www.judicium.it MICHELE FORNACIARI L’inammissibilità del ricorso per cassazione ex art. 360-bis c.p.c. (scritto già pubblicato in Riv. trim. dir. dir. proc. 2013, 645 ss.) SOMMARIO: 1. Introduzione: la questione del «filtro» al ricorso per cassazione. – 2. Il problema di fondo posto dall’art. 360-bis: la declaratoria di inammissibilità sulla base di valutazioni di merito. Inquadramento di quelle in que- stione, per entrambe le fattispecie contemplate dalla norma, quali valutazioni di (non) manifesta infondatezza. – 3. Segue: possibilità che una valutazione di (non) manifesta infondatezza sfoci in una declaratoria di inam- missibilità. Non ricorrenza di tale ipotesi nella fattispecie in esame. Conclusione: si tratta non di inammissibili- tà ma esclusivamente di (non) manifesta infondatezza. – 4. La lettura secondo la quale la valutazione ex art. 360-bis, comma 1°, dovrebbe avere riguardo al momento della formulazione del ricorso e non a quello della decisione. Confutazione. – 5. Inefficacia, ed anzi nocività, del meccanismo introdotto in relazione all’obiettivo di semplificare ed accelerare il giudizio di cassazione. – 6. Riferibilità della pronuncia ex art. 360-bis anche ai singoli motivi e non necessariamente all’intero ricorso. – 7. Portata normativa dell’art. 360-bis: esso non incide in alcun modo, né riduttivo, né ampliativo, sui motivi di ricorso per cassazione, e segnatamente su quello ex art. 360, comma 1°, n. 4. – 8. Segue: eventuale possibile riflesso sulle sorti del ricorso incidentale tardivo. – 9. Significato prevalentemente ideale della norma, nel senso di un richiamo al rigore nella formulazione dei ricor- si. – 10. Le singole questioni interpretative poste dall’art. 360-bis: la fattispecie n. 1. – 11. Segue: la fattispecie n. 2. 1. – Nel panorama della giustizia civile, nel suo insieme sconfortante, il giudizio di cassa- zione rappresenta, come si sa, una nota particolarmente dolente. Oltre al problema generale dei tempi, per la Corte si aggiunge infatti anche quello, specifico, della sostanziale impossibilità di esercitare in modo realmente significativo la propria funzione principe, vale a dire quella di nomofi- lachia. Per questo da tempo si discute circa l’introduzione di un qualche tipo di filtro, tale da ridurre il carico di lavoro della Cassazione e da consentirle dunque di recuperare pienamente il ruolo asse- gnatole. Per un breve periodo, a tale scopo – si trattasse poi di una delle ragioni d’essere della previ- sione, di un suo effetto collaterale, più o meno consapevolmente messo in conto, oppure di una de- riva inaspettata – è servito il quesito di diritto, effimero istituto introdotto (art. 366-bis e relativa modifica dell’art. 366, comma 1°, n. 4) dalla riforma del 2006 e cancellato, dopo soli tre anni di non glorioso servizio, da quella del 2009. Al medesimo scopo – e questa volta dichiaratamente – quest’ultima ha peraltro coniato una nuova norma, l’art. 360-bis, con la quale, mutando strategia (laddove con il quesito di diritto era in questione la formulazione del ricorso, in questo caso si tratta della sua meritevolezza di esame), so- no state introdotte due nuove ipotesi di inammissibilità. A mente della nuova disposizione, il ricorso deve infatti essere dichiarato inammissibile: 1) quando, essendo il provvedimento impugnato in li- nea con la giurisprudenza della Cassazione, i motivi di censura addotti non offrono «elementi per confermare o mutare» tale giurisprudenza; 2) quando risulta «manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei princìpi regolatori del giusto processo». Questa novità rappresenta peraltro solo una parte dell’intervento riformatore sul punto. Ad essa il legislatore ne ha infatti affiancato un’altra, di carattere ordinamentale e procedimentale: tr a- mite la modifica degli artt. 375 e 376 e l’introduzione dell’art. 67 disp. att., la declaratoria di inam- missibilità in genere (vuoi cioè per i motivi appena riferiti, vuoi per qualunque altro), così come quella di manifesta fondatezza o infondatezza, sono state attribuite ad una nuova sezione (la c.d. se- zione filtro), appositamente creata. A séguito della novella, il meccanismo è cioè il seguente: salvo che il ricorso spetti alle sezioni unite, esso viene senz’altro assegnato alla nuova sezione, dopodi- ché, se questa riscontra la sussistenza di un motivo di inammissibilità, oppure lo ritiene manifesta-
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MICHELE FORNACIARI · PDF fileremo in particolare sul punto di vista sub a) (quello secondo il quale l’art. 360-bis avrebbe introdot-to due nuovi motivi di rigetto in rito),
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MICHELE FORNACIARI
L’inammissibilità del ricorso per cassazione ex art. 360-bis c.p.c. (scritto già pubblicato in Riv. trim. dir. dir. proc. 2013, 645 ss.)
SOMMARIO: 1. Introduzione: la questione del «filtro» al ricorso per cassazione. – 2. Il problema di fondo posto dall’art.
360-bis: la declaratoria di inammissibilità sulla base di valutazioni di merito. Inquadramento di quelle in que-
stione, per entrambe le fattispecie contemplate dalla norma, quali valutazioni di (non) manifesta infondatezza.
– 3. Segue: possibilità che una valutazione di (non) manifesta infondatezza sfoci in una declaratoria di inam-
missibilità. Non ricorrenza di tale ipotesi nella fattispecie in esame. Conclusione: si tratta non di inammissibili-
tà ma esclusivamente di (non) manifesta infondatezza. – 4. La lettura secondo la quale la valutazione ex art.
360-bis, comma 1°, dovrebbe avere riguardo al momento della formulazione del ricorso e non a quello della
decisione. Confutazione. – 5. Inefficacia, ed anzi nocività, del meccanismo introdotto in relazione all’obiettivo
di semplificare ed accelerare il giudizio di cassazione. – 6. Riferibilità della pronuncia ex art. 360-bis anche ai
singoli motivi e non necessariamente all’intero ricorso. – 7. Portata normativa dell’art. 360-bis: esso non incide
in alcun modo, né riduttivo, né ampliativo, sui motivi di ricorso per cassazione, e segnatamente su quello ex
art. 360, comma 1°, n. 4. – 8. Segue: eventuale possibile riflesso sulle sorti del ricorso incidentale tardivo. – 9.
Significato prevalentemente ideale della norma, nel senso di un richiamo al rigore nella formulazione dei ricor-
si. – 10. Le singole questioni interpretative poste dall’art. 360-bis: la fattispecie n. 1. – 11. Segue: la fattispecie
n. 2.
1. – Nel panorama della giustizia civile, nel suo insieme sconfortante, il giudizio di cassa-
zione rappresenta, come si sa, una nota particolarmente dolente. Oltre al problema generale dei
tempi, per la Corte si aggiunge infatti anche quello, specifico, della sostanziale impossibilità di
esercitare in modo realmente significativo la propria funzione principe, vale a dire quella di nomofi-
lachia. Per questo da tempo si discute circa l’introduzione di un qualche tipo di filtro, tale da ridurre
il carico di lavoro della Cassazione e da consentirle dunque di recuperare pienamente il ruolo asse-
gnatole.
Per un breve periodo, a tale scopo – si trattasse poi di una delle ragioni d’essere della previ-
sione, di un suo effetto collaterale, più o meno consapevolmente messo in conto, oppure di una de-
riva inaspettata – è servito il quesito di diritto, effimero istituto introdotto (art. 366-bis e relativa
modifica dell’art. 366, comma 1°, n. 4) dalla riforma del 2006 e cancellato, dopo soli tre anni di non
glorioso servizio, da quella del 2009.
Al medesimo scopo – e questa volta dichiaratamente – quest’ultima ha peraltro coniato una
nuova norma, l’art. 360-bis, con la quale, mutando strategia (laddove con il quesito di diritto era in
questione la formulazione del ricorso, in questo caso si tratta della sua meritevolezza di esame), so-
no state introdotte due nuove ipotesi di inammissibilità. A mente della nuova disposizione, il ricorso
deve infatti essere dichiarato inammissibile: 1) quando, essendo il provvedimento impugnato in li-
nea con la giurisprudenza della Cassazione, i motivi di censura addotti non offrono «elementi per
confermare o mutare» tale giurisprudenza; 2) quando risulta «manifestamente infondata la censura
relativa alla violazione dei princìpi regolatori del giusto processo».
Questa novità rappresenta peraltro solo una parte dell’intervento riformatore sul punto. Ad
essa il legislatore ne ha infatti affiancato un’altra, di carattere ordinamentale e procedimentale: tra-
mite la modifica degli artt. 375 e 376 e l’introduzione dell’art. 67 disp. att., la declaratoria di inam-
missibilità in genere (vuoi cioè per i motivi appena riferiti, vuoi per qualunque altro), così come
quella di manifesta fondatezza o infondatezza, sono state attribuite ad una nuova sezione (la c.d. se-
zione filtro), appositamente creata. A séguito della novella, il meccanismo è cioè il seguente: salvo
che il ricorso spetti alle sezioni unite, esso viene senz’altro assegnato alla nuova sezione, dopodi-
ché, se questa riscontra la sussistenza di un motivo di inammissibilità, oppure lo ritiene manifesta-
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mente fondato o infondato, emette la relativa pronuncia in camera di consiglio; in caso contrario, il
fascicolo ritorna al primo presidente e viene assegnato ad un’ordinaria sezione semplice.
Fermo restando che anche a questo meccanismo occorrerà di far riferimento, ciò che qui in-
teressa è in particolare la previsione contenuta nell’art. 360-bis.
Tale previsione, involuta ed ambigua, rappresenta il risultato di un iter normativo assai tra-
vagliato. Nella sua versione originaria (quella approvata dalla Camera dei Deputati il 2.10.08), essa
era infatti formulata in modo totalmente differente: per un verso prevedeva, in positivo, le ipotesi
nelle quali il ricorso sarebbe stato ammissibile (in negativo era formulata esclusivamente la previ-
sione del secondo comma, relativa al ricorso per vizio di motivazione); per altro verso contemplava
un maggior numero di ipotesi; per altro verso ancora conteneva direttamente al suo interno la dispo-
sizione in merito al collegio – dalla composizione differente rispetto a quella della speciale sezione
introdotta poi, nella versione definitiva, dai citati artt. 376 e 67 disp. att. – incaricato del vaglio pre-
liminare dei ricorsi. Questo il testo di tale originaria versione:
«Il ricorso è dichiarato ammissibile: 1) quando il provvedimento impugnato ha deciso le
questioni di diritto in modo difforme da precedenti decisioni della Corte; 2) quando il ricorso ha per
oggetto una questione nuova o una questione sulla quale la Corte ritiene di pronunciarsi per con-
fermare o mutare il proprio orientamento ovvero quando esistono contrastanti orientamenti nella
giurisprudenza della Corte; 3) quando appare fondata la censura relativa a violazione dei principi
regolatori del giusto processo; 4) quando ricorrono i presupposti per una pronuncia ai sensi dell’art.
363.
Non è dichiarato ammissibile il ricorso presentato ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 5, avverso la
sentenza di appello che ha confermato quella di primo grado.
Sull’ammissibilità del ricorso la Corte decide in camera di consiglio con ordinanza non im-
pugnabile resa da un collegio di tre magistrati».
In questa formulazione, la norma era in effetti assai chiara. La sensibile restrizione
dell’accesso alla Cassazione, che essa produceva, suscitava però non pochi dubbi di costituzionalità,
a fronte di un art. 111, comma 7°, cost., il quale garantisce tale accesso in modo generalizzato. Pa-
rimenti, ingenerava poi perplessità il fatto che la pronuncia fosse affidata, senza possibilità di rie-
same, ad un collegio di tre soli magistrati.
Così, mutato segno, ridotte le ipotesi prese in considerazione1 e accantonata la soluzione del
collegio ridotto2, quello che rimane è una disposizione, di difficile e problematica lettura, la quale
contempla non più le condizioni generali di ammissibilità del ricorso dal punto di vista dei motivi
spendibili, vale a dire l’indicazione delle uniche censure sollevabili avverso il provvedimento im-
pugnato, ma si limita ad aggiungere, alle altre già previste (soccombenza, rispetto del termine, ecc.),
altre due fattispecie di inammissibilità; mentre, per altro verso, viene introdotto un nuovo iter pro-
cedimentale per la loro declaratoria – iter peraltro comune, come detto, a tutte le ipotesi di inam-
missibilità ed alla manifesta fondatezza/infondatezza – bensì semplificato, ma senza riduzione del
numero dei magistrati componenti il collegio3 4.
1 L’attuale fattispecie n. 1 rappresenta in qualche modo una maldestra sintesi parziale, in negativo, delle precedenti nn.
1 e 2, mentre la n. 2 riprende (parimenti in negativo e non meno maldestramente) la precedente n. 3. 2 Per la dettagliata ricostruzione dell’iter parlamentare v. DE CRISTOFARO, in Codice di procedura civile commentato,
diretto da Consolo, La riforma del 2009, curato da Consolo assieme a de Cristofaro nonché a Zuffi, Milano 2009, p. 236
ss.; RAITI, Note esegetiche a prima lettura sul «filtro» in Cassazione secondo la legge di riforma al codice di rito civile
n. 69 del 18 giugno 2009, in www.judicium.it, § 1; REALI, in La riforma del giudizio di cassazione. Commentario al D.
Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, capo I e alla L. 18 giugno 2009, n. 69, capo IV, a cura di Cipriani, Padova 2009, p.126 ss. 3 In assenza di indicazioni in merito al numero dei componenti dell’apposita sezione, non vi sono evidentemente appigli
per sostenere che essa presenterebbe una compagine più ristretta rispetto a quella ordinaria (in tal senso v. RAITI, Note
Non per questo l’idea del filtro è venuta meno tout court. Anche in relazione alla nuova ver-
sione, ed a maggior ragione a causa della sua sibillina formulazione, proprio questo è risultato infat-
ti, fin da sùbito, al centro del dibattito: se ed in quale misura l’art. 360-bis abbia introdotto uno sbar-
ramento per l’accesso al giudizio di legittimità. In particolare, due sono i punti di vista dai quali, a
questo proposito, esso può venire in considerazione: a) per un verso in quanto fonte di due nuovi
motivi di rigetto in rito, vale a dire di due nuovi presupposti processuali, tali da precludere, ove as-
senti, l’esame nel merito del ricorso; b) per altro verso in quanto fonte di una restrizione dei possibi-
li motivi di ricorso. Ben si comprende, dunque, come questo aspetto sia destinato a rivestire un ruo-
lo di primo piano nell’analisi della norma. Non, beninteso, che per il resto essa non ponga problemi
interpretativi. Tutt’altro. Per un verso, però, tali problemi risultano comunque secondari, rispetto a
quello, di fondo, del quale si è appena detto. Per altro verso, una volta risolto quest’ultimo (in senso
negativo, si può già sin da ora anticiparlo), e più in generale appurata l’effettiva portata della dispo-
sizione (pressoché nulla, sia detto anche questo fin da sùbito), essi, come vedremo, sono destinati a
perdere, in concreto, gran parte della loro rilevanza.
Ciò premesso, per quanto concerne l’ordine della trattazione, come prima cosa ci concentre-
remo in particolare sul punto di vista sub a) (quello secondo il quale l’art. 360-bis avrebbe introdot-
to due nuovi motivi di rigetto in rito), la cui analisi, come riscontreremo, risulta in effetti assai arti-
colata. Del punto di vista sub b) (quello secondo il quale l’art. 360-bis avrebbe prodotto una restri-
zione dei motivi di ricorso in cassazione), che del resto si riferisce esclusivamente alla seconda del-
le due fattispecie contemplate dalla norma (quella relativa alla manifesta infondatezza della censura
relativa alla violazione dei princìpi del giusto processo)5 e che, per quanto potenzialmente assai di-
rompente, ad una lettura non forzata si rivela in realtà innocuo, ci occuperemo invece in un secondo
tempo.
2. – Come detto, l’art. 360-bis, nella versione concretamente introdotta, prevede due ipotesi
di inammissibilità del ricorso. L’inquadramento di tali ipotesi risulta peraltro problematico. La dif-
ficoltà che esse pongono è evidente: essa consiste nel fatto che da un lato la norma parla espressa-
mente di inammissibilità, dall’altro quelle in questione sono però, altrettanto espressamente, valuta-
zioni di merito. Da qui l’immediata, istintiva, sensazione di un’intrinseca contraddittorietà. La cate-
goria dell’inammissibilità evoca infatti una sfera, quella delle valutazioni di rito, che non solo è di-
versa da quella delle valutazioni di merito, ma le si contrappone tout court. Com’è dunque possibile
– questo l’interrogativo che non può non porsi [ed a maggior ragione si pone, dal momento che le
sezioni unite, fin dal loro primo intervento sulla nuova disposizione6, hanno espressamente statuito
4 Per quanto concerne l’àmbito operativo della nuovo meccanismo, la Cassazione lo ha ritenuto applicabile anche al re-
golamento di competenza [Cass., sez. un., 6 settembre 2010, n. 19051, in Foro it. 2010, I, c. 3333, con osservazione di
COSTANTINO e nota di SCARSELLI, Circa il (supposto) potere della Cassazione di enunciare d’ufficio il principio di di-
ritto nell’interesse della legge; in Giur. it., 2010, p. 1991; ivi, 2011, p. 885 (solo massima), con nota di CARRATTA,
L’art. 360 bis c.p.c. e la nomofilachia «creativa» dei giudici di cassazione; in Giust. civ., 2011, I, p. 123; ivi, p. 403 (so-
lo massima), con nota di TERRUSI, Il filtro di accesso al giudizio di cassazione: la non soddisfacente risposta delle se-
zioni unite; in Giusto proc. civ., 2010, p. 1131, con nota di LUISO, La prima pronuncia della Cassazione sul c.d. filtro;
in Nuova giur. civ. comm., 2011, I, p. 167, con nota di CARNEVALE, La Corte di Cassazione ridimensiona il «filtro»
dell’art. 360 bis cod. proc. civ.; in Guida dir., 38/2010, p. 32, con nota di FINOCCHIARO, La valutazione rispetto ai pre-
cedenti va compiuta al momento della decisione; Cass., (ord.) 16 giugno 2011, n. 13202; Cass., (ord.) 8 febbraio 2011,
n. 3142, in Riv. dir. proc., 2012, 490, con nota di FERRARIS, Primi orientamenti giurisprudenziali sul c.d. «filtro» in
Cassazione]. 5 La cosa è invero abbastanza intuitiva. Sul punto v. comunque infra n. 7.
6 Cass., sez. un., 6 settembre 2010, n. 19051, cit. Per la successiva applicazione di tale indirizzo v. Cass., sez. un., 19
aprile 2011, n. 8923, in Riv. dir. proc., 2012, p. 490, con nota di FERRARIS, Primi orientamenti, cit., e Cass., (ord.) 8
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che quella in questione, e segnatamente quella concernente la prima delle due fattispecie contem-
plate (inidoneità dei motivi di censura ad indurre la conferma o la modifica della giurisprudenza
della Cassazione, con la quale il provvedimento impugnato sia in linea), è una pronuncia non di
inammissibilità, bensì di manifesta infondatezza] – com’è possibile, dicevamo, che una valutazione
del secondo tipo (di merito) possa tradursi in un giudizio di ammissibilità/inammissibilità del ricor-
so, anziché, come logica vorrebbe, in uno circa la sua fondatezza/infondatezza? Com’è possibile,
detto in termini più semplici ed immediati, che un ricorso possa essere dichiarato inammissibile in
quanto infondato7?
Per cercare di venire a capo del problema, il primo passo consiste intanto nel capire di che
tipo di valutazioni di merito si tratti.
Per quanto concerne la seconda – quella relativa alla manifesta infondatezza della censura
relativa alla violazione dei princìpi del giusto processo – la risposta (impregiudicati gli altri proble-
mi interpretativi sollevati dalla disposizione) è invero scontata: in questione è, appunto, una valuta-
zione di (non) manifesta infondatezza. Per quanto concerne questa ipotesi, il precetto della norma
consiste cioè in questo: laddove la Cassazione (l’apposita sezione di cui all’art. 376) ritenga che la
censura, sollevata dal ricorrente in punto di violazione dei suddetti princìpi, sia manifestamente in-
fondata, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Per quanto concerne la prima – quella relativa all’inidoneità dei motivi di censura ad indurre
la conferma o la modifica della giurisprudenza della Cassazione, con la quale il provvedimento im-
pugnato sia in linea – il discorso risulta invece meno intuitivo. Ad una prima lettura, la norma non
offre infatti elementi tali da far pensare ad una valutazione sommaria, e dunque alla mera delibazio-
ne circa la non manifesta infondatezza dei motivi addotti. Ad una più attenta riflessione, emerge pe-
rò che proprio questo è, anche qui, ciò di cui si tratta. In particolare, a convincere in tal senso è la
considerazione dinamica della fattispecie.
Non bisogna infatti dimenticare che, in virtù del meccanismo di cui all’art. 376, all’apposita
sezione, ivi contemplata, spetta esclusivamente la valutazione circa l’ammissibilità/inammissibilità
del ricorso, mentre poi, se tale valutazione sortisce esito positivo, il ricorso passa ad un’ordinaria
sezione semplice, la quale, anche ammesso che sia vincolata alla valutazione della prima, nel senso
che non può più, laddove dissenta da tale valutazione, dichiarare l’inammissibilità del ricorso8, di
certo rimane però totalmente libera di giudicarne la fondatezza o meno nel merito. Essa ben può
cioè, a dispetto dell’opinione dell’apposita sezione circa l’idoneità dei motivi, ritenere viceversa la
loro infondatezza ed emettere pertanto una pronuncia di rigetto. Detto in termini più immediati,
l’apposita sezione non può insomma, con la propria valutazione positiva, «ordinare» alla sezione
semplice di accogliere il ricorso. Ebbene, salvo accettare che la fondatezza dei motivi sia sottoposta
ad una duplice valutazione piena, prima per valutarne l’ammissibilità, poi per valutarne la fondatez-
za – ciò che è manifestamente assurdo9 – non resta dunque, quale unica lettura plausibile, se non
quella per la quale quella dell’apposita sezione è una valutazione sommaria, relativa esclusivamente
alla (non) manifesta infondatezza dei motivi, ferma poi restando la valutazione piena, da parte della
sezione semplice.
Tale conclusione va peraltro meglio precisata. La disposizione in esame fa infatti riferimen-
to, com’è noto, non solo al mutamento dell’orientamento della Cassazione, ma anche alla sua con-
febbraio 2011, n. 3142, cit. Diversamente, per la declaratoria di inammissibilità, v. invece Cass., 27 gennaio 2011, n.
2018, in Giust. civ., 2011, I, p. 885, con nota di DIDONE, Il «rasoio di Guglielmo da Ockham» e l’inammissibilità del
ricorso per cassazione ex art. 360-bis, n. 1, c.p.c.: frustra per plura quod potest fieri per pauciora. 7 Sull’incongruenza in questione v. per tutti CARRATTA, L’art. 360 bis, cit., 889, ed ivi ulteriori indicazioni.
8 La questione non riveste, ai presenti fini, particolare rilevanza e può dunque rimanere impregiudicata.
9 Sul punto v. anche infra n. 3.
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ferma. Questo riferimento (frutto infelice della semplicistica ed acritica fusione parziale, nel testo
definitivo, delle ipotesi nn. 1 e 2 di quello originario, senza mettere in conto gli effetti del mutamen-
to di segno della previsione e dell’ingresso in campo dei motivi del ricorso10
) risulta infatti alquanto
misterioso. Per dargli un senso – posto che, com’è ovvio, i motivi addotti dal ricorrente non posso-
no che essere in direzione della riforma della sentenza impugnata, e dunque del mutamento
dell’orientamento della Cassazione alla quale essa si è allineata – l’unico modo sembrerebbe quello
di ipotizzare che tali motivi (o magari quelli della controparte11
), pur non risultando fondati nel sen-
so voluto dal loro autore, offrano comunque lo spunto per precisare o meglio motivare il suddetto
orientamento12
.
Anche in quest’ottica, si ripropone però, a quanto mi pare, il problema «dinamico» del quale
si è detto sopra: così come l’apposita sezione non può «ordinare» alla sezione semplice di accoglie-
re il ricorso, modificando la precedente giurisprudenza, neppure può «ordinarle» di precisarla o di
meglio argomentarla. In questione, anche in questa prospettiva e per gli stessi motivi, non può dun-
que essere se non una valutazione sommaria, in merito alla presumibile necessità, alla luce dei mo-
tivi addotti, di una conferma migliorativa della suddetta giurisprudenza.
Così stando le cose, è però allora abbastanza evidente che la lettura più ragionevole è in real-
tà un’altra. Proprio perché in questione è necessariamente una valutazione sommaria – ed a maggior
ragione in quanto essa non può in alcun modo condizionare il giudizio della sezione semplice – non
ha molto senso che essa sia già orientata in direzione della modifica oppure della conferma miglio-
rativa del precedente orientamento. Piuttosto, ciò di cui si tratterà, abbassando per così dire
l’asticella, sarà, più genericamente, un giudizio in merito alla meritevolezza di un più attento esame
del ricorso, al fine di valutare, alla luce dei motivi addotti, se il precedente orientamento sia da con-
10
Per un rilievo analogo v. NELA, Per una interpretazione dell’art. 360 bis, n. 1, c.p.c., in Riv. dir. proc., 2012, p. 143
nota 15. 11
Per tale ipotesi v. RAITI, Note esegetiche, cit., § 4 in fine, testo e nota 22 (sia pure evidenziando l’effetto paradossale
per il controricorrente, le cui argomentazioni, volte al rigetto dell’impugnazione, finirebbero tutto all’opposto per con-
sentire a quest’ultima di superare il vaglio di ammissibilità) e RORDORF, Nuove norme in tema di motivazione delle sen-
tenze e di ricorso per cassazione, in Riv. dir. proc., 2010, p. 140. 12
In tal senso l’opinione dominante [v. ad es. CONSOLO, Il processo di primo grado e le impugnazioni delle sentenze
dopo la legge n. 69 del 2009, Padova 2009, p. 517; GENOVESE, Ricorso per cassazione, in Nuovo processo civile, Il ci-
vilista, luglio-agosto 2009, p. 50 s.; GIORDANO, Giudizio di cassazione, in ASPRELLA-GIORDANO, La riforma del pro-
cesso civile, dal 2005 al 2009, supplemento a Giust. civ., 6/2009, p. 77; MENCHINI, in BALENA-CAPONI-CHIZZINI-
MENCHINI, La riforma della giustizia civile. Commento alle disposizioni della legge sul processo civile n. 69/2009, To-
rino 2009, p. 117; NAPPI, Il sindacato di legittimità nei giudizi civili e penali di cassazione2, Torino 2011, p. 66; ROR-
DORF, Nuove norme, cit., p. 140 s.; SALMÈ, Il nuovo giudizio di cassazione, in Foro it., 2009, V, c. 441 (il quale pro-
spetta anche l’opportunità/necessità di ribadire l’orientamento della Cassazione in presenza di un persistente contrasto
fra tale orientamento e quello della giurisprudenza di merito)].
Diversamente RICCI, Ancora insoluto il problema del ricorso per cassazione, in Riv. dir. proc., 2010, p. 110, e
ID., La riforma del processo civile – Legge 18 giugno 2009, n. 69, Torino 2009, p. 66 ss., il quale ipotizza il riferimento
della previsione all’impugnazione di provvedimenti difformi dall’orientamento della Cassazione. Si tratta peraltro di
una lettura che appare difficile condividere, alla luce della chiara indicazione, contenuta nella norma, circa il fatto che il
provvedimento impugnato deve essere in linea con tale orientamento (i ricorsi avverso i provvedimenti difformi, come
vedremo, devono invece ritenersi senz’altro ammissibili, a prescindere dai motivi addotti dal ricorrente). Ancora diver-
samente NELA, Per un’interpretazione, cit., p. 143 ss., per il quale la previsione si riferisce al caso dell’inesistenza di un
orientamento univoco della Corte, ciò che risulta però a sua volta in contrasto con il chiaro tenore della norma. Ulte-
riormente, secondo REALI, in La riforma, cit., p. 136 ss., dovrebbe pensarsi al caso nel quale «la sentenza impugnata ha
deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte, ma l’esame dei motivi offra elementi
per ritenere che il principio di diritto, correttamente enunciato dal giudice di merito, sia stato però applicato male o in
modo diverso rispetto a come la Cassazione l’aveva sino a quel momento applicato», come ad esempio nel caso in cui
«il principio di diritto, seguito dal giudice a quo, sia corretto in astratto, tanto da dover essere riaffermato dalla S.C., ma
non sia applicabile alla fattispecie concreta dedotta in giudizio».
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fermare (se del caso precisandolo o meglio motivandolo) oppure da modificare. Quella affidata
all’apposita sezione va cioè intesa come una delibazione a carattere per così dire neutrale, vale a di-
re riferita esclusivamente al fatto che i suddetti motivi siano o meno tali da giustificare l’esame del-
la sezione semplice, non solo, ciò che è ovvio, impregiudicato l’esito di tale esame, ma anche senza
alcun tipo di prognosi in merito ad esso13
.
Il precetto contenuto nella norma consiste dunque in questo: laddove la Cassazione
(l’apposita sezione di cui all’art. 376) ritenga che i motivi addotti dal ricorrente non siano tali da
sollecitare una riconsiderazione, possibilmente anche confermativa, del proprio orientamento, il ri-
corso deve essere dichiarato inammissibile14
.
Ciò chiarito, ed appurato in tal modo che, da questo punto di vista, le due fattispecie con-
template dall’art. 360-bis sono omogenee, che in entrambi i casi ciò di cui si tratta è cioè una valu-
tazione di (non) manifesta infondatezza, sia pure con oggetto differente (nella fattispecie n. 1 circa
la meritevolezza di riconsiderazione dell’orientamento della Cassazione, nella fattispecie n. 2 circa
la violazione dei princìpi del giusto processo), l’analisi del problema principale dal quale siamo par-
titi, vale a dire quello relativo alla quantomeno apparente contraddittorietà di un giudizio di ammis-
sibilità/inammissibilità sulla base di una valutazione circa il merito del ricorso, può essere svolta
unitariamente.
3. – In relazione al problema appena rammentato, il discorso deve prendere le mosse da due
considerazioni ovvie, e che nondimeno è a mio avviso utile ricordare.
La prima è quella per la quale il fatto che una certa circostanza rappresenti un requisito di
ammissibilità, o, detto diversamente, un presupposto processuale, significa che, per accogliere la
domanda, occorre da un lato che sussista tale requisito (valutazione di rito), dall’altro che la do-
manda sia fondata (valutazione di merito). La seconda, conseguente e del resto già incontrata15
, è
che non ha alcun senso fare della fondatezza della domanda un requisito di ammissibilità. Sulla ba-
se di quanto appena detto, ciò significherebbe infatti che, per accogliere la domanda, occorrerebbe
da un lato (valutazione di rito) che essa fosse fondata, dall’altro (valutazione di merito) che essa
fosse … fondata. Il che, anche senza bisogno di scomodare Occam, non ha evidentemente alcun
senso, essendo semplicemente assurdo.
Detto questo, quello che dobbiamo successivamente chiederci è se altrettanto valga anche
laddove in questione sia non già la fondatezza tout court della domanda, bensì la sua non manifesta
infondatezza (in generale o riferita ad un qualche specifico aspetto di essa). E’ cioè possibile, detto
in termini più espliciti, fare della non manifesta infondatezza un requisito di ammissibilità?
13
In quest’ottica, pare di poter affermare, BALENA, La nuova pseudo-riforma della giustizia civile (un primo commento
della legge n. 18 giugno 2009, n. 69, in Giusto proc. civ., 2009, p. 789 ss. e www.judicium.it, § 18; DE CRISTOFARO, in
Codice di procedura civile, cit., p. 248 ss.; GRAZIOSI, Riflessioni in ordine sparso sulla riforma del giudizio di cassa-
zione, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2010, p. 47 s.; LUISO, La prima pronuncia, cit., § 1. 14
La lettura di cui al testo potrebbe risultare (non senz’altro smentita, ma comunque) non necessitata, nell’ottica secon-
do la quale la valutazione in discorso dovrebbe limitarsi all’idoneità dei motivi a sollecitare una riconsiderazione
dell’orientamento della Cassazione al momento della proposizione del ricorso, impregiudicati i possibili mutamenti nel-
la giurisprudenza della Cassazione medesima intervenuti medio tempore e dunque l’eventualmente sopravvenuta dif-
formità del provvedimento impugnato da tale, sopravvenuta, giurisprudenza; differenziando cioè sotto il profilo tempo-
rale la valutazione dell’apposita sezione da quella che, superato in ipotesi il giudizio di ammissibilità, dovrebbe essere
poi compiuta dalla sezione semplice (per tale lettura cfr. TERRUSI, Il filtro). In quest’ottica, in effetti, la prima di tali va-
lutazioni, in quanto differente – quanto al parametro temporale, appunto – dalla seconda, potrebbe anche essere piena.
Come vedremo più avanti (n. 4), tale interpretazione non può tuttavia essere condivisa. 15