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BIANCA DE DIVITIIS MEMORIA STORICA, CULTURA ANTIQUARIA, COMMITTENZA ARTISTICA: IDENTITÀ SOCIALI NEI CENTRI DELLA CAMPANIA TRA MEDIOEVO E PRIMA ETÀ MODERNA ESTRATTO da ARCHITETTURA E IDENTITA ` LOCALI I a cura di LUCIA CORRAIN eFRANCESCO P. DI TEODORO Leo S. Olschki Editore Firenze
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Memoria storica, cultura antiquaria, committenza artistica: identità sociali nei centri della Campania tra medioevo e prima età moderna

Apr 25, 2023

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Carlo Capuano
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Page 1: Memoria storica, cultura antiquaria, committenza artistica: identità sociali nei centri della Campania tra medioevo e prima età moderna

BIANCA DE DIVITIIS

MEMORIA STORICA, CULTURA ANTIQUARIA,COMMITTENZA ARTISTICA:

IDENTITÀ SOCIALI NEI CENTRI DELLA CAMPANIATRA MEDIOEVO E PRIMA ETÀ MODERNA

ESTRATTOda

ARCHITETTURA E IDENTITA LOCALII

a cura diLUUCCIIAA COORRRRAAIINN e FRRAANNCCEESSCCOO P. DII TEEOODDOORROO

Leo S. Olschki EditoreFirenze

Page 2: Memoria storica, cultura antiquaria, committenza artistica: identità sociali nei centri della Campania tra medioevo e prima età moderna

BIBLIOTECA DELL’ «ARCHIVUM ROMANICUM»Serie I: Storia, Letteratura, Paleografia

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ARCHITETTURAE

IDENTITA LOCALI

I

a cura di

LUCIA CORRAIN e FRANCESCO P. DI TEODORO

LEO S. OLSCHKI EDITOREMMXIII In coperta: Miniatore degli inizi del sec. XVI, David.

Biblioteca Provinciale dell’Aquila ‘‘Salvatore Tom-masi’’, Corale 4 (Salterio-Innario), iniziale istoriataD(ixi), f. 40v.

B.A.R.

I

Vol. 424

LEO S.

OLSCHKI

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ITE

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LO

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–I

ISSN 0066-6807

ISBN 978 88 222 6283 7

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BIBLIOTECA DELL’ «ARCHIVUM ROMANICUM»Serie I: Storia, Letteratura, Paleografia

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ARCHITETTURAE

IDENTITA LOCALI

I

a cura di

LUCIA CORRAIN e FRANCESCO P. DI TEODORO

LEO S. OLSCHKI EDITOREMMXIII In coperta: Miniatore degli inizi del sec. XVI, David.

Biblioteca Provinciale dell’Aquila ‘‘Salvatore Tom-masi’’, Corale 4 (Salterio-Innario), iniziale istoriataD(ixi), f. 40v.

B.A.R.

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ISSN 0066-6807

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BIBLIOTECA DELL’ «ARCHIVUM ROMANICUM»Serie I: Storia, Letteratura, Paleografia

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ARCHITETTURAE

IDENTITA LOCALI

I

a cura di

LUCIA CORRAIN e FRANCESCO P. DI TEODORO

Indici a cura di

EMANUELA VAI

LEO S. OLSCHKI EDITOREMMXIII

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Tutti i diritti riservati

CASA EDITRICE LEO S. OLSCHKI

Viuzzo del Pozzetto, 850126 Firenze

www.olschki.it

Pubblicazione realizzata con il contributo del Ministero dell’Istruzione, dell’Uni-versita e della Ricerca (PRIN 2008), Politecnico di Torino, Politecnico di Milano,Scuola Normale Superiore di Pisa, Universita degli studi ‘‘G. d’Annunzio’’ diChieti-Pescara (Dipartimento di Lettere, Arti e Scienze Sociali), Universita delMolise.

ISBN 978 88 222 6283 7

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BIANCA DE DIVITIIS

MEMORIA STORICA, CULTURA ANTIQUARIA,

COMMITTENZA ARTISTICA:

IDENTITA SOCIALI NEI CENTRI DELLA CAMPANIA

TRA MEDIOEVO E PRIMA ETA MODERNA*

Come nel resto della penisola italiana, anche nei centri del Regno arago-nese di Napoli nel secondo Quattrocento i palazzi divennero centrali nella co-struzione dell’identita sociale e urbana dei membri dell’elite. In questo saggiosi tentera di dimostrare come a Napoli e in altri centri della Campania artico-lati e raffinati programmi politici e culturali fossero espressi pubblicamenteattraverso una strategica integrazione dell’architettura all’antica di un palazzocon elementi di scultura antichi o all’antica e con iscrizioni allestite all’esternoe all’interno delle domus.

Il palazzo di Diomede Carafa a Napoli costituisce un caso esemplare dicome un committente sia riuscito a costruire la propria identita sociale, coniu-gando, attraverso una dimora all’antica e una collezione sapientemente allesti-ta, memoria genealogica, identita cittadina e rapporto di fedelta con il sovrano(Fig. 1).1

* La ricerca che ha portato a tali risultati e stata finanziata dall’European Research Council al-l’interno del Settimo Programma Quadro (FP7/2007-2013) / ERC Grant agreement nº 263549;ERC-HistAntArtSI project Universita degli Studi di Napoli Federico II; Principal Investigator: Bian-ca de Divitiis. Ringrazio molto Fulvio Lenzo, Fernando Loffredo, Lorenzo Miletti e Angela Palmen-tieri per aver discusso con me i temi trattati in questo saggio.

1 B. DE DIVITIIS, Architettura e committenza nella Napoli del Quattrocento, Venezia, Marsilio2007, pp. 43-135.

Sull’edificio cfr. anche G. CECI, Il palazzo dei Carafa di Maddaloni poi di Colubrano (I-II), «Na-poli Nobilissima», II, 1893, pp. 149-152 e 168-170; R. PANE, Il Rinascimento nell’Italia meridionale,Milano, Edizioni Comunita 1975-77, I, pp. 209-211; A. BEYER, Parthenope: Neapel und der Suden derRenaissance, Munchen-Berlin, Deutscher Kunstverlag 2000, pp. 84-135. Sulla collezione di DiomedeCarafa, si veda I.M. IASIELLO, Il collezionismo di antichita nella Napoli dei Vicere, Napoli, Liguori2003, pp. 110-118; E. DODERO, Le antichita di palazzo Carafa-Colubrano: prodromi alla storia dellacollezione, «Napoli Nobilissima», s. V, VIII, 2007, pp. 119-140; B. DE DIVITIIS, New evidences forsculptures from Diomede Carafa’s collection of antiquities, «Journal of the Warburg and Courtauld

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Il palazzo e rivestito sui tre la-ti liberi da un involucro all’antica,che riunisce l’insieme di proprie-ta diverse accorpate da Diomedesotto un paramento isodomocomposto da filari di bugne liscee regolari, di tufo giallo e grigio.2

Tale bugnato, interpretabile co-me una ripresa precoce dell’opusisodomum vitruviano, e arricchitocon elementi in marmo all’antica,come le sette finestre trabeate delpiano nobile, e la versione perso-nalizzata di portale ionico, per ilquale forse Diomede si avvalsedell’autorevole consiglio di LeonBattista Alberti, ospite a Napolidi Filippo Strozzi giusto l’annoprima della data iscritta sulla cor-nice, il 1466 (Fig. 1).3 Pur riflet-tendo le prescrizioni albertiane,il portale di palazzo Carafa si al-lontana dal canone, presentando-

si come un montaggio di spolia con l’aggiunta, al di sopra del fregio pulvinato– che Alberti riconosce come elemento peculiare del portale ionico – di unulteriore fregio decorato con le armi del committente; sopra la cornice si trovauna statua cinquecentesca di un Ercole, ma le fonti tramandano che in originevi era la statua di una ninfa (Fig. 2).4

Institutes», LXX, 2007 (2008), pp. 99-117; EAD., New evidences for sculptures from Diomede Carafa’scollection of antiquities II, «Journal of the Warburg and Courtauld Institutes», LXXIII, 2010 (2011),pp. 335-353.

2 B. DE DIVITIIS, Architettura cit., pp. 57-62.3 Per le finestre trabeate e per il portale ionico, cfr. B. DE DIVITIIS, Architettura cit., pp. 62-65;

pp. 65-76.4 La ninfa-Venere che si trovava nella nicchia sul portale di Palazzo Carafa e attualmente conser-

vata presso i Musei Vaticani, Museo Pio Clementino, Gabinetto delle Maschere, Inv. nr. 813. La statuain marmo, alta 1.80 m, e avvolta in un panneggio mosso ed e completata con una testa di Menade. Nel1788 Goethe, che l’aveva potuta ammirare pochi anni prima nel palazzo, la vide presso l’antiquarioromano Antonio Rega, da cui entro a far parte del Museo Pio Clementino. Cfr. G. CECI, Il palazzodei Carafa II cit., p. 170; S.A. MUSCETTOLA, Napoli e le ‘‘belle antechetate’’, in Neapolis, a cura diF. Zevi, Napoli, Banco di Napoli 1994, pp. 196-208 (p. 105); A. BEYER, Parthenope cit., p. 105.

Fig. 1. Napoli, Palazzo di Diomede Carafa, bugna-to portale.

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In questo modo, con atteg-giamento piu da collezionistache da filologo, Diomede riuscıa sintetizzare nel portale tutto ilcontenuto araldico e autorappre-sentativo del palazzo, offrendo algenerico passante un’idea di ma-gnificenza e all’ospite selezionatoun prologo di quanto poi avreb-be trovato una volta varcata la so-glia, ovvero una collezione disculture ed epigrafi antiche sa-pientemente allestita nel cortile,nel giardino e negli ambienti in-terni del palazzo.

Ma il carattere all’antica delpalazzo e la collezione di antichi-ta non furono concepite da Dio-mede come semplice oggetto diammirazione. In questo contestole iscrizioni sembrano giocareun ruolo importante nell’indiriz-zare la percezione e portare lospettatore a leggere correttamen-te il preciso programma ideologi-co, politico e culturale comunicato dal committente attraverso l’integrazionedi sculture antiche e nuova architettura all’antica.

All’ingresso del cortile e una colonna di spolia poggiata su un cippo anti-co, su cui e incisa una nuova iscrizione in capitali all’antica (Fig. 3). Nel testo,Diomede Carafa, quasi giustificandosi dello spazio angusto in cui aveva co-struito il palazzo, affermava come, pur esistendo in citta luoghi piu ampi eadatti per costruire la propria residenza, spostarsi dal sito della dimora di fa-miglia sarebbe sembrato disdicevole nei confronti degli antenati. Con questadichiarazione d’intenti Diomede sottolineva il valore della domus come me-moria genealogica della famiglia e testimonianza dell’antico radicamento delsuo lignaggio nel centro antico della citta.5

Fig. 2. Musei Vaticani, Museo Pio Clementino,Gabinetto delle Maschere. Inv. nr. 813.

5 L’iscrizione sul piedistallo nel cortile recita: «EST ET FORTE LOCUS MAGIS APTUS ET AMPLUS IN

URBE AB AGNATIS DISCEDERE TURPE PUTAVIT». Cfr. G. VITALE, Case ed abitanti della regio Nilensis in

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IDENTITA SOCIALI NEI CENTRI DELLA CAMPANIA TRA MEDIOEVO E PRIMA ETA MODERNA

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Gli antenati erano natural-mente i membri della famigliaCarafa da cui Diomede avevaeffettivamente accorpato le pro-prieta per costruire il suo palaz-zo. Ma gli antenati non eranoforse solo quelli reali, ma anchequelli mitici o spirituali scelti daun passato selezionato, come nelcaso delle due teste degli impera-tori Adriano e Traiano che il reAlfonso I d’Aragona aveva fattocollocare ai lati della porta dellaGran Sala di Castel Nuovo.6 Unatale interferenza tra presente epassato e espressa nelle due testeantiche rilavorate inserite neglispigoli del palazzo di Diomede.7

Prendendo il posto destinato allostemma di famiglia, le due testepossono essere lette sia come ri-tratti del committente e di suamoglie, che come immagini del-

l’antico eroe omerico e virgiliano Diomede, un eroe combattente e fonda-tore di citta, e della mitica fondatrice di Napoli Partenope, sovrapponendocosı la memoria genealogica e l’identita familiare con quella cittadina e lo-

eta ducale: osservazioni; e La ‘‘regio nilensis’’ nel basso medioevo. Societa e spazio urbano, in PalazzoCorigliano: tra archeologia e storia, Napoli, Istituto Universitario Orientale 1984, pp. 12-18; pp. 88-89; EAD., Elite Burocratica e famiglia. Dinamiche nobiliari e processi di costruzione statale nella Napoliangioino aragonese, Napoli, Liguori 2003, pp. 138-139.

6 Per i ritratti di Adriano e Traiano in Castel Nuovo, cfr. B. DE DIVITIIS, Castel Nuovo and Ca-stel Capuano in Naples: the Transformation of Two Medieval Castles in ‘‘all’antica’’ Residences for theAragonese Royals, Zeitschrift fur Kunstgeschiehtes (in corso di stampa).

7 Il ritratto femminile e di eta imperiale (c. II sec. d.C.); in base all’analisi dei tratti realistici delvolto e l’acconciatura molto elaborata con i capelli divisi in un duplice ordine di riccioli sovrapposti,trova confronti con i ritratti delle imperatrici della famiglia Ulpia, in particolare Matidia Maggiore edi Matidia Minore, insieme a Plotina e alla madre Sabina, e con ritratti di signore romane dell’epocaforgiati secondo la moda di corte. Il ritratto maschile e d’eta romana, databile alla seconda meta del Isec. d.C., con possibili lavorazioni successive. Il ritratto e riconducibile al tipo dell’imperatore Vespa-siano con la corona civica, stempiato e con le orecchie sporgenti, simile a uno recuperato dagli scavidell’area di Minturno, conservato a Roma al Museo Nazionale Romano. Ringrazio molto Angela Pal-mentieri per avermi aiutato a identificare le due teste antiche.

Fig. 3. Napoli, Palazzo di Diomede Carafa, piedi-stallo cortile.

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cale (Figg. 4-5). Con Partenope puo essere identificata la statua antica della

ninfa che era in origine collocata nella nicchia al di sopra dell’ingresso del pa-lazzo.8

Tuttavia, la valenza genealogica della domus non era l’unico elemento at-

traverso cui Diomede voleva presentarsi. Da un’iscrizione a caratteri lapidariromani scolpita sulla cornice del portale d’ingresso, e ripetuta anche dall’altrolato dello stesso piedistallo della colonna nel cortile, apprendiamo infatti co-

me, ancora prima che un atto di personale magnificenza, la domus era statacostruita in onore del re e per il decoro della patria.9 Il palazzo fu dunque

concepito da Diomede come un ornamento della citta – simbolicamente rap-presentata dal ritratto della sua mitica fondatrice – e come una manifestazionedella sua fidelitas verso il re Ferrante. Una fedelta per la quale, all’indomani

della prima congiura dei baroni, il Carafa era stato ricompensato con il titolo

8 R. PANE, Il Rinascimento cit., p. 210; A. BEYER, Parthenope, pp. 120-123; B. DE DIVITIIS, Ar-chitettura cit., pp. 48.

9 L’iscrizione sul portale recita: «IN HONOREM OPTIMI REGIS ET NOBILISSIMAE PATRIAE DIOMEDES

CARAFA COMES MATALONE». Cfr. B. DE DIVITIIS, Architettura cit., pp. 48-50.

Fig. 4. Napoli, Palazzo di Diomede Carafa, ritratto di Diomede. Fig. 5. Napoli, Palazzo diDiomede Carafa, ritratto di ‘‘Partenope’’.

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IDENTITA SOCIALI NEI CENTRI DELLA CAMPANIA TRA MEDIOEVO E PRIMA ETA MODERNA

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di Conte di Maddaloni.10 Due te-mi, quello dell’identita cittadinae quello della fedelta, che insiemealla memoria genealogica familia-re concorrevano a esprimere l’i-dentita di Diomede.

In facciata il nome del re eracelebrato in mezzo a una sequen-za di busti di antichi imperatoriromani poggiati sulle mensoledel pianterreno.11 Partendo dalportale con la dedica al re, la fide-litas di Diomede era sapiente-mente espressa lungo l’asse cen-trale del palazzo fino al fondodel cortile, dove al centro delmuro meridionale possiamo an-cora vedere il grande stemmadi Ferrante accompagnato dallascritta a caratteri lapidari Fideli-tas et Amor posta tra le impresepersonali, ora sbiadite, del contedi Maddaloni (Fig. 6).12

Tale programma di amore efedelta verso il sovrano venneespresso anche nei Memoriali– dove Diomede si presentavacome «perpetuo fedele» e scrive-va che bisognava comportarsi colre come con la donna amata – eaveva il suo culmine nel monu-

10 Sui rapporti di Diomede con il sovrano, cfr. T. PERSICO, Diomede Carafa: uomo di stato escrittore del secolo 15, Napoli, Pierro 1899, pp. 23-38; F. PETRUCCI, Carafa Diomede, in DizionarioBiografico degli Italiani, XIX, Roma 1976, pp. 523-530; J.D. MOORES, New light on Diomede Carafaand his ‘‘perfect Loyalty’’ to Ferrante of Aragon, «Italian Studies», XXVI, 1971, pp. 1-23; B. DE DI-

VITIIS, Architettura cit., pp. 23-29.11 Sui busti antichi allestiti sulla facciata di Palazzo Carafa, cfr. DE DIVITIIS, Architettura cit.,

pp. 108-110.12 B. DE DIVITIIS, Architettura cit., pp. 48-49; EAD, New evidence (II) cit., pp. 335-345.

Fig. 6. Napoli, Palazzo di Diomede Carafa, vedutadel cortile con stemma.

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mento posto al centro del cortile (Fig. 7).13 Qui Diomede fece collocare unpiccolo ritratto equestre in bronzo di re Ferrante in cima a un elaborato pie-distallo in marmo, rileggendo l’antica tradizione di collocare statue su struttu-re a colonna e creando un parallelo con il David di Donatello al centro delcortile di palazzo Medici a Firenze.14

Del monumento, documentato da un’incisione fatta realizzare da AntonioBulifon per la guida di Napoli pubblicata nel 1685 da Pompeo Sarnelli, oggirimane solo un tronco di colonna. Grazie ad alcuni disegni eseguiti da viaggia-tori francesi tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento siamo pero ingrado di ricostruire che, per reggere il piccolo ritratto equestre di Ferrante,Diomede aveva creato un pastiche antiquario usando candelabra e altri fram-menti antichi, come un elaborato capitello con delfini che proveniva dagli scavifatti effettuare da Carafa nella sua proprieta archeologica di Pozzuoli (Fig. 8).15

Esibire gli stemmi, il nome, o addirittura il ritratto del re in facciata e al-l’interno del proprio palazzo era un privilegio che era concesso a pochi e, co-me tale, oltre a un’espressione di fedelta, diventava una dimostrazione dellapropria vicinanza al re, finendo coll’accrescere l’aura di prestigio del commit-tente del palazzo.

In un regno instabile come quello napoletano, dove la successione al tronoera spesso incerta, la fedelta al sovrano era tutt’altro che scontata e il binomio

13 Nel frontespizio miniato del De Institutione vivendi conservato a Parma (Biblioteca Palatina,cod. 1654) Diomede e raffigurato inginocchiato ai piedi di Beatrice d’Aragona, dedicataria del me-moriale, e accanto alla sua figura e posta la scritta in capitali dorate «DIOMEDES PERPETUO FIDELIS». Incalce alla pagina, sotto lo stemma aragonese sono rappresentati un piccolo stemma Carafa e la parola«FIDELITAS». T. DE MARINIS, La biblioteca napoletana dei re d’Aragona, Milano, Hoepli 1952-1969, 4voll., 2 suppl., I, p. 50, n. 56. D. CARAFA, Memoriale a la serenissima regina de Ungaria, in Memoriali.Diomede Carafa, edizione critica a cura di F. Petrucci Nardelli, Roma, Bonacci 1988, pp. 211-243.Cfr. B. DE DIVITIIS, Architettura cit., pp. 12-18; 49. Per il monumento al centro del cortile cfr.EAD, New evidence (II), cit., pp. 335-345.

14 B. DE DIVITIIS, New evidence (II) cit., pp. 335-345.15 L’incisione del cortile di Palazzo Carafa e pubblicata in P. SARNELLI, Guida de’ Forestieri cu-

riosi di vedere e d’intendere le cose piu notabili della regal citta di Napoli e del suo amenissimo distret-to. In Napoli: presso Giuseppe Roselli 1685. Tra il 1822 e il 1823 l’architetto francese Jean BaptisteCiceron Lesueur (1794-1883) schizzo il monumento in due fogli di un taccuino conservato alla Bi-bliotheque de l’Ecole Nationale Superieure des Beaux-Arts, NUM PC 15469, vol. II, ff. 37-38. I duedisegni mostrano il monumento prima che fosse smontato a meta Ottocento e hanno consentito diricondurre al Saulenmonument creato da Diomede anche i dettagli dei singoli pezzi scultorei riportatinei tre acquarelli eseguiti a meta Settecento dall’artista francese Claude Francois Nicole (morto nel1783), che ora si trovano nella Townley Collection del British Museum di Londra (British Museum,Department of Greek and Roman Antiquities, Townley Comparanda). I tre acquarelli di Nicole e idue disegni a matita di Lesueur si integrano e si completano l’un l’altro, permettendo di ricostruire indettaglio il monumento rappresentato sommariamente nell’incisione di Antonio Bulifon, a meno pe-ro del ritratto equestre del re posto in cima, probabilmente scomparso gia nel Settecento. B. DE DI-

VITIIS, New evidence (I) cit., pp. 103-104; EAD., New evidence (II) cit., pp. 335-345.Sulla proprieta archeologica di Diomede a Pozzuoli B. DE DIVITIIS, Architettura cit., pp. 97-106.

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IDENTITA SOCIALI NEI CENTRI DELLA CAMPANIA TRA MEDIOEVO E PRIMA ETA MODERNA

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Fig. 7. Frontespizio miniato di DIOMEDE CARAFA, De Institutione vivendi, c. 1470. Parma, Bi-blioteca Palatina, cod. 1654.

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fedelta-infedelta era un tema diattualita politica che coinvolgevaanche l’architettura e gli allesti-menti dei palazzi dei membri del-l’elite.

Gia a inizio Quattrocento,Antonio Penne aveva fatto delsuo palazzo una manifestazio-ne di devozione verso Ladislaod’Angio Durazzo, alternando suifilari di bugne della facciata ilsuo emblema, la piuma, con isimboli regali, ovvero con i giglidi Francia, la croce di Gerusa-lemme e la corona, e facendoscolpire il nome di Ladislao nel-l’inscrizione a caratteri all’anticaal di sopra del portale (Fig. 9).16

Il palazzo costituiva dunqueuna buona occasione per ribadirela propria devozione e il propriolegame con il sovrano, soprattuttoall’indomani della prima Congiuradei Baroni. Il giurista napoletanoGiulio de Scortiatis, ad esempio,nell’ambito del portale all’anticadel suo palazzo, decorato con tro-fei d’armi e altri motivi all’antica,esprimeva la propria fedelta a Fer-rante d’Aragona esibendo un bu-sto del sovrano nella nicchia so-prastante l’ingresso (Fig. 10).17

Ma oltre a dare prestigio, ilrapporto con il re poteva risulta-

16 Su Palazzo Penne si veda da ultimo N. BOCK, Kunst am Hofe der Anjou-Durazzo: der Bild-hauer Antonio Baboccio (1351-ca. 1423), Munchen, Deutscher Kunstverlag 2001, pp. 197-216.

17 Sul portale del palazzo di Giulio de Scortiatis cfr. G. CLARKE, Roman House – RenaissancePalaces. Inventing Antiquity in fifteenth-century Italy, Cambridge, Cambridge University Press 2003,pp. 246-247.

Fig. 8. Antonio Bulifon, Veduta del cortile, da Pa-lazzo di Diomede Carafa, da Pompeo Sarnelli,Guida de’ Forestieri curiosi di vedere e d’intenderele cose piu notabili della regal citta di Napoli e delsuo amenissimo distretto. In Napoli, presso Giu-seppe Roselli 1685, incisione.

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IDENTITA SOCIALI NEI CENTRI DELLA CAMPANIA TRA MEDIOEVO E PRIMA ETA MODERNA

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re molto condizionante, limitando le potenzialita espressive del committen-te, che come scriveva Diomede, doveva star attento a non superare mai il re,facendolo vincere a ogni «ioco che ioca», e quindi anche al «gioco del palaz-zo».18

Questo diventa evidente se guardiamo al caso del conte di Nola Orso Or-sini.19 Il portale del palazzo Orsini a Napoli riprende le colonne allungate delmonumento funerario del cardinale Brancaccio in Sant’Angelo a Nilo, realiz-zato da Donatello e Michelozzo nel 1426.20 Nell’iscrizione che corre sul fregiodel portale, Orso rivendica la sua appartenenza all’antica gens Ursina: «HEC

ROSA MAGNANIMI DEFENDITUR UNGUIBUS URSI – HINC GENUS URSINUM ROMA VE-

TUSTA TRAMIT. ANNO DOMINI MCCCCLXXI» (Fig. 11).Ancor piu della mancanza di spazio, dovuta alla congestione del centro

antico di Napoli, fu forse la vicinanza al sovrano a determinare la scelta di bas-so profilo adottata da Orso. Cio appare evidente se si confronta con quanto,un anno prima, nel 1470, lo stesso Orso aveva fatto a Nola, che era la capitaledel suo feudo e dove, oltre a non soffrire della mancanza di spazio, potevasentirsi libero dal problema di un confronto diretto con la residenza del so-vrano.21

A Nola, Orso pote fare del suo palazzo all’antica una manifestazionechiara della sua identita personale, esprimendo la sua legittimita sia comemembro della famiglia Orsini che come signore della citta. Figlio naturaledi Gentile Orsini del ramo di Pitigliano, l’appartenenza di Orso alla casatae la sua sovranita su Nola non erano affatto scontate. La sua carriera politicae militare non era stata associata in maniera univoca alla dinastia aragonesee la concessione della contea di Nola era stata il premio e la ‘merce discambio’ per il suo clamoroso e repentino abbandono del partito angioinoper passare a quello aragonese all’indomani della battaglia di Sarno nel

18 B. DE DIVITIIS, Architettura cit., p. 49.19 D. CARAFA, Libro delli precepti o vero instructione delli cortesani, in Memoriali cit., pp. 274-

276. Per il tema del «gioco del palazzo» cfr. H. BURNS, Il ‘‘Giuoco del Pallagio’’: il palazzo nella let-teratura e nella trattatistica italiana del Cinquecento, in Edilizia privata nella Verona rinascimentale, acura di P. Lanaro, P. Marini, G.M. Varanini, Milano, Electa 2000, pp. 234-250.

20 Sul portale di Palazzo Orsini a Napoli cfr. A. BLUNT, Architettura barocca e rococo a Napoli,traduzione e aggiornamento a cura di F. Lenzo, Milano, Electa 2006, p. 30.

21 Sul palazzo Orsini a Nola, cfr. G. CLARKE, The Palazzo Orsini in Nola: a Renaissance Rela-tionship with Antiquity, «Apollo», CLXIV, 1996, pp. 44-50. Cfr. anche P. MANZI, La reggia degliOrsini di Nola (1470-1970), Roma, Istituto Storico e di Cultura dell’Arma del Genio 1971; G. STE-

FANILE, La reggia Orsini e l’architettura del Rinascimento nell’Italia meridionale, in Nola e il suo ter-ritorio dalla fine del Medio Evo al XVII secolo: momenti di storia culturale e artistica, a cura diT. Toscano, Nola, Ager Nolanus 1996, pp. 45-74; A. CIRILLO, Palazzo Orsini di Nola: dalla Reggiaal Tribunale, Napoli, Edizioni del Delfino 2002.

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Fig. 9. Napoli, Palazzo Penne, veduta del pro-spetto principale. Fig. 10. Napoli, Palazzo deScortiatis, veduta del portale. Fig. 11. Napoli,Palazzo Orsini, veduta del portale.

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1462.22 Attraverso la materialitadei blocchi di spoglio che com-pongono la facciata, il carattereall’antica del portale e soprattuttola forma e il contenuto delle iscri-zioni lapidarie, Orso sovrapposeidentita cittadina e identita per-sonale, enunciando cosı la sua ap-partenenza a una famiglia del«genere romano», che vantavaradici nell’Impero Romano, maal contempo anche il suo legamecon le origini antiche della cittadi Nola (Fig. 12).

La facciata del palazzo e inte-ramente realizzata con blocchi dipietra provenienti dall’antico tea-tro marmoreo di Nola, allora rite-nuto anfiteatro, che, stando allefonti coeve, Orso avrebbe fattocavare riportando in luce mate-riali allora in gran parte interra-ti.23 Senza far ricorso al bugnato

scelto da Diomede Carafa per il suo palazzo napoletano, la facciata di palazzoOrsini a Nola si avvicina ancor di piu al canone vitruviano dell’opus isodomumattraverso un paramento completamente liscio, in cui blocchi non sono deli-neati in alcun modo, contrariamente a quanto invece avviene nel Palazzo dellaCancelleria di Raffaele Riario a Roma (c. 1490), generalmente ritenuto il pri-mo caso di consapevole riferimento all’opera isodoma vitruviana.24 Rispetto al

22 Su Orso Orsini cfr. F. SANSOVINO, De gli huomini illustri di Casa Orsina, in Venetia appressoBernardino e Filippo Stagnini, 1565, libro II, p. 17; libro VII, pp. 105, 107. Note biografiche dei per-sonaggi nominati nel Libro delle Istruzioni, in Regis Ferdinandi primi instructionum liber (10 maggio1486-10 maggio 1488), a cura di L. Volpicella, Napoli, Societa Napoletana di Storia patria, Monu-menti storici, Stab. Tip. Luigi Pierro & figlio 1916, pp. 384-387. P. PIERI, Il ‘‘Governo et exercitiode la militia di Orso Orsini e i ‘‘Memoriali’’ di Diomede Carafa, «Archivio storico per le ProvinceNapoletane», LVIII, 1933, pp. 99-212. G. VINCENTI, La contea di Nola dal secolo XIII al XVI, Na-poli, G. Coppini 1897, pp. 33-38. G. VITALE, Rituali di sottomissione nel Mezzogiorno aragonese. L’o-maggio ligio di Orso Orsini, «Rassegna Storica Salernitana», LIII, 2010, pp. 11-22.

23 G. CLARKE, Palazzo Orsini cit., p. 45.24 Per il paramento murario di palazzo della Cancelleria, vedi M. DALY DAVIS, ‘‘Opus isodo-

mum’’ at the Palazzo della Cancelleria: Vitruvian Studies and Archeological and Antiquarian Interests

Fig. 12. Nola, Palazzo Orsini, veduta del prospettoprincipale.

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palazzo della Cancelleria, dove il rivestimento e realizzato con travertino ‘nuo-vo’ e in cui la regolarita del paramento e ottenuta artificialmente intagliandocon canali regolari lastre di pietra piu grandi, la facciata di palazzo Orsini erealizzata con blocchi di materiali lapidei effettivamente antichi, che non fun-gono da semplice rivestimento, bensı costituiscono una delle due cortine concui fu costruita la facciata e sono disposti attentamente con una regolarita rea-le e non soltanto mimata.25 Nell’adoperare i blocchi del teatro, Orso non uti-lizzo un monumento antico qualsiasi ma si servı di un edificio che, come sap-piamo dal De Nola di Ambrogio Leone (1514), era considerato una dellepoche antichita certe di Nola.26 Il teatro, o «anfiteatro marmoreo», sintetizza-va nella memoria cittadina l’antichita e la gloria della Nola romana, la citta do-ve era morto Augusto e che in antico aveva potuto competere con la vicinaCapua proprio per il suo l’anfiteatro.27 Se da un lato, appropriandosi di questielementi antichi, Orso privatizzo un monumento centrale per l’identita citta-dina, dall’altro, riportando alla luce gli antichi blocchi e rendendoli visibili,restituı alla cittadinanza la materialita dell’edificio antico piu importante erappresentativo di Nola.

Ancor piu che nel caso di Diomede, le iscrizioni e la decorazione del por-tale costituiscono l’elemento centrale nella costruzione dell’identita del com-mittente, dimostrando l’antichita della famiglia Orsini e la legittimita di Orsocome membro della famiglia e come conte di Nola. L’iscrizione a capitali mo-numentali antichi che corre su due righe lungo tutta l’estensione della facciatanel fregio del primo piano anticipa sia l’iscrizione a caratteri lapidari dispostasu due righe sul fronte di casa Manlio a Roma (1476), sia quella monumentaledi una sola riga nel fregio liscio della facciata isodoma della Cancelleria(c. 1490).28 L’iscrizione monumentale di palazzo Orsini rivela l’intento anti-

at the Court of Raffaele Riario, in Roma, centro ideale della cultura dell’Antico nei secoli XV e XVI, acura di S. Danesi Squarzina, Milano, Electa 1989, pp. 442-457. Per un confronto tra il bugnato diPalazzo Carafa a Napoli e quello della Cancelleria a Roma, cfr. A. BEYER, Napoli, in Storia dell’archi-tettura italiana. Il Quattrocento, a cura di F.P. Fiore, Milano, Electa 1998, pp. 434-459; ID., Parthe-nope cit., pp. 118-119.

25 Sul paramento della Cancelleria, cfr. P.N. PAGLIARA, Materiali, tecniche e strutture in archi-tettura del primo Cinquecento, in Il primo Cinquecento, a cura di A. Bruschi, Milano, Electa 2002,pp. 522-545.

26 A. LEONE, De Nola opusculum, Venetiis, opera Joannis Rubri Vercellani 1514, libro II, cap.IX, f. XXIXv-XXXr. A. LEONE, Nola, traduzione a cura di A. Ruggiero, Napoli, Istituto grafico edi-toriale italiano 1997, pp. 310-313.

27 A. LEONE, Nola cit., pp. 174-175.28 URSUS ALUS CUIUS SATRAPES EX UMBRIA IN ARMIS FLORUIT ADOLESCENS VIR POSTQUAM FACTUS

EST AEQUATUM CAPITOLIUM RECONDIDIT TABULARUM LEGES SERVAVIT REMP. A FALISCIS LIBERAVIT QUI-

RITES IN EXILIUM ACTOS REDUXIT PONTES REFECIT PLEBEM PLACAVIT DIVISUM IMPERIUM / CONCILIAVIT

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IDENTITA SOCIALI NEI CENTRI DELLA CAMPANIA TRA MEDIOEVO E PRIMA ETA MODERNA

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quario non solo nell’aspetto, ma anche nel contenuto, riferendo di un anticoUrsus Alus, governatore dell’Umbria, soldato, difensore della Repubblica, re-stauratore delle leggi e unificatore dell’Impero; l’iscrizione include una lode aVituria, moglie di Ursus e nipote di Cesare Augusto, autrice di un poema sullacastita, e un riferimento ai loro numerosi figli. Georgia Clarke ha dimostratocome nel rivendicare Ursus Alus quale antenato, Orso non compose un’iscri-zione ex novo, ma copio due diverse iscrizioni funerarie distinte (una di UrsusAlus e una di Vituria) conservate all’epoca in uno dei palazzi romani della fa-miglia Orsini (Fig. 13).29 Riconosciute come false gia a inizio Seicento, traQuattrocento e Cinquecento queste erano reputate antiche e si pensava cheUrsus Alus fosse un soldato V o VI secolo e che avesse fondato la dinastia Or-

VIXIT ANNIS XXXXVIII DIEBUS SACRUM. ** VITURIA URSI ALI UXOR AUGUSTI CAES(ARIS) NEPTIS QUAE DE

PUDICITIA VERSUS CONDIDIT VIXIT ANNIS XXXX MENSIBUS X DIEBUS III EORUM SUPERSTITES FILII VIII FI-

LIAE VI PRO SE IPSIS POSTERIS QUE EORUM III KAL. MAIAS / D.M.29 G. CLARKE, Palazzo Orsini cit., p. 48.

Fig. 13. Nola, Palazzo Orsini, particolare dell’iscrizione di ‘‘Ursus Alus’’.

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sini.30 Orso aveva forse visto le due iscrizioni mentre si trovava a Roma neglianni sessanta del Quattrocento, probabilmente all’interno della collezione epi-grafica creata dal cardinale Giordano Orsini nel palazzo di Montegiordano,dove era conservata insieme ad altre iscrizioni sulla gens Ursina, come quella,questa volta autentica, di Ulpius Ursinus.31

Nella Roma di meta Quattrocento numerose famiglie di ‘nuovi nobili’adottarono antenati antichi andando alla ricerca di iscrizioni antiche o pseu-do antiche che recassero un nome che ricordava il loro: e il caso dei Cenci,dei Porcari, dei Massimo, dei Rossi e ancora di molte altre.32 Rispetto a unqualsiasi ‘uomo nuovo’, Orso poteva pero attingere a un patrimonio epigra-fico gia consolidato e sostenere la sua posizione senza inventare un’iscrizioneex novo, ma copiandone una conservata nella collezione di famiglia. Tra levarie iscrizioni che includevano riferimenti alla gens Ursina disponibili neipalazzi romani di famiglia, Orso scelse quella di Ursus, che non solo all’epo-ca era reputata autenticamente antica, ma che era anche diventata un ele-mento centrale del dibattito umanistico intorno alle origini della famigliaOrsini, e veniva utilizzata come prova della romanizzazione di una famigliadalle origini gote.33

Nel copiare le due iscrizioni di Ursus e Vituria in un’unica sequenza, Orsochiamava a legittimarlo i due progenitori degli Orsini e al contempo instaura-va una vera e propria interferenza tra presente e passato, invitando il lettore acreare un’associazione tra il moderno Orso e il romano Ursus. Il progettoideologico legato alla copia monumentale delle due iscrizioni pseudoantichee completato dalla nicchia conchigliata posta sopra l’iscrizione e in asse conil portale al centro della facciata, dove in origine si trovava un busto in marmopario raffigurante Orso, corredato dall’iscrizione: «URSUS URSINO GENERE RO-

MANUS / DUX ASCULI SUANE NOLE TRIPALLEQ(UE) / COMES HAS EDES FECIT

MCCCCLXX» (Figg. 14-15).34

30 Pur essendo un falso, a fine Quattrocento l’iscrizione di Ursus Alus era reputata antica, comedimostra il fatto che Fra Giocondo, nel compilare la sua silloge epigrafica antica, l’avesse cercata sen-za esito in palazzo Orsini a Campo de’ Fiori. G. CLARKE, Palazzo Orsini cit., p. 50, n. 36.

31 G. CLARKE, Palazzo Orsini cit., p. 48. Sulla collezione Orsini e l’iscrizione di Ursino Ulpio,cfr. F. RAUSA, Le collezioni di antichita Orsini nel palazzo di Monte Giordano, «Bullettino della Com-missione Archeologica Comunale di Roma», CI, 2000 (2002), pp. 163-180. L’iscrizione di Ulpius Ur-sinus e la CIL VI, 37265.

32 G. CLARKE, Roman House cit., pp. 227-232; K.W. CHRISTIAN, Empire without End. Antiqui-ties Collections in Renaissance Rome, c. 1350-1527, New Haven and London, Yale University Press2010, pp. 63-87.

33 Sull’iscrizione cfr. R. BIZZOCCHI, Genealogie incredibili. Scritti di storia nell’Europa moderna,Bologna, Il Mulino 2009, pp. 198-199.

34 G. CLARKE, Palazzo Orsini cit., p. 46.

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IDENTITA SOCIALI NEI CENTRI DELLA CAMPANIA TRA MEDIOEVO E PRIMA ETA MODERNA

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Rispetto a Diomede Carafa, che rappresentava il proprio prestigio attraverso il

sovrano e la fondatrice mitica della citta di Napoli – la sirena Partenope – con

Orso ci troviamo di fronte all’espressione di un culto personale del commit-

tente ottenuto attraverso la sovrapposizione tra la sua immagine e quella

del suo presunto antenato Ursus.35 Le dimensioni ridottissime dell’iscrizione,

infatti, non avrebbero permesso allo spettatore d’identificare con certezza il

ritratto come quello di Orso, lasciando volontariamente aperta la possibilita

che si potesse trattare dell’antenato Ursus che figurava come protagonista del-

l’iscrizione monumentale. Una vera e propria interferenza tra presente e pas-

sato simile a quella che si creava tra Alfonso e i profili di Adriano e Traiano

sulla porta di Castel Nuovo e quella tra Diomede e sua moglie e le teste di

Diomede e Partenope negli spigoli di Palazzo Carafa.

Nel suo palazzo di Nola, Orso mise dunque a punto una manifestazione

della sua legittimita come membro della famiglia Orsini e come signore della

citta. Attraverso una facciata all’antica, costruita con blocchi di pietra del piu

Fig. 14. Nola, Palazzo Orsini, portale principale. Fig. 15. Nola, Palazzo Orsini, nicchia e iscri-zione del prospetto principale.

14 15

35 G. CLARKE, Roman House cit., p. 227.

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importante monumento di Nola, con al centro un’iscrizione monumentale e ilbusto di Ursus/Orso, da un lato enunciava la sua identita di membro di unafamiglia del «genere romano» che vantava radici nell’Impero, e dall’altro an-che il suo legame con le origini antiche della citta che governava.

Anche se sappiamo che Orso abitava gia da tempo i palazzi napoletani, eimportante sottolineare che il suo primo e principale impegno architettonicofu rivolto a Nola e non alla capitale.36 Sicuramente un’operazione cosı monu-mentale non sarebbe stata possibile all’interno della congestione del centroantico napoletano, dove l’operazione di accorpamento di proprieta era lungae impegnativa e comunque non avrebbe potuto dare gli stessi risultati di ma-gnificenza come quella nella capitale del suo feudo, un piccolo regno all’inter-no del Regno, dove non solo c’era piu spazio, ma non sussisteva il problema diun confronto diretto con il re.37

Se a Napoli Diomede Carafa aveva dovuto subordinare la manifestazionedella sua identita alla necessita di non superare il re nel gioco del palazzo con-centrando tutto il contenuto autorappresentativo nel portale del palazzo, aNola la vera Reggia era palazzo Orsini, mentre il re, che visitava Nola conuna certa frequenza, alloggiava nel castello medioevale, sicuramente piu auste-ro e meno ricercato rispetto alla magnificenza del palazzo baronale.

36 Sulle proprieta di Orso Orsini a Napoli cfr. F. PATRONI GRIFFI, Notizie inedite sul palazzo diOrsi Orsini e il giardino della Duchesca, «Napoli Nobilissima», XXIII, 1984, pp. 134-135.

37 Sul processo di accorpamento di proprieta nel centro antico di Napoli cfr. B. DE DIVITIIS,Architettura cit., pp. 50-57.

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IDENTITA SOCIALI NEI CENTRI DELLA CAMPANIA TRA MEDIOEVO E PRIMA ETA MODERNA

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INDICE

Introduzione di Lucia Corain e Francesco P. Di Teodoro . . . . . . Pag. V

CONSIDERAZIONI PRELIMINARI.I TRATTATI, L’USO E IL RIUSO DELL’ANTICO

HOWARD BURNS, Architecture and Identity in Italy, 1000-1600: anintroduction and overview . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 3

FRANCESCO P. DI TEODORO, Vitruvio volgarizzato e identita locali:prime indagini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 39

BARBARA GALLI, Considerazioni sul manoscritto della traduzione vi-truviana di Jean Martin alla Biblioteca Nazionale Universitariadi Torino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 59

ELENA GRANUZZO, Il concetto vitruviano di ‘decor’ nella trattatisti-ca architettonica rinascimentale. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 73

MARTIN DISSELKAMP, Magnificenza pontaniana. Un concetto di co-municazione tardo-quattrocentesco . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 95

ANNA SIEKIERA, Identita linguistica del Vasari «artefice». I. DueLezzioni di Benedetto Varchi alla vigilia della prima edizionedelle Vite . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 113

ELIANA CARRARA, Itinerari e corrispondenti vasariani (1537-1550) » 125

FEDERICA ROSSI, Dallo ‘pseudogotico’ al dorico greco: progetti poli-tici di Caterina II in architettura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 143

STEFANO MAGGI, Rovine e riusi nel Piemonte romano. . . . . . . . . » 159

SUSANNA CACCIA, Reimpiego e restauro dell’antico: l’anfiteatro diLucca nel palinsesto urbano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 183

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GEOGRAFIA DELL’IDENTITA.L’ITALIA DEL CENTRO-SUD

BIANCA DE DIVITIIS, Memoria storica, cultura antiquaria, commit-tenza artistica: identita sociali nei centri della Campania tra Me-dioevo e prima eta Moderna. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 201

ISOTTA CORTESI, Horti Palatini Farnesiorum: immagine e identita » 219

STEFANO CUSATELLI, Horti Palatini Farnesiorum: una memoria . . » 233

CRISTIANA PASQUALETTI, L’Aquila come Gerusalemme? Alle originidi una tradizione storiografica. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 255

FRANCESCO ZIMEI, Simbologia e identita nei trattenimenti musicaliaquilani in onore di Margherita d’Austria . . . . . . . . . . . . . . . » 271

GIANLUIGI SIMONE, «Di legname piu eccellenti che fusseno in Ro-ma»: l’intagliatore Flaminio Boulanger e le maestranze attivenei suoi cantieri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 287

LORENA SAVINI, Un musicista fra Firenze e l’Aquila: prime ricerchesu Pasquale Tristabocca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 307

GEOGRAFIA DELL’IDENTITA.L’ITALIA DEL CENTRO-NORD

DARIO DONETTI, ‘‘Scultore et architetto fiorentino’’: Francesco daSangallo a Santa Croce. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 323

VANNA ARRIGHI – ELISABETTA INSABATO, Una fonte per lo studiodei palazzi fiorentini: il «libro di muraglia». Primi risultati diun censimento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 341

MARIA ADRIANA GIUSTI, La torre e l’albero. Luoghi dell’identita diLucca . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 355

LUCIA CORRAIN, I portici di Bologna tra immaginario e rappresenta-zione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 371

MARIA BELTRAMINI, Questioni di stile? Francesco Sforza, Filaretee l’Ospedale Maggiore di Milano . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 393

PAOLO BOSSI, «Librum illum, quem urbis diœcesisque nostræ ec-clesiis utilem necessariumque censemus, ad consuetudinem in-troducimus». Condivisione di ideali e programmi tra l’archidio-

INDICE

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cesi milanese e le diocesi sue suffraganee alla luce della pubbli-cazione dei due libri. Instructionum Fabricæ et supellectilis ec-clesiaticæ di Carlo Borromeo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Pag. 405

GEOGRAFIA DELL’IDENTITA.FRA L’ITALIA E L’EUROPA

ENRICO LUSSO, La committenza architettonica dei marchesi di Saluz-zo e di Monferrato nel tardo Quattrocento. Modelli mentali eorientamenti culturali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 423

CRISTINA CUNEO, Alle radici di un’identita: Mondovı e il Piemontesud-occidentale alla fine del XVI secolo . . . . . . . . . . . . . . . . . » 439

PAOLO CORNAGLIA, La costruzione dell’identita ‘‘italiana’’ del duca-to di Savoia a cavallo tra XVI e XVII secolo: il ruolo dei giardini » 455

FAUSTO TESTA, La costruzione retorica dell’identita politica nella fe-sta di corte sabauda in eta barocca: i «Simboli in fatto» delloStato nel banchetto del Dono del Re dell’Alpi (Rivoli 1645) . . » 477

DANIELA DEL PESCO, ‘‘Tutto il sapere di Borromini’’: l’ovale di SanCarlino e la geografia della pianta centrale. . . . . . . . . . . . . . . » 493

ANDREA DE MEO ARBORE, La cappella di Inigo Jones per l’Infanta diSpagna: politica, architettura e mediazioni di identita . . . . . . . » 509

CRISTIANO GUARNERI, Architettura per una nuova identita: Pietro ilGrande e la costruzione di San Pietroburgo . . . . . . . . . . . . . . » 523

IVAN EVTYUKHIN, Nuova immagine della capitale russa all’iniziodell’Ottocento. La Borsa Marittima di San Pietroburgo e l’iden-tificazione del suo architetto . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 549

Indice dei nomi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 557

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INDICE

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FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI DICEMBRE 2013

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BIBLIOTECA DELL’ «ARCHIVUM ROMANICUM»Serie I: Storia, Letteratura, Paleografia

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ARCHITETTURAE

IDENTITA LOCALI

I

a cura di

LUCIA CORRAIN e FRANCESCO P. DI TEODORO

LEO S. OLSCHKI EDITOREMMXIII In coperta: Miniatore degli inizi del sec. XVI, David.

Biblioteca Provinciale dell’Aquila ‘‘Salvatore Tom-masi’’, Corale 4 (Salterio-Innario), iniziale istoriataD(ixi), f. 40v.

B.A.R.

I

Vol. 424

LEO S.

OLSCHKI

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NT

ITA

LO

CA

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–I

ISSN 0066-6807

ISBN 978 88 222 6283 7

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