare in qualche modo.
L'infortunio mortale di Ceretta di San Maurizio rientra così nei
circa duemila incidenti, più o meno gravui, che ogni anno si
verificano nel territorio di competenza dell'Asl 6, una zona molto
vasta racchiusa tra Lanzo, Ciriè e Venaria.
La Stampa – Sezione Savona 18/02/06
Cassino, cade da una impalcatura.
E’ grave. Un operaio di 65 anni, F. G, di Roma ma dipendente di
una ditta di Chieti, è caduto ieri da un’impalcatura altra circa
quattro metri all’interno del cantiere per la costruzione del
centro commerciale “Le Grance” di Piedimonte San Germano a Cassino.
L’uomo nel violento impatto con il suolo ha riportato la grattura
del bacino, delle spallee di numerose costole. I
Liberazione 21/02/06
Cartiera di Modena, muore sindacalista
E’ deceduto sul lavoro ieri mattina mentre svolgeva attività di
manutenzione sui macchinari alla Cartiera di Modena. La Cgil di
Modena esprime cordoglio ai familiari di Giancarlo Zanasi,
rappresentante sindacale. Il sindacato denuncia «come spesso le
pressanti esigenze produttive inducano i lavoratori a operare in
situazioni di grave rischio personale»
Liberazione 22/02/06
Messico, poche speranze per i 65 minatori intrappolati
La tragedia sembra all’epilogo, anche se esiste ancora un esile
filo di speranza. Dalle due del mattino di domenica scorsa, a causa
di una esplosione di grisou, 65 minatori sono intrappolati a 160
metri di profondità di una miniera di carbone messicana situata
nello stato di Cohauilla, nel nord del Paese. Gli incessanti scavi
dei soccorritori per raggiungerli sono stati finora vani e poiché
avevano riserve di ossigeno solo per sei ore, si teme che non vi
sia più nulla da fare. Lo scoppio ha anche interrotto le
comunicazioni e, quindi, sono possibili solo ipotesi. I proprietari
della miniera hanno assicurato che il sistema di ventilazione
centrale è rimasto intatto. L’unica speranza, quindi, è che da
qualche piccola fenditura filtri dell’aria che consenta ai minatori
di restare in vita. L’angosciante corsa contro il tempo è seguita
con crescente disperazione da oltre 600 familiari dei minatori
intrappolati. D’altra parte, nulla di nuovo per la regione
carbonifera di Cohauilla, la più importante del Messico. Dal 1969
ad oggi nelle sue miniere vi sono state 11 esplosioni di grisou che
hanno provocato complessivamente 277 morti.
Liberazione 22/02/06
IN TRAPPOLA 65 MINATORI MESSICANI
Sono 13 i minatori salvi mentre si sta ancora scavando nella
miniera di carbone di San Juan de Sabinas, nello stato messicano di
Cohauila, per salvare gli altri 65 ancora intrappolati dopo
l'esplosione di domenica. I soccorritori, armati soltanto di
picconi, pale e mani, sono arrivati molto vicini ai minatori ma
disperano di trovarli ancora vivi a causa della scarsa quantità di
ossigeno al momento dello scoppio. L'unica salvezza può venire
dalla presenza di tasche d'aria.
Il Manifesto 22/02/06
COSTIGLIOLE UN IMPIEGATO COLPITO DA CANCRO MINACCIA CAUSA AL
COMUNE PER LA COPERTURA DEL TEATRO «Quel tetto mi ha fatto
ammalare»
COSTIGLIOLE . Una delicata e inquietante vicenda in questi
giorni è al centro dell’attenzione in Comune di Costigliole: un
impiegato (da oltre vent’anni in municipio) è ammalato di cancro e
ha adombrato l’ipotesi che la sua patologia sia collegata con
l’aver lavorato in un ufficio situato sopra al tetto del Teatro
comunale, in cui sarebbe presente amianto. E di conseguenza con
l’aver avuto un contatto prolungato con la sostanza contenuta nella
copertura. L’uomo, prossimo alla pensione, in questo periodo si sta
sottoponendo ad un ciclo di chemioterapia. A fine gennaio ha
inviato una lettera al sindaco Luigi Solaro e ai capigruppo di
minoranza consiliare, per chiedere di voler eliminare la copertura
di lastre forse di Eternit sul tetto della parte ampliata del
Teatro (è in via Roma sotto al municipio). Nella missiva
l’impiegato ventila la possibilità di intraprendere un’azione
legale contro il Comune, per il cancro al sistema linfatico che
l’ha colpito. Una storia complessa per i risvolti umani, di cui si
parla in muncipio con comprensione ma anche con qualche
perplessità: pare infatti difficile che ci sia un nesso causale tra
la presenza eventuale di amianto e il manifestarsi della malattia,
visto che l’ufficio dove l’impiegato ha lavorato per tanti è ai
piani superiori e non appaiono guasti apparenti della copertura. La
minoranza consiliare della Lista Borriero sulla vicenda ha già
presentato un’interrogazione, in cui si chiede di accertare la
situazione del tetto del Teatro e «se si può escludere la presenza
di amianto», in qualsiasi forma possa essere. Il sindaco Luigi
Solaro della storia ha già parlato in giunta più volte e anticipa:
«E’ un fatto certamente increscioso, ma mi pare davvero impossibile
che ci siano correlazioni, ammesso oltre tutto che nel tetto ci sia
dell’amianto». E aggiunge: «Daremo incarico all’Arpa di effettuare
un sopralluogo ed una perizia che ci faccia capire meglio la
situazione». Solaro annota inoltre l’intenzione di far eseguire
analisi del’aria e propone di ascoltare anche il parere di medici
specialisti su queste patologie. Conclude il sindaco: «Non appena
avremo questi dati ne riferiremo ai consiglieri». e. ce.
La Stampa – Sezione Asti 24/02/06
Ilva di Taranto, un ferito. Bolzano, cade dalla scala
Due ore di sciopero il 27 febbraio all’Ilva di Taranto. Le hanno
decise ieri i sindacati subito dopo l’incidente in cui è rimasto
gravemente ferito un operaio di una ditta appaltatrice. Michele
Martellotta, di 42 anni. Ha 50 anni l’operaio caduto da una scala
in un cantiere di Maranza (Bolzano). Per l’uomo, trauma cranico e
frattura di un polso.
Liberazione 25/02/06
Porto Empedocle, ieri l’ultimo saluto al minatore
Nella chiesa del Carmine, a Porto Empedocle, oltre mille persone
hanno dato ieri l’ultimo saluto a Vincenzo Noto, il minatore morto
nella miniera dell’Italkali a Realmonte. Sulla bara di Noto i
compagni di lavoro hanno poggiato un caschetto giallo. «Mi chiedo,
e tutti ci chiediamo - ha detto durante l’omelia don Antonio
Bartolotta -, se questa tragedia non si sarebbe potuta
evitare».
Liberazione 26/02/06
Sedici le vittime, ma è un bilancio provvisorio. 54 i morti
ufficiali dell’incendio di giovedì. Bangladesh, crolla fabbrica
tessile a Dhaka: è ancora morte
Andrea Milluzzi. Un giorno e mezzo. Tanto si è dovuto aspettare
per registrare un’altra drammatica cronaca di morte sul lavoro in
Bangladesh. Un’altra fabbrica tessile, dopo quella distrutta da un
incendio giovedì notte, è crollata ieri a Dhaka, la capitale del
Paese. Sono almeno 16 i morti e 50 i feriti, ma anche in questo
caso le stime sono destinate a salire.
La Phoenix, la fabbrica che è crollata per cause ancora non
chiare, si trovava a Mahakhali, il quartiere operaio della capitale
e faceva parte di un complesso di quattro piani che ospitava anche
i negozi e gli uffici della compagnia. Al momento del crollo, le 11
di mattina, al lavoro c’erano 150 operai e altri stavano
costruendo, secondo quanto è dato sapere dai primi resoconti dal
luogo, un altro piano dell’edificio destinato ad ospitare uno
studio medico. Questa versione andrebbe a sconfessare il
sottosegretario agli interni Lutfuzzaman Babar che, giunto nel
quartiere dove i vigili del fuoco e i soccorritori stavano cercando
di togliere i detriti alla ricerca di superstiti, ha dichiarato che
la fabbrica era stata inserita nella lista dei 100 edifici
industriali da demolire per ragioni di sicurezza.
Chissà se rientrava in questa lista anche la fabbrica di
Chittagong, bruciata dalle fiamme giovedì notte, provocando la
morte di 56 lavoratori di cui 45 donne. I dati ufficiali sono stati
forniti ieri, ma il bilancio è ancora provvisorio perché, secondo
fonti mediche, almeno 41 donne sono gravemente ferite e sono
ricoverate nella clinica privata Al Amin della città, 215
chilometri a sud-est di Dhaka. E con il proseguimento delle
indagini su quanto sia accaduto nella fabbrica del sud del
Bangladesh si scopre che la maggior parte delle donne morte o
ferite sono state vittime dei colleghi maschi che nella
concitazione della fuga le hanno calpestate. Infatti, a quanto
hanno denunciato i sopravvissuti al rogo, le porte e le possibili
vie d’uscita della fabbrica erano state sbarrate dal padrone per
impedire che i lavoratori lasciassero il loro posto. Sempre a
Chittagong un centinaio di operai di un laboratorio tessile sono
rimasti feriti nella fuga causata dal panico nato dopo lo scoppio
di un trasformatore elettrico all’esterno della fabbrica dove
stavano lavorando.
Tre incidenti in pochi giorni, ma la quotidianità in Bangladesh
è anche peggiore e non sempre trova spazio nelle pagine dei
quotidiani occidentali. «Fino al 2004 l’abbigliamento ricopriva il
94% dell’export del Bangladesh e se provavi a dire agli
imprenditori locali di migliorare le condizioni di sicurezza dei
loro dipendenti ti rispondevano “prima bisogna smaltire le scorte
in magazzino”» racconta Silvana Cappuccio, responsabile del
dipartimento salute e sicurezza della federazione internazionale
tessile, che a visitare le fabbriche bengalesi è stata molte volte:
«C’è la totale inapplicazione delle leggi e mancano del tutto i
controlli delle autorità. Dopo l’incidente di quest’estate abbiamo
fatto grossa pressione sul governo, ma dall’altra parte c’è un
grande lavoro delle lobby internazionali del tessile che hanno
interesse a che nulla cambi dell’attuale situazione». Una
situazione che provoca morti e discriminazioni sociali: «Gli
incidenti accadono dove il sindacato non è presente - continua
Cappuccio - e le vittime sono spesso donne perché sono
principalmente loro a lavorare nelle fabbriche tessili, dato che
glielo prospettano come unico impiego possibile. Loro lo sanno e
vivono questa situazione in maniera drammatica. Se tu vedi i
palazzi come quello che è crollato oggi (ieri, Ndr) puoi capire: al
primo piano vendono i prodotti, negli altri c’è una sterminata
distesa di macchine da cucire e lavoratrici costrette in spazi
angusti, magari con due ventilatori, un bagno comune e le coperte
accanto per sdraiarsi quando non ne possono più. Oppure vedi con i
tuoi occhi che vengono chiuse a chiave per impedirne la fuga, come
è successo giovedì». Secondo i dati dell’Ilo in Asia c’è un tasso
di infortuni sul lavoro 4 volte superiore agli altri Paesi in via
di sviluppo. Non è difficile capire perché.
Liberazione 27/02/06
Morti nella cava messicanaPasta de Choncos, 65 vittime in
miniera. Fox apre la solita indagine
Dopo una settimana non c'è più speranza di ritrovare vivi i
minatori in trappola. Sì all'indenizzo, ma la ditta non vuole
un'inchiestaMAURIZIO GALVANINon c'è più speranza di trovare in vita
i 65 minatori messicani rimasti intrappolati nella miniera numero 8
Pasta de Conchos, nello stato di Coahuila. Circa una settimana fa,
in seguito a un'esplosione della galleria (a due chilometri e
cinquecento metri sotto il livello della terra), i lavoratori sono
rimasti bloccati in profondità, e la loro condizione è apparsa
subito disperata. Considerato che la temperatura dell'ambiente è
arrivata quasi subito a toccare i 1.100 gradi della scala
Fahrenheit (600 gradi Celsius) a causa dell'incontro tra metano e
monossido di carbonio. Finiti carbonizzati o bruciati vivi è poco
importante la differenza, rispetto alla loro tragico destino. Ormai
è quasi sicuro che i loro corpi non saranno neanche recuperati
tanto facilmente; la miniera è diventata, purtroppo, la loro fossa
comune. Fuori della miniera appartenente alla società industriale
del Grupo Mexico, rimangono solo i più stretti familiari a chiedere
che almeno vengano loro riconsegnati i corpi o quel che ne rimane.
Contemporaneamente di fronte alla miniera da una settimana si è
riunito un gruppo di curiosi e si è organizzato un vero e proprio
festival (per l'arrivo degli ambulanti che vendono di tutto e ogni
cosa). I familiari, povera gente e donne con più di un figlio,
vengono interrogati dagli organi istituzionali e dalla stampa:
chiedono soprattutto più giustizia da parte del governo. Esigono
con fermezza che vengano colpiti i responsabili.
Dall'altra parte, i padroni invece cercano di chiudere in fretta
questa vicenda - che è diventata di dominio pubblico nella regione,
che «avvelena» la campagna elettorale per le presidenziali in
programma all'inizio di luglio, con un confronto durissimo tra il
partito del presidente Fox (il Pan) e l'outsider pedderista, Lopez
Obrador - e sono pronti a stanziare 70 mila dollari di risarcimento
per le vittime e circa 10 mila dollari per i tredici sfortunati
feriti.
Ovviamente non si vuole parlare di responsabilità da parte dei
capi aziendali, per non voler discutere nemmeno la situazione
disumana, nella quale lavorano i minatori messicani. Le stime più
recenti stabiliscono che questi lavoratori - che rischiano
personalmente la loro vita - guadagnino solo 250, massimo 500
dollari al mese. Le imprese rispettano pochissimo le regole di
salvaguardia dei lavoratori e a distanza di circa 11 anni non
adottano nessuna delle norme antinfortunistiche pattuite con l'Oil
regionale (Organizzazione internazionale del lavoro). Praticamente
dopo il 1995 non c'è stata nessuna ditta (o poche sempre) che
abbiamo rispettato alcune regole. Invece, hanno costantemente
violato la Ley Federal del Trabajo (legge statale sul lavoro).
Il presidente panista Vicente Fox, l'uomo della Coca Cola ormai
in scadenza di mandato, si è detto «provato» per l'esito di questo
incidente e come è sua consuetudine si è dichiarato «pronto» ad
aprire una inchiesta sui fatti di Coahuila. Lo farà? In parte sì,
perché strumentalmente vorrà utilizzare l'esito dell'inchiesta per
sorreggere la carriera politica della moglie Marta Sahagun. Per
esempio, si è già offerto di «dare» ai famigliari dei minatori,
case ed assistenza sociale. Di altra natura e di altro peso,
invece, potrebbe essere stato l'intervento da parte del presidente
della Conferenza episcopale messicana, monsignor José Guadalape
Martin Rabago. Il quale «ha esortato le autorità locali a prendere
subito visione delle condizioni dei minatori per impedire,
soprattutto, che possano scoppino altre tragedie come quella di
Pasta de Conchos».
Il Manifesto 28/02/06