1 MARGHERITA ANGELINI. “ TRANSMITTING KNOWLEDGE ” E “FARE STORIA”: U N PERCORSO TRA STORIOGRAFIA ITALIANA E PROFESSIONALIZZAZIONE DELLO STORICO. Margherita Angelini non è nuova nel trattare temi riguardanti l’ evoluzione storiografica del panorama italiano. Nelle precedenti ricerche si è specializzata in ambiti tematici inerenti a quelli sotto presentati, come lo studio dell’impresa editoriale dell’Enciclopedia Italiana e l’influenza culturale del fascismo sugli storici e intellettuali del tempo 1 . Entrambe le monografie che vengono sotto presentate, non avendo tra loro grosse differenze a livello di organizzazione tematica e dei contenuti, si presentano come risultato di approfonditi studi relativi ad alcune tematiche dominanti, le quali, fanno da filo conduttore: la storia della storiografia italiana nel periodo tra fascismo e prima età repubblicana; l’evoluzione della professione dello storico in rapporto all’ambiente in cui è collocato (istituzioni, correnti storiografiche, relazioni professionali con altri storici, ideologie politiche); lo studio delle vicende professionali di personaggi eminenti in campo storiografico, primi tra tutti Gioacchino Volpe e Federico Chabod (soprattutto in “Fare Storia”). Questi due volumi sono considerati dall’a. come complementari tra loro insieme a un altro volume di prossima pubblicazione. Quest’ultimo sarà incentrato sui carteggi di Chabod e dei suoi più stretti collaboratori. 2 Le opere sono il frutto di un percorso di ricerca che è partito da una tesi di dottorato: Allievi e Maestri: una generazione di studiosi di storia tra Italia ed Europa (1930 – 1960) discussa nel febbraio 2007, presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, sotto la supervisione di Gabriele Turi e Mario Isnenghi. Questi due storici con le loro opere, riguardanti la cultura fascista e il rapporto tra regime ed intellettuali, hanno costruito la base su cui questo percorso si sviluppa 3 . 1 Sull’Enciclopedia Italiana: M. Angelini , Grande guerra e fascismo nelle voci dell’Enciclopedia Italiana, «Studi Novecenteschi» 2002, 29, 63-64, pp. 139-178 e Contadini e, quindi, italiani: l’Enciclopedia Italiana (1929-1938), in M. Isnenghi (a cura di), Pensare la Nazione. Silvio Lanaro e l’Italia contemporanea, Donzelli, Roma, 2012 pp. 135-149. Per informazioni dettagliate su pubblicazioni precendenti, curriculum vitae e informazioni biografiche: http://www.sissco.it/index.php?id=1231&tx_wfqbe_pi1%5Bidsocio%5D=424 data di ultima consultazione: 03/04/2013. 2 M. Angelini, D. Grippa (a cura di), Nell’officina dello storico: Federico Chabod e i suoi corrispondenti (1940-1960), 2 voll., Carocci, Roma, 2013. Di prossima pubblicazione come riportato nel sito web della SISSCO: http://www.sissco.it/index.php?id=1231&tx_wfqbe_pi1%5Bidsocio%5D=424 data di ultima consultazione:03/04/2013. 3 Per citare alcune opere di questi autori: G. Turi, Lo Stato Educatore. Politica e intellettuali nell’Italia fascista. Laterza, Bari, 2002, Il mecenate, il filosofo e il gesuita. L'"Enciclopedia italiana" specchio della nazione, Bologna, Il Mulino, 2002, Giovanni Gentile. Una biografia. Torino, Utet, 2006. M. Isnenghi, L’educazione dell’italiano. Il fascismo e l’organizzazione dell’italiano. Cappelli, Bologna 1979 e Intellettuali militanti e intellettuali funzionari. Appunti sula cultura fascista. Torino, Einaudi, 1979. Per una lista complete delle pubblicazioni di Turi si veda: http://www.unifi.it/index.php?module=ofform&mode=2&cmd=1&AA=2011&fac=200007&ord=T&doc=3f2a362d3b2b 2f data di ultimo accesso 19/05/2013.
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Margerita Angelini. “TRANSMITTING KNOWLEDGE” E “FARE STORIA”: UN PERCORSO TRA STORIOGRAFIA ITALIANA E PROFESSIONALIZZAZIONE DELLO STORICO.
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MARGHERITA ANGELINI. “TRANSMITTING KNOWLEDGE” E “FARE STORIA”: UN PERCORSO
TRA STORIOGRAFIA ITALIANA E PROFESSIONALIZZAZIONE DELLO STORICO.
Margherita Angelini non è nuova nel trattare temi riguardanti l’ evoluzione storiografica del
panorama italiano. Nelle precedenti ricerche si è specializzata in ambiti tematici inerenti a quelli
sotto presentati, come lo studio dell’impresa editoriale dell’Enciclopedia Italiana e l’influenza
culturale del fascismo sugli storici e intellettuali del tempo1. Entrambe le monografie che vengono
sotto presentate, non avendo tra loro grosse differenze a livello di organizzazione tematica e dei
contenuti, si presentano come risultato di approfonditi studi relativi ad alcune tematiche dominanti,
le quali, fanno da filo conduttore: la storia della storiografia italiana nel periodo tra fascismo e
prima età repubblicana; l’evoluzione della professione dello storico in rapporto all’ambiente in cui è
collocato (istituzioni, correnti storiografiche, relazioni professionali con altri storici, ideologie
politiche); lo studio delle vicende professionali di personaggi eminenti in campo storiografico,
primi tra tutti Gioacchino Volpe e Federico Chabod (soprattutto in “Fare Storia”).
Questi due volumi sono considerati dall’a. come complementari tra loro insieme a un altro volume
di prossima pubblicazione. Quest’ultimo sarà incentrato sui carteggi di Chabod e dei suoi più stretti
collaboratori.2 Le opere sono il frutto di un percorso di ricerca che è partito da una tesi di dottorato:
Allievi e Maestri: una generazione di studiosi di storia tra Italia ed Europa (1930 – 1960) discussa
nel febbraio 2007, presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, sotto la supervisione di Gabriele Turi
e Mario Isnenghi. Questi due storici con le loro opere, riguardanti la cultura fascista e il rapporto tra
regime ed intellettuali, hanno costruito la base su cui questo percorso si sviluppa3.
1 Sull’Enciclopedia Italiana: M. Angelini, Grande guerra e fascismo nelle voci dell’Enciclopedia Italiana, «Studi Novecenteschi» 2002, 29, 63-64, pp. 139-178 e Contadini e, quindi, italiani: l’Enciclopedia Italiana (1929-1938), in M. Isnenghi (a cura di), Pensare la Nazione. Silvio Lanaro e l’Italia contemporanea, Donzelli, Roma, 2012 pp. 135-149. Per informazioni dettagliate su pubblicazioni precendenti, curriculum vitae e informazioni biografiche: http://www.sissco.it/index.php?id=1231&tx_wfqbe_pi1%5Bidsocio%5D=424 data di ultima consultazione: 03/04/2013. 2 M. Angelini, D. Grippa (a cura di), Nell’officina dello storico: Federico Chabod e i suoi corrispondenti (1940-1960), 2 voll., Carocci, Roma, 2013. Di prossima pubblicazione come riportato nel sito web della SISSCO: http://www.sissco.it/index.php?id=1231&tx_wfqbe_pi1%5Bidsocio%5D=424 data di ultima consultazione:03/04/2013. 3 Per citare alcune opere di questi autori: G. Turi, Lo Stato Educatore. Politica e intellettuali nell’Italia fascista. Laterza,
Bari, 2002, Il mecenate, il filosofo e il gesuita. L'"Enciclopedia italiana" specchio della nazione, Bologna, Il Mulino, 2002, Giovanni Gentile. Una biografia. Torino, Utet, 2006. M. Isnenghi, L’educazione dell’italiano. Il fascismo e l’organizzazione dell’italiano. Cappelli, Bologna 1979 e Intellettuali militanti e intellettuali funzionari. Appunti sula cultura fascista. Torino, Einaudi, 1979. Per una lista complete delle pubblicazioni di Turi si veda: http://www.unifi.it/index.php?module=ofform&mode=2&cmd=1&AA=2011&fac=200007&ord=T&doc=3f2a362d3b2b2f data di ultimo accesso 19/05/2013.
In queste ricerche non è ampiamente sviluppato un approccio comparato con le altre realtà nazionali
europee. Viene dato spazio all’evoluzione della disciplina internamente al caso italiano senza però
tralasciare l’importanza delle relazioni internazionali tra storici favorite dal CISH (Comitato
Internazionale di Scienze Storiche) – intraprese soprattutto negli anni Trenta - e dello sviluppo
d’insieme della storiografia europea (quella francese e tedesca in primo luogo).
Tutti e due i lavori, nel loro indagare sulla costruzione della professione dello storico in campo
accademico, trattano dell’evoluzione dell’assetto istituzionale delle associazioni di storici e di come
questa ha influito nello svolgimento della disciplina storica. L’analisi dell’avvento del regime
fascista nella riorganizzazione degli istituti e delle comunità scientifiche si è svolta sul duplice
registro della storia delle idee, e soprattutto, della sociologia della cultura4. Riferimento importante,
infatti, è la definizione di “campo” del sociologo Bourdieau5. I componenti del campo, gli storici
presi in esame, hanno in comune di essere connessi a un network di relazioni che, nell’ambiente
istituzionale e scientifico, costituisce un fattore determinante nell’evoluzione della disciplina e nella
definizione di un suo statuto. Un approccio di questo genere consente di prendere in esame la
complessa rete di relazioni (conflitti, mediazioni, comunicazioni, omologazioni) tra comunità
scientifiche e istituzioni sociali, in modo da evidenziare l’autonomia di un campo culturale (in
quanto “campo di potere”). Questo punto di vista risulta particolarmente fruttuoso nell’analisi dei
rapporti tra la comunità scientifica e il regime fascista, nella volontà di quest’ultimo di
egemonizzare la disciplina e piegarla alla volontà politica attraverso mediazioni e sporadiche aperte
costrizioni.
TRANSMITTING KNOWLEDGE. THE PROFESSIONALISATION OF HISTORIANS(1920S – 1950S)
“Transmitting Knowedge” è uno studio pubblicato nella rivista internazionale “Storia della
Storiografia” che ha dedicato un intero numero all’opera di Margherita Angelini6. La stessa rivista è
stata fondata a inizio anni Ottanta, in connessione al quindicesimo Comitato Internazionale di
scienze storiche7. È un dato rilevante perché la stessa a. nel lavoro tratta il tema della
partecipazione italiana al CISH. Quest’ultimo oggetto di ricerca è già stato sviluppato da K. D.
4Angelu, Margharita: review of: M. Angelini, Transmitting knowledge. Professionalisation of Italian historians 1920s-1950s, Milano: Jaca Book, 2010, in: Il Mestiere di Storico, 2011, 2, http://recensio.net/r/a551f01d0d67810c3daf32dda4b21a35 data di ultima consultazione 03/04/2013. 5 I riferimenti ai prerequisiti sociologici delle ricerche : Transmitting Knowledge pp. 13-14, Fare storia pp. 17-18. I
riferimenti alle opere dei sociologi Bourdieau P. e Whitley R. sono presenti nelle introduzioni di entrambe le opere. 6 M. Angelini, Transmitting Knowledge: The Professionalisation of Italian Historians (1920s-1950s), ≪Storia della
storiografia≫, 57 (2010). 7 Sito web della rivista http://www.storiastoriografia.eu/www/sezione.php?file=Introduction data di ultima
consultazione: 04/04/2013. La rivista nasce nel 1982 su iniziativa del Comitato per la storia della storiografia nato a sua volta dal quindicesimo Congresso internazionale di scienze storiche tenuto a Bucharest nel 1980.
Erdmann8, tuttavia l’a. si è concentrata, diversamente da Erdmann, sulle vicende dei singoli storici
italiani e delle loro relazioni con il regime fascista, incrociando le corrispondenze private con i
documenti nell’archivio del Comitato Internazionale per le scienze storiche e della Giunta Centrale
per gli studi storici9.
La base documentaria su cui è costruito questo lavoro è proveniente in larga parte da archivi privati
e dagli istituti di storia che agirono durante il fascismo. Numerose sono le corrispondenze private
intraprese tra le più importanti figure di storici e responsabili dell’organizzazione e degli
orientamenti della ricerca storica. I limiti della ricerca sono evidenziati anche da alcune difficoltà
segnalate dall’autrice: la non completa classificazione dell’archivio della Giunta Centrale, organo
fondamentale che aveva grande potere decisionale nelle sorti della disciplina, e la difficoltosa
consultabilità dell’archivio dell’ISPI (istituto per gli studi di politica internazionale, l’archivio è in
riordino) per il quale sono stati riferimenti fondamentali i lavori di A. Montenegro e E. Decleva10
. Il
campo di indagine comunque è stato selezionato in modo da cercare di ricostruire i rapporti tra
storici italiani all’interno delle istituzioni e associazioni, al fine di dare una visione dell’evoluzione
della prassi storiografica durante e dopo il fascismo.
L’oggetto della ricerca è l’insieme delle relazioni intraprese tra due fenomeni distinti ma
fortemente connessi: lo sviluppo delle scuole di scienze storiche, degli istituti di ricerca e la
professionalizzazione dello storico in Italia, tra gli anni Venti e Cinquanta del XX secolo. Anche se
si presenta più esteso l’arco cronologico della ricerca va dal 1925 al 1945. La costruzione narrativa
è scandita in tre fasi: i primi due capitoli (1.Institutes, research and the professionalisation of
historians from the nineteenth to the twentieth century e 2.Teaching history and transmitting
knowledge during fashism pp. 13-36) trattano della ricerca di un coordinamento nazionale degli
studi e degli istituti storici prima del 1935 – 36; la seconda parte tratta del periodo fascista, delle
tensioni nazionali e i rapporti internazionali (capitoli 3.The centralisation of historical research
(1935-1943), 4.Italian historians and Europe: contacts and transmissions, 5.Confronting the
8 K. D. Erdmann, Toward a global community of historians. New York ; Oxford : Berghahn Books, 2005; e Il contributo della storiografia italiana ai congressi internazionali di scienze storiche nella prima meta del 20. Secolo in Federico Chabod e la nuova storiografia italiana dal primo al secondo dopoguerra, 1919-1950 , Milano : Jaca book, 1984 p. 535-550. Citato in Fare storia,
9 M. Angelini, Transmitting Knowledge pp. 101-102 (note)
10 Sono gli unici storici che hanno avuto accesso all’archivio dell’ISPI. Decleva E. Politica estera, storia e propaganda:
l’ISPI di Milano e la Francia (1934-1943), in “Storia Contemporanea”,13, 1982, pp. 697-757. Montenegro A. Politica estera e organizzazione del consenso. Note sull’istituto per gli studi di politica internazionale 1933-1943, in “Studi Storici”, 19, 1978, pp. 777-817.
present: fascist foregin policy and war, pp. 63-137); il capitolo finale tratta del secondo dopoguerra
(6. Passages: the collapse of fascism and the transition to political democracy pp. 138-161) 11
.
Il primo capitolo introduce il tema della professionalizzazione dello storico contestualizzandolo in
ambito europeo. Questo processo si sviluppa a partire dalla seconda metà del XIX secolo
strettamente connesso alla costruzione dello stato - nazione. In molti paesi europei prima del 1914,
lo scrivere di storia era stato già definito attraverso un determinato metodo: una analisi critica delle
fonti attraverso un metodo filologico che diventò fondamentale per educare storici qualificati e
operare una selezione del sapere Nella seconda metà dell’Ottocento inoltre erano nate importanti
riviste a livello europeo come Historische Zeitschrift nel 1859, Revue Historique 1876, Rivista
Storica Italiana nel 1884, English Historical Review (1886) e oltreoceano l’American Historical
Review (1895). All’inizio del Novecento conferenze internazionali di scienze storiche ebbero luogo
a Parigi (1900), a Roma (1903), a Berlino (1908) e a Londra (1913) che incoraggiarono gli scambi e
il trasferimento di conoscenze. La professionalizzazione andò di pari passo con la creazione di
nuove organizzazioni, con più rigide impostazioni istituzionali e cattedre universitarie. La storia si
stava sempre più affermando a livello europeo come disciplina accademica. Nei primi anni nel XX
secolo si assistette a una definizione del percorso formativo dello storico. Il sistema universitario
agiva nella regolamentazione delle carriere e le stabiliva, attraverso regole, la selezione dei nuovi
membri.
Nel caso italiano, come il quello francese, si assistette a una forte connessione tra l’introduzione un
nuovo assetto istituzionale e la professionalizzazione. Nuovi istituti e associazioni, insieme alle
università, risultarono importanti nello stabilire confini disciplinari e nel selezionare il sapere da
acquisire per rientrare nella professione. Una delle prime e significative esperienze fu la creazione
dell’Istituti Storico Italiano (ISI) a Roma nel 1883, il quale, assunse un ruolo centrale durante il
fascismo. Questo istituto inizialmente aveva lo scopo di pubblicare fonti per la storia d’Italia fino al
XVI secolo, avendo l’obbiettivo di integrare l’opera di L. A. Muratori, un autore importante, il
punto di riferimento per tutta la storiografia italiana del XIX secolo12
. Era il primo tentativo di
integrare differenti esperienze locali per una visione più nazionale che restò in secondo piano,
soprattutto dopo l’unità italiana. Nel corso degli anni l’istituto assunse sempre più un ruolo di
coordinamento delle numerose Società e Deputazioni di storia patria, incoraggiando la
11 Questa suddivisione è anche dichiarata esplicitamente dall’autrice in Fare Storia p. 42 (note).
12 Cfr. I. Porciani, M. Moretti The Polycentric Structure of Italian Historical Writing in The Oxford Historical Writing Vol
IV, Oxford University Press, 2012.
5
pubblicazione di fonti di storia nazionale oltreché locale. Dopo il 1922 l’istituto fu
progressivamente fascistizzato grazie alla nomina come presidente di Paolo Boselli. Il completo
assoggettamento si ebbe però solamente a partire dal 1933 con la nomina come presidente di Pietro
Fedele, sotto il quale nel 1934, l’istituto fu riorganizzato e diventò l’Istituto Storico per il
Medioevo.
Primo della riorganizzazione degli istituti di storia operata dal fascismo, lo Stato non aveva
interesse a promuovere un campo di ricerca come il Risorgimento, il quale, avrebbe messo in luce
molti nodi irrisolti della costruzione dello stato-nazione. Questo tema non era nemmeno oggetto di
studi accademici e non interessava alle varie società e deputazioni che erano più focalizzate su una
storia regionale. Solamente nel 1906 nacque il primo istituto governativo per lo studio del
Risorgimento: il Comitato Nazionale per la Storia del Risorgimento Italiano. Con il fascismo questo
campo disciplinare attirò sempre più l’interesse degli storici. Il tema dell’utilizzo del Risorgimento
nella prospettiva fascista è riportato grazie ai riferimenti al volume di M. Baioni, Risorgimento in
Camicia Nera (Carocci, 2006)13
.
Più in generale, una delle tesi che l’a. sostiene e documenta, è quella di un progressivo scorrimento
dell’interesse degli storici verso la storia risorgimentale e contemporanea (soprattutto verso
quest’ultima14
). Questi campi disciplinari non rientravano nei programmi accademici fino almeno
agli anni Venti del Novecento15
. Nel 1925 venne infatti istituita la prima cattedra di storia del
Risorgimento a Milano. Nonostante l’estrema gradualità dell’introduzione di questa cattedra, fu in
crescita l’interesse della giovane generazione verso i temi di storia contemporanea, come
documentano i dati relativi agli argomenti dei corsi universitari e delle tesi nel periodo compreso tra
il 1920 e il 195016
. La direzione intrapresa da una generazione di studenti fu un elemento
fondamentale nel dare nuove strutture a una disciplina, la quale, era ancora relativamente giovane
nelle università italiane.
La seconda parte tratta del processo di centralizzazione degli studi storici soprattutto a partire dal
1935. Questa evoluzione istituzionale fu operata dal fascismo attraverso la collaborazione di alcuni
importanti personalità del mondo della cultura e della politica come Cesare De Vecchi, Francesco
13 Recensioni: http://www.lancora.com/monografie/acquistoria06/acqstoria_baioni.html e http://www.storicamente.org/03_biblioteca/schede/3pernicone.htm data di ultima consultazione: 15/04/2013. 14
Per il tema della nascita e gestazione della storia “contemporanea” in ambito italiano si veda G. Zazzara, La storia a sinistra. Ricerca e impegno politico dopo il fascismo, Roma-Bari: Laterza, 2011. Recensione di M. Salvati in: Il Mestiere di Storico, 2012, 1, p. 272, Url: http://recensio.net/r/7209bcc71f99b85f57d6c1ed7b444ec4 ultimo accesso: 19/05/2013. 15
Inoltre non c’era ancora una netta distinzione tra storia moderna, risorgimentale e contemporanea. Spesso queste categorie venivano sovrapposte. 16 M. Angelini, Transmitting Knowledge p. 60 tabella 6 per quanto riguarda le tesi all’Università di Pisa.
Ercole, Gioacchino Volpe, Pietro Fedele e Giovanni Gentile. L’Istituto Storico Italiano diventò
l’Istituto Storico Italiano per il Medioevo, a cui fu annessa anche una scuola per la formazione di
studiosi, la Scuola Nazionale di studi medievali (precedentemente chiamata Scuola Storica
Nazionale e fondata nel 1923). La Società Nazionale per il Risorgimento venne trasformata in un
istituto regio con De Cesare Vecchi (Ministro dell’Educazione Nazionale) alla sua presidenza. La
storia moderna e contemporanea fu affidata all’Istituto di Storia Moderna e Contemporanea con
direttore Francesco Ercole. Tutti i direttori degli istituti e delle scuole erano membri del comitato
esecutivo della Giunta Centrale per gli studi storici, un organo molto vicino al governo e invischiato
profondamente nella corrente politica del periodo come testimoniano le strette relazioni con
Ministro dell’Educazione e al Ministro degli Esteri. Di questo organo sono approfondite le modalità
di lavoro. I membri del consiglio esecutivo interno alla Giunta erano elementi chiave
nell’incoraggiare e direzionare l’attività dell’istituto che aveva anche un carattere collegiale
attraverso regolari riunioni che si tenevano due o tre volte l’anno. In queste riunioni si discuteva dei
risultati raggiunti dalla riforma degli studi storici, si valutavano i piano di ricerca presentati dai
maggiori istituti centrali e delle deputazioni, si pianificavano le attività nazionali e internazionali. In
caso di aperta discordanza tra alcuni membri, l’ultima parola veniva sempre data al presidente della
Giunta. L’attività della Giunta è valutata soprattutto in relazione alla sua capacità di intrattenere
relazioni con altri istituti, in modo da evidenziare le sue differenti mansioni di controllo,
coordinamento, intrattenimento di relazioni internazionali. La Giunta, come sostiene anche Saitta,
ha avuto una importante influenza nell’imporre direttive nel periodo fascista17
.
L’istituzione della Giunta Centrale per gli studi storici, rispetto al precedente istituto che coordinava
gli studi a livello nazionale, l’Istituto Storico Italiano, favorì l’unità della produzione scientifica
come risulta dalla promozione in questo periodo di alcune importanti imprese editoriali come
l’Enciclopedia Italiana e la Bibliografia Storica Nazionale.
Grazie alla predominante funzione delle Giunta Centrale per gli studi Storici e alla serie di leggi
emanate negli anni 1934 – 35, ci fu una riorganizzazione anche delle associazioni di storia che
erano numerosissime e sparse per il territorio italiano. Le associazioni nazionali preesistenti
vennero messe sotto il controllo del Comitato Centrale (organo della Giunta), così come le società
regionali (Società e Deputazioni di storia patria) che furono gradualmente riorganizzate e
centralizzate con l’obbiettivo di uniformarle allo spirito politico e culturale fascista. Tutto ciò, in
parallelo a una ampia centralizzazione amministrativa dello Stato attuata dal regime (ne è esempio
17
Cfr. A. Saitta, L’organizzazione degli studi storici (e discussioni), in B. Vigezzi (a cura di) Federico Chabod e la “nuova storiografia” italiana dal primo al secondo dopoguerra (1919-1950), Milano, Jaca Book, 1984 pp. 511-31. Citato in “Fare storia”.
7
l’istituzione del Podestà). Questa volontà centralizzatrice scaturiva da una concezione fortemente
gerarchica volta a giustificare la presenza di un unico partito, il quale, doveva imporsi anche e nelle
zone periferiche. Per questo motivo, dopo la creazione del Comitato Centrale di studi storici le
associazioni locali furono sottoposte a un rigido controllo.
Un Regio Decreto del 1935 stabiliva che le Società e le Deputazioni di storia patria sarebbero
dovute finire sotto il controllo della Giunta centrale. Le associazioni erano obbligate a presentare
budget e piani di ricerca in accordo con le istituzioni di storia nazionale, le quali, potevano delegare
specifiche attività scientifiche alla periferia. La centralizzazione comportò la soppressione delle
Società di storia patria che venivano spesso trasformate in Deputazioni di ambito regionale. Inoltre i
membri delle associazioni locali erano tenuti sotto controllo dalla Giunta e i presidenti erano
designati dal Ministro dell’Educazione e sottoposti a giuramento obbligatorio.
A conferma di ciò è significativo il caso della Deputazione di Sardegna. Il presidente Giovanni Cao
raccomandò Francesco Motzo, ex prete e allievo di De Sanctis,. La sua nomina fu contestata perché
era incerto se Motzo fosse sostenitore effettivo del Partito Fascista. Ciò dimostra come la
promozione scientifica anche all’interno delle deputazioni fosse legata all’appartenenza a una
corrente politica. Anche a livello universitario le commissioni giudicatrici dei concorsi davano
spesso motivazioni politiche alle chiamate.
La riforma non fu lineare ma ha dovuto trovare la sua strada attraverso vari organismi. Il cammino
della centralizzazione fu tortuoso e contrassegnato da mediazione, negoziazioni e, qualche volta,
aperte costrizioni, quando le tensioni furono sollevate con la periferia. Tradizioni locali e identità
portarono alcune Deputazioni a resistere fermamente ai dettami del Comitato Centrale, come in
Liguria (caso di Pontremoli), o ad opporsi risolutamente alla Giunta per ragioni politiche anti-
fasciste, come in Calabria (riguardante la Società della Magna Grecia e la rivista Archivio Storico
Tra il 1944 e il 1945 il Ministro dell’Educazione sottopose la riforma della Giunta, degli istituti di
storia e delle deputazioni a Gaetano De Sanctis. La Giunta fu ricomposta da i principali storici
presenti a Roma come Salvatorelli, Emilio Re, Sestan. La riforma degli istituti fascisti passò
innanzitutto da due organi chiave come l’Istituto per la Storia del Risorgimento e l’Istituto per la
Storia Moderna e Contemporanea. Quest’ultimo avrebbe d’ora in poi dovuto utilizzare una
prospettiva europea e in funzione di questa avrebbe dovuto studiare la situazione italiana dal XVI
secolo in poi. L’istituto per la storia del risorgimento invece avrebbe dovuto rimettere in luce il
legame tra questo periodo senza negare il nesso storico strettissimo con la Rivoluzione Francese.
8
Tra il 1947 e il 1948 fu inoltre ripristinata l’autonomia delle Deputazioni di storia patria e vennero
ricostituite le Società di storia patria bandite dal fascismo.
FARE STORIA. CULTURE E PRATICHE DELLA RICERCA IN ITALIA DA GIOACCHINO VOLPE A
FEDERICO CHABOD.
Questa seconda opera, edita da Carocci nel 2012, tratta dell’evoluzione istituzionale, progettuale e
storiografica della disciplina storica nella complessa fase di transizione tra periodo fascista e
repubblicano, evidenziando in modo coerente le rotture ma anche le continuità in campo
storiografico18
. Come viene vissuta dagli storici presi in esame la tragedia del secondo conflitto
mondiale? Attraverso corrispondenze e fonti autobiografiche, l’a. ricostruisce il lento e travagliato
allontanamento dal regime da parte degli storici confrontando due generazioni, quella rappresentata
da G. Volpe e quella dei suoi allievi. Il grande cambiamento del mondo, degli orizzonti politici e
culturali che si verificò indusse a un ripensamento dell’esperienza fascista e al modo di fare storia.
L’oggetto di studio è l’evoluzione della prassi storiografica attraverso la ricostruzione delle
complesse relazioni di un campione di studiosi scelto in quanto rappresentante di un’epoca e del
suo passaggio verso un ripensamento della disciplina. Chabod, Maturi, Morandi, Momigliano,
Cantimori, Sestan sono gli allievi di Volpe, storici individuati dall’a. come gruppo unito dalla
comunanza di interessi e dalle loro frequenti collaborazioni. Questi storici inoltre hanno in comune
di essere stati inseriti nelle strutture istituzionali di potere già sotto il regime, sono stati “anelli
portanti di una catena che oltrepassò il Ventennio” diversamente dal parere di Armando Saitta che
ritenne di non potere considerare questi storici come una “generazione” in quanto rappresentanti di
diverse tendenze storiografiche19
. Chabod e Volpe vengono presentati, attraverso le loro complesse
vicende professionali e biografiche, come “poli aggreganti” ovvero come i principali rappresentati
di due generazioni storiografiche. Viene così evidenziato il loro ruolo eminente in rapporto a un
contesto istituzionale e storiografico già approfondito in Transmitting Knowledge. I primi due
capitoli infatti fanno riferimento in larga parte al precedente testo alla precedente opera
riassumendo il contesto istituzionale a livello universitario e delle scuole di ricerca. Sono
particolarmente approfonditi i temi di insegnamento e ricerca di alcuni storici come Chabod,
Morandi e Maturi.
18
M. Angelini, Fare storia. Culture e pratiche della ricerca in Italia da Gioacchino Volpe a Federico Chabod .Roma Carocci editore, 2012. 19
Cfr. A. Saitta, L’organizzazione degli studi storici (e discussioni), in B. Vigezzi (a cura di) Federico Chabod e la “nuova storiografia” italiana dal primo al secondo dopoguerra (1919-1950), Milano, Jaca Book, 1984 pp. 511-31. Citato in “Fare storia”.
9
I contatti con l’Europa (cap. 3) furono favoriti dalla nutrita partecipazione di storici italiani al CIHS
(Comitato Internazionale di Scienze Storiche), riunito per la prima volta nel 1928 a Oslo. Questi
contatti favorirono contaminazioni e trasferimenti di modelli culturali. È approfondita l’influenza
che ebbe questo organismo sull’organizzazione interna della disciplina storica. La delegazione
italiana si mostrò sempre compatta per mezzo del Comitato Nazionale di Scienze Storiche, organo
molto vicino al governo e inglobato nel 1935 dalla Giunta Centrale che aveva maggiori possibilità
finanziarie. La Giunta volle fin da subito programmaticamente rivolgersi all’Europa, anche nei
momenti di maggiore tensione internazionale intervenendo direttamente per cambiare i membri
delle commissioni (come nel caso di Ussani che fu costretto alle dimissioni nel 1936 poi sostituito
da Volpe). Gli storici che la composero, pur rimanendo all’interno delle linee politiche e
ideologiche indicate dal fascismo, non si vollero isolare per mantenere un’ottica di prestigio
internazionale.
Anche l’Istituto per gli studi di politica internazionale (ISPI) ebbe un ruolo strategico, a un livello
istituzionale, nel sostenere la politica estera fascista. Vi collaborarono lo stesso Volpe e numerosi
suoi allievi tra cui Chabod. L’ISPI che aveva un’importante biblioteca, luogo di incontro per molti
studiosi dell’epoca. In questo istituto vi collaborarono anche personaggi dell’antifascismo come La
Malfa e Bonomi. L’istituto aveva una rivista di politica estera e informazione nella quale, nel corso
del 1943, viene dimesso Gaslini, l’allora direttore, in seguito agli sconvolgimenti politici.
L’istituto per gli studi di politica internazionale, durante il regime, aveva subito una netta svolta in
senso nazionalista e marcatamente antifrancese, soprattutto dopo la proclamazione dell’Impero in
Africa Orientale (1936). La sua rivista principale “Relazioni internazionali” era stata fino ad allora
ampiamente utilizzata per accentuare i messaggi dell’era mussoliniana secondo le direttive del
governo fascista. Con la nomina a direttore della rivista di Chabod, l’a. evidenzia la svolta morale e
professionale dello studioso aostano. Con la nuova direzione lo storico cercherà di imprimere un
nuovo indirizzo morale, ponendosi come traghettatore della rivista fuori dal regime. L’Italia doveva
liberarsi da tutto ciò che era stato proclamato negli ultimi venti anni per prepararsi ad affrontare la
ricostruzione del dopoguerra. Ciò doveva avvenire -secondo i punti programmatici che Chabod
intendeva impiegare nella rivista- attraverso un allontanamento dal nazionalismo per ricollegare
l’Italia al mondo, per la formazione di un rinnovato “spirito internazionale” secondo il principio per
cui non esistono problemi isolati ma solo problemi tutti concatenati l’uno con l’altro. Inoltre la
rivista doveva essere un organo non solo di informazione ma anche di “formazione”, educando a
uno spirito schiettamente e ampiamente liberale. Tuttavia era necessaria un’astensione da ogni
indirizzo politico della rivista o intervento nella politica interna del paese. Dopo la nascita della
10
Repubblica Sociale Italiana, la svolta italiana sembra arrestarsi e con essa anche l’attività
dell’istituto cessa. Chabod farà in tempo a predisporne la resistenza passiva (nascondendo le
macchine a stampa e i documenti della rivista perché non fossero usati dagli invasori a scopo di
propaganda) prima di passare all’azione politica vera in Val d’Aosta. Nella sua azione politica nella
Resistenza, lo storico, si pose sempre in difesa delle posizioni italiane in relazione ai confini
occidentali italiani oltreché dell’autonomia regionale della Val d’Aosta.
Gioacchino Volpe visse gli stessi avvenimenti, la caduta del regime, l’armistizio, la sconfitta
militare e morale, in modo decisamente diverso rispetto al suo allievo e amico Chabod. L’armistizio
fu vissuto come un profondo tradimento alla patria,una disillusione che portò in sé le aspettative
coltivate per vent’anni che lo avevano separato dalle amarezze del primo dopoguerra.
CONCLUSIONE
Da un punto di vista della pratica storiografica il passaggio dal periodo fascista al secondo
dopoguerra viene presentato sottolineando alcune importanti rotture come l’allontanamento da una
prospettiva nazionalistica per uno sguardo più comparato ed europeista, la fine di un impegno
politico a sostegno del fascismo da parte degli storici, l’abbandono di un preteso eccezionalismo
della cultura italiana in ambito europeo. Le permanenze evidenziate si possono riassumere nella
persistenza di uno slittamento verso lo studio della contemporaneità e la centralizzazione, da un
punto di vista istituzionale, degli studi storici. La professionalizzazione dello storico viene
evidenziata attraverso le vicende biografiche e professionali di Volpe e di Chabod. Quest’ultimo è
presentato come emblema di una “nuova storiografia” del secondo dopoguerra come ha sostenuto
Vigezzi20
. Chabod opera un superamento, sul piano della prassi storiografica, allontanandosi sia
dalla forte omologazione politica e ideologica scaturita dall’esperienza di Volpe, sia dall’idealismo
crociano. Lo storico aostano infatti non condivideva l’idea di un progresso necessario nella storia.
Aveva una visione dello svolgimento storico più disincantata e lontana dalla tensione filosofica
presente in Croce. Quest’ultimo autore e la sua influenza sulla storiografia del secondo dopoguerra
20
Brunello Vigezzi (a cura di), Federico Chabod e la nuova storiografia italiana dal primo al secondo dopoguerra, 1919-1950, Milano, Jaca Book, 1984. Recensito da C. F. Delzell, «The American Historical Review» Vol. 90, No. 5 (Dec., 1985), pp. 1230-1231 Oxford University Press on behalf of the American Historical Association. Url: http://www.jstor.org/stable/pdfplus/1859764.pdf Ultimo accesso: 19/05/2013.
M. Salvati: review of: Gilda Zazzara, La storia a sinistra. Ricerca e impegno politico dopo il
fascismo, Roma-Bari: Laterza, 2011, in: Il Mestiere di Storico, 2012, 1, p. 272,
http://recensio.net/r/7209bcc71f99b85f57d6c1ed7b444ec4 data di ultima consultazione
03/04/2013.
21 M. Angelu review of: M. Angelini, Transmitting knowledge. Professionalisation of Italian historians 1920s-1950s, Milano: Jaca Book, 2010, in: «Il Mestiere di Storico», 2011, 2, Url: http://recensio.net/r/a551f01d0d67810c3daf32dda4b21a35 data di ultima consultazione 03/04/2013.