Sergio Cascella
Matidia Minore, la Bibliotheca Matidiana e il Foro di Suessa (Sessa Aurunca - Ce):
considerazioni preliminari *sullo scavo del cosiddetto Aerarium
PREMESSA
1L’antica colonia latina di Suessa (fig. 1), fondata nel 313 a.C. tra i massicci
calcarei dei Monti Aurunci a nord, del Monte Massico a sud e del complesso
vulcanico di Roccamonfina (l’antico Mons Mefineis) a est, rappresentò per questa
parte della Campania settentrionale, il perno dell’intero processo di romanizzazio-
ne, completato nel 296 a.C. con la fondazione delle colonie marittime di Minturnae
e Sinuessa e con la realizzazione, dopo questa data, del tratto di Via Appia che le
attraversava.
Si tratta di un comprensorio archeologico ricchissimo, la cui integrità è stata
negli ultimi decenni del XX secolo messa a dura prova da un disordinato sviluppo
urbanistico e pseudoturistico che, prevalentemente lungo la fascia costiera, ha
determinato la scomparsa di numerosi siti. Tale situazione ha naturalmente
impegnato dapprima la Soprintendenza ai Beni Archeologici di Napoli e Caserta e
oggi la Soprintendenza di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta, in una capillare
azione istituzionale di tutela e ricerca che, nel corso dell’ultimo quindicennio, si è
concretizzata nello scavo e nel restauro di complessi archeologici di notevole
interesse tra cui il cosiddetto Aerarium oggetto nell’estate del 2012 di uno scavo
sistematico.
Lo scavo dell’Aerarium, di cui in questa sede si dà una prima presentazione di
carattere assolutamente preliminare, ha rivelato un monumento che per
l’imponenza e lo stato di conservazione ottimale, rappresenta verosimilmente
un’altra testimonianza dello straordinario potere politico ed economico che
Matidia Minore esercitò nell’ultima parte della sua vita nella città di Suessa, scelta
Ringrazio la Dott.ssa Maria Grazia Ruggi d’Aragona, Funzionario responsabile dell’Ufficio *Scavi di Mondragone e Sessa Aurunca, che ha rilasciato i permessi necessari. Ringrazio, inoltre, l’Arch. Giuseppe Bruno che ha curato i rilievi.
1 Liv. IX 38, 7.
come fulcro della sua azione evergetica in Campania. Siamo, infatti, convinti che le
strutture ipogee disseppellite siano parte di un più vasto complesso monumentale in
cui, forse, è possibile identificare la celebre Bibliotheca Matidiana, citata da
un’iscrizione datata all’anno 193 d.C.
LA RICERCA ARCHEOLOGICA A SUESSA AURUNCA
2
Il centro storico di Sessa Aurunca convive da sempre con l’antico . Ovunque si
guardi, tronconi di colonne, capitelli, fregi o iscrizioni compaiono come paracarri
agli angoli dei palazzi, oppure in bella mostra a nobilitare facciate e portoni degli
edifici storici. Allo stesso modo quasi tutti i cantinati e i seminterrati di questi stessi
fabbricati hanno intercettato o nascondono strutture di epoca romana imperiale. Si
tratta, però, di evidenze monumentali difficilmente analizzabili sia per il rifiuto dei
timorosi proprietari, che per la marcata parcellizzazione e il degrado in cui versano.
Ciò nonostante, proprio questo fenomeno di recupero ha consentito, nel centro
storico, la fossilizzazione del tessuto urbano antico laddove, invece, nelle aree
prossimali alla città, la convivenza con l’antico ha inevitabilmente portato alla 3
dispersione di moltissimi reperti sia per opera di privati cittadini , che degli 4
scavatori clandestini .
Nonostante queste problematicità, dalla seconda metà del Settecento sin alle 5
soglie del Novecento, la presenza a Sessa Aurunca di un florido ambiente culturale
ha fatto sì che le antichità sessane fossero studiate e in qualche modo divulgate da 6 7
autori come Tommaso de Masi o Giuseppe Tommasino . Ciò nonostante, bisogne-
rà attendere il 1926 perché Amedeo Maiuri inizi il primo scavo archeologico
2 Se si eccettuano le poche notizie date da qualche ricercatore locale, la città e l’intero comprensorio sono ancora poco conosciuti dal punto di vista archeologico. Ciò è conseguenza dello scarso interesse che gli archeologi e le autorità preposte hanno riservato a questa parte della Campania antica nella prima metà del Novecento quando, l’attenzione era prevalentemente indirizzata verso Pompei e i centri distrutti dal Vesuvio nel 79 d.C. Cfr. Villucci 1980a; Villucci 1980b. 3 Tommasino 1925, p. 294. Nella foto alla tav. XXIV s’intravedono alcuni frammenti marmorei provenienti dal teatro e anfore recuperate nella vicina villa suburbana.
4 Generazioni di tombaroli hanno, purtroppo, saccheggiato i sepolcreti che circondano il paese, in specialmodo nell’area di “Ponte Ronaco”, dove erano i resti degli abitati e delle necropoli arcaiche. In quest’area fu, infatti, individuato un vasto sepolcreto, in gran parte distrutto dallo scavo dei clandestini e dall’apertura di una cava di pozzolana. Dei materiali fu recuperato il corredo di una tomba, databile alla fine del VII sec. a.C., composto da dieci vasi di impasto, di cui otto grezzi, uno a superficie rossa e uno a decorazione geometrica sovradipinta, cfr. Johannowsky 1983, pp. 209-212. Dell’abitato arcaico, invece, si individuarono solo pochi resti di una capanna. Cfr. Talamo 1987.
5 Sull’ambiente e le personalità che animarono la cultura sessana nella seconda metà del ’700 cfr. Di Marco 2000, VII.
6 De Masi 2000.7 Tommasino 1925.
148 SERGIO CASCELLA
8regolare all’interno del Criptoportico repubblicano , un monumento noto fin dalla
9metà del Seicento che, nel suo genere, è uno dei meglio conservati del mondo
romano. In quell’occasione non fu solo riportato completamente in luce l’intero
complesso, ma furono scoperti molti frammenti di sculture che confluirono nella
collezione archeologica del locale Museo Civico, ricca di moltissimi reperti, oggi
in gran parte dispersi in seguito agli eventi bellici del secondo conflitto mondiale.
Tuttavia, il dissotterramento del criptoportico restò solo un episodio poiché, la
mancanza di scavi regolari si protrasse sino agli anni ’50 del Novecento quando,
durante la costruzione del complesso scolastico “C. Lucilio”, sito all’incrocio tra 10
Viale Trieste e la strada Sessa-Fasani, il compianto Werner Johannowsky portò in
luce due tratti delle mura del IV sec. a.C. e i resti della porta sud-occidentale della 11
città . Purtroppo, di questi rinvenimenti non esiste alcuna documentazione, infatti,
sembra che i grafici e le fotografie eseguite in quell’occasione, siano stati conse-
gnati al comune di Sessa Aurunca dove, oggi, non sono più reperibili.
Fig. 1. Inquadramento geografico e principali siti archeologici. Rielaborazione da Arthur 1991.
8 Maiuri 1961, pp. 55-62.; Johannowsky 1973, pp. 143-165.9 Tommasino 1925, p. 278. Nella foto alla tav. VII-XI si possono apprezzare le condizioni del
monumento prima dello scavo del 1926.10 Pratica Archivio - Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta S8/8-1.11 Johannowsky 1975, p. 15; Villucci 1995, p. 23.
149MATIDIA MINORE, LA BIBLIOTHECA MATIDIANA E IL FORO DI SUESSA
Alle occasioni mancate dell’archeologia sessana dobbiamo purtroppo annove-
rare anche i rinvenimenti effettuati nel 1972 poco lontano dal citato istituto
scolastico, durante i lavori di rifacimento dell’impianto fognario sottoposto alla
Strada Sessa-Fasani. In quest’area, immediatamente a ovest della porta sud-12
occidentale della città, si trovò il tratto iniziale dell’antica via per Minturnae , di
cui emergono ancora cospicui avanzi del lastricato poco oltre il bivio per Fasani, la
facciata in opera laterizia di un mausoleo e un vasto sepolcreto con oggetti cerami-
ci, in gran parte dispersi, databili tra il I sec. a.C. e il II sec. d.C. 13
Altri reperti, recuperati dal Marcello Villucci in quella stessa occasione, ma
durante i contemporanei lavori di rifacimento di un capannone utilizzato come
autorimessa, sono invece riconducibili a un santuario extraurbano, databile forse al
III-II sec. a.C. Si tratta di frammenti di coroplastica votiva in terracotta di tipo
laziale di cui, disgraziatamente, si riuscirono a salvare solo pochi esemplari.
Ancora lungo il Viale Trieste, nel tratto compreso tra la porta urbica individuata
da Johannowsky e il moderno Ponte Aurunco, iniziava il percorso della via che
collegava Suessa a Sinuessa e all’Appia, il cui basolato è ancora mirabilmente
conservato per molte centinaia di metri poco dopo il suddetto ponte. Lungo questo
tratto, la via Suessanis era fiancheggiata da una necropoli di epoca imperiale
costituita da singoli monumenti di un certo impegno architettonico e da gruppi di
tombe alla cappuccina disposte intorno ad un grande mausoleo a basamento 14
circolare, conservato per 2,50 m di altezza . La pratica S8/13 dell’archivio della
Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta, attesta che un notevole numero
di queste sepolture fu scavato nei primi anni ’50 durante la costruzione delle case
popolari del rione che, proprio dal mausoleo prese l’esemplificativo nome “Semi-
cerchio”. Purtroppo, ancora una volta dobbiamo amaramente costatare che di tutto
questo non solo non esiste alcuna documentazione, ma nemmeno si conosce, dove
siano finiti i reperti recuperati, tra cui pare vi fossero anche numerose iscrizioni di
marmo, e che fine abbia fatto il citato mausoleo di cui oggi non è più visibile nulla.
Ciò nonostante, negli anni ’80, uno di questi monumenti funerari, sito tra
l’edificio dell’Enel e la Masseria Buonamano, è stato oggetto da parte della
Soprintendenza di uno scavo sistematico, purtroppo ancora inedito. Si tratta del
classico recinto in forma di tempietto, databile alla prima metà del II sec. d.C.,
costruito in mattoni e bipedali, allettati con una malta molto depurata e stesa in letti
di piccolo spessore, che formano spartiti architettonici di grande eleganza.
12 Su quest’asse viario, cfr. De Masi 2000, pp. 163-173.; Valletrisco 1978, pp. 62-63; Colletta 1989, pp. 43 ss.; Villucci 1980a, pp. 156-162; Villucci 1995, pp. 11.
13 Villucci 1980a, p. 160.14 Villucci 1980a, pp. 153-155.
150 SERGIO CASCELLA
Ancora agli anni ’80 risale lo scavo di un tratto della strada che collegava Suessa
a Teanum e Cales. Questa via prendeva le mosse dalla località S. Sevile, lungo il
percorso meridionale delle mura della città, dove pare si aprisse un’altra porta 15 16
urbica . La via, più volte ripavimentata nel corso dei secoli , discendeva lungo la
scarpata costeggiando la mole dell’anfiteatro, tuttora inesplorato, per poi risalire
poco oltre il moderno Ponte Aurunco. Da questo punto in poi la strada, coincidendo
solo per una piccola parte con l’attuale percorso della SS7 Appia, risaliva sino al
passo posto presso l’abitato di Cascano, per raccordarsi alla viabilità dei territori di
Cales e Teanum. Nel 1981, in proprietà Puglisi, Nunzio Allegro riportò in luce un
tratto di circa 30 m lineari del basolato di questa via che, sul versante nord, era
fiancheggiata da diversi monumenti funerari di cui alcuni furono oggetto di scavo.
Si tratta di recinti databili alla seconda metà del I sec. a.C., a pianta quadrango-
lare, contenenti urne in terracotta seminterrate all’interno del piano di calpestio. La
funzione del recinto non è soltanto quella di racchiudere e isolare il campo di urne,
verosimilmente appartenenti tutte a una sola famiglia, ma è il segnacolo stesso
delle sepolture che, nel nostro caso, assume una certa dignità architettonica,
avvalendosi di cornici scolpite in pietra tufacea o calcarea, che ne costituiscono la
decorazione architettonica.
Finalmente, alla fine degli anni ’90 inizia per Sessa Aurunca una florida
stagione di rinascita culturale stimolata dall’allora Soprintendenza Archeologica di
Napoli e Caserta che, con fondi regionali europei (Pop/Fesr-Cipe), intraprese un
vasto programma di ricerca e restauro che riportò alla luce quasi contemporanea-
mente le vestigia di tre eccezionali teatri antichi ubicati presso Sessa Aurunca,
Teano e Calvi Risorta. Dalla primavera del 1999 sino a quella del 2005, tre campa-17
gne di scavo successive, portarono alla luce il Teatro Romano che si rivelò come
uno degli edifici pubblici per spettacoli di epoca imperiale più grandiosi della
Campania antica.
La completa esplorazione del monumento consentì il recupero di circa 35000
frammenti marmorei che, associati all’analisi della stratigrafia verticale e orizzon-
15 De Masi 2000, p. 197; Johannowsky 1975, p. 15; Valletrisco 1978, p. 63; Fiorito - Villucci 1980, pp. 33-37; Villucci 1980a, pp. 170-174.
16 A tal proposito segnaliamo un miliarum databile a epoca augustea da riferire alla via Suessa-Teanum, cfr. Pagano - Villucci 1986, pp. 56-63.
17 Il primo finanziamento P.O.F.E.S.R., annualità 1997, prog. 142, risale al 1999 e con esso si portò in luce quasi l’intero edificio mentre, il secondo, fu attuato con D.M. del 23.03.2001 - Legge n. 662/96, art. 3, comma 83 - Capitolo di spesa 7753 - Piano triennale Lotto 2001/2003, con il quale si terminò l’esplorazione della porticus post scaenam e si scavò parte della villa suburbana. Sul Teatro Romano di Sessa Aurunca, cfr. Cascella 2002; Cascella 2006, pp. 79-107; Pensabene 2005, pp. 91-99; Cascella 2007, pp. 45-54.; Cascella 2009, pp. 99-123.; Cascella 2012a, pp. 62-84.; Cascella - Ruggi 2012, pp. 48-54; pp. 71-84.
151MATIDIA MINORE, LA BIBLIOTHECA MATIDIANA E IL FORO DI SUESSA
tale, permisero un primo tentativo di ricostruzione sia dell’aspetto del teatro nel suo
massimo fulgore, che delle fasi di uso, ampliamento e abbandono del monumento.
Inoltre, il ritrovamento di oltre un centinaio di frammenti scultorei, di ben tre statue
integre, di altre cinque, quasi complete e di due teste ritratto della galleria celebrati-
va della famiglia di Adriano, ha di colpo arricchito il panorama della ritrattistica
imperiale d’età Antonina.
Lo scavo ha rivelato che il fulcro del programma figurativo della scena era
costituito dalla statua bicroma di Matidia Minore che si fece rappresentare al centro
della frons scaenae come una munifica divinità salvatrice (Aura), con le vesti
gonfiate dal vento. Per la qualità dei marmi adoperati e la raffinatezza 18
dell’esecuzione, opera di maestranze avvezze a lavorare per la casa imperiale ,
quest’eccezionale scultura formata da marmi colorati giustapposti, non solo 19
costituisce la prima testimonianza certa dell’iconografia di Matidia Minore , 20
sorellastra di Vibia Sabina , moglie di Adriano, ma ci ha restituito la vera persona-
lità di questa ricchissima donna che era desiderosa di affrancarsi dalla condizione
di marginalità in cui l’avevano relegata per gran parte della sua vita la sorellastra e
l’augusto cognato e che trovò nel nuovo imperatore Antonino Pio e nella città di 21
Suessa, il terreno fertile per riscattarsi .
Contemporaneamente ai lavori di restauro e ripristino del complesso archeolo-
gico del Teatro Romano, nel corso del 2006, ebbe iniziò lo scavo della villa 22
suburbana le cui strutture, databili tra il II sec. a.C. e la metà del II sec. d.C., sono
disposte a terrazze lungo la scarpata che da Viale Trieste discende sino all’area della
porticus post scaenam. La villa, solo parzialmente indagata, si compone di una
pars rustica, di cui si sono individuati il torcular vinario e gli ergastula, mentre
della pars urbana, sono stati portati in luce il triclinio, un’alcova, il larario e parte
del portico con colonne in Granito Troadense, tutti ambienti decorati con pregevoli
18 L’alta qualità della decorazione scultoria ha fatto ipotizzare l’impiego di botteghe che lavorava-no esclusivamente per la casa imperiale, cfr. Cascella 2002, pp. 67 ss.; Valeri - Zevi 2004, pp. 128 ss., così come la raffinatezza di esecuzione degli elementi architettonici suggerisce l’utilizzo di maestran-ze specializzate nella lavorazione di marmi e graniti colorati per i fusti delle colonne e marmi bianchi (principalmente Proconnesio) per i capitelli, le basi e le trabeazioni: cfr. Cascella 2002, pp. 53-63; Pensabene 2005, p. 97; Demma 2007, p. 218; p. 341; Cascella 2009a, pp. 19-43; Cascella 2012a, p. 73; Cascella - Ruggi 2012, pp. 50-54.; pp. 72-76.
19 Sulla statua e sull’iconografia di Matidia Minore, cfr. Cascella 2002, pp. 71-73; Ruggi D’Aragona 2002, p. 325; Valeri - Zevi 2004, pp. 128-133; Cascella - Ruggi 2012, pp. 85-87.
20 Sulle donne della famiglia Antonina, cfr. Mari 2004, pp. 15 ss.; Chausson 2006.21 Le ragioni politiche che spinsero questo importante personaggio della famiglia imperiale d’età
Adrianeo-Antonina a profondere tante forze economiche nel rifacimento di quest’edificio, sono state ampiamente evidenziate, cfr. Cascella 2002, p. 86; Cascella 2009, pp. 40-41; Cascella - Ruggi 2012, pp. 57-59.
22 Cascella 2009b, pp. 99-122.; Cascella 2011, pp. 165-177.; Cascella 2012b , pp. 217-250.
152 SERGIO CASCELLA
pavimenti a mosaico a tessere bianche e nere e inserti di marmi colorati e decorazio-
ni pittoriche in III e IV stile.
Tra il 2006 e il 2012 l’attività di scavo e ricerca ha segnato di nuovo il passo.
Pochissimi sono stati gli interventi nell’ambito cittadino tra i quali si possono
annoverare un saggio esplorativo, compiuto nel cortile interno del Castello Ducale,
durante i lavori di restauro e ripristino del complesso medioevale e i lavori di
restauro eseguiti al Ponte Ronaco, grandioso, quanto mai sconosciuto, esempio di
architettura romana della prima metà del II sec. d.C.
Ciò nonostante lo scavo eseguito nell’area del Castello Ducale ha rivestito una
rilevante importanza poiché ha portato alla luce le fondazioni di un grande edificio
di epoca romana posto sulla sommità dell’altura un tempo occupata dall’Arx e che
potrebbe essere identificato con il rifacimento d’età imperiale del principale 23
tempio della colonia latina .
Infine, l’ultimo intervento di scavo archeologico in ordine di tempo risale
all’autunno del 2012 e ha riguardato il complesso ipogeo dell’Aerarium, che
costituisce l’oggetto di questo studio e che, per grandiosità dei resti e stato di
conservazione delle strutture, è entrato di diritto nel novero dei monumenti più
visitati di Sessa Aurunca.
IL FORO DI SUESSA
24Gli studiosi che si sono occupati dell’urbanistica antica di Sessa Aurunca
ritengono che il Foro della città romana corrisponda allo spazio oggi occupato dalla
Villa Comunale e dalle Piazze Tiberio Massimo e S. Giovanni a Villa (fig. 2).
Effettivamente, nell’area posta immediatamente a nord-ovest dell’incrocio tra il
decumano massimo (Via Roma-Via Mozart) e il cardo massimo (Corso Lucilio)
emergono le imponenti strutture murarie di terrazzamenti e edifici a carattere
pubblico e monumentale, che delimitano una superficie rettangolare lunga 130 m. e
larga 60 m. (7800 mq. ca.), apparentemente libera da costruzioni.
1. Epoca tardo-repubblicana
Purtroppo, c’è da notare che degli edifici affacciati sul Foro, non conosciamo
nulla. Infatti, come già accennato, le scoperte archeologiche effettuate in
23 Cascella - Ruggi 2012, pp. 23-29.24 Valletrisco 1978, p. 59; Valletrisco 1980, p. 39-40; Gizzi 1994, p. 172
153MATIDIA MINORE, LA BIBLIOTHECA MATIDIANA E IL FORO DI SUESSA
quest’area si limitano al solo sterro del Criptoportico repubblicano. Ciò nonostan-
te, basandoci su una serie di considerazioni di ordine topografico e sui resti
archeologici esistenti, è possibile sostenere l’ipotesi che il lato meridionale della
piazza coincidesse con una parte del percorso del Cardus Maximus (Corso Lucilio)
il quale, costituendo l’asse viario portante di tutta la città, con ogni probabilità 25
attraversava questo lato del Foro da est a ovest .
Se tale sistemazione rispondesse al vero, il lastricato della piazza avrebbe
dovuto essere in qualche modo separato dalla strada, ed è altresì evidente che, su
questo stesso lato, dovevano ergersi uno o più edifici pubblici di cui, malaugurata-
mente, non sappiamo nulla. Infatti, le costruzioni che lungo il Corso Lucilio
fronteggiano l’area antistante Piazza Tiberio Massimo, non sembrano inglobare
alcun resto antico, né si hanno notizie di rinvenimenti.
È possibile, invece, che, lungo il settore più meridionale del lato ovest del Foro,
la serie di fabbricati posti all’angolo tra Via Roma (decumano massimo) e Piazza
Tiberio Massimo, tra cui spicca la Chiesa di S. Anna, risalente al XV secolo,
Fig. 2. Sessa Aurunca: veduta aerea dell’area del Foro di Suessa.
25 Alla monumentalizzazione di una parte di questo percorso è forse da riferire l’iscrizione d’età imperiale, oggi reimpiegata nella facciata della chiesa di S. Matteo, relativa al rifacimento adrianeo della Via Suessanis (CIL X 4756, 122 d.C.) che, oltrepassata la citata porta urbica sud-occidentale, costituiva il naturale prolungamento extra moenia del cardus maximus.
154 SERGIO CASCELLA
26potrebbe, aver occupato lo spazio di uno o più edifici tanto più che, nel prospettare
l’attuale piazza, la facciata della Chiesa descrive un allineamento perfettamente
concorde con quello del lato orientale del criptoportico.
Il Criptoportico
Durante lo scontro tra Mario e Silla, Suessa si schierò a favore del dittatore,
ricavandone sostanziosi benefici poiché, come sembrerebbe attestare un’epigrafe
oggi conservata a Capua (CIL X 4751), Silla aveva cospicui interessi in quest’area
tanto da lasciarne traccia nell’onomastica locale. Infatti, un certo A. Opimius C. f.
Sulla porta il suo cognomen fatto, questo, che probabilmente attesta la presenza di 27
proprietà fondiarie forse direttamente riconducibili al dittatore .
In ogni caso, il secondo venticinquennio del I sec. a.C. dovette essere un periodo
di rilevante crescita economica e culturale per la città, certamente stimolata anche
dalla conquista dell’Oriente mediterraneo. Questa circostanza, infatti, convogliò
verso la Campania ricchezze materiali, idee e manodopera schiavile specializzata,
contribuendo a ellenizzare definitivamente la società romano-campana trasfor-
mandola completamente. Qui, come in altre città, questo contesto economico e
culturale si tradusse in un sostanzioso rinnovamento dell’edilizia pubblica, ispirato
direttamente ai canoni urbanistici ed architettonici delle città dell’oriente greco. A
questo periodo, che in Campania è magnificamente testimoniato dalla fase tardo-28
ellenistica (II-I sec. a.C.) di Pompei , risale la costruzione del Criptoportico sul
lato nord-occidentale del Foro (fig. 2.1).
Questo versante della piazza forense degradava per una decina di metri verso il
ciglio tattico della collina su cui fu fondata la colonia e su cui correva la cinta
muraria in blocchi di tufo risalente al 313 a.C. Lo sbalzo altimetrico fu sistemato
creando un terrazzamento artificiale occupato dal Criptoportico che, con il suo lato
lungo, fungeva da sostruzione a questo lato della platea del Foro. Il Criptoportico
ha una pianta a “U” costituita da tre bracci di cui quello centrale, est-ovest è lungo
quasi 76 m. mentre dei bracci minori, l’orientale, con andamento nord-sud, è lungo
40,70 m, e l’occidentale, divergente rispetto all’altro, è ancora quasi completamen-
te interrato poiché giace al disotto di una casa colonica. Ogni navata è divisa in due
gallerie adiacenti, larghe 3,25 m, coperte con volte a botte e poggianti sui muri
26 De Masi 2000, p. 194: «…ed alcuni ruderi di quell’altre sì fatte fabbriche, tutti o di mattoni o di grossissime pietre, sopra i quali ora si appoggiano le mura così del giardino del Monistero di S. Anna».
27 Arthur 1991, p. 55.28 Muscettola 1991, pp. 75-114.
155MATIDIA MINORE, LA BIBLIOTHECA MATIDIANA E IL FORO DI SUESSA
perimetrali, realizzati in opus incertum di tufo locale e sopra una fila centrale di
pilastri costruiti con blocchi di tufo raccordati da archi a tutto sesto (fig. 3).
I criptoportici a tre bracci di Allifae e di Capua, anch’essi localizzati nell’area
forense, hanno la parte aperta rivolta proprio verso il foro ed è quindi logico pensare
che essi sostruissero l’area da essi circoscritta che doveva essere direttamente
funzionale alla piazza del Foro. Il Criptoportico di Sessa mostrando, invece, la
parte aperta rivolta verso il teatro fa presumere che esso potesse essere collegato a 29
qualche edificio, presumibilmente un tempio , forse in qualche modo connesso al
Foro.
In ogni caso, a tutt’oggi, nessun passaggio tra il Criptoportico, l’area forense e il
teatro è visibile all’interno del monumento. Infatti, l’accidentata morfologia del
fianco sud-est del declivio che dal Foro si estende verso il Teatro, rese probabil-
mente impossibile ogni collegamento diretto tra la piazza e il Criptoportico e tra
questo lato del monumento e l’area del teatro. Quest’ipotesi è confortata dal fatto
che l’attuale ingresso al monumento avviene attraverso la volta crollata del braccio
meridionale che, però, in antico era probabilmente cieco. Infatti, le strutture
Fig. 3. Sessa Aurunca: criptoportico repubblicano.
29 Johannowsky 1973, p. 152.
156 SERGIO CASCELLA
murarie in opera incerta che lo delimitano furono costruite contro il terrapieno
contenuto dal muro di fortificazione del IV sec. a.C., nel quale apparentemente non
sembra essere ricavato alcun passaggio.
Pertanto, il transito tra Foro e Criptoportico era probabilmente possibile
dall’area oggi occupata dal terrapieno, nel lato posto a valle del braccio settentrio-
nale, ove il pendio, digradando dolcemente, consentiva la sistemazione di una
rampa di collegamento tra il Teatro, il Criptoportico e il Foro. Purtroppo, solo
future ricerche potranno chiarire cosa nasconde il rialzo oggi occupato dal giardino
annesso al convento di S. Giovanni a Villa che, in epoca medievale, si è impiantato
sul monumento ed è ugualmente impossibile verificare l’esistenza di un ingresso
antico all’estremità del braccio settentrionale del monumento poiché esso è ancora
interrato.
Si è molto discusso sulla destinazione d’uso della parte ipogea del Criptoporti-
co. La presenza di un’elegante decorazione in stucco, riferibile però al successivo
periodo augusteo, dimostra che il suo scopo non poteva essere solo quello di
contenimento del terreno, ma è molto probabile che esso svolgesse anche una
funzione pubblica. Il rinvenimento sull’intonaco di disegni e graffiti riecheggianti
acclamazioni gladiatorie ed esercitazioni in lingua latina e greca, fa supporre che,
almeno nella fase d’età imperiale, una parte dell’edificio fosse utilizzata anche 30
come scuola . Questi elementi testimoniano inequivocabilmente che le gallerie
dovevano essere percorribili e ben illuminate dai trenta lucernai a gola di lupo, posti
sulla parete occidentale, quella aperta verso il Teatro e l’ipotetico tempio.
La costruzione del Criptoportico e in seguito del Teatro d’età augustea,
configurò una struttura urbanistica dal grande impatto scenografico e monumenta-
le costituita da edifici disposti su terrazze susseguenti e digradanti l’una all’altra
che ricordano molto da vicino le soluzioni urbanistiche adottate nelle città
dell’oriente ellenistico, in specialmodo la disposizione tra il santuario di Athena 31
Nikephoros e il teatro di Pergamo e, non ultimi, i prospetti dei santuari campano-32
laziali di epoca tardo repubblicana .
Accesso al settore occidentale del Foro
Gli studiosi che si sono occupati della topografia dell’antica Suessa interpreta-
no i resti dell’imponente struttura muraria parzialmente sepolta sotto Via 4
Novembre e visibile lungo il versante meridionale del Teatro Romano (fig. 2.2) per
30 Della Corte 1939, pp. 189-204.31 Greco - Torelli 1983, p. 329; Winter 2006, p. 186.32 Coarelli 1983, pp. 217-240.; Calio 2005, pp. 49-130.
157MATIDIA MINORE, LA BIBLIOTHECA MATIDIANA E IL FORO DI SUESSA
oltre 10 m di altezza e per circa 50 m di lunghezza, con un rifacimento delle 33
fortificazioni del 313 a.C., databile a epoca sillana .
In effetti, la muratura mostra un paramento in opus quasi reticulatum (fig. 4),
con testate angolari realizzate in opus vittatum mixtum (una fila di blocchetti in tufo
alternata a tre file di mattoni), eseguita da maestranze in cui forse operarono due
squadre con una diversa esperienza di lavoro com’è evidente dalla pezzatura e dal
taglio dei conci di tufo ocra, che variano dai 9 ai 12 cm di lato. Naturalmente, queste
differenze si riflettono anche nella tessitura del paramento che mostra aree mag-
giormente regolari, poiché eseguite con cubilia più squadrati e zone in cui tufelli,
quasi romboidali o trapezoidali, formano giunti irregolari.
La datazione di questa struttura è quantomeno problematica poiché è basata
esclusivamente sull’aspetto e sulla tecnica di costruzione del paramento. Per questa
parte della Campania, infatti, non esiste una campionatura attendibile delle
tecniche edilizie adoperate negli edifici pubblici e privati di epoca romana basata su
dati stratigrafici, quindi è se non altro rischioso azzardare una datazione basandosi
esclusivamente su criteri tipologici e cronologici elaborati per altri contesti.
Nonostante in ambiti geografici contigui, sia possibile riscontrare fenomeni di
attardamento o di precocità nell’uso di alcune tecniche edilizie, nonché l’utilizzo
contemporaneo di tecniche e materiali differenti da parte di maestranze diverse, se
accettassimo tout court la datazione a epoca sillana proposta per tale muratura, non
potremmo fare a meno di costatare che nello stesso luogo e nello stesso torno di
tempo, le strutture del Criptoportico sono state realizzate in opus incertum di tufo
grigio-verdognolo, cavato presso Roccamonfina mentre, il suddetto muraglione, è
stato costruito in opus quasi reticulatum di tufo ocra.
Basandoci sui pochi dati cronologici provenienti da scavi controllati scientifica-
mente, saremmo più propensi a spostare la datazione del muraglione al secondo
venticinquennio del I sec. a.C. Infatti, per rimanere nell’ambito aurunco, si riscontra
l’uso di almeno due tipi di opus quasi reticulatum: il primo è magnificamente
testimoniato dai paramenti adoperati a Cales per i setti murari che reggono la cavea 34
del Teatro Romano e per le strutture delle Terme . Si tratta di murature, solitamente 35
datate alla metà del I sec. a.C. , eseguite con conci di tufo grigio di modulo medio-
piccolo. Il secondo tipo, rappresentato dal muraglione di Sessa Aurunca, mostra
caratteristiche tecnico-realizzative affini alle murature in opera quasi reticolata della 36
fase 3, scoperte nella villa suburbana sita presso il Teatro Romano . Queste strutture,
che presentano anch’esse, cubilia di tufo grigio o ocra, molto grandi (circa 11 cm di
33 Valletrisco 1978, p. 64. 34 Johannowsky 1961, p. 20.35 De Caro 2012, p. 117.36 Cascella 2009b.
158 SERGIO CASCELLA
lato) e testate angolari realizzate in
blocchetti di tufo grigio o in opus
vittatum mixtum, sono state datate
su base stratigrafica, proprio al
secondo venticinquennio del I sec.
a.C. Inoltre, in questo sito, i muri
realizzati con questa tecnica sono
sicuramente succedanei ai muri in
opera incerta della fase 2, che
invece trovano somiglianze
tecnico-costruttive con quelli del
Criptoportico repubblicano e
quindi dovrebbero datarsi almeno
al primo venticinquennio del I sec.
a.C.
Ancora a Sessa aurunca,
strutture realizzate con gli stessi
materiali e con un’uguale tecnica
edilizia, sono conservate in
proprietà Sasso, nel punto in cui
via A. Moro sbocca nella Piazza
S. Giovanni a Villa, per molti
metri di lunghezza e circa 4 m di altezza. Altre strutture del tutto simili sono
utilizzate nei muri che delimitano la via gradinata che in età tardo-repubblicana
permetteva di raggiungere un quartiere di abitazioni, che trasbordando dai limiti
imposti dalle fortificazioni del 313 a.C., digradava dal cardus maximus sino
all’area poi occupata dalla porticus post scaenam del Teatro e di cui è stata parzial-37
mente scavata la suddetta villa suburbana .
Infine, strutture similari si riscontrano anche nella villa di S. Rocco a Francoli-
se, situata nell’ager calenus, dove i muri in opera incerta di calcare o tufo sono stati 38
datati tra il 120 e l’80 a.C. mentre, quelle in opera quasi reticolata del periodo Ia, 39
sono genericamente attribuite al periodo tardo sillano .
Anche riguardo alla funzione di questa imponente struttura si rileva qualche
perplessità. Infatti, il muro anziché riprendere l’andamento della fortificazione più
antica, come sarebbe stato logico nel caso si fosse trattato di un restauro, fu
Fig. 4. Sessa Aurunca: muraglione d’età tardo-repubblicana nell’area del Teatro Romano.
37 Cascella 2002, pp. 92-94.; Cascella 2006, pp. 89-93; Cascella 2012, pp. 93-94. 38 Cotton - Metreaux 1985, p. 12.39 Cotton - Metreaux 1985, p. 27
159MATIDIA MINORE, LA BIBLIOTHECA MATIDIANA E IL FORO DI SUESSA
appoggiato perpendicolarmente a essa, riprendendo l’allineamento determinato
dal braccio nord-sud del Criptoportico.
Pertanto, gli elementi disponibili fanno pensare, più che un organico program-
ma di restauro del muro di cinta del 313 a.C., alla creazione di un muraglione di
contenimento che doveva forse sostruire un percorso alternativo e parallelo al
cardo massimo che, nella parte a valle, si collegava alla suddetta via gradonata e al
quartiere meridionale della città mentre, nella parte sommitale, all’area forense. Se
questa ricostruzione rispondesse al vero, dovremmo immaginare l’apertura di una
porta d’accesso all’area forense nel tratto di mura di IV secolo sepolte sotto
l’attuale via 4 Novembre, di cui forse una traccia è costituita da uno stipite in
blocchi di tufo conservato per circa 4 m di altezza, posto lungo il lato esterno sud-
orientale del criptoportico.
Infine, in età proto-augustea, la parte sud-occidentale di questa presunta strada
fu riconnessa all’area del teatro tramite un’altra rampa di gradoni che fece da trait 40
d’union con il suddetto tratto di via gradonata d’età tardo-repubblicana (fig. 2.3).
2. Il periodo augusteo e giulio-claudio
Dopo molti decenni in cui Roma e l’Italia furono lacerate da guerre civili e da
lotte intestine, l’inaugurazione della Pax Augusta produsse le condizioni ideali per
un diffuso benessere economico che ebbe i suoi effetti anche a Suessa, ove fu 41 42
dedotta una colonia di veterani col titolo di Colonia Iulia Felix Classica Suessa
tra il 30 e il 28 a.C., come confermerebbe la mancanza dell’epiteto Augusta. È
probabile che in quest’occasione gran parte degli edifici pubblici della città siano
stati rimaneggiati per opera di evergeti locali che, animati dall’imitatio Augusti, ne
finanziarono il restauro, adeguandoli ai nuovi standard decorativi e funzionali in
voga a Roma. Altri monumenti pubblici, invece, furono probabilmente costruiti ex
novo, forse col contributo diretto dell’imperatore.
A tal proposito, sebbene è innegabile che la stretta relazione topografica
esistente tra il Criptoportico e il Teatro possa suggerire l’esistenza di un’analoga
correlazione cronologica tra questi due edifici, allo stato attuale della ricerca, non
esiste nessun indizio archeologico che possa giustificare l’esistenza di una fase
40 Cascella 2002, pp. 92-93; Cascella 2006 pp. 89-93. È importante sottolineare, però, che i recenti scavi compiuti nell’area del teatro, non hanno fatto chiarezza su come il muro in opera quasi reticolata, che piega ad angolo retto, così come l’attuale muraglione di contenimento del belvedere che si affaccia sul teatro, sia stato attraversato dalla suddetta viabilità.
41 Lo stesso Augusto nelle Res Gestae ricorda di aver fatto ampio ricorso alla pratica della colonizzazione fondando ben ventotto colonie che gli permisero di stanziare nei territori delle città italiche un enorme numero di reduci, cfr. R.G. 28.1; Suet. Aug. 46.
42 CIL X 4832.
160 SERGIO CASCELLA
43costruttiva d’età tardo-repubblicana del Teatro come, del resto, conferma sia la
tecnica delle strutture murarie, che la planimetria stessa del monumento. Pertanto,
tra gli edifici innalzati in epoca augustea, includiamo anche il Teatro, adagiato a
valle del Foro e del Criptoportico repubblicano (fig. 5).
Fig. 5. Sessa Aurunca: planimetria dell’area del Teatro-Criptoportico romano.
43 Cascella 2000, p. 27.
161MATIDIA MINORE, LA BIBLIOTHECA MATIDIANA E IL FORO DI SUESSA
D’altronde, una simile sistemazione topografica, risponde pienamente ai
dettami dell’urbanistica augustea, tesa a mettere in relazione le imponenti architet-
ture marmoree dei teatri e degli edifici pubblici che circondano i Fori, cui fu 44
delegato il ruolo di palcoscenici ove celebrare il potere imperiale .
Per la costruzione dei setti murari che reggevano la cavea del Teatro, che aveva
un diametro di circa 90 m e degli altri corpi di fabbrica annessi, furono realizzate
imponenti strutture in opus reticulatum e quadratum. Per l’edificio scenico, invece,
lungo quasi 40 m e alto almeno 25 m, s’innalzarono tre ordini di ottantaquattro
colonne scolpite in marmo colorato, tra cui sono riconoscibili, la Breccia di
Settebassi, il Giallo Antico, il Portasanta, il Pavonazzetto, il Fior di Pesco e il Greco
Scritto mentre, le trabeazioni, i capitelli e le basi, erano probabilmente in marmo
Lunense.
Il caso del teatro di Sessa Aurunca non può, però, essere risolto solo in una
generica elargizione imperiale di materiali provenienti dalle cave statali utilizzati
da maestranze locali che si rifacevano ai modelli urbani, come ad esempio accadde
per taluni marmi pompeiani (ad esempio le cornici e i capitelli del Tempio della
Fortuna Augusta).
Infatti, anche se non abbiamo alcun riscontro epigrafico, l’uso enfatizzato di un
così alto numero di colonne di marmo colorato quali, simbolo di lusso e ricchezza,
l’enorme sforzo organizzativo che fu messo in atto per l’approvvigionamento e il
trasporto di questi materiali e l’impiego di costose maestranze specializzate sia
nell’esecuzione delle strutture murarie, che delle decorazioni architettoniche e
scultorie, implica necessariamente un intervento diretto dell’imperatore o di uno
dei suoi familiari nella costruzione del Teatro anche se, non si può escludere che
all’azione del princeps si sia affiancata anche quella di qualche ricco esponente
dell’élite locale.
La pavimentazione del Foro
La pratica d’archivio S9/23 della Soprintendenza Archeologica di Napoli e
Caserta, attesta che il 15 maggio del 1930, tra l’attuale Piazza Tiberio Massimo e il
Corso Lucilio, fu trovata una pavimentazione in lastre rettangolari di calcare a una
profondità di m 1.90, conservata per 9 m di lunghezza e 1 m circa di larghezza. È
evidente che ciò che si rinvenne costituiva una parte del lastricato del Foro rispar-
miato dalla spoliazione medioevale del XII secolo ed è altresì verosimile che, una
parte di questi materiali sia stata reimpiegata per la costruzione dei muri perimetrali
del Duomo.
44 Cascella - Ruggi 2012, p. 49. Cfr. bibliografia su questi argomenti a nota 13.
162 SERGIO CASCELLA
45È importante rilevare che alcune delle lastre riutilizzate rechino i solchi e gli
46alloggiamenti per lettere di bronzo da riferirsi a un’iscrizione , databile forse
all’età augustea, che arricchiva il selciato del Foro di Suessa, analogamente a quelle 47
presenti in molte città italiche .
Sulla base delle misure e del verso in cui è redatta l’iscrizione, i blocchi reimpie-
gati nel Duomo, possono suddividersi in due tipi: la prima serie (dim: 2,11m x
0,82.5 m) riporta da una a tre lettere (alt. 0,23.5 m), incise seguendo il lato breve
delle lastre (fig. 6). La composizione delle lettere, che è solitamente centrale, 48
suggerisce che queste lastre dovevano essere giustapposte per il lato lungo . Su
questo tipo, nel caso compaia una sequenza di tre caratteri, la prima o l’ultima
lettera, è stata scolpita parzialmente poiché, per ragioni di spazio, il lapicida ha
intagliato la restante parte sulla lastra adiacente. È dunque evidente che l’iscrizione
Fig. 6. Sessa Aurunca: facciata ovest del Duomo.
45 Sfortunatamente, è molto difficile individuare lo spessore e la lavorazione della parte retrostante dei blocchi reimpiegati per cui non siamo in grado di poter dire se effettivamente si tratti di lastre o di blocchi architettonici anche se, la dimensione e la forma e il modo con cui è stata scritta l’epigrafe, suggeriscono l’ipotesi che si possa effettivamente trattare di lastre pavimentali.
46 Villucci et al. 1983, pp. 10-11.47 Cfr. Pompei: Sogliano 1925, pp. 253-263; Atena Lucana: Della Corte 1926, p. 255; p. 456;
Terracina: Coppola 1984, pp. 325-277.48 Questa disposizione ricorda quella presente nell’iscrizione pavimentale del Foro di Terracina (CIL
X 6306) sebbene, in quest’ultimo caso, i caratteri siano alti circa 29 cm.
163MATIDIA MINORE, LA BIBLIOTHECA MATIDIANA E IL FORO DI SUESSA
è stata compilata dopo la messa in opera delle lastre e che il o i lapicidi, nel calcolare
gli spazi e la centratura dell’iscrizione, non hanno potuto tener conto della tessitura
dei blocchi che formavano la pavimentazione.
La seconda serie di lastre, tra cui quelle con il nome del probabile dedicante,
sono leggermente più piccole (dim: 1,17-1,88 m x 0,72-0,80 m circa) e riportano le
lettere (alt. 0,23.5 m) redatte per il lato lungo, di conseguenza, i blocchi, dovevano 49
essere accostati per il lato breve . Ovviamente, avendo un maggiore spazio, si
composero sequenze di lettere lunghe sino a cinque caratteri che, però, non sempre
sono collocate al centro delle lastre, ma piuttosto verso uno dei margini superiore o
inferiore, fatto, questo che avvalorerebbe l’ipotesi che non si tratti di blocchi
architettonici, bensì di lastre pavimentali.
Le parole, inoltre, sembrano essere separate da segni diacritici di forma
triangolare, forse con il vertice verso l’alto e leggermente inclinato verso destra,
non sempre riconoscibili poiché, durante le operazioni di scalpellamento cui
furono soggetti i blocchi nel ’700, questi segni d’interpunzione sono scomparsi o 50
non sono più chiaramente leggibili .
Nella tabella seguente riportiamo l’elenco delle lastre iscritte redatto da Villucci 51
nel 1983 a cui è stato aggiunto al n. 13, una lastra comparsa successivamente,
durante lavori di ripulitura.
49 Nella realizzazione del selciato, una minima differenza nelle misure delle lastre e l’uso di metterle in opera sia per il lato lungo, che per quello breve è un fatto abbastanza consueto, osservabile anche nel lastricato del Foro di Terracina, specialmente in prossimità delle superfici occupate da are o monumenti onorari dove, la tessitura dell’impiantito, varia per meglio adattarsi all’ingombro stesso dei monumenti. Cfr. Coppola 1984, p. 354, figg. 13-14.
50 Gran parte dei blocchi e delle lastre reimpiegate nella parte interna del Duomo fu scalpellata dal Caracciolo per far meglio aderire gli stucchi e i dipinti della decorazione settecentesca. Purtroppo, però, molte delle lettere presenti su queste lastre non furono trascritte, cfr. Villucci et al. 1983 p. 10.
51 Villucci et al. 1983, p. 11
164 SERGIO CASCELLA
Benché le lastre su cui sono incise le lettere siano diciassette, il testo
dell’epigrafe è difficilmente ricostruibile. Ciò nonostante, sommando i blocchi 52
visti e riportati dal De Masi da lui ripresi in seguito dal Mommsen nel CIL X al n.
4743 e quelli che sono stati evidenziati e registrati in un secondo tempo, è forse
possibile ricostruire il nome e il patronimico di |M. MAEC|IVS. Q.|F. 53
AEM|[i]|LIANVS| .
Costui, ricoprendo una carica pubblica, come farebbe ipotizzare la lastra n. 10
visibile sulla facciata della Chiesa e riportante le lettere [II]|VIR| (fig. 7), si rese
benemerito alla comunità cittadina rifacendo verosimilmente la pavimentazione
della piazza. Quest’atto munifico fu probabilmente compiuto ex pecunia sua, come
forse potrebbero far intendere, le lettere |EX| e |P.S| incise su blocchi n. 5 e 9 visibili
all’interno della Cattedrale.
Tuttavia, Tommaso De Masi, sul finire del ’700, vide altre tre lastre o blocchi su 54
cui si leggeva |MERC|, |SACR| e |ARAL| . Disgraziatamente, questi blocchi oggi
non sono più individuabili sebbene, durante recenti lavori di ripulitura e restauro,
accostata alla lastra n.12, ne sia apparsa un’altra che abbiamo catalogato con il n.
Fig. 7. Sessa Aurunca: facciata nord del Duomo.
52 1-SACR; 2-FAEM; 3-MERC; 4-IVSQ; 5-MMAEC; 6-ARAL. Cfr. De Masi 2000, p. 285.53 I Maecii sono un gruppo gentilizio, probabilmente di origine sannitica, ben attestato in
Campania, cfr. Index, CIL X, p. 1044. Un L. Maecius Pollius è attestato anche a Suessa, cfr. CIL X, 4754.
54 De Masi 2000, p. 285.
165MATIDIA MINORE, LA BIBLIOTHECA MATIDIANA E IL FORO DI SUESSA
Fig. 8. Sessa Aurunca: facciata est del Duomo.
13. Pur nella consapevolezza dell’audacia dell’ipotesi, è possibile che le due lastre
siano state accostate anche in antico poiché la M sembra effettivamente stata
iscritta a cavallo delle due lastre (fig. 8) che tuttora appaiono combaciare. Se così
fosse si potrebbe trattare delle lastre con l’iscrizione MERC viste da De Masi
benché, oggi, le due lettere seguenti la E, non sono chiaramente leggibili. La
penultima, infatti, potrebbe essere una R, ma certo l’ultima non sembra poter essere
una C o altra lettera tonda, ma una rettilinea.
Infine, Mommsen, che non vide queste iscrizioni all’epoca nascoste
dall’intonaco, corresse l’ultimo frammento, che il De Masi aveva letto ARAL, e per
congettura ne propose una nuova versione: |ARAT|, sospettando il cognomen di
Maecius: Arat(or). Malgrado ciò, ci chiediamo se il De Masi possa aver dato una
trascrizione errata di questo testo che forse poteva esser letto |ARAM|.
Dunque, se la lettura di questi tre frammenti fu corretta, si dovrebbe supporre
che M. Maecius Aemilianus o chi per lui, abbia restaurato o costruito ex novo un’ara
o un sacello sacro a Mercurio quantunque, tutto ciò, non si addica al contenuto delle
iscrizioni forensi.
Concludendo, il fatto che le lastre riportanti il nome del dedicante siano 55
duplicate (fig. 9) potrebbe essere indizio della presenza di due diverse iscrizioni,
forse riferibili al rifacimento di due diverse parti del Foro per opera dello stesso
personaggio.
55 Villucci et al. 1983, p. 11.
166 SERGIO CASCELLA
Fig. 9. Sessa Aurunca: navata est del Duomo.
Il rinnovamento augusteo degli edifici del Foro e gruppi scultorei
Viceversa, per quel che riguarda gli edifici del Foro, purtroppo, l’assoluta
mancanza d’indagini archeologiche, non ci consente di conoscere nulla di quali
fossero e di come apparissero le costruzioni che si dovevano affacciare sulla piazza
del periodo augusteo.
Di sicuro, però, sappiamo che le pareti del Criptoportico d’età sillana furono
rivestite con un nuovo apparato decorativo in terzo stile, costituito da riquadri in
stucco bianco (fig. 10) scanditi da lesene sormontate da capitelli a palmette e 56
volute ed è altresì credibile che, per tutto il periodo giulio-claudio, il centro
monumentale della città, dovesse sicuramente riempirsi di monumenti e statue dei
membri della casa imperiale.
Al principato di Caligola o ai primi anni di quello di Claudio, risale un nucleo di
sculture di grandi proporzioni scoperte immediatamente a valle del Foro, tra le
56 Johannowsky 1973, p. 155.
167MATIDIA MINORE, LA BIBLIOTHECA MATIDIANA E IL FORO DI SUESSA
57rovine del sacello in summa cavea del Teatro . Questo gruppo statuario, che è
l’unico sopravvissuto al restauro di epoca Antonina, comprendeva quattro impo-
nenti sculture (alt. circa 3.50 m) in marmo bianco, probabilmente greco, rappresen-
tate assise in trono: due maschili, di cui abbiamo solo alcuni frammenti e due
femminili di cui, invece, restano le due teste ritratto e grossi frammenti della parte
inferiore dei corpi panneggiati.
La prima testa riproduce i lineamenti di Livia Augusta (qlt. 0,80 m.; n. inv.
287037) rappresentata con un volto austero e idealizzato, evidenziato da labbra
sottili, dal naso dritto e dai grandi occhi senza pupille (fig. 11) che fa propendere per 58
un ritratto post-mortem risalente al periodo claudio, forse del tipo Kiel/Salus . La
seconda statua (alt. 0, 80 m.; n. inv. 297039), dovrebbe invece rappresentare Giulia
Drusilla, sorella di Caligola morta e divinizzata nel 38 d.C. (fig. 12). Dopo la morte
di Giulia e dopo quella di Caligola, il ruolo politico della principessa decadde quasi
subito, così come l’uso di copiare le sue immagini, fatto, questo, che potrebbe
restringere la datazione di questo gruppo di sculture e quindi anche quella del
Sacellum in Summa Cavea, alla parte finale degli anni ’30 del I sec. d.C., anche se
Fig. 10. Sessa Aurunca: criptoportico, decorazione a stucco d’età augusteo-tiberiana.
57 Cascella 2012, p. 53 con bibliografia precedente.58 Bartman 1999, p. 145, fig. 116.
168 SERGIO CASCELLA
Fig. 11. Sessa Aurunca. Teatro Romano, sacello in summa cavea: testa di Livia.
Fig. 12. Sessa Aurunca. Teatro Romano, sacello in summa cavea: testa di Giulia Drusilla.
169MATIDIA MINORE, LA BIBLIOTHECA MATIDIANA E IL FORO DI SUESSA
alcuni ritratti di Giulia pare siano
presenti ancora nei primi anni del 59
principato di Claudio .
Sono, invece, da riferirsi agli edifici
del foro o almeno all’area circoscritta
dal criptoportico, i frammenti di alcune
sculture onorarie recuperate dal Maiuri
durante gli scavi del 1926 e pubblicate
per la prima volta da Alfonso De 60
Franciscis . Tra queste spiccano un
torso di marmo bianco, appartenente a
una scultura virile in nudità eroica del
tipo Huftmantel-Typus, databile al
periodo caligoliano (fig. 13) che,
probabilmente, doveva rappresentare
un imperatore o un membro della casa
imperiale, raffigurato stante, col
braccio destro sollevato a reggere
un’asta. Gli altri frammenti appartengono a una statua acefala di togato e a un altro 61
frammento di togato, di cui si conserva la base con la cista .
Accanto a questi reperti, che De Franciscis datò al periodo dei Flavi, ma che 62
forse sono da retrodatare almeno all’impero di Claudio , furono recuperate anche
quattro teste (fig. 14). Il primo ritratto, (fig. 14.A) appartenente ad una statua a
figura intera, rappresenta un notabile locale d’età triumvirale, raffigurato nudo, con 63
il mantello avvolto attorno al braccio sinistro mentre, la seconda testa, fa parte di 64
un busto raffigurante Germanico , figlio di Druso Maggiore e fratello di Tiberio
(fig. 14.C). La terza e quarta testa, più grandi del normale (Alt. 0,32.5 m) dovevano
far parte di due statue alte non meno di 2,5 m che, al pari del suddetto busto di
Germanico, rappresentano altri due personaggi della famiglia di Augusto cioè 65 66
Tiberio (fig. 14.B) e suo figlio Druso Minore (fig. 14.D).
Questi frammenti e soprattutto le ultime tre teste, erano indubbiamente parte di
un gruppo scultorio rappresentante la famiglia di Tiberio che doveva essere
collocato in un importante edificio pubblico o una costruzione dedicata al culto 59 Wood 1995, p. 465.60 De Franciscis 1979, pp. 17-25. 61 Scarpati 2011, pp. 345-368.62 Scarpati 2011, p. 354.63 Scarpati 2011, p. 355.64 Scarpati 2011, p. 364.65 Scarpati 2011, pp. 360-364.66 Scarpati 2011, p. 365.
Fig. 13. Sessa Aurunca, deposito Curia Arcivescovile: torso virile in nudità eroica, inv. 248690.
170 SERGIO CASCELLA
Fig. 14. Sessa Aurunca: teste ritratto. Archivio fotografico Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei, neg. A 119, A 11732.
imperiale, forse proprio l’ipotetico tempio circoscritto
dal Criptoportico che, come detto, proprio in questo
periodo, fu ristrutturato con una nuova decorazione
parietale.
Malauguratamente le teste-ritratto furono trafugate
durante la Seconda Guerra Mondiale dalle truppe
alleate che avanzavano verso nord e per questo sono
state considerate perse per oltre sessanta anni. Ciò
nonostante, recentemente, quella attribuita a Tiberio è
ricomparsa in una collezione privata americana ed è 67
stata esaminata dal Pollini (fig. 15) che, non cono-
scendo la bibliografia precedente e l’effettiva prove-
nienza del reperto, la ritiene proveniente dall’Africa
settentrionale e la attribuisce al tipo VI della sua tipologia, datandola all’ultimo
periodo del successore di Augusto.
3. L’età imperiale
Le sostruzioni settentrionali del Foro
Le sostruzioni settentrionali del foro sono venute in luce in seguito ad uno scavo
di emergenza eseguito nel 2005 da parte della Soprintendenza Archeologica di
Napoli e Caserta nella Proprietà Pietosi. Lo scavo, che ha raggiunto la profondità
massima di 5 m dal piano di calpestio attuale, mostrava una stratigrafia, disturbata
Fig. 15. Sessa Aurunca: ritratto di Tiberio (da Pollini 2005).
67 Pollini 2005, pp. 55-72.
171MATIDIA MINORE, LA BIBLIOTHECA MATIDIANA E IL FORO DI SUESSA
da profondi movimenti di terra effettuati nei decenni passati, costituita da un
deposito della potenza di 2,80 m, formato da macerie edilizie antiche e moderne
miste a scarsi frammenti ceramici rimescolati.
Lo scavo di questo strato di accumulo ha evidenziato almeno tre fasi cronologi-
che: la prima, più antica, è costituita da una parte del muro di cinta del IV sec. a.C.,
realizzato con blocchi di tufo del tutto simili a quelli visibili in altri tratti noti della
cortina muraria. La struttura in blocchi di tufo (lungh. 4 m; alt. 2 m) è disposta
secondo l’asse nord-sud, quindi perpendicolarmente all’andamento del pendio che
è invece est-ovest, giustificando l’ipotesi che essa possa essere parte di un avancor-
po.
La seconda è testimoniata dalla presenza, nel settore sud-est, di un lungo muro
con andamento est-ovest (lungh. 10 m ca; alt. 1 m; spess. 0, 40 m), realizzato in
opus incertum, databile alla fine del II sec. a.C. o al primo venticinquennio del I sec.
a.C. la cui funzione è di difficile comprensione.
Le tracce più consistenti riguardano l’ultima fase, databile alla prima metà del II
sec. d.C. In quest’epoca l’area fu occupata da una costruzione con funzione
sostruttiva e di contenimento realizzata in opus mixtum di reticolato e laterizio
(lungh. 5,10 m ca; alt. 4 m; spess. 2 m) che, lungo il tratto rettilineo, mostra un
paramento in opus vittatum, composto di due specchiature di 1,30 m circa di
altezza, realizzate in blocchetti di tufo (dim. 8 x 20 cm), sovrapposte e intervallate
Fig. 16. Sessa Aurunca: proprietà Pietosi, sostruzioni.
172 SERGIO CASCELLA
da un ricorso di sei mattoni (lateres: lungh. 29 cm; spess. 3 cm) su cui poggia una
fila di bipedales che funge da marcapiano. Un secondo ricorso, uguale al preceden-
te, divide questa zona dalla sovrastante specchiatura in opus reticulatum, realizzata
con cubilia troncopiramidali, ben squadrati, di 7x7 cm, perfettamente messi in
opera mentre, la testata d’angolo, lungo il lato est, è realizzata con ammorsature e
denti di tre blocchetti di tufo.
La struttura, che è costruita contro terra e ha un andamento rettilineo est-ovest, è
probabilmente interrotta da una sequenza di absidi, di cui se n’è portata in luce
soltanto una (largh. 4 m, alt. 5 m, prof. 1,50 m) che, forse doveva formare un prospetto
architettonico di un certo rilievo, visibile anche dalla vallata sottostante (fig. 16).
CONSIDERAZIONI PRELIMINARI SULLO SCAVO DEL COSIDDETTO AERARIUM
I resti del presunto Erario sono visibili nella facciata di Palazzo Tiberio, sito
sull’omonima piazza oggi corrispondente al lato orientale dell’area forense.
Riutilizzati come fondazioni di costruzioni medievali, le strutture di questo
monumento furono prima riconosciute come parte di un complesso termale da 68 69
Tommaso De Masi e da Giuseppe Tommasino e, in seguito, da Mario Pagano ,
come parte dell’Aerarium.
Fig. 17. Sessa Aurunca: Palazzo Tiberio, strutture dell’Aarearium.
68 De Masi 2000, p. 195; Tommasino 1925, pp. 297-322.69 Pagano 1994, appendice 122.
173MATIDIA MINORE, LA BIBLIOTHECA MATIDIANA E IL FORO DI SUESSA
L’edificio era articolato in due parti di cui, quella inferiore, ipogea, è molto ben
conservata a differenza di quella superiore di cui, invece, non conosciamo quasi
nulla. Infatti, all’infuori dei resti incorporati nel suddetto Palazzo Tiberio (fig. 17),
questa parte è sepolta e conglobata nelle costruzioni che delimitano questo lato
della piazza almeno sino alla torre medievale di Transo.
L’analisi che segue avvalora l’ipotesi che i resti al momento visibili possano
essere identificati con un enorme basamento per un edificio o una serie di
costruzioni, ora sepolti sotto i suddetti fabbricati e il piazzale che si apre alle spalle
del Palazzo Tiberio cui si accede da vico S. Benedetto e via Castelluccio.
1. Cenni sulla stratigrafia e sulla dinamica e cronologia dell’interro
Sebbene parzialmente interrato da detriti antichi e moderni, il complesso
archeologico noto come Aerarium è stato visitabile sino a non pochi anni or sono.
Nello specifico, l’ambiente A era stato sgomberato dai sedimenti forse già nel ’700
per cui era interamente praticabile mentre, lo erano solo parzialmente gli ambienti
B e C. Ciò nonostante, al fine di definirne più adeguatamente la funzione e la
cronologia e approfittando dei lavori di sistemazione e valorizzazione della Piazza
Tiberio eseguiti dall’amministrazione comunale nel 2012, s’è deciso di provvedere
allo scavo e alla pulizia completa del monumento.
Il riempimento di macerie e terra che ingombrava questi locali era costituito
essenzialmente da due unità stratigrafiche sovrapposte. Lo strato a contatto con i
piani di calpestio, dello spessore variabile di 30-40 cm, era costituito da un terreno
limaccioso, frutto dell’accumulo di ondate fangose consecutive che si sono
stratificate assumendo il caratteristico aspetto lamellare. Si tratta, evidentemente,
del risultato di numerosi episodi alluvionali, piuttosto traumatici, che in epoca tarda
devono aver colpito questa parte della città, forse già abbandonata e in cui
sicuramente tutte le opere idrauliche di smaltimento delle acque meteoriche non
erano più funzionanti. Scarsissimi sono i frammenti ceramici, peraltro molto
minuti e dilavati, recuperati all’interno del deposito che, indicano come orizzonte
cronologico per la formazione di questo strato, il IV-V sec. d.C.
Questo strato, che è stato intercettato anche nello scavo dei livelli di abbandono
del Teatro Romano, dimostra che durante la fase tardoantica occorse il progressivo
ridimensionamento dell’abitato che andò ammassandosi ai piedi dell’arx. È
evidente che questo fenomeno di contrazione e arroccamento dell’area urbana di
Suessa deve essere connesso a un diffuso peggioramento delle condizioni di vita
susseguente alla fine dell’Impero Romano e al relativo disgregamento della
174 SERGIO CASCELLA
compagine sociale ed economica della città che, probabilmente, culminò con la
guerra greco-gotica, vero momento di rottura tra la tarda antichità e l’alto medio
evo.
Il risultato fu che alla fine di questo periodo, i grandi edifici pubblici della città
romana e i quartieri di abitazione sud-occidentali, non avendo più ragione di essere,
sia per motivi da riconnettere al mutato quadro economico-amministrativo della
città, che per ragioni logistiche, ed essendo esposti ai pericoli d’incursioni nemiche
provenienti dalle grandi arterie stradali che in età imperiale collegavano Suessa alle
città vicine, furono completamente abbandonati.
A questi fatti di natura per così dire storica, si associò un imponente e progressi-
vo fenomeno di deterioramento delle condizioni idrogeologiche cui sono da
riconnettere i vistosi impaludamenti conseguenti sia al disfacimento delle infra-
strutture di drenaggio delle campagne oramai incolte da alcune generazioni, che ad
eventi alluvionali violenti, forse derivanti da temporanei mutamenti delle condizio-70
ni climatiche. Sta di fatto che l’antico percorso dell’Appia , nel tratto Minturnae-71
Sinuessa-Pagus Sarclanus, divenne per questa ragione impraticabile . Ovviamen-
te, questi eventi ebbero come conseguenza che sia Minturnae, che Sinuessa
impaludarono velocemente, fatto che accelerò il processo di abbandono di queste
aree urbane che forse era già in atto.
In questi ultimi anni, la vasta portata di questi e di altri fenomeni naturali si sta
chiarendo grazie anche alla campagna tecnico-scientifica di geomorfologia e
geoarcheologia dei fondali marini effettuata dall’E.N.E.A. lungo il litorale 72
compreso tra il Rio San Limato e la Baia Azzurra nel comune di Mondragone .
In quest’area, infatti, emerge per oltre un centinaio di metri, un tronco viario di
epoca romana che si distacca dal percorso dell’Appia e puntando dritto verso la
spiaggia, improvvisamente s’insabbia sulla riva del mare. La campagna di rilievi
subacquei, che ha come obiettivo la georeferenziazione dei manufatti antropici
sommersi, ha rivelato che numerose evidenze affiorano sino a circa 250 m dalla riva.
Proprio a questa distanza è stato, infatti, trovato un troncone di strada selciata di
epoca romana che il posizionamento GPS, ha rivelato essere perfettamente allineato
con quello suddetto, ancora osservabile a terra nel complesso residenziale di Baia
Azzurra mentre, altri resti sono, invece, identificabili con le pilae di un molo.
Insomma, in un’epoca ancora imprecisata, ma certamente da circoscrivere nel
periodo tardoantico, una parte del porto di Sinuessa, della viabilità e delle strutture
70 Arthur 1991, p. 50; Zannini 2002, pp. 17 ss.71 Ricordiamo, infatti, che nella zona del canale dell’Agnena, a valle del Demanio di Calvi, alcuni
miliari dell’Appia e il relativo basolato, giacciono a circa 6 m. di profondità dall’attuale piano di campagna, cfr. Zannini 2002, p. 61.
72 Ringrazio per queste informazioni i geologi Dott. Carmine Minopoli e Alfredo Trocciola.
175MATIDIA MINORE, LA BIBLIOTHECA MATIDIANA E IL FORO DI SUESSA
annesse, sprofondò a una profondità compresa tra i 3 e i 6 metri e per una lunghezza
di 250 metri al largo dell’attuale linea di costa, in seguito a fenomeni geologici di
subsidenza della piattaforma continentale regionale, ulteriormente accelerati
dall’attivazione di faglie disposte lungo il Massico, di cui si stanno definendo le
caratteristiche.
Naturalmente, tutto ciò ebbe come conseguenza che, per ‘bypassare’ l’area
pedemontana del Monte Massico, restarono in uso sino almeno al XVI secolo, le 73
vie che in epoca imperiale collegavano Minturnae a Suessa . Anzi, il tragitto
Minturno-Sessa-Capua, la cosiddetta Appia II, assunse grande importanza nell’alto
medioevo, fatto, questo, che certamente contribuì all’ininterrotta continuità di vita
di Suessa che fu inserita negli itinerari medievali del Ravennate e del geografo
Guidoni come tappa obbligata per chi da Roma intendeva raggiungere la Terra 74
Santa .
Tornando alla sequenza stratigrafica che interrava il monumento, il secondo
strato di riempimento (fig. 18) sovrapposto al suddetto livello d’abbandono, era
Fig. 18. Sessa Aurunca: Aerarium, riempimento dell’ambiente B.
73 Carafa 1989, pp. 75-84; Johannowsky 1975, p. 15.74 Anonymus Revennas 1860, p. 277; p. 481.
176 SERGIO CASCELLA
costituito da un ammasso incoerente di
materiali edilizi, frutto della demolizione
di porzioni di murature antiche che
furono gettate all’interno degli ambienti
attraverso i lucernai, in un periodo che, in
base ai pochi frammenti ceramici
associati, forse può essere ricondotto
all’XI-XII secolo.
2. La parte superiore dell’edificio
Il settore di muratura romana ricono-75
scibile nella facciata di Palazzo Tiberio
è, infatti, composto di due pareti parallele,
divise da un’intercapedine. Il muro più
esterno (fig. 19.1), che probabilmente
costituiva la parete di fondo di una
costruzione che fronteggiava questo lato
del Foro, è poco visibile, ma ne è certa la presenza per almeno 4-5 m di profondità
rispetto all’attuale piano di calpestio (177,3 m s.l.m.), quindi sino allo spiccato posto
alla quota del lastricato del Foro (173,95 m s.l.m.), e per almeno 15 m di lunghezza.
Questa parete, su cui, alla quota di calpestio antico, si apre l’ingresso alla parte
ipogea del monumento, è molto difficilmente analizzabile giacché ne è visibile solo
una piccola parte che mostra il nucleo cementizio privo del paramento.
A circa 5 m di altezza dallo spiccato, quota che corrisponde all’attuale piano di
calpestio, la parete forma un’intercapedine a malapena visibile nella porzione
lasciata a vista sulla fronte del Palazzo Tiberio. Questo interstizio fu realizzato
sfruttando un altro muro parallelo al primo ma arretrato di circa 0,60-0,70 m (fig.
19.2) costruito in opus testaceum (lateres: lungh. 0,29 m; spess. 0,03 m), con
marcapiani in bipedales.
Tale struttura, conservata per 12 m di lunghezza e 4 m di altezza forma con la
precedente, un canale fognario rivestito di cocciopesto (fig. 20), largo all’incirca 60 76
cm e alto circa 1,20 m . Nel canale, coperto alla cappuccina, confluiscono una serie
Fig. 19. Sessa Aurunca, strutture romane di Palazzo Tiberio: fogna.
75 Sino all’inizio del Novecento, questi resti ricadevano nella proprietà Izzo. Cfr. Tommasino 1925, p. 303.
76 La pendenza del canale doveva convogliare le acque verso settentrione, forse in un collettore che sfociava a valle delle sostruzioni settentrionali del Foro.
177MATIDIA MINORE, LA BIBLIOTHECA MATIDIANA E IL FORO DI SUESSA
77di aperture , costituite da coppi accostati (fig. 19.1), che gettavano nella fogna le
acque drenate nella parte posteriore di questa parte della parete che, evidentemente
è costruita contro terra. Quindi, tutto ciò sembra testimoniare che questo secondo
settore del muro, almeno sino alla quota della fogna, avesse una funzione sostrutti-
va rispetto a qualcosa che lo sovrastava e che, forse, la restante parte dell’elevato,
possa essere identificata con la parte ovest del secondo piano o livello dell’edificio.
Questo distacco tra la prima parte del basamento e questa soprelevazione era
rimarcato da una sorta di gradone (fig. 19.2), visibile nella parte posta sopra la
copertura della fogna, che faceva risaltare la parte superiore del suddetto muro di
contenimento, che oggi costituisce la parte preponderante dei resti visibili nella
facciata di Palazzo Tiberio.
In sostanza, se la nostra analisi dovesse cogliere nel vero, la parte del lato
orientale del Foro oggi occupata dalla Torre di Transo, dal Palazzo Tiberio e
dall’edificio che ospita la filiale dell’Unicredit (fig. 20), doveva essere contraddi-
Fig. 20. Sessa Aurunca: planimetria dell’area del Foro di Suessa.
77 Da ciò che scrive all’inizio del ‘900, sembra di capire che questi resti siano stati interpretati da Tommasino come una vasca annessa alle presunte terme. Cfr. Tommasino 1925, p. 318. Invece, la Valletrisco e prima di lei Johannowsky, identifica questo muro come parte di una grande fontana monumentale. Cfr. Johannowsky 1973, pp. 143 ss.; Valletrisco 1990, pp. 66 ss.
178 SERGIO CASCELLA
Fig
. 21.
Ses
sa A
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ione
A-A
'.
179MATIDIA MINORE, LA BIBLIOTHECA MATIDIANA E IL FORO DI SUESSA
stinto da un grande basamento, lungo
non meno di 50-60 m, costituito da due
blocchi sovrapposti. Il primo, che si
ergeva sul lastricato del foro, per non
meno di 4-5 m e in cui si apriva una serie
di vani ipogei e non, costituiva il fondale
di una struttura avanzata sulla piazza,
forse un portico. Il secondo blocco,
sovrapposto al primo, alto anch’esso dai
4 ai 5 m, fungeva invece da sostruzione a
un edificio o a una serie di costruzioni
variamente articolate che sovrastavano
questo versante della piazza di epoca
romana (fig. 21).
Che anche questo lato del Foro fosse
contrassegnato da edifici monumentali,
terrazzati artificialmente lungo il pendio
naturale, non stupisce, del resto, ancora
oggi, il suddetto piazzale soprastante la
facciata posteriore di Palazzo Tiberio e
gli edifici circostanti, sono posti a una
quota assai più alta (186 m s.l.m.) rispetto a quella della sottostante piazza Tiberio
(173,3 m s.l.m.). Suessa, infatti, essendo stata fondata e costruita con un preciso
intento strategico su un pianoro posto longitudinalmente alle falde del vulcano
Roccamonfina, era caratterizzata da una morfologia accidentata che generò una
viabilità distinta da forti pendenze e salti di quota, probabilmente in parte assorbiti
da insulae contenute da muraglioni raccordati da scalinate, che dové inevitabilmente
condizionare anche l’assetto dei monumenti pubblici.
3. Gli ambienti ipogei del cosiddetto Aerarium:
Corridoio di accesso
Gli ambienti ipogei (fig. 22) sono accessibili tramite una moderna rampa di
scalini che porta all’ingresso antico presumibilmente posto a livello del lastricato
del Foro che, se ciò fosse vero, sarebbe posto a quota 173,95 m s.l.m., quindi a quasi
5 m al di sotto dell’attuale piano di calpestio (177,3 m s.l.m.).
Fig. 23. Sessa Aurunca: Aerarium, corridoio d’accesso all’ambiente A.
181MATIDIA MINORE, LA BIBLIOTHECA MATIDIANA E IL FORO DI SUESSA
L’entrata era costituita da un uscio quadrangolare, largo 1,55 m e alto 1,65 m,
rivestito con blocchi monolitici di pietra, rimossi in epoche successive. Da questo
piccolo vano d’ingresso si diparte un ripido corridoio a pianta rettangolare,
orientato est-ovest (largh. 1,60 m; lung. 5,00 m; largh. 1,55 m), coperto con una
volta a botte e piano di calpestio in cocciopesto (fig. 23) che, dalla quota
dell’ingresso discende con piano inclinato sino a 171,60 s.l.m. dove, tramite due
gradini, immette nell’ambiente A (fig. 24).
Nella prima parte del corridoio, sulla parete meridionale, si apre una sorta
d’ingresso, oggi murato, che forse introduceva a una scala d’accesso a un ambiente
superiore tra cui includiamo sicuramente anche la camera di manovra dell’ingresso
all’ambiente C (vedi infra).
Ambiente A
Il primo ambiente (Lungh. 4,75 m; largh. 3,70 m; alt. 3 m), orientato con l’asse
principale nord-sud, è a pianta rettangolare ed è coperto con una volta a botte (fig.
Fig. 24. Sessa Aurunca: Aerarium, particolare della sezione A-A'.
182 SERGIO CASCELLA
25). La stanza, completamente sterrata in epoche passate, mostra il piano di
calpestio diviso in due settori: il primo, lungo la parete est, forma una sorta di
pianerottolo (largh. 1,60 m.) pavimentato con sesquipedales mentre, sul lato
occidentale, il piano di calpestio in cocciopesto (fig. 26), s’inclina di circa un metro
rispetto a quello circostante formando una piccola rampa (largh. 2,00 m; lungh.
3,20 m.) che conduce all’ingresso dell’ambiente B.
La volta è ricoperta da uno strato d’intonaco bianco molto ben conservato e
aderente al supporto che, in prossimità dell’imposta delle pareti, s’interrompe
poiché queste, pur essendo oggi prive del rivestimento, in antico dovevano essere
ricoperte di lastre di marmo come suggeriscono i resti dello strato di preparazione
presente in più punti dei muri. Le murature sono realizzate in opus mixtum di
reticolato e laterizio, con arco di scarico in bipedali in prossimità dell’ingresso
all’ambiente B (fig. 25).
Ambiente B
Il vano di accesso all’ambiente B, largo 1,30 m., e alto 2,13 m, è costituito da
blocchi monolitici di calcare (fig. 25) che costituiscono la soglia d’ingresso, con
fori per i cardini di una porta (lungh. 1,75 m.; largh. 0,75 m), i due stipiti laterali
(largh. 0,46 m; lungh. 1,00 m) e l’architrave (lungh. 1,75 m; largh 1,10 m; spess.
0,50 m).
Fig. 25. Sessa Aurunca: Aerarium, ambiente A.
183MATIDIA MINORE, LA BIBLIOTHECA MATIDIANA E IL FORO DI SUESSA
Dal vano d’ingresso si diparte un piccolo passaggio (largh. 1,50 m; lungh. 2,50
m), una sorta di anticamera che, tramite un’altra entrata i cui stipiti sono costituiti
dalle stesse murature perimetrali dell’ambiente sormontati da una piattabanda di
bipedales (fig. 27), dà accesso all’interno dell’ambiente B.
L’ambiente B, che è posto a circa 1 m (170,5 m s.l.m.) più in basso rispetto al
precedente (fig. 28), mostra una pianta rettangolare (lungh. 12,30 m; alt. 4,40 m;
largh 4,80 m) orientata nord-sud, ed è coperto con una volta a botte, rivestita
d’intonaco bianco, che lungo il lato sud è squarciata da una breccia praticata in
epoca post medievale, da cui furono scaricati macerie e rifiuti di ogni genere. Altre
aperture sono invece costituite da due lucernai a gola di lupo che rischiaravano e
areavano l’ambiente in epoca antica. Il primo, più piccolo, è posto nella lunetta
della volta, lungo la parete nord mentre, il secondo, più grande, è situato nella volta,
lungo la parete ovest (fig. 29). È chiaro che il primo lucernaio doveva captare poca
luce, forse dalle suddette scale o da un ipotetico piano superiore mentre, il lucernaio
più grande si apriva sulla facciata dell’edificio rivolta sul Foro e per questo era
essenzialmente sfruttato per inondare di luce questo locale e il contiguo ambiente
C, giacché esso è collocato proprio di fronte l’ingresso di quest’ultimo ambiente.
Anche in questo caso, le murature sono realizzate in opus mixtum di
reticolato e laterizio, con arco di scarico in bipedali nell’angolo tra la parete ovest e
quella settentrionale (fig. 30).
Fig. 26. Sessa Aurunca: Aerarium, ambiente A. Pavimentazione.
184 SERGIO CASCELLA
Fig. 27. Sessa Aurunca: Aerarium, ambiente B. Parete nord.
Fig. 28. Sessa Aurunca: Aerarium,sezione B-B'.
185MATIDIA MINORE, LA BIBLIOTHECA MATIDIANA E IL FORO DI SUESSA
Fig. 29. Sessa Aurunca: Aerarium, ambiente B. Parete ovest.
Fig. 30. Sessa Aurunca: Aerarium, ambiente B. Parete ovest, particolare della preparazione del rivestimento marmoreo.
186 SERGIO CASCELLA
I rivestimenti parietali dell’ambiente B
Durante lo scavo ci si è reso subito conto che le strutture murarie dell’ambiente
conservavano ampi tratti dello strato di preparazione per un rivestimento marmo-
reo, oggi completamente scomparso. Lo strato preparatorio, spesso 3-4 cm, è
composto di un’ottima malta cementizia in cui compaiono a distanze regolari i fori
e i tasselli di marmo, utilizzati come piano di orizzontamento e per fissare le grappe 78
di bronzo che reggevano le lastre .
La disposizione dei fori delle grappe e le impronte stesse lasciate dalle lastre di
marmo, hanno permesso di capire quale fosse la sintassi decorativa di questo
rivestimento parietale (figg. 30-31). Partendo dall’alto verso il basso, la partizione
comprendeva una cornice o fascia superiore, di circa 35 cm di altezza; al disotto
erano disposte una serie di lastre rettangolari, accostate per i lati lunghi, alte circa
1,70 m e larghe 0,88 m. Tali lastre poggiavano su predella inferiore, alta circa 0,55
m; chiudeva in basso una zoccolatura alta circa 0,30 m.
Circa i tipi di marmo utilizzati, non abbiamo alcun indizio, ma è verosimile che
siano stati adoperati diversi tipi di marmi bianchi o comunque a fondo chiaro, forse
Fig. 31. Sessa Aurunca: Aerarium, ambiente B. Pareti ovest e nord, particolare della preparazione del rivestimento marmoreo.
78 Tali tracce sono state interpretate dal Pagano come i fori per una serie di scaffalature di legno utilizzate per la conservazione in quest’ambiente di documenti. Cfr. Pagano 1994, Appendice 122.
187MATIDIA MINORE, LA BIBLIOTHECA MATIDIANA E IL FORO DI SUESSA
variamente screziati, più adatti a riflettere la luce che rischiarava gli ambienti.
Ovviamente, la suddivisione tra le varie parti doveva essere rimarcata da torelli e
lastrine di colore diverso.
La pavimentazione dell’ambiente B
È molto probabile che anche la pavimentazione fosse rivestita di lastre marmo-
ree, come si deduce dai resti dello strato preparatorio conservato negli angoli delle
pareti. Purtroppo, in questo caso, non è possibile ricostruire nemmeno quale fosse
la forma e la disposizione delle lastre poiché, posteriormente alla spoliazione,
questo strato preparatorio fu demolito completamente per accedere alla sotto
pavimentazione che era formata da sequipedales che, a loro volta, furono asportati
lasciandone solo alcuni nelle parti angolari (fig. 32).
Cronologia della spoliazione
Quando avvenne, la spoliazione dei rivestimenti parietali e pavimentali è
difficile dirlo. Certamente quando si depositò sia lo strato di abbandono, che quello
Fig. 32. Sessa Aurunca: Aerarium, ambiente B. Pavimentazione.
188 SERGIO CASCELLA
medievale i rivestimenti già erano stati asportati poiché entrambi questi livelli
coprono le pareti e la pavimentazione già prive dei rivestimenti. È dunque ovvio
che la spoliazione delle decorazioni marmoree debba essere avvenuta prima
dell’abbandono dell’edificio, quindi tra il IV e il V sec. d.C.
Ambiente C
Al centro della parete est dell’ambiente B si apre l’ingresso all’ambiente C (fig.
33). Questo varco è un interessante esempio d’ingresso a saracinesca costituito da
un’apertura larga 1,10 m e alta circa 3,50 m, foderata da giganteschi stipiti monoli-
tici in pietra calcarea alti 2,50 m e larghi 1,17 m. Questi stipiti poggiavano su due
blocchi accostati al centro, spessi 0,80 m e profondi 1,17 m che costituivano la
soglia e la separazione tra i due ambienti. Sugli stipiti era infine appoggiato
l’architrave, di circa 1 m di spessore, che purtroppo non è stato rinvenuto poiché fu
divelto durante le suddette fasi di spoliazione.
Lungo tutta l’altezza degli stipiti e nella soglia d’ingresso, vi sono delle guide, o
binari, a sezione quadrangolare di 0,25 x 0,25 (fig. 34) corrispondenti a un uguale
taglio eseguito nel nucleo della volta e che quindi doveva essere presente anche nel
blocco che costituiva l’architrave. Questa fessura era adoperata per lo scorrimento
verticale di una grata o saracinesca metallica, cataracta, alta quanto l’ingresso,
Fig. 33. Sessa Aurunca: Aerarium, ambiente B. Veduta generale.
189MATIDIA MINORE, LA BIBLIOTHECA MATIDIANA E IL FORO DI SUESSA
cioè 3,50 m. Tale saracinesca era manovrata
da un ambiente posto al piano superiore (fig.
35) che logicamente doveva avere un’altezza
almeno pari alla grata metallica, quindi 3,50
m e oltre.
L’ambiente C ha una pianta trilobata (fig.
22) con braccia di uguale larghezza, 2,95 m,
e lunghezza, 5,00 m, mentre l’altezza è di
4,40 m, lungo i bracci nord e sud e di 5,30 m,
lungo il braccio est-ovest (fig. 35). I tre
bracci dell’ambiente C terminano con delle
absidi coperte con semicupole che si
raccordano alle volte a botte che, nel punto
d’incrocio, generano una volta a semicrocie-
ra (fig. 36).
I tre bracci sono rischiarati da tre lucernai
a gola di lupo, due posti nelle semicupole
delle absidi nord e sud, mentre lungo il
braccio est-ovest, il lucernaio e collocato nel
punto d’incrocio tra le tre volte di copertura dell’ambiente C.
Infine, anche in questo caso, le murature perimetrali sono realizzate in opus
mixtum di reticolato e laterizio.
I rivestimenti parietali dell’ambiente C
Come nell’ambiente precedente le volte sono ricoperte da uno spesso
strato d’intonaco bianco che s’interrompe all’imposta delle coperture. Infatti,
anche le pareti dell’ambiente C mostrano ampi tratti dello stato preparatorio per
una decorazione in lastre di marmo che, oggi, è completamente scomparsa.
Le impronte lasciate dalle lastre divelte restituiscono però una sintassi
decorativa leggermente diversa rispetto all’ambiente precedente. Nell’abside del
braccio settentrionale lo strato di preparazione mostra le impronte di una cornice
alta non più di 18-20 cm che marca la separazione tra volte e pareti (fig. 37).
Sotto questa cornice s’impostava una doppia serie di lastre rettangolari,
sovrapposte e accostate per i lati lunghi, più piccole di quelle presenti
nell’ambiente B (largh. 0,50 m; lungh. 1 m circa), poiché dovevano adattarsi a un
ambiente caratterizzato dalle curvature delle absidi.
Fig. 34. Sessa Aurunca: Aerarium, ambiente B, ingresso ambiente C.
190 SERGIO CASCELLA
Fig. 35. Sessa Aurunca: Aerarium, ambiente B-C. Sezione D-D'.
Come attestano le impronte conservate nell’abside meridionale, questa
partizione mediana della parete (alt. 2 m circa) poggiava su una predella (fig. 38)
formata da una serie di lastre (alt. 0,28-0,30 m circa), forse rettangolari, lungo le
parti rettilinee dell’ambiente e quadrangolari nelle porzioni curve, disposte per il
lato lungo, sotto di cui si disponeva un’alta zoccolatura formata da lastre rettango-
lari (largh. 0,30 m; alt. 1 m circa), accostate per il lato lungo, che giungevano sino
alla pavimentazione.
Evidenti sono i segni e i fori lasciati dalle grappe metalliche per il fissaggio delle
lastre alla parete, ma purtroppo anche in questo caso, non abbiamo alcun indizio per
risalire a che tipo di marmo potesse essere stato utilizzato, è però verosimile che
191MATIDIA MINORE, LA BIBLIOTHECA MATIDIANA E IL FORO DI SUESSA
Fig. 37. Sessa Aurunca: Aerarium, ambiente C. Abside nord, tracce del rivestimento marmoreo.
Fig. 36. Sessa Aurunca: Aerarium, ambiente C. Braccio nord-sud.
192 SERGIO CASCELLA
Fig. 39. Sessa Aurunca: Aerarium, ambiente C. Pavimentazione.
Fig. 38. Sessa Aurunca: Aerarium, ambiente C. Abside sud, tracce del rivestimento marmoreo.
193MATIDIA MINORE, LA BIBLIOTHECA MATIDIANA E IL FORO DI SUESSA
anche in quest’ambiente, per una questione di luminosità, siano stati adoperati vari
tipi di marmi bianchi o a fondo chiaro.
La pavimentazione dell’ambiente C
Come nell’ambiente precedente l’intera pavimentazione di marmo e il relativo
strato preparatorio, sono stati divelti e demoliti, così come la sotto pavimentazione
in sesquipedales e bipedales, anch’essi spoliati (fig. 39). Pertanto, sebbene
s’intuisca la presenza di una pavimentazione marmorea, non è in alcun modo
possibile ricostruirne il disegno e il tipo.
Infine, riguardo alla cronologia di spoliazione di questi rivestimenti, valgono le
osservazioni stratigrafiche e cronologiche rilevate per l’ambiente contiguo.
4. Le strutture murarie dell’Aerarium: tipologia e confronti
Osservando le pareti dell’edificio due dati subito balzano all’occhio: il primo è
che l’intera costruzione è stata realizzata in un’unica soluzione e pare non abbia
Fig. 40. Sessa Aurunca: Aerarium, ambiente C. Parete braccio nord-sud, particolare tecnica edilizia.
194 SERGIO CASCELLA
avuto rifacimenti nel corso dei secoli, com’è ricavabile dal fatto che i muri non
mostrano rimaneggiamenti o rappezzi. Il secondo dato è costituito dalla grande
maestria con cui sono state costruite le strutture murarie, realizzate certamente da
maestranze di prima qualità che hanno utilizzato materiali di prima scelta. La
grande perizia nel fabbricare queste strutture, è resa ancor più evidente nella
composizione e nel taglio degli elementi costitutivi le specchiature in reticolato
poste lungo i lati curvi delle absidi nord e sud dell’ambiente C (figg. 37, 40).
La tecnica costruttiva applicata è l’opus mixtum di reticolato e laterizio (fig. 40).
Iniziando dal piano di calpestio, la tessitura del paramento, particolarmente apprez-
zabile negli ambienti B e C, mostra una prima fascia di undici mattoni (lateres: Spess.
0,03 m; lungh. 0,29 m) dal colore rosso vivo, di ottima fattura, su cui è posta una fila 79
di bipedales che funge da marcapiano . Su questa prima fascia s’impostano due
specchiature di reticolato sovrapposte, formate da cubilia (fig. 40) realizzati in tufo
cavato presso Roccamonfina, ben squadrati (modulo: 0,08 x 0,08 m) e accostati in
filari caratterizzati da giunti regolari. Le due specchiature in reticolato, alte 1 m,
mostrano ammorsature con denti e rientranze costituiti da sei mattoni (spessore e
aggetto di circa 0,30-0,34 m). La catena di mattoni che divide le due specchiature è
anch’essa formata da sei lateres posti, però, sopra una fila di bipedali che funge da
marcapiano. Infine, in entrambi gli ambienti B e C, le specchiature in reticolato sono
ampie quanto l’intera parete e non mostrano suddivisioni longitudinali (fig. 29).
Le uniche variazioni nella tessitura e nella composizione dei paramenti
murari sono riscontrabili nei punti ove l’edificio probabilmente non confinava con
altri ambienti interrati, ma con la nuda roccia e allora si è preferito usare il
paramento in laterizio a parete piena come spesso accadeva per arginare in qualche
modo la diffusione dell’umidità naturale. Quest’espediente è stato adottato nel
braccio nord-sud dell’ambiente C (fig. 41) ove le pareti sono tutte costruite in opus
testaceum. Nello specifico la tessitura di questa parte del paramento, partendo dal
basso, si compone di una fila di bipedali sulla quale stanno due moduli (alt. 1,50 m
circa), rispettivamente di ventinove e ventotto file di mattoni, con letti di malta di 80
0,01 m, interrotte da un marcapiano costituito da una fila di bipedali mentre, sette
filari di mattoni separano la sommità delle pareti dall’imposta della volta.
79 La malta adoperata per legare mattoni e tufelli, è di colore grigio chiaro, molto dura, depurata e ben lisciata in superficie. I letti di malta hanno uno spessore costante di 0,01 m, fatto, questo, che insieme al perfetto taglio di mattoni e tufelli, crea giunti continui e regolari.
80 L’uso di un ricorso di bipedali ogni 1,50 m nella composizione dei paramenti murari è un fatto che si riscontra in molti monumenti coevi o anche leggermente più tardi, come è possibile vedere nelle pilae del cosiddetto Ponte Ronaco a Sessa Aurunca e nelle murature d’età severiana del Teatro Romano di Teano, cfr. Balasco 2011, p. 79. L’interpretazione di questo dato è, invece, più difficile. Si potrebbe, infatti, ipotizzare che si possa trattare oltre che di un semplice espediente tecnico per verificare periodicamente i piani di orizzontamento, anche della traccia di un’intera giornata di lavoro che si concludeva con la posa di un marcapiano.
195MATIDIA MINORE, LA BIBLIOTHECA MATIDIANA E IL FORO DI SUESSA
Per quanto riguarda la datazione,
generalmente, questo tipo di opera 81
mista è usata in Campania in un
arco di tempo abbastanza ampio che
va dalla tarda età flavia sino alla
metà del II sec. d.C. Purtroppo,
anche in questo caso, valgono i limiti
imposti dalla sola analisi autoptica
per cui, attribuire una datazione
precisa alle murature antiche e
un’impresa che spesso può risultare
fallace. Sarebbe, infatti, auspicabile
il campionamento delle malte per
una datazione al radiocarbonio col
metodo Cryo2SoniC, che tende a
isolare la frazione carbonatica della
malta, applicato recentemente
durante l’indagine archeologica
effettuata nella cripta di S. Felice
Vescovo e Martire a Nola e che pare 82
abbia dato ottimi risultati . Tuttavia,
alcuni elementi certi, riscontrabili in ambito sessano, possono senza dubbio fornire
dati più precisi per circoscrivere l’ambito cronologico di questa tecnica muraria.
Le strutture dell’erario sono del tutto simili, nella tecnica e nella messa in opera
degli elementi costitutivi, a quelle sicuramente fatte costruire da Matidia Minore
nel periodo Antonino durante le ristrutturazioni del Teatro, in specialmodo per ciò
che concerne la messa in opera dell’opus testaceum e dell’opus mixtum delle due
basiliche laterali alla scaenae frons. Identica, infatti, è la disposizione dei mattoni,
dei letti di malta e il taglio dei cubilia del reticolato adoperati anche qui in specchia-
ture con ammorsature in mattoni, ampie quanto tutta la lunghezza delle pareti. Non
si riscontra nelle strutture fatte costruire da Matidia Minore l’uso di ammorsature di
tufelli rettangolari o in vittato misto che, invece, pure compaiono nelle murature del
periodo Antonino, come quelle che sono possibile vedere nello Stadio di Antonino
a Pozzuoli. Chiari riscontri nella messa in opera dell’opus testaceum si hanno
anche con i pilastri del cosiddetto Ponte Ronaco, databile allo stesso periodo
Fig. 41. Sessa Aurunca: Aerarium, ambiente C. Abside est.
81 Lugli 1957, pp. 521 ss.; Adam 1988, pp. 151 ss.82 Comunicazione tenutasi l’11-07-2013 Sulle datazioni radiocarboniche su murature della
Cripta di San Felice vescovo e martire e altri contesti monumentali del territorio nolano, a cura di I. Passariello et al., Convegno La Cripta di S. Felice, Vescovo e Martire, nell’Insula Episcopalis di Nola.
196 SERGIO CASCELLA
mentre, allargando lo sguardo
all’ambito campano, le strutture
dell’Aerarium trovano dei confronti
con alcune parti del settore di Venere 83
nelle terme baiane datate, solita-
mente a età adrianea.
Contrariamente, minori aderenze
si hanno con le strutture presenti
nella cosiddetta villa di Matidia sita
nel comune di Monte Porzio Cato-84
ne , dove le strutture in opera mista
presentano ammorsature con
blocchetti di tufo che a Suessa sono
presenti nelle sostruzioni settentrio-
nali del Foro (proprietà Pietosi) e in
quelle dell’Arce visibili lungo via
XXI Luglio.
Pertanto, tenendo conto di questi
dati e considerando anche il fatto che
l’opus testaceum a parete piena fu
sistematicamente adoperata in
complessi pubblici campani datati 85
all’età Severiana, come dimostrano i rifacimenti del Teatro di Teano , tenderemmo
a datare il complesso suessano dell’erario alla tarda età Adrianea o Antonina.
5. L’impianto fognario e altre considerazioni sull’elevato dell’edificio
Una grossa breccia praticata probabilmente in età medievale nell’abside del
braccio sud dell’ambiente C, dà oggi accesso a una fogna (figg. 20;22;35), che
descrive una pianta a L ed è costituita da un condotto a sezione rettangolare (largh.
0,50 m; alt. 2,00 m), coperto da sesquipedales disposti alla cappuccina (fig. 43).
Il tratto nord-sud sembra passare sotto il lato est dell’erario, precisamente
inferiormente al piano di calpestio del braccio est-ovest dell’ambiente C. È dunque
probabile che questo scarico raccogliesse sia le acque reflue provenienti dal piano
superiore dell’erario, che quelle provenienti dalle altre pertinenze a esso connesse.
83 Lugli 1957, pp. 521-522; Adam 1988, pp. 151-156.84 Bonanno - Ghini 2003, p. 181. 85 Balasco 2011, p. 79.
Fig. 42. Sessa Aurunca: Aerarium, ambiente C. Particolare della volta.
197MATIDIA MINORE, LA BIBLIOTHECA MATIDIANA E IL FORO DI SUESSA
Superato l’ingombro dell’ambiente C
e B, la fogna, mantenendo una discreta
pendenza, piega ad angolo retto puntando
dritto in direzione ovest. Superato
l’ambiente B, il condotto, ora ostruito da
un notevole interro, mostra uno sbarra-
mento trasversale in opera laterizia e il
sottostante accesso a un altro condotto
della medesima forma, dimensione e
direttrice che, però, è posto a una quota
sensibilmente inferiore, forse oltre 1 m,
rispetto al precedente.
È evidente che quest’espediente fu
utilizzato per abbassare progressivamen-
te la pendenza dello scavo in galleria e
della fogna stessa per mezzo della
realizzazione di una struttura gradonata
che, forse, non si rifletteva in un’analoga
strutturazione della pavimentazione del
condotto. Infine, una volta superato
l’erario, è probabile che la fogna si
riconnettesse a una cloaca che intercettava le acque reflue dell’area forense.
La planimetria e l’andamento del sistema fognario, la citata camera di manovra
della porta a saracinesca posta sopra l’ambiente C, i due grossi archi di scarico
realizzati in bipedali presenti nell’ambiente A e B, sono indizi inequivocabili della
presenza di un secondo piano come, tra l’altro testimoniano le strutture conservate
fuori terra e il notevole spessore delle pareti che ammonta a circa 1,50 m negli
ambienti A e B e addirittura 2,00 m nell’ambiente C.
Oltre a tutto ciò, l’ingombro del secondo livello dell’erario si evince anche dalla
disposizione dei lucernai: come detto, il più grande di questi, posto lungo la parete
sud dell’ambiente B, prospettava direttamente sulla piazza forense. Quello sulla
parete settentrionale dello stesso ambiente affacciava, invece, sulla rampa di scale
che conduceva al piano superiore mentre, quello meridionale dava sulla facciata
sud dell’edificio.
Le due bocche di luce poste nelle absidi nord e sud dell’ambiente C davano
anch’esse all’esterno, forse lungo i fianchi dell’edificio mentre, giacché la volta del
braccio nord-sud dello stesso ambiente è leggermente più alta delle altre, il
lucernaio è posto nella lunetta ove s’incrociano le volte (fig. 42), affacciando
probabilmente nel locale ove si manovrava la cataratta metallica.
Fig. 43. Sessa Aurunca: Aerarium, ambiente C. Fogna.
198 SERGIO CASCELLA
6. I reperti marmorei
Durante lo scavo dell’US 2 che, come detto, costituiva il riempimento con cui in
epoca medievale fu obliterata la parte ipogea del monumento, sono stati recuperati
complessivamente 330 reperti marmorei così suddivisi:
Si tratta in sostanza di schegge sfuggite all’imponente opera di spoliazione delle
decorazioni architettoniche e scultoree eseguita su ciò che ancora emergeva nel XII
secolo del livello superiore del monumento in oggetto.
Rivestimenti parietali
Per ciò che riguarda i rivestimenti sono stati recuperati duecentododici fram-
menti di lastre di rivestimento riconoscibili dal limitato spessore (in media 0,1 m),
dai segni delle grappe metalliche e dai resti di malta sulla superficie che andava a
contatto con lo strato preparatorio. A questi si devono aggiungere una grande
quantità di schegge infinitesimali che ovviamente non sono state censite. Oltre ai
consueti marmi bianchi, segnaliamo la presenza di lastre di marmo cipollino
(Marmor Caristium) e di giallo antico (Marmor Numidicum) mentre, tranne che
per un frammento di lastrina in porfido rosso egiziano (Porphyrites), mancano del
tutto le crustae dei sectilia e le lastre pertinenti ai rivestimenti pavimentali che,
evidentemente, non dovevano essere disponibili.
Decorazioni architettoniche
Riguardo alle decorazioni architettoniche, i frammenti recuperati ammontano a
ventitré. Si tratta, sostanzialmente, di alcuni pezzetti di capitelli corinzi (volute,
fiori di abaco e foglie) ridotti ai minimi termini, e per questo inquadrabili generica-
199MATIDIA MINORE, LA BIBLIOTHECA MATIDIANA E IL FORO DI SUESSA
mente ai primi due secoli dell’impero e di modanature pertinenti a cornici di grosse
dimensioni, realizzate in marmo bianco Lunense, forse in Pentelico e sicuramente
in Proconnesio (Marmor Proconnesium), anch’esse ridotte a poco più di schegge.
Maggiormente conservati, invece, sono cinque frammenti di colonne di cui, quattro
riconducibili a uno stesso fusto scanalato in Giallo Antico (fig. 44) che, in base al
diametro ricavabile da uno dei frammenti pertinenti all’imo scapo (0,60 m circa),
era alto tra i 4 e i 5 m e uno a un fusto liscio di marmo Pavonazzetto (Marmor
Phrygium).
Iscrizioni
86Per quel che concerne le iscrizioni, sono stati recuperati cinque frammenti ,
molto omogenei sia per il tipo di marmo adoperato, che per la redazione del testo.
Visto il contesto di rinvenimento e il contenuto di questi frammenti epigrafici, è
molto probabile che essi siano ciò che resta di un ciclo d’iscrizioni eseguito in
onore della famiglia di Matidia Minore.
1 - Frammento di lastra di marmo bianco lunense, appartenente all’angolo
superiore sinistro di un’iscrizione di cui si legge: DIV[…]/[…]: (lungh.
0,20 m; spess. 0,1.5 m; alt. 0,11 m; alt. lettere 0,7.5 m, tranne la I che è alta,
0,9 m). Datazione: II sec. d.C. (fig. 45).
Si tratta, verosimilmente di un imperatore, Adriano (?) o Antonino Pio (?),
oppure di una principessa divinizzata della casata Antonina, ad esempio Salonia
Matidia, madre di Matidia Minore o anche Sabina.
2 - Frammento di lastra di marmo bianco lunense, ricomposta da due pezzi
combacianti, appartenente all’angolo superiore sinistro di un’iscrizione, di
cui si legge: VIB[…]: (lungh. 0,20 m circa; spess. 0,1.5 m; alt. 0,14 m; alt.
lettere 0,7.5 m). Datazione: II sec. d.C. (fig. 46).
Trattandosi di un frammento d’iscrizione onoraria, proveniente con ogni
probabilità dalla parte superiore dell’edificio che prospettava sul Foro di Suessa,
l’ipotesi più probabile è quella che tale frammento appartenga a una dedica a Vibia
Sabina, moglie di Adriano e figlia di Salonia Matidia. In tal caso, questo frammento
si dovrebbe datare ancora sotto Adriano, prima cioè che Sabina assumesse il titolo
di Augusta e prima della sua morte, avvenuta nel 137 d.C., quando Sabina divenne
86 Ringrazio Giuseppe Camodeca per tutti i consigli e le indicazioni che mi ha voluto dare.
200 SERGIO CASCELLA
Fig. 44. Sessa Aurunca: Aerarium, frammenti di colonna in Giallo Antico.
Fig. 45. Sessa Aurunca: Aerarium, frammento epigrafico n. 1.
Fig. 45. Sessa Aurunca: Aerarium, frammento epigrafico n. 2.
201MATIDIA MINORE, LA BIBLIOTHECA MATIDIANA E IL FORO DI SUESSA
Diva Sabina. Non si può, però escludere che si tratti di Vibia Aurelia Sabina, figlia
dell’imperatore Marco Aurelio, nata verso il 170 d.C., che pure aveva interessi a
Suessa (CIL X, 4763) poiché, con la morte di Matidia Minore, le proprietà sessane
di questo importantissimo personaggio, confluirono nel patrimonio
dell’imperatore Marco Aurelio e di sua figlia.
3 - Frammento di lastra di marmo bianco lunense, appartenente all’angolo
superiore destro dell’iscrizione: […]NA. (Lungh. 0,16 m; spess. 0,1.5 m;
alt. 0,12 m; alt. lettere 0,7.5 m). Datazione: II sec. d.C.
4 - Frammento di lastra di marmo bianco lunense: […]M[…], (Lungh. 0,12 m;
spess. 0,1.8 m; alt. 0,14.5 m. alt. lettere 0,7.7 m). Datazione: II sec. d.C.
5 - Frammento di lastra di marmo bianco lunense. Si tratta dell’angolo inferiore
sinistro di un’iscrizione recuperata nel 1925 negli ambienti ipogei di quelle 87
che allora si credevano terme: […….]/MIN(d)[…] . (Dimensioni non
calcolabili). Datazione: II sec. d.C.
È chiaro che il personaggio di quest’ultimo frammento è un Mindius o una
Mindia della famiglia paterna di Matidia Minore. Rammentiamo, infatti, che 88
Matidia Minore nacque a Roma intorno all’80 d.C., forse dal primo matrimonio 89
che la madre Salonia Matidia ebbe con il senatore L. Mindius nel qual caso,
dovremmo parlare di Mindia Matidia. Infatti, nelle iscrizioni a lei riferibili il
gentilizio Vibia, che caratterizza la titolatura della sorella Sabina, figlia del console
Lucio Vibio Sabino, non compare mai.
Decorazioni scultoree
Circa novanta frammenti appartengono a sculture di marmo bianco che è
possibile dividere in due tipi. Due frammenti appartengono a una o più statue
onorarie, le cui proporzioni dovevano essere vicine a quelle naturali o di poco
superiori. Il primo (fig. 47) appartiene a un braccio ricoperto dal panneggio mentre,
il secondo, alla base con i resti delle dita di un piede, forse femminile (fig. 48).
87 Tommasino 1925, p. 319, tav. XXV. “Tra questi rottami … raccogliemmo moltissime qualità di marmi policromi da pavimentazione, da vasche e statue…”. L’autore riporta solo le lettere MIN…, ma dalla foto è forse possibile vedere la parte iniziale di una D.
88 Ricordiamo che il cognomen Matidia deriva da quello del nonno C. Salonius Matidius Patruinus, sposo di Marciana, sorella di Traiano e madre di Matidia Maggiore.
89 Hemelrijk 1999, p. 301, nota 100; Mari 2004, pp. 27-28; Reggiani 2007, p. 25. Sugli antenati di Matidia Minore, cfr. Chausson 2006, p. 79; p. 89.
202 SERGIO CASCELLA
Fig. 47. Sessa Aurunca: Aerarium. Frammento di scultura, braccio statua di grandi dimensioni.
Fig. 48. Sessa Aurunca: Aerarium. Frammento di scultura, piede statua di grandi dimensioni.
Fig. 49. Sessa Aurunca: Aerarium. Frammento di sculture, mani statue a grandezza naturale.
203MATIDIA MINORE, LA BIBLIOTHECA MATIDIANA E IL FORO DI SUESSA
Fig. 50. Sessa Aurunca: Aerarium. Frammento di sculture, piedi e mani statue a grandezza naturale.
Fig. 51. Sessa Aurunca: Aerarium. Frammento di scultura, gamba virile di statua di piccole dimensioni.
Fig. 52. Sessa Aurunca: Aerarium. Frammento di scultura, addome virile di statua di piccole dimensioni.
204 SERGIO CASCELLA
La maggior parte dei frammenti si riferisce, invece, a sculture di piccole
dimensioni a carattere, probabilmente decorativo, di cui, purtroppo, ci resta solo
una discreta quantità di frammenti che si riferiscono a mani, braccia, gambe (figg.
49-51) addomi, glutei e spalle (figg. 52-54). Tutti questi brandelli di sculture sono
caratterizzati dall’uso di un marmo bianco a piccoli cristalli e dalle superfici
accuratamente polite, in cui la resa pittorica delle masse muscolari è particolarmen-
te pregevole, fatto, questo che è indubbiamente espressione del lavoro di botteghe
di un certo rilievo. Tuttavia, lo stato di conservazione e frammentazione non
consente di azzardare alcuna plausibile interpretazione iconografica per questi
frammenti per i quali si propone una datazione generica ai primi due secoli
dell’impero.
Fig. 53. Sessa Aurunca: Aerarium. Frammento di scultura, terga virili di statua di piccole dimensioni.
Fig. 54. Sessa Aurunca: Aerarium. Frammento di scultura, spalle di torso virile di piccole dimensioni.
205MATIDIA MINORE, LA BIBLIOTHECA MATIDIANA E IL FORO DI SUESSA
Un ritratto frammentario di Matidia Minore?
La nostra attenzione, invece, è stata attirata da un frammento di testa femminile
(fig. 55) a grandezza naturale, contraddistinta da una capigliatura che forma una 90
fascia intorno alla testa, una sorta di turbante (Turbanfrisur) , caratterizzata da tre
fasce ondulate, che trova confronto nella testa ritratto di Matidia Minore prove-91
niente dal Teatro Romano di Sessa Aurunca (fig. 56), ma ancor di più nei ritratti di 92 93
Matidia da Villa Adriana , dal Metropolitan Museum of Art di New York e dal 94
Museo Nazionale di Varsavia .
Inoltre, la parte superiore della calotta cranica mostra una parte della capigliatu-
ra, composta di una crocchia che forma tre trecce (fig. 57). Si noti come le trecce dal
lato sinistro della testa s’incrociano con le trecce del lato destro appena sopra
l’orecchio destro. Questa è una caratteristica distintiva che trova anch’essa un 95
confronto preciso nei suddetti ritratti di Matidia , meno in quelli provenienti dal
Teatro Romano di Sessa Aurunca che, per quanto riguarda la parte superiore delle
teste, non sono molto dettagliati, come del resto era logico aspettarsi per sculture di
grandi dimensioni che erano inserite nella magniloquente architettura monumenta-
le della Scaenae Frons del Teatro, fatto, questo, che inevitabilmente rendeva alcuni
particolari invisibili e quindi inutili da riprodurre.
A nostro parere è chiaro ed evidente che ci troviamo di fronte al frammento di un
altro ritratto di Matidia Minore, per la precisione il settimo. La presenza di ritratti di
Matidia Minore a Suessa è testimoniata oltre che dalla magnifica statua bicolore
proveniente dal Teatro romano, anche da un altro ritratto e forse dai resti di una
seconda statua bicroma, di minori proporzioni, entrambi provenienti da questo 96
stesso monumento .
Certamente Matidia Minore non fu onorata soltanto con queste immagini
provenienti dal teatro e dall’Aerarium di Suessa; viste, infatti, le attestazioni della
sua attività evergetica a Sinuessa e a Minturnae, lo fu probabilmente anche in 97
entrambi questi due siti .
90 Per uno sguardo generale sull’evoluzione di questo tipo di capigliatura e sulla relativa bibliogra-fia, cfr. Ambrogi 2009, pp. 410-411, note 38-48.
91 Cascella 2002, pp. 71-73; Valeri, Zevi 2004, pp. 130-131.92 Reggiani 2004, pp. 104-106.93 Baratte 1984, p. 303, n. 58, fig. 5-7, nota 7 per bibliografia precedente.94 Baratte 1984, p. 301, fig. 9-11, nota 6 per bibliografia precedente.95 Reggiani 2004, p. 106; Baratte 1984 fig. 7 e 11.96 Si tratta della parte inferiore di una gamba e di parte di un panneggio, cfr. Cascella 2012, pp.
85-86.97 È indicativo del ruolo di Suessa quale sede privilegiata di Matidia in Campania, il fatto che le
dediche dei Minturnesi e dei Sinuessani siano state trovate a Suessa e non il contrario.
206 SERGIO CASCELLA
Fig. 55. Sessa Aurunca: Aerarium. Frammento di scultura, frammento di testa di ritratto femminile, veduta laterale.
Fig. 56. Sessa Aurunca: Aerarium. Frammento di scultura, testa ritratto di Matidia Minore dal Teatro Romano, veduta laterale.
207MATIDIA MINORE, LA BIBLIOTHECA MATIDIANA E IL FORO DI SUESSA
Infatti, nel tardo XVIII secolo, il
re di Napoli commissionò a Dome-
nico Venuti di eseguire scavi
nell’area dell’anfiteatro o del teatro
di Minturno dove fu trovata «una
statua di donna panneggiata di bigio
morato con testa di marmo bianco
senza una mano, e senza l’estremità
de’ piedi, da alcuni creduta la ninfa
Marica, e da altri una Faustina
Maggiore bellissima». Considerato
gli interessi economici e le prove
riguardanti la presenza di Matidia
Minore a Minturnae, è molto
probabile che proprio questa statua
la rappresenti. Sarebbe, infatti,
davvero straordinario se potessimo
identificare la testa di questa
scultura, che se si rivelasse, essere
un ritratto di Mindia Matidia, fornirebbe una nuova prova del ruolo di primo piano
che questo personaggio assunse in tutto il comprensorio aurunco. 98
Mario Pagano , attraverso l’analisi dei documenti d’archivio, riteneva che la
scultura trovata Minturnae da Venuti, potesse essere identificata con una statua di
marmo grigio proveniente dalle Terme di Caracalla, ora nella collezione Farnese
del Museo Archeologico Nazionale di Napoli (inv. n. 0685). Malauguratamente, 99
esiste un’incisione di Ulisse Aldrovandi , datata al 1585, che riproduce inequivo-
cabilmente il torso Bigio Morato che è ora visibile a Napoli. Pertanto, questa
scultura non può essere quella che sarà scoperta da Venuti nel 1700 a Minturnae e
che, per il momento, deve essere considerata dispersa.
7. Interpretazione dell’edificio
Nel mondo romano sono pochi gli Erari identificati come tali. Non esiste,
infatti, una tipologia architettonica consolidata per questo tipo di costruzione.
Generalmente si tratta di uno o più ambienti ricavati all’interno di costruzioni a
Fig. 57. Sessa Aurunca: Aerarium. Frammento di scultura, frammento di testa di ritratto femminile, veduta dall'alto.
98 Ruesch 1911, 685 (Sn); Pagano 1995; Pagano - Pisciandaro 2006, IV.56; 262, note 24.99 De Cavalieri 1585, tav. 36, n. cat. 74.2.
208 SERGIO CASCELLA
carattere pubblico, gravitanti sull’area forense, riconosciuti come sede del tesoro
pubblico della città solo in base al contesto architettonico in cui sono inseriti.
Limitandoci alla Campania, l’Erario di Pompei, situato nel Foro, a nord del
tempio di Apollo (Pompei VII 7, 27-29), è composto di due piccoli ambienti
seminterrati, coperti con volte a botte, cui si accede dalla piazza tramite uno stretto
passaggio munito di una solida porta fiancheggiata da stipiti in blocchi di lava.
Anche l’Erario di Neapolis è costituito da piccoli locali costruiti in opera mista,
databili a epoca flavia, cui si accede tramite uno stretto passaggio fiancheggiato da 100
un architrave in calcare , sebbene, in questo caso, per la particolare disposizione a
terrazze che contraddistingue l’area forense napoletana, il presunto Erario non è
proprio collocato sulla piazza principale della città, ma nella terrazza sottostante il
Macellum.
Da ciò consegue che, se il monumento oggetto di questo studio è effettivamente
l’Aerarium della città romana di Suessa, esso, al momento, sarebbe il più grande e
meglio conservato del mondo antico, nondimeno, però, la mancanza di confronti
precisi e la natura aleatoria di questa tipologia architettonica, rendono particolar-
mente difficoltosa l’identificazione della funzionalità dei tre ambienti in cui e
suddiviso la parte ipogea di questo monumento.
La suddivisione interna dei vani sembra suggerire che l’ambiente A fosse
adibito all’alloggio di un corpo di guardia o comunque di qualcuno addetto alla
sorveglianza ed eventualmente alla registrazione, di chi e di cosa entrava dal Foro
verso gli ambienti sotterranei. In tal senso, è indicativa l’articolazione della
pavimentazione di questo primo locale. Questa è, infatti, suddivisa in un pianerot-
tolo da cui è possibile controllare sia il corridoio di accesso, che lo “scivolo”
attraverso cui si accede all’ambiente B.
Inoltre, proprio il fatto che la pavimentazione del corridoio d’accesso
all’ambiente A e lo stesso varco d’accesso all’ambiente B, sia costituito essenzial-
mente da una rampa e non da gradini, lascia ipotizzare che ciò che era trasportato
verso gli ambienti inferiori, sia stato costituito da qualcosa di pesante, che era più
facile trasportare con un carrello su un piano inclinato, piuttosto che su una
successione di gradini.
Le maggiori difficoltà nascono, invece, nel definire la funzionalità del grande
ambiente B essendo, questo, privo di caratteristiche distintive. Tuttavia, se
seguitiamo a supporre che nel monumento in questione possa essere riconosciuto
l’Aerarium di Suessa, allora l’ambiente B potrebbe essere identificato con il
Tabularium, in altre parole con l’ufficio, dove i Duoviri e i loro assistenti addetti
alla riscossione dei tributi, conservavano i decreti, le formae catastali e i registri.
100 De Simone 1985, pp. 185-196.
209MATIDIA MINORE, LA BIBLIOTHECA MATIDIANA E IL FORO DI SUESSA
Infine, la particolare conformazione dell’ambiente C, privo di uscite se non
l’imponente ingresso provvisto, peraltro, di una chiusura a saracinesca, presumi-
bilmente metallica e lo straordinario spessore delle pareti, spinge a identificare
questo vano con il vero e proprio tesoro della colonia o comunque con l’ambiente
più interno e riparato di tutto il complesso, dove certamente doveva essere conser-
vato qualcosa di molto prezioso.
Supposto, per il momento, che la serie di ambienti descritta sia realmente
l’Aerarium della colonia di Suessa, ci si chiede di quale edificio pubblico del II sec.
d.C. poteva aver fatto parte.
Certamente la grandiosità dei resti e il fatto che gli ambienti, seppur ipogei e di
servizio, siano stati arricchiti con un costoso rivestimento marmoreo, fanno
propendere per un personaggio di alto rango che ne ha promosso la costruzione.
Vista la presumibile datazione del monumento e la sua posizione nel centro politico
e amministrativo della città, non esitiamo a identificare questo personaggio con
Matidia Minore.
Delle dediche a Matidia Minore trovate nel territorio di Sessa Aurunca, due
iscrizioni frammentarie sono riferibili a edifici che si dovevano trovare in prossimi-101
tà del Foro. Della prima si conserva, purtroppo, solo un frammento che non
consente di sapere di quale edificio si tratti.
La seconda iscrizione (CIL X 4760), databile, invece, all’anno 193 d.C., cita la
Bibliotheca Matidiana quale sede per le riunioni del senato cittadino. Questo
monumento, intitolato a Matidia, probabilmente la Minore e quasi certamente da
lei costruito, non è stato ancora localizzato. Tuttavia, poiché le biblioteche romane,
in specialmodo quelle dei municipi e delle colonie, erano adoperate per diverse 102 103
finalità , non ultima quella di archivio di stato , non è escluso che gli ambienti
del cosiddetto Aerarium di Suessa, possano costituire la parte ipogea di questo
monumento. Pertanto, la Bibliotheca Matidiana potrebbe essere identificata
proprio con la parte superiore dell’edificio dell’Aerarium, oggi sepolto al disotto
dei fabbricati e del piazzale che sono alle spalle del Palazzo Tiberio.
Per le ragioni dette, una simile interpretazione spiegherebbe sicuramente la
sproporzionata grandiosità dei resti della parte ipogea, ma purtroppo non ci dice 104
nulla sulle strutture vere e proprie della Bibliotheca. Tuttavia, Tommasino , nel
101 Pagano - Villucci 1986, p. 53. [Matidiae] [Aug(ustae) Fil(iae)] / DI[vae Sabina] E AVG(ustae) SO[rori / Imp(eratoris) Antoni]NI AV[g(usti) Pii P(atris) P(atriae) Materterae…] / [……..].
102 La biblioteca collegata all’Atrium Libertatis, annesso al Foro di Cesare a Roma, era sicuramen-te utilizzata anche come tabularium dei censori, cfr. Gros 1995, p. 404.
103 La doppia funzionalità delle biblioteche romane è riflessa anche dall’ambiguità dello stesso termine latino bibliotheca, con cui si indicava sia l’archivio di stato che l’edificio preposto a contenere le collezioni di volumina.
104 Tommasino 1925, tav. XVI, p. 303.
210 SERGIO CASCELLA
1925, riferisce di un locale di proprietà del sig. L. Izzo, adibito a deposito di
legname: «da un esame del luogo accertammo che quegli avanzi (si riferisce ai
locali ipogei dell’Aerarium) confinavano e comunicavano, per uno stretto passag-
gio a volta ad angolo acuto, aperto in epoca posteriore, con una stanza adibita a
stalla….di forma quasi rettangolare lunga 10,50 , larga m. 5 con volta a mezza botte
nella quale son praticate tre aperture circolari, una nel centro, due alle estremità; nel
fondo della sala, a destra della parete prospettica, si apre un retrostanzino. Lungo il
lato destro corrono 5 piccole nicchie, con bassi sedili, alti m. 0,65».
Purtroppo, allo stato attuale, non è possibile rintracciare quest’ambiente, forse
inglobato in uno dei moderni locali commerciali che si aprono su piazza Tiberio o
distrutto dalla costruzione del moderno fabbricato posto all’angolo tra Piazza
Tiberio e il Corso Lucilio, ora sede dell’agenzia dell’Unicredit. Dalla descrizione
che ne fa Tommasino ci sembra, però, di capire che tale ambiente fosse collocato 105
nella parte superiore della costruzione romana, giacché lo studioso riferisce che
attraverso un pozzo o un’apertura, posto nella pavimentazione di quest’ambiente,
forse identificabile proprio con l’ingresso murato di cui si è riferito antecedente-
mente, si potesse entrare nel corridoio di accesso ai locali ipogei del suddetto
Aerarium. Tommasino era convinto che tale struttura, per la presenza delle nicchie,
potesse essere identificata con l’apoditerio delle supposte terme. Noi, contraria-
mente, crediamo che proprio in questo locale potrebbe essere riconosciuto una
delle sale della suddetta Bibliotheca Matidiana.
Difatti, una struttura del II secolo d.C. riconosciuta come biblioteca, rinvenuta 106
nella città di Sagalassos , uno dei centri urbani più importanti della Pisidia, è del
tutto simile. Anche in questo caso, infatti, l’ambiente ha una planimetria rettangola-
re, di circa 11 metri di lunghezza, ed è aperto su una piazza per mezzo di un ingresso
monumentale, dischiuso su uno dei lati lunghi del monumento e nobilitato per
mezzo di due grandi semicolonne. Attraverso questo varco si accedeva alla parte
interna del locale sulle cui pareti si disponeva un podio che reggeva una serie di
nicchie per statue e in cui erano ricavate delle nicchiette identificabili con gli
armaria nei quali erano racchiusi i volumina.
Dunque, una disposizione che, almeno per la parte inferiore, sembra essere del
tutto simile a quella dell’ambiente romano descritto da Tommasino e che è possibi-
le vedere nell’unica foto riportata nel suo volume Dominazione degli Ausoni. È,
pertanto, probabile che almeno una parte dei frammenti marmorei di statue e
iscrizioni rinvenuti nei riempimenti che occludevano gli ambienti ipogei sottostan-
ti, compreso il supposto ritratto di Matidia, possano provenire proprio dal saccheg-
gio operato in epoca medievale in questo o in altri locali adiacenti.
105 Tommasino 1925, p. 305.106 Ferruti 1999-2000, pp. 129-154.
211MATIDIA MINORE, LA BIBLIOTHECA MATIDIANA E IL FORO DI SUESSA
Concludendo, non siamo purtroppo in grado di poter convalidare von
certezza che il locale descritto da Tommasino sia proprio ciò che restava della
celebre biblioteca fatta costruire da Matidia, né che i locali del supposto Aerarium
siano identificabili effettivamente con la parte ipogea di questo monumento, ma se
future ricerche lo confermassero, ciò costituirebbe certamente un’ulteriore riprova
della straordinaria attività evergetica di Matidia Minore a Suessa.
212 SERGIO CASCELLA
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