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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA TOR VERGATA DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA INDUSTRIALE MASTER O.S.C.U.A.I. Relazione finale Rischi psicosociali e rischio stress lavoro correlato: la valutazione nell’organizzazione Relatore: Prof.ssa Simona Socciarelli Candidata: Laura Scuderi
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Oct 15, 2020

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMATOR VERGATA

DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA INDUSTRIALE

MASTER O.S.C.U.A.I.

Relazione finale

Rischi psicosociali e rischio stress lavoro correlato:

la valutazione nell’organizzazione

Relatore: Prof.ssa Simona Socciarelli

Candidata: Laura Scuderi

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A. A. 2015/2016

IndiceCapitolo 1 - I rischi psicosociali.....................................................4

1. Salute e sicurezza sul lavoro: l’evoluzione nell’ultimo secolo....................................................................................................4

2. La prospettiva dello stress da lavoro, burn-out e mobbing...7

2.1 Lo stress............................................................................8

2.2 Il burnout.........................................................................10

2.3 Il mobbing.......................................................................12

3. Conclusioni...........................................................................15

Capitolo 2 – Ambiente e sicurezza sul lavoro..............................16

2.1 Il decreto legislativo 81/08.................................................18

2.2 Valutazione del rischio da stress da lavoro correlato.........20

2.3 Metodologia INAIL..............................................................22

Caso studio............................................................................25

Bibliografia..................................................................................35

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IntroduzioneQuesto studio nasce dalla volontà di combinare gli aspetti teorici legati alla psicologia del lavoro e affrontati nel corso degli anni di studio universitario ad aspetti pratici che sto avendo modo di sperimentare e vivere in prima persona grazie all'esperienza di tirocinio che mi vede in veste di tutor formatore per la sicurezza in ambito del lavoro all'interno dell'agenzia di comunicazione integrata e marketing Mr Wolf Creativity con sede a Roma.

L'intenzione, senza pretesa di esaustività, di questo elaborato è quella di indagare, prima teoricamente, l’origine degli studi psicosociali che hanno portato alla nascita della psicologia del lavoro moderna e quindi alla definizione dei rischi psicosociali in ambito lavorativo per poi evidenziare come la legislazione italiana si muova e gestisca tale ambito.

Per sottolineare la parte di attuazione delle varie discipline giuridiche, nell'ultima parte dell'elaborato e riferendomi proprio all'esperienza di tutor formatore per la sicurezza per cui, tra l'altro, mi sto formando, ho voluto proporre alcuni strumenti nonché un caso studio sulla valutazione dei rischi in ambito lavorativo e, nello specifico, nella valutazione dello stress-lavoro correlato con annesse strategie di miglioramento e diminuzione del rischio.

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Capitolo 1 - I rischi psicosociali1. Salute e sicurezza sul lavoro: l’evoluzione nell’ultimo secolo.Il lavoro è stato considerato da sempre come elemento integrante della vita di ogni individuo poiché è inquadrabile non solo come strumento di sostentamento ma anche come strumento di soddisfazione dei bisogni di autorealizzazione1,2 e dell’espressione di sé.

1 Il lavoro è un’esperienza importante nella definizione del progetto di vita, contribuendo a connotare e ad arricchire l’identità personale e le possibilità di realizzazione come persone ed è, al contempo, un’esperienza che assolve importanti funzioni latenti (Jahoda, 1982) nella regolazione del rapporto tra individuo e contesto, contribuendo alla definizione di un ruolo sociale (Shimmin, 1966) e alla connessione tra scopi individuali e collettivi. […] I bisogni che i soggetti vorrebbero soddisfare attraverso l’attività lavorativa possono essere ricondotti a quattro aree principali.

Bisogni di potere e di successo Bisogni di relazione e affiliazione Bisogni di autorealizzazione Bisogni di protezione e sicurezza

I Bisogni di autorealizzazione portano l’individuo ad aspirare ad un lavoro che gli consenta di ottenere risultati soddisfacenti e sempre più elevati per sé, di sentirsi gratificato per l’attività professionale che svolge, di investire sui contenuti specifici del proprio lavoro. (Avallone, Psicologia del lavoro e delleorganizzazioni. Costruire e gestire relazioni nei contesti professionali e sociali,2011)2 Maslow, illustre esponente della psicologia umanistica, tra i suoi studi, nel testo Motivation and Perdonality (Maslow, 1954) propose ed ideò la così detta Piramide di Maslow o Piramide dei bisogni. Secondo questa teoria, esisterebbe una gerarchia di motivazioni, dalle più basse originate dai bisogni di base- fisiologici a quelle più alte volte alla piena realizzazione del proprio potenziale umano e quindi all’autorealizzazione, che porta l’individuo alla loro soddisfazione e quindi al miglioramento della propria condizione. Secondo tale teoria, non è possibile il passaggio da uno stadio all’altro se prima non vi è la piena soddisfazione del grado inferiore. L’individuo, quindi, può giungere alla piena soddisfazione di sé e alla propria autorealizzazione soddisfacendo tali stadi:

1. Bisogni fisiologici (fame, sete, ecc.)2. Bisogni di salvezza, sicurezza e protezione3. Bisogni di appartenenza (affetto, identificazione)4. Bisogni di stima, di prestigio, di successo5. Bisogni di realizzazione di sé (realizzando la propria identità e le

proprie aspettative e occupando una posizione soddisfacente nel gruppo sociale).

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Tuttavia, all’inizio del ventesimo secolo l’organizzazione lavorativa era concepita esclusivamente in funzione del raggiungimento del miglior risultato ai minimi costi senza tener conto né dell’ambiente lavorativo né tantomeno della salute e della sicurezza del lavoratore poiché egli era considerato unicamente mosso da interessi economici ed era percepito come un individuo passivo al quale era richiesto un mero adattamento alle indicazioni organizzative3. Inoltre, fino a questo momento, l’interesse scientifico tra lavoro e benessere era basato solo sulla stima dei fattori di rischio di tipo fisico, chimico e biologico. Negli anni Trenta-Quaranta, data la predominanza della concezione meccanicistica del lavoro, nelle aziende nord americane, l’interesse in ambito della salute e della sicurezza si concentrava solo sui fattori connessi agli infortuni e alle malattie: gli studi si limitavano a valutare le condizioni di lavoro che potevano costituire un rischio di infortunio cercando di correggerle. Solo con la nascita del movimento delle Relazioni Umane si iniziarono a fare degli studi che permisero di capire la necessità di prestare attenzione e di individuare alcune variabili che possono incidere sullo stato di benessere psicologico dell’individuo. Gli studi di Elton Mayo4, che accompagnarono la 3 Frederick Winslow Taylor, durante la teorizzazione dell’organizzazione scientifica del lavoro, stabilì quattro principi volti ad una maggiore produzione per l’azienda che ad un più alto salario per il lavoratore. Essi sono:

Definizione scientifica dei metodi di lavoro per garantire l’efficienza; Selezione dei migliori lavoratori e loro addestramento nei nuovi metodi; Sviluppo do uno spirito cooperativo tra manager e lavoratori; Divisione delle responsabilità dell’organizzazione e dell’esecuzione del

lavoro tra dirigenti e operai.L’obiettivo di questa teoria era quella di fornire una metodologia precisa di intervento centrata sullo studio degli impianti, delle attrezzature, dei processi e sulla divisione, misurazione e controllo dell’attività lavorativa. (Taylor, 1911)4 Nel 1924, presso lo stabilimento di Hawthorne della Western Electric Company, ebbero inizio degli studi che mettevano in relazione produzione ed efficienza. Inizialmente lo studio si proponeva di indagare il rapporto tra luminosità dell’ambiente lavorativo con l’efficienza dei lavoratori stessi. Non giungendo alle conclusioni sperate, gli studiosi intuirono la necessità di indagare oltre. Si resero conto che la produzione aumentava solo in quei reparti in cui le lavoratrici erano consapevoli dell’essere partecipi all’esperimento e quindi oggetto di attenzione degli studiosi. Da qui nacque

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stesura del volume in cui sintetizza i risultati della sua ricerca(Mayo, 1945), dimostrarono l’importanza dell’influenza della dimensione psicosociale sui comportamenti lavorativi affrontando per la prima volta gli effetti sul “benessere psicologico” del contesto sociale ed organizzativo. Si iniziò a parlare dei possibili danni al benessere dei lavoratori causati dalla routinizzazione e dalla dequalificazione. Il suo studio, che portò alla coniazione del termine Effetto Hawthorne, voleva sottolineare il mutamento del comportamento in conseguenza di una condizione di novità. Egli arrivò alla conclusione che la produttività dei lavoratori dipendesse sia dall’atteggiamento verso il lavoro che dalla motivazione condizionata dal morale. Dagli studi si evinse che questo era influenzato anche dai legami e dalla solidarietà che venivano a crearsi nel piccolo gruppo, cellula da cui è possibile partire per incrementare le abilità sociali e l’abilità di comunicazione.Gli anni del ventennio Cinquanta - Sessanta vedono il lavoratore come una figura più attiva e lo inquadrano in interazione con il suo ambiente. Si fanno strada gli studi sull’ergonomia e sul job design, prestando, quindi, maggiore attenzione anche alle conseguenze psicologiche (Avallone & Paplomatas, Saluteorganizzativa. Psicologia del benessere nei contesti lavorativi,2005).Solo tra gli anni Settanta – Ottanta gli studi iniziarono ad incentrarsi sulla prevenzione del rischio piuttosto che su un approccio di intervento basato esclusivamente sulla cura. Gli studi di questi anni, infatti, vedono lo sviluppo di tecniche che permettessero di migliorare la sicurezza nei contesti lavorativi.Pertanto, dagli studi di Mayo della prima metà del Novecento, gli aspetti psicologici del lavoro diventano oggetto di ricerca, fino a

l’interesse della dimensione psicosociale sui comportamenti lavorativi.

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sfociare, negli ultimi decenni dello scorso secolo, sullo studio più specifico dei fattori di rischio psicosociale. Come è possibile leggere nel testo Note sui rischi psicosociali e loro effetti sulla salute in ambienti di lavoro pubblicato nel 2006 della regione Veneto,

l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (1986) ha definito i rischi psicosociali in termini di interazione tra contenuto del lavoro, gestione ed organizzazione del lavoro, condizioni ambientali e organizzative da un lato, competenze ed esigenze dei lavoratori dipendenti dall’altro.I rischi psicosociali possono essere definiti come “quegli aspetti di progettazione del lavoro e di organizzazione e gestione del lavoro, nonché i rispettivi contesti ambientali e sociali che potenzialmente possono arrecare danni fisici o psicologici” (Cox & Griffiths, 1995). I rischi psicosociali possono incidere sia sulla salute fisica che psichica in modo diretto ed indiretto, attraverso l’esperienza di stress.Infatti, gli effetti dei rischi psicosociali possono essere identificato comunemente nelle seguenti situazioni: stress, burn-out, mobbing.Bourn-out e mobbing hanno caratteristiche specifiche e peculiari ma sì riconoscono come matrice comune la presenza dello stress.

Stando a queste indicazioni, i rischi psicosociali sono rappresentabili come un vasto raccoglitore in cui è possibile trovare sia lo stress lavoro-correlato, sia il burn-out che il mobbing (Dominici, 2011).Differenti sono stati gli studi in tal senso. In particolare, Jaffe (Jaffe, 1995) individua quattro prospettive principali di studio e di ricerca sul tema della salute organizzativa:

1. La prospettiva dello stress da lavoro e burn-out;

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2. La prospettiva dello sviluppo organizzativo o della riprogettazione organizzativa (work organizational re design);

3. La prospettiva delle politiche organizzative di promozione della salute;

4. La prospettiva psicodinamico-sociale.In coerenza con la materia in oggetto, mi occuperò di approfondire solo la prospettiva dello stress da lavoro e burn-out.

2. La prospettiva dello stress da lavoro, burn-out e mobbing

Prospettiva maggiormente indagata rispetto ad altre, essa pone l’attenzione sulla capacità che ha l’individuo di fronteggiare e gestire le situazioni di stress piuttosto che focalizzarsi sul tipo di ambiente lavorativo che può causare o alleviare lo stress (Avallone & Bonaretti, 2003).

2.1 Lo stressIl termine stress ha un’origine etimologicamente ingegneristico in quanto faceva riferimento agli effetti subiti dai materiali metallurgici sottoposti a forte pressione. Nella letteratura scientifica, il primo studioso ad aver introdotto il concetto di stress applicandolo agli esseri viventi è stato Hans Selye. Egli definì un primo modello teorico chiamato response-based, in cui lo stress veniva identificato nella risposta fisiologica aspecifica manifestata dall’organismo nei confronti di diverse tipologie di stimoli ambientali (Argentero; Cortese; Piccardo, 2008). Parlare di stress vuol dire riferirsi ad un evento soggettivo: certe volte l’individuo è in grado di intervenire sugli eventi, ma quando non ne ha la possibilità o non è in grado di poterlo fare, i meccanismi comportamentali che sussistono all’adattamento potrebbero

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superare i propri limiti, entrando in una condizione che viene definita stress (Toates, 1995). L’ambiente in cui l’individuo vive è ricco di fattori di stress, stressor, a cui egli reagisce in maniera diversa a seconda della propria personalità o storia di vita. Lo stress è infatti definito come la percezione dell’incapacità di reagire adeguatamente a determinate richieste (Eyesenk, 2006). In merito agli studi sullo stress legati all’ambiente lavorativo, tra i più famosi rientra il lavoro di Karasek & Theorell (1990) che mette in relazione gli studi sullo stress con il Job redesign, ovvero la riprogettazione del lavoro. Prendendo in considerazione tre variabili

le richieste che sono avanzate sul lavoro la libertà decisionale o controllo percepito il supporto sociale

Karasek e Theorell sostengono che la riprogettazione del lavoro possa essere essenziale per rendere le organizzazioni più sane in quanto in un ambiente in cui prevale la tensione (strain), le persone tendono ad essere più rigide, meno flessibili e più inclini alla malattia causando, quindi, un calo della produttività. Al contrario, in un ambiente in cui le persone hanno la possibilità di sperimentare le loro capacità, apprendere nuove abilità e di metterle in atto, tendono ad provare un sentimento di soddisfazione e uno stato migliore di salute.Parlando di stress occupazionale, sono state avanzate diverse proposte di intervento dirette al singolo, all’organizzazione o dirette all’interfaccia organizzazione-individuo. Nel primo caso si intende potenziare le risorse individuali necessarie ad affrontare con maggiore efficacia le situazioni ritenute stressanti; nel secondo caso si intende favorire i cambiamenti in modo da incoraggiare e sostenere il lavoratore con, ad esempio, interventi di formazione; nel terzo caso si fa, invece, riferimento al gruppo

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di lavoro con l’intento di agire sulle relazioni interpersonali, sui ruoli, sul rapporto uomo-ambiente, sulla partecipazione e sull’autonomia del lavoratore.Altri studi propongono altri tipi di intervento classificati in livello primario (riduzione dei fattori che causano stress), livello secondario (gestione dello stress) e livello terziario (programmi di assistenza al lavoratore). In linea di massima, nelle organizzazioni sono attuati gli interventi di secondo e terzo livello volti, difatti, alla modificazione degli stili di vita e dei comportamenti ritenuti responsabili di eventuali danni alla salute o volti ad insegnare a reagire positivamente ed efficacemente a situazioni stressanti promuovendo, ad esempio, programmi di assistenza ai lavoratori come il counselling psicologico. A livello primario si inquadrano tutte quelle attività volte alla prevenzione, ovvero cercando di modificare tutti quei fattori che possono essere ritenuti cause responsabili dello stress. Tra questi fattori possiamo inquadrare:

fattori intrinseci al lavoro (cattive condizioni ambientali, turni, carico di lavoro)

ruoli e le loro ambiguità relazioni interpersonali fattori relativi allo sviluppo della carriera cultura e stili di gestione interfaccia famiglia-lavoro

Un azienda sana non necessiterebbe di interventi di secondo e terzo livello in quanto sarebbe già pronta a promuovere azioni volte alla prevenzione e ad agire direttamente sulle cause che possono generare stress nel lavoratore.

2.2 Il burnoutDefinito come esito patologico di un processo stressogeno che interessa, in varia misura, diversi operatori e professionisti che sono impegnati quotidianamente e ripetutamente in attività che

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implicano le relazioni interpersonali, il fenomeno del burnout venne descritto per la prima volta all’inizio del Novecento per mano dello psichiatra Emil Kraepelin in quanto voleva evidenziare i disagi legati alla professione dello psichiatra in merito all’eccessivo carico e alla scarsa soddisfazione del lavoro clinico che portava ad uno stato di esaurimento (Cherniss, 1983). Negli anni Trenta questo termine venne utilizzato per indicare il fenomeno che vedeva un calo del rendimento negli atleti dopo alcuni successi. In ambito sociosanitario, il termine burnout venne utilizzato per la prima volta nel 1974 dallo psicanalista americano Freudenberger il quale, qualche anno dopo, lo definisce in questi termini

Stato di fatica o di frustrazione nato dalla devozione ad una causa, da uno stile di vita, da una relazione che ha mancato di produrre la ricompensa attesa (Freudenberger, 1980)

Inizialmente gli studi sul burnout trovavano il loro focus nella relazione tra chi forniva un servizio di cura e assistenza (operatore) e chi lo riceveva (utente/paziente). Successivamente questi studi vennero estesi anche ad altre professioni (insegnanti, manager, militari ecc..) rendendo sempre più evidente che questo fenomeno non era altro che la conseguenza dell’interazione tra la persona ed il proprio contesto di lavoro.Gli ultimi studi vedono il burnout, definito come una risposta prolungata allo stress cronico da lavoro, può essere caratterizzato da tre dimensioni:

1. l’esaurimento emotivo, dimensione base dello stress individuale e caratterizzato da forte coinvolgimento emotivo ed eccessivo utilizzo delle risorse affettive;

2. la depersonalizzazione (cinismo), che rappresenta la componente interpersonale di questa sindrome, per il suo

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aspetto di distacco e distanziamento da persone e lavoro, identificato come un modo di proteggersi dall’intensità delle emozioni attivate a causa della situazione lavorativa;

3. il senso di inefficacia personale, di inadeguatezza e di incapacità che rappresenta la componente di autovalutazione del burnout

I vari studi hanno posto l’attenzione sul grado di accordo (match) o disaccordo (mismatch) tra la persona e sei aspetti dell’ambiente di lavoro: più è elevato il grado di disaccordo più è alta la possibilità che insorga il burnout. Le sei aree antecedenti all’insorgere dei questo fenomeno sono:

1. il carico di lavoro, prodotto da una richiesta di lavoro eccessiva messa in relazione alla capacità di recupero delle energie;

2. il controllo, ritenuto insufficiente in relazione alle risorse necessarie al lavoro o di un’autorità insufficiente a svolgere il lavoro in maniera valida ed efficace;

3. il riconoscimento, legato all’insoddisfazione di vedere apprezzato il proprio lavoro dagli altri o che questo venga ignorato;

4. il supporto, la sensazione di aver perso il legame con i colleghi a lavoro e insorgono conflitti cronici ed irrisolti;

5. l’equità, legata al reciproco rispetto, alla distribuzione del carico di lavoro, della retribuzione, avanzamenti di carriera e promozioni;

6. i valori, ovvero quando si verificano conflitti tra i valori della persona e quelli dell’organizzazione.

Il burnout è stato associato a varie conseguenze per l’organizzazione: tra queste sono state rintracciate l’assenteismo, l’intenzione di lasciare il lavoro, il turnover, la diminuzione della produttività e dell’efficacia lavorativa, la ridotta soddisfazione

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lavorativa e del commitment organizzativo5 (Maslach, Schaufeli,& Leiter, 2001).In conclusione, il burnout è identificato come segnale di malessere diffuso che coinvolge l’intera organizzazione in cui si manifesta.

2.3 Il mobbingNell’ultimo trentennio, accanto alle differenti problematiche riguardanti lo stress lavorativo e i fenomeni di interazione tra i gruppi, è emersa una nuova e importante problematica: il mobbing. Questo termine venne usato per la prima volta da Konrad Lorenz (1963), nell’ambito dei suoi studi sul comportamento aggressivo di minaccia (mobbing behaviour) di alcuni uccelli nei confronti di potenziali aggressori del proprio nido; il famoso etologo definì mobbing l’attacco verso un animale da parte di un gruppo di animali più piccoli, allo scopo di estrometterlo dal proprio territorioUn decennio più tardi, in Svezia, alcuni ricercatori che si occupavano dello studio del comportamento dei bambini, usarono questo termine ed il termine bulling per definire il comportamento vessatorio di un gruppo contro un singolo individuo.Riprendendo questi studi, Henz Leymann ebbe modo di constatare che i comportamenti riscontrati in animali e bambini avvenivano anche tra adulti, in modo particolare negli ambienti di lavoro. Questi comportamenti consistevano in comunicazioni ostili rivolte, in maniera sistematica, da una persona o più nei

5 Variabile organizzativa, risultato delle politiche, delle scelte strategiche, delle modalità gestionali utilizzate dai vertici aziendali, ma anche il risultato dei rapporti di potere, dei conflitti, del clima psicologico e organizzativo di una organizzazione.

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confronti di un singolo più debole e privo di appoggio. Nel suo testo, Leymann scrive

In recent years, the existence of a significant problem in workplaces has been documented in Sweden and other countries. It involves employees "ganging up" on a target employee and subjecting him or her to psychological harassment. This "mobbing" behavior results in severe psychological and occupational consequences for the victim (Leymann, 1990)6.

In particolare, quindi, inserito nel contesto lavorativo, possiamo inquadrare il mobbing in questa come definizione che ne chiarisce anche le modalità:

[…]molestare, offendere, escludere socialmente qualcuno o influenzarne negativamente i compiti lavorativi. Per poter definire mobbing una particolare attività, interazione o processo è necessario che esso si verifichi regolarmente e ripetutamente, per esempio settimanalmente e in un periodo di tempo di almeno sei mesi. È un processo progressivo, nel corso del quale una persona si trova ad essere in una posizione d’inferiorità ed è bersaglio di sistematiche azioni sociali negative. Un conflitto non può essere definito mobbing se l’incidente è un evento isolato, o se le due parti coinvolte nel conflitto possiedono una capacità difensiva analoga (Einarsen, Hoel, Zapf, &Cooper, 2003)

Secondo questa prospettiva, per permettere il verificarsi del mobbing sono necessarie 5 condizioni:6Negli ultimi anni è stata documentata in Svezia e in atri paesi l'esistenza di un problema significativo nei luoghi di lavoro. Esso coinvolge alcuni dipendenti che si coalizzano contro un altro dipendente sottoponendolo a molestie psicologiche. Questo comportamento, il mobbing, comporta gravi conseguenze psicologiche e professionali per la vittima.

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1. azioni negative dirette o indirette2. regolarità degli atti negativi3. danno causato alla vittima4. autodefinizione di vittima5. squilibrio di potere

alcuni studi, tuttavia, si sono soffermati sulle cause del mobbing, permettendo la formulazione di tre principali ipotesi:

1. Disposizionale: dipende dalle caratteristiche della personalità della vittima (bassi livelli di autostima e di assertività) e dell’aggressore (instabilità dell’autostima, eccessiva invidia e debole competenza sociale) (Fox &Spector, 2005).

2. Sociale: le dinamiche del gruppo possono influire sulla natura, la forma e la frequenza del mobbing (Baron &Neuman, 2005).

3. Situazionale: le determinanti della violenza psicologica in ambito professionale sono da rintracciare in una scorretta organizzazione delle attività lavorative (Hoel & Salin,2003).

In merito alle forme di questo fenomeno, ne sono state rintracciate tre differenti:

mobbing verticale: rivolto da un superiore ad un sottoposto;

mobbing orizzontale: azione che coinvolge colleghi allo stesso livello gerarchico;

mobbing collettivo/organizzativo: riguarda l’interazione tra i lavoratori e i vertici dell’organizzazione.

Parlando di quest’ultima forma, è possibile fare una breve parentesi sul bossing, forma di violenza psicologica pianificata

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dai vertici dell’organizzazione come sistema per ridurre il personale. Con questa azione si vuole indurre il lavoratore o i lavoratori a lasciare il posto di lavoro attuando piani di pre-pensionamento o inducendo le dimissioni o creando le condizioni per un licenziamento successivo.Un’esposizione alle vessazioni che si protrae nel tempo e l’unione di un mancato intervento possono produrre nelle vittime del mobbing tendenze depressive e persecutorie, sentimenti di insicurezza cronica e di pericolo. In ambito organizzativo, invece, possono riscontrarsi conseguenze quali l’assenteismo, diminuzione della produttività o turn-over.

3. ConclusioniI rischi di tipo psicosociale descritti sono diventati da qualche tempo oggetto di valutazione obbligatoria da parte del datore di lavoro. Questo ha l’obbligo non solo della valutazione dei rischi, ma anche della promozione del benessere e di un monitoraggio costante. Tuttavia, i problemi causati dai fenomeni che sono stati delineati fino a questo punto sono comprensibili a pieno solo se si considerano anche i numerosi cambiamenti che hanno interessato la nostra società e i cambiamenti che sono avvenuti in ambito lavorativo e professionale. Oggi al lavoratore è chiesto di investire una crescente quantità di energie nelle attività che svolge e deve affrontare richieste sempre più pressanti. Inoltre la maggiore competizione e concorrenza tra le organizzazioni portano alla richiesta crescente di competenze professionali più elevate e specializzate.

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Capitolo 2 – Ambiente e sicurezza sul lavoroSebbene ci siano stati numerosi passi avanti in merito all’evoluzione tecnologica, risultano ancora numerosi i lavori a rischio. Anche nel settore impiegatizio e in quello intellettuale si descrivono nuove problematiche nel campo della salute. Nel corso degli ultimi decenni, il tema della salute e della sicurezza in ambito lavorativo ha assunto, come è stato possibile leggere nelle pagine precedenti, un ruolo e un’importanza sempre più di spicco al punto tale da coinvolgere la legislazione comunitaria a contribuire al miglioramento delle condizioni di lavoro e a ridurre gli infortuni e le malattie professionali. Uno degli obiettivi che la Comunità Europea si era preposta di raggiungere, era quello dell’abbattimento del 25% del tasso di incidenza degli infortuni nel quinquennio 2007-2012. Gli interventi che sono stati proposti erano volti al miglioramento e alla semplificazione della legislazione vigente, a mettere in luce e descrivere metodologie adeguate all’individuazione e alla valutazione di nuovi rischi e, infine, a promuovere il mutamento dei comportamenti dei lavoratori.La direttiva 2004/40/CE del Parlamento europeo sulle prescrizioni minime di sicurezza e salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi, ha preso come ideale la definizione contenuta nell’atto costitutivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità del 1945 in cui si legge

La salute è uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplicemente assenza di malattia e di infermità. (WHO, 2007)

Le norme comunitarie vengono recepite grazie ad una forte spinta a livello legislativo per migliorare la sicurezza sul lavoro: il

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Decreto Legislativo 626/1994 ha rappresentato una svolta importante per le questioni di sicurezza e prevenzione poiché fa proprie otto importanti direttive della Comunità Europea. Questa legge ha definito un sistema preventivo d’impresa centrato sulla definizione di nuove figure professionali di prevenzione, nuove responsabilità e una specifica valutazione dei rischi. Questo decreto ha rivoluzionato in linea di principio l’organizzazione della sicurezza sui luoghi di lavoro in merito sia ai soggetti che devono occuparsi di tale problematica, sia mettendo in atto delle disposizioni per determinare una trasformazione culturale.Gli aspetti introdotti nel 1994 dal D.Lgs 626 riguardano:

l’obbligo del Datore di Lavoro di effettuare la Valutazione dei Rischi;

l’obbligo per l’azienda di avere un Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) che deve essere eletto dai lavoratori e deve essere coinvolto in tutti i processi di valutazione dei rischi;

l’obbligo dell’azienda di avere un Servizio di Prevenzione e Protezione che deve occuparsi della valutazione di rischi, dell’individuazione dei pericoli e, successivamente, dell’attuazione di tutte le misure di prevenzione e protezione volte a ridurre al minimo le probabilità e i danni conseguenti a potenziali infortuni e malattie professionali;

l’obbligo per l’azienda di avere un Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) che può essere anche il Datore di lavoro stesso previa frequenza e attestazione di un corso di formazione specifico.

Questa legge rivede la figura del datore di lavoro il quale diventa partecipante attivo del processo di miglioramento delle condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro. Questo avviene grazie

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ad una periodica valutazione dei rischi: dall’emanazione del decreto, la valutazione dei rischi dovrà considerare anche gli aspetti organizzativi e soggettivi associati allo svolgimento delle attività lavorative.

2.1 Il decreto legislativo 81/08Il decreto legislativo 81/2008 pone, come prima misura di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro, la valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza.

Esso definisce come:

pericolo la proprietà o qualità intrinseca di un determinato fattore avente il potenziale di causare danni;

rischio la probabilità di raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione.

Per convenzione, i rischi vengono classificati in tre categorie:

Rischi per la sicurezza: responsabili del potenziale verificarsi di incidenti o infortuni, ovvero di danni o menomazioni fisiche (più o meno gravi) subite dalle persone addette alle varie attività lavorative, in conseguenza di un impatto fisico-traumatico di diversa natura (meccanica, elettrica, chimica, termica, etc.).

Rischi per la salute:  responsabili della potenziale compromissione dell’equilibrio biologico del personale addetto ad operazioni o a lavorazioni che comportano l’emissione nell’ambiente di fattori ambientali di rischio, di natura chimica, fisica e biologica, con seguente esposizione del personale addetto.

Rischi legati all’organizzazione del lavoro: individuabili all’interno della complessa articolazione che

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caratterizza il rapporto tra “l’operatore”e “l’organizzazione del  lavoro” in cui è inserito.

La valutazione dei rischi è una procedura nonché lo strumento centrale che, partendo dall’analisi dell’ambiente di lavoro e della fasi lavorative, consente di predisporre tutti i provvedimenti necessari per la salvaguardia della sicurezza e salute dei lavoratori.

Il processo valutativo dei rischi cui sono esposti i lavoratori è articolato in tre fasi consequenziali:

1. Fase preliminare: identificazione di tutti i possibili rischi.2. Fase di valutazione: consiste nella stima di tutti i rischi

individuati nella fase preliminare cui potenzialmente sono esposti i lavoratori e che si concretizza nella stesura del DVR (documento di valutazione dei rischi).

3. Attuazione delle misure di prevenzione.

Tra gli strumenti di prevenzione e uno dei punti più importanti sottolineati dal D.Lgs. 81/08 troviamo il ruolo della formazione e dell’informazione dei lavoratori per ciò che attiene la sicurezza sul lavoro. Questa tematica è fondamentale in quanto i primi fautori della loro sicurezza sono i lavoratori stessi i quali devono essere messi al corrente dal datore di lavoro e dai loro rappresentanti, sui rischi che corrono nell’ambiente di lavoro. Per questa ragione, il testo unico fornisce le definizioni dei tre fondamentali elementi:

Formazione: processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi;

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Informazione: complesso delle attività dirette a fornire conoscenze utili alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi in ambiente di lavoro;

Addestramento: complesso delle attività dirette a fare apprendere ai lavoratori l’uso corretto di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, e le procedure di lavoro. Inoltre, uno degli aspetti innovativi del Testo Unico è l’attenzione rivolta ai rischi psico-fisici a cui sono esposti i lavoratori nonché la valutazione dei rischi legati allo stress da lavoro.

2.2 Valutazione del rischio da stress da lavoro correlatoIn coerenza al tema centrale di questo elaborato, passerò in rassegna la metodologia per valutare il rischio da stress lavoro correlato.Il legislatore ha voluto specificare l’importanza della materia, soprattutto in fase di valutazione dei rischi, anche nell’art. 28 del D.Lgs 81/08

La valutazione […]deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti i gruppi i lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato secondo i contenuti dell’Accordo Europeo dell’8 Ottobre 2004

Questo accordo recepisce le direttive europee sulla necessità di una specifica azione congiunta, in tema di tutela dello stress lavoro correlato, poiché esso può riguardare ogni luogo di lavoro e ogni lavoratore, a prescindere dalle dimensioni aziendali, dal settore delle attività o dalla tipologia contrattuale.La valutazione dello stress lavoro correlato rappresenta quindi un obbligo di legge per tutte le aziende. Ogni datore di lavoro deve

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procedere all’adempimento secondo quanto disposto dalle indicazioni della commissione consultiva.In questo caso, la valutazione riguarda gli stressor lavoro correlato (stimoli che possono essere di diversa natura e che portano l’organismo e la psiche allo stress.Ai datori di lavoro, quindi, spetta la responsabilità giuridica di garantire la corretta valutazione e il controllo dei rischi sul lavoro, ma in questo contesto è indispensabile coinvolgere anche i lavoratori che , insieme ai loro rappresentanti, conoscono al meglio di chiunque altro i problemi che possono verificarsi nei luoghi di lavoro. La loro partecipazione può assicurare l’adeguatezza e l’efficacia delle misure adottate.La valutazione del rischio si articola in due fasi:

1. Valutazione necessaria o preliminare, ovvero la rilevazione di indicatori oggettivi e verificabili come indici infortunistici, assenze per malattia, procedimenti e sanzioni, segnalazioni del medico competente, frequenti e specifiche lamentele dei lavoratori, ecc.In questa prima fase possono essere utilizzate liste di controllo applicabili anche dai soggetti aziendali della prevenzione, che consentano una valutazione oggettiva, complessiva e, quando possibile, parametrica.Ove dalla valutazione preliminare non emergano elementi di rischio da stress lavoro-correlato tali da richiedere il ricorso ad azioni correttive, il Datore di lavoro sarà unicamente tenuto a darne conto nel Documento di Valutazione dei Rischi e prevedere un piano di monitoraggio.

2. Valutazione eventuale o approfondita, da attivare nel caso in cui la valutazione preliminare riveli elementi di rischio da stress lavoro-correlato e le misure di correzione, adottate a seguito di essa, si rivelino inefficaci.

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La valutazione approfondita prevede la valutazione della percezione soggettiva dei lavoratori attraverso differenti strumenti quali questionari, focus group, interviste semi-strutturate sulle famiglie di fattori/indicatori. Nelle imprese piccole che occupano fino a 5 lavoratori, al posto degli strumenti di valutazione approfondita tradizionali, il Datore di lavoro può scegliere di utilizzare modalità di valutazioni, come ad esempio le riunioni, che garantiscano il coinvolgimento diretto dei lavoratori nella ricerca delle soluzioni e nella verifica della loro efficacia. Nelle aziende di maggiori dimensioni è possibile che tale fase di indagine venga realizzata tramite un campione rappresentativo di lavoratori.

2.3 Metodologia INAILIn riferimento alle indicazioni minime della Commissione Consultiva, l’INAIL propone un percorso metodologico di seguito illustrato in cui descrive come attuare la valutazione dello stress lavoro-correlato.Questa proposta metodologica prevede una valutazione oggettiva aziendale, avvalendosi dell'utilizzo di una lista di controllo di indicatori verificabili.Al fine di procedere ad una corretta valutazione del rischio è stata adottata una lista di controllo (check-list) suddivisi per "famiglie" (eventi sentinella, fattori di contenuto del lavoro e fattori di contesto del lavoro).L'approccio alla valutazione preliminare è costituito sostanzialmente da due momenti:

1. L’analisi di "eventi sentinella" ("ad esempio: indici infortunistici, assenze per malattia, turnover, procedimenti e sanzioni, segnalazioni del medico competente, specifiche e frequenti lamentele formalizzate da parte dei lavoratori").

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2. L’analisi più specifica degli indicatori di contenuto (“es.: ambiente di lavoro e attrezzature; carichi e ritmi di lavoro; orario di lavoro e turni; corrispondenza tra le competenze dei lavoratori e i requisiti professionali richiesti”) e di contesto (“es.: ruolo nell'ambito dell'organizzazione; autonomia decisionale e controllo; conflitti interpersonali al lavoro; evoluzione e sviluppo di carriera; comunicazione”).La check list permette di rilevare numerosi parametri, tipici delle condizioni di stress, riferibili agli "eventi sentinella", al "contenuto" ed al "contesto" del lavoro.

In particolare la compilazione della stessa è effettuata in modo da garantire la possibilità da parte dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e dei lavoratori di una partecipazione attiva ed in grado di fare emergere i differenti punti di vista.

I - EVENTI SENTINELLA

(10 indicatori aziendali)

II - AREACONTENUTO DEL

LAVORO(4 aree di indicatori)

III - AREACONTESTO DEL

LAVORO(6 aree di indicatori)

Infortuni Ambiente di lavoro ed attrezzature di lavoro

Funzione e cultura organizzativa

Assenze per malattie

Assenze dal lavoro Pianificazione dei compiti

Ruolo nell'ambito dell'organizzazione

ferie non godute

Rotazione del personale Carico di lavoro - ritmo di lavoro Evoluzione della carriera

TurnoverProcedimenti / Sanzioni disciplinari

Orario di lavoro

Autonomia decisionale controllo del lavoro

Rapporti interpersonali sul lavoro

Interfaccia casa lavoro - conciliazione vita/lavoro

Richieste visite straordinarieSegnalazioni stress lavoro-correlatoIstanze giudiziarie

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Ad ogni indicatore è associato un punteggio che concorre al punteggio complessivo dell'area. I punteggi delle 3 aree vengono sommati (secondo le indicazioni riportate di seguito).La somma dei punteggi attribuiti alle 3 aree consente di identificare il proprio posizionamento nella "tabella dei livelli di rischio", esprimendo il punteggio ottenuto in valore percentuale, rispetto al punteggio massimo.

LIVELLO DI RISCHIO NOTE

RISCHIO NON RILEVANTE≤ 25 % L’analisi degli indicatori non

evidenzia particolari condizioni organizzative che possono determinare la presenza di stress correlato al lavoro.

RISCHIO MEDIO> 25 % o ≤ 50 % L'analisi degli indicatori evidenzia

condizioni organizzative che possono determinare la presenza di stress correlato al lavoro; vanno adottate azioni correttive e successivamente va verificata l'efficacia degli interventi stessi; in caso di inefficacia si procede alla valutazione approfondita.

RISCHIO ALTO> 50 %

L'analisi degli indicatori evidenzia una situazione di alto rischio stress lavoro-correlato tale da richiedere il ricorso ad azioni correttive corrispondenti alle criticità rilevate; successivamente va verificata l'efficacia degli interventi correttivi; in caso di inefficacia si procede alla valutazione approfondita

Nel caso in cui la valutazione preliminare del rischio da stress lavoro-correlato identifichi un "rischio non rilevante", tale risultato è riportato nel documento di valutazione dei rischi è si

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prevede un "piano di monitoraggio", a attraverso un periodico controllo dell'andamento degli eventi sentinellaPer ogni condizione identificata con punteggio MEDIO, si devono adottare adeguate azioni correttive (ad es. interventi organizzativi, tecnici, procedurali, comunicativi, formativi) riferite, in modo specifico, agli indicatori di contenuto e/o di contesto che presentano i valori di rischio più elevato. Successivamente va verificata, anche attraverso un monitoraggio effettuato con le stesse "liste di controllo", l'efficacia delle azioni correttive e se queste ultime risultano inefficaci, si passa alla valutazione approfondita.Per ogni condizione identificata con punteggio ALTO, riferito ad una singola area, si devono adottare adeguate azioni correttive (ad es. interventi organizzativi, tecnici, procedurali, comunicativi, formativi) riferite in modo specifico agli indicatori di contesto e/o di contenuto con i valori di rischio stress più elevato. Successivamente va verificata, anche attraverso un monitoraggio effettuato con le stesse "liste di controllo", l'efficacia delle azioni correttive e se queste ultime risultano inefficaci, si passa alla valutazione approfondita.

Caso studioGrazie all’opportunità di tirocinio che sto tutt’ora svolgendo presso la Mr Wolf Creativity, un’agenzia che offre servizi di comunicazione integrata e marketing, ho avuto modo di studiare e vivere in prima persona come effettuare la Valutazione del Rischio Stress Lavoro-Correlato.Avendone avuto autorizzazione alla pubblicazione, di seguito riporto il risultato del lavoro di valutazione rischio stress lavoro-correlato.

I - EVENTI SENTINELLA

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N. INDICATORE Diminuito

Inalterato*

Aumentato

PUNTEGGIO NOTE

1 INDICI INFORTUNISTICI0□

1x

4□ 1

azienda neo

costituita, assenza di

storico

ultimo anno diminuito, inalterato, aumentato rispetto a:

(sono compresi anche gli infortuni "in itinere" in presenza di lavoro a turni)

100anni3ultimideglilavoratorinanni3ultimineglitotalinfortuniin ×

°°100lavoratorin

infortunin ×°

2 ASSENZA PER MALATTIA*0□

1x

4□ 1

azienda neo

costituita, assenza di

storico(*) devono essere considerati i giorni di assenza per malattia indipendentemente dalla sua natura.Sono escluse maternità, allattamento.

3 % ASSENZA del lavoro0□

1x

4□ 1

azienda neo

costituita, assenza di

storico0,4 % Assenze dal lavoro [ad esempio: permessi per malattia; periodi di aspettativa per motivi personali; assenze ingiustificate; mancato rispetto dell'orario minimo di lavoro (ritardi, uscite anticipate, ecc.)]Non si considera assenza quella legata ad una agitazione di carattere sindacale e/o ad assemblee autorizzate.Formula di calcolo: [Num. ore lavorative perse / Num. ore lavoro potenziali lavorabili da contratto]

X 100

4 % FERIE NON GODUTE0□

1x

4□ 1

azienda neo

costituita, assenza di

storico0 % Ferie non goduteIntese come maturate e non godute una volta trascorso il periodo previsto dalla legge per la relativa fruizione.Formula di calcolo: [Num. di giorni di ferie non usufruite / Num. di giorni di ferie contrattualmente

previste e maturate] X 100

5 % TRASFERIMENTI INTERNIRICHIESTI DAL PERSONALE

0□

1x

4□ 1

azienda neo

costituita, assenza di

storico

ultimo anno diminuito, inalterato, aumentato rispetto a:100lavoratorinrichiestintitrasferimen ×

°° 100anni 3 ultimilavoratorin

anni3ultimirichiestintitrasferimen ×°

6% ROTAZIONE DEL PERSONALE(usciti-entrati dall'azienda)

0□

1x

4□ 1

azienda neo

costituita, assenza di

storico

ultimo anno diminuito, inalterato, aumentato rispetto a:100lavoratorinentratiuscitin ×

°+° 100

anni3ultimilavoratorinanni3ultimientratiuscitin ×

°

7 PROCEDIMENTI, SANZIONI DISCIPLINARI

0□

1x

4□ 1

azienda neo

costituita, assenza di

storico

8RICHIESTE VISITE MEDICHESTRAORDINARIE MEDICOCOMPETENTE

0□

1x

4□ 1

azienda neo

costituita, assenza di

storico

27

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9

SEGNALAZIONI FORMALIZZATE DI LAMENTELE DEI LAVORATORI ALL'AZIENDA O AL MEDICO COMPETENTE

0 - NOx

4 - SI□ 0

azienda neo

costituita, assenza di

storico

10

ISTANZE GIUDIZIARIE PER LICENZIAMENTO/DEMANSIONAMENTO/ MOLESTIE MORALI e/o SESSUALI

0 - NOx

4 - SI□ 0

azienda neo

costituita, assenza di

storico

TOTALE PUNTEGGIO 8

azienda neo

costituita, assenza di

storico

II - AREA CONTENUTO DEL LAVORO

AMBIENTE DI LAVORO ED ATTREZZATURE DI LAVORO(Fare riferimento al Documento di valutazione dei rischi)

N. INDICATORE Si No PUNTEGGIO FINALE NOTE

1 Esposizione a rumore superiore al secondo livello d'azione

1□

0x

2 Inadeguato confort acustico(ambiente non industriale)

1□

0x

3 Rischio cancerogeno/chimico non irrilevante

1□

0x

4 Microclima adeguato0x

1□

5Adeguato illuminamento con particolare riguardo alle attività ad elevato impegno visivo (VDT, lavori fini, ecc.)

0x

1□

6 Rischio movimentazione manuale dei carichi

1x

0□

7 Disponibilità adeguati e confortevoli DPI

0x

1□ Se non previsti

segnare SI

8 Lavoro a rischio di aggressione fisica / lavoro solitario

1□

0x

9 Segnaletica di sicurezza chiara, immediata e pertinente ai rischi

0x

1□

10 Esposizione a vibrazione superiore al limite d'azione

1□

0x

11 Adeguata manutenzione macchine ed attrezzature

0x

1□

12 Esposizione a radiazioni ionizzanti1□

0x

13 Esposizione a rischio biologico1□

0x

28

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TOTALE PUNTEGGIO 1

PIANIFICAZIONE DEI COMPITI

N. INDICATORE Si No PUNTEGGIO FINALE NOTE

14 Il lavoro subisce frequenti interruzioni

1□

0x

15Adeguatezza delle risorse strumentali necessarie allo svolgimento dei compiti

0x

1□

16 E' presente un lavoro caratterizzato da alta monotonia

1□

0x

17Lo svolgimento della mansione richiede di eseguire più compiti contemporaneamente

1x

0□

18 Chiara definizione dei compiti0x

1□

19Adeguatezza delle risorse umane necessarie allo svolgimento dei compiti

0x

1□

TOTALE PUNTEGGIO 1

CARICO DI LAVORO - RITMO DI LAVORO

N. INDICATORE Si No PUNTEGGIO FINALE NOTE

20 I lavoratori hanno autonomia nell'esecuzione dei compiti

0x

1□

21Ci sono frequenti variazioni imprevedibili della quantità di lavoro

1x

0□

22 Vi è assenza di attività per lunghi periodi nel turno lavorativo

1□

0x

23 E' presente un lavoro caratterizzato da alta ripetitività

1□

0x

24 Il ritmo lavorativo per l'esecuzione del compito, è prefissato

1x

0□

25 Il lavoratore non può agire sul ritmo della macchina

1□

0x Se non previsto

segnare NO

26 I lavoratori devono prendere decisioni rapide

1x

0□

27 Lavoro con utilizzo di macchine ed attrezzature ad alto rischio

1□

0x

29

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28 Lavoro con elevata responsabilità per terzi, impianti e produzione

1□

0x

TOTALE PUNTEGGIO 3

ORARIO DI LAVORO

N. INDICATORE Si No PUNTEGGIO FINALE NOTE

29 E' presente regolarmente un orario lavorativo superiore alle 8 ore

1□

0x

30 Viene abitualmente svolto lavoro straordinario

1□

0x

31 E' presente orario di lavoro rigido (non flessibile)?

1x

0□

32 La programmazione dell'orario varia frequentemente

1□

0x

33 Le pause di lavoro sono chiaramente definite

0x

1□

34 E' presente lavoro a turni1□

0x

35 E' abituale il lavoro a turni notturni1□

0x

36 E' presente il turno notturno fisso o a rotazione

1□

0x

TOTALE PUNTEGGIO 1

III - AREA CONTESTO DEL LAVORO

FUNZIONE E CULTURA ORGANIZZATIVA

N. INDICATORE Si No PUNTEGGIO FINALE NOTE

37 Diffusione organigramma aziendale

0x

1□

38 Presenza di procedure aziendali0x

1□

39 Diffusione delle procedure aziendali ai lavoratori

0x

1□

40 Diffusione degli obiettivi aziendali ai lavoratori

0x

1□

30

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41 Presenza di un sistema di gestione della sicurezza aziendale

0x

1□

42Presenza di un sistema di comunicazione aziendale (bacheca, internet, busta paga, volantini ....)

0x

1□

43 Effettuazione riunioni/incontri tra dirigenti e lavoratori

0x

1□

44Presenza di un piano formativo per la crescita professionale dei lavoratori

0x

1□

45Presenza di momenti di comunicazione dell'azienda a tutto il personale

0x

1□

46Presenza di codice etico e/o di comportamento7 (esclusi codici disciplinari)

0□

1x

47Identificazione di un referente per l'ascolto e la gestione dei casi di disagio lavorativo (stress / mobbing ....)

0x

1□

TOTALE PUNTEGGIO 1

RUOLO NELL'AMBITO DELL'ORGANIZZAZIONE

N. INDICATORE Si No PUNTEGGIO FINALE NOTE

48 I lavoratori conoscono la linea gerarchica aziendale

0x

1□

49 I ruoli sono chiaramente definiti0x

1□

50Vi è una sovrapposizione di ruoli differenti sulle stesse persone(capo turno/preposto/responsabile qualità)

1x

0□

51Accade di frequente che i dirigenti/preposti forniscano informazioni contrastanti circa il lavoro da svolgere

1□

0x

TOTALE PUNTEGGIO 1

7 Codice di comportamento: atto di carattere volontario, assunto dal datore di lavoro (pubblico e privato) al fine di promuovere un clima favorevole al rispetto della dignità della persona che lavora. Il codice integra, affianca e supporta le regole contenute nei contratti collettivi e nelle leggi ed ha specifiche funzioni di prevenzione dei comportamenti vietati favorendo l’emersione delle situazioni latenti.

31

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EVOLUZIONE DELLA CARRIERA

N. INDICATORE Si No PUNTEGGIO FINALE NOTE

52 Sono definiti i criteri per l'avanzamento di carriera

0x

1□

53Esistono sistemi di valutazione dei dirigenti/capi in relazione alla corretta gestione del personale subordinato

0□

1x

54Esistono sistemi di verifica del raggiungimento degli obiettivi di sicurezza

0x

1□

TOTALE PUNTEGGIO 0

AUTONOMIA DECISIONALE - CONTROLLO DEL LAVORO

N. INDICATORE Si No PUNTEGGIO FINALE NOTE

55 Il lavoro dipende da compiti precedentemente svolti da altri

1x

0□

56I lavoratori hanno sufficiente autonomia per l'esecuzione dei compiti

0x

1□

57I lavoratori hanno a disposizione le informazioni sulle decisioni aziendali relative al gruppo di lavoro

0x

1□

58Sono predisposti strumenti di partecipazione decisionale dei lavoratori alle scelte aziendali

0x

1□

59 Sono presenti rigidi protocolli di supervisione sul lavoro svolto

1□

0x

TOTALE PUNTEGGIO 1

RAPPORTI INTERPERSONALI SUL LAVORO

N. INDICATORE Si No PUNTEGGIO FINALE NOTE

60Possibilità di comunicare con i dirigenti di grado superiore da parte dei lavoratori

1x

0□

61Vengono gestiti eventuali comportamenti prevaricatori o illeciti da parte dei superiori e dei colleghi

0x

1□

62 Vi è segnalazione frequente di conflitti / litigi

1□

0x

32

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TOTALE PUNTEGGIO 1

INTERFACCIA CASA LAVORO - CONCILIAZIONE VITA/LAVORO

N. INDICATORE Si No PUNTEGGIO FINALE NOTE

63Possibilità di effettuare la pausa pasto in luogo adeguato - mensa aziendale

0x

1□

64 Possibilità di orario flessibile0x

1□

65Possibilità di raggiungere il posto di lavoro con mezzi pubblici / navetta dell'impresa

0x

1□

66 Possibilità di svolgere lavoro part-time verticale/orizzontale

0x

1□

TOTALE PUNTEGGIO -1

Se il risultato finale è uguale a 0, nella TABELLA FINALE CONTESTO DEL LAVORO alla voce “INTERFACCIA CASA LAVORO” si inserisce il valore -1Se il risultato finale è superiore a 0, nella TABELLA FINALE CONTESTO DEL LAVORO alla voce “INTERFACCIA CASA LAVORO” si inserisce il valore 0

IDENTIFICAZIONE DELLE CONDIZIONI DI RISCHIO

I - EVENTI SENTINELLA

INDICATORETOTALE PUNTEGGIO PER INDICATORE

Non rilevante0-25%

MEDIO25-30%

ALTO50-100%

DA A DA A DA AINDICATORI AZIENDALI 8 0 10 11 20 21 40

TOTALE PUNTEGGIO 8 0 2 5

II - AREA CONTENUTO DEL LAVORO

INDICATORETOTALE PUNTEGGIO PER INDICATORE

Non rilevante0-25%

MEDIO25-30%

ALTO50-100%

DA A DA A DA AAmbiente di lavoro ed attrezzature di lavoro

1 0 5 6 9 10 13

Pianificazione dei compiti 1 0 2 3 4 5 6

Carico di lavoro - ritmo di lavoro 3 0 4 5 7 8 9

Orario di lavoro 1 0 2 3 5 6 8

TOTALE PUNTEGGIO 6 0 13 14 25 26 30

33

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III - AREA CONTESTO DEL LAVORO

INDICATORETOTALE PUNTEGGIO PER INDICATORE

Non rilevante0-25%

MEDIO25-30%

ALTO50-100%

DA A DA A DA AFunzione e cultura organizzativa 1 0 4 5 7 8 11

Ruolo nell'ambito dell'organizzazione 1 0 1 2 3 4

Evoluzione della carriera 0 0 1 2 3 3Autonomia decisionale - controllo del lavoro

1 0 1 2 3 4 5

Rapporti interpersonali sul lavoro

1 0 1 2 3

Interfaccia casa lavoro - conciliazione vita /lavoro8

-1

TOTALE PUNTEGGIO 3 0 8 9 17 18 26

AREA TOTALE PUNTEGGIO PER AREA

CONTENUTO DEL LAVORO 8CONTESTO DEL LAVORO 6INDICATORI AZIENDALI 3TOTALE PUNTEGGIO RISCHIO 17

TABELLA DI LETTURA: TOTALE PUNTEGGIO RISCHIO

DA A LIVELLO DI RISCHIO NOTE

0 17 Non rilevante25%

L'analisi degli indicatori non evidenzia particolari condizioni organizzative che possono determinare la presenza di stress correlato al lavoro.Nel caso in cui la valutazione preliminare del rischio da stress lavoro-correlato identifichi un "rischio non rilevante", tale risultato va riportato nel DVR e si dovrà prevedere un "piano di monitoraggio", ad esempio anche attraverso un periodico controllo dell’andamento degli eventi sentinella

18 34 RISCHIO MEDIO50% L'analisi degli indicatori evidenzia condizioni

organizzative che possono determinare la presenza di stress lavoro-correlato; vanno adottate azioni correttive e successivamente va verificata l'efficacia degli interventi stessi; in caso di inefficacia, si procede, alla fase di

8 Se il punteggio totale dell’indicatore “Interfaccia casa lavoro” è uguale a 0, inserire il valore -1.

Se superiore a 0, inserire il valore 0. I punteggi delle 3 aree vengono sommati (secondo le indicazioni) e consentono di identificare il proprio posizionamento nella TABELLA DEI LIVELLI DI RISCHIO.

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valutazione approfondita.Per ogni condizione identificata con punteggio MEDIO, si devono adottare adeguate azioni correttive (ad es. interventi organizzativi, tecnici, procedurali, comunicativi, formativi) riferite, in modo specifico, agli indicatori di contenuto e/o di contesto che presentano i valori di rischio più elevato. Successivamente va verificata, anche attraverso un monitoraggio effettuato con le stesse "liste di controllo", l'efficacia delle azioni correttive; se queste ultime risultano inefficaci, si passa alla valutazione approfondita.

36 67 RISCHIO ALTO+50%

L'analisi degli indicatori evidenzia una situazione di alto rischio stress lavoro-correlato tale da richiedere il ricorso ad azioni correttive immediate.Si adottano le azioni correttive corrispondenti alle criticità rilevate; successivamente va verificata l'efficacia degli interventi correttivi; in caso di inefficacia, si procede alla fase di valutazione approfondita.Per ogni condizione identificata con punteggio ALTO, riferito ad una singola area, si devono adottare adeguate azioni correttive (ad es. interventi organizzativi, tecnici, procedurali, comunicativi, formativi) riferite in modo specifico agli indicatori di contesto e/o di contenuto con i valori di rischio stress più elevato. Successivamente va verificata, anche attraverso un monitoraggio effettuato con le stesse "liste di controllo", l'efficacia delle azioni correttive; se queste ultime risultano inefficaci, si passa alla valutazione approfondita.

Poiché dall’analisi preliminare il punteggio raggiunto è di 17, la fascia di appartenenza di rischio risulta essere Non rilevante. L'analisi degli indicatori non evidenzia particolari condizioni organizzative che possono determinare la presenza di stress correlato al lavoro.Questo risultato determina la non necessità di proseguire con l’analisi approfondita del rischio stress lavoro correlato.

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